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ISTITUTO TECNICO COMM. IGEA – “Antonio GRAMSCI” – Albano Laziale (RM) A.S. 2008-2009 dal PIANO OFFERTA FORMATIVA (P.O.F.) DELL'ISTITUTO TECNICO COMMERCIALE – I.G.E.A. Paritario (D.M.04-12-01) ”A N T O N I O G R A M S C I” 42° Distretto Scolastico RMTD00500C Sezione Cinema-Letteratura a Scuola LA PRIMA GUERRA MONDIALE 1914-1918 Per le classi quarte e quinte

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ISTITUTO TECNICO COMM. IGEA – “Antonio GRAMSCI” – Albano Laziale (RM)

A.S. 2008-2009

dal PIANO OFFERTA FORMATIVA (P.O.F.)

DELL'ISTITUTO TECNICO COMMERCIALE – I.G.E.A. Paritario (D.M.04-12-01)

”A N T O N I O G R A M S C I” 42° Distretto Scolastico

RMTD00500C

Sezione Cinema-Letteratura a Scuola

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

1914-1918

Per le classi quarte e quinte

ISTITUTO TECNICO COMM. IGEA – “Antonio GRAMSCI” – Albano Laziale (RM)

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Indice Sezione 1 Gli scrittori 3 Sezione Libraria 4 Bibliografia essenziale 5 Gabriele D’Annunzio 6 Ernest Hemingway 9 Carlo Emilio Gadda 19 Aldo Palazzeschi 21 Giuseppe Prezzolini 23 E.Maria Remarque 24 Umberto Saba 25 Giuseppe Ungaretti 29 Sezione 2 La Cinematografia della I G.M. 31

CIAK SI GIRA! IN SCENA LA GRANDE GUERRA (di Massimiliano Italiano) 32

La Cinematografia 36

Sezione documentaria correlata 38 Mata Hary 40 Compagno B 41 Scarpe al sole 42 Le vie della gloria 43 La grande guerra 44 Addio alle armi 45 Le vie della gloria 46 La grande guerra 47 Uomini contro 48 E Johnny prese il fucile 50 Cuore 51 Regeneration 52 Il battaglione perduto 53

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Sezione 1

GLI SCRITTORI

E

I POETI

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SEZIONE LIBRARIA PROPOSTA

N° titolo Anno di edizione AUTORE Cod.

OO.005

Addio alle Armi Ernest Hemingway OE.004

Niente di nuovo sul fronte occidentale Erich Maria Remarque OM.010

3 Giornale di guerra e di prigionia Gadda Carlo Emilio 4 Due imperi... mancati Aldo Palazzeschi 5 Notturno Gabriele D’Annunzio 6 7 8 9

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Bibliografia essenziale

N° titolo Edizione AUTORE Cod.

Gli esuli di Caporetto. I profughi in Italia durante la grande guerra Laterza, Roma 2006 Ceschin, D.

Grande guerra, piccoli generali. Una cronaca feroce della prima guerra mondiale

UTET, Torino 2007 Del Boca, L.

La grande guerra. 1914-1818 Mursia, Milano 1972. Ferro, M.

Assalto al potere mondiale. La Germania nella guerra 1914-1918 Einaudi, Torino 1965. Fischer, F.

L' ultima estate dell'Europa. Il grande enigma del 1914: perché è scoppiata la Prima guerra mondiale?

Garzanti Libri, Milano 2005. Fromkin, D.

La grande guerra e la memoria moderna Il Mulino, Bologna 2005 Fussel, P.

La grande guerra degli italiani: 1915-1918 Sansoni, Milano 2001 Gibelli, A.

Le guerre degli italiani. Parole, immagini, ricordi 1848-1945 Mondadori, Milano 1989 Isnenghi, M.

La Grande Guerra GIUNTI Isnenghi, M. ST.002

Storia politica della grande guerra 1915-1918 Laterza, Bari 1969 Melograni, P.

Verdum 2003 Ousby Ian ST.014

L'Italia nella prima guerra mondiale Einaudi, Torino 1971 Pieri, P.

La prima guerra mondiale: una storia illustrata

Arnoldo Mondadori, Milano

2005. Strachan, H.

Storia della prima guerra mondiale Vallecchi, Firenze 1967 Taylor, A.J.P. Da Giolitti a Mussolini Il Saggiatore, Milano

1967. Valeri, N.

L'Italia di fronte alla prima guerra mondiale

Ricciardi, Milano-Napoli 1967 Vigezzi, B.

La prima guerra mondiale Mondadori Electa, Milano 2004 Willmott, H.P.

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GABRIELE D’ANNUNZIO LA VITA

Gabriele D'Annunzio nasce a Pescara il 12 marzo 1863 da famiglia borghese, che vive grazie alla ricca

eredità dello zio Antonio D'Annunzio. Compie gli studi liceali nel collegio Cicognini di Prato, distinguendosi sia per la sua condotta indisciplinata che per il suo accanimento nello studio unito ad una forte smania di primeggiare. Già negli anni di collegio, con la sua prima raccolta poetica Primo vere, pubblicata a spese del padre, ottiene un precoce successo, in seguito al quale inizia a collaborare ai giornali letterari dell'epoca. Nel 1881, iscrittosi alla facoltà di Lettere, si trasferisce a Roma, dove, senza portare a termine gli studi universitari, conduce una vita sontuosa, ricca di amori e avventure. In breve tempo, collaborando a diversi periodici, sfruttando il mercato librario e giornalistico e orchestrando intorno alle sue opere spettacolari

iniziative pubblicitarie, il giovane D'Annunzio diviene figura di primo piano della vita culturale e mondana romana.

Dopo il successo di Canto novo e di Terra vergine (1882), nel 1883 hanno grande risonanza la fuga e il matrimonio con la duchessina Maria Hardouin di Gallese, unione da cui nasceranno tre figli, ma che, a causa dei suoi continui tradimenti, durerà solo fino al 1890. Compone i versi l'Intermezzo di rime ('83), la cui «inverecondia» scatena un'accesa polemica; mentre nel 1886 esce la raccolta Isaotta Guttadàuro ed altre poesie, poi divisa in due parti L'Isottèo e La Chimera (1890).

Ricco di risvolti autobiografici è il suo primo romanzo Il piacere (1889), che si colloca al vertice di questa mondana ed estetizzante giovinezza romana. Nel 1891 assediato dai creditori si allontana da Roma e si trasferisce insieme all'amico pittore Francesco Paolo Michetti a Napoli, dove, collaborando ai giornali locali trascorre due anni di «splendida miseria». La principessa Maria Gravina Cruyllas abbandona il marito e va a vivere con il poeta, dal quale ha una figlia. Alla fine del 1893 D'Annunzio è costretto a lasciare, a causa delle difficoltà economiche, anche Napoli.

Ritorna, con la Gravina e la figlioletta, in Abruzzo, ospite ancora del Michetti. Nel 1894 pubblica, dopo le raccolte poetiche Le elegie romane ('92) e Il poema paradisiaco ('93) e dopo i romanzi Giovanni Episcopo ('91) e L'innocente ('92), il suo nuovo romanzo Il trionfo della morte. I suoi testi inoltre cominciano a circolare anche fuori dall'Italia.

Nel 1895 esce La vergine delle rocce, il romanzo in cui si affaccia la teoria del superuomo e che dominerà tutta la sua produzione successiva. Inizia una relazione con l'attrice Eleonora Duse, descritta successivamente nel romanzo «veneziano» Il Fuoco (1900); e avvia una fitta produzione teatrale: Sogno d'un mattino di primavera ('97), Sogno d'un tramonto d'autunno, La città morta ('98), La Gioconda ('99), Francesca da Rimini (1901), La figlia di Jorio (1903).

Nel '97 viene eletto deputato, ma nel 1900, opponendosi al ministero Pelloux, abbandona la destra e si unisce all'estrema sinistra (in seguito non verrà più rieletto). Nel '98 mette fine al suo legame con la Gravina, da cui ha avuto un altro figlio. Si stabilisce a Settignano, nei pressi di Firenze, nella villa detta La Capponcina, dove vive lussuosamente prima assieme alla Duse, poi con il suo nuovo amore Alessandra di Rudinì. Intanto escono Le novelle della Pescara (1902) e i primi tre libri delle Laudi: Maia, Elettra, Alcyone (1903).

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Il 1906 è l'anno dell'amore per la contessa Giuseppina Mancini. Nel 1910 pubblica il romanzo Forse che sì, forse che no, e per sfuggire ai creditori, convinto dalla nuova amante Nathalie de Goloubeff, si rifugia in Francia.

Vive allora tra Parigi e una villa nelle Lande, ad Arcachon, partecipando alla vita mondana della belle époque internazionale. Compone opere in francese; al «Corriere della Sera» fa pervenire le prose Le faville del maglio; scrive la tragedia lirica La Parisina, musicata da Mascagni, e anche sceneggiature cinematografiche, come quella per il film Cabiria (1914).

Nel 1912, a celebrazione della guerra in Libia, esce il quarto libro delle Laudi (Merope. il quinto, Asterope, sarà completato nel 1918 e i restanti due, sebbene annunciati, non usciranno mai). Nel 1915, nell'imminenza dello scoppio della prima guerra mondiale, torna in Italia. Riacquista un ruolo di primo piano, tenendo accesi discorsi interventistici e, traducendo nella realtà il mito letterario di una vita inimitabile, partecipa a varie e ardite imprese belliche, ampiamente autocelebrate. Durante un incidente aereo viene ferito ad un occhio. A Venezia, costretto a una lunga convalescenza, scrive il Notturno, edito nel 1921.

Nonostante la perdita dell'occhio destro, diviene eroe nazionale partecipando a celebri imprese, quali la beffa di Buccari e il volo nel cielo di Vienna. Alla fine della guerra, conducendo una violenta battaglia per l'annessione all'Italia dell'Istria e della Dalmazia, alla testa di un gruppo di legionari nel 1919 marcia su Fiume e occupa la città, instaurandovi una singolare repubblica, la Reggenza italiana del Carnaro, che il governo Giolitti farà cadere nel 1920. Negli anni dell'avvento del Fascismo, nutrendo una certa diffidenza verso Mussolini e il suo partito, si ritira, celebrato come eroe nazionale, presso Gardone, sul lago di Garda, nella villa di Cargnacco, trasformato poi nel museo-mausoleo del Vittoriale degli Italiani. Qui, pressoché in solitudine, nonostante gli onori tributatigli dal regime, raccogliendo le reliquie della sua gloriosa vita, il vecchio esteta trascorre una malinconica vecchiaia sino alla morte avvenuta il primo marzo 1938.

IL CINEMA

Nel 1914 Giovanni Pastrone girò la prima versione del film Cabiria, il primo grande kolossal del cinema delle origini. Con un’astuta strategia promozionale egli ingaggiò d’Annunzio il quale redasse le cosiddette "didascalie vergate" e diede i nomi ai personaggi per un compenso di ben 50.000 lire in oro. L’accordo rimase dietro le quinte e il film fu presentato in sala così:

CABIRIA

Visione storica del III secolo a.C.

Film di Gabriele d’Annunzio.

La prima proiezione fu un successo spaventoso, anche grazie alla fama del (presunto) autore che rimase tale per anni. Accanto a una quantità di innovazioni tecniche, Cabiria diede una forma visiva a una certa qual retorica colonialista e fu la prima comparsa della figura di Maciste (interpretato dal vigoroso Bartolomeo Pagano), che si inseriva facilmente nel superomismo di alcune opere di d’Annunzio. In un suo saggio Emanuele Podestà espone una serie di analogie tra Cabiria (1914) e Terra Vergine (1882).

Sono numerosi i film che si sono richiamati a delle opere di d’Annunzio o ad alcuni aspetti della sua mitologia personale e letteraria. Le trasposizioni cinematografiche a tutti gli effetti sono meno numerose:

• Il delitto di Giovanni Episcopo, regia di Alberto Lattuada (1947), tratto dal romanzo Giovanni Episcopo

• L'innocente, regia di Visconti (1976), tratto dall'omonimo romanzo.

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SEZIONE LIBRARIA PROPOSTA D’ISTITUTO

N° Titolo Anno di edizione

GARIELE D’ANNUNZIO Cod.

Canto Novo 1882 NT.007

Isaotta Guttadàuro 1886

Chimera 1880 NT.007

Elegie Romane 1892 NT.007

Il Piacere 1889 OO.008

Intermezzo di Rime 1883 NT.007

Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi 1903 NT.009

Isotteo 1880 NT.007

Novelle GZ.011

L’innocente 1892

Poema Paradisiaco 1893 NT.007

Il Trionfo della morte 1894 Le Vergini delle rocce 1895 La Gioconda 1899 Il fuoco 1900 Le novelle di Pescara 1902 Francesca da Rimini 1902 La figlia di Iorio 1904 La fiaccola sotto il moggio 1905 Prose scelte 1906 Cabiria 1914 La Leda senza cigno 1916 La beffa di Buccari 1918 Le faville del maglio 1924

Poesie in dialetto per canzoni e disperse NT.008

Primo Vere 1879 NT.007

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ERNEST HEMINGWAY LA VITA

Nasce il 21 luglio 1899 a Oak Park (Chicago). Dopo aver frequentato senza grande entusiasmo la scuola elementare, venne iscritto alla "Municipal High School" ed ebbe la fortuna di incontrare due insegnanti che, avendo notato l'attitudine del ragazzo per la letteratura, lo incoraggiarono a scrivere. Nacquero così i primi racconti e i primi articoli di cronaca pubblicati sui giornali scolastici Tabula e Trapeze. Nel 1917 ottenne il diploma ma si rifiutò sia di iscriversi all'università. Si recò a Kansas City dove iniziò a lavorare come cronista del quotidiano locale, il "Kansas City Star", che si distingueva per il linguaggio moderno, rapido e oggettivo sotto l'insegnamento del vice capocronista Peter Wellington, maestro di objective writing. Gli anni della prima guerra mondiale In quello stesso anno (1917), il 6 aprile, gli Stati Uniti entrarono nella guerra ed Hemingway, lasciato il

lavoro, si presentò come volontario per andare a combattere in Europa con il Corpo di spedizione americano del generale Pershing come già stavano facendo molti giovani aspiranti scrittori che provenivano dalle università, tra i quali E.E. Cummings, John Dos Passos, William Faulkner e Francis Scott Fitzgerald. Escluso dai reparti combattenti a causa di un difetto alla vista venne arruolato nei servizi di autoambulanza come autista dell'ARC (American Red Cross, la sezione statunitense della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa Internazionale) destinati al fronte italiano e dopo due settimane di addestramento e dieci giorni trascorsi a New York si imbarcò, il 23 maggio 1918, sulla Chicago diretta a Bordeaux, città nella quale sbarcò il 29 maggio. Il 31 maggio giunse a Parigi ed ebbe modo, girando per la città con l'amico Ted Brumback, di vedere il disastro provocato nei vari quartieri dal cannone tedesco chiamato Parisgeschütz (spesso erroneamente confuso con la Grande Berta). Proseguì in treno per Milano, dove rimase per alcuni giorni prestando subito opera di soccorso e pattugliamento (in periferia era infatti saltata in aria una fabbrica di munizioni e aveva fatto molte vittime tra le operaie) e in seguito fu inviato a Vicenza con Ted Brumback e Bill Horne, assegnato alla Sezione IV della Croce Rossa

Internazionale americana, presso il Lanificio Cazzola, a Schio, cittadina ai piedi del Pasubio, nella quale tornò anche nel primo dopoguerra. Malgrado il 15 giugno si fosse scatenata sul fronte italiano la Battaglia del Solstizio, alla Sezione IV la situazione era tranquilla. Il giovane desiderava però poter assistere alla guerra da vicino e così fece domanda per essere trasferito. Mandato sulla riva del basso Piave nelle vicinanze di Fossalta di Piave come assistente di trincea e quindi con il compito di distribuire generi di conforto ai soldati, durante la notte tra l'8 e il 9 luglio, nel pieno delle sue mansioni, venne colpito da un mortaio austriaco. Cercò di mettere in salvo i feriti ma, mentre stava recandosi al Comando con un ferito in spalla, fu colpito alla gamba destra dai proiettili di una mitragliatrice che gli penetrarono nel piede e nella rotula del ginocchio. Il 15 luglio venne finalmente trasportato su un treno ospedale e il 17 luglio venne consegnato all'Ospedale della Croce Rossa americana a Milano dove venne operato. All'ospedale, dove rimase tre mesi, si innamorò, ricambiato, di una infermiera statunitense di origine tedesca, Agnes von Kurowski, che però non manterrà la promessa di sposarlo. Dimesso dall'ospedale e decorato con la Croce al merito di guerra americana e con la Medaglia d'argento al Valor Militare italiana, ritornò al fronte a Bassano del Grappa; smobilitato il 21 gennaio del 1919, fece ritorno a Oak Park accolto come un eroe.

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Gli anni venti Dopo il rientro a casa Hemingway riprese a scrivere, ad andare a pesca e a fare conferenze nelle quali rac-contava i giorni drammatici trascorsi sul fronte italiano. Durante una delle sue conferenze conobbe Harriet Gridlay Connable, che risiedeva a Toronto con il marito e che lo invitò a trascorrere un po' di tempo con loro. Nel 1920 Hemingway s trasferisce a Toronto presso i Connable e venne introdotto nella redazione di "The Toronto Star" dove iniziò una collaborazione che durò per molti anni. Cercò anche di farsi pubblicare alcuni dei suoi racconti senza però riuscirci fino a quando la madre, che non ammetteva il modo di vivere del figlio, convinse il padre a smettere di mantenerlo. Il giovane, rimasto così senza casa e senza sostentamento, venne ospitato a Chicago dal fratello di Bill Smith e conobbe Hadley Richardson, una pianista ospite anch'essa degli Smith, che sposò l'anno dopo. A Chicago conobbe Sherwood Anderson (noto scrittore americano) che lo stimolò a cimentarsi nella narrativa, mentre il giornalismo diventò una rapida fonte di successo. Nel dicembre del 1921 Hemingway venne mandato dal Toronto Star in Europa come corrispondente e inviato speciale. Con la moglie partì quindi per il suo reportage soggiornando in Spagna, in Svizzera e in Francia. Nell'autunno - su suggerimento di Sherwood Anderson che gli fornì alcune lettere di raccomandazione per la scrittrice americana espatriata Gertrude Stein affinché presentasse il giovane a James Joyce e a Ezra Pound - decise di trasferirsi a Parigi. L'inizio della carriera letteraria Hemingway iniziò così a Parigi la sua carriera letteraria, stimolata anche dall'incontro con Gertrude Stein che gli fornì una reading list, un elenco dei libri che il giovane Ernest avrebbe dovuto leggere per mettersi al passo con le avanguardie letterarie dell'epoca, in particolar modo il modernismo. Un altro incontro fondamentale a Parigi, nell'ambiente degli espatriati americani e della "generazione perduta" fu quello con il poeta Ezra Pound, che il giovane Ernest considerò subito un maestro e grazie al quale cominciò a pubblicare alcune poesie e racconti su riviste letterarie. Nel 1922 Hemingway continuò la collaborazione con il Toronto Star scrivendo articoli che verranno in seguito raccolti in diverse antologie. In giugno tornò in Italia con la moglie e rivide Milano, Schio e Fossalta di Piave. A Milano si recò ad intervistare Mussolini presso la sede della rivista Il Popolo d'Italia, della quale era direttore. Rientrato a Parigi inviò a Harriet Monroe a Chicago qualche poesia per Poetry: a Magazine of Verse. Nello stesso mese apparve sulla rivista "Double-Dealer" di New Orleans una sua poesia e un racconto di William Faulkner. Il Toronto Star lo incaricò, proprio in quel periodo, ad andare a Costantinopoli come inviato della guerra tra la Grecia e la Turchia, dove in agosto i Turchi avevano cercato di respingere i greci dall'Anatolia con un'offensiva e avevano occupato e dato alle fiamme il porto di Smirne. Malgrado il parere contrario della moglie, il giovane Hemingway partì e a Costantinopoli. Il 21 ottobre, dopo aver assistito all'evacuazione dei Cristiani dalla Tracia (scena che ispirerà la ritirata di Addio alle armi), ritornò in treno a Parigi, colpito dalla malaria e dalle cimici. Ricevette per il servizio 400 dollari che gli permisero di scrivere con una certa tranquillità e non solo per guadagnarsi da vivere. Primi racconti Scrisse in questo periodo il racconto My Old Man; il 20 novembre era a Losanna come inviato del Toronto Star dove si teneva la Conferenza della Pace per sistemare la disputa dei territori tra Grecia e Turchia. Nel 1923 Hemingway e la moglie, che era in attesa di un bambino, fecero un altro viaggio in Italia: a Rapallo, a Pisa, a Sirmione e a Cortina d'Ampezzo, dove rimasero fino alla tarda primavera. A Rapallo, dove erano andati su invito di Pound che lì risiedeva, Hemingway ebbe così modo di incontrare il proprietario delle Contact Editions, Robert MacAlmon, e iniziò a scrivere il racconto Cat in the Rain. Nell'estate del 1923 gli Hemingway, insieme ad un gruppo di amici, tra i quali William Bird della "Three mountains Press" e Robert MaAlmon delle "Contact Editions" si recarono in Spagna e a Siviglia e lo scrittore assistette alla prima sua corrida importante, partecipò agli encierros (gli spostamenti a piedi dei tori da combattimento) e alle novilladas (le corride per principianti ) e conobbe toreri celebri. Al ritorno a Parigi,

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McAlmon gli offrì di pubblicare un volume di racconti nelle sue "Contact Editions". Hemingway gli inviò allora i tre racconti, Up in Michigan, My Old Main e Out of Season ai quali aggiunse qualche poesia. Su consiglio di Gertrude Stein si recò nell'estate del 1924 a Pamplona per la festa di San Firmino e fu in quel luogo, a contatto con i matador del momento, Nicanor Villalta e Manuel Garcìa, detto Maera, che trasse molte delle idee che sviluppò per tutta la vita e che gli ispirarono il romanzo Fiesta (allora intitolato Il sole sorgerà ancora), salutato dalla critica e dal pubblico con clamore. Ritornato a Parigi scrisse altre miniature ispirate alle sue vicende di guerra in Italia e a quelle sulle corride e i toreri. Prime pubblicazioni (Three Stories and Ten Poems e in our time) Il 5 agosto gli furono inviate le bozze di Three Stories and Ten Poems della "Contact Edition", pubblicate l'anno stesso, anche se pochi si accorsero di queste pubblicazioni tranne il recensore del mensile "The Diable" che criticò Up in Michigan e paragona My Old Man a certe storie di cavalli scritte da Anderson, ignorando le poesie. Il 15 agosto gli Hemingway si recarono a Toronto e il 10 ottobre, nacque il primo figlio, John Hadley Nicanor che il padre chiamerà in seguito Bumby. A Natale furono infine pubblicate le copie di In our time (scritto con le lettere minuscole) della "Three Mountains Press". Il 1° gennaio del 1924 Hemingway diede le dimissioni dal Toronto Star e il 19 ritornò a Parigi. Stabilitosi in Rue Notre Dame des Champs 113, Hemingway iniziò a frequentare i caffè letterari di Ford Madox Ford che aveva fondato la rivista "Transatlantic review"; presto diventò scout della rivista stessa che in aprile pubblicò il racconto, dal titolo Indian Camp, scritto al ritorno da Toronto. Durante l'anno approfondì l'amicizia con lo scrittore umoristico Donald Ogden Stewart, iniziò a frequentare più assiduamente Dos Passos e iniziò a scrivere il lungo racconto Big Two-Hearted River con protagonista Nick Adams, già apparso in Indian Camp, contenente le linee fondamentali della sua poetica. Finì nel frattempo i racconti The Doctor and the Doctor's Wife, Soldiers Home, The End of Something, The Three-Day Blow, Cat in the Rain, Cross-Country Snow che costituiranno, insieme ai racconti di Three Stories and Ten Poems e a quelli di our time, il contenuto del volume "In Our Time", accettato e pubblicato nel 1925 dall'editore Horace Liveright. Nel frattempo Hemingway aveva scritto il racconto The Undefeated, respinto dalla rivista "The Diable" perché considerato troppo forte. Firmò però un contratto con Liveright e conobbe l'editor di Scribner, Maxwell Perkins, grazie alla raccomandazione di Francis Scott Fitzgerald che era in quel momento all'apice della sua carriera. In giugno iniziò a scrivere il romanzo Along whith youth: a Novel (mai terminato), ma il cui titolo servì a Peter Griffin per la biografia dello scrittore pubblicata nel 1985. In luglio Hemingway organizzò un viaggio per la Fiesta di Pamplona dove si recò, oltre che con la moglie Hadley, con gli amici Donald Ogden Stewart e Harold Loeb. Terminata la festa di San Firmino si recò con la sola Hadley a Madrid dove, durante una corrida, Cayetano Ordonez dedicò ad Hadley un orecchio del toro e in un'altra corrida le regalò la sua cappa. Lo scrittore prese poi spunto da questi episodi per delineare la figura di un personaggio di un romanzo che aveva pensato dapprima di intitolare Fiesta, titolo poi scartato insieme ad altri perché straniero. Ritornato a Parigi terminò il romanzo concludendolo con la data 21 settembre 1925 e intitolandolo The Sun Also Rises. Conobbe e frequentò in questo periodo l'ambiente dei miliardari Gerard e Sarah Murphy che saranno i modelli di Fitzgerald in Tender is the Night (Tenera è la notte) e che vivevano gran parte dell'anno a Cap d'Antibes ospitando persone illustri. I primi romanzi di successo Per liberarsi dal vincolo del contratto dell'editore Liveright, che non gli permetteva di passare all'editore Scribner, Hemingway compì un gesto piuttosto opportunistico che indignò quasi tutti i suoi amici: scrisse The Torrent of Spring con l'intenzione di farne una parodia dei modi affettati che Sherwood Anderson usava nel suo ultimo romanzo Dark Laughter. In questo modo, Liveright non avrebbe potuto pubblicarlo e lo scrittore sarebbe stato libero di passare all'altro editore. L'unica a difenderlo sarà Pauline Pfeiffer, una redattrice di moda di Vogue, che da quel momento diventerà una presenza costante nel matrimonio di Ernest e Hedlay e due anni dopo diventerà la sua seconda moglie. Nel febbraio del 1926, liberatosi dall'editore Liviright, lo scrittore si recò da solo a New York dove avvenne l'incontro con Scribner che gli assicurò la pubblicazione di The Torrents of Spring e di The Sun Also Rises

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non ancora terminati. La promessa verrà mantenuta e nello stesso anno saranno pubblicati i suoi primi due romanzi. Con la pubblicazione dei due romanzi, soprattutto con The Sun Also Rises Fiesta (Il sole sorgerà ancora) pubblicato in quell'anno, la fama di Hemingway crebbe ma il suo matrimonio, già profondamente in crisi per la presenza di Pauline, si ruppe definitivamente. Nel 1927 egli sposò in seconde nozze e con rito cattolico la Pfeiffer e andò a vivere a key West, nell'arcipelago delle Keys in Florida, dove iniziò a scrivere A Farewell to Arms (Addio alle armi). In ottobre venne pubblicato Men without Women (Uomini senza donne) recensito da Virginia Woolf. Nel giugno del 1928 nacque il secondo figlio, Patrick, ma il 6 dicembre il padre si suicidò lasciando profondamente sconvolto lo scrittore. Nel gennaio del 1929 il manoscritto di A Farewell to Arms (Addio alle armi) venne terminato e in settembre fu pubblicato ottenendo grande successo. Gli anni trenta Nel 1930 lo scrittore ritornò a Parigi e durante l'anno scrisse una prefazione alle memorie di Kiki de Montparnasse, si recò a fare un viaggio alle isole Marquesas e Tortuga, organizzò un safari in Africa e iniziò a bere troppo conducendo una vita molto sregolata che gli procurò alcuni incidenti. Nello stesso anno uscì la riduzione cinematografica che ebbe un ottimo successo di pubblico e gli rese un eccellente guadagno. Nel 1931, ritornato a Key West, Hemingway apprese che Pauline era nuovamente incinta. Insofferente però alla vita familiare e sempre bisognoso di nuove avventure si recò a Madrid da solo e partecipò alla sua settima edizione della Fiera di San Firmin a Pamplona. Egli, in questo periodo, ebbe una lunga relazione con Jean Mason, moglie di un funzionario della Pan American che terminerà con un tentato suicidio della donna. A novembre lo scrittore ritornò a Kansas City per la nascita del figlio che fu chiamato Gregory Hancock. Il 19 dicembre la famiglia rientrò nella nuova casa di Key West dove Hemingway terminò di scrivere Death in the Afternoon (Morte nel pomeriggio) che venne pubblicato nel 1932 ottenendo scarso successo. Sempre attratto dall'avventura, lo scrittore compì, sempre in quell'anno, anche una spedizione di pesca in Avana con Joe Russell, proprietario dello Sloppy Joe's Bar che egli frequentava, scoprendo la pesca dei marlin. Scrisse il terzo racconto di Nick Adams, A Way You'll Never Be ambientato nell'Italia del 1918 mentre continua il flirt con Jane che gli ispirerà il ritratto della protagonista del racconto The Short Happy Life of Francis Macomber. Nel 1933 lo scrittore si recò a New York dove conobbe Thomas Wolfe e incontrò Arnold Gingrich il fondatore della rivista "Esquire" che diventerà il marito di Jane Mason. Ritornò a Key West e durante la primavera la rivista "Scribner's Magazine" accettò tre suoi racconti (Clean, Well-Lighted Place, Homage to Switzerland) oltre che il noto Give us a Prescription, Doctor, più tardi intitolato The Gambler, the Nun, and the Radio, che prendeva ispirazione dall'esperienza trascorsa nell'ospedale di Billing. Venne pubblicata, sempre in quell'anno, la sua terza raccolta intitolata Chi vince non prende nulla ed Hemingway iniziò a scrivere il racconto che farà parte in seguito di To Have and Have Not e decise il titolo per la nuova raccolta di racconti, Winner Take Nothing, e che verranno pubblicati l'anno stesso. Non rinunciò comunque ai suoi viaggi e in aprile si recò in crociera a Cuba sulla barca di Joe Russell rimanendovi per due mesi. In agosto andò con Pauline all'Avana dove assistette alla rivoluzione del 12 agosto che ebbe come risultato la deposizione del dittatore cubano Gerardo Machado e l'elezione di Carlos Manuel de Cespedes. Dopo essere ritornato a Parigi e aver letto con dispiacere le recensioni negative sulla sua raccolta Winner Take Nothing, ripartirà ancora, insieme a Pauline e Charles Thompson, per Monbasa e Nairobi dove iniziò il safari con Philip Percival. Nel 1934 comprò, con i soldi che Arnold Gingrich gli aveva dato come anticipo sui suoi futuri articoli per l'"Esquire", la sua famosa barca d'altura che chiamò "Pilar" e fece ritorno a Key West dove deciderà, in quell'anno, di scrivere la storia del suo safari. Il 18 luglio Hemingway inaugurò la Pilar e andò a Cuba e, lasciatala poi all'Avana, ritornò a casa dove terminò di scrivere il libro sul safari che intitolerà The Green Hills of Africa (Verdi colline d'Africa)

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Nel 1935 Hemingway trascorse molto tempo a pescare con la sua nuova barca a Bimini dove ebbe un pauroso incidente. Verdi colline d'Africa uscirà solamente in agosto e verrà accolto con indifferenza. Portò a termine il secondo racconto di To Have and Have Not con il titolo The Tradesman's Return. Nel 1936 scrisse i racconti The Capital of The World e The Short Happy life of Francis Macomber e terminò Le nevi del Kilimangiaro (The Snows of Kilimanjaro) oltre al terzo racconto di To Have and Have Not. In Spagna era intanto scoppiata la guerra civile e la North American Newspaper Alliance (N.A.N.A) lo contatta perché invii servizi dalla Spagna sui suoi sessanta giornali, offerta che egli accettò nel 1937 riprendendo così, dopo molti anni, l'attività giornalistica. In questo periodo lavorò intensamente ad un documentario propagandistico antifascista dal titolo Spain in Flames e a febbraio, con il poeta Arcibald McLeish, la commediografa Lillian Hellman e l'amico John Dos Passos, fondò una società per raccogliere i fondi per un secondo documentario sulla Spagna che avrà il titolo The Spanish Earth (Terra di Spagna). Il 16 marzo, dopo aver ottenuto i permessi per la Spagna, Hemingway partì in aereo per Barcellona intenzionato ad arrivare più a sud e, arrivato a Valencia, volle andare subito a vedere i luoghi della vittoria lealista. In seguito si spostò a Madrid dove iniziò la sua attività di inviato speciale e dove lo raggiunse Martha Gellhorn, la giovane e ambiziosa scrittrice che aveva incontrato allo "Sloppy Joe's Bar" e che sposerà nel 1940 dopo il divorzio da Pauline. Ad aprile iniziò la vera preparazione del film-documentario Terra di Spagna, che verrà presentato il 4 giugno a New York durante una riunione organizzata dalla "League of American Writers", dopo che John Dos Passos, Arcibal MacLeish e Lilliam Hellman ebbero costituito la "Contemporany Historian Inc." per fare in modo che il famoso regista Joris Ivens e il cameraman John Ferno partecipassero. L'8 luglio il documentario fu proiettato alla Casa Bianca, dove Hemingway era stato invitato dal presidente Roosevelt, e il 10 luglio in California. Durante la serata, che si tenne a casa di Frederic March, presente Doroty Parker e Francis Scott Fitzgerald, lo scrittore raccolse fondi per inviare ambulanze in Spagna. Ritornato in Spagna con Martha si recherà in prima linea conducendo con lei una vita molto dura spostandosi continuamente sui luoghi di battaglia e di bombardamenti. Dopo un mese al fronte Hemingway si trasferì a Madrid all'Hotel Florida con Martha ormai ufficialmente al suo fianco. Il 15 ottobre 1937 uscì To Have and Have Not (Avere e non avere) che diventò subito un best seller e nel frattempo scrisse una commedia che si ispirava a Martha, The Fifth Column (La quinta colonna). Prima di Natale, mentre Martha ed Ernest si avviavano verso Barcellona, vennero a conoscenza di un'avanzata lealista e ritornarono sui luoghi dove si combatteva e da lì ritornarono a Parigi dove Hemingway trovò Pauline che si era recata nella città nel tentativo di salvare il loro matrimonio. Hemingway, che intanto iniziava ad accusare seri disturbi di fegato e a bere in modo eccessivo. Fece ritorno a New York. Con il ritorno a New York era finito il secondo viaggio in Spagna di Hemingway, ma il fascino di quella terra era per lui troppo forte tanto che lo scrittore, il 19 marzo 1938, avendo ottenuto un altro contratto con la N.A.N.A, si imbarcò ancora per la Spagna verso i luoghi di battaglia e vi rimase fino alla metà di maggio per poi ritornare a Parigi e a New York. Scrisse in questo periodo articoli per la rivista di sinistra "Ken" fondata dallo stesso editore di "Esquire" sul quale, l'11 agosto del '38 scriveva del timore di una nuova guerra europea. Usciva intanto a New York la rappresentazione di The Fifth Column con l'adattamento di Benjamin Glaser. Ritornato a Parigi si rimise con Martha Gellhorn e iniziò a scrivere il romanzo sulla Spagna mentre usciva il volume di racconti con recensioni non sempre favorevoli ma che gli fruttò solo nelle due prime settimane 6.000 copie. Gli anni della seconda guerra mondiale Nel febbraio del 1939 lo scrittore si recò a Cuba dove rimase un mese lavorando al romanzo For Whom the Bell Tolls (Per chi suona la campana). Al ritorno a Key West gli venne proposta la riduzione cinematografica di The Short Happy Life of Grancis Macomber. Hemingway, intanto ritornato all'Avana, fu raggiunto da Martha Gellhorn che lo convinse ad affittare una tenuta in rovina, chiamata "Finca Vigìa". Sempre con Martha, si recò nell'Idhaho, a Sun Valley, un vecchio villaggio vicino alla città mineraria di Ketchum, dove trascorreva gran parte del tempo cacciando selvaggina.

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Il 1940 fu l'anno dedicato alla stesura del romanzo Per chi suona la campana che venne pubblicato in luglio a New York con una vendita immediata di 100.000 copie. Nello stesso anno fu realizzata la riduzione cinematografica del libro e in novembre, dopo aver avuto conferma del divorzio ottenuto da Pauline, sposò Martha, accompagnandola poco tempo dopo in Cina come inviata della rivista "Collier's". Era intanto scoppiata la seconda guerra mondiale e i tedeschi avevano invaso la Danimarca, i Paesi Bassi e la Francia, mentre Dunkerque era stata evacuata e in Messico era stato ucciso Trotzkij. Il 27 gennaio del 1941 lo scrittore si recò a Los Angeles per prendere accordi sul film tratto dal suo romanzo For Whom the Bell Tolls e incontrò Gary Cooper e Ingrid Bergman. Ritornato a Hong Kong dove rimase un mese (di questo periodo è l'intervista fatta a Chiang Kai-shek) continuò il viaggio in Birmania dove gli arrivò la notizia che For Whom the Bell Tolls era stato candidato al Premio Pulitzer (che però quell'anno non verrà assegnato). Mentre Martha fu inviata a Giacarta, Hemingway dovette ritornare a Honk Kong, ma alla fine di maggio era di nuovo alla "Finca Vigia" (la casa che aveva comprato come regalo di nozze per Martha con i primi guadagni del romanzo) a San Francisco de Paula vicino all'Avana dove iniziarono i problemi con le tasse. Nel 1942 lo scrittore si recò in vacanza a Città del Messico ospite di Nathan Davis che lo convinse ad iniziare un'attività di controspionaggio all'Avana per impedire da parte della Quinta Colonna nazista di infiltrarsi a Cuba. Ottenuta l'autorizzazione dall'Ambasciata americana, l'ambasciatore Spruille Brade, dopo averne discusso con il Primo Ministro, autorizzò Hemingway a realizzare l'organizzazione che venne chiamata con il codice "Crime Shop", poco dopo sostituita dallo stesso Hemingway con "Crook Factory". Dopo aver ottenuto il permesso dell'ambasciatore Hemingway predispose la sua imbarcazione, la "Pilar", a fare da nave civetta camuffandola come se si trattasse di una nave interessata a fare ricerche scientifiche per il Museo Americano di Storia Naturale. La moglie Martha, contraria all'operazione e infastidita dall'atteggiamento narcisistico del marito che aveva iniziato a farsi chiamare "Papa" e soprattutto a bere troppo, accettò nel frattempo l'incarico, affidatole dalla rivista "Collier's", di partire come inviata speciale per il Mare dei Caraibi. Hemingway visse questa avventura, che gli ispirerà Island in the Stream, con grande entusiasmo, ma in seguito all'indagine sui metodi della "Crook Factory" condotta da sedici agenti dell'FBI venuti all'Avana, l'organizzazione fu sospesa. Il 10 luglio intanto si tenne a New York la prima di For Whom the Bell Tolls e il romanzo raggiunse le 785.000 copie, solamente in America. Malgrado Martha insistesse perché tornasse in Europa, Hemingway rimase all'Avana fino al 1944, quando finalmente si decise a ritornare a New York. Alla vigilia dello sbarco in Normandia si recò a Londra come inviato speciale del "Collier's" e li conobbe Mary Welsh, inviata di "Time" e "Life", e iniziò a corteggiarla. In questo periodo conobbe anche il fotografo Robert Capa con il quale strinse subito una grande amicizia e il 25 maggio, dopo solamente una settimana dal suo arrivo a Londra, ritornando da una festa data da Capa a tarda notte, ebbe un terribile incidente d'auto e, con prognosi di commozione cerebrale, venne ricoverato al St. George's Hospital. Dimesso il 29 maggio senza tener conto delle indicazioni dei medici ricominciò a bere e il 2 giugno, invece di rimanere a riposo come gli era stato prescritto, si recò, insieme ad altri corrispondenti di guerra, su un aereo per andare ad attendere l'invasione del D-Day e da quel momento, per sette mesi, partecipò alla guerra in Europa. Il 26 luglio conobbe colui che diventerà il suo eroe militare, il colonnello, in seguito promosso generale, Charles Trueman Lanham comandante del ventiduesimo Reggimento di Fanteria della Quarta Divisione e lo seguì come corrispondente presso il suo reggimento. Lasciata in agosto la Quarta Divisione, lo scrittore si spostò a Rambouillet, sulla strada di Parigi, per unirsi ad un gruppo di partigiani francesi prendendone il comando e il 24 agosto entrò a Parigi prima del generale Leclerc e avvenne quella che egli chiamò la liberazione dell'Hotel Ritz. Il 4 ottobre venne sottoposto ad un'inchiesta a Nancy con l'accusa di aver violato la Convenzione di Ginevra per essersi tolto, quando si trovava a Rambouillet, le mostrine di corrispondente e aver preso il comando dei partigiani francesi. Il 15 novembre, dopo essere stato assolto, raggiunse il colonnello Lanham nella foresta di Hurtgen e rimase con il battaglione per tutti i diciotto giorni della Battaglia di Hurtgen Forest sferrata dai tedeschi nella quale morirono 2.678 americani. Ritornato a Parigi in settembre per un breve periodo, lo scrittore incontrò Martha che gli aveva chiesto il divorzio ed ebbe la visita di Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir. Ricevuta la notizia che il colonnello Lanham aveva subito un attacco nel Lussemburgo, lo raggiunse e rientrò nella città solamente nel gennaio del 1945, anno molto difficile per lo scrittore che, oltre a soffrire di forti emicranie, contrasse due polmoniti, ebbe un nuovo gravissimo incidente di macchina, concluse il divorzio con Martha e fu molto in pena per il figlio John ferito e catturato dai tedeschi.

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Gli anni del dopoguerra Hemingway trascorse il 1946, anno in cui sposò Mary, in condizioni più favorevoli di salute che gli permisero di dedicarsi alla stesura del nuovo libro The Garden of Eden (Il giardino dell'Eden). Nel 1947 ricevette all'Ambasciata americana dell'Avana la Bronze Star per i servizi prestati come corrispondente di guerra in Francia e Germania e nel 1948 si recò con la moglie in Italia, dove rimase fino all'aprile del 1949, portando con sé la sua fama di machismo, e proprio quando la sua celebrità di scrittore era arrivata al massimo. Fra i suoi soggiorni italiani egli risiederà, per alcuni periodi del 1952, anche nella località campana di Acciaroli. In questo periodo, a più riprese fino al 1954, soggiornò frequentemente in Veneto, soprattutto fra Venezia (era un assiduo frequentatore dell'Harry's Bar e del Gritti), l'isola di Torcello, Cortina e la laguna di Caorle. Fu in tale periodo che scrisse il romanzo Across the River and into the Trees (Di là dal fiume e tra gli alberi) ambientato proprio nei luoghi veneti conosciuti dall'autore. Il romanzo, pubblicato nel 1950, fu accolto freddamente dalla critica e non ottenne un grande successo, ma rappresentò comunque il ritorno di Hemingway al romanzo dopo dieci anni. Proprio per gli aperti riferimenti a luoghi e persone realmente conosciuti all'epoca (si era innamorato anche della giovane nobildonna veneta Adriana Ivancich, facilmente riconoscibile in un personaggio del romanzo), Hemingway vietò la pubblicazione in Italia di "Di là dal fiume e tra gli alberi" per almeno 2 anni. Ciò non impedì comunque che la relazione di Hemingway con la giovane italiana suscitasse un certo scandalo, almeno in Italia. Di fatto poi il romanzo sarà pubblicato in Italia solo nel 1965. È in procinto di essere realizzato il film "Hemingway for Cuba", basato sulla storia d' amore tra Hemingway e Adriana Ivancich: sarà interpretato da Kurt Russell, con la consulenza dello scrittore Gabriel Garcia Marquez e dell'artista Bobo Ivancich y De La Torriente. Il ritorno a Cuba e l'ultimo romanzo: The Old Man and the Sea (Il vecchio e il mare) Tornato a Cuba si dedicò alla pesca sulla sua "Pilar" e scrisse The Old Man and the Sea (Il vecchio e il mare) che terminò il 17 febbraio del 1952. Lo stesso anno Leland Hayward gli offrì di pubblicare su un numero unico di "Life", con uscita in settembre, The Old Man and the Sea mentre Adriana Ivancich disegnò la copertina del libro per l'editore Scribner che pubblicò il romanzo nello stesso anno e nell'aprile del 1953 il romanzo vincerà il Premio Pulitzer. Gli ultimi anni di vita Hemingway nel frattempo aveva organizzato un safari spinto dal suo solito desiderio di avventura, ma anche perché voleva raggiungere in Africa il figlio Patrick che si trovava in Kenia con la moglie. Dopo aver accettato un contratto con la rivista "Look" per la pubblicazione di una serie di articoli sul safari che avrebbe fatto, Hemingway volle ritornare a Pamplona per la Festa di San Firmino. Gli incidenti Il 21 gennaio 1954 partì con Mary dall'aeroporto di Nairobi, ma la "sfortuna" lo stava perseguitando. Il pilota dell'aereo sul quale viaggiava, per evitare uno stormo di ibis, colpì un filo del telegrafo e, con l'elica e la fusoliera danneggiata, tentò un atterraggio di fortuna in Uganda dove, con una spalla rotta, Hemingway e la moglie furono costretti a trascorrere la notte all'aperto e al freddo. Il mattino, avvistati da una grande barca e fatti salire a bordo, furono trasportati a Butiaba dove Reggie Cartwright si offrì di portarli fino a Entebbe col suo piccolo aereo, ma l'aereo prese fuoco e lo scrittore, nel tentativo di sfondare un portello con la testa, subì danni fisici molto gravi dai quali non si riprese mai più. Condotto a Nairobi, dove ricevette le prime cure, si sforzò di scrivere il primo articolo per il "Look" e accettò di essere condotto da Roy Marsh sul suo aereo all'accampamento di Shimoni sulla costa del Kenia, come era stato precedentemente programmato, ma allo scoppio di un incendio nel vicino accampamento egli, che era accorso per aiutare, venne avvolto dalle fiamme uscendone fortemente ustionato.

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Ancora a Madrid Solo alla fine di marzo, dimagrito di dieci chili, poté raggiungere Venezia dove il Conte Federico Kechler lo raggiunse e lo accompagnò in varie cliniche per esami radiografici e visite più complete. Malgrado la salute così precaria lo scrittore aveva il desiderio di rivedere la Spagna e così, accompagnato in macchina da Aaron Edward Hotchner, che dalle conversazioni registrate lungo il viaggio trarrà Papa Hemingway pubblicato nel 1966, si recò a Madrid. A Madrid si fece curare da un medico, per poi ripartire alla volta di Genova dove, imbarcatosi per l'Avana, giunse alla Finca e fu assistito con cure intensive dal suo medico, José Luis Herrera. Durante l'estate riuscì solamente a scrivere alcune lettere e a ricevere qualche visita come quella di Ava Gardner e Luis Miguel Dominguin che aveva conosciuto a Madrid quando era andato ad assistere ad una sua corrida. Il Premio Nobel Il 28 ottobre ricevette per telefono la notizia che gli era stato assegnato il premio Nobel, ma non fu in grado di viaggiare fino a Stoccolma e il premio venne ritirato dall'ambasciatore Jon Cabot. Si dice anche che alla consegna del premio lo scrittore americano abbia risposto al messo "Troppo tardi". La ripresa della lavorazione del film "Il vecchio e il mare"

Durante i primi mesi del 1955 Hemingway, con il corpo martoriato, ricevette stancamente i visitatori che venivano numerosi a trovarlo e cercò di collaborare con Leland Hayward e Peter Viertel giunti alla Finca il primo di giugno per riprendere la lavorazione del film he Old Man and the Sea. A luglio andò a trovarlo anche Aaron Edward Hotchner con il quale discusse il programma per la riduzione teatrale di alcuni suoi racconti e in agosto accolse la troupe cinematografica che era arrivata sul luogo per girare le scene della pesca. Il testamento e la malattia Il 17 settembre redasse il suo testamento con il quale nominò la moglie Mary erede ed esecutrice testamentaria, a patto che provvedesse ai figli e solamente a novembre riuscì, a fatica, a recarsi all'Avana per ricevere l'onorificenza dell'Ordine di San Cristobal ma, ammalatosi di nefrite e di epatite, fu costretto a letto fino al 9 gennaio. Ripresosi in parte, durante il 1956 tentò di scrivere qualche racconto che però rimase incompiuto e,

malgrado tutti lo dissuadessero, volle recarsi a Madrid per assistere alle corride di Antonio Ordonez. Beveva sempre di più e la pressione era sempre troppo alta, ma non volendo rassegnarsi al suo stato fisico così deteriorato e, sfidando il medico, combinò un safari in Africa che fortunatamente non gli fu possibile effettuare perché proprio quell'anno Nasser chiuse il canale di Suez. Si recò comunque in Spagna per una caccia alle pernici e a novembre a Parigi. All'Hotel Ritz gli vennero dati due bauli rimasti in magazzino dal 1928 che contenevano manoscritti e dattiloscritti di quegli anni che diventeranno in seguito A Moveable Feast. La depressione Durante il 1957 Hemingway iniziò a soffrire di forte depressione che gli impedì di portare a termine l'articolo su Fitzgerald per la rivista Atlantic Monthly. In tutto l'anno scrisse un solo racconto: A Man of the World. Lo scrittore si muoveva raramente da casa se non per recarsi a New York ad un incontro di boxe di Sugar Ray Robinson, ma la città lo deluse perché troppo caotica e rumorosa e a Bernard Berenson scrisse anche che Cuba non possedeva più alcun fascino a causa dei grattacieli che cospargevano le spiagge. Nella primavera del 1958 riprese a scrivere con una certa regolarità alcuni capitoli sulla vita trascorsa a Parigi con Hadley tra il 1921 e il 1926, ma iniziò ad avere strani sintomi di mania di persecuzione che esternò con un forte risentimento nei confronti di Pauline e dei Murphy, che accusava di essere stati i

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responsabili del fallimento del suo primo matrimonio. Riuscì comunque a portare a termine il libro composto da diciotto capitoli e riprese a scrivere il romanzo The Garden of Eden che aveva iniziato dieci anni prima. In aprile, insofferente del clima di Cuba, volle recarsi a Ketchum dove riprese la caccia e trasse un certo beneficio dalle cure del dottor George Saviers che prestava servizio al Sun Valley Hospital e che divenne suo amico. In dicembre decise di acquistare una villa a due piani fuori dal centro della città per vivere in una casa più organizzata e poter dedicarsi con tranquillità allo scrivere. Nel febbraio del 1959 morì Taylor Williams che era stata la guida di Sun Valley, suo compagno di caccia agli orsi e grande amico ed Hemingway gli acquisto una tomba vicino alla sua dove venne poi sepolto. Per l'ultima volta in Spagna In aprile, dopo essere stato all'Avana ed aver incontrato Tennessee Williams e Kenneth Tynan, accettò l'invito di Bill Davis e in maggio fu suo ospite con Mary, nella villa "La Consula" a Malaga sulla Costa del Sol, da dove si mosse per assistere alla serie di corride di Dominguin e di Antonio Ordonez per la Spagna. A Pamplona, dopo aver assistito a venti corride, conobbe Valery Danby-Smith che divenne in seguito la sua segretaria e che rimase vicino a Mary dopo la morte di Hemingway. Il 21 luglio di quell'anno venne organizzata da Mary una grande festa per il suo sessantesimo compleanno, ma lo scrittore in quell'occasione si comportò in modo preoccupante alternando crisi di pianto a discorsi sarcastici verso gli amici. Ripresa la tournée si recò a Valencia per continuare a seguire le corride ed anche Dominguin venne ferito. La rivista Life aveva intanto commissionato ad Hemingway un articolo sulla corrida ed egli aveva iniziato a prendere numerosi appunti. Ma quando in ottobre, ritornato alla Finca Vigia, cercò di riordinarli, non ci riuscì. Le crisi maniaco-depressive Nel gennaio 1960 lo scrittore si recò a Miami assistito dalla segretaria Valerie e continuò a scrivere la storia delle corride che stava ormai diventando un manoscritto di 688 pagine. Ossessionato dal lavoro intrapreso, in giugno chiese all'amico Aaron Edward Hotchner di raggiungerlo alla Finca per aiutarlo a tagliare il manoscritto che diventerà poi The Dangerous Summer. Alla fine di luglio il lavoro era stato terminato ed Hemingway, accompagnato da Hotchner, volle ritornare in Spagna. I segni di squilibrio mentale diventavano intanto sempre più evidenti: ossessionato dal fatto che Valerie fosse giunta a Cuba con un visto temporaneo non ancora rinnovato, si convinse che Antonio Ordonez avesse bisogno di lui e si recò a New York passando dalla Spagna (anche per controllare di persona il suo scritto sulle corride) quindi da solo in volo, senza un motivo preciso, si recò a Madrid, seguito subito da una persona di fiducia e poi da Hotchner, per andare a "La Consula" e preoccupando tutti gli amici a causa delle crisi maniaco-depressive che lo facevano sospettare di tutto e di tutti, con grandi vuoti di memoria. A settembre uscì su Life la prima delle tre puntate di The Dangerous Summer e lo scrittore fu assalito dall'angoscia perché lo ritenne un "pasticcio" e ne provava vergogna. Gli amici spagnoli, preoccupati dal suo stato patologico, sentirono il dovere di farlo caricare su un volo notturno e di riportarlo a New York dove cominciò ad essere ossessionato dai complotti che vede ovunque intorno a lui. Il ricovero Il 22 ottobre ritornò a Ketchum, ma la situazione non migliorò. Era convinto di non avere più denaro per mantenere la casa, pensava di essere pedinato dall'FBI e perseguitato per il visto non rinnovato di Valerie e vedeva ovunque agenti federali (dall'archivio generale dell'FBI che verrà ripreso in visione dopo che Jeffrey Meyers rivelerà sul "The New York Review of Books "del 31 marzo 1983, nell'articolo intitolato Wanted by the F.B. I.!, si potrà constatare che i timori di Hemingway erano in parte giustificati. Infatti il Bureau lo teneva sotto sorveglianza dai tempi della guerra di Spagna e dell'attività di controspionaggio. Dopo aver parlato con uno psichiatra, il dottor Saviers si rese conto della necessità di un ricovero. Il 30 novembre, sotto falso nome, Hemingway partì con un aereo privato insieme al dottor Saviers (Mary lo raggiungerà in treno) per essere ricoverato alla clinica Mayo nel Minnesota. Gli fu diagnosticata una emocromatosi, fu sottoposto a numerosi elettroshock e venne colpito da afasia. Il 22 gennaio, dimesso dalla clinica, fece ritorno a Ketchum e riprese a fatica il lavoro al libro di Parigi, smettendo di bere e rifiutando qualsiasi invito. Piangeva con grande facilità, continuava a dimagrire ed era convinto di avere un cancro. Il 21 aprile tentò di sottrarre un fucile dalla stanza dove erano conservate le armi, ma Mary riuscì a distrarlo. L'arrivo del dottor Saviers per la sua visita quotidiana fu provvidenziale perché riuscì a convincerlo a deporre

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il fucile e lo condusse al "Sun Vallery Hospital" e di qui, nuovamente alla clinica Mayo dove fu sottoposto ad altri elettroshock. Rimase in ospedale per due mesi, isolato in una stanza senza la presenza di alcun oggetto e il 26 giugno venne dimesso "clinicamente guarito", ma già lungo il viaggio di ritorno ricominciò ad avere strani comportamenti e forti allucinazioni. La morte Il 1° luglio 1961, come riferisce Mary nelle memorie, fu una giornata abbastanza tranquilla per lo scrittore tranne che per il ricorrente incubo della persecuzione dell'FBI. Ella racconta che alla sera cantò con lei una canzone che aveva imparato a Cortina da Fernanda Pivano e che era solito canticchiare nei momenti di serenità. Pochi giorni prima, Mary lo aveva sorpreso con un fucile e delle cartucce in mano, ma egli le aveva risposto che intendeva soltanto "dargli una ripulita". Allarmatissima, lei aveva riposto l'arma nell'armadietto e l'aveva serrato, nascondendone la chiave. La mattina della domenica del 2 luglio Mary fu svegliata da un forte colpo. Hemingway si era sparato alla tempia ed era morto. Disgraziatamente, lei aveva dimenticato le chiavi dell'armadietto sul tavolo della cucina e lui le aveva trovate. Dopo tre giorni, nella piccola chiesa di "Our Lady of the Snow" (Nostra Signora delle Nevi) vennero celebrate le onoranze funebri alla presenza dei tre figli e di pochi intimi amici. Il suo corpo trovò sepoltura nel cimitero di Ketchum.

SEZIONE LIBRARIA PROPOSTA D’ISTITUTO

N° Titolo Anno di edizione ERNEST HEMINGWAY Cod.

OO.005

Addio alle Armi OE.004

Avere e non avere OE.005

Di là dal fiume e tra gli alberi OE.005

Festa mobile OE.004

Fiesta OE.004

I Quarantanove racconti OM.017

Il giardino dell’Eden OE.003

OO.002

Il vecchio e il mare RP.005

Morte nel pomeriggio OE.004

OE.005

Per chi suona la campana OO.004

Verdi colline d’Africa OE.004

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CARLO EMILIO GADDA NOTE BIOGRAFICHE

Nasce a Milano, in via Manzoni 5, il 14 novembre 1893, da una famiglia della media borghesia lombarda, caduta in gravi difficoltà a causa dei disastrosi investi-menti economici del padre («industriale idealista» che si rovina «in parte con gli esperimenti di coltivazione del baco da seta», e in parte facendo costruire una villa a Longone, in Brianza). Così Carlo Emilio Gadda tra-scorre «un'infanzia tormentata e un'adolescenza anche più dolorosa». Dopo la morte del padre (1909), la madre provvede al mantenimento della famiglia a prezzo di gravi sacrifici, pur senza disfarsi della villa di Longone. Per volontà materna è costretto a rinunciare agli studi letterari, e ad

iscriversi alla più proficua Facoltà di Ingegneria del Politecnico di Milano. Con la vana speranza di dare ordine, senso e forza, alla sua vita «orribilmente tormentata» si arruola volontario nella grande guerra, durante la quale scrive una serie di diari, editi nel 1950, e in forma più completa nel 1965, con il titolo Giornale di guerra e di prigionia. Al rientro a casa nel 1919, la notizia della morte del fratello aviatore, precipitato con il suo apparecchio durante un combattimento, lo getta in un stato di profonda depressione, da cui si riprende assai lentamente. Laureatosi in ingegneria elettrotecnica, lavora come ingegnere prima in Sardegna e in Lombardia, e poi tra il 1922 e il 1924 in Argentina. Ritornato a Milano, si iscrive alla Facoltà di filosofia (ma non discuterà mai la tesi), e si mantiene insegnando matematica e fisica al liceo Parini. Nel 1925 riprende l'attività di ingegnere; e nel 1926 inizia a collaborare alla rivista fiorentina «Solaria», pubblicandovi saggi e racconti. Tra il 1928 e il 1929, durante un lungo riposo dovuto a motivi di salute, elabora vari testi rimasti incompiuti. Nel 1931appare il suo primo libro La Madonna dei filosofi. Nel 1931 intraprende a scrivere Un fulmine sul 220, una novella, divenuta racconto lungo, poi romanzo in cinque capitoli, e infine abbandonato quando, dalle carte accumulate inizierà a profilarsi il contorno robusto dei Disegni milanesi dell'Adalgisa. Il romanzo incompiuto verrà successivamente ricostruito per l'editore Garzanti da Dante Isella (2000) sulle carte e i quaderni autografi di Gadda. Fallito il tentativo di vivere solamente con il suo lavoro letterario, torna all'ingegneria, ma continuando ad intensificare il suo impegno in campo letterario. Nel 1934 esce il suo secondo volume Il Castello di Udine, che vince il premio Bagutta. Nel 1936, in seguito alla morte della madre, vende la villa di Longone ed inizia a scrivere il romanzo La cognizione del dolore, che verrà pubblicato incompleto su «Letteratura» tra il 1938 e il 1941, mentre in volume uscirà nel 1963 (ottenendo il Prix International de Littérature), e poi nel 1970 con l'aggiunta di due capitoli inediti. Abbandonata definitivamente la professione di ingegnere, dal 1940 al 1950 vive a Firenze, dove si lega a scrittori e critici, come Bonsanti, Montale, Bo, Landolfi e molti altri. Negli anni della guerra escono Le meraviglie d'Italia (1939), Gli anni (1943), e la raccolta L'Adalgisa (1944). Nel '50 l'incarico di redattore dei programmi culturali della Rai viene a migliorare la sua disperata situazione economica. Nel 1953 ottiene il premio Viareggio con Le novelle del Ducato in fiamme; inoltre, sempre nello stesso anno, l'editore Livio Garzanti lo persuade a portare a termine Quer pasticciaccio brutto de via Merulana (pubblicato parzialmente su «Letteratura» dal 1946 al '47), che uscirà nel 1957 ottenendo un vasto consenso di pubblico. Negli anni successivi cresce notevolmente la sua fama. Diviene modello per gli scrittori della Neoavanguardia; e vengono pubblicate molte sue opere rare o inedite: la raccolta di saggi I viaggi e la morte (1958), Verso la certosa (1961), la raccolta di novelle Accoppiamenti giudiziosi (1963), Eros e Priapo

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(1967), La meccanica (1970), Novella seconda (1971). Ciò nonostante non muta il suo distaccato e traumatico rapporto con il mondo: Gadda continua a vivere nel suo doloroso e tormentato isolamento fino alla morte, che lo coglie a Roma il 21 maggio 1973

SEZIONE LIBRARIA PROPOSTA D’ISTITUTO

N° Titolo Anno di edizione C.E. GADDA Cod.

Quer pasticciaccio brutto de via Merulana RP.046

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ALDO PALAZZESCHI NOTE BIOGRAFICHE

Aldo Palazzeschi (pseudonimo di Aldo Giurlani) nasce nel 1885 a Firenze. Nel 1902-03 frequenta la scuola di recitazione diretta da Luigi Rasi. Il suo primo volume di versi, apparso nel 1905, è “I cavalli bianchi”, cui seguono “Lanterna” (1907) e “L’incendiario” (1910). In essi, il crepuscolarismo perde certe connotazioni languorose, proprie ad esempio d’un Corazzini, per “sostituire il lazzo al sospiro, contro il sospiro” (E.De Michelis). Nel frattempo, egli stringe rapporti con i futuristi fiorentini e milanesi, pur se il suo contributo al movimento avrà sempre forme peculiari e poco ortodosse. E’ del 1911 “Il Codice di Perelà”, forse il suo esito più rilevante.

Nel finire del 1913 soggiorna a Parigi, dove incontra e frequenta assiduamente Apollinaire e i futuri dadaisti, ma anche Picasso, Braque e Matisse, che lo libera del tutto dalla già povera influenza del verso e

dell’ideologia di Martinetti.

Insieme ai suoi coetanei anch’egli, che pure era stato riformato alla visita di leva, nell’estate del 1916 venne in ogni caso chiamato alle armi. L’esperienza militare si riflette in un inquietante volume di genere diaristico, Due imperi…mancati, peraltro contrassegnato da un inedito impulso all’abbraccio fraterno. Dopo la guerra condusse a Firenze un’esistenza quasi totalmente appartata. Sono anni poveri di eventi di rilievo secondo la prospettiva biografica ma che risultano decisivi dal punto di vista letterario. La produzione creativa di Palazzeschi in questo periodo torna infatti a essere intensa, intensissima

Dei lavori successivi, meritano menzione “Stampe dell’Ottocento” (1932), tutto sul filo della memoria; “Le sorelle Materassi” (1934), all’insegna di un’immalinconita ironia; “Il palio dei buffi” (1936), in un’ottica di deformazione del reale. Nel 1941 si trasferisce a Roma, ove si spegne nel 1974, dopo avere licenziato altre opere di minore importanza.

Il poeta si diverte pazzamente

smisuratamente non lo state a insolentire

lasciatelo divertire poveretto

queste piccole corbellerie sono il suo diletto.

In questi versi, è possibile rinvenire l’originalità dell’approccio palazzeschiano nell’ambito della letteratura nostrana del primo ‘900: codesta rivendicazione del divertimento, peraltro, si traduce in forme di sperimentalismo assai più radicali di quelle dei futuristi suoi compagni di strada (in verità, per un periodo assai breve: già nel 1914, il Nostro autore dichiara infatti su “Lacerba” di non sentirsi più futurista). Espressa con vigore dapprima nelle raccolte poetiche, la pungente vena palazzeschiana si concretizza al meglio nel romanzo “Il Codice di Perelà”, allegoria amara e scorata, che prende a tratti l’aspetto di un calco della vita di Gesù. L’insieme di novelle e bozzetti, sospeso sul crinale del grottesco, di “Stampe dell’Ottocento”, anticipa l’altro grande risultato di quegli anni, “Le sorelle Materassi”, dove il modulo verista è ibridato con buffe ed intenerite annotazioni. Nelle fatiche successive, da “I fratelli Cuccoli” (1948) alle novelle de “Il buffo integrale” (1966), sino ai romanzi “Il doge” (1967), “Stefanino” (1969), “Storia di un’amicizia” (1971), la felice vena espressiva sua faticherà a trovare i giusti sentieri.

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SEZIONE LIBRARIA PROPOSTA D’ISTITUTO

N° Titolo Anno di edizione ALDO PALAZZESCHI Cod.

I cavalli bianchi 1905 Lanterna 1907 Poemi 1909 L'incendiario 1910 Il codice di Perelà 1911 Il controdolore 1914 Due imperi... mancati 1920 L'interrogatorio della contessa Maria 1925 La piramide 1926 Stampe dell'Ottocento 1932 Sorelle Materassi 1934 Il palio dei buffi 1936 Allegoria di novembre 1943 Difetti 1905 1947 I fratelli Cuccoli 1948 Bestie del '900 1951 Roma 1953 Scherzi di gioventù 1956 Il buffo integrale 1966 Il doge 1967 Cuor mio 1968 Stefanino 1969 Storia di un'amicizia 1971 Via delle cento stelle 1972

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GIUSEPPE PREZZOLINI NOTE BIOGRAFICHE

Nato a Perugia nel 1882 da genitori senesi, Prezzolini trascorre buona parte della sua adolescenza fra studi e viaggi (Grenoble, ma soprattutto Parigi). Nei primi anni del Novecento conosce Giovanni Papini che aiuta nella fondazione della rivista "Leonardo" e Benedetto Croce che influenzerà profondamente il suo pensiero, stimolandolo alla pubblicazione dei suoi primi scritti. Nel 1908 fonda la rivista "La Voce", di cui resterà direttore, con brevi interruzioni, fino al 1913, rivista impegnata nella lotta contro la retorica della vita italiana. L'anno successivo "La Voce" si scinde in due riviste indipendenti: "La Voce gialla" a carattere politico, diretta

da Prezzolini e "La Voce bianca" a carattere artistico-letterario, diretta da De Robertis. Prende parte al primo conflitto mondiale pur mantenendo intatte le sue attività: fonda l'Istituto Bibliografico Italiano, organo di consulenza bibliografica ed editoriale, viene chiamato come professore per un corso estivo alla Columbia University di New York, incarico che si ripeterà anche negli anni successivi. Ha inizio per lo scrittore una serie di spostamenti continui tra Francia e Stati Uniti fino al rientro, dopo sedici anni di assenza, in Italia, dove stabilisce varie relazioni con le case editrici per la pubblicazione dei suoi nuovi libri e per traduzioni e ristampe. Nel 1968 si trasferisce a Lugano e tre anni dopo viene nominato Cavaliere di Gran Croce nel corso di una solenne cerimonia svoltasi a Roma. Muore nel 1982.

SEZIONE LIBRARIA PROPOSTA D’ISTITUTO

N° Titolo Anno di edizione

GIUSEPPE PREZZOLINI Cod.

Diario, 1900-1941 1981 Rusconi Diario, 1942-1968 1981 Rusconi La Voce, 1908-1913 1974 Rusconi Manifesto dei conservatori 1972 Rusconi Carteggio. I. 1907-1918 1977 Edizioni di Storia e

Letteratura

L'Italia finisce, ecco quel che resta 1994 Rusconi Vita di Niccolò Machiavelli fiorentino 1994 Rusconi L'italiano inutile, 1994 Rusconi Intervista sulla Destra 1994 Mondadori Codice della vita italiana 2003 Robin

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ERIC MARIA REMARQUE NOTE BIOGRAFICHE

Erich Maria Remarque (pseudonimo di Erich Paul Remark) (Osnabrück, 22 giugno 1898 – Locarno, 25 settembre 1970) è stato uno scrittore tedesco.

Erich Paul Remark nacque a Osnabrück in una famiglia cattolica. A diciotto anni, durante la Prima guerra mondiale, andò al fronte dove fu ferito più volte. Dopo la guerra cambiò il suo cognome in Remar-que, che era stato il nome della famiglia fino a suo nonno. Cambiò molti lavori, diventando bibliotecario, uomo d'affari, insegnante e giornalista.

Nel 1929 pubblicò la sua opera più famosa, Niente di nuovo sul fronte occidentale (Im Westen nichts Neues) con il nome Erich Maria Remarque (cambiando il suo secondo nome in onore della madre): il romanzo descriveva la totale crudeltà della guerra attraverso la pro-spettiva di un soldato diciannovenne. In seguito scrisse altre opere simili, che con un linguaggio semplice e toccante descrivevano in modo realistico la vita durante e dopo la guerra.

Nel 1933, i nazisti bruciarono e misero al bando le opere di Remarque, mentre la propaganda di regime faceva circolare la voce che discendesse da ebrei francesi e che il suo cognome fosse Kramer, cioè il suo vero nome al contrario. Questa informazione è ancora presente in alcune biografie nonostante la mancanza di prove a supporto. Remarque visse in Svizzera dal 1931, e nel 1939 si trasferì negli Stati Uniti con la prima moglie, Ilsa Jeanne Zamboui, che sposò e dalla quale si separò due volte; divennero cittadini statunitensi nel 1947. Nel 1948 tornò in Svizzera. Nel 1958 sposò l'attrice hollywoodiana Paulette Goddard che rimase con lui fino alla sua morte, avvenuta nel 1970 a 72 anni. È sepolto al cimitero di Ronco, in Svizzera, dove è sepolta anche Goddard. SEZIONE LIBRARIA PROPOSTA D’ISTITUTO

N° Titolo Anno di edizione E.M. REMARQUE Cod.

Niente di nuovo sul fronte occidentale 1929 OM.010

Tre camerati Arco di trionfo Tempo di vivere, tempo di morire

L'obelisco nero OJ.011

La notte di Lisbona La via del ritorno Ombre in Paradiso Ama il prossimo tuo L'ultima scintilla Il cielo non ha preferenze

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UMBERTO SABA

NOTE BIOGRAFICHE

Umberto Saba (all'anagrafe Umberto Poli) nacque il 9 marzo 1883 a Trieste, da madre ebrea, Felicita Rachele Cohen e da Ugo Edoardo Poli, di nobile famiglia veneziana e agente di commercio. Edoardo si era convertito alla religione ebraica in occasione del matrimonio, avvenuto nel 1882, ma essendo cittadino italiano ed irredentista, le autorità asburgiche lo costrinsero a lasciare la città, abbandonando la moglie incinta.

Primi anni

Visse una malinconica infanzia, velata dalla mancanza del padre. Venne allevato per tre anni dalla balia slovena Gioseffa Gabrovich Schobar, detta "Peppa", che avendo perso un figlio, riversò sul piccolo Umberto tutto il suo affetto, affetto che il

bambino ricambiò tanto da considerarla, come egli stesso scrisse, «madre di gioia».

Quando la madre lo rivolle con sé, il poeta ebbe il suo primo trauma di cui tratterà nelle poesie raccolte sotto il titolo Il piccolo Berto (1926).

Frequentò, con scarso rendimento, il Ginnasio Dante Alighieri, dove fu promosso ma gli venne sconsigliato di proseguire gli studi al liceo. Si iscrisse in seguito alla Regia Accademia di Commercio e Nautica, che abbandonerà a metà anno.

Risale a questo periodo la sua attrazione verso la musica dovuta anche all'amicizia con il violinista Ugo Chiesa e il pianista a suonare il violino ebbero esiti scarsi mentre la composizione delle prime poesie, che firmava con il nome di Umberto Chopin Poli, e dei primi racconti diedero buoni risultati.

Università

Nel 1903 si trasferì a Pisa per frequentare l'università. Dapprima seguì corsi di letteratura italiana, ma lasciò presto questi corsi per seguire quelli di archeologia, tedesco e latino.

Il 14 luglio 1905 apparve sul quotidiano di Trieste Il Lavoratore un articolo sulle esperienze fatte durante un viaggio, compiuto a piedi, nel Montenegro. In questo periodo frequentò il Caffè Rossetti, luogo storico di ritrovo per giovani intellettuali, dove conobbe il futuro poeta Virgilio Giotti. L'anno successivo lasciò Trieste per recarsi a Firenze dove rimase per due anni frequentando i circoli artistici "vociani" della città, dove conobbe fra gli altri Giovanni Papini e Giuseppe Prezzolini.

Durante uno dei rari ritorni a casa, conobbe Carolina Wölfler, la Lina delle sue poesie, che diventò in seguito sua moglie. Essendo cittadino italiano, pur abitando nell'Impero austro-ungarico, nell'aprile del 1907 partì per il servizio militare destinato a Salerno. Nasceranno da questa esperienza i Versi militari. Ritornato a Trieste nel settembre del 1908 si mise in società con il fratello della futura moglie per gestire due negozi di articoli elettrici e il 28 febbraio, con rito ebraico, sposò Lina. L'anno successivo nacque la figlia Linuccia.

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Primi libri di poesie

Nel 1911 pubblicò, a proprie spese e con lo pseudonimo di Saba, il suo primo libro, Poesie, prefate da Silvio Benco a cui fece seguito, nel 1912, nelle edizioni della rivista La Voce la raccolta Coi miei occhi (il mio secondo libro di versi), in seguito nota come Trieste e una donna.

Per superare un periodo di crisi dovuto al tradimento della moglie, nel maggio 1913 il poeta si trasferì con la famiglia dapprima a Bologna, dove collaborò al quotidiano Il Resto del Carlino, e nel febbraio del 1914 a Milano, dove assunse l'incarico di gestire il caffè del Teatro Eden. Il soggiorno milanese ispirerà La serena disperazione.

Prima guerra mondiale Saba, refrattario a schieramenti politici ma tendente all'interventismo per le sue origini triestine, arriva a collaborare con Il popolo d'Italia diretto da Benito Mussolini. Allo scoppio della grande guerra venne richiamato alle armi dapprima a Casalmaggiore in un campo di soldati austriaci prigionieri, poi come dattilografo in un ufficio militare, e infine, nel 1917, al Campo di aviazione di Taliedo, dove venne nominato collaudatore del legname per la costruzione degli aerei. Risale a questo periodo la lettura di Nietzsche e il riacutizzarsi delle crisi psicologiche, per le quali, nel 1918, verrà ricoverato nell'ospedale militare di Milano.

Attività Terminata la guerra e ritornato a Trieste, dopo aver fatto per parecchi mesi il direttore di un cinematografo del quale era proprietario suo cognato e scritto alcuni testi pubblicitari per la Leoni Films, rilevò la libreria antiquaria Mayländer. Prendeva intanto corpo la prima redazione del Canzoniere che vedrà la luce nel 1922 con il titolo Canzoniere (1900-1921), che raccoglieva tutta la sua produzione poetica in redazione leggermente modificata confronto alla bozza del 1919. Sempre nel 1922 strinse amicizia con Giacomo Debenedetti, ed iniziò a collaborare alla rivista Primo Tempo, sulla quale apparvero alcune sezioni del nuovo libro, Figure e canti, che verrà pubblicato nel 1926. Iniziò a frequentare i letterati riuniti intorno alla rivista Solaria che, nel maggio 1928, gli dedicò un intero numero. Fra il 1929 e il 1931, a causa di una crisi nervosa più intensa delle altre, decise di mettersi in analisi a Trieste con il dottor Edoardo Weiss, lo stesso di Italo Svevo. Fu Weiss, allievo di Freud, che con la Rivista italiana di psicoanalisi introdusse in Italia gli studi del medico viennese. Con lo psicanalista, Saba indagò la sua infanzia, e rivalutò il ruolo della sua nutrice. La critica intanto andava scoprendo il poeta e i nuovi giovani scrittori e poeti, come Giovanni Comisso, Pier Antonio Quarantotti Gambini e Sandro Penna, cominciavano a considerarlo un maestro.

Seconda guerra mondiale Nel 1938, poco prima del secondo conflitto mondiale, a causa delle leggi razziali, fu costretto a cedere formalmente la libreria al commesso Carlo Cerne e ad emigrare in Francia, a Parigi. Ritornato in Italia alla fine del 1939, si rifugia prima a Roma, dove Ungaretti cerca di aiutarlo, ma senza risultato, e poi nuovamente a Trieste, deciso ad affrontare con gli altri italiani la tragedia nazionale. Dopo l'8 settembre 1943 fu però costretto a fuggire con Lina e la figlia Linuccia, e a nascondersi a Firenze, cambiando spesso appartamento. Gli sarà di conforto l'amicizia di Montale che, a rischio della vita, andrà a trovarlo ogni giorno nelle case provvisorie, e quella di Carlo Levi. Uscirà intanto a Lugano, con una prefazione di Gianfranco Contini, la raccolta Ultime cose, aggiunta poi nella definitiva edizione del Canzoniere, che uscirà a Torino, edita da Einaudi, nel 1945.

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Dopoguerra Negli anni del dopoguerra Saba visse per un periodo di nove mesi a Roma e poi a Milano dove rimase per circa dieci anni, tornando periodicamente a Trieste. In questo periodo collaborò al Corriere della Sera, pubblicò da Mondadori Scorciatoie, la sua prima raccolta di aforismi e Storia e cronistoria del Canzoniere. Nel 1946 Saba vinse, ex aequo con Silvio Micheli, il primo Premio Viareggio per la poesia del dopoguerra, al quale seguirono nel 1951 il Premio dell'Accademia dei Lincei e il Premio Taormina, mentre l'Università di Roma gli conferì, nel 1953, la laurea honoris causa. Ormai noto e di grandezza riconosciuta, Saba ebbe un avvicinamento "religioso", si convertì poi al cattolicesimo e si fece battezzare, mentre il suo matrimonio non venne convertito per mancanza di adeguata preparazione.

Morte e sepoltura

Nel 1955, stanco e malato, e sconvolto per la malattia della moglie, si fece ricoverare in una clinica di Gorizia, dalla quale uscì solo in occasione del funerale della moglie, mancata il 25 novembre 1956. Saba muore nove mesi dopo, il 25 agosto 1957, dopo aver periodo lavorato alla stesura di Ernesto, rimasto incompiuto e pubblicato postumo.

SEZIONE LIBRARIA PROPOSTA D’ISTITUTO: POESIA

N° Titolo Anno di edizione UMBERTO SABA Cod.

Poesie 1911 Casa editrice italiana, Firenze

Coi miei occhi (il mio secondo libro di versi) 1912 Casa editrice italiana, Firenze

La serena disperazione 1920 L'amorosa spina, Trieste 1921 Il canzoniere (1900-1920) 1921 Preludio e canzonette, in "Primo

Tempo" 1922

Autobiografia.I Prigioni, in "Primo tempo" 1923

Figure e canti 1926 L'Uomo 1926 Preludio e fughe 1928 Tre poesie alla mia balia 1929 Ammonizione ed altre poesie 1932 Tre composizioni 1933 Ultime cose 1944 Il Canzoniere (1900-1945) 1945 Mediterranee 1946 Il Canzoniere (1900-1947) 1948 Uccelli 1950 Uccelli. Quasi un racconto 1951 Epigrafe. Ultime prose 1959 a cura di Giacomo

Debenedetti

Il Canzoniere (1900-1954) 1957

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SEZIONE LIBRARIA PROPOSTA D’ISTITUTO: NARRATIVA

N° Titolo Anno di edizione UMBERTO SABA Cod.

Scorciatoie e raccontini 1946 Storia e Cronistoria del Canzoniere 1948 Ricordi. Racconti 1910-1947 1956

Epigrafe.Ultime prose 1959 a cura di Giacomo Debenedetti

Quel che resta da fare ai poeti 1961 Edizioni dello Zibaldone Ernesto 1975 Einaudi, Torino

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GIUSEPPE UNGARETTI NOTE BIOGRAFICHE

Giuseppe Ungaretti nasce il 10 febbraio 1888 ad Alessandria d’Egitto da genitori lucchesi, trasferiti in Africa per lavorare alla costruzione del canale di Suez. A due anni il poeta subisce il primo lutto in famiglia: la morte del padre. Il periodo egiziano lascia nella mente dello scrittore ricordi esotici, uniti a esperienze giovanili di consolidate amicizie, come quella con il compatriota Enrico Pea, fondatore del circolo anarchico la «Baracca rossa». Nel 1912 Ungaretti si trasferisce a Parigi: studia per due anni alla Sorbona, segue le lezioni di filosofia di Bergson, ma non si laurea. Frequenta gli ambienti dell’avanguardia, venendo a contatto con Apollinaire, Picasso, Braque, e con gli italiani De Chirico, Modigliani, Soffici, Papini, Palazzeschi, Marinetti e Boccioni. Rientra in Italia nel 1914, si abilita all'insegnamento della lingua francese e lavora a Milano. Questo è il periodo in cui inizia la sua attività poetica. Allo scoppio della guerra, è attivo come interventista, si arruola come volontario ed è mandato a combattere sul fronte del Carso. Questa esperien-

za di trincea spinge Ungaretti a una profonda riflessione sull’effimera condizione umana e sul valore della fratellanza tra gli uomini: è l’uomo presente alla sua/fragilità. Nasce quindi in mezzo ai morti la sua prima raccolta (Il porto sepolto, 1916): «nel mio silenzio, ho scritto, lettere piene d'amore». Dal 1918 al 1921 vive a Parigi, lavora presso l’Ambasciata italiana ed è corrispondente per il giornale fascista il «Popolo d’Italia». Durante il suo soggiorno francese sposa Jeanne Dupoix e pubblica con Vallec-chi la prima edizione di Allegria di Naufragi (1919). Il nome della raccolta indica la gioia del sopravvissuto alla tempesta, di colui che, avendo visto la morte vicina, sa apprezzare la vita: «E subito riprende il viaggio, come dopo il naufragio, un superstite lupo di mare». Ungaretti è dunque il poeta delle emozioni forti, che richiedono un’immediatezza espositiva, giocata sull’impiego di analogie e sulla rottura delle regole della metrica tradizionale. La punteggiatura è annullata, la disposizione della parola nello spazio bianco del foglio assume un’importanza fondamentale che concorre a scandire il ritmo nella declamazione poetica. Ogni parola racchiude in sé un concetto, per questo l’autore opera una scelta ben calibrata del lessico, che con la sua semplicità riesce a rendere con pienezza tutta l’amarezza e il dolore della sua prima produzione. A causa della precaria condizione economica, nel 1923 si trasferisce vicino Roma, a Marino, e viene impiegato al Ministero degli Esteri. Nel 1925, Ungaretti firma il Manifesto degli intellettuali fascisti. Nel 1931 esce l'edizione definitiva, de l’Allegria, il volume pubblicato originariamente nel 1916 con il titolo Il Porto Sepolto, quindi nel 1919 con il titolo Allegria di naufragi e di nuovo nel 1923 con la prefazione di Benito Mussolini. La raccolta Sentimento del tempo, datata 1933, segna l’inizio dell’avvicinamento alla fede religiosa, che rappresenta per lo scrittore l’ultimo appiglio dell'uomo smarrito di fronte alle angosce esistenziali e al dolore della morte. Il recupero fideistico da parte dello scrittore comporta la ripresa di una metrica più tradizionale che vede l’impiego dell’endecasillabo e del settenario. Dopo un periodo di lavoro come corrispondente della «Gazzetta del Popolo», che lo vede impegnato in diversi viaggi all’estero, nel 1936 è chiamato in Brasile a insegnare letteratura italiana all’Università di San Paolo. Durante il soggiorno americano, il poeta, che in pochi anni aveva visto la morte della madre e del fratello, è ora colpito da un lutto ben più grave, la morte del figlio di nove anni. A questo tragico evento sono dedicati molti dei versi raccolti nella prima parte de Il dolore, in cui l’uomo ungarettiano lotta per conservare la fede di fronte agli imperscrutabili disegni divini: «In cielo cerco il tuo felice volto, ed i miei occhi in me null'altro vedano, quando anch'essi vorrà chiudere Iddio...» Nel 1942, a causa del conflitto mondiale, ritorna in Italia: gli sono conferiti il titolo di Accademico d'Italia e la cattedra di Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Roma. Alla fine della guerra, dopo una serie di difficoltà legate al suo collaborazionismo con il regime fascista, è confermato docente

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universitario e Mondadori comincia a pubblicare le sue poesie: Il dolore (1947), La Terra promessa (1950), Un grido e paesaggi (1952), Il taccuino del vecchio (1961) e Vita di un uomo (1969). Questa ultima raccolta racchiude tutta la sua produzione poetica, inclusi i suoi saggi critici e le sue traduzioni, tra cui Gòngora, Mallarmé e Blake. Ungaretti termina così la sua opera letteraria, un anno prima della sua scomparsa

IDEOLOGIA e POETICA Ungaretti vive nel periodo in cui la borghesia, dopo aver realizzato in Italia il capitalismo, non porta avanti gli ideali di giustizia e libertà, ma si chiude in se stessa, temendo di perdere la propria egemonia, e affida la risoluzione delle proprie contraddizioni sociali prima al colonialismo-imperialismo, poi alla guerra mondiale,

al fascismo e alla II guerra mondiale. E' l'esperienza della guerra che rivela al poeta la povertà dell'uomo, la sua fragilità e solitudine, ma anche la sua spontaneità e semplicità (primitivismo) che viene ritrovata nel dolore. L'esistenza è un bene precario ma anche prezioso. In guerra egli si è sottratto ad ogni vanità e orgoglio; nella distruzione e nella morte ha però riscoperto il bisogno di una vita pura, innocente, spontanea, primitiva. Ha acquisito compassione per ogni soldato coinvolto nell'assurda logica della guerra: ha maturato, per questo, un profondo senso di fraterna solidarietà. La sua visione esistenziale è dolorosa perch'egli pensa che l'uomo non abbia la possibilità di concretizzare le sue aspirazioni conoscitive e morali. Ungaretti non crede nelle filosofie razionali e cerca di cogliere la realtà attraverso una poetica che s'incentri sull'analogia, cioè sul rapido congiungi-mento di ordini fenomenici diversi, di im-

magini fra loro molto lontane che la coscienza comune non mette-rebbe insieme. Questa esperienza lo porta a rifiutare -soprattutto nell'Allegria- ogni forma metrica tradizionale: rifiuta il lessico letterario, le conven-zioni grammaticali, sintattiche e retoriche (ad es. elimina la punteg-giatura, il "come" nelle analogie, ecc. Diventano importanti gli ac-centi tonici, le pause). Crea un ritmo totalmente libero, con versi scomposti, brevissimi, scarni, fulminei, dove la singola parola ac-quista un valore assoluto, dove il titolo è parte integrante del testo. La poetica qui è frammentaria, allusiva, scabra, anche perché il poeta non ha una realtà ben chiara da offrire.

Ne Il porto sepolto Ungaretti lascia intendere che poesia significa possibilità di contemplare la purezza in un mondo caotico e assur-do, ma la poesia dev'essere espressione di una esperienza partico-lare, intensamente vissuta: la ricerca del vocabolo giusto è fatico-sa, perché l'uomo deve liberarsi del male che è in lui e fuori di lui.

SEZIONE LIBRARIA PROPOSTA D’ISTITUTO

N° Titolo Anno di edizione

GIUSEPPE UNGARETTI Cod.

UNGARETTI: Vita di un uomo

OE.007

Allegria Il porto sepolto

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Sezione 2

LA CINEMATOGRAFIA

DELLA

PRIMA GUERRA MONDIALE

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LA PRIMA GUERRA MONDIALE

1914-1918 CIAK SI GIRA! IN SCENA LA GRANDE GUERRA

(di Massimiliano Italiano)

Così come oggi il giornalismo televisivo, allo stesso modo, durante il primo conflitto mondiale e soprattutto negli anni successivi, con l'avvento del sonoro, il Cinema dei pionieri del grande schermo ha permesso alla moltitudine di far conoscere i diversi aspetti della guerra. Proprio in quel periodo, infatti, le proiezioni cinematografiche conoscono la loro prima diffusione di massa.

Solo negli Stati Uniti, tra il 1915 e il 1918, vennero prodotti 2.500 film; in Europa, la nuova arte visiva ebbe un esordio un po' più stentato, ma non per questo meno prolisso, superando comunque le 400 opere. Durante la guerra, la maggior parte dei film realizzati ebbe chiari intenti propagandistici, e soltanto a

partire dagli anni '20, i temi ispirati alla prima guerra mondiale iniziarono ad essere molto più variegati.

Purtroppo, le prime vere iniziative letterarie, promosse soprattutto in Europa, erano state arrestate dalla guerra, e molti registi di talento dovettero interrompere i loro lavori. Sta di fatto, che, già da prima del 1914, il vecchio continente si era fatto promotore del genere epico con il kolossal "Cabiria", su soggetto e didascalie di Gabriele D'annunzio, e con l'uscita di “Marcantonio e Cleopatra”, girato nel 1913 da Enrico Guazzoni, che tra l'altro aveva avuto un certo successo negli Stati Uniti con "Quo vadis?"; i registi Mario Caserini e Eleuterio Rodolfi, con il loro "Gli ultimi giorni di Pompei" (1913), erano anche riusciti a girare con i primi effetti speciali e scenografie particolarmente elaborate, superando i tremila metri di pellicola.

Ma durante il corso del conflitto, la produzione europea perse sia in qualità che in quantità, diventando succube del successo americano. L'impatto culturale della cinematografia d'oltreoceano fu molto forte, anche perché la diffusione della letteratura classica, era molto limitata per via dell'analfabetismo; i divertimenti alternativi al cinematografo erano

poi piuttosto scarsi e la popolazione si lasciò facilmente prendere dall'entusiasmo per la novità tecnologica. Neppure il cinema di propaganda venne pienamente sfruttato in Europa quanto in America. In Italia, le autorità militari si accorsero troppo tardi dell'efficacia della cinematografia sulla psiche umana. Tra i pochi film prodotti a tale scopo troviamo "Maciste Alpino", di Luigi Romano Borgnetto, prodotto dalla Itala film (1916), con la regia di Giovanni Pastrone che aveva portato al successo internazionale anche altri film come "La caduta di Troia" del 1911 e "Cabiria" nel 1914. La guerra, purtroppo, interruppe la sua carriera, e così anche il suo capolavoro, "La Bibbia", che non sarà mai terminato e tutti i set demoliti.

I registi cinematografici della grande America si accorsero, invece, di avere tra le mani un nuovo strumento tecnico-letterario capace di suscitare i sentimenti umani, molto di più di quanto avessero finora fatto la letteratura e le altre arti visive. Solo pochi registi, però, valorizzarono fin dall'inizio questa possibilità, creando opere di un certo spessore letterario. Durante il conflitto, il cinema ebbe un orientamento più che altro propagandistico, con il fine di coinvolgere emotivamente la popolazione al dramma della guerra e di inculcare tra i valori della vita quotidiana il mito dell'eroe e del valore, elementi che saranno fondamentali pure nella propaganda fascista. Il soldato-simbolo, con il suo eroismo, la sua triste vita privata fatta di addii e di grandi amori e la crudeltà della guerra rimasero difatti protagonisti dell'immaginario collettivo ancora per molti anni.

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I temi che maggiormente si svilupparono durante gli anni della guerra furono orientati, più che altro, all'esaltazione della guerra e ad un certo estetismo del campo da battaglia; e ciò non soltanto inteso in senso letterale ma anche in senso figurato: uomini con l'elmetto e donne innamorate sono spesso protagonisti di una storia privata che si intreccia in qualche modo con la guerra; e ognuno di loro ne combatte a sua volta una propria interiore, che di volta in volta può assumere i più diversi significati: ideologici, esistenziali o puramente materiali. Esiste la guerra dei patrioti, quella degli uomini che sperano di migliorare il proprio futuro dopo la pace, quella degli innamorati che attendono di poter abbracciare la propria amata. Molti di questi uomini torneranno a casa disillusi.

In Italia, i patrioti rinfacceranno ai politici la vittoria mutilata, i contadini la terra promessa mai avuta, molti giovani saranno mutilati o perderanno la loro vita, altri non avranno più il loro lavoro. Questa disillusione, ac-compagnata da una certa rassegnazione qualunquista al “sacrificio inu-tile”, continuò ad essere rappresentata anche molti anni dopo la fine della guerra. Alla propaganda del riscatto nazionalista si affiancò dunque la cinematografia pacifista. "La grande illusione" di Jean Renoir (1937) è forse uno degli esempi più classici di questo filone letterario. Secondo Renoir tutti siamo perdenti di fronte alla guerra. Nel suo film, l'aristo-cratico, il ricco ebreo e il proletario, prigionieri nel campo di concentra-mento tedesco, condividono il loro comune destino pensando ad un modo per evadere. La prigionia assume, anche, un valore altamente simbolico: tutti siamo prigionieri della guerra.

A questa comunanza si associa, però, la diversità delle classi sociali e le loro naturali contrapposizioni, che sono proprio la base di quei diversi interessi che ogni individuo trova nella guerra e che prima citavo. Questo fu il grande dramma della prima guerra mondiale. Ognuno combatte la propria guerra: nazioni contro nazioni, uomini contro uomini. Questa sorta di conflitto sociale parallelo viene visto da Renoir attraverso la teoria delle “barriere orizzontali”, dove ogni casta sociale vede il mondo in maniera trasversale rispetto a quella che poteva essere la sola contrapposizione delle nazioni. Il nobile tedesco Rauffenstein, che

comandava la fortezza-campo di concentramento, si ritrova alla fine concorde con l'aristocratico francese, prigioniero di guerra. Entrambi si riconoscono nel mondo dell’antica cavalleria, in un’aristocrazia fondata sul dovere delle armi, ma senza dimenticare comunque la propria fedeltà verso i compagni e la patria. L'aristocratico francese – De Boeldieu – sacrifica così la propria vita per permettere la fuga agli altri prigionieri. Al tedesco Rauffenstein, dalla cui mano era stato ucciso, così dirà sul punto di morire: “per un uomo del popolo è terribile morire in guerra. Per voi e per me, è una buona soluzione”.

Quell'uomo del popolo che ha interesse a salvare soltanto la propria pelle sarà intepretato da Alberto Sordi e Vittorio Gasmann nel film "La grande guerra", di Mario Monicelli (1957), dove solo nel finale, i due protagonisti, catturati dagli

austriaci, rendono onore alla propria divisa.

Una estremizzazione della guerra degli “egoismi”, è sicuramente il film di Kubrik "Orizzonti di gloria" (1957). In questo caso, la sete di carriera e il fanatismo di un generale francese, porta solo alla morte degli uomini del suo reparto, mandati all'assalto delle posizioni tedesche senza alcuna possibilità di vittoria. Il fallimento dell'operazione viene alla fine imputata agli stessi soldati e tre di loro vengono fucilati per viltà di fronte al nemico.

Al tema delle divisioni sociali, si contrappone tutta una serie di film sul cameratismo, dove, all'opposto, viene sottolineata l' unione degli uomini di fronte al dovere verso la patria e una dovuta quanto necessaria solidarietà verso il compagno d'arme: il camerata. Questa unione fraterna non fa altro che compensare la solitudine degli uomini di fronte al mondo. Ma quella solitudine non è dovuta certo alla guerra dei soldati e dei cannoni ma allo stesso egoismo degli uomini, che pensano solo a se stessi. Con lo spirito di cameratismo, si cerca di superare questo isolamento e di sopperire a quegli affetti che ogni uomo cerca.

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Questa sorta di solidarietà collettiva renderebbe perciò capaci di vincere ogni paura, perfino quella della morte. Ed è così, ad esempio, che nel film "Le vie della Gloria", di Howard Hawks (1936), un gruppo di soldati francesi deve resistere eroicamente all'avanzata tedesca anche sacrificando la propria vita, in nome di uno spirito superiore, quello dell'onore e della comunanza alla Patria. Entrambi i generi sono accomunati dalla presenza di un valore assoluto che si pone al di sopra di qualunque sacrificio umano e che consente di colmare il vuoto della solitudine e la paura della nullità dell'esistenza: nel primo caso il concetto di umanità; nel secondo quello del patriottismo e del coraggio. Al contrario, nel film "All'ovest niente di nuovo", diretto da Lewis Milestone (1930), si ha una visione più ni-hilista: gli studenti tedeschi che si arruolano volontari si ravve-ono dei loro ideali politici e scoprono che la guerra ha poco da spartire col coraggio, il dovere o l'etica. Il film, tra i primi con il sonoro, mostra le crudeltà della guerra con uno straordinario realismo. Riproposto in una nuova versione nel 1979, e' tratto dal romanzo "Niente di nuovo sul Fronte Occidentale" di Enrico Maria Remarque.

Il realismo cinematografico è spesso una delle armi utilizzate dai registi per coinvolgere il pubblico: quelle tragiche conseguenze mostrate in sequenza sono per alcuni il frutto di un infausta decisione politica; per altri lo spettacolo di un epica battaglia. Tutti i registi fanno comunque appello al sentimento umano o attraverso qualche forma di romanticismo o per mezzo della tragedia; di solito è utilizzato un racconto che si avvicina a quello dell'esperienza più comune. Così, nel film "L'angelo delle tenebre", diretto da Sidney Franklin (1935), il protagonista Herbert Marshall, prima di fare viaggio dall'Inghilterra per raggiungere il fronte francese, desidera sposare la propria donna.

Non trovando alcun rappresentante di Dio per celebrare il matrimonio, i due trascorrono la loro ultima notte nel piacere. Qualche tempo dopo, lui rimane ferito in combattimento e resta cieco. Ciò che però si pone in evidenza nel film non è la sofferenza fisica ma quella interiore. La mente del protagonista è offuscata dalla paura di non essere più accettato dalla propria amata per il suo stato fisico o peggio che venga sposato solo per pietà. In una sorta di autodistruzione dell'io, attraverso un estremizzazione della propria sofferenza, l'eroe cerca di distruggere il suo amore facendo credere a lei di non amarla più, in modo da allontanarla. L'ostentazione della sua donna e il suo rifiuto ad abbandonare il suo uomo, si pone come conferma della superiorità dell'amore su ogni sofferenza. Anche in questo caso, dunque, è solo la forza di “un valore univoco” a porsi come speranza per l'umanità.

Il tentativo di sdrammatizzare la guerra è portato avanti con una certa efficacia anche dalla comicità di alcuni attori. Tra i primi ad emergere è Charlie Chaplin, con il film "Charlot in trincea " (1918). Il vendicatore “degli oppressi” sogna di catturare da solo il kaiser e di porre così fine alla guerra in nome del protagonismo popolare. Il film è in chiara funzione antitedesca, ma le origini umili dell'eroe ne fanno un successo, poiché, evidentemente, la riuscita dell'impresa è legata al desiderio di riscatto degli uomini inviati al fronte nei confronti dei loro stessi governi, che gli costringono a combattere una guerra che non è la loro (Charlot nel film pensa più a salvare la pelle che a combattere il nemico), ma che dopo tutto, alla fine, si sentono i soli veri eroi. I fotogrammi di pellicola censurati, sia nella parte iniziale del film sia in quella finale, mostrano difatti tutti i potenti del mondo esposti al ludibrio. La scenografia e la cinematica del film fanno dell'opera di Chaplin una autentica prima ridicolarizzazione della guerra, dove bombe ed esplosioni vengono sostituite da fuochi d'artificio e girandole. Questo desiderio di riscatto degli umili in guerra è stato ben rappresentato anche a distanza di molti anni, ad esempio, nel "Sergente York" di Howard Hawks (1941), dove il protagonista, interpretato da

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Gary Cooper, dopo aver vissuto parte della sua gioventù in povertà, ritrova se stesso prima con il conforto di un pastore e poi diventando un eroe di guerra.

Altri registi utilizzano la paura per dare forza al loro messaggio pacifista. Il francese Abel Gance, nel suo "J'accuse" (1919), mette in scena la storia di un soldato che tornato dal fronte racconta ai suoi amici di uno strano sogno che aveva fatto qualche tempo prima: i soldati morti erano usciti dalle loro tombe ed erano tornati alle loro case per vedere cosa era cambiato e per raccontare delle atrocità della guerra; ma ciò che trovano è il quotidiano materialismo della vita di sempre.

Nel film "I quattro cavalieri dell'apocalisse", di Rex Ingram (1921), alla suspance si affiancano ancora i temi dell'amore e del sentimentalismo. Il travolgente rapporto tra i due protagonisti, Rodolfo Valentino e Alice Terry, assume un valore altamente simbolico. Il loro amore peccaminoso, in quanto lei è già sposata con un senatore francese, è punito dalla giustizia divina allo stesso modo di quanto stia facendo la guerra per redimere l'umanità. Il regista ha voluto affidare alla morte del protagonista un analogo significato espia-torio. La sua anima si redime venendo in sogno all'amante ed esortando la donna a tornare da suo marito, che la stava aspettando e che aveva bisogno del suo affetto. L'episodio, con un abile parallelismo, riporta alla mente il racconto visionario sui quattro cavalieri dell'Apocalisse che un filosofo russo aveva narrato ai due quando erano a Parigi. Si tratta questa volta di una giustizia universale. Per tutti i quattro anni della guerra, morte e distruzione serpeggiano così tra gli uomini come punizione per i loro peccati.

Nel secondo dopoguerra, il richiamo del cinema alla grande guerra assume più spesso dei connotati più propriamente politici, pur continuando a rimanere nell'alveo dello spirito pacifista. Il tema è, però, spesso ripetitivo e confluisce puntualmente nel sottolineare la guerra nella sua inutile strage. Così, ad esempio, nel film "Oh che bella guerra!", di Richard Attenborough (1969), gli orrori della trincea non saranno altro che un monito alla tragica guerra del Vietnam. In entrambi i conflitti, gli uomini muoiono senza sapere il perché.

In questi ultimi anni stiamo assistendo ad un timido revival del genere cinematografico relativo alla Prima Guerra Mondiale. Abbandonando gli impegnati contenuti prettamente ideologici, propagandistici e dichiaratamente pacifisti, oggi si predilige la semplice “benedizione” di strepitosi effetti sepciali, per riconcretizzare semplicemente l’alter ego digitale del conflitto in sé stesso.

E’ questo il caso del recente, sordido rifacimento di Mata Hari (1985) con la conturbante Sylvia Kristel e di “Giovani Aquile” (Flyboys) che romanza la vera epopea e le leggendarie gesta dei piloti franco-americani

della Squadriglia Lafayette, che si schierarono al fianco dell’Intesa ancor prima che gli Stati Uniti entrassero ufficialmente in guerra.

Si spinge un po’ oltre, nella scala dei valori sociali e del messaggio trasmesso sul grande schermo, “Una lunga Domenica di passioni” che narra la struggente storia d’amore di un “poilu” francese, chiaramente iconizzabile per le migliaia di analoghe e reali vicissitudini di molti che amarono e combatterono con eguale intensità e passioni in quei duri anni. Non resta che attendersi un imminente, massiccio intervento di Hollywood, per riscoprire in tutta la sua cruda drammaticità una delle piu’ cruente

guerre mai combattute dal genere umano e, parallelamente, un abbattimento totale di qualsiasi espressività storica, poetica o narrativa, in favore di nuovi “gladiatori” armati di mitragliatrici Schwarzlose e terrificanti baionette. Notizie recenti davano quasi per certo l’avvenuto, anche se insolito, connubio tra i produttori cinematografici statunitensi e il capolavoro letterario di Sebastian Faulk, “Il Canto del Cielo” (Birdsong), ma per il momento sembra che Hollywood stia semplicemente serbando nel cassetto una potenziale, prossima carta vincente del cinema americano.

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LA CINEMATOGRAFIA

N° titolo Anno

di prod.

Tipo regista durata Cod.

01 Maciste alpino 1916 Giovanni Pastrone 02 Charlot in trincea 1918 Charlie Chaplin 03 J'accuse 1919 Abel Gance 04 I quattro cavalieri dell’Apocalisse 1921 Rex Ingram 05 La suora bianca 1923 Henry King 06 Koenigsmark 1923 Leonce Perret 07 La grande parata 1925 King Vidor 08 Verdun,visioni di storia 1928 Léon Poirier 09 Ali 1928 William Wellman 10 Westfront 1918" 1930 Georg Wilhelm Pabst 11 Gli angeli dell'inferno 1930 Howard Hughs

12 All'ovest niente di nuovo (All Quiet on the Western Front) 1930 Lewis Milestone

13 Journey's End 1930 James Whale 14 La Donna che non si deve amare 1931 James Whale

15 Bergen in flammen (Montagne in fiamme) 1931 Hartl - L.Trenker

16 Addio alle armi 1932 Borzage Frank

Mata Hari 1932 VHS George Fitzmaurice 90 m H.028

Il compagno B 1932 VHS Marshall & Mc Carey 61 m H.067 19 Ero una spia 1933 Victor Saville

20 La guerra lampo dei Fratelli Marx con i Fratelli Marx 1933

21 Rivalità eroica (Today we live) 1933 Howard Hawks 22 Sobborghi (Okraina) 1933 Boris Barnet

23 La Pattuglia sperduta (The lost patrol) 1934 John Ford

24 L'angelo delle tenebre 1935 Sidney Franklin 25 Scarpe al Sole 1935 Marco Elter 26 Koenigsmark 1935 Michel Tourneur 27 Tredici uomini ed un cannone 1936 Forzano 28 Le vie della Gloria 1936 Howard Hawks

29 Sangue sulla sabbia - I tredici (Trinadcat) 1936 Michail Romm

30 La grande illusione 1937 Renoir J. 32 J'accuse (remake) 1937 Abel Gance 33 Madernoiselle Docteur Georg 1937 Wilhelm Pabst 34 La storia d'Edith Cavell 1939 Herbert Wilcox 35 Smarrimento (Je t'attendrai) 1939 Léonide Moguy 36 La Spia in nero (The spy in black) 1939 Michael Powell

37 Da Mayerling a Sarajevo (De Mayerling à Sarajevo) 1940 Max Ophuls

38 Il Ponte di Waterloo (Waterloo bridge) 1940 Mervyn LeRoy

39 Il sergente York 1941 Howard Hawks 40 Fratelli d'Italia 1952 Saraceni

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41 La leggenda del Piave 1952 Riccardo Freda 42 Penne nere 1952 Biancoli 43 Koenigsmark 1952 Solange Terac 44 Bella non piangere 1954 Carbonari 45 I 5 dell'Adamello 1954 Mercanti 46 Guai a i vinti - Vae victis 1954 Raffaele Matarazzo

47 Grandi manovre (Les grandes manoeuvres) 1955 René Clair

Addio alle armi 1957 VHS Vidor Charles 152 m F.001

49 Orizzonti di gloria 1957 Kubrick Stanley

La Grande Guerra 1959 VHS Monicelli M. 135 m K.022

51 Lawrence d'Arabia 1962 David Lean 52 Jules e Jim (Jules et Jim) 1962 Francois Truffaut

53 I Quattro cavalieri dell'apocalisse (The four horsemen of apocalypse) 1962 Vincent Minnelli

54 Per il re e per la patria 1965 Joseph Losey 55 Mata Hari, agente segreto H21 1965 Jean-Louis Richard 56 La caduta delle aquile 1966 John Guillermine

57 La Ragazza e il generale 1967 Pasquale Festa Campanile

58 Oh che bella guerra! 1969 Richard Attenboroug

59 Il Disertore e i nomadi (Zbéhove a poutnici) - (il I° episodio) 1969 Jurai Jakubisko

60 Fraulein Doktor 1969 Alberto Lattuada

61 Oh, che bella guerra (Oh, what a lovely war) 1969 Richard Attenborough

62 E Johnny prese il fucile 1970 Dalton Trumbo 63 I recuperanti 1970 Ermanno Olmi 64 Uomini contro 1971 Franceso Rosi

65 Il Barone rosso (Von Richthofen and Brown) 1971 Roger Corman

66 Messia selvaggio (Savage Messiah) 1971 Ken Russell 67 La Battaglia delle Aquile 1976 Jack Gold 68 All'Ovest niente di nuovo 1979 Delbert Mann

69 Operazione Crepe Suzette (Darling Lili) 1980 Blake Edwards

Cuore VHS Comencini Luigi 120 m F.014

71 Gli anni spezzati (Gallipoli) 1981 Weir Peter 72 Il Disertore 1983 Giuliana-Berlinguer 73 Capitan Conan (Capitaine Conan) 1996 Tavernier Bertrand 74 Mata Hari 1985 Curtis Harrington 75 Light Horsemen, attacco nel deserto 1987 Simon Wincer

76 La Via maestra (The raggedy rawney) 1987 Bob Hoskins

77 La Notte dei maghi (Hanussen) 1988 István Szabó 78 La vita e niente altro 1989 Bertrand Tavernier 79 Mino (sceneggiato per la TV) 1989 Gianfranco Albano 80 Amare per sempre 1996 Richard Attenborough 81 Capitan Conan 1996 Bertrand Tavernier

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82 Regeneration 1997 MacKinnon Gillies 83 La chambre des officiers 2001 François Dupeyron 84 Il battaglione perduto 2001 Russell Mulcahy 85 Deathwatch - La trincea del male 2002 Michael J. Bassett

86 Una lunga domenica di passioni (Une longue dimanche de fiancailles)

2004 Jean-Pierre Jeunet

87 Joyeux Noël 2005 Christian Carion 88 Giovani aquile (Flyboys) Tony Bill

89 L'amore e la guerra (sceneggiato per la TV) 2007 Giacomo Campiotti

90

A DISPOSIZIONE COMMENTATO

SEZIONE DOCUMENTARIA CORRELATA

N° titolo Anno

di prod.

Tipo COLLANA durata Cod.

Campi di battaglia 1914 VHS 100 anni della… Z013

La pace perduta VHS 100 anni della… 50 m Z015

Al servizio della guerra VHS Cronache filmate Z011

La montagna che esplode DVD Istituto Luce 52 m ????

Il primo dopoguerra: 1919-1922 DVD Istituto Luce 70 m ????

Gabriele D’Annunzio DVD Istituto Luce 07 08 09 10 11 12 13 14 15 17 18

A DISPOSIZIONE COMMENTATO

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01 - Mata Hari

Mata Hari: il nome emana mistero, intrigo e sensuale seduzione. Chi poteva interpretare il ruolo della nota spia della Prima Guerra Mondiale meglio di Greta Garbo, l’enigmatica, sofisticata icona del grande schermo soprannominata la Sfinge Svedese? La Garbo è ipnotizzante nella parte della danzatrice trasformata in agente segreto dello spionaggio tedesco in una Parigi del tempo di guerra che pullula di segreti e tradimenti. A completare il cast ci sono nomi di spicco come Lionel Barrymore, il generale russo che perde la testa per lei, Lewis Stone, una spia di ghiaccio, e Ramon Navarro, l’affascinante aviatore che conquista il cuore che Mata Hari ignorava di avere. Con il mondo in guerra, l’amore era la sua arma. E gli unici uomini che non riuscì a sedurre furono i 12 che componevano il plotone d’esecuzione che pose fine alla sua vita tragica e tumultuosa.

CAST TECNICO ARTISTICO

REGIA George Fitzmaurice SCENEGGIATURA Doris Anderson, Leo Birinsky, Gilbert Emery, Benjamin Glazer SOGGETTO FOTOGRAFIA MUSICA MONTAGGIO

George Fitzmaurice, Irving Thalberg PRODOTTO DA USA 1932

DURATA 90 PERSONAGGI E INTERPRETI

PERSONAGGI INTERPRETI Mata Hari Greta Garbo Gen. Serge Shubin Lionel Barrymore Lt. Alexis Rosanoff Ramon Novarro Andriani Lewis Stone Dubois (Capo dei servizi segreti francesi) C. Henry Gordon Carlotta (agente tedesco) Karen Morley Sorella Angelica Blanche Friderici

VIDEOTECA codice vetrina scaffale formato a disposizione note H.028 006 040 VHS

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40

02 – Il compagno B

All'inizio della prima guerra mondiale, Stanlio e Ollio vengono forzati a reclutarsi nell'esercito. Una volta entrati, dimostrano però di non aver capacità nemmeno per fare una marcia, e vengono quindi sbattuti a fare gli spazzini alle cucine militari. Per un malinteso riguardo la destinazione dell'immondizia delle cucine, entrano in contrasto con il cuoco del plotone, il quale promette che se li avesse ancora incontrati, "della loro pelle avrebbe fatto delle bretelle". Stan e Oliver diventano molto amici del commilitone Billy Smith. Il povero Billy però non se la passa bene: viene lasciato dalla moglie e diviene l'unico responsabile della figlia. Da arruolato non può però provvedervi; non può farlo nemmeno la badante di famiglia, per motivi di salute. È costretto quindi a lasciarla ad estranei. Dopo un po' di tempo, Stan e Oliver si ritrovano con Billy al fronte; tentano di convincerlo ad affidare la bimba ai nonni, ma invano, poiché il ragazzo aveva chiuso i rapporti con i suoi genitori molti anni prima. Stan e Oliver riescono a farsi dare l'indirizzo della piccola poco prima che Billy venisse catturato dai tedeschi. Stan e Oliver vengono mandati all'attacco per liberare il compagno, riescono (per errore) a prevalere nello scontro e diventano "eroi per forza". Ma Billy Smith non verrà più trovato.

La coppia, ormai reimpatriata, va a recuperare la bimba dalle persone cui era in affidamento (gentaglia senza scrupoli) e comincia la ricerca dei nonni. L'unica cosa però che conoscono di quest'uomo, è il cognome... "Smith". Uno dei cognomi più comuni d'America! L'elenco telefonico è la loro arma, la pazienza la loro virtù: Stan e Oliver cominciano la ricerca di Mr. Smith andando a trovare i diretti interessati porta a porta, combinandone di tutti i colori: si prendono due pugni da un pugile, mandano a monte un matrimonio, finché si arriva ad una scarica di fucile sui pantaloni di Oliver. Da quell'episodio i due preferiscono telefonare, prima di incontrare un qualsiasi Mr Smith. Le ricerche vanno per le lunghe, ed i due cominciano ad avere grane anche con le istituzioni. Non essendo riconosciuti come tutori della bambina, l'orfanotrofio della cittadina vuole prelevare lei, per poi mettere agli arresti i due malcapitati. Così Stan e Oliver decidono di scappare, trasferendosi altrove con la loro attività culinaria (un camion/fast-food dal motto "Laurel & Hardy :la delizia del tuo palato"). Non avendo denaro per sostenere le spese del viaggio, chiedono un prestito. La richiesta viene inoltrata al direttore di una banca, ma i loro avallanti (la camionetta "culinaria") non bastano a far da garanzia; anzi, la richiesta risulta così bizzarra, che il ricco banchiere si sbellica dalle risate, tanto da farsi cadere in testa, con un movimento brusco, un busto posto su un piedistallo alle sue spalle. Il banchiere sviene, Stan e Oliver ne approfittano, prendono i soldi e cercano di scappare. Però è troppo tardi; la polizia è alle calcagna e a nulla servono i tentativi di fuga. Riportati dal banchiere, i due sono costretti a restituire il denaro; la bimba sta per essere portata via, ma tra le cose personali di Stan e Oliver c'è una foto scattata in tempo di guerra con il loro grande amico Billy. Il banchiere guarda la foto e riconosce suo figlio: è lui il tanto ricercato Mr. Smith. Stan e Oliver vengono rilasciati su richiesta del banchiere e le cose sembrano finire nel migliore dei modi: se non fosse per il cuoco del Sig. Smith, lo stesso del plotone militare, che ha ancora un conticino da regolare con Stan e Oliver. CAST TECNICO ARTISTICO

REGIA George Marshall, Raymond McCarey SCENEGGIATURA H.M. Walker SOGGETTO FOTOGRAFIA Art Lloyd MUSICA Marvin T.Hatley MONTAGGIO Richard C.Currier

Hal Roach PRODOTTO DA USA - 1932

DURATA

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41

PERSONAGGI E INTERPRETI

PERSONAGGI INTERPRETI Stanlio Stan Laurel Oliver Hardy Ollio Mary Carr Badante Billy LA Gilbert Mr. Hathaway James Finlayson Generale Charles Middleton Assistente sociale

VIDEOTECA codice vetrina scaffale formato a disposizione note

VHS

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42

03 – LE SCARPE AL SOLE

Tre montanari dello stesso paese alpino - un veterano della guerra libica e due giovani - sono arruolati negli Alpini quando nel 1915 l'Italia entra nel conflitto mondiale. Cronaca delle loro vicissitudini tra trincee e retrovie. Sceneggiato da Curt Alexander dal libro Diario di guerra (1921) di Paolo Monelli, ex ufficiale degli Alpini. Campione del mondo (1913) di sci, alpino pluridecorato nella guerra 1915-18, documentarista, il torinese M.Elter esordisce con un film schietto, attento ai personaggi più che all'azione, non esente da cadute retoriche né da ingenuità narrative. Premiato alla Mostra di Venezia con la coppa del Ministero della stampa e propaganda per “il film eticamente più significativo”.

* Mettere le “scarpe al sole”, in gergo degli alpini, significa morire; questa insolita espressione ci viene tramandata direttamente dall’epoca della Grande Guerra, dalla prolifica penna di Paolo Monelli, ufficiale degli Alpini, gia’ redattore de Il Resto del Carlino, e quindi scrittore e giornalista del Novecento

CAST TECNICO ARTISTICO

REGIA Marco Elter SCENEGGIATURA Curt Alexander SOGGETTO Paolo Moretti FOTOGRAFIA Massimo Terzano MUSICA Antonio Veretti MONTAGGIO Camillo Mastrocinque

PRODOTTO DA ITALIA, 1935

DURATA b/n 92 minuti PERSONAGGI E INTERPRETI

PERSONAGGI INTERPRETI Bepo Camillo Pilotto Anna, sua moglie Isa Pola Durigan Cesco Baseggio Toni Carlo Ludovici Il tenente degli alpini Carlo Duse L'alpino amico di Toni e Cesco Nino Marchetti La moglie di Bepo, alias Dirce Bellini Dina Perbellini Maria, sua fidanzata Nelly Corradi

VIDEOTECA codice vetrina scaffale formato a disposizione note

NO

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04 – LE VIE DELLA GLORIA

1916, fronte francese. Il coraggioso e umanista tenente Denet (F. March) s'innamora dell'infermiera Monique (J. Lang), ignorando i suoi legami di profonda devozione al rigido capitano Laroche (W. Baxter) che sopporta la decimazione dei suoi uomini grazie a cocktail di brandy più aspirina e all'affetto di Monique. Rimasto cieco per una ferita, Laroche, per non essere di ostacolo ai due innamorati, torna in prima linea con suo padre (L. Barrymore) e con lui sacrifica la vita in una missione. Scritto da William Faulkner, Joel Sayre e (non accreditato) Nunnally Johson sulla base del film Les Croix de bois (1932) di Raymond Bernard, tratto dal romanzo (1919) di Roland Dorgelès. Non è uno dei migliori war movies di H. Hawks anche a causa della sua ambiguità, come rivela il finale in cui, nominato capitano, Denet accoglie le reclute con lo stesso discorso che aveva sentito fare al militarista Laroche. Gli interni prevalgono sugli esterni e per le scene di guerra si riciclano quelle del film di Bernard, peraltro assai efficaci nel loro taglio semidocumentaristico. Anche gli attori principali sono di un'altra scuola rispetto all'asciuttezza ellittica di Hawks.

CAST TECNICO ARTISTICO

REGIA Howard Hawks SCENEGGIATURA William Faulkner, Joel Sayre SOGGETTO FOTOGRAFIA MUSICA MONTAGGIO

USA, 1936 PRODOTTO DA

DURATA b/n 95 minuti PERSONAGGI E INTERPRETI

PERSONAGGI INTERPRETI Il tenente Michel Denet Fredric March Monique June Lang Il capitano P.Laroche Warner Baxter Ledoux Leonid Knskey

VIDEOTECA codice vetrina scaffale formato a disposizione note

NO

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05 - La grande illusione

Durante la guerra 1914-18 due aviatori francesi prigionieri, un aristocratico e un proletario, sono inviati in un castello trasformato in campo di concentramento, comandato da un asso dell'aviazione tedesca. Alcuni prigionieri evadono. Un capolavoro di J. Renoir, e dell'umanesimo al cinema. La verità – dei fatti, dei personaggi, dell'atmosfera – si fa poesia in un accorato messaggio pacifista più che antimilitarista che non trascura le differenze sociali. Scritto da Renoir con Charles Spaak, possiede una generosa ricchezza ideologica che nasce dalla sua ambiguità. Grande galleria di personaggi: P. Fresnay, J. Gabin, E. von Stroheim, M. Dalio. Molte sequenze memorabili tra cui la più famosa è quella dei prigionieri francesi, travestiti da donna che cantano la “Marsigliese”. Premiato a Venezia, fu proibito in Italia e Germania. Insieme a La passion de Jeanne d'Arc (1928) di Carl T. Dreyer, è il solo film francese che figura stabilmente nelle classifiche dei “dieci migliori film della storia del cinema”. Col medesimo titolo – The Great Illusion – nel 1910 uscì un libro dell'inglese Norman Angell, amico di Bertrand Russell, che s'interrogava sui vantaggi che i vari paesi europei avrebbero ricavato da una guerra tra loro.

CAST TECNICO ARTISTICO

REGIA Jean Renoir SCENEGGIATURA Charles Spaak, Jean Renoir SOGGETTO Jean Renoir FOTOGRAFIA Christian Matras MUSICA Joseph Kosma MONTAGGIO Marthe Huguet, Renée Lichtig, Marguerite Renoir

PRODOTTO DA Francia - 1937

DURATA 114 PERSONAGGI E INTERPRETI

PERSONAGGI INTERPRETI Tenente Maréchal Jean Gabin, Capitano de Boeldieu Pierre Fresnay Tenente Rosenthal Marcel Dalio Elsa, la contadina tedesca Dita Parlo, l'insegnante Jean Dasté Capitano von Rauffenstein Erich von Stroheim Cartier, l'attore Julien Carette

VIDEOTECA codice vetrina scaffale formato a disposizione note

VHS NO

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06 - Addio alle armi

Dal romanzo di Ernest Hemingway. Durante la prima guerra mondiale, sul fronte italo-austriaco, un volontario americano s'innamora di un'infermiera inglese. Arriva Caporetto. Lui diserta e scappa con lei. Si rifugiano in Svizzera. Rifacimento del film di Frank Borzage (1932) con Gary Cooper (che in Italia non venne mai perché, sulla scorta del libro di Hemingway, osava fare dei rilievi sul comportamento delle truppe italiane a Caporetto). Questo invece fu fatto con il concorso dell'esercito nostrano (unica contropartita: un pistolotto iniziale sulle virtù guerriere italiche). Però è venuto peggio, un polpettone asmatico privo di bravura con una primattrice troppo anziana e leziosa, e poche emozioni anche per gli spettatori di bocca buona. Davide Selznick, che voleva farne il Via col vento degli anni Cinquanta, ne uscì stremato (appena recuperate le spese si ritirò a vita privata). Tra le ragioni dello stremo, le furiose litigate con il primo regista designato, John Huston, che non legava con la moglie-diva di Selznick, Jennifer Jones, e fu esonerato dopo poche settimane

CAST TECNICO ARTISTICO

REGIA Charles Vindor SCENEGGIATURA Ben Hecht SOGGETTO Ernest Hemingway, Laurence Stallings FOTOGRAFIA J.W.Howe, Oswald Morris, Piero Portalupi MUSICA Mario Nascimbene MONTAGGIO John M. Foley, Gerald Wilson

PRODOTTO DA USA 1957

DURATA 152 PERSONAGGI E INTERPRETI

PERSONAGGI INTERPRETI Tenente Frederick Henry Rock Hudson Maggiore Alessandro Rinaldi Vittorio De Sica padre Galli Alberto Sordi Catherine Barkley Jennifer Jones Miss Van Campen Mercedes Mc Cambridge Aymo Franco Interlenghi Passini Leopoldo Trieste Colonnello Valentini Victor Francen

VIDEOTECA codice vetrina scaffale formato a disposizione note F.001 006 038 VHS

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07 – LE VIE DELLA GLORIA (Paths of glory)

Nel 1916, sul fronte francese, il generale Broulard convince il generale Moreau, che punta ad un avanzamento di grado, a lanciare un attacco suicida contro una postazione tedesca imprendibile, “il formicaio” - Il colonnello Dax dovrà condurre l’attacco. Gli uomini di Dax, sfiniti dai precedenti com-battimenti, avanzano a malapena, e alcuni non riescono a lasciare le trincee. Moreau ordina al capitano Rousseau di sparare sulle proprie truppe. Rousseau rifiuta. Nel frattempo l’attacco fallisce. Moreau convince Broulard che la disciplina esige un sacrificio: verrà scelto un uomo in ognuna delle tre compagnie e questi verranno giudicati dal consiglio di guerra; il colonnello Dax sarà il loro difensore. Il procuratore Saint-Auban fa condannare a morte Ferol, Arnaud e Paris. Dax tenta di salvare i propri uomini rivelando a Broulard l’ordine dato al capitano Rousseau. Broulard non ne tiene conto e i tre soldati vengono fucilati all’alba. Broulard rivela allora il suo piano: verrà aperta un’inchiesta su Moreau e propone il suo posto a Dax. Costui rifiuta e va a raggiungere i suoi soldati che stanno ascoltando una cantante tedesca. Il più efficace e commovente film antimilitarista di tutti i tempi, bloccato dalla censura francese e distribuito negli Stati Uniti solo grazie alla presenza di Douglas. Impietoso e pieno di amara ironia nel mostrare l’ottusità e il sadismo

di chi comanda. Ma anche un eccezionale esercizio di stile, dove ogni movimento di macchina e ogni angolazione di ripresa hanno un senso e una funzione precisa. Il romanzo è sceneggiato in modo che il centro del film non sia più la storia dei tre soldati fucilati (come nel libro), ma la follia degli alti gradi militari (assolutamente geniale la prova di Adolphe Menjou nella parte del generale Broulard ). Angosciante e bellissima l’ultima scena quando i soldati francesi dimenticano gli orrori di cui sono stati testimoni, unendosi al canto di una giovane tedesca (Christian) che è stata obbligata a cantare, ambigua e commovente metafora di un’unità che sa superare le divisioni nazionalistiche. Elogiato da Churchill per il realismo della ricostruzione e uscito in Francia solo nel 1975 . CAST TECNICO ARTISTICO

REGIA Stanley Kubrick SCENEGGIATURA S. Kubrick, Calder Willingham, Jim Thompson SOGGETTO dal romanzo omonimo di Humphrey Cobb FOTOGRAFIA George Krause MUSICA Gerald Fried MONTAGGIO Eva Kroll

Bryna Productions PRODOTTO DA USA, 1957

DURATA 86’ PERSONAGGI E INTERPRETI

PERSONAGGI INTERPRETI colonnello Dax Kirk Douglas capitano Paris Ralph Meeker generale Broulard Adolphe Menjou generale Moreau George Macready tenente Roget Wayne Morris capitano Rousseau John Stein Arnaud Joseph Turkel Férol Timothy Carey maggiore Saint-Auban Richard Anderson colonnello giudice Peter Capell

VIDEOTECA codice vetrina scaffale formato a disposizione note

NO

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08 - La grande guerra

È il 1916, Prima Guerra Mondiale. Oreste Jacovacci e Giovanni Busacca sono due giovani soldati che tentano di sopravvivere alla guerra tentando di evitare il campo di battaglia. Dopo essere stato raggirato da Oreste, che gli aveva sottratto denaro dietro la promessa di farlo riformare, Giovanni viene fatto abile. Ma il destino porta i due ad incontrarsi di nuovo e, nonostante il rancore di Giovanni, tra loro nasce un'intensa amicizia. Entrambi vengono inviati al paese di Tigliano, dove, in attesa di essere destinati al fronte, restano al sicuro nelle retrovie seppur costretti ad un faticoso addestramento, durante il quale tentano di svagarsi trovandosi spesso in circostanze che rivelano la loro disastrosa ingenuità. Assegnati infine ad una postazione, Gianno ed Oreste incontrano i commilitoni e trascorrono con loro alcuni mesi di pausa dai combattimenti, festeggiando persino il Natale e distraendosi durante i giri di pattuglia senza che nulla accada, fino al giorno del primo ed estenuante scontro a fuoco contro l'esercito austro-tedesco: impegnate lungo la linea del Piave, le forze armate italiane affrontano il nemico con gravi sforzi e subendo numerose perdite. Incaricati di portare un messaggio, Gianni ed Oreste si distaccano dalla loro squadra sulla via del ritorno e, perdutisi, cercano riparo in un casolare, dove vengono individuati da un ufficiale austriaco che li cattura scambiandoli per spie. Minacciati di morte, viene offerta loro un'opportunità: la vita in cambio delle informazioni sui piani strategici dell'esercito italiano. Nonostante la loro coscienza

vacilli, in bilico tra la paura di morire ed il rifiuto di macchiarsi col disonore, l'arroganza dell'ufficiale toglie loro ogni dubbio, ridando forza alla dignità che hanno in cuore. Saranno entrambi fucilati, portando con sé i segreti da cui dipende la vittoria degli Italiani.

CAST TECNICO ARTISTICO

REGIA Mario Monicelli SCENEGGIATURA Age & Scarpelli, Luciano Vincenzoni, Mario Monicelli SOGGETTO FOTOGRAFIA Giuseppe Rotunno MUSICA Nino Rota MONTAGGIO Adriana Novelli

Dino De Laurentiis Cinematografica/ Gray Film PRODOTTO DA Italia 1959

DURATA 135 PERSONAGGI E INTERPRETI

PERSONAGGI INTERPRETI Oreste Jacovacci Alberto Sordi Giovanni Busacca Vittorio Gassmann Costantina Silvana Mangano Bordin Folco Lulli Capitano Castelli Bernard Blier

VIDEOTECA codice vetrina scaffale formato a disposizione note K.022 05 034 VHS

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09 – UOMINI CONTRO

È giusto morire per la patria? In che tipo di guerra? È partendo da umori come questi che alla famiglia dei film di dibattito civile si aggiunge Uomini Contro di Francesco Rosi. Ed è da questa scabrosa inter-pretazione della guerra ‘15-’18 che si sviluppa, prendendo lo spunto da Un anno sull’altipiano di Emilio Lussu, un viaggio nella memoria italiana tutto nutrito di spiriti contestatori e percorso d’inviti a rivoltarsi contro il principio d’autorità. Per sostenere l’idea che la massa popolare, fatta in maggioranza di contadini e operai, fu portata al macello da una delittuosa classe dirigente sce-sa in guerra a difendere i propri interessi, Rosi realizza un film in cui gli uf-ficiali superiori sono costantemente contrapposti ai soldati e ai tenenti. Por-tavoce d’un fanatismo militarista e nazionalista, i primi non esitano a spingere la truppa al massacro. Il film svolge questo assunto in una serie di episodi che, seguendo da vicino il libro di Lussu (se ne discosta nel finale), vogliono indurci a riflettere sulla pazzia della guerra attraverso l’analisi del comportamento dei personaggi tipici, presi dai due fuochi dei cecchini e della retorica. Ecco, alto su tutti, il generale Leone (Alain Cuny), dipinto come l’anima nera della divisione di fanteria mandata allo sbaraglio durante l’estenuante guerra di posizione.

L’uomo è inflessibile, con sé e con gli altri. Sempre in prima linea, disposto a pagare di persona, è convinto che sul campo si conquisti la gloria, e non comprende come qualcuno possa tenere alla vita, se non per viltà. Gli ordini più feroci vengono da lui, un sacerdote del rischio che in nome della disciplina militare, “dolorosa ma necessaria”, comanda di fucilare gli insubordinati. Un suo maggiore (Franco Graziosi) non è da meno: ordinerà la decima-zione di un plotone che di fronte al nemico gli ha disobbedito. L’anarchico tenente Ottolenghi (Gian Maria Volontè), invece, ha scelto la strada della ribellione: nauseato da una strage che giudica insensata, arriva ad invitare i soldati a sparare sul generale, il “vero nemico”. Ovviamente cadrà sul campo, e a sua volta sarà passato per le armi il tenente Sassu (Mark Frechette), nel quale è adombrato lo stesso Lussu: anch’egli ha cominciato la guerra da ardente interventista, ma ora si è rifiutato di comandare il plotone d’esecuzione, né ha impedito ai soldati di sparare sul maggiore. Fra gli altri c’è anche il soldato Marrasi (Alberto Mastino), che più volte ha tentato di disertare, e finalmente, quando stava per raggiungere le linee austriache, è stato falciato dai compagni. Uomini Contro è un film di buon mestiere, con accenti di dolorosa verità, che aiuta ad acquistare coscienza, di fronte agli ordini ingiusti, del diritto di dire no. Rosi alterna momenti severi e asciutti ad altri spettacolari, soprattutto con la concitazione di molte scene di massa. L’ambientazione, ottenuta “girando” in esterni, fra nude pietraie, è aspra e straziata come si conviene. La fotografia di Pasquale de Santis è livida e cupa. Molto accurata è la ricostruzione del miserabile paesaggio, trincee di fango e bufere di neve, in cui si trascinano, quando non vanno alla carica, uomini affranti e disperati tra il fragore delle granate . Da: Giovanni Grazzini, Gli anni settanta in cento film, Laterza, 1976 CAST TECNICO ARTISTICO

REGIA Francesco ROSI SCENEGGIATURA Tonino Guerra, Raffaele La Capria, Francesco Rosi SOGGETTO FOTOGRAFIA Pasquale de Santis MUSICA Piero Piccioni MONTAGGIO Ruggero Mastroianni

PRODOTTO DA Italia, Jugoslavia 1970

DURATA 101 m PERSONAGGI E INTERPRETI

PERSONAGGI INTERPRETI ten. Sassu Mark Frechette ten. Ottolenghi Gian Maria Volontè gen. Leone Alain Cuny magg. Malchiodi Franco Graziosi ten. Santini Pier Paolo Capponi col. Stringari Brunetto Del Vita

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49

soldato Marrasi Alberto Mastino sottoten. Avellini Luigi Pignatelli

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NO

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50

10 – E JOHNNY PRESE IL FUCILE

Il diciannovenne Joe Bonham parte dal Colorado, lascia la famiglia e la fidanzata Karen, e va a combattere nella prima guerra mondiale. Sul fronte francese un’esplosione lo riduce cieco, sordomuto e privo degli arti. Troncone umano in un letto d’ospedale, è tenuto in vita con accorgimenti clinici dai medici militari. Essi sono convinti che la sua sopravvivenza sia puramente vegetativa. Al contrario Joe riesce a pensare e a organizzare le proprie sensazioni. Impara ad esprimersi muovendo la testa al ritmo dell’alfabeto Morse e chiede ai medici di essere ucciso, oppure esposto al pubblico in un circo. Costoro rifiutano. Allontanano l’infermiera che ha tentato pietosamente di arrestare l’erogazione dell’ossigeno necessario a tenerlo in vita e continuano a farlo sopravvivere, così com’è. Diretto dal debuttante (a 65 anni) Dalton Trumbo. L’ex black-listed (vit-tima del maccartismo, fu a lun-go sceneggiatore sotto pseudonimo) vi riprese il proprio romanzo del 1938. Nel ’41 egli ne aveva realizzata una versione radiofonica, con la voce di James Cagney. La trasposizione per lo schermo lo indusse a rovesciare la progressione del libro, stringendo il primo movimento drammatico (la scoperta della infermità da parte del mutilato) per insistere maggiormente sul secondo (la sua comunicazione con l’esterno). Johnny got his gun appartiene al cosiddetto cinema anti-militarista, per la denuncia della natura demenziale - utilitaristica della guerra. Dopo una premessa terrificante e affascinante, il climax del dram-

ma tende tuttavia a smorzarsi in una revisione morbida dell’idea originale. La parte centrale è molto parlata e densa di simboli, con sequenze oniriche vagamente influenzate dal surrealismo. Echi surrealisti si ritrovano anche nel tema, che contiene attacchi non solo all’esercito ma anche alla religione e all’inutilità della scienza. (R.N.) Da: Nuovo dizionario universale del cinema - Fernaldo Di Giammatteo - Ed. Rumet CAST TECNICO ARTISTICO

REGIA DaltonTrumbo SCENEGGIATURA DaltonTrumbo SOGGETTO DaltonTrumbo FOTOGRAFIA Jules Brenner MUSICA Jerry Fielding MONTAGGIO Millie Moore

World Entertainments Ltd PRODOTTO DA USA 1970

DURATA 111 m PERSONAGGI E INTERPRETI

PERSONAGGI INTERPRETI Joe Bonham Timothy Bottoms il padre Jason Robards jr. la madre Marsha Hunt Karen Kathy Fields il Cristo Donald Sutherland l’infermiera Diane Varsi

VIDEOTECA codice vetrina scaffale formato a disposizione note

NO

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11 – CUORE

Già più volte portato sullo schermo, il libro Cuore di Edmondo De Amicis (1846-1908), è il romanzo italiano per ragazzi più tradotto al mondo dopo Pinocchio. La pubblicazione del romanzo risale al 1888 e ha come oggetto le annotazioni che un allievo di terza elementare, Enrico Bottini, fa in un diario regalatogli dal padre per l'anno scolastico 1881-82. Il romanzo è ambientato a Torino, fino a pochi anni prima capitale del giovanissimo Regno d'Italia e dove il ligure De Amicis visse gran parte della sua esistenza. Queste annotazioni saranno poi sviluppate in veri e propri racconti dal padre del ragazzo alla fine di quell'anno e dallo stesso Enrico quattro anni dopo, conservando però intatte le lettere dei familiari (il padre, per l'appunto, che interviene sul diario regolarmente; la madre di tanto in tanto; la sorella Silvia una volta) e soprattutto i cosiddetti racconti mensili, dettati in classe dal maestro Perboni e narranti episodi eroici con protagonisti ragazzi, coetanei degli allievi, ognuno da una diversa parte d'Italia; l'atmosfera del romanzo risente del patriottismo del tempo, giustificato dalla recente terza guerra d'indipendenza del Risorgimento italiano, e dell'ottimismo della Belle époque.

Questo particolare - la passione patriottica da ridimensionare davanti all'orrore insensato di una guerra - servirà a Comencini a realizzare il "suo" libro Cuore, diverso anche per come sfuma i ritratti "assoluti" e deterministici dei personaggi, che originariamente rappresentavano ciascuno un preciso pregio o difetto. In particolare i compagni del protagonista: il primo della classe Derossi, così altruista, di buoni sentimenti e pure bello nel libro, appare qui invece spocchioso, femmineo e di una saccenteria quasi pedante, tanto da pagarla con la sconfitta alla fine dell'anno quando la medaglia del primo posto per l'impegno nello studio verrà assegnata non a lui ma al "capoccione" Stardi. Dall'altra parte, c'è il "cattivo" Franti, che nel libro è ritenuto "lombrosianamente" un teppista nato: qui non si converte al ruolo di buono (come avveniva in una versione a cartoni animati giapponese, di qualche anno prima) e finisce all'ergastolo (come allora veniva chiamato il luogo di pena, e non ancora la reclusione a vita) ma le sue espressioni, i suoi silenzi e qualche lacrima d'umanità ne fanno forse il più interessante dei giovani personaggi. CAST TECNICO ARTISTICO

REGIA COMENCINI LUIGI SCENEGGIATURA Suso Cecchi D'Amico, Cristina Comencini, Luigi Comencini SOGGETTO liberamente tratto dal libro Cuore di Edmondo De Amicis FOTOGRAFIA Luigi Kuveiller MUSICA Manuel De Sica MONTAGGIO Sergio Buzi

VIDEO RAI PRODOTTO DA Italia/FRANCIA - 1984

DURATA 120 PERSONAGGI E INTERPRETI

PERSONAGGI INTERPRETI maestro Perboni J.DORELLI G.DE SIO E.DE FILIPPO U.PAGLIAI B.BILIER A.FERREOL

VIDEOTECA codice vetrina scaffale formato a disposizione note F.014 006 038 VHS

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12 – REGENERATIONS

Scozia 1917: ospedale militare di Craiglockhart. Alle cure del dottor Rivers, esemplare figura di tera-peuta capace di grande umanità ed empatia, sono affidati alcuni ufficiali reduci dal fronte affetti da gravi forme di nevrosi traumatica. Fra questi, i due poeti Siegfried Sassoon, “interdetto” dalle auto-rità militari per aver scritto una dichiarazione pubblica contro il protrarsi degli eccidi della guerra, e il giovane Wilfred Owen. Rendendosi conto dell’inutilità della protesta, Sassoon torna in trincea dai suoi soldati. Anche Owen, dopo aver maturato l’idea di una poesia che sappia dar voce ai patimenti della guerra, torna al fronte morendo una settimana prima dell’agognato armistizio. In Regeneration prevale la “pietà” come risposta alla tragedia della guerra, la compassione aristotelicamente intesa come comunanza di dolore. “Il mio tema è la guerra, e la pietà della guerra. La poesia è nella pietà” scriveva Owen nell’introduzione al suo libro di poesie pubblicato poco prima della sua morte; e la figura del giovane poeta, l’essenza stessa della sua poesia permeano il film ancor più del romanzo. MacKinnon si appropria della misura e del pathos del romanzo inseguendo una propria autonomia nell’intrecciare realtà e finzione. Regeneration si apre con gli effetti devastanti della guerra: dall’alto la m.d.p. osserva distese di terra e fango da cui si scorgono, quasi forgiati dalla stessa materia, come in un bassorilievo, cadaveri, corpi agonizzanti, te-schi di antiche morti che rimandano all’incipit di Per il re e per la patria di Lo-

sey, con le sequenze agghiaccianti di campi di battaglia disseminati di corpi senza vita che si chiudono con l’inqua-dratura di un teschio in primo piano. Se Regeneration entra a far parte della tradizione di film dedicati alla Grande Guerra, dall’altro si distingue perché non indulge nelle concessioni effettistiche (si pensi alla ricercata composizione figurativa delle grandiose scene di battaglia ne I quattro cavalieri dell’apocalisse di Ingram; alle masse di uomini e cavalli impiegati in Addio alle armi di Charles Vidor) o nella ricerca di una verosimiglianza storica (in Orizzonti di gloria di Kubrick) o in un’ambigua fascinazione-repulsione (nello stesso Kubrick) o nel contrasto fra soldati-vittime e ufficiali (in Uomini contro di Rosi o nel più recente Capitan Conan di Tavernier). Da: Segnocinema n. 89 - Rivista cinematografica bimestrale, Ed. Cineforum di Vicenza CAST TECNICO ARTISTICO

REGIA Gillies MacKinnon SCENEGGIATURA Allan Scott SOGGETTO basato sul romanzo di Pat Barker FOTOGRAFIA Glen MacPherson MUSICA Louis Kramer MONTAGGIO Pia Di Ciaula

Allan Scott e Peter R. Simpson, per Norstar Entert. Pres./Rafford Film/BBC Film/Scottish Arts Council Lottery Fund/Norstar PRODOTTO DA UK, Canada 1997

DURATA 114 m PERSONAGGI E INTERPRETI

PERSONAGGI INTERPRETI dr. William Rivers Jonathan Pryce James Wilby Siegfried Sassoon Jonny Lee Miller Billy Prior Stuart Bunce Wilfred Owen Robert Graves Dougray Scott Sarah Tanya Allen dr. Yealland John Neville dr. Bryce David Hayman

VIDEOTECA codice vetrina scaffale formato a disposizione note

NO

ISTITUTO TECNICO COMM. IGEA – “Antonio GRAMSCI” – Albano Laziale (RM)

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13 – IL BATTAGLIONE PERDUTO

Nell'ottobre del 1918, alla fine della Prima Guerra Mondiale, un battaglione della 77a divisione dell'esercito americano, penetrato nella Francia occupata dai tedeschi, resta intrappolato dietro le linee nemiche. Davanti a sé solo due possibilità: arrendersi al nemico o morire. Gli 800 soldati scelsero però una terza via.

CAST TECNICO ARTISTICO

REGIA Russell Mulcahy SCENEGGIATURA James Carabatsos SOGGETTO James Carabatsos FOTOGRAFIA Jonathan Freeman MUSICA Richard Marvin MONTAGGIO William B. Stich

Fox Television Network , A&E Television Networks , The Carousel Picture Company , David Gerber Productions , Luxembourg Film Fund PRODOTTO DA

Lussemburgo, USA 2001

DURATA 92 min. colore PERSONAGGI E INTERPRETI

PERSONAGGI INTERPRETI Maggiore Charles White Whittlesey Rick Schroder Capitano George McMurtry Phil McKee Sergente Gaedeke Jamie Harris Tenente Leak Jay Rodan Capitano Nelson Holderman Adam James Soldato Phillip Cepeglia Daniel Caltagirone Soldato Jacob Rosen Michael Goldstrom Soldato Lipasti André Vippolis Soldato Bob Yoder Rhys Miles Thomas Soldato Abraham Krotoshinsky Arthur Kremer

VIDEOTECA codice vetrina scaffale formato a disposizione note

NO