La politica culturale europea. Tutela e promozione come strumenti d'integrazione
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Alma Mater Studiorum – Università di Bologna
Scuola di Scienze Politiche
Corso di laurea magistrale in
Relazioni Internazionali
Tesi di Laurea in
Diritto delle Politiche Europee
La politica culturale europea
Tutela e promozione come strumenti d’integrazione
Candidato: Relatore: Chiar.ma Prof.ssa
MAGDA MANTOVANI GIOVANNA ENDRICI
Sessione III
Anno Accademico 2013/2014
2
INDICE
Indice 2
Introduzione 5
Parte Prima 8
CAPITOLO 1 – L’assenza di una politica culturale europea prima di Maastricht 8
1.1 Tutela degli aspetti culturali come eccezione al principio
della libera circolazione di merci e servizi 8
1.1.1 Cultura e mercato comune: alcuni casi giurisprudenziali 12
1.2 Normativa europea a tutela dei beni culturali 16
1.2.1 Regolamento CEE 3911/92 17
1.2.2 Direttiva 97/3/CEE 20
1.3 Direttiva CEE 89/552, Televisione senza Frontiere 24
CAPITOLO 2 – La politica culturale europea dopo l’entrata in vigore
del trattato di Maastricht 29
2.1 Introduzione dell’articolo 151 29
2.2 I primi programmi di finanziamento alla cultura 33
2.2.1 Caleidoscopio 33
2.2.2 Arianna 34
2.2.3 Raffaello 36
2.2.4 Valutazione finale sugli esiti dei programmi 38
2.3 Fondi e programmi a impatto culturale indiretto 39
2.3.1 Longlife Learning Program 40
2.3.2 LIFE 41
2.3.3 Fondi strutturali e d’investimento 42
CAPITOLO 3 – La politica culturale europea dopo il 2000: i programmi organici 45
3.1 Introduzione 45
3.2 Programma Cultura 2000 45
3.2.1 Capitali europee della cultura 49
3.3 Agenda europea per la cultura 50
3
3.4 Programma Cultura 2007-2013 55
3.4.1 Agenzia esecutiva per l’istruzione,gli audiovisivi e la cultura 58
3.4.2 Europa per i cittadini 60
3.4.3 Gioventù in azione 61
3.5 MEDIA 63
3.6 Europa Creativa, programma-quadro 2014-2020 65
Parte seconda 71
CAPITOLO 4 – Cultura ed organizzazioni internazionali:
continuità e attriti con la politica europea 71
4.1 Introduzione 71
4.2 Consiglio d’Europa 72
4.3 Cultura e UNESCO 75
4.3.1 Convenzioni Unesco 75
4.3.1.1 Convenzione UNESCO concernente le misure da adottare
per interdire e impedire l’illecita importazione, esportazione e
trasferimento di proprietà dei beni culturali 76
4.3.1.2 Convenzione UNESCO concernente la protezione del
patrimonio culturale e naturale 76
4.3.1.3 Dichiarazione universale UNESCO sulla diversità culturale 77
4.3.1.4 Convenzione UNESCO del patrimonio culturale immateriale 78
4.3.1.5 Convenzione UNESCO per la protezione e la
promozione della diversità delle espressioni culturali 79
4.3.2 Interazioni tra Convenzione sulle diversità culturali e Unione europea 81
4.3.3 UNESCO e Unione europea al di là della Convenzione del 2005 84
4.4 Organizzazione Mondiale del Commercio e cultura: quale possibile
integrazione tra commercio ed espressione culturale 85
CAPITOLO 5 – Impatto e problematiche 92
5.1 Introduzione 92
5.2 Descrizione di alcuni progetti culturali finanziati dai programmi europei 93
5.2.1 Case study 1: PRACTICS – See Mobile, See Practical 94
4
5.2.2 Case study 2: DICTAT – Performative Culture Cooperation
for awareness on past European DICTATorships 96
5.3 Mobilità di artisti e opere 99
5.3.1 La coproduzione internazionale 100
5.3.2 Obblighi legali e burocratici 101
5.3.3 Le reti culturali 103
5.3.3.L’Unione dei Teatri d’Europa 105
5.3.3.2 L’IETM – Informal European Theatre Meeting 106
5.3.3.3 La Fondazione Anna Lindh 108
5.4 Agenzie di progettazione europea 109
5.4.1 Fondazione Fitzcarraldo 109
5.4.2 InEuropa 111
CONCLUSIONI 112
BIBLIOGRAFIA 115
RINGRAZIAMENTI 128
5
INTRODUZIONE
Molte politiche europee trovano la loro base giuridica nel Trattato di Roma. Diversi settori,
invece sono stati comunitarizzati in assenza di una esplicita base contenuta nei trattati. Questo
è accaduto ad esempio per i settori delle telecomunicazioni e dell’ambiente, anche se i trattati
originari non fanno menzione di alcun ruolo comunitario in tali ambiti. Allo stesso modo, nel
trattato originario, nessuna formale competenza comunitaria in politica culturale viene
menzionata. La prima base legale per una iniziale, sfumata competenza europea in tale ambito
appare solo nel 1992, col trattato di Maastricht. Tuttavia, anche prima del 1992, le istituzioni
europee sono intervenute in modo evidente e sostanziale nei settori audiovisivo, dei libri, del
copyright e della tutela del patrimonio, per non citare poi le iniziative dal forte valore
simbolico e nei settori dell’arte e della cultura in genere. Nel corso degli anni 70, la Corte di
Giustizia ha dovuto dirimere numerose controversie collegate ai temi del copyright, dei beni
artistici, dei tesori nazionali e degli audiovisivi, soprattutto in riferimento alla compatibilità o
meno tra le leggi nazionali in tali settori e le norme europee sulla competitività. Questi casi
forniscono incidentalmente una base legale per un graduale intervento comunitario in ambito
culturale. Allo stesso tempo, il Parlamento europeo si fa vivace propulsore culturale,
esprimendo risoluzioni che attirano l’attenzione sulla necessità di una politica culturale a
livello europeo. Tra gli anni ‘80 e ‘90 vengono adottate cinque diverse direttive che
armonizzano la legislazione europea in merito a copyright e diritti d’autore1. Così come è del
1989 la direttiva Televisione Senza Frontiere. Al di là degli interventi comunitari
regolamentativi, negli stessi anni si assiste alla creazione di vari meccanismi di supporto alla
cultura che promuovono l’industria audiovisiva, la creazione artistica, gli scambi e la
cooperazione internazionale tra artisti e la tutela del patrimonio. Inizialmente tali iniziative
risultano essere altamente simboliche, come l’ iniziativa “Città europee della Cultura”, o i
Premi europei per artisti in vari settori, oppure frammentate, come i primissimi interventi
finanziari a sostegno dell’editoria e della traduzione letteraria e dello spettacolo dal vivo. Con
Maastricht, ma soprattutto con un forte impulso a partire dagli anni 2000, tali interventi
divengono sempre più organici e strutturati, per giungere, con il programma-quadro Europa
Creativa del 2014, ad abbracciare tutti i settori culturali, oltre che a definire la cultura come 1 Il tema del copyright non sarà affrontato nel presente elaborato, per approfondimenti si rimanda a Littoz-Monnet A., The
European Union and Culture: Between Economic Regulation and European Cultural Policy, Manchester University Press,
2007, pp 120-150.
6
politica trasversale a tutti gli ambiti d’intervento dell’Unione Europea. Nel presente elaborato
si tenterà di approfondire tale evoluzione, descrivendo le diverse fasi di intervento europeo in
ambito culturale. Nella prima parte, saranno illustrate anzitutto le modalità attraverso le quali
la Comunità è intervenuta a regolare indirettamente alcuni aspetti legati alla cultura, tramite
la giurisprudenza della Corte di Giustizia e poi con le prime normative dedicate alla tutela dei
beni culturali e alle emittenti televisive (capitolo 1). E’ importante segnalare nuovamente
come, in questa fase, i provvedimenti comunitari fossero fortemente indirizzati alla creazione
e al rafforzamento del mercato unico, e quindi l’impatto sulle tematiche culturali fosse
inizialmente indiretto e incidentale. Nel secondo capitolo, saranno delineate le conseguenze in
tema di intervento europeo generate dall’introduzione dell’articolo 128 nel Trattato di
Maastricht (poi modificato in articolo 151 TCE), articolo che di fatto introduce la politica
culturale tra le competenze comunitarie, definisce la cultura come uno degli ambiti di
intervento comunitario ( intervento, è bene sottolinearlo, che non diviene mai di competenza
esclusiva europea). Ecco che, dagli anni ’90, prendono forma i primi programmi di
finanziamento rivolti ai diversi settori culturali - libri, conservazione dei beni, arti e spettacolo
- e che il valore socioeconomico della cultura viene riconosciuto anche attraverso strumenti
finanziari non direttamente ed essa dedicati, come i fondi strutturali. Nel terzo capitolo, a
conclusione della prima parte, verranno descritti i programmi europei organici dedicati al
settore culturale, sviluppati a partire dal 2000 – programma Cultura 2000, programma Cultura
2007-2013 e Creative Europe – oltre che l’importante documento programmatico costituito
dall’Agenda Europea per la Cultura. Nella seconda parte – capitoli 4 e 5 – muoveremo lo
sguardo in una doppia direzione: anzitutto, allargando l’orizzonte di analisi agli interventi in
ambito culturale messi in atto da organizzazioni internazionali quali il Consiglio d’Europa e
l’UNESCO, al fine di evidenziare le interazioni con la politica dell’Unione europea;
secondariamente, entrando nello specifico delle tematiche affrontate, come con una lente
d’ingrandimento, saranno presentati alcuni casi-studio relativi a progetti culturali realizzati
grazie al contributo europeo e, più in generale, si farà luce sulle problematiche prettamente
operative collegate alla realizzazione di tali progetti – mobilità e coproduzioni internazionali,
reti culturali, agenzie di progettazione europea.
7
ABBREVIAZIONI:
CdG Corte Europea di Giustizia
CE Comunità Europea
CEE Comunità Economica Europea
EACEA Agenzia esecutiva per l’istruzione, gli audiovisivi e la cultura
FUS Fondo Unico per lo Spettacolo
GATS General Agreement on Trade in Services
GATT General Agreement on Tariffs and Trade
IETM International network for contemporary performing arts
MAC Metodo Aperto di Coordinamento
OCSE Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo
OMC Organizzazione Mondiale del Commercio
PE Parlamento europeo
PMI Piccole e Medie Imprese
TCE Trattato che istituisce la Comunità Europea
TFUE Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea
TsF Televisione Senza Frontiere (direttiva)
TUE Trattato sull’Unione Europea
UE Unione Europea
UNESCO Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura
UTE Unione dei Teatri d’Europa
WIPO World Intellectual Property Organization
NOTA TERMINOLOGICA:
Avendo ben presenti l’evoluzione dei trattati e, con essa, le successive modifiche intervenute
nella denominazione dell’entità europea - Comunità Economica Europea, Comunità Europea,
Unione Europea - nel presente elaborato, i diversi termini verranno utilizzati seguendo la
scansione temporale: in base alla fase storica cui si farà riferimento, si utilizzerà la
denominazione che in quella fase l’Europa si è data. Per quanto riguarda gli articoli dei trattati
citati, vale lo stesso ragionamento, con un’attenzione particolare nel segnalare i corrispondenti
articoli (se ancora esistenti), nella versione odierna e consolidata dei trattati dell’Unione
Europea.
8
PARTE PRIMA
CAPITOLO 1
L’ASSENZA DI UNA POLITICA CULTURALE EUROPEA PRIMA D I
MAASTRICHT
“i fenomeni della cultura sono compenetranti con il tessuto di qualsiasi società a tal punto da
rendere poco credibile l’ipotesi di un ordinamento, che a quella società sia destinato, nel
quale la considerazione di quei fenomeni possa restare veramente estranea ai valori da esso
fatti propri e coltivati. Questa generale osservazione è certamente valida nel caso della
Comunità europea, il cui ordinamento, […] non può astenersi dal prendere qualsiasi
posizione nei confronti di elementi altrettanto essenziali, come quelli che attengono alla
cultura” 2.
1.1 Tutela degli aspetti culturali come eccezione al principio della libera circolazione
di merci e servizi
Con la progressiva realizzazione del mercato interno, il processo di espansione delle
competenze comunitarie si è fatto più evidente e più ampio e, superando l’iniziale carattere
esclusivamente economico, è stato orientato anche in altri settori come quello dei beni
culturali. Tuttavia, l’attuale riconoscimento di una specifica dimensione culturale dell’Unione
rappresenta il risultato di molti anni di intensa attività e di ricerca di un bilanciamento degli
interessi culturali nelle strategie comunitarie. Bilanciamento che tutt’ora non può dirsi
raggiunto. Così come sottolineato da alcuni autori3,in materia di cultura, gli interventi della
Comunità si sono rivelati inizialmente discontinui: “da un esame attento dell’ordinamento
comunitario si evidenzia l’estraneità della cultura nel quadro degli interessi dell’azione
comunitaria”. Volendo individuare un riferimento normativo in materia di cultura all’interno
dei trattati istitutivi, privi di disposizioni specifiche dedicate al tema, si può fare riferimento
all’articolo 36 del trattato CEE (attuale art. 36 TFUE), il quale consente di derogare al divieto
2 Cattaneo S.., Cultura e patrimonio culturale, in Catalani A., Cattaneo S. (a cura di), I beni e le attività culturali, XXXIII
volume del Trattato di diritto amministrativo, diretto da G. Santaniello, Padova, 2002, p. 3 ss.
3 Scialla L., I beni culturali nell’azione comunitaria, in De Falco V., Amirante D. (a cura di) Tutela e valorizzazione dei beni
culturali, aspetti sovranazionali e comparati, Torino, G. Giappicchelli, 2005, pp.65 – 139.
9
di porre ostacoli al commercio tra gli Stati membri per motivi di protezione di beni che
posseggono valore storico, artistico o archeologico. L’articolo 36 CEE recita: “Le
disposizioni degli articoli da 30 a 34 inclusi lasciano impregiudicati i divieti o restrizioni
all’importazione, all’esportazione e al transito giustificati da motivi di moralità pubblica, di
ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di tutela della salute e della vita delle persone e degli
animali o di preservazione dei vegetali, di protezione del patrimonio artistico, storico o
archeologico nazionale, o di tutela della proprietà industriale e commerciale. Tuttavia, tali
divieti o restrizioni non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una
restrizione dissimulata al commercio tra gli Stati membri”. L’applicazione di tale articolo
genera inevitabilmente delle conflittualità tra la disciplina comunitaria e quella nazionale, sia
per quanto riguarda il riparto delle competenze statali e comunitarie, che per quanto riguarda
l’ampiezza della deroga al principio della libera circolazione delle merci. Il primo caso cui si
assiste riguarda proprio l’Italia, che, nel gennaio 1960 si vede recapitare dalla Commissione
un invito a sopprimere la tassa stabilita dall’articolo 37 della legge n. 10894, in quanto ritenuta
dazio doganale e quindi in contrasto con i principi del Trattato. Il 25 febbraio 1964,
considerato che il Governo italiano non aveva ancora adempiuto all’invito, in conformità con
l’articolo 169 CEE (art. 258 TFUE), la Commissione avvia un procedimento contro l’Italia,
cui lo Stato italiano risponde con osservazioni a riguardo, le quali non vengono accettate dalla
Commissione. Entro il 31 dicembre 1965, lo Stato italiano avrebbe dovuto sopprimere tale
tassa: non essendo stato rispettato tale obbligo, la Commissione sottopone il caso alla Corte di
Giustizia5. Nonostante il Governo italiano abbia continuato a sostenere le proprie tesi secondo
cui l’articolo 37 della legge n. 1089 non aveva un carattere fiscale ma solo di tutela del
patrimonio artistico, considerando le opere d’arte come merci diverse da quelle sottoponibili
al regime di libero scambio, la Corte di Giustizia sostiene invece che tutti i prodotti
pecuniariamente valutabili sono da considerare merci a tutti gli effetti, indipendentemente
dalle caratteristiche che le distinguono dagli altri beni commerciali. Tale pronuncia è da
considerarsi di vitale importanza, poiché chiarisce per la prima volta l’ambito di applicazione
dell’articolo 36 CEE, riconoscendo che esso lascia impregiudicati i divieti o le restrizioni
4 La legge n. 1089 del 1939 agli articoli 35 e 37 prevedeva un rigido regime per quanto riguarda l’esportazione dei beni
culturali. L’articolo 37, in particolare, stabiliva una tassa da pagare al momento della richiesta all’esportazione dall’8% al
30%.
5 Sentenza della Corte di Giustizia, Commissione delle Comunità europee c. Repubblica italiana, causa 7/68, del 10
dicembre 1968.
10
all’esportazione giustificati da motivi di protezione del patrimonio artistico, storico o
archeologico, purché tali restrizioni si distinguano nettamente dai dazi doganali e dalle
restrizioni analoghe, contrari ai principi comunitari. L’articolo 36 non ha lo scopo di riservare
certe materie alla competenza esclusiva degli Stati membri, ma ammette che le legislazioni
nazionali possano prevedere eccezioni al principio di libera circolazione delle merce, qualora
ci siano giustificati obiettivi da perseguire (passando quindi per una verifica preventiva di
legittimità, così come sancito dall’Atto Unico europeo del 1986). La sentenza si rivela molto
importante inoltre, proprio per il fatto che stabilisce l’inesistenza di differenze tra i beni
culturali e i beni commerciabili in genere, considerando i primi come merci a tutti gli effetti.
Dopo questa prima categorica pronuncia, la posizione della Corte di Giustizia si
ammorbidisce progressivamente, giungendo via via a considerare gli interessi culturali come
un “giustificato correttivo alla realizzazione delle politiche comunitarie, anche oltre lo
specifico caso previsto dall’articolo 36 del Trattato CEE6”. Al di là dell’esempio appena
illustrato relativo l’articolo 36 CEE e le sue implicazioni in ambito culturale, la realizzazione
del mercato interno ha determinato un inevitabile intervento comunitario in materia di cultura,
intervento che si realizza sia attraverso un’azione normativa diretta (direttiva 93/7/CEE,
regolamento CEE 3911/92, direttiva Televisione Senza Frontiere, di cui parleremo in modo
approfondito in seguito), sia sotto forma di atti giurisprudenziali prodotti dalla Corte di
Giustizia della Comunità. Senza dimenticare, inoltre, gli atti non vincolanti come i
comunicati, i libri verdi, le dichiarazioni d’intenti, i programmi d’azione che, prima
dell’entrata in vigore del Trattato di Maastricht, concorrono a comporre un quadro
disomogeneo - e inizialmente molto timido - di azioni comunitarie in ambito culturale. Tra
questi si può ricordare la comunicazione della Commissione “Community action in the
cultural sector7”, del 1977,con la quale s’introduce una distinzione tra “cultura” e “settore
culturale”, sostenendo che l’intervento comunitario in tale settore non possa definirsi una vera
e propria politica. In una comunicazione successiva8, la Commissione sottolinea che l’azione
comunitaria ambisce esclusivamente a facilitare la circolazione di beni culturali e a sostenere
lo sviluppo delle condizioni lavorative in tale settore, senza alcun potere esecutivo in capo 6 Scialla L., I beni culturali nell’azione comunitaria, cit 3,p. 73.
7 European Commission, Communication to the Council on community action in the cultural sector. COM (77) 560 final, 2
December 1977. Bulletin of the European Communities, Supplement 6/77.
8 European Commission, Communication to Parliament and the Council on a Stronger Community action in the cultural
sector, COM (82) 590 final, 16 October 1982.
11
agli Stati. Ecco perché le prime incursioni comunitarie in ambito culturale si mostrano così
caute e tuttavia spesso simboliche ed eclettiche. Ricordiamo ad esempio il “Green Paper on
the Establishment of the Common Market for Broadcasting, especially by Satellite and
Cable9” del 1984, attraverso il quale la Commissione Europea evidenzia il contributo
fondamentale alla coesione e allo sviluppo di un senso d’identità europea fornito dallo
sviluppo tecnologico in campo di telecomunicazioni ed emittenti televisive, il quale può
favorire la consapevolezza di un destino condiviso da parte dei cittadini europei in molte aree
d’integrazione e stimolare l’interesse negli affari comunitari. Tale Libro Verde è quello che
porterà, nel 1989 all’approvazione della Direttiva 89/552/CE “Televisione senza frontiere”.
Altre iniziative includono la creazione dell’orchestra giovanile europea nel 1978, il premio
europeo alla scultura, il programma per le città europee della cultura 10 , interventi non
organici nell’ambito della traduzione di opere letterarie e nella tutela architettonica. Nel corso
degli anni ottanta la Commissione avvia significative iniziative nei settori educativo e
audiovisivo, sostenuta dagli articoli del Trattato inerenti la libera circolazione , riaccendendo
l’attenzione sul valore economico dei beni e servizi culturali. Fino a giungere, con il
documento del 1987 dal titolo “A Fresh Boost for Culture in the European Community” a
concludere che: “ […] increased Community activity in the cultural sector is a political and
economic necessity given the twin goals of completing the internal market by 1992 and
progressing from a People's Europe to European Union11”. Tuttavia, come evidenziato da
alcuni autori12, in questa prima fase, ogniqualvolta i rappresentanti degli Stati si sono trovati
di fronte a progetti concreti in ambito culturale, “concerns over Community competence in
the cultural field, the appropriateness of the cultural objectives being pursued, or their
financial implications frequently surfaced to impede or block agreement”. Dunque i tentativi
della Commissione di rafforzare la propria azione in ambito culturale si scontrano col
consenso solo superficiale degli Stati membri e con un immediato richiamo alla difesa degli
9 European Commission, Green Paper on the Establishment of the Common Market for Broadcasting, especially by Satellite and Cable,
COM (84) 300 final, 14 june 1984.
10 Il tema delle Città europee della Cultura sarà approfondito nel capito 3, paragrafo 2.1.
11 European Commission, A Fresh Boost for Culture in the European Community , bulletin of the European Communities,
supplement 4/87, p 6.
12 Craufurd Smith R., Culture and European Union law, Oxford University press, 2004, p21
12
interessi nazionali nel momento in cui le istituzioni europee propongono interventi concreti.
Forse questo aspetto, più che una mancanza di basi giuridiche nei Trattati, è stato e continua
ad essere un freno all’azione comunitaria in ambito culturale. Inoltre l’azione comunitaria in
questo ambito ha sempre corso il rischio di sovrapporsi a quella di altre organizzazioni
internazionali, come ad esempio il Consiglio d’Europa e l’UNESCO. L’introduzione di un
articolo appositamente dedicato alla cultura non avviene fino al 1992, con il trattato di
Maastricht, oltretutto con forti limitazioni alla sua applicazione, imposti soprattutto dal Regno
Unito. Mentre ci concentreremo sulle azioni “dirette” comunitarie in ambito culturale nella
seconda parte di questo capitolo, nel prossimo paragrafo s’intende esaminare brevemente gli
articoli del Trattato CEE che entrano in contatto con le tematiche culturali e le posizioni
adottate dalla Corte di Giustizia per dirimere le controversie sorte in tale ambito.
1.1.1 Cultura e mercato comune: alcuni casi giurisprudenziali
Come abbiamo già visto in riferimento al caso Commissione contro Repubblica italiana13, i
manufatti artistici sono da considerare beni a tutti gli effetti e quindi, da sottoporre alla
normativa europea secondo gli artt. 30 e 34 CEE (attuali artt. 34 e 35 TFUE). Tuttavia,
proprio la presenza dell’articolo 36 CEE, porta necessariamente a tenere in considerazione il
valore “particolare” da assegnare a tali merci: la stessa Corte di Giustizia, in una serie di casi
riguardanti l’applicazione di regimi di tassazione favorevoli ai beni artistici, non può non
riconoscere, almeno implicitamente, la peculiarità degli oggetti d’arte14. In particolare, con la
decisione Giant Soft Fan15, la Corte riconosce la natura di opera d’arte del manufatto oggetto
della controversia e considera lecite le eccezioni alla tassazione ordinaria ad esso applicate.
Un caso giurisprudenziale da manuale che fa riferimento all’articolo 36 CEE, è quello che
vede contrapposte la Commissione e la Germania sul tema della composizione della birre
importate16, per cui le norme tedesche sulla purezza della birra - ereditate dal sedicesimo
secolo - impedivano la vendita di birre prodotte all’estero che non rispettassero la rigida 13
Commissione c. Repubblica italiana, cit. 5.
14 Si vedano i casi Erika Daiber contro Hauptzollamt Reutlingen, causa 200/84 del 1985, Onnasch contro Hauptzollamt
Berlin-Oackhof, causa 155/84 del 1985 e Clees contro Hauptzollamt Reutlingen, causa 259/97 del 1998.
15 Onnasch, cit. 14.
16 Sentenza della Corte di Giustizia, Commissione contro Germania , causa 178/84, del 1987.
13
composizione degli ingredienti imposta da tali norme. La Germania, chiamata a giustificare la
propria posizione, in tale occasione sostenne che tali norme avevano l’obiettivo di proteggere
i consumatori, oltre che di tutelare la salute pubblica. Un altro caso classico che si può
ricordare è quello che vede coinvolta l’Italia in merito alle restrizioni all’importazione della
pasta prodotta non con grano duro17. Anche in questa occasione la giustificazione riportata a
sostegno delle limitazioni fa riferimento alla protezione dei consumatori e della salute. Per
entrambe i casi la Corte dichiara la sproporzionalità delle misure nazionali e rigetta i ricorsi,
affermando che un’adeguata politica di etichettamento sia sufficiente ad informare e tutelare i
consumatori. L’aspetto interessante di questi casi e di altri molto simili, tuttavia risiede nel
fatto che molte delle limitazioni alla libera circolazione di beni vengono giustificate dagli
Stati membri adducendo motivazioni di stampo culturale: non si tratterebbe di reali minacce
alla salute pubblica, quanto di minacce ad “usanze” culturali, abitudini di vita (la pasta “al
dente”, la birra con una certa composizione), aspetti strettamente collegati all’identità
nazionale. In tale pratica la Corte di Giustizia ravvisa un potenziale rischio di
“cristallizzazione” delle abitudini dei consumatori che va a consolidare vantaggi riservati alle
industri nazionali. Rischio che, secondo la Corte, gli Stati devono evitare. Le conclusioni
giurisprudenziali della Corte, apparentemente guidate da valutazioni di natura commerciale e
di scelte razionali del consumatore, hanno in realtà significative ramificazioni culturali. I
principi comunitari relativi alla concorrenza e la creazione del mercato unico si applicano
ovviamente anche al settore della televisione, nonostante vi sia inizialmente un diffuso
consenso tra gli stati membri sul fatto che tale settore debba essere escluso dalle disposizioni
sul libero mercato. Nella sentenza Sacchi18, ad esempio, la Corte rigetta tale posizione,
sostenuta in quell’occasione dall’Italia, affermando che gli aspetti economici che
caratterizzano le attività di fornitura di programmi televisivi sono soggetti alle norme sulla
libera circolazione, secondo gli artt. 59 e 52 CEE (attuali artt. 56 e 49 TFUE) i quali
proibiscono le restrizioni alla libera prestazione dei servizi (art 59) e alla libertà di
stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro (art 52),
prescrizione, quest’ultima, che può potenzialmente essere applicata ai produttori televisivi19.
17
Sentenza della Corte di Giustizia, Drei Glocken and Kritzinger contro USL Centro-Sud e Bolzano, causa 407/85, del 1988.
18 Sentenza della Corte di Giustizia, Giuseppe Sacchi, causa 155/73 del 1974.
19 Ovviamente, anche le prescrizioni inerenti la libera circolazione delle merci, secondo gli artt. 30 e 34 CEE hanno effetti
sull’industria televisiva, ma meno incisivi.
14
In quanto considerata attività economica, all’industria televisiva si applicano anche le norme
relative alla concorrenza tra imprese previste dagli artt. 85 e 86 CEE20 (attuali artt. 101 e 102
TFUE) e, anche nei casi in cui le emittenti siano direttamente gestite dagli Stati o godano di
un regime fiscale eccezionale alla luce del loro ruolo pubblico rilevante, gli Stati membri non
possono emanare né mantenere alcuna misura contraria alle norme previste da tali articoli.
L’articolo 90 punto 1 CEE (attuale art 106 TFUE) prescrive infatti: “le imprese incaricate
della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio
fiscale sono sottoposte alle norme del presente trattato, e in particolare alle regole di
concorrenza”, sempre che l’applicazione di tali norme non impedisca il regolare svolgimento
delle funzioni specifiche loro affidate. Un’ulteriore obbligo per quanto riguarda la
concorrenza deriva dall’articolo 92 CEE (art 107 TFUE) che dichiara “incompatibili con il
mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi
dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune
imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza”. Come fanno
notare alcuni autori21 le norme economiche dei Trattati non hanno un reale impatto sulla
regolamentazione televisiva fino a quando la graduale liberalizzazione del mercato non fa
entrare soggetti privati in tale settore, mettendo in discussione le politiche culturali quasi-
monopolistiche poste in atto dagli Stati fino ad allora. E, quando questo accade, il
bilanciamento tra norme economiche e politiche culturali nazionali viene faticosamente
costruito attraverso le varie deroghe contenute nei Trattati stessi. Tuttavia, la stessa Corte di
Giustizia non è in grado di adottare una linea omogenea: gli obiettivi di politica culturale
nazionali possono costituire valide giustificazioni alla violazione delle norme Comunitarie
solo in alcuni casi. Così, ad esempio nel caso Commissione c. Belgio22 la Corte afferma
nettamente che gli obiettivi di politica culturale non ricadono in nessuna categoria di deroghe
ammesse dall’articolo 56 CEE (attuale art 52 TFUE), che acconsente ad un regime particolare
giustificato da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica. In altri 20 “Sono incompatibili con il mercato comune e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di
imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato comune”, articolo 85, punto 1, CEE; “È incompatibile con il mercato comune e vietato, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato comune o su una parte sostanziale di questo”, articolo 86 CEE. 21
Biondi A., The Gardener and other Stories: the Peregrinations of Cultural Artefacts within the European Union, in
Craufurd Smith R., Culture and European Union law, cit 12 , p. 183.
22 Sentenza della Corte di Giustizia, Commissione contro Regno del Belgio, causa C-211/91, del 16 dicembre 1992.
15
casi, tuttavia la posizione della Corte non è così esplicita in merito, limitandosi a rigettare i
ricorsi degli Stati sulla base di altre considerazioni e non pronunciandosi riguardo la natura
degli obiettivi di politica culturale23. La Commissione a questo punto, interviene chiarendo
alcuni aspetti riferiti ai pubblici servizi televisivi: nella sua Comunicazione sui servizi di
interesse generale del 199624, viene riconosciuto che la televisione possiede un carattere di
interesse generale secondo l’articolo 86 punto 2 TCE (ex art 90 CEE, e attuale art 106 TFUE),
alla luce del suo ruolo centrale nella trasmissione e nello sviluppo di valori sociali. Anche la
Corte, quindi, sembra accettare la potenziale applicabilità di tale articolo in difesa di obiettivi
culturali nel settore degli audiovisivi25. Tuttavia occorre porre attenzione sulla “potenziale”
ammissibilità di tale eccezione: un’esclusione a priori in conseguenza dell’articolo 86 punto 2
viene respinta dalla Corte, ad esempio nella sentenza Francia contro Commissione del 199126.
Infine, in riferimento all’articolo 92 CEE, alcuni tipi di provvedimenti, specificati al comma
2, costituiscono una eccezione completa al divieto di aiuti di Stato27, mentre altri, specificati
al comma 3, possono considerarsi compatibili a discrezione della Commissione. Con l’entrata
in vigore del Trattato di Maastricht, viene aggiunta la lettera (d) all’articolo 87.3 (ex art. 92
CEE, e attuale art. 107 TFUE), che prevede la potenziale compatibilità degli “aiuti destinati a
promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio”, tenendo fermo l’obbligo di non
alterare le condizioni degli scambi e della concorrenza nella Comunità. Tutte queste potenziali
deroghe possono ovviamente essere applicate solo a misure che siano proporzionate e
necessarie al raggiungimento degli obiettivi nazionali e il meno restrittive possibile dei
principi comunitari. Per ultimo occorre ricordare che le misure nazionali non devono essere in
23
Questo è accaduto nei casi Bond van Adverteerders, causa 352/85 del 1988 e Stichting Collective Antennevooziening
Gouda, causa C-288/89 del 1991, nei quali gli avvocati generali Mancini e Tesauro esprimono opinioni opposte in merito alla
eventuale natura di politica pubblica degli obiettivi culturali. Tuttavia, tali valutazioni non entrano a far parte delle
sentenze,che si limitano a concentrarsi sulla sproporzionalità delle misure nazionali adottate (nel primo caso) e sulle misure
non discriminatorie (nel secondo caso).
24 Commissione europea, Comunicazione sui servizi di interesse generale in Europa, GU C 281 del 26.9.1996.
25 Ad esempio, nel caso Sacchi, cit 17, o nel caso T-546/93, Metropole Television SA, Reti Televisive Italiane SpA, Gestevision
Telecinco SA e Antena 3 de Television contro Commissione, del 1996.
26 Sentenza della Corte di Giustizia, Francia contro Commissione, causa 202/88, del 1991.
27 “Sono compatibili con il mercato comune: a) gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che
siano accordati senza discriminazioni determinate dall'origine dei prodotti, b) gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali, c) gli aiuti concessi all'economia di determinate regioni della Repubblica federale di Germania che risentono della divisione della Germania, nella misura in cui sono necessari a compensare gli svantaggi economici provocati da tale divisione”, art. 92, punto 2 trattato CEE.
16
contrasto con i principi generali comunitari, categoria che include, ad esempio, i diritti
fondamentali così come enunciati dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU),
all’interno della quale il diritto alla libertà di espressione28 risulta evidentemente collegato alle
questioni inerenti il settore culturale e televisivo29. Date le varie linee di ragionamento
seguite dalla Corte nei casi in cui le considerazioni culturali sono state chiamate in causa,
qualsiasi conclusione definitiva riguardo l’atteggiamento ufficiale della Comunità Europea
prima dell’entrata in vigore dell’Articolo 151 è da considerarsi come provvisoria. Tuttavia
alcuni autori30 rilevano talune costanti che caratterizzano le sentenze della Corte: nei casi in
cui i beni o servizi sono considerati dallo Stato destinatario come intrinsecamente dannosi a
livello culturale (ad esempio a stampo pornografico) e nei casi in cui la pratica domestica è
considerata come costitutiva dell’identità nazionale o di importanza culturale fondamentale
(come ad esempio il linguaggio) la Corte ha mantenuto un atteggiamento deferente nei
confronti delle preoccupazioni di carattere culturale degli Stati. In tutte le altre circostanze,
ogni misura che semplicemente allontana i consumatori da beni o servizi stranieri alternativi,
è considerate come potenzialmente protezionista e quindi rigorosamente assoggettata ad una
verifica di proporzionalità. Tuttavia questi casi pongono l’attenzione non solo su come e
quanto la protezione della cultura possa essere utilizzata a giustificazione di misure che
limitano la circolazione di beni e servizi, ma, in modo più approfondito, sull’esigenza di uno
sguardo più ampio e inclusivo al concetto di cultura e di come questo meriti protezione
specifica nel paradigma comunitario.
1.2 Normative europee a tutela dei beni culturali
Con l’adozione di Schengen, mentre il regime interno di abolizione delle frontiere non
comporta l’abolizione in assoluto de i controlli interni, per cui l’eventuale attività di 28 “Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di
comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera”, art. 10, Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, Roma, 4 novembre 1950.
29 Vedere la sentenza della Corte di Giustizia Elliniki Radiophonia Tiléorassi AE contro Dimotiki Etairia Pliroforissis e Sotirios
Kouvelas, causa C-260/89, del 1991.
30 Craufurd Smith R., Culture and European Union law, cit 12, pag. 39
17
fuoriuscita di un bene da uno Stato membro verso un altro rimane illecita e quindi passibile di
sanzione (non certamente da parte dell’ufficio doganale di fuoriuscita, ma da parte dello Stato
membro ricevente), il regime previsto per le uscite dei beni verso paesi terzi rimane
immutato: autorizzazioni e controlli restano validi al fine di scoraggiare qualsiasi traffico
illecito. Tuttavia l’interpretazione su quanto controlli e regolamenti debbano essere limitativi
rimane competenza statale: i cosiddetti Stati-mercato, ossia quelli poveri di beni culturali, si
mostrano più orientati alla liberalizzazione degli scambi, mentre gli Stati-fonte, quelli con un
patrimonio artistico molto vasto, si mostrano maggiormente interessati a imporre restrizioni
impedendo la circolazione dei beni. La tutela di tali beni non poteva essere garantita a
sufficienza dalla ratifica della Convenzione UNESCO del 1970, relativa alle misure da
adottare per proibire e impedire l'importazione, l'esportazione e il trasferimento delle proprietà
illecite di beni culturali, e della Convenzione del Consiglio d'Europa del 1985 sulle infrazioni
riguardanti i beni culturali. In tale contesto di disomogeneità ed incertezza, si sono rese
necessarie misure d'accompagnamento del processo di completamento del mercato interno e
la predisposizione di mezzi supplementari per proteggere adeguatamente i beni culturali.
1.2.1 Regolamento CEE 3911/92 relativo all’esportazione di beni culturali
Il regolamento (CEE) n. 3911/92 , del 9 dicembre 199231 ha lo scopo di garantire un controllo
uniforme delle esportazioni di beni culturali verso paesi terzi32. Il regolamento si applica ai
beni culturali enumerati nel suo allegato, i quali sono divisi in 14 categorie (oggetti
archeologici, quadri, incisioni, libri, fotografie, ecc.). I criteri per la qualificazione di un "bene
culturale", variabili secondo la categoria, sono quello dell'età (più di 100, 75 o 50 anni,
secondo i casi) e quello del valore minimo (da 0 euro per taluni beni culturali considerati tali
anche se il loro valore è trascurabile o nullo, fino a 150.000 euro). L'esportazione dei beni
culturali contemplati dal regolamento è subordinata alla presentazione di una licenza di
31
Consiglio, Regolamento (CEE) n. 3911/92 relativo all'esportazione di beni culturali, del 9 dicembre 1992.
32 Per quanto riguarda le esportazioni all’interno dei confini europei, restano in vigore le legislazioni nazionali che
prevedono comunque varie tipologie di licenze all’esportazione. Per l’Italia, si tratta della legge 1089 del 1939, già citata per
quanto riguarda il caso 7/68, cit. 5. Per maggiori dettagli si può visitare il sito degli uffici esportazione del Ministero,
all’indirizzo http://www.pabaac.beniculturali.it/opencms/opencms/BASAE/sito-BASAE/mp/Uffici-musei-e-
monumenti/Uffici-esportazione/index.html
18
esportazione valida in tutta la Comunità (art.2, punto 2); tale licenza viene rilasciata dalle
autorità competenti dello Stato membro33, su richiesta dell'interessato. Lo stesso articolo 2
afferma inoltre che “l'autorizzazione di esportazione può essere rifiutata ai sensi del presente
regolamento, qualora i beni culturali in questione siano contemplati da una legislazione che
tutela il patrimonio nazionale avente valore artistico, storico e archeologico nello Stato
membro di cui trattasi”. La licenza di esportazione è presentata, a sostegno della dichiarazione
di esportazione, al momento dell'espletamento delle formalità doganali di esportazione, presso
l'ufficio doganale competente ad accettare tale dichiarazione (art. 4). Infine, nell'ambito
dell'applicazione del regolamento, l’articolo 6 prevede che gli Stati membri stabiliscano
attivamente “una cooperazione tra le autorità doganali e le autorità competenti” sul piano dei
loro rapporti reciproci e una collaborazione efficace con la Commissione, la quale deve essere
informata sulle misure che ogni Stato mette in atto in applicazione del regolamento, comprese
le misure sanzionatorie (decise autonomamente da ciascuno Stato, come previsto dall’articolo
9). Dalla sua adozione, il regolamento (CEE) n. 3911/92 è stato emendato più volte. A fini di
razionalità e chiarezza, è stato abrogato e sostituito dal regolamento CE n. 116/200934. Come
il precedente, anche il nuovo regolamento garantisce che le esportazioni di beni culturali siano
sottoposte a controlli uniformi alle frontiere esterne dell'Unione europea mediante le licenze
di esportazione. Le modifiche più rilevanti apportate riguardano l’elenco delle categorie di
beni contemplate dal regolamento, anche in questo caso contenuto in un allegato, e il
regolamento di esecuzione (UE) n. 1081/2012 della Commissione35, il quale stabilisce le
norme che disciplinano la redazione, il rilascio e l'utilizzo delle licenze di esportazione di cui
al regolamento (CE) n. 116/2009. Esso specifica le tipologie di licenza da rilasciare, il loro
utilizzo ed il loro periodo di validità. Vi sono tre tipi di licenza:
- licenza normale: utilizzata in circostanze normali per ogni esportazione soggetta al
regolamento (CE) n. 116/2009 e valida per 1 anno;
33
L’elenco aggiornato delle autorità nazionali competenti è pubblicato sulla Gazzetta ufficiale C 164 del 16.7.2009. Per
l’Italia sono designati vari uffici di esportazione, disseminati lungo tutto il territorio nazionale. L’elenco è consultabile
all’indirizzo http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/ALL/?uri=CELEX:52009XC0716%2802%29.
34 Consiglio, Regolamento (CE) n. 116/2009 relativo all'esportazione di beni culturali, del 18 dicembre 2008.
35 Commissione europea, Regolamento di esecuzione (UE) n. 1081/2012 recante disposizioni d’applicazione del regolamento
(CE) n. 116/2009 del Consiglio relativo all’esportazione di beni culturali, del 9 novembre 2012.
19
- licenza aperta specifica: concerne l'esportazione temporanea ripetuta di uno specifico
bene culturale da parte del suo proprietario per l'utilizzo e/o l'esposizione in paesi terzi
ed è valida per 5 anni;
- licenza aperta generale: rilasciata ad un museo o ad altri enti per quanto riguarda
l'esportazione temporanea di qualsiasi merce appartenente alla loro collezione
permanente che sia esportata temporaneamente dall'Unione in un paese terzo per
l'esposizione su base regolare. La licenza è valida per 5 anni.
Anche dopo le modifiche, compete agli Stati membri determinare le sanzioni da
somministrare in caso di violazione delle norme del presente regolamento, le quali devono
essere ovviamente efficaci, proporzionate e dissuasive. Nel maggio 1999 la Commissione ha
sottoposto gli Stati ad un questionari valutativo relativo l'applicazione del regolamento. Il
giudizio degli Stati membri36, espresso nelle risposte al questionario e, più in generale, sul
funzionamento del sistema, è quasi all'unanimità positivo per quanto riguarda la
sensibilizzazione dei protagonisti del commercio internazionale, ma con qualche riserva sulla
reale diminuzione del numero delle esportazioni illecite. L'applicazione del regolamento ha
avuto il vantaggio di richiamare l'attenzione delle amministrazioni e delle autorità doganali
responsabili sull'importanza del mondo dell'arte e in particolare sull'esistenza di un
commercio illegale di beni culturali. Tuttavia, quest'interesse non ha avuto effetti concreti.
L'efficacia dei controlli doganali sull'esportazione dei beni culturali verso i paesi terzi varia in
funzione dell'atteggiamento e del comportamento degli Stati membri nei confronti dei vari
aspetti della cultura e dell'arte. Nella relazione, la Commissione evidenzia che, se da un lato
ha permesso di uniformare a livello comunitario le formalità e la documentazione necessarie
per l'esportazione dei beni culturali, d’altro canto il regolamento non è stato accompagnato da
un reale cambiamento dei comportamenti e degli atteggiamenti nel senso di una vera
protezione comunitaria dei beni culturali. Infatti, la protezione dei beni culturali è rimasta
incentrata sui beni appartenenti al patrimonio nazionale. Una delle difficoltà più spesso
riscontrate dagli Stati deriva dal fatto che il regolamento prevede che la licenza d’esportazione
sia concessa dallo Stato in cui il bene si trova: se tale bene è precedentemente uscito
illecitamente da uno stato diverso da quello in cui si trova al momento della richiesta, e 36
Commissione europea, Relazione al Consiglio, al Parlamento Europeo e al Comitato economico e sociale su l'applicazione
del regolamento (CEE) n. 3911/92 del Consiglio relativo all'esportazione di beni culturali e della direttiva 93/7/CEE del
Consiglio relativa alla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro, COM/2000/0325
def.
20
l'uscita illecita non ha potuto essere individuata, l'efficacia del dispositivo comunitario di
protezione è indebolita.
1.2.2 Direttiva CEE 93/7 sulla restituzione dei beni culturali
Dopo l’introduzione del regolamento n. 3911/92 relativo all'esportazione di beni cultural, si
ravvisa la necessità di istituire un sistema che permetta agli Stati membri di ottenere la
restituzione dei beni culturali classificati come beni del patrimonio nazionale ai sensi
dell'articolo 36 del trattato CEE e che siano usciti dal loro territorio in violazione delle
disposizioni nazionali o di tale regolamento. Con la direttiva CEE/93/737, riguardante la
restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro, s’intende
quindi istituire un sistema comunitario integrato a tutela dei beni culturali degli Stati membri.
Considerando la difficoltà di dare una definizione univoca di “bene culturale”, la direttiva
affida tale incombenza agli Stati membri e, all’articolo 1, dichiara che viene considerato
“bene culturale” qualsiasi bene:
- Qualificato tra i « beni del patrimonio nazionale aventi un valore artistico, storico o
archeologico », in applicazione della legislazione nazionale o delle procedure
amministrative nazionali, ai sensi dell'articolo 36 del Trattato CEE;
- appartenente ad una delle categorie di cui all'allegato38 alla direttiva, o pur non
rientrando in una di queste categorie, facente parte delle collezioni pubbliche figuranti
37
Consiglio, Direttiva 93/7/CEE, relativa alla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato
membro, 15 marzo 1993, consultabile all’indirizzo http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:31993L0007.
38 Allegato: categorie che sono contemplate dall'articolo 1, punto 1, secondo trattino ed a cui devono appartenere, per
poter essere restituiti, conformemente alla presente direttiva, i beni classificati come beni del « patrimonio nazionale » ai sensi dell'articolo 36 del Trattato CEE A. 1. Reperti archeologici aventi più di 100 anni provenienti da: scavi e scoperte terrestri o sottomarine; siti archeologici; collezioni archeologiche. 2. Elementi, costituenti parte integrante di monumenti artistici, storici o religiosi e provenienti dallo smembramento dei monumenti stessi, aventi più di 100 anni. 3. Quadri e pitture fatti interamente a mano su qualsiasi supporto e con qualsiasi materiale. 4. Mosaici diversi da quelli delle categorie 1 e 2 disegni fatti interamente a mano su qualsiasi supporto e con qualsiasi materiale. 5. Incisioni, stampe, serigrafie e litografie originali e relative matrici, nonché manifesti originali. 6. Opere originali dell'arte statuaria o dell'arte scultoria e copie ottenute con il medesimo procedimento dell'originale (1), diverse da quelle della categoria 1. 7. Fotografie, film e relativi negativi. 8. Incunaboli e manoscritti, comprese le carte geografiche e gli spartiti musicali, isolati o in collezione. 9. Libri aventi più di 100 anni, isolati o in collezione. 10. Carte geografiche stampate aventi più di 200 anni. 11. Archivi e supporti, comprendenti elementi di qualsiasi natura aventi più di 50 anni. 12. a) Collezioni ed esemplari provenienti da collezioni di zoologia, botanica, mineralogia, anatomia. b) Collezioni aventi interesse storico, paleontologico, etnografico o
21
negli inventari dei musei, degli archivi e dei fondi di conservazione delle biblioteche e
degli inventari delle istituzioni ecclesiastiche.
È interessante notare che un bene può essere classificato come patrimonio nazionale anche
dopo essere uscito dal territorio dello Stato membro e che quest’ultimo può estendere il
campo di applicazione del regime di restituzione anche ai beni non compresi nelle categorie di
beni culturali contemplate dall'allegato39. Così come prescritto dall’articolo 1, punto 2, la
direttiva si applica nei casi in cui tali beni abbiano lasciato illegalmente il territorio di un
paese membro, vale a dire in violazione della legislazione nazionale vigente,del regolamento
(CEE) n. 3911/92, oppure violando le condizioni di un'autorizzazione temporanea rilasciata.
La restituzione del bene deve avvenire sia che tale bene sia stato trasferito all'interno
dell’Unione, sia che sia stato prima esportato verso un paese terzo e successivamente
importato in un altro membro paese dell’UE. Per adempiere agli obblighi della direttiva,
“Ciascuno Stato membro designa una o più autorità centrali per l'esercizio delle funzioni
previste” (art. 3), l'elenco aggiornato delle quali è pubblicato dalla Commissione sulla
Gazzetta ufficiale delle Comunità europee40. Si rende quindi necessaria una costante
cooperazione tra le autorità competenti dei diversi Stati: al fine di garantire la restituzione di
un bene culturale, l’articolo 4 elenca una serie di funzioni che devono essere svolte proprio da
tali autorità41. All’articolo 5, si sottolinea che tribunali competenti per poter ordinare la
numismatico. 13. Mezzi di trasporto aventi più di 75 anni. 14. Altri oggetti di antiquariato, non contemplati dalle categorie A 1-A 13, aventi più di 50 anni. Direttiva 93/7/CEE, cit. 37.
39 La direttiva è applicabile ai beni culturali che hanno lasciato in maniera illegale il territorio di un paese della Comunità
dopo il 1° gennaio 1993. Tuttavia, i paesi membri sono liberi di estendere il campo di applicazione della normativa ai beni
che hanno lasciato il loro territorio prima del 1° gennaio 1993, articolo 14, Direttiva 93/7/CEE, cit. 34.
40 Per l’Italia: “L'autorità centrale prevista dall'articolo 3 della direttiva CEE è per l'Italia il Ministero. Esso si avvale, per i vari
compiti indicati nella direttiva, dei suoi organi centrali e periferici, nonché della cooperazione degli altri Ministeri, degli altri organi dello Stato, degli enti territoriali e degli altri enti locali. Legge 30 marzo 1998, n. 88, Norme sulla circolazione dei beni
culturali, art. 3.1, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 84 del 10 aprile 1998.
41 “Le autorità centrali degli Stati membri cooperano e promuovono la consultazione tra le autorità competenti degli Stati
membri. Queste ultime assolvono in particolare i seguenti compiti: 1) individuare, su domanda dello Stato membro richiedente, un determinato bene culturale uscito illecitamente dal territorio di detto Stato, nonché localizzarlo e identificarne il possessore e/o detentore. La domanda deve comprendere qualsiasi informazione utile per agevolare tale ricerca, in particolare riguardante la localizzazione vera o presunta del bene; 2) effettuare una notifica agli Stati membri interessati quando è ritrovato un bene culturale nel loro proprio territorio e sussistono validi motivi per ritenere che detto bene sia uscito illecitamente dal territorio di altro Stato membro; 3) facilitare la verifica, da parte delle autorità competenti dello Stato membro richiedente, che il bene in questione costituisce un bene culturale purché tale operazione venga effettuata entro due mesi dalla notifica prevista al punto 2. Qualora la verifica non sia effettuata entro il termine stabilito, i punti 4 e 5 non sono più d'applicazione; 4) prendere, ove occorra, in cooperazione con lo Stato membro interessato, le misure necessarie per la conservazione materiale del bene culturale; 5) impedire, mediante i necessari provvedimenti
22
restituzione del bene allo Stato membro richiedente in caso di rifiuto da parte del
possessore/detentore di riconsegnare il bene, sono i tribunali dello Stato membro cui è stata
notificata la richiesta; allo stesso modo, è la legislazione del paese cui è stata inoltrata la
richiesta che regolamenta l'onere della prova. La direttiva prevede inoltre che i soggetti
legittimati a presentare l'istanza di restituzione siano unicamente gli Stati membri, infatti, il
privato proprietario di un bene culturale può esperire nei confronti del possessore soltanto le
azioni previste dal diritto comune. L'azione di restituzione si prescrive decorso un anno dalla
data in cui il paese dell’UE richiedente è venuto a conoscenza dell'ubicazione del bene e
dell'identità del suo possessore o detentore (articolo 7). Inoltre, per essere ricevibile, la
richiesta deve essere accompagnata da un documento che descriva chiaramente l’oggetto della
richiesta e nel quale si dichiari che si tratta di un bene culturale ai sensi della direttiva, oltre
che da una dichiarazione delle autorità competenti del paese richiedente che confermino
l'uscita illegale del bene culturale dal territorio (art. 5). L’articolo 9 prescrive che “qualora sia
ordinata la restituzione del bene, il giudice competente dello Stato richiesto accorda al
possessore l'indennizzo che ritenga equo in base alle circostanze del caso concreto”, sempre
che il possessore dimostri che egli abbia usato la dovuta diligenza in occasione dell'acquisto.
Tale indennità deve essere pagata dal paese richiedente, il quale può rivalersi peraltro sulle
persone responsabili dell'uscita illegale. Dopo la restituzione, la proprietà del bene è
regolamentata dalla legislazione del paese richiedente (art. 12). Infine, l’articolo 16 invita i
paesi membri a inviare ogni tre anni alla Commissione una relazione sull'applicazione della
direttiva, in base alla quale la Commissione pubblica successivamente una relazione al
Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo. L’ultima
relazione è stata presentata dalla Commissione nel 201342 e può risultare interessante
riassumerne di seguito i punti salienti. Tenendo ferma la considerazione generale di necessità
della direttiva, considerando tuttavia i punti deboli rilevati dalle relazioni precedente, la
Commissione aveva costituito nel 2009 il gruppo di lavoro Return of cultural goods,
composto da rappresentanti delle autorità nazionali incaricate dell'applicazione della direttiva.
provvisori, che il bene culturale venga sottratto alla procedura di restituzione; 6) svolgere il ruolo d'intermediario tra il possessore e/o detentore e lo Stato membro richiedente ai fini della restituzione. In tale senso, le autorità competenti dello Stato membro richiesto possono agevolare, fatto salvo l'articolo 5, l'esecuzione di una procedura di arbitrato, conformemente alla legislazione nazionale dello Stato richiesto e a condizione che lo Stato richiedente ed il possessore o detentore vi diano formalmente il proprio accordo”, art. 4, Direttiva 93/7/CEE, cit. 37.
42 Commissione europea, Quarta relazione sull’applicazione della direttiva 93/7/CEE del Consiglio relativa alla restituzione
dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro, Bruxelles, 30 maggio 2013, COM(2013) 310 final.
23
Il gruppo aveva i compiti di identificare i principali problemi posti dall'attuazione della
direttiva e di proporre soluzioni efficaci ed accettabili per un'eventuale revisione. Nel 2011 il
gruppo di lavoro ha concluso che fosse necessario rivedere la direttiva 93/7/CEE al fine di
rendere più efficace il dispositivo di restituzione dei beni culturali classificati come
“patrimonio nazionale”. I membri del gruppo hanno inoltre raggiunto conclusioni
sull'eventualità di utilizzare altri strumenti non legislativi per migliorare la cooperazione e lo
scambio di informazioni tra le autorità competenti e contribuire in tal modo ad agevolare la
restituzione dei beni culturali. Considerando le relazioni inviate alla Commissione ogni tre
anni, Gli Stati membri riferiscono che essi non dispongono di informazioni su tutti i beni
culturali usciti in modo illecito dal loro territorio43: risulta pertanto difficile per loro valutare
se tale fenomeno sia in crescita o in diminuzione. Tendenzialmente gli Stati rilevano
l’applicazione poco frequente della direttiva, in particolare dell'azione di restituzione,
identificando nel limitato numero di categorie di beni ammesso dall’allegato e nel breve
tempo disponibile per intentare l’azione di restituzione, delle limitazioni forti. Emergono
inoltre difficoltà inerenti l’identificazione del tribunale competente in un altro Stato membro e
ai costi finanziari collegati alla restituzione. Tendenzialmente, dalle relazioni degli Stati
Membri, emerge che le restituzioni avvenute in via amichevole sono più frequenti di quelle
per via giurisdizionale44 e che le condizioni restrittive della direttiva obbligano talvolta il
ricorso a convenzioni internazionali per i recupero dei beni45. Tuttavia gli Stati Membri
rilevano un progressivo miglioramento della cooperazione amministrativa e dello scambio di
informazioni tra le autorità centrali degli Stati membri, anche se tutt’ora limitato da
disomogeneità e da ostacoli linguistici. Il procedimento di revisione della direttiva 93/7/CEE
è iniziato nel 2009, inoltre, nel quadro dell’Agenda europea della cultura (cfr. cap. 3, par. 2) e
del piano di lavoro 2008-2010, è stato creato un gruppo di esperti nazionali che ha lavorato
43
Solo alcuni Stati, come la Repubblica Ceca, la Grecia, l’Ungheria e la Romania, hanno fornito un elenco degli oggetti usciti
illegalmente che sono stati identificati in altri stati membri e dei beni di provenienza illegale ritrovati nei loro territori. È così
anche per l’Italia, che ha fornito informazioni sugli oggetti usciti illegalmente (10.372 tra il 2008 3 il 2011), Commissione,
Quarta relazione sull’applicazione della direttiva 93/7/CEE, cit. 42.
44 Le relazioni degli Stati informano che sono state presentate sei domande di restituzione, una delle quali è stata respinta,
Commissione, Quarta relazione sull’applicazione della direttiva 93/7/CEE, cit. 42.
45 Ad esempio, Bulgaria e Polonia indicano di aver ottenuto restituzioni attraverso la Convenzione UNESCO (Convenzione
UNESCO concernente le misure da adottare per interdire e impedire l’illecita importazione, esportazione e trasferimento di
proprietà dei beni culturali, del 1970; approfondita di seguito, al cap. 4, par. 3.1.1), e la Romania segnala la restituzione di
235 oggetti mediante la convenzione UNIDROIT (Convenzione UNIDROIT sugli oggetti culturali rubati o esportati
illegalmente, del 1995), Commissioneeuropea, Quarta relazione sull’applicazione della direttiva 93/7/CEE, cit. 42.
24
sul tema del miglioramento della circolazione delle opere d’arte (si tratta del gruppo “Mobilità
delle collezioni”, all’interno del quadro del Metodo aperto di coordinamento) e che ha
continuato a lavorare sul tema anche nella fase successiva del piano di lavoro a favore della
cultura46.
1.3 Direttiva 89/552/CEE ,Televisione senza Frontiere
Molte politiche comunitarie hanno un evidente impatto diretto o indiretto sulle imprese che
operano nel settore dell’audiovisivo: ad esempio il divieto posto dal Trattato agli aiuti di Stato
che alterino la concorrenza (art. 87 TCE, attuale art. 107 TFUE ) trova una eccezione nel caso
dei "servizi di interesse economico generale", che comprendono anche i servizi pubblici delle
trasmissioni47, così come un certo numero di strumenti giuridici comunitari contribuisce in
maniera più o meno diretta al perseguimento degli obiettivi di tutela del pluralismo dei media
(compito che spetta essenzialmente agli Stati membri48), della concorrenza e della protezione
dei consumatori. Senza dimenticare che il settore europeo dell'audiovisivo ha potuto usufruire
nel corso degli anni di meccanismi comunitari di sostegno (programma MEDIA, cfr. capitolo
3, par. 3.4). Le attività televisive, indipendentemente dal loro contenuto culturale,
costituiscono un servizio e, come tale, ai sensi del trattato, la loro libera circolazione deve
essere garantita senza esclusioni e senza restrizioni per i cittadini degli Stati membri stabiliti
in qualsiasi paese della Comunità diverso da quello cui il servizio è destinato. A livello
comunitario, tuttavia, è stato rilevato che le disposizioni legislative, regolamentari ed
amministrative degli Stati membri applicabili all'esercizio di emissioni televisive e di
distribuzione via cavo presentano disparità che possono ostacolare la libera circolazione delle
46
I lavori del gruppo vertono sui mezzi per semplificare le procedure di prestito delle opere d’arte nell’ambito dell’Unione,
sono consultabili all’indirizzo : http://ec.europa.eu/culture/our-policy-development/policy-documents/omc-working-
groups_en.htm.
47 Una comunicazione della Commissione del novembre 2001 chiarisce i criteri d'applicazione delle regole di concorrenza
nei servizi pubblici delle trasmissioni: Commissione europea, Comunicazione relativa all'applicazione delle norme sugli aiuti
di Stato al servizio pubblico di radiodiffusione, (2001/C 320/04), novembre 2001, consultabile all’indirizzo http://eur-
lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?qid=1422876737253&uri=CELEX:52001XC1115%2801%29
48 Commissione europea, Libro verde sui servizi di interesse generale, maggio 2003, COM/2003/0270 def.
25
trasmissioni nella Comunità e falsare la concorrenza nel mercato comune. La comunità ha
quindi ritenuto che lo strumento più efficace per eliminare le distorsioni e, allo stesso tempo,
coordinare le legislazioni in tale ambito, fosse quello della direttiva. Da qui prende forma la
Direttiva 89/552/CEE49, che si pone l’obiettivo di garantire la libera circolazione dei servizi
televisivi nell'ambito del mercato interno, tutelando nel contempo obiettivi d'interesse
pubblico, come la diversità culturale, il diritto di rettifica, la tutela dei consumatori e la
protezione dei minori. Si prefigge inoltre la finalità di promuovere la distribuzione e la
produzione dei programmi televisivi europei riservando loro una quota maggioritaria nel
quadro dei programmi delle reti televisive. Sostanzialmente la direttiva dispone che tutte le
trasmissioni televisive, sia quelle sottoposte alla giurisdizione di uno Stato, sia quelle
semplicemente trasmesse via satellite in tale Stato, rispettino il medesimo diritto applicabile
alle trasmissioni destinate al pubblico in tale Stato membro. Così, come prescritto
dall’articolo 2 della Direttiva, “gli Stati membri assicurano la libertà di ricezione e non
ostacolano la ritrasmissione sul proprio territorio di trasmissioni televisive provenienti da altri
Stati membri”, se non per motivi di tutela dei minori e per impedire la trasmissione di
programmi che incitino all'odio basato su differenze di razza, sesso, religione o nazionalità
(art. 22 Direttiva). Il testo della direttiva si compone di sette capitoli, il primo dei quali è
dedicato a fornire alcune definizioni che identificano cosa s’intenda a livello comunitario con
i termini trasmissione televisiva, pubblicità televisiva, pubblicità clandestina e
sponsorizzazione50. Il secondo capitolo enuncia i principi generali della direttiva, di cui
abbiamo già parlato, mentre merita attenzione il terzo capitolo, dedicato alla promozione dei
programmi televisivi di interesse europeo: “gli Stati membri vigilano, ogniqualvolta sia 49
Consiglio, Direttiva 89/552/CEE relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e
amministrative degli Stati Membri concernenti l'esercizio delle attività televisive, 3 ottobre 1989, consultabile all’indirizzo
http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?qid=1422706359568&uri=CELEX:31989L0552.
50 “Per « trasmissione televisiva » si intende la trasmissione, via cavo o via etere, nonché la trasmissione via satellite, in
forma non codificata o codificata, di programmi televisivi destinati al pubblico. Il termine suddetto comprende la comunicazione di programmi effettuata tra le imprese ai fini della ritrasmissione al pubblico. Per « pubblicità televisiva » si intende ogni forma di messaggio televisivo trasmesso dietro compenso o pagamento analogo da un'impresa pubblica o privata nell'ambito di un'attività commerciale, industriale, artigiana o di una libera professione, allo scopo di promuovere la fornitura, dietro compenso, di beni o di servizi, compresi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni. Per « pubblicità clandestina » si intende la presentazione orale o visiva di beni, di servizi, del nome, del marchio o delle attività di un produttore di beni o di un fornitore di servizi in un programma, qualora tale presentazione sia fatta intenzionalmente dall'emittente per perseguire scopi pubblicitari e possa ingannare il pubblico circa la sua natura. Per « sponsorizzazione » si intende ogni contributo di un'impresa pubblica o privata, non impegnata in attività televisive o di produzione di opere audiovisive, al finanziamento di programmi televisivi, allo scopo di promuovere il suo nome, il suo marchio, la sua immagine, le sue attività o i suoi prodotti” Art. 1 Direttiva 89/552/CEE cit. 49.
26
possibile e ricorrendo ai mezzi appropriati, che le emittenti televisive riservino ad opere
europee la maggior parte del loro tempo di trasmissione” (art. 4, punto 1) e “gli Stati membri
vigilano, ogniqualvolta sia possibile e ricorrendo ai mezzi appropriati, che le emittenti
televisive riservino alle opere europee realizzate da produttori indipendenti dalle emittenti
stesse il 10 % almeno del loro tempo di trasmissione” (art. 5). Dunque emerge l’esigenza di
stimolare un senso di cittadinanza europea anche attraverso il supporto fisico costituito dalla
televisione, il quale, almeno nelle intenzioni, diventa vero e proprio strumento culturale. È
evidente come Commissione e Stati membri siano costretti a collaborare, la prima esercitando
un costante controllo, i secondi fornendo ogni due anni una relazione che presenti una
rassegna statistica della realizzazione degli obiettivi di cui agli artt. 4 e 5. Per quanto concerne
pubblicità e sponsorizzazioni, il capitolo quarto della direttiva prescrive che la pubblicità sia
ben distinta e riconoscibile dal resto delle trasmissioni, che non sia clandestina né costituita da
messaggi subliminari (art. 10), stabilisce gli intervalli temporali tra un’interruzione
pubblicitaria e l’altra (art. 11) e impone divieti a spot offensivi o discriminanti (art. 12), oltre
che a messaggi che pubblicizzano il tabacco (art. 13). Nella medesima sezione, rientrano
anche le disposizioni riguardanti i programmi sponsorizzati, le quali sanciscono che la
sponsorizzazione di programmi televisivi è ammessa a condizione che rispetti determinate
regole: non deve essere compromessa l'indipendenza editoriale dell'emittente, le trasmissioni
sponsorizzate non devono sollecitare l'acquisto dei prodotti o dei servizi dello sponsor e,
infine, telegiornali e trasmissioni di informazione politica non possono essere sponsorizzati
(art. 17). Il capitolo quinto illustra le linee guida per quanto riguarda la tutela dei minori e
infine, il sesto capitolo sancisce il diritto di rettifica che può essere esercitato nei confronti di
tutte le emittenti soggette alla giurisdizione di uno Stato membro nel caso in cui i diritti
legittimi di una persona vengano lesi in seguito a un'affermazione non veritiera contenuta in
un programma televisivo (art. 23). Nel giugno 1997 il Parlamento europeo e il Consiglio
hanno adottato una nuova direttiva Televisione senza frontiere51 che mira a rafforzare la
sicurezza giuridica e a modernizzare le disposizioni originarie della direttiva 89/552/CE. I
principali elementi della revisione vertono su:
51
Parlamento europeo e Consiglio, Direttiva 97/36/CE che modifica la direttiva 89/552/CEE del Consiglio relativa al
coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti
l'esercizio delle attività televisive, 30 giugno 1997.
27
- principio di giurisdizione, per cui lo Stato membro competente per le reti televisive
viene determinato in funzione del luogo in cui si trova la sede sociale effettiva e del
luogo in cui vengono prese le decisioni editoriali in merito al palinsesto (art. 2,
direttiva 97/36/CE);
- eventi di particolare rilevanza per la società (in particolare, manifestazioni sportive),
per i quali vengono stabilite le condizioni che consentono al pubblico di accedere
liberamente alla trasmissione di eventi rilevanti, anche se sono stati acquistati diritti
esclusivi da reti a pagamento (art. 3 bis);
- televendite, le quali vengono sottoposte alla maggior parte delle regole che
disciplinano la pubblicità televisiva (capitolo IV);
- tutela dei minori, per cui gli Stati membri devono controllare che i programmi
potenzialmente nocivi allo sviluppo dei minori, trasmessi in chiaro, siano preceduti da
un idoneo segnale acustico o identificati da un simbolo visibile (art. 22).
È evidente che la direttiva TsF abbia avuto un impatto tangibile sia per quanto riguarda la
realizzazione del mercato interno nel settore delle emittenti televisive, sia per quanto concerne
la qualità dei prodotti realizzati a livello europeo e diffusi poi in modo standardizzato (qualità
a volte discutibile). Come evidenziato dalla quinta relazione della Commissione
sull'attuazione della direttiva 89/552/CEE52 , “la direttiva Televisione senza frontiere continua
a garantire correttamente la libertà di prestazione di servizi televisivi nell'Unione europea. Gli
obiettivi fondamentali di interesse pubblico che la direttiva mira a salvaguardare con
l'istituzione di un'armonizzazione minima del mercato interno restano validi. La direttiva
garantisce una regolamentazione efficace del settore audiovisivo europeo […]”. Emerge
tuttavia, la necessità di riesaminare il quadro normativo e di aggiornarlo, soprattutto alla luce
degli enormi sviluppi tecnologici del mercato: dunque, in abrogazione della direttiva del
1989, nel 2010 Parlamento e Consiglio emanano una nuova direttiva, denominata Direttiva
sui servizi di media audiovisivi53, la quale anzitutto riconosce la crescente convergenza tra
emittenza tradizionale e universo digitale, evidenziando la necessità di elaborare un quadro
52
Commissione, Quinta Relazione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al
Comitato delle regioni sull'attuazione della direttiva 89/552/CEE "Televisione senza frontiere", [SEC(2006) 160]
53 Parlamento europeo e Consiglio, Direttiva 2010/13/UE relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative,
regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi (direttiva sui servizi
di media audiovisivi), 10 marzo 2010, consultabile all’indirizzo http://eur-lex.europa.eu/legal-
content/IT/TXT/?uri=CELEX:32010L0013.
28
normativo omogeneo riguardante le attività di trasmissione che tenga conto dell’impatto dei
cambiamenti strutturali, della diffusione delle tecnologie dell’informazione e della
comunicazione e delle innovazioni tecnologiche sui modelli d’attività, in particolare sul
finanziamento della radiodiffusione commerciale. Al di là del contenuto di tale direttiva, per il
quale rimando al testo integrale, è interessante notare alcuni aspetti sottolineati nella parte
introduttiva al testo della direttiva stessa. Anzitutto viene riconosciuta la doppia natura di tale
settore: “I servizi di media audiovisivi sono nel contempo servizi culturali ed economici.
L’importanza crescente che rivestono per le società, la democrazia - soprattutto a garanzia
della libertà d’informazione, della diversità delle opinioni e del pluralismo dei mezzi di
informazione -, l’istruzione e la cultura giustifica l’applicazione di norme specifiche a tali
servizi” (quarto considerando della Direttiva 2010/13/UE). Tale riconoscimento è una chiara
dimostrazione dell’evoluzione avvenuta nel contesto comunitario in merito al valore da
attribuire alla produzione culturale, e viene sottolineato anche dal punto successivo della
direttiva, il quale ricorda il legame esistente tra l’azione dell’Unione e gli aspetti culturali,
sancito dall’articolo 167, paragrafo 4 del Trattato sul funzionamento dell’UE (quinto
considerando).
29
CAPITOLO 2
LA POLITICA CULTURALE EUROPEA DOPO L’ENTRATA IN VIG ORE DEL TRATTATO DI MAASTRICHT
2.1 Introduzione dell’articolo 151
La materia culturale entra a far parte delle competenze comunitarie con l’adozione del
Trattato di Maastricht che introduce diverse disposizioni ad hoc: l'articolo 3, lett.q, che
introduce di fatto la cultura tra gli scopi comunitari, in base al quale l'azione della Comunità
comporta un contributo ad un'istruzione e ad una formazione di qualità e al pieno sviluppo
delle culture degli Stati membri (attuale art. 3 TUE, “obiettivi”); l'articolo 87, par. 3, lett. d),
per cui possono considerarsi compatibili con il mercato comune gli aiuti destinati a
promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, quando non alterino le condizioni
degli scambi e della concorrenza nella Comunità (attuale art. 107, punto 3, lett d) TFUE); e
infine l’articolo 128 del Trattato di Maastricht, unico articolo facente parte del Titolo IX
intitolato “Cultura”. In seguito alle modifiche apportate dal Trattato di Amsterdam, nella
versione consolidata del trattato CE del 1997, la politica culturale è disciplinata dall’articolo
151 (attuale art. 167 TFUE. D’ora in poi, per comodità utilizzeremo la denominazione
“articolo 151”). Le stesse istituzioni comunitarie, in diverse occasioni54, evidenziano i limiti
intrinseci dell’articolo 151: la Commissione, nella sua comunicazione concernente le
prospettive per l’azione della Comunità nel settore culturale del 1993, afferma che tale
disposizione presenta “alcune ambiguità, derivanti dal tentativo di conciliare i fautori
dell’ampliamento delle competenze della comunità con coloro che desiderano limitarle e
restringerle”. Analizzando l’articolo 151 si evince che alla Comunità è affidato il compito di
contribuire al pieno sviluppo delle culture degli Stati, soprattutto sostenendo il retaggio
culturale comune. La funzione della norma appare quindi duplice: da un lato, dall'uso del
plurale "culture", a carattere orizzontale, si deduce che l’azione comunitaria dovrebbe
coniugare il pluralismo culturale degli stati membri con il retaggio culturale comune e, d’altro
54
Ad esempio: Parlamento europeo, Risoluzione sulla prima relazione della Commissione sulla presa in considerazione degli
aspetti culturali nell'azione della Comunità europea, COM(96)0160 C4-0249/96; Commissione europea, Comunicazione
concernente le nuove prospettive per l'azione della Comunità nel settore culturale, GU C 42 del 15.2.1993, pag. 173;
Relazione della commissione per la cultura, la gioventù, l'istruzione e i mezzi di informazione e il parere della commissione
per le relazioni economiche esterne (A4-0410/96).
30
canto, si prevede che il contributo comunitario allo sviluppo della cultura si realizzi sia in una
dimensione interna, sia in una dimensione esterna (punto 5 dell’art. 151). L’azione
comunitaria non deve tuttavia invadere l’ambito di competenza degli Stati, tant’è che
l’articolo esclude espressamente qualsiasi “armonizzazione delle disposizioni legislative e
regolamentari degli Stati membri” (art. 151, punto 5). Il secondo punto dell’articolo 151
esplicita le modalità dell’intervento comunitario, il quale deve essere anzitutto di
incoraggiamento alla cooperazione tra gli Stati membri e, solo secondariamente di sostegno e
di integrazione dell’azione degli Stati membri in alcuni ambiti specifici: miglioramento della
conoscenza e della diffusione della cultura e della storia dei popoli europei, conservazione e
salvaguardia del patrimonio culturale di importanza europea, promozione e tutela della
creazione artistica e letteraria, compreso il settore audiovisivo e degli scambi culturali e
commerciali. A parte la difficoltà di definire cosa s’intende per patrimonio culturale
“d’importanza europea”, tale elenco non è certamente esaustivo, ma traccia a grandi linee il
campo d’azione comunitaria. Continuando ad esaminare il secondo comma dell’articolo 151
emerge come l’esercizio dell’azione di sostegno e d’integrazione possa verificarsi solo “se
necessario”: ne possiamo dedurre, come affermato da alcuni55, che” la Comunità opera in via
suppletiva in settori che sono di preminente interesse dell’attività degli Stati membri” e che
quindi, perché l’azione comunitaria possa realizzarsi, occorre una verifica preventiva sulla
necessità dell’intervento. Tale valutazione di necessità non è invece richiesta nel caso delle
misure comunitarie atte a incoraggiare la cooperazione tra gli Stati membri. Il terzo paragrafo
dell’articolo 151 è dedicato all’applicazione della politica culturale nelle relazioni esterne ed
afferma che “la Comunità e gli Stati membri favoriscono la cooperazione con i paesi terzi e le
organizzazioni internazionali competenti in materia di cultura, in particolare con il Consiglio
d'Europa” (questo aspetto sarà approfondito nel capitolo quarto). Il quarto paragrafo
dell’articolo 151 enuncia un principio rilevante, che, soprattutto nell’ottica della strategia
“Europa 2020”, sarà attentamente tenuto in considerazione: la trasversalità degli aspetti
culturali in tutte le politiche europee. Il paragrafo recita infatti:” la Comunità tiene conto degli
aspetti culturali nell'azione che svolge a norma di altre disposizioni del presente trattato”. Il
Trattato di Maastricht, pur con prescrizioni considerate fragili, non si è limitato a fare della
cultura un settore specifico, ma ha introdotto l'obbligo per l'UE di prendere in considerazione
gli aspetti culturali all'interno delle sue politiche. Inoltre, così come ricordato da alcuni
55
Scialla L., I beni culturali nell’azione comunitaria, cit. 3, pag 78
31
autori56, facendo riferimento al combinato disposto degli articoli 151 par. 4 e 87 par. 3, lettera
d) si delinea il carattere peculiare della stessa azione culturale (definita “eccezione culturale”,
cfr capitolo 4, par. 4), in cui si sostanzia l'esclusione della cultura dalla sfera puramente
economica. L'articolo 87 dichiara, infatti, la compatibilità di aiuti di stato destinati a
promuovere la cultura col mercato comune. Il quinto paragrafo dell’articolo 151 dispone gli
atti giuridici che il Consiglio può adottare per “contribuire alla realizzazione degli obiettivi
previsti”: si tratta di azioni di incentivazione e raccomandazioni ad esclusione, come già detto,
di qualsiasi armonizzazione delle legislazioni nazionali. Le azioni di incentivazione sono
deliberate dal Consiglio secondo la procedura di codecisione stabilita dall’articolo 251 TCE
(attuale art. 294 TFUE), procedura che riconosce un ruolo importante al Parlamento europeo.
Tuttavia, il carattere di sovranazionalità della procedura viene limitato dalla clausola che
impone al Consiglio di adottare l’atto all’unanimità. Le raccomandazioni possono essere
adottate anch’esse all’unanimità, su proposta della Commissione. Da questa ultima analisi si
evince quanto l’articolo 151 sia frutto di un’attenta cautela della Comunità in fase di
formulazione dell’articolo, strutturato in modo da costituire un compromesso tra posizioni
opposte: quella più pronta ad un ampliamento delle competenze comunitarie in tale settore e
quella più favorevole a circoscrivere entro margini precisi tali competenze. Inoltre, tale
rigidità procedimentale ha implicato, da un lato, il ricorso a basi giuridiche differenti per le
azioni in ambito culturale (vedi art. 151, punto 4) d'altro lato, il massiccio ricorso a strumenti
di soft law (soprattutto risoluzioni e conclusioni del Consiglio dei ministri), generando un
fenomeno di parcellizzazione delle fonti. Con le modifiche apportate dal Trattato che adotta
una Costituzione per l’Europa, dell’ottobre 2004, anche per quanto riguarda la politica
culturale, cambiano alcuni aspetti: Il Titolo dedicato è ora l’XIII, l’articolo di riferimento è il
167 e le procedure di delibera previste sono quelle che vedono Consiglio e Parlamento
adottare azioni di incentivazione secondo la procedura legislativa ordinaria e il solo
Consiglio, su proposta della Commissione, adottare raccomandazioni. Non è più presente
dunque il vincolo dell’unanimità. Per il resto, l’articolo non modifica di molto la sua forma,
rispetto alla versione precedente, ma, per meglio comprendere come evolve la partizione delle
competenze in ambito culturale, è importante non soffermarsi solo sull’articolo specifico,
bensì analizzare brevemente anche la Parte prima del Trattato sul funzionamento dell’Unione
56
Ferri D., L’azione negoziale europea in sede UNESCO: unità della rappresentanza internazionale vs. problematicità del
reparto di competenze in materia di cultura, consultabile all’indirizzo http://www.forumcostituzionale.it/wordpress/wp-
content/uploads/pre_2006/210.pdf.
32
Europea, dedicata ai principi e, nel dettaglio, su alcuni articoli contenuti nel Titolo I.
L’articolo 6 infatti dichiara che in determinati settori, tra cui quello culturale, la competenza
dell’Unione si esplica attraverso azioni di sostegno, coordinamento o completamento
dell’azione degli Stati membri, senza sostituirsi alla competenza di questi ultimi in tali settori.
Il comma 5 dell’articolo 2 sottolinea che gli atti giuridicamente vincolanti adottati
dall’Unione in tale ambito non possono comportare un’armonizzazione delle disposizioni
legislative o regolamentari degli Stati membri. Al fine di completare la presente analisi,
occorre ricordare l’articolo 5 del Trattato dell’Unione Europea, il quale delimita le
competenze dell’UE attraverso i principi di attribuzione57, di sussidiarietà58 e di
proporzionalità59, e l’articolo 352 TFUE che introduce la cosiddetta “clausola di
proporzionalità” secondo la quale l’Unione può agire al di là dei poteri d’azione attribuitele
“nel quadro delle politiche definite dai trattati, per realizzare uno degli obiettivi di cui ai
trattati” , deliberando secondo procedura straordinaria. Più in generale, il rispetto e la tutela
positiva della diversità culturale sono divenuti, con l’adozione del trattato costituzionale,
valori europei fondamentali60, all'interno di un sensibilizzato contesto internazionale (cfr.
capitolo 4), valori sostenuti anche nel Preambolo della Carta di Nizza61 oggi parte integrante
del trattato. Al di là dei principi fondamentali che nel corso degli anni sono divenuti
imprescindibili, resta il fatto che, dopo Maastricht, gli aiuti economici stanziati a favore della
cultura hanno reso l'Unione uno dei principali attori economici a livello di cooperazione
culturale.
57
Il principio di attribuzione prescrive che l’Unione agisca nei limiti delle competenze che le sono attribuite dagli Stati
membri nei Trattati per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti. Pertanto, qualsiasi competenza non attribuita all’Unione
dai Trattati appartiene agli Stati membri.
58 In virtù del principio di sussidiarietà, nei settori che non sono di sua competenza esclusiva, l’Unione interviene soltanto se
e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere efficacemente raggiunti dagli Stati membri, né a
livello centrale né a livello regionale e locale, ma possono essere meglio raggiunti a livello dell’Unione. Per
approfondimenti, consultare Mastroianni R., Il ruolo del principio di sussidiarietà nella definizione delle competenze statali e
comunitarie in materia di politiche culturali, in Rivista Italiana di Diritto Pubblico Comunitario, 1/1994 e Baruffi M.C.,
Sussidiarietà. Controllo dal basso sulle eccezioni, in Guida al diritto, 10/2004, pp 58 ss.
59 Il principio di proporzionalità stabilisce che il contenuto e la forma dell’azione dell’Unione non vadano al di là di quanto
necessario per il raggiungimento degli obiettivi dei Trattati.
60 “ Essa rispetta la ricchezza della sua diversità culturale e linguistica e vigila sulla salvaguardia e sullo sviluppo del
patrimonio culturale europeo”, Art. 3, par. 3, ultimo capoverso TUE.
61 “L’Unione contribuisce alla salvaguardia e allo sviluppo di questi valori comuni nel rispetto della diversità delle culture e
delle tradizioni dei popoli d’Europa”, terzo capoverso del preambolo, Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (2000/C 364/01)
33
2.2 I primi programmi di finanziamento alla cultur a
2.2.1 Programma Caleidoscopio
Con la Decisione n. 719/96/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, il 29 marzo 1996
viene istituito il primo programma di sostegno alle attività artistiche e culturali di dimensione
europea, denominato Caleidoscopio62, con l’obiettivo di promuovere l'accesso del pubblico
alla cultura e alla storia dei popoli europei e di diffonderne la conoscenza, nonché di
incentivare la cooperazione artistica e culturale fra gli operatori del settore. Si tratta del primo
programma comunitario nel settore culturale basato sull'articolo 151 del trattato CE che,
durante i quattro anni di implementazione ha finanziato 518 progetti63. A dire il vero, un
programma Caleidoscopio era già attivo dal 1991, ma si trattava di una sorta di concorso che
premiava progetti artistici di respiro culturale64. Nel preambolo del documento viene elencata
una serie di comunicazioni e risoluzioni delle varie istituzioni comunitarie inerenti il tema
culturale ed è interessante notare come le molteplici componenti del settore culturale fossero
già state prese in considerazione nel corso degli anni: Città europea della cultura (punto 11 del
Preambolo), Mese della cultura europea (punto 12), teatro europeo (punto 13), reti culturali
(punto 14), musica, danza e arti plastiche (punto 16), cooperazione culturale con i paesi terzi e
le organizzazioni internazionali (punto 17). Emerge forte, inoltre la consapevolezza che “il
sostegno del settore delle arti e della cultura può favorire l'attività economica e l'occupazione”
(punto 8 del Preambolo).Il programma Caleidoscopio viene inizialmente stabilito per una
durata di due anni, dal primo gennaio 1996 al 31 dicembre 1998 e tra i suoi obiettivi specifici
ritroviamo: l’incoraggiamento per attività di creazione artistica di dimensione europea
realizzate da compartecipazioni di artisti di diversi Stati membri; il sostegno a progetti
62
Parlamento europeo e Consiglio, Decisione n. 719/96/CE che istituisce un programma di sostegno alle attività artistiche e
culturali di dimenzione europea (Caleidoscopio), del 29 marzo 1996.
63 Il dato è fornito dalla Società GMV Conseil che nel 2003 ha realizzato un’indagine sui risultati dei programmi Arianna,
Raffaello e Caleidoscopio per conto della Commissione, indagine che ha integrato la Relazione della Commissione al
Parlamento europeo e al Consiglio sull'attuazione dei programmi comunitari Caleidoscopio, Arianna e Raffaello, COM(2004) 33 definitivo, del 23 gennaio 2004. 64
Programma «Caleidoscopio» organizzato dalla Commissione delle Comunità europee — Condizioni di partecipazione
(Seguito del premio «Europa della cultura»), pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Ce (GU C 205 del 6.8.1991, pagg. 19–
20), consultabile all’indirizzo http://eur-lex.europa.eu/legal-
content/IT/TXT/PDF/?uri=OJ:JOC_1991_205_R_0019_01&qid=1421599580850&from=IT.
34
culturali di natura innovatrice realizzati da partner europei, che apportino un concreto valore
aggiunto di carattere culturale; il contributo al perfezionamento degli artisti e di altri operatori
culturali, in particolare intensificando gli scambi di esperienze; il sostegno alla conoscenza
reciproca delle culture europee facilitando l’accesso del pubblico agli eventi culturali (art. 2).
L’articolo 6 fissa la dotazione finanziaria per il programma a 26,5 milioni di ECU (dotazione
che poi è stata portata a 36,7 milioni nel momento in cui il programma è stato prorogato per
altri due anni), mentre emerge come, già in questa fase “embrionale” della politica culturale
europea, si avverta la necessità di integrare le differenti azioni in un quadro unitario: “La
Commissione, in collaborazione con gli Stati membri, cercherà di rendere complementari le
azioni previste dal presente programma e da altri programmi culturali da un lato, e quelle
previste dai programmi d’azione comunitari, soprattutto in materia di istruzione, come
Socrate, e di formazione professionale, come Leonardo da Vinci, dall'altro” (art. 7). Le azioni
messe in essere dal programma, elencate nell’Allegato, sono cinque e comprendono:
- sostegno a manifestazioni e progetti culturali realizzati in compartecipazione o sotto
forma di reti, che vedano la cooperazione di almeno tre Stati membri e che implichino
anche la partecipazione degli artisti, creatori o interpreti, o di altri operatori del settore
culturale di almeno tre Stati membri;
- azioni di cooperazione europea di ampia portata rivolte a progetti significativi di
dimensione europea e con un notevole impatto culturale e socio-economico;
- partecipazione dei paesi terzi, secondo quanto prescritto dall’articolo 465;
- città europea della cultura e mese culturale europeo;
- misure specifiche che prevedono la realizzazione di ricerche o studi.
2.2.2 Programma Arianna
Con la decisione 2085/97/CE del 6 ottobre 1997, viene istituito il programma Arianna66, a
sostegno del settore letterario e della traduzione, attraverso il quale mettere in atto “un’azione
65
“Il presente programma è aperto alla partecipazione dei paesi associati dell'Europa centrale e orientale (PAECO), conformemente alle condizioni stabilite nei protocolli addizionali agli accordi di associazione relativi alla partecipazione a programmi comunitari conclusi o da concludere con tali paesi. Questo programma è aperto alla partecipazione di Cipro e di Malta nonché alla cooperazione con altri paesi terzi che hanno concluso accordi di associazione o di cooperazione contenenti clausole culturali, sulla base di stanziamenti supplementari da assegnare secondo procedure da convenire con questi paesi. Talune modalità generali della partecipazione sono contemplate nell'azione 3 dell'allegato”,articolo 4 della Decisione che istituisce il programma Caleidoscopio, cit. 62.
35
culturale importante a favore del libro”, così come sottolineato dal punto quarto del
preambolo della decisione. Sempre nel preambolo, emerge l’importante considerazione che
“qualsiasi programma comunitario nel settore del libro deve tener conto della duplice natura
dello stesso, che è un bene economico e culturale al contempo” (punto 2), il che conferma la
progressiva evoluzione della posizione sostenuta della Comunità: a una iniziale equiparazione
dei beni culturali alle merci in senso stretto (cfr. sentenza della CdG, Commissione delle
Comunità c. Repubblica italiana, cap. 1, par. 1) si è sostituito il riconoscimento della natura
particolare dei prodotti artistici, meritevoli di tutela e promozione. Ecco quindi che
un’iniziativa comunitaria in ambito letterario è pensata per contribuire alla conoscenza e alla
diffusione della cultura e della storia dei popoli europei, al mantenimento della diversità della
creazione letteraria e del patrimonio scritto nelle sue diverse espressioni linguistiche nazionali
e regionali, agli scambi interculturali e agli scambi di know-how, oltre che per favorire
l'accesso dei cittadini, anche dei meno favoriti, alla cultura. Nel preambolo vengono ricordati
anche gli atti non vincolanti inerenti il settore dei libri che nel corso degli anni la Comunità ha
prodotto67 e la campagna europea di sensibilizzazione al libro e alla lettura, organizzata dalla
Comunità e dal Consiglio d'Europa nel biennio 1993-1994. Scorrendo gli articoli che
compongono la Decisione, i primi due sono dedicati alla definizione del periodo di
realizzazione del programma Arianna – dal primo gennaio 1997 al 31 dicembre 1998 – e
all’individuazione degli obiettivi specifici da realizzare, tra i quali figurano quello di dare,
attraverso la traduzione, un’ampia diffusione alle opere letterarie rappresentative delle
tendenze della letteratura europea contemporanea della seconda metà del secolo,quello di
stimolare gli scambi di competenze e buone pratiche attraverso progetti di cooperazione e
quello di sostenere il perfezionamento dei professionisti del settore (non solo dei traduttori).
66
Parlamento europeo e Consiglio Decisione n. 2085/97/CE che istituisce un programma di sostegno, comprendente la
traduzione, al settore del libro e della lettura (Arianna), del 6 ottobre 1997.
67 “considerando l'importanza che le istituzioni della Comunità hanno attribuito alla conoscenza e alla diffusione della
creazione letteraria, in particolare attraverso la traduzione, come testimoniano: a) la risoluzione del Parlamento europeo del 10 luglio 1987 su una comunicazione della Commissione al Consiglio, riguardante un'azione comunitaria nel settore del libro, b) la risoluzione del Consiglio e dei ministri responsabili degli affari culturali, riuniti in sede di Consiglio, del 9 novembre 1987, sulla promozione della traduzione di opere importanti della cultura europea, c) la risoluzione del Consiglio e dei ministri responsabili degli affari culturali, riuniti in sede di Consiglio, del 18 maggio 1989, relativa alla promozione del libro e della lettura, d) la comunicazione della Commissione, del 3 agosto 1989, sul libro e la lettura: sfide culturali dell'Europa, e) le conclusioni dei ministri della cultura, riuniti in sede di Consiglio, del 12 novembre 1992, sulle linee direttrici per l'azione comunitaria nel settore culturale, f) la risoluzione del Parlamento europeo del 21 gennaio 1993 sulla promozione del libro e della lettura in Europa, g) la risoluzione del Consiglio e dei ministri della cultura riuniti in sede di Consiglio, del 17 maggio 1993, sulla promozione della traduzione di opere teatrali europee contemporanee”, punto 9 del Preambolo alla Decisione che istituisce il programma Arianna, cit. 66.
36
Così come per il programma Caleidoscopio, anche Arianna è aperto alla partecipazione di
Paesi associati dell’Europa orientale e centrale (PAECO), di Cipro, Malta e a tutti i Paesi terzi
che abbiano concluso accordi di cooperazione contenenti clausole culturali (art. 4).L’articolo
6, infine specifica che la dotazione finanziari per l’attuazione del programma è di 7 milioni di
ECU. Nell’allegato sono elencate le sei azioni da realizzare per giungere agli obiettivi
previsti:
- aiuti per la traduzione, sia di opere letterarie, che di opere teatrali, dando la priorità
alle lingue meno diffuse della comunità e alle piccole case editrici (tale azione ha
assorbito circa il 50% degli stanziamenti totali per il programma Arianna);
- sostegno a progetti di cooperazione realizzati in compartecipazione, che hanno visto il
coordinamento di attori provenienti da almeno tre Stati membri , attraverso un
contributo finanziario che non ha superato il 25 % delle spese totali del progetto preso
in considerazione e non superiore a 50 000 ECU;
- supporto al perfezionamento dei professionisti che contribuiscono alla conoscenza e
alla diffusione delle letterature europee;
- misure di accompagnamento, per ricerche, studi e pubblicità del programma;
- contributo annuale ad Aristeion - Premio letterario europeo e al Premio europeo di
traduzione;
- partecipazione dei paesi terzi.
Con la decisione n. 476/1999/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 febbraio
1999, la conclusione del programma Arianna è stata posticipata al 31 dicembre 1999 e la
dotazione finanziaria è stata portata a 11,1 milioni di ECU68.
2.2.3 Programma Raffaello
Il programma Raffaello69 viene istituito con la Decisione n. 2228/97/CE del Parlamento
Europeo e del Consiglio del 13 ottobre 1997 e ha l’obiettivo, “attraverso la cooperazione, di
68
Parlamento europeo e Consiglio, Decisione n. 476/1999/CE recante modifica della decisione n. 2085/97/CE che istituisce
un programma di sostegno, comprendente la traduzione, al settore del libro e della lettura (Arianna), del 22 febbraio 1999.
69 Parlamento europeo e Consiglio, Decisione n. 2228/97/CE che istituisce un programma comunitario d'azione in materia
di beni culturali (programma Raffaello), del 13 ottobre 1997.
37
appoggiare e integrare l'azione degli Stati membri in materia di beni culturali di importanza
europea” (articolo 1). Il ragionamento che guida l’azione dell’Europa in tale settore riconosce
che “la salvaguardia dei beni culturali, per i suoi risvolti socioeconomici, si inquadra in un
progetto di società e può fornire un contributo significativo alla creazione di posti di lavoro,
alla promozione del turismo e allo sviluppo regionale, nonché al miglioramento della qualità
di vita e dell'ambiente quotidiano dei cittadini, e che il lavoro creativo contemporaneo può
svolgere un ruolo importante in tale campo” (punto 5 del preambolo) e che quindi l’intervento
comunitario, nei limiti sanciti dall’articolo 128 CE, possa favorire lo scambio di conoscenze e
pratiche contribuendo alla tutela dei beni culturali europei. Nel preambolo si ricorda anche
che le istituzioni europee hanno ripetutamente sottolineato l’importanza di “integrare i vari
aspetti dei beni culturali in un'azione comunitaria coerente che tenga conto della ricchezza e
della diversità dei beni culturali mobili e immobili, e si fondi sui lavori dei numerosi operatori
del settore” (punto 13 del preambolo), oltre che i beni culturali generano necessariamente
collegamenti con Paesi terzi e che quindi tale settore costituisce “un ambito privilegiato per
sviluppare forme di cooperazione con i Paesi terzi, con il Consiglio d'Europa e altre
organizzazioni internazionali competenti nel settore dei beni culturali, ad esempio
l'Unesco”(punto 17 del preambolo). Al fine di chiarire esattamente l’ambito di intervento,
all’articolo 2 vengono esplicitate le definizioni di:
- beni culturali , che comprende i beni immobili e mobili (i musei e le collezioni, le
biblioteche, gli archivi, compresi gli archivi fotografici, cinematografici e sonori), i
beni archeologici e subacquei, i beni architettonici, i complessi e i siti e i paesaggi di
valore culturale (insiemi di beni culturali e naturali);
- preservazione, con cui s’intende qualsiasi attività che contribuisca a meglio conoscere,
gestire, conservare, restaurare, valorizzare i beni culturali ed a agevolarne l'accesso.
Il programma Raffaello viene istituito per una durata di quattro anni, dal primo gennaio 1997
al 31 dicembre 2000, e si pone gli obiettivi specifici di incoraggiare la conservazione e il
restauro dei beni culturali d'importanza europea, contribuendo alla loro valorizzazione e
promuovendone la conoscenza; sostenere lo sviluppo della cooperazione transnazionale tra le
istituzioni e/o gli operatori nel settore dei beni culturali e in materia di sviluppo delle nuove
tecnologie applicate; migliorare l'accesso ai beni culturali a livello europeo ed incoraggiare la
partecipazione attiva dei cittadini soprattutto delle categorie svantaggiate; favorire la
cooperazione con i paesi terzi e le organizzazioni internazionali competenti (articolo 3).
38
L’articolo 4 richiama specificatamente la rilevanza comunitaria del programma, ricordando
che i progetti proposti, per accedere al finanziamento70, devono “essere caratterizzati da una
dimensione europea e presentare un valore aggiunto rispetto alle azioni condotte dagli Stati
membri. Le azioni concrete previste dal programma includono:
- la conservazione, la salvaguardia e la valorizzazione dei beni culturali attraverso una
cooperazione europea, attraverso il sostegno a progetti di conservazione e di
salvaguardia dei beni culturali definiti «laboratori europei dei beni culturali»;
- la cooperazione transnazionale per lo scambio di esperienze e lo sviluppo di tecniche
applicate al settore dei beni culturali;
- l’accesso, la partecipazione e la sensibilizzazione dei cittadini ai beni culturali ;
- la cooperazione con i paesi terzi e con le organizzazioni internazionali.
2.2.4 Valutazione finale sugli esiti dei programmi
Al fine di ottemperare all’obbligo dettato dall'articolo 10 della decisione n. 2228/97/CE che
istituisce il Programma Raffaello, la Commissione europea presenta a Parlamento europeo
una relazione sull’attuazione dei programmi comunitari conclusi prima del 2000, chiamati
“vecchi programmi”: Caleidoscopio, Raffaello e Arianna71. Tale analisi ha riguardato la
pertinenza dei programmi rispetto agli obiettivi generali della Commissione e rispetto alle
necessità e alle aspettative degli operatori culturali. Riguardo al secondo aspetto gli operatori
sovvenzionati si rammaricano che i vecchi programmi non abbiano manifestato una reale
ambizione europea nel settore culturale, ma più che altro bilaterale o trilaterale, pur
riconoscendo la peculiarità “transnazionale” di tali azioni, rispetto all’attenzione
locale/regionale delle politiche nazionali. Il sostegno alle reti e ai partenariati è così diventato
un obiettivo principale fin dall'attuazione dei programmi, tuttavia, dovendo conciliare
contemporaneamente una richiesta di qualità culturale con un limitato impatto economico, i
risultati si sono spesso rilevati al di sotto delle attese iniziali, soprattutto di quelle più
ambiziose formulate nelle decisioni che istituivano i programmi. Alcuni partenariati, di fatto,
70
La dotazione finanziaria per tale programma è fissata a 30 milioni di ECU dall’articolo 8 della decisione n. 2228/97/CE,
che istituisce il programma Raffaello, cit 69.
71 Commissione europea, Relazione sull'attuazione dei programmi comunitari Caleidoscopio, Arianna e Raffaello, cit 63.
39
sono rimasti puramente formali, essendo le decisioni prese solo dal soggetto capofila e gli
altri membri della rete informati per posta elettronica. Inoltre, gli aspetti formali e
amministrativi dell’accesso ai programmi hanno inficiato i risultati potenzialmente ottenibili,
tra i quali il più rilevante – ma difficilmente misurabile – è quello della creazione di reti
culturali. Indubbiamente, cinque anni dopo il termine dei programmi (al momento in cui la
relazione viene stilata), la nozioni di rete o di partenariato europeo sono diventate di uso
diffuso tra gli operatori. La relazione poi prosegue con una lista di raccomandazioni per le
future azioni, tra le quali una maggiore pubblicità e visibilità ai programmi e ai risultati futuri,
l’implementazione degli stanziamenti finanziari a sostegno dei programmi, la semplificazione
delle procedure di accesso. Tali raccomandazioni vengono accolte, tuttavia, nel momento in
cui esse sono illustrate, il Programma Cultura 2000 è già operativo, quindi si dovrà attendere
la fase successiva di programmazione per vedere messe in pratica tali provvedimenti.
2.3 Fondi e programmi europei a impatto culturale indiretto Tra i numerosi programmi e fondi europei, ne troviamo diversi che, pur non essendo
direttamente indirizzati al raggiungimento di obiettivi culturali, hanno contribuito e
contribuiscono tutt’ora allo sviluppo di tematiche inerenti la tutela e la promozione del settore
culturale. D’altronde, è lo stesso trattato CE, all’articolo 151 punto 4, ad affermare che: “la
Comunità tiene conto degli aspetti culturali nell'azione che svolge a norma di altre
disposizioni del presente trattato, in particolare ai fini di rispettare e promuovere la diversità
delle sue culture”. Rientrano in tale categoria:
- il programma quadro denominato Apprendimento lungo tutto l’arco della vita
(Lifelong Learnig Program LLP), che comprende le azioni Comenius, Erasmus,
Leonardo e Grundtvig;
- il programma E-CONTENT plus – CIP
- il programma specifico LIFE+
- i Fondi Strutturali e d’investimento, i quali, attraverso i loro programmi come
INTERREG e URBAN, prevedono la cultura come strumento trasversale.
40
Alcuni di questi programmi sono stati attivati negli anni ‘80 (il programma erasmus, ad
esempio, è stato lanciato per la prima volta nel 1987), ma sono tutt’ora attivi, magari con
denominazioni differenti, o inseriti in politiche più generali. Di seguito prenderemo in
considerazione solo la programmazione a partire dal 2007 (per quanto riguarda i programmi
LLP e LIFE+), mentre, per quanto riguarda i fondi strutturali, considereremo i risultati
ottenuti nel periodo 1994-1999.
2.3.1 Programma LLP
Con la decisione n. 1720/2006/CE si stabilisce di integrare in un unico programma i diversi
strumenti comunitari a sostegno della cooperazione e della mobilità transnazionali nei settori
dell'istruzione e della formazione, quindi dal 2007 il Programma Longlife Learning sostituisce
tutti i precedenti programmi comunitari relativi ai settori dell’istruzione e della formazione,
attivi fino all’anno precedente, ovvero: Socrates, Leonardo Da Vinci, eLearning e il
programma per la promozione degli organismi attivi a livello europeo nei settori
dell’istruzione e della formazione. Come sottolineato dall’articolo 1 punto 2 della decisione,
questo programma si pone l'obiettivo specifico “di promuovere all'interno della Comunità gli
scambi, la cooperazione e la mobilità tra i sistemi di istruzione e formazione in modo che essi
diventino un punto di riferimento di qualità a livello mondiale”. Fra i numerosi
sottoprogrammi o azioni che lo compongono, illustrati dall’articolo 3, si segnalano quelli più
significativi in un’ottica di collegamento con la cultura e le arti dello spettacolo.
L’art. 3, punto 1, lett. b stabilisce il programma Erasmus, dedicato all’istruzione universitaria
e alla formazione professionale di terzo livello. E’ considerato uno dei programmi di
maggiore successo dell’Unione Europea, nell’ambito del processo d’integrazione72. Il
maggiore merito “culturale” del programma Erasmus è sicuramente quello di aver cresciuto
generazioni di giovani proiettati in un’ottica europea.
L’art.3, punto 1, lett. c stabilisce il sottoprogramma Leonardo da Vinci, che si rivolge
principalmente a coloro che seguono qualsiasi tipo di istruzione e formazione professionale,
esclusa quella di terzo livello e le principali azioni specifiche del sottoprogramma riguardano:
mobilità dei singoli attraverso tirocini transazionali, partenariati con focus di forte interesse
72
Dal 1987 (primo anno in cui il programma fu lanciato) al 2013, il programma Erasmus ha permesso a circa tre milioni di
studenti di trascorrere un periodo di studio in un’università di un Paese straniero. Fonte: Commissione europea,
comunicato stampa del 8 luglio 2013, consultabile all’indirizzo http://europa.eu/rapid/press-release_IP-13-657_it.htm
41
per le organizzazioni coinvolte, progetti multilaterali volti allo scambio di buone pratiche e
all’innovazione.
L’art. 3, punto 1, lett. d stabilisce il sottoprogramma Grundtvig , dedicato all’istruzione degli
adulti, in tutte le sue forme, prevede azioni specifiche riguardanti la mobilità delle persone, il
partenariato, i progetti multilaterali cui si aggiunge lo strumento delle reti tematiche
finalizzate a riunire esperti e organizzazioni del settore.
2.3.3 Programma LIFE +
Il progamma settoriale LIFE + è uno strumento finanziario molto specifico orientato alla
salvaguardia dell’ambiente e alla promozione delle tematiche ambientali correlate all’uso
sostenibile delle risorse energetiche. LIFE+, normato dal Regolamento (CE) n. 614/200773,
sostituisce vari programmi finanziari precedenti (il programma LIFE, il programma di
cooperazione per lo sviluppo sostenibile dell'ambiente urbano, il programma per la
promozione delle organizzazioni non governative e Forest Focus), al fine di riunirli in un
unico insieme di regole e procedure decisionali e consentire un orientamento più coerente e
dunque una maggiore efficacia dell'azione comunitaria. L’articolo 4 di tale Regolamento, che
stabilisce gli obiettivi specifici, al punto 4 afferma che LIFE+ “si prefigge i seguenti
obiettivi specifici: a) assicurare la diffusione delle informazioni e sensibilizzare alle tematiche
ambientali, inclusa la prevenzione degli incendi boschivi; b) fornire un sostegno alle misure di
accompagnamento, quali informazione, azioni e campagne di comunicazione, conferenze e
formazione, inclusa la formazione in materia di prevenzione degli incendi boschivi” e,
all’interno delle diverse azioni finanziabili (allegato I, lett. f e h), è interessante evidenziare
come la componente “informazione e comunicazione” sia perfettamente adattabile ad azioni
di carattere culturale, anche alla luce della grande attenzione attorno alle tematiche della
sostenibilità in ambito di spettacolo dal vivo. Anche questo programma, quindi, si può
annoverare tra quelli ad impatto ed interesse culturale, soprattutto considerando quanto
ambiente e patrimonio siano intrecciati e dipendenti74.
73
Parlamento europeo e Consiglio, Regolamento (CE) n. 614/2007 riguardante lo strumento finanziario per l'ambiente
(LIFE+) , del 23 maggio 2007.
74 Un esempio di progetto culturale in ambito ambientale è quello che ha visto il comune di Faenza come soggetto capofila:
si tratta del progetto TORRE (turismo organizzato recupero rurale ecologico), la documentazione è reperibile sul sito del
Comune di Faenza.
42
2.3.4 Fondi Strutturali e d’Investimento Europei
L'articolo 174 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) sancisce che, per
rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale al suo interno, l'Unione deve mirare a
ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni e il ritardo delle regioni meno
favorite o insulari, e che un'attenzione particolare deve essere rivolta alle zone rurali, alle zone
interessate da transizione industriale e alle regioni che presentano gravi e permanenti
svantaggi naturali o demografici. I fondi strutturali e d’investimento costituiscono e hanno da
sempre costituito gli strumenti finanziari della politica regionale dell’Unione europea, il cui
scopo consiste nell’equiparare i diversi livelli di sviluppo tra le regioni e tra gli Stati membri.
Essi contribuiscono pertanto a pieno titolo all’obiettivo della coesione economica, sociale e
territoriale. Dal 2010, anno in cui il Consiglio europeo ha adottato la Strategia dell'Unione
per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva75, anche tutti gli strumenti finanziari
approntati devono svolgere un ruolo significativo in termini di realizzazione degli obiettivi
sanciti dalla Strategia stessa e questo si concretizza compiutamente con la programmazione
2014-2020. Da sempre, interventi in ambito culturale hanno trovato spazio all’interno delle
azioni finanziate dai fondi, i quali, contribuendo al dinamismo economico e sociale, creano un
terreno fertile per lo sviluppo di istituzioni e organizzazioni culturali. Nonostante lo sviluppo
di attività culturali non sia incluso tra gli obiettivi dei Fondi strutturali, la stessa Commissione
europea ne riconosce l’impatto positivo sulla coesione e sullo sviluppo territoriali e lo fa in
diversi documenti di lavoro, il primo del 199676 e il successivo, del 2000, il quale stila un
rapporto sull’utilizzo dei fondi strutturali in ambito culturale durante il periodo 1994-199977 e
che brevemente prenderemo in considerazione. Per il periodo 1994-99 più del 30% del budget
comunitario è stato riservato ai Fondi strutturali, i quali si sono strutturati trasversalmente
75
La Commissione ha proposto la strategia politica «Europa 2020» a sostegno dell'occupazione, della produttività e della
coesione sociale in Europa. Globalizzazione, cambiamento climatico, invecchiamento della popolazione e crisi economica
caratterizzano la situazione dell’Unione Europea, rimettendo in discussione i progressi sociali ed economici compiuti dai
paesi dell'UE. Si è resa quindi necessaria una strategia globale per assicurare lo sviluppo sostenibile dell'UE fino al 2020.
Commissione europea, EUROPA 2020 Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva , COM/2010/2020
def.
76 Commissione europea, First report on the consideration of cultural aspects in European Community action, COM(96) 160
final, 15 aprile 1996.
77 Commissione europea, Working document – Application of article 151(4) of the EC Treaty: use of the Structural Funds in
the field of Culture during the period 1994-1999, Brussels, 2000
43
attorno a sei obiettivi (sviluppo delle regioni in ritardo economico, conversione delle regioni
in crisi industriale, lotta alla disoccupazione di lungo termine, occupazione e integrazione dei
giovani, riforme della politica agricola e sviluppo delle regioni con scarsa popolazione).
Soprattutto il Fondo europeo per lo Sviluppo Regionale il Fondo Sociale Europeo si sono
prestati a sostenere misure a carattere culturale, senza dimenticare il fatto che tutte le tipologie
di finanziamenti europei concessi nell’ambito dei fondi strutturali possono sostenere progetti
a carattere culturale che mirino a raggiungere gli obiettivi fissati: finanziamento di
attrezzature culturali, valorizzazione del patrimonio, supporto a prodotti tipici, sostegno a
giovani imprese culturali, valorizzazione e riqualificazione turistica, educazione e formazione
soprattutto se in un’ottica transazionale, creazione di posti di lavoro nel settore culturale,
creazione di partnership tra enti locali culturali, valorizzazione e conversione ecologica di
ambienti naturali e borghi storici, oltre che di zone colpite da degrado. Alcuni esempi:
- Il periodo 1994-99 ha incluso tre programmi operativi inerenti l’Obiettivo 1 (sviluppo
e aggiustamento strutturale delle regioni in ritardo economico), dedicati al turismo e
all’ambito culturale78;
- nello stesso periodo sono state lanciate 13 iniziative comunitarie,che hanno generato
più di 500 programmi (ad esempio InterregII, Urban, LeaderII..);
- Nell’ambito del Fondo europeo per lo sviluppo regionale, nel 1995 ha preso il via la
ricerca di proposte volte a promuovere azioni-pilota innovative in tema culturale: 32
progetti sono stati finanziati, dedicati soprattutto alla creazione di strutture per
l’apprendimento e la formazione, e alla tutela del patrimonio.
Occorre sottolineare che, diversamente dai programmi europei specificatamente dedicati alla
cultura, che costituiscono le principali fonti di finanziamento diretto alle iniziative culturali, i
Fondi Strutturali perseguono l’obiettivo dello sviluppo regionale e solo in questo contesto
possono trovare spazio misure a stampo culturale: soprattutto il finanziamento di
infrastrutture e di progetti di tutela e valorizzazione del patrimonio. Inoltre, soprattutto a
78
Alcuni esempi: 1) riqualificazione delle Acciaierie Völklingen ,Germania, sito patrimonio mondiale dell’Unesco già dal
1994. Il progetto cofinanziato dalla Comunità europea per 16.5 milioni di marchi, ha permesso il recupero dei 60 ettari del
complesso convertendolo a spazio culturale con sale per attività d’intrattenimento e musicali; 2) recupero di reperti e
momumenti di Mystras, Grecia. Attraverso un intervento cofinanziato dalla Comunità per 2.201.000 euro che ha permesso
la realizzazione di un vasto complesso museale aperto al pubblico. Fonte: First report on the consideration of cultural
aspects in European Community action, cit. 77.
44
partire dal programma Cultura 2000, l’accento è stato posto sulla cooperazione tra soggetti
culturali provenienti da più Stati membri, aspetto che, nell’ambito dei fondi strutturali, era
contemplato specificatamente solo dal fondo Interreg. Tuttavia, anche se le varie “operazioni”
culturali della Comunità sono distinte ed autonome perseguendo obiettivi all’apparenza
inconciliabili, risultano essere complementari: come già sostenuto precedentemente in merito
alla strategia Europa 2020, la cultura è destinata a costituire il quarto pilastro comunitario per
uno sviluppo sostenibile, permeando tutte le politiche europee in modo trasversale e
evolvendosi grazie ad esse. Basti pensare che, per il periodo 2007-2013, 6 miliardi di euro dei
fondi di coesione sono stati assegnati alla cultura79: il settore culturale e quello creativo
possono e devono essere incorporati all’interno di strategie integrate di sviluppo regionale e
locale.
79
Commissione Europea, Relazione al Parlamento europeo , al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al
Comitato delle regioni sull’attuazione dell’Agenda europea per la cultura, Bruxelles 19 luglio 2010, COM(2010)390 def. In
dettaglio, dal 2007 il Fondo europeo di sviluppo regionale ha stanziato 3 miliardi di euro per la protezione e la
conservazione del patrimonio culturale, 2,2 miliardi di euro per lo sviluppo di infrastrutture culturali e 775 milioni di euro
per i servizi culturali, come riportato dalla pubblicazione della Commissione europea, Cultura e audiovisivo. Celebrare la
diversità culturale dell’Europa, inserita nella serie Le politiche dell’Unione Europea, redazione completata nel giugno 2013,
Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea.
45
CAPITOLO 3
LA POLITICA CULTURALE EUROPEA DOPO IL 2000: I PROGR AMMI
ORGANICI
3.1 Introduzione
In questo capitolo analizzeremo in modo dettagliato i programmi europei che prevedono e
mirano ad offrire un sostegno organico ai diversi settori culturali. Si tratta di piani di
finanziamento strutturati, pluriennali, che traggono ispirazione dalle prime azioni promosse in
modo eterogeneo nel corso degli anni ’90. In particolare, cercando di seguire un ordine
cronologico, vedremo in cosa consistono i programmi Cultura 2000, Cultura 2007-2013,
MEDIA ed Europa Creativa, i quali, a partire dal 2000, si sono susseguiti, costituendo la cifra
distintiva della politica culturale europea degli ultimi 15 anni. Approfondiremo alcune azioni
specifiche collegate a tali programmi e analizzeremo l’importante documento programmatico
costituito dall’Agenda europea della cultura del 2007.
3.2 Programma Cultura 2000
Approvato il 14 febbraio 2000, con Decisione n. 508/2000/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio80, il programma Cultura 2000 ha raggruppato i precedenti programmi Raffaello,
Arianna e Caleidoscopio con l’obiettivo di realizzare uno spazio culturale comune
promuovendo il dialogo culturale e la conoscenza della storia, la creazione, la diffusione della
cultura e la mobilità degli artisti e delle loro opere, il patrimonio culturale europeo, le nuove
forme di espressione culturali, nonché il ruolo socioeconomico della cultura81. La base
giuridica di tale atto normativo è individuabile nell’articolo 151 del Trattato CE, per cui,
escludendo qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati,
80
Parlamento europeo e Consiglio, Decisione n. 508/2000/CE che istituisce il programma «Cultura 2000», del 14 febbraio
2000,consultabile all’indirizzo http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:32000D0508.
81 “La cultura ha un valore intrinseco importante per tutti i popoli d'Europa, costituisce un elemento essenziale
dell'integrazione europea e contribuisce all'affermazione ed alla vitalità del modello europeo di società nonché all'influsso della Comunità sulla scena mondiale” e “La cultura è al tempo stesso fattore economico e fattore di integrazione sociale e di cittadinanza; motivo per cui essa ha un ruolo essenziale da svolgere alla luce delle nuove sfide cui la Comunità deve far fronte, quali la mondializzazione, la società dell'informazione, la coesione sociale e la creazione di posti di lavoro”, considerando primo e secondo, Decisione che istituisce il programma «Cultura 2000», cit. 80.
46
su proposta della Commissione e visto il parere del Comitato delle regioni (art. 151, par. 5,
primo trattino), il Consiglio adotta azioni di incentivazione deliberando all’unanimità. E’ in
questa fase che ha iniziato a concretizzarsi la consapevolezza, già precedentemente
sottolineata, della necessità d’integrare la cultura nelle politiche comunitarie: “la Comunità
deve tener conto degli aspetti culturali nell'azione che svolge a norma delle disposizioni del
trattato diverse dall'articolo 151, in particolare ai fini di rispettare e promuovere la diversità
delle sue culture” (terzo considerando della Decisione). Ed è infatti dello stesso anno il
documento di lavoro elaborato dalla Commissione dal titolo “Application of Article 151(4) of
the EC Treaty: use of the Structural Funds in the Field of culture during the period 1994-
1999” di cui abbiamo già parlato (cfr. Cap.2, par. 3.4). In linea generale, nei 19 punti del
preambolo che precede gli articoli di cui si compone la Decisione, si sottolineano la rilevanza
crescente della cultura per la società europea, l’esigenza, ai fini di una maggiore integrazione
e partecipazione dei cittadini, di valorizzare le radici, i valori culturali comuni, le identità, e di
approntare un quadro normativo propizio alle attività e rispettoso della diversità culturali.
Come già anticipato, tale provvedimento organico ha l’obiettivo di istituire un “unico
strumento di finanziamento e di programma per la cooperazione culturale” (quindicesimo
considerando) che si sostituisca ai programmi precedenti: “Con i programmi culturali
Caleidoscopio, Arianna, Raffaello, istituiti rispettivamente dalle decisioni n. 719/96/CE(6), n.
2085/97/CE(7) e n. 2228/97/CE(8) del Parlamento europeo e del Consiglio, si è conclusa una
prima tappa positiva di attuazione dell'azione comunitaria a favore della cultura, ma gli
interventi culturali della Comunità hanno bisogno di essere semplificati e rafforzati” (decimo
considerando). L’articolo 3 ha attestato la dotazione finanziaria per il programma a 167
milioni di euro, per il periodo che andava dal primo gennaio 2000 al 31 dicembre 2004. Gli
obiettivi che la Comunità si è proposta di raggiungere sono elencati all’articolo 182, tra di essi
figurano la promozione del dialogo culturale, della creatività, della circolazione degli artisti e 82
Gli obiettivi fissati dal Programma Cultura 2000: “a) promozione del dialogo culturale e della reciproca conoscenza della cultura e della storia dei popoli europei; b) promozione della creatività e della diffusione transnazionale della cultura nonché della circolazione degli artisti, degli autori e di altri professionisti e operatori culturali nonché delle opere, dando grande rilievo a persone giovani e socialmente svantaggiate e alla diversità culturale; c) valorizzazione della diversità culturale e sviluppo di nuove forme di espressione culturale; d) condivisione e valorizzazione a livello europeo del patrimonio culturale comune di rilevanza europea; diffusione di know-how e promozione di buone prassi relative alla loro conservazione e salvaguardia; e) considerazione del ruolo della cultura nello sviluppo socioeconomico; f) promozione di un dialogo interculturale e di uno scambio reciproco tra le culture europee e quelle non europee; g) riconoscimento esplicito della cultura in quanto fattore economico e fattore di integrazione sociale e di cittadinanza; h) miglioramento dell'accesso e della partecipazione alla cultura nell'Unione europea del maggior numero possibile di cittadini”, Articolo 1, Decisione che
istituisce il programma «Cultura 2000», cit. 80.
47
dei professionisti culturali, la valorizzazione della diversità culturale, il riconoscimento della
cultura come fattore di sviluppo socioeconomico e la condivisione di buone pratiche. Sono
state previste diverse azioni, la descrizione delle quali è contenuta nell’Allegato I alla
Decisione:
- Azioni specifiche, innovative e/o sperimentali che realizzino progetti di durata
annuale di carattere innovativo e sperimentale, messe in essere da almeno tre Stati
partecipanti al programma, per le quali il sostegno comunitario non può superare il 60
% del bilancio dell'azione specifica e nella maggior parte dei casi non può essere
inferiore a 50000 e non può superare 150000 euro all'anno;
- Azioni integrate nel quadro di accordi di cooperazione culturale transnazionale
strutturata e pluriennale che sviluppino reti di operatori, organismi culturali,
istituzioni culturali, coinvolgendo i professionisti dei vari paesi partecipanti in vista
della realizzazione di progetti culturali strutturati sia all'interno che all'esterno della
Comunità e realizzando dei progetti di qualità e di dimensione europea che
coinvolgono almeno cinque Stati. Il sostegno della Comunità è destinato a coprire,
oltre a una parte del finanziamento del progetto, spese connesse all'instaurazione di
una cooperazione duratura, che può essere pluriennale, avente una forma giuridica
riconosciuta in uno degli Stati membri dell'Unione e non può superare il 60 % del
bilancio dell'accordo di cooperazione culturale, né l’ammontare di 300000 euro;
- Eventi culturali speciali con una risonanza europea o internazionale che abbiano
lo scopo di diffondere un senso di appartenenza e di sensibilizzare alla diversità e al
dialogo, tra i quali rientrano iniziative come la Capitale europea della cultura e il mese
culturale europeo, manifestazioni culturali innovative, premi europei nei diversi settori
culturali83 e progetti denominati "laboratori europei del patrimonio". Il sostegno
comunitario a tali azioni non può superare il 60 % del bilancio dell'azione culturale
speciale.
83
Tra i premi europei possiamo ricordare: lo European Film Awards, co-finanziato dal programma MEDIA dell’UE
(http://www.europeanfilmawards.eu/en_EN/home), il Premio per il Patrimonio culturale UE, lanciato nel 2002 dalla
Commissione e che gode di finanziamenti nell’ambito dei programmi culturali europei
(http://www.europanostra.org/heritage-awards/), il Premio Europeo per la Letteratura, anch’esso finanziato dai programmi
culturali UE (http://www.euprizeliterature.eu/what-eupl) e il Premio Biennale dell’UE per l’Architettura Contemporanea,
lanciato nel 1988 dal commissario Carlo Ripa di Meana e diventato premio ufficiale europeo nel 2001
(http://www.miesarch.com/).
48
Il programma avrebbe dovuto concludersi il 31 dicembre 2004, ma con la Decisione
626/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, è stato prolungato fino al 31 dicembre
200684. Così come affermato nel testo di tale Decisone, “occorre garantire la continuità
dell’azione culturale comunitaria” nell’ottica dell’allargamento a 25 Membri dell’Unione e
dell’allineamento del futuro Programma Cultura 2007 alla nuova programmazione finanziaria.
L’articolo 1 informa quindi che la dotazione finanziaria del programma per il periodo 2000-
2007 ammonta a 236.5 milioni di euro.
A programma concluso, la Commissione ha fornito una Relazione rivolta a Consiglio,
Parlamento, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni85, intesa sia a
valutare se le iniziative adottate nell’ambito di Cultura 2000 avessero contribuito in misura
significativa agli obiettivi specifici del Programma e agli obiettivi generali dell'azione della
Comunità nel settore della cultura, sia a fornire indicazioni utili alla realizzazione del nuovo
programma Cultura 2007-2013. Sotto un punto di vista di coerenza del Programma con la
politica comunitaria in generale, la valutazione rileva che, nonostante una forte proporzione di
programmi europei presentassero elementi di similarità tra i loro obiettivi, i loro destinatari, i
loro risultati, i loro effetti e il Programma Cultura 2000, quest’ultimo è stato comunque
complementare rispetto ad essi e non ha costituito un doppione di attività intraprese nel
quadro di altri programmi. Il programma Cultura 2000 sembra inoltre aver dato un forte
impulso al dialogo culturale tra i paesi partecipanti. Tuttavia è stato evidenziata una carenza di
visibilità del programma, non facilmente comunicabile e pubblicizzabile agli operatori, i quali
hanno segnalato anche la presenza di barriere, specie in fatto di risorse finanziarie, che hanno
impedito la partecipazione al programma di tutti gli attori culturali potenzialmente interessati.
Tale ostacolo è stato associato all’esiguità del budget comunitario riservato all’attuazione del
programma. Infine , per quanto riguarda i cambiamenti prodotti da Cultura 2000, “gli
operatori culturali europei hanno avuto modo di partecipare a un vasto programma di
cooperazione transnazionale” che ha coinvolto oltre 30 paesi, e sostengono di “aver stabilito,
rafforzato ed esteso reti transnazionali attraverso l'Europa” che si protraggono oltre la durata
del finanziamento (punti 4 e 5 della Relazione). Come afferma la Commissione a conclusione
della propria relazione: “Oltre 1500 sovvenzioni sono state concesse a operatori culturali nel
84
Parlamento europeo e Consiglio, Decisione n. 626/2004/CE che modifica la decisione n. 508/2000/CE che istituisce il
programma "Cultura 2000”, del 31 marzo 2004.
85Consultabile all’indirizzo http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?qid=1421422156011&uri=CELEX:52008DC0231
49
quadro delle azioni del Programma nel periodo 2000-2006, per un importo complessivo
superiore a 190 milioni di euro”, dimostrando come, nonostante i limiti e gli aspetti
migliorabili, una possibilità del genere non fosse ancora stata data da nessun altro programma
europeo.
Tra le azioni incluse nell’ambito del finanziamento al programma Cultura 2000, rientra anche
la misura Capitali europee della cultura86. Si tratta di eventi speciali che, per la loro
straordinaria portata e per la risonanza significativa che hanno presso la popolazione europea,
dovrebbero contribuire a diffondere una maggiore consapevolezza di appartenere a una stessa
comunità, nonché a sensibilizzare alla diversità culturale degli Stati membri e al dialogo
interculturale e internazionale.
3.2.1 Capitali europee della Cultura
Con la decisione 1419/1999/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, che stabilisce
un’azione comunitaria a favore della manifestazione Capitale europea della cultura87 si
afferma che la designazione della Capitale europea della cultura contribuisce a “valorizzare la
ricchezza la diversità e le caratteristiche comuni delle culture europee e permette una migliore
conoscenza reciproca fra i cittadini dell’Unione Europea” (art.1). L’azione viene lanciata per
la prima volta il 13 giugno 1985 dal Consiglio dei Ministri e su iniziativa di Melina Mercuri,
allora ministro alla cultura greco88. La prima Capitale della cultura è stata Atene, da allora
l’iniziativa ha avuto continuità e successo. Le città sono state scelte su base intergovernativa
fino al 2004, secondo l’articolo 2, paragrafo 2 della Decisione 1419/1999/CE: “La
Commissione costituisce ogni anno una giuria alla quale è affidato il compito di elaborare una
relazione sulla o sulle candidature presentate alla luce degli obiettivi e delle caratteristiche
della presente azione. La giuria è composta da sette alte personalità indipendenti, esperti nel
86
Articolo I.3, lett. i) dell’Allegato I alla Decisione 508/2000/CE concernente le Azioni e le Misure di applicazione del
Programma Cultura 2000.
87 Parlamento europeo e Consiglio, Decisione n. 1419/1999/CE riguardante un'azione comunitaria a favore della
manifestazione «La capitale europea della cultura" per gli anni dal 2005 al 2019, del 25 maggio 1999.
88 Risoluzione dei ministri responsabili degli affari culturali, riuniti in sede di Consiglio del 13 giugno 1985 relativa
all'organizzazione annuale della manifestazione Città europea della cultura (85/C 153/02).
50
settore culturale, di cui due nominati dal Parlamento europeo, due dal Consiglio, due dalla
Commissione e uno dal Comitato delle regioni”. Varie modifiche si susseguono a tale
Decisione: dal 2005 sono i ministri della cultura riuniti in sede di Consiglio a indicare la città
vincitrice del titolo e, alla luce dell’allargamento, dal 2009 gli Stati ammessi a candidare le
loro città a Capitali diventano due per ogni anno89. Ogni città candidata deve elaborare un
progetto culturale, di dimensione europea, basato soprattutto sulla cooperazione culturale,
conformemente agli obiettivi e alle azioni di cui all'articolo 151 del trattato CE (ora art. 167
TFUE), che indichi quali azioni saranno messe in pratica e, una volta decretata vincitrice,
deve organizzare un programma di manifestazioni culturali che valorizzi la cultura propria e il
patrimonio culturale della città nonché il suo posto nel patrimonio culturale comune, allo
scopo di instaurare cooperazioni europee durature (articoli 3 e 5). L’Italia in passato ha avuto
come Capitali Firenze nel 1986, Bologna nel 200090 e Genova nel 2004. Per i prossimi anni le
Capitali sono state così designate: 2015 - Mons, Belgio e Plzeň, Repubblica Ceca; 2016 -
Donostia-San Sebastián, Spagna e Wrocław, Polonia; 2017 - Aarhus, Danimarca e Paphos,
Cipro; 2018 - La Valletta, Malta e Leeuwarden, Paesi Bassi; infine, le città che si sono
aggiudicate il titolo per il 2019 solo pochi mesi fa sono Matera, Italia e Plovdiv, Bulgaria.
3.3 Agenda europea per la cultura in un mondo in via di globalizzazione
La comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato
economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni su un'agenda europea per la cultura
89
Parlamento europeo, Risoluzione legislativa sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che
modifica la decisione 1419/1999/CE riguardante un'azione comunitaria a favore della manifestazione La capitale europea
della cultura per gli anni dal 2005 al 2019 (COM(2003) 700 - C5-0548/2003 - 2003/0274(COD)).
90 Riguardo l’impatto reale di tale iniziativa sulle città vincitrici, e in particolare sulla città di Bologna, rimando ad un articolo
di Luca Zan, Sara Bonini Baraldi e Federica Onofri pubblicato da Aedon. Nell’articolo si prendono in considerazioni i dieci
anni di progettazione culturale della città dopo il 2000, anno in cui Bologna è stata Capitale europea della cultura e
l’immagine che ne viene delineata non appare incoraggiante: “L’analisi realizzata mette infatti in luce diverse debolezze:
l’assenza di un approccio sistemico alla pianificazione e la carenza di una qualsivoglia logica di project management; la
persistente mancanza di una valutazione esplicita delle azioni realizzate (o non realizzate) nel passato al fine di orientare le
politiche future; la mancanza di una valutazione economica (in termini di budget o di business plan) prima di e come
componente del processo decisionale; la carenza di attenzione alle questioni organizzative (quali il contesto e i vincoli
amministrativi), sia nella fase di pianificazione che di implementazione”, oltre che evidenziare le conseguenze generate
dalla mancanza di una leadership politica. Zan L., Bonini Baraldi S., Onofri F., Capitali europee della cultura e politiche
culturali, riflessioni di lungo periodo sul caso di Bologna 2000, in AEDON, n. 1/2013.
51
in un mondo in via di globalizzazione91 si apre citando un uomo di teatro come Dario Fo, il
quale afferma: “Ancora prima che l'Europa fosse unita a livello economico o fosse concepita
in termini di interessi economici e di scambi, è stata la cultura a unire tutti i paesi d'Europa.
Le arti, la letteratura e la musica sono il collante dell'Europa”. Partendo quindi dalla necessità
di conciliare la tutela e la valorizzazione delle diversità culturali e l’identità europea con un
mondo in via di globalizzazione “cui i nuovi strumenti di comunicazione offrono un accesso
senza precedenti”, viene riconosciuto che “l'UE ha un eccezionale ruolo da svolgere nella
promozione della sua ricchezza e diversità culturali in Europa e nel mondo. Si riconosce
anche che la cultura è un elemento essenziale per conseguire gli obiettivi strategici dell'UE in
materia di prosperità, solidarietà e sicurezza, e garantire nel contempo una presenza più forte
sulla scena internazionale” (parte introduttiva della comunicazione). Basti pensare che
l’Agenda europea per la cultura viene formulata subito dopo l’entrata in vigore della
convenzione UNESCO sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni
culturali (vedi cap. 4, par. 3.1.5), Convenzione cui l’Unione europea ha attivamente
contribuito. La Commissione prosegue nella sua Comunicazione elencando i programmi e le
politiche attraverso i quali l’Europa contribuisce alla promozione delle attività culturali: in
modo diretto, sulla base dell’articolo 151CE, oppure in modo indiretto, sulla base del
paragrafo 4 dello stesso articolo e sulla base dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera d), in materia
di aiuti concessi dagli stati92. Come ultimo aspetto introduttivo, vengono illustrate le azioni in
ambito culturale nelle relazioni esterne dell’UE, che conciliano dialogo interculturale e tutela
dei diritti umani a un'ampia gamma di progetti e programmi culturali nel quadro
dell'assistenza tecnica e finanziaria che l'Unione fornisce alle regioni in via di sviluppo del
mondo. Venendo ai principi che dovrebbero guidare l’azione comunitaria illustrati
dall’Agenda, la Commissione individua una triplice serie di obiettivi tra loro correlati:
- la promozione della diversità culturale e del dialogo interculturale;
- la promozione della cultura quale catalizzatore della creatività nel quadro della
strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione;
91
Commissione europea, Comunicazione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al
Comitato delle regioni - Comunicazione su un'agenda europea per la cultura in un mondo in via di globalizzazione,
COM/2007/0242 def.
92 “Possono considerarsi compatibili con il mercato comune: d) gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione
del patrimonio, quando non alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza nella Comunità in misura contraria
all'interesse comune”, Art. 87, punto 3, lett. d, Trattato CE (attuale art. 107 TFUE).
52
- la promozione della cultura quale elemento essenziale delle relazioni internazionali
dell'UE.
Facendo riferimento a tali principi, l’Agenda intende incoraggiare la mobilità degli artisti e
dei lavoratori del settore culturale, nonché la circolazione di qualsiasi forma di espressione
artistica; stimolare il rafforzamento delle competenze interculturali e del dialogo interculturale
sviluppando competenze chiave tra cui la comunicazione nelle lingue straniere (punto 3.1
della Comunicazione); promuovere la creatività in materia di istruzione e integrare questa
dimensione nelle misure d'istruzione e di formazione permanente; rafforzare le capacità
organizzative del settore culturale ponendo l'accento sullo spirito di impresa e sulla
formazione del settore culturale alla gestione (fonti di finanziamento innovative, dimensione
europea delle attività commerciali ecc.); sviluppare partenariati efficaci fra il settore della
cultura e di altri settori allo scopo di accrescere l'impatto degli investimenti nella cultura
(punto 3.2 della Comunicazione); proseguire il dialogo politico nel settore culturale e
promuovere gli scambi culturali fra l'UE e i paesi extra UE; promuovere l'accesso ai mercati
mondiali dei beni e dei servizi culturali provenienti da paesi in via di sviluppo; tener conto
della cultura locale in tutti i progetti finanziati dall'UE; intensificare la partecipazione dell'UE
ai lavori delle organizzazioni internazionali attive nel settore della cultura (punto 3.3 della
Comunicazione). Per l’attuazione di detti obiettivi, le azioni e le raccomandazioni da mettere
in pratica sono numerose, ma tutte implicano un dialogo strutturato tra Commissione e settore
culturale, dialogo che presuppone maggiori strutturazione e coordinamento di tale settore93.
La Commissione, considerate le peculiarità del settore e i risultati positivi generati in altri
settori , nei quali “ha contribuito a rafforzare l'elaborazione di politiche da parte degli Stati
membri, in quanto la partecipazione regolare a un processo europeo valorizza tali politiche a
livello nazionale, fornendo un ulteriore stimolo”, ha consentito anche “agli Stati membri di
apprendere l'uno dall'altro”, offrendo “ai protagonisti attivi in questi ambiti politici la
possibilità, che altrimenti non avrebbero, di far sentire la propria voce a livello europeo”
(punto 4.2 della Comunicazione), propone l’utilizzo del Metodo Aperto di Coordinamento94
93
“La Commissione riconosce tuttavia le peculiarità del settore, in particolare la sua eterogeneità (organizzazioni
professionali, istituzioni culturali più o meno indipendenti, organizzazioni non governative, reti europee e non, fondazioni,
ecc.), la mancanza – in passato – di comunicazione tra le industrie culturali e altri protagonisti della cultura, nonché le sfide
che questa situazione pone in rapporto a una maggiore strutturazione del settore. Tutto ciò ha indebolito la capacità del
settore culturale di far sentire la propria voce a livello europeo”, Comunicazione per un Agenda europea della cultura, cit.
91, punto 4.2.
94 Il piano di lavoro 2008-2010 adottato dal Consiglio ha istituito quattro gruppi di esperti che collaborano attraverso l’OCM
al fine di condividere esperienze e sviluppare raccomandazioni politiche (i gruppi sono ICC, Sinergie cultura-istruzione,
53
(MAC) come strumento adatto a creare un quadro di cooperazione in ambito culturale efficace
non lesivo delle sovranità statali e locali. Come ultimo punto, forse quello con le maggiori
implicazioni per la futura programmazione, l’Agenda prevede un incremento
dell’integrazione della cultura in tutte le politiche pertinenti, in forza dell’articolo 151, par. 4
del Trattato CE, per cui “la Comunità è chiamata a tener conto degli aspetti culturali
nell'azione che svolge a norma di altre disposizioni del trattato, in particolare ai fini di
rispettare e promuovere la diversità delle sue culture”. Per quanto attiene alla dimensione
esterna, un'attenzione particolare è riservata al dialogo multiculturale e interculturale e
interreligioso, alla promozione della comprensione tra l'UE e i suoi partner internazionali e
all'apertura sempre maggiore verso un pubblico più vasto nei paesi partner. Proprio in
riferimento a quest’ultimo aspetto, dal momento dell’adozione dell’Agenda, la promozione
della cultura nelle relazioni esterne dell’UE ha ricevuto maggiore impulso, ad esempio
attraverso:
- una nuova strategia Euromed 95sulla cultura;
- notevoli sforzi per la riqualificazione del patrimonio culturale nei paesi candidati
all’adesione all’UE, nell’ambito dello strumento di assistenza preadesione (IPA)96;
- un processo volto a rafforzare il ruolo della cultura nelle politiche di sviluppo, avviato
nel 2009;
- il programma MEDIA Mundus (2011-2013)97, che ha proseguito l’azione preparatoria
di MEDIA International;
- numerosi partenariati bilaterali stipulati con paesi partner sviluppati o emergenti98.
Mobilità degli artisti, Mobilità delle collezioni). Il processo OCM si è rivelato un valido quadro di riferimento per il lavoro in
rete e uno strumento di cooperazione efficace. Commissione Europea, Relazione sull’attuazione dell’Agenda europea per la
cultura, cit. 79.
95 Si tratta del programma Euromed Heritage 4, inserito nella Politica Europea di Vicinato, che ha finanziato con 17 mln di
euro progetti intesi a favorire una più ampia diffusione dell’educazione al patrimonio locale in diversi Paesi dell’area del
Mediterraneo. Consultabile all’indirizzo http://www.euromedheritage.net/intern.cfm?menuID=7.
96 Consiglio, Regolamento (CE) n. 1085/2006 che istituisce uno strumento di assistenza preadesione (IPA), del 17 luglio
2006, modificato dal Regolamento (UE) n. 540/2010.
97 Parlamento europeo e Consiglio, Decisione n. 1041/2009/CE che istituisce un programma di cooperazione nel settore
audiovisivo con i paesi terzi (MEDIA Mundus), del 21 ottobre 2009 , consultabile all’indirizzo http://eur-lex.europa.eu/legal-
content/IT/ALL/?uri=CELEX:32009D1041.
98 Per citare solo alcuni esempi, nel 2008 è stata ufficialmente istituita una relazione strategica tra UE e Messico; nel 2009
si è svolto a Mosca il seminario ad alto livello “Russia-UE: segnali sulla strada della cooperazione culturale”; nello stesso
54
Per quanto attiene la dimensione interna, invece, occorre rilevare diversi sviluppi che hanno
contribuito a realizzare gli obiettivi previsti dall’Agenda: l’istituzione dell’Anno europeo del
dialogo interculturale nel 200899 e dell’Anno europeo della creatività e dell’innovazione nel
2009100, un intenso lavoro dei gruppi OCM dedicati alla mobilità degli artisti e della
collezioni, numerosi comunicazioni ufficiali riguardanti l’importanza della promozione di una
generazione creativa101, del multilinguismo102, dell’industria culturale e creativa103 la
creazione di Europeana104 nel campo della digitalizzazione come strumento di accesso alla
cultura, l’istituzione del marchio del patrimonio europeo da parte del Parlamento europeo e
del Consiglio105 e , last but not least, lo sviluppo di metodologie di produzione statistiche
culturali armonizzate tramite il sostegno di Eurostat106.
In conclusione, è emblematica l’affermazione della Commissione riguardo al ruolo cui
l’Europa potrebbe/vorrebbe ambire in ambito internazionale: “L'UE è ed aspira a diventare
ancora di più un modello di "potere morbido" ( soft power ), fondato su norme e valori, quali
la dignità umana, la solidarietà, la tolleranza, la libertà di espressione, il rispetto della
diversità e il dialogo interculturale, i quali possono rappresentare un modello di riferimento
per il mondo di domani, purché sostenuti e promossi” (introduzione alla Comunicazione). A
partire dall’adozione dell’Agenda, le potenzialità della cooperazione in materia di politica
anno si sono implementate ufficiali relazioni culturali nell’ambito dei partenariati tra UE e Brasile e tra UE e Cina.
Commissione Europea, Relazione sull’attuazione dell’Agenda europea per la cultura, cit. 79.
99 Per approfondire, http://europa.eu/legislation_summaries/culture/l29017_it.htm
100 Per approfondire, http://europa.eu/legislation_summaries/culture/l29020_it.htm
101 Consiglio, Conclusioni sulla cultura come catalizzatore per la creatività e l'innovazione, 12 maggio 2009, Doc. 8175/1/09
REV 1; Consiglio, Conclusioni sulla promozione di una generazione creativa — Sviluppare la creatività e la capacità
d'innovazione dei bambini e dei giovani mediante l'espressione culturale e l'accesso alla cultura, del 27 novembre 2009, GU
C 301 dell'11.12.2009, pag. 9.
102 Per approfondire, http://europa.eu/legislation_summaries/education_training_youth/lifelong_learning/ef0003_it.htm.
103 Commissione europea, Libro verde sul potenziale delle industri culturali e creative, del 27 aprile 2010, COM(2010) 183
def., all’indirizzo http://europa.eu/legislation_summaries/culture/cu0006_it.htm.
104 Europeana è una piattaforma web che permette l’accesso ad un ampio numero di opere d’arte digitalizzate, provenienti
da tutta Europa. La sua particolarità è il collegamento con tutti i più diffusi social network come Facebook, Pinterest e
Twitter. http://www.europeana.eu/
105 Per approfondire, http://europa.eu/legislation_summaries/culture/cu0009_it.htm.
106 La più recente statistica Eurostat per quanto riguarda la cultura risale al 2011,
http://ec.europa.eu/eurostat/documents/3930297/5967138/KS-32-10-374-EN.PDF/07591da7-d016-4065-9676-
27386f900857?version=1.0.
55
culturale sono state evidenziate, inoltre, sia nell’ambito della strategia Europa 2020 proposta
dalla Commissione, sia come catalizzatore dello sviluppo locale e regionale, la cultura può
svolgere un ruolo fondamentale.
3.4 Programma Cultura 2007-2013
Come per i precedenti programmi, la base giuridica per l’azione europea in materia culturale è
l’articolo 167 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (il precedente art. 151
TCE): come abbiamo già ricordato, tale articolo prevede la promozione della diversità
culturale e la valorizzazione del retaggio culturale comune nel rispetto del principio di
sussidiarietà. In questo ambito rientra anche il programma Cultura 2007-2013, che costituisce
il seguito del programma Cultura 2000 e dei precedenti programmi Raffaello, Arianna e
Caleidoscopio (cfr. capitolo 2). Il programma viene istituito dalla decisione n. 1855/2006/CE
del Parlamento europeo e del Consiglio107, del 12 dicembre 2006 e, come i programmi
precedenti, persegue tre obiettivi principali:
- favorire la mobilità transnazionale dei professionisti del settore culturale;
- favorire la circolazione delle opere d'arte e dei prodotti culturali e artistici al di là delle
frontiere nazionali;
- promuovere il dialogo interculturale.
L’articolo 3 della decisione esplicita infatti gli scopi del programma tra i quali figurano la
valorizzazione di uno spazio culturale europeo condiviso, la cooperazione tra gli operatori e le
istituzioni culturali, la partecipazione delle industrie culturali, soprattutto di quelle di piccole e
medie dimensioni, allo scopo di favorire l’emergere di un genuino senso di cittadinanza
europea. È esclusa la partecipazione al programma delle industrie audiovisive (“Il programma
è aperto alla partecipazione delle industrie culturali non audiovisive”, art. 3, punto1), poiché
ad esse è riservata una diversa linea di finanziamento, attraverso il programma MEDIA. La
durata del programma è di sette anni, dal primo gennaio 2007 al 31 dicembre 2013 e la
107
Parlamento europeo e Consiglio, Decisione n. 1855/2006/CE che istituisce il programma Cultura (2007- 2013), 12
dicembre 2006, all’indirizzo http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:32006D1855.
56
dotazione finanziaria è fissata a 400 milioni di euro108, indicativamente così ripartita: circa il
77 % per il sostegno alle azioni culturali; circa il 10 % per il sostegno agli organismi; circa il
5 % per l'analisi e l'informazione; circa il 8 % per la gestione del programma. Come per i
programmi precedenti, vengono previste diversi ambiti d’intervento con azioni che vengono
descritte in modo dettagliato dall’Allegato alla decisione, ma fondamentalmente il sostegno
comunitario si articola in tre settori, così come precisato dall’articolo 4: sostegno ad azioni
culturali (sviluppate attraverso progetti di cooperazione pluriennale, azioni di cooperazione e
azioni speciali109), sostegno ad enti e organizzazioni culturali impegnati in ambito europeo e
sostegno ad attività di ricerca, analisi e diffusione dei risultati dei progetti. Rispetto ai periodi
precedenti di programmazione si possono rilevare alcune importanti evoluzioni, come
un’ulteriore decisa apertura alla partecipazione dei paesi terzi, prevista dall’articolo 5 e,
molto importante, la complementarietà della politica culturale con altri strumenti d’azione
comunitaria, così come esplicitato dall’articolo 7: “La Commissione garantisce l’articolazione
tra il programma e altri strumenti d'azione comunitari, in particolare quelli riguardanti i fondi
strutturali e quelli nei settori dell’istruzione, della formazione professionale, della ricerca,
della società dell'informazione, della cittadinanza, della gioventù, dello sport, delle lingue,
dell’inclusione sociale, delle relazioni esterne dell'UE e della lotta contro tutte le forme di
discriminazione”. La cultura, dunque, appare sempre maggiormente integrata e trasversale
alle politiche europee. Al fine di una maggiore efficienza dell’azione in tale ambito, vengono
rafforzati diversi strumenti di assistenza e gestione: i cosiddetti Cultural contact point
costituiscono infatti il canale di collegamento informativo rispetto ai vari aspetti del
programma più vicino ai cittadini e devono, tra le altre cose, “agevolare l'accesso al
108
Si può rilevare un deciso incremento della dotazione finanziaria rispetto al periodo di programmazione precedente, per
il quale la cifra prevista era di 236 milioni di euro.
109 Così come illustrato nell’Allegato: “Il programma sostiene progetti di cooperazione culturale duraturi e strutturati volti a riunire le qualità e le competenze specifiche degli operatori culturali in tutta Europa […] A ciascun progetto di cooperazione devono partecipare almeno sei operatori di sei paesi diversi partecipanti al programma. Il suo scopo consiste nel riunire vari operatori di uno o più settori attorno a diverse attività pluriennali, che possono essere di natura settoriale o transettoriale, ma che devono perseguire un obiettivo comune”; “Il programma sostiene azioni di cooperazione culturale di natura settoriale o trans-settoriale tra operatori europei. In esse dovrà prevalere l’aspetto della creatività e dell’innovazione […] Ogni azione deve essere concepita e realizzata in partenariato da almeno tre operatori culturali di tre paesi partecipanti diversi, indipendentemente dal fatto che tali operatori siano di uno o di più settori […] Il sostegno comunitario non può superare il 50 % del bilancio del progetto e non può essere né inferiore a 50 000 EUR né superiore a 200 000 EUR. Il sostegno è concesso per 24 mesi al massimo”; “Sono speciali le azioni che presentano una dimensione e una portata rilevanti, hanno una risonanza significativa presso i popoli dell’Europa e contribuiscono a una migliore presa di coscienza dell’appartenenza ad una stessa comunità, alla sensibilizzazione alla diversità culturale degli Stati membri e al dialogo interculturale ed internazionale. […] Queste azioni speciali contribuiscono altresì a rendere più visibile l'azione culturale comunitaria sia all'interno che all'esterno dell'Unione europea. Contribuiscono altresì a accrescere la consapevolezza globale della ricchezza e diversità della cultura europea”.
57
programma e incoraggiare la partecipazione del maggior numero possibile di professionisti e
di operatori culturali grazie ad una diffusione effettiva delle informazioni e sviluppando tra
loro le appropriate iniziative in rete; garantire un contatto efficace con le diverse istituzioni
che sostengono il settore culturale negli Stati membri, contribuendo in tal modo alla
complementarità tra le azioni del programma e le misure di sostegno nazionali” (punto 3.1
dell’Allegato). Inoltre, con la decisione 2009/336/CE, la Commissione affida la gestione del
programma ad un’Agenzia esecutiva per l'istruzione, gli audiovisivi e la cultura110, che
persegue gli obiettivi di mettere in opera modalità più semplici per i beneficiari,
semplificando i formulari e rendendo più trasparenti le procedure e l’informazione relativa
alla concessione delle sovvenzioni. La Commissione, attraverso la sua Direzione Generale
Education and Culture (EAC), gestisce direttamente gli aspetti che riguardano le Capitali
Europee della Cultura e dei Premi europei in tale settore, mentre all’Agenzia esecutiva è
affidata la gestione di tutte le altre azioni previste dal programma. Non è ancora stata
elaborata alcuna relazione finale sui risultati del programma, relazione che probabilmente sarà
elaborata dalla Commissione nel corso del 2015, tuttavia, già dalla valutazione intermedia111
realizzata nel gennaio 2011, emergono informazioni interessanti. Anzitutto il contributo del
programma al rispetto della diversità culturale, così come previsto dall’art. 167 TFUE,
dall’art. 22 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE e dagli obblighi derivanti
dall’adesione alla Convenzione UNESCO del 2005, si è dimostrato certamente sostanziale: gli
obiettivi del programma hanno permesso il raggiungimento di tali finalità e si sono rivelati,
inoltre, strettamente collegati a quelli enunciati nel 2007 dall’Agenda europea per la cultura.
Secondo la relazione “ il programma ha in generale ottenuto buoni risultati […] Nel quadro
del programma sono state attribuite a operatori culturali nel periodo 2007-2009 oltre 700
sovvenzioni, che hanno interessato circa 3000 organizzazioni, per un importo totale superiore
a 120 milioni di euro”. Da rilevare il notevole miglioramento rispetto al programma
precedente dell’efficienza delle procedure di domanda e gestione, che, grazie a diverse misure
adottate da Commissione e EACEA, si sono rivelate per i richiedenti più semplici e rapide (da
52 a 140 giorni più brevi che in passato, riporta la relazione). Inoltre i cultural contact point
han saputo fornire un servizio soddisfacente, collaborando con l’EACEA e dando buona
110
Parleremo dell’Agenzia esecutiva nel paragrafo successivo.
111 Commissione europea, Relazione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato
delle regioni: valutazione intermedia dell’attuazione del programma Cultura, Bruxelles 10 gennaio 2011, COM(2010) 810
def.
58
visibilità al programma. La relazione della Commissione evidenzia anche alcuni punti deboli,
soprattutto in riferimento ai fondi disponibili: la domanda di finanziamenti è stata molto alta
e, al momento in cui il rapporto è stato stilato, una richiesta di finanziamento su quattro per i
progetti di cooperazione e una su tre per gli organismi attivi a livello europeo non ha potuto
essere accolta. Il numero dei progetti con paesi terzi si è rivelato limitato e, anche nei casi di
progetti giunti a buon fine, la cooperazione transnazionale non ha potuto prolungarsi oltre il
periodo del finanziamento, a causa degli alti costi, della frammentazione culturale e
linguistica e della congiuntura economica. Da un punto di vista generale, tuttavia, il
programma ha avuto effetti positivi a lungo termine: la cooperazione transfrontaliera, la
creazione artistica e letteraria e la circolazione degli artisti e delle espressioni culturali sono
state promosse efficacemente, l’accesso ai finanziamenti del programma è stato agevole anche
per organizzazioni culturali senza scopo di lucro e di piccole o medie dimensioni, soprattutto
provenienti dal mondo dello spettacolo e, infine, si è rilevata una correlazione positiva tra la
partecipazione e la dimensione dei Paesi.
Di seguito esamineremo alcune azioni specifiche collegate al programma Cultura 2007-2013,
le quali concorrono a creare un quadro sempre più omogeneo di interventi europei in ambito
culturale. Esamineremo la creazione dell’Agenzia esecutiva per l’istruzione, gli audiovisivi e
la cultura (EACEA) e le azioni Europa per i cittadini e Gioventù in azione.
3.4.1 Istituzione dell’Agenzia esecutiva per l’istruzione, gli audiovisivi e la cultura
(EACEA)
Abrogando alla precedente decisione 2005/56/CE, con la decisione del 20 aprile 2009112, la
Commissione istituisce l’Agenzia esecutiva per l’istruzione, gli audiovisivi e la cultura
EACEA, alla quale viene affidata l’esecuzione degli aspetti tecnici del programma cultura,
considerando che il “ricorso ad un’agenzia esecutiva per la gestione di alcuni aspetti
centralizzati di programmi nei settori dell’istruzione e della cultura rappresenta la soluzione
più vantaggiosa tanto sul piano finanziario quanto sul piano non finanziario” (considerando n. 112
Commissione europea, Decisione 2009/336/CE, che istituisce l’Agenzia esecutiva per l’istruzione, gli audiovisivi e la
cultura per la gestione dell’azione comunitaria nei settori dell’istruzione, degli audiovisivi e della cultura, 20 aprile 2009,
consultabile all’indirizzo http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?qid=1421782311293&uri=CELEX:32009D0336. Il
sito dell’agenzia è http://eacea.ec.europa.eu/index_en.php.
59
9 della Decisione). L’agenzia è istituita fino al 31 dicembre 2015 ed è responsabile della
gestione di alcuni aspetti di numerosi programmi comunitari quali PHARE, MEDIA II e
MEDIA PLUS, Socrate, Leonardo da Vinci, Gioventù, Cultura113. I compiti dell’Agenzia
includono la gestione del ciclo di vita dei progetti in esecuzione dei programmi comunitari
che le sono affidati, l’adozione degli strumenti di esecuzione del bilancio delle entrate e delle
spese, la continua comunicazione con la Commissione attraverso raccolta dati e analisi
nonché la diffusione di studi. Inoltre, il terzo punto dell’articolo 4 afferma che “l’agenzia può
essere incaricata dalla Commissione, previo parere del comitato delle agenzie esecutive,
dell’esecuzione di compiti della stessa natura nell’ambito di altri programmi comunitari nei
settori dell’istruzione, degli audiovisivi e della cultura”, lasciando quindi presagire una certa
fluidità nel tempo delle competenze affidate all’Agenzia. L’AECEA dipende quindi
direttamente dalla Commissione, alla quale deve rendicontare le proprie attività, finanziate
attraverso risorse attinte dalla dotazione finanziaria dei programmi interessati (artt. 6 e 7 della
Decisione). Con la decisione 2013/776/UE114 i compiti dell’Agenzia vengono ulteriormente
ampliati e la sua istituzione viene prolungata fino al 31 dicembre 2024. Con il lancio dei
nuovi programmi del 2014, le competenze dell’Agenzia sono estese all’esecuzione di alcune
parti dei programmi Erasmus +, Europa Creativa, Europa per i cittadini, Volontari europei per
l’aiuto umanitario e dei progetti nel settore dell’istruzione superiore attuati nell’ambito di
alcuni strumenti di cooperazione esterna. Tale fiducia riservata all’AECEA deriva dalla
constatazione di reali benefici generati dalla sua attività, così come evidenziati dal settimo
considerando della Decisione 2013/776/UE: l’Agenzia ha dato prova di un’elevata
competenza tecnica e finanziaria nella gestione dei programmi dell’Unione. I beneficiari e gli
altri soggetti interessati ritengono che l’Agenzia fornisca un servizio di migliore qualità
rispetto alla struttura precedente (si trattava dell’Ufficio di assistenza tecnica). L’Agenzia è in
grado di attrarre e trattenere personale altamente qualificato e snellisce costantemente le
proprie procedure interne per migliorare la propria efficienza cercando di armonizzare gli
approcci tra i diversi programmi. Essa si avvale dello status di ente pubblico creato
espressamente per la gestione dei programmi nel settore dell’istruzione, degli audiovisivi e
della cultura e tale specializzazione migliora la visibilità dei programmi dell’UE presso le
113
Per la lista completa, fare riferimento all’articolo 4, punto 1 della Decisione 2009/336/CE, cit. 112.
114 Commissione europea, Decisione di esecuzione 2013/776/UE che istituisce l’Agenzia esecutiva per l’istruzione, gli
audiovisivi e la cultura e abroga la decisione 2009/336/CE, del 18 dicembre 2013.
60
parti interessate e il vasto pubblico. L’esistenza di un’entità unica che gestisce una serie di
programmi complementari genera effetti sinergici in termini di visibilità dell’azione dell’UE a
vantaggio di tutti i programmi.
3.4.2 Europa per i cittadini
La fase preparatoria al programma comunitario Europa per i cittadini è stata lunga e ha visto
un’ampia consultazione pubblica, condotta dalla Commissione dal dicembre 2004 al febbraio
2005, conclusasi con un forum consultivo il 3 e 4 febbraio 2005, la quale ha dato il via al
programma d’azione comunitaria per la promozione della cittadinanza europea attiva115
chiuso nel 2006. Allo scopo di non interrompere le azioni dedicate alla promozione della
cittadinanza attiva, con la decisione n. 1904/2006/CE116 viene istituito il programma-quadro
Europa per i cittadini, che mira a promuovere la comprensione e la cooperazione fra i cittadini
e le organizzazioni della società civile dei paesi europei, favorendo la loro interazione e le
loro attività in un contesto che rispetti la loro diversità pur nell’ambito di un’identità europea
fondata su valori, storia e cultura comuni (articolo 1 della decisione 1904/2006/CE). Le azioni
previste, illustrate dall’articolo 3, comprendono il gemellaggio di città, il sostegno finanziario
ai progetti delle organizzazioni della società civile, il contributo a premi artistici e conferenze
di respiro europeo, oltre che ad iniziative di preservazione dei siti archeologici collegati alle
deportazioni: tutte queste azioni mirano da un lato a promuovere il dialogo e lo scambio di
esperienze, opinioni e valori tra persone appartenenti a comunità altrimenti separate, dall’altro
lato intendono avvicinare la società civile e i cittadini alle istituzioni europee e ai valori
comuni che ne guidano l’azione. Il programma è accessibile alle autorità e alle organizzazioni
locali, ai centri di ricerca sulle politiche europee, ai gruppi di cittadini e ad altre
organizzazioni della società civile e il contributo europeo si realizza sotto forma di
convenzioni di sovvenzione o di contratti di appalto (articolo 4 della decisione
1904/2006/CE). Anche per questo programma, la partecipazione è aperta a paesi terzi 115
Consiglio, Decisione . 2004/100/CE che istituisce un programma d'azione comunitaria per la promozione della
cittadinanza europea attiva (partecipazione civica), del 26 gennaio 2004, consultabile all’indirizzo http://eur-
lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:32004D0100.
116 Parlamento europeo e Consiglio, Decisione n. 1904/2006/CE che istituisce, per il periodo 2007-2013, il programma
Europa per i cittadini mirante a promuovere la cittadinanza europea attiva, 12 dicembre 2006, all’indirizzo http://eur-
lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:32006D1904.
61
(articolo 5) e la collaborazione con altre organizzazioni internazionali è tenuta in
considerazione (articolo 7). La dotazione finanziaria è fissata a 215 milioni di euro
dall’articolo 11 e, a sottolineare ancora una volta lo stretto legame esistente tra politica
culturale e azione comunitaria globale “la Commissione assicura la coerenza e la
complementarità tra il presente programma e gli strumenti in altri settori d'azione della
Comunità, in particolare l'istruzione, la formazione professionale, la cultura, la gioventù, lo
sport, l'ambiente, il settore dell'audiovisivo e i media, i diritti e le libertà fondamentali,
l'inclusione sociale, l'uguaglianza tra i sessi, la lotta contro ogni forma di discriminazione,
razzismo e xenofobia, la ricerca scientifica, la società dell'informazione e l'azione esterna
della Comunità, in particolare a livello di politica europea di vicinato” (articolo 10, punto 1).
3.4.3 Gioventù in azione
La decisione n. 1719/2006/CE istituisce il programma Gioventù in azione117 per il periodo
2007-2013 con lo scopo di continuare e rafforzare l'azione e la cooperazione dell'UE nel
quadro del precedente programma d'azione Gioventù 2000-2006 e del programma per la
promozione di organismi attivi nel settore della gioventù (2004-2006). In linea con gli
obiettivi di protezione e promozione della diversità culturale “gli obiettivi generali del
programma contribuiscono allo sviluppo delle politiche dell’UE, in particolare per quanto
riguarda il riconoscimento della varietà culturale, multiculturale e linguistica dell’Europa, la
promozione della coesione sociale e la lotta contro ogni forma di discriminazione fondata sul
sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o
l’orientamento sessuale, e per quanto riguarda lo sviluppo sostenibile” (art. 1, punto 3 della
decisione 1719/2006/CE). Il programma comporta cinque obiettivi generali che sono
complementari alle attività dell'UE (formazione, cultura, sport o occupazione) e che
contribuiscono allo sviluppo delle politiche dell'Unione europea (diversità culturale, coesione
sociale, sviluppo sostenibile e contro le discriminazioni). Tali obiettivi generali comprendono
la promozione della cittadinanza attiva dei giovani, lo sviluppo della solidarietà e della
tolleranza fra i giovani per rafforzare la coesione sociale dell’UE, il sostegno alla
117
Parlamento europeo e Consiglio, Decisione n. 1719/2006/CE che istituisce il programma Gioventù in azione per il periodo
2007-2013, 15 novembre 2006, consultabile all’indirizzo http://eur-lex.europa.eu/legal-
content/IT/TXT/?uri=CELEX:32006D1719.
62
comprensione reciproca tra i giovani di paesi diversi, lo sviluppo della qualità dei sistemi e
delle organizzazioni impegnati nel settore della gioventù e la cooperazione europea nel settore
della gioventù, tenendo conto dei livelli locale e regionale (art. 3 della decisione
1719/2006/CE). Il programma risulta fortemente articolato e prevede cinque azioni che hanno
lo scopo di realizzare i suoi obiettivi generali e specifici, sostenendo progetti a scala ridotta,
senza scopo di lucro, che garantiscono la partecipazione attiva dei giovani compresi tra i 15 e
i 28 anni. L’articolo 4 elenca tali azioni:
- L'azione Gioventù per l’Europa ha l’obiettivo di potenziare gli scambi tra giovani e di
aumentare le loro possibilità attraverso partenariati transnazionali;
- L'azione Servizio volontario europeo (SVE) promuove diverse forme di attività di
volontariato all'interno e all'esterno dell'UE nella prospettiva di promuovere la
cittadinanza attiva e sostiene i progetti di volontariato in settori come la cultura, lo
sport, la protezione civile, l'ambiente e l'aiuto allo sviluppo di una durata fino a 12
mesi118;
- l’azione Gioventù per il mondo sostiene progetti organizzati con paesi non membri
dell’UE che abbiano firmato accordi con l'UE nel settore della gioventù, privilegiando
gli scambi di idee e di buone prassi, lo sviluppo di partenariati e di reti e lo sviluppo
della società civile;
- l'azione Sistemi di sostegno alla gioventù supporta gli organismi non governativi attivi
a livello europeo che favoriscano la partecipazione attiva dei giovani cittadini alla vita
pubblica e alla società ; supporta inoltre il Forum europeo della gioventù119 e le sue
attività e tutta una serie di attività di supporto e valorizzazione del programma stesso
(rete euro desk, seminari, conferenze..)
- l'azione Sostegno alla cooperazione europea nel settore della gioventù ha l’obiettivo di
organizzare il dialogo strutturato tra i vari soggetti del mondo della gioventù,
attraverso la creazione di reti, l’organizzazione della Settimana europea della gioventù
e la cooperazione dell’UE con altri organismi internazionali, anche mediante
l’applicazione del MAC.
118
Il servizio volontario europeo riscuote un discreto successo tra i giovani, per approfondimenti
http://www.serviziovolontarioeuropeo.com/.
119 Per maggiori informazioni riguardo il Forum europeo dei giovani, si rimanda al sito http://www.youthforum.org/.
63
L’articolo 13 fissa la dotazione finanziaria per il progetto a 885 milioni di euro e, nell’ottica
di integrare le azioni di diversi programmi, il punto 2 dell’articolo 11 enuncia che “ il
programma, ove sia compatibile, condivide risorse con altri strumenti comunitari, per
realizzare azioni che corrispondono agli obiettivi comuni del programma e di tali strumenti”.
3.5 Programma MEDIA
Occorre dedicare brevemente attenzione anche al settore audiovisivo europeo, al quale
compete un ruolo fondamentale nella costruzione della cittadinanza europea, “dal momento
che rappresenta uno dei principali vettori di trasmissione dei valori culturali e sociali
fondamentali comuni e condivisi dell’Unione tra gli europei, in particolare tra i giovani”
(primo considerando della decisione n. 1718/2006/CE120). Tale settore, come abbiamo già
avuto modo di constatare, è stato il primo ad esser interessato da un’azione comunitaria, in
quanto considerato anzitutto come un settore industriale e quindi sottoposto a tutti gli effetti al
regime di libera circolazione delle merci e dei servizi (le normative relative al settore
audiovisivo fanno infatti riferimento all’articolo 173 TFUE (ex art. 157 TCE), dedicato alla
competitività dell’industria nell’UE). In tale ambito l’azione europea si realizza in una duplice
direzione: anzitutto in una dimensione interna mirando a consentire al settore audiovisivo
europeo di promuovere il dialogo interculturale, favorire una maggiore conoscenza reciproca
fra le culture dell’Europa attraverso la circolazione di opere non nazionali, evitando però
l’emergere di pratiche protezioniste o discriminatorie da parte degli Stati; secondariamente, in
una dimensione esterna atta a rivendicare “l’eccezione culturale”, o meglio la “diversità
culturale” europea, tale sostegno ha come obiettivo quello di rafforzare la concorrenzialità, e
in particolare di aumentare la quota di mercato di cui godono le opere europee nel resto del
mondo. I programmi europeo di sostegno finanziario al settore mirano a realizzare gli
obiettivi interni di diffusione e promozione dell’industria audiovisiva, creando un forte
legame tra essa e il settore culturale in genere e quindi facendo riferimento anche all’articolo
167 TFUE (ex art. 151 TCE). Il programma MEDIA 2007 non è il primo realizzato dalla
Comunità: lo hanno preceduto i programmi MEDIA I, MEDIA II, MEDIA Plus e MEDIA-
120
Parlamento europeo e Consiglio, Decisione n. 1718/2006/CE relativa all’attuazione di un programma di sostegno al
settore audiovisivo europeo (MEDIA 2007), 15 novembre 2006.
64
Formazione, che hanno incoraggiato lo sviluppo dell’industria audiovisiva europea a partire
dal 1991. Nel corso di tutti questi anni è stato possibile constatare che il settore audiovisivo
europeo è caratterizzato da un notevole potenziale di crescita, innovazione e dinamismo
ostacolato tuttavia dalla frammentazione del mercato in funzione della diversità culturale e
linguistica e, di conseguenza, da un numero elevato di micro, piccole e medie imprese in stato
di cronica sottocapitalizzazione dovuta alla quasi totale mancanza di società specializzate nel
finanziamento dei prestiti al settore audiovisivo. Oltre all'aspetto culturale, il settore
audiovisivo europeo presenta del pari un forte potenziale sociale ed economico. Ecco quindi
che il sostegno comunitario al settore audiovisivo persegue tre obiettivi generali:
- conservare e valorizzare la diversità culturale e linguistica europea e il patrimonio
audiovisivo cinematografico europeo, garantire l'accesso al pubblico dello stesso e
favorire il dialogo tra le culture;
- accrescere la circolazione e la visibilità delle opere audiovisive europee all'interno e
all'esterno dell'Unione europea;
- rafforzare la concorrenzialità del settore audiovisivo europeo nel quadro di un mercato
europeo aperto e concorrenziale propizio all'occupazione (art. 1, punto 2).
Nello specifico l’azione comunitaria è tesa a incoraggiare la creazione, la conoscenza e la
diffusione del patrimonio audiovisivo e cinematografico europeo, rafforzando il settore
soprattutto attraverso le PMI, riducendo gli squilibri tra i paesi e le regioni europee e
sostenendo gli sviluppi del mercato digitale (art. 1, punto 4). Per la realizzazione di tali
obiettivi, l’intervento europeo si realizza su tre livelli: a monte della produzione audiovisiva
per favorire l'acquisizione e il perfezionamento delle competenze e lo sviluppo delle opere
audiovisive europee (fasi di preproduzione); a valle della produzione audiovisiva per
sostenere la distribuzione e la promozione delle opere audiovisive europee (fasi di
postproduzione); nel sostegno a favore di progetti pilota destinati a garantire l'adeguamento
del programma agli sviluppi del mercato121. Il programma è istituito dal primo gennaio 2007
al 31 dicembre 2013 e gode di una dotazione finanziaria di 754 950 000 euro. Non è ancora
stata elaborata una relazione definitiva sugli esiti del programma, tuttavia possiamo
121
Per approfondimenti, si rimanda al testo completo della Decisione n. 1718/2006/CE, cit. 111.
65
estrapolare alcuni dati dalla pubblicazione della Commissione “Cultura e Audiovisivo122”,
nella quale si sottolineano alcuni risultati significativi: da tale relazione risulta che il 54% dei
nuovi film distribuiti nel 2009 nelle sale cinematografiche dell’UE erano produzioni europee
(contro una percentuale del 36% nel 1989); inoltre, anche se il confronto può apparire
squilibrato se si pensa alle dimensioni dell’industria cinematografica statunitense, va rilevato
che numerosi film, in parte finanziati dal programma MEDIA, hanno ottenuto l’Oscar (ad
esempio The Artist nel 2012 e Slumdog Millionaire nel 2009). La rete Europa Cinema123,
promossa da MEDIA, coinvolge 682 città in 69 paesi, consentendo la circolazione di film
europei, spesso in lingua originale, in 3194 sale. Per sopperire alla carenza di fonti di
finanziamento alle PMI del settore, nel 2010 il programma MEDIA ha lanciato il fondo di
garanzia per la produzione che incoraggia le banche a concedere prestiti a rischio condiviso,
allo scopo di facilitare l’accesso ai finanziamenti privati. Infine, nel 2011 viene avvito il
programma MEDIA Mundus124 per sostenere la distribuzione di film europei e per rafforzare
le relazioni tra l’industria cinematografica europea e i registi di paesi extra-UE in Asia,
America Latina e nel paesi del Mediterraneo. Anche il programma MEDIA è stato aggiornato
e mantenuto nell’attuale fase di programmazione, costituendo uno dei due sotto-programmi
inclusi in Creative Europe 2014-2020.
3.6 Europa Creativa, programma-quadro 2014-2020 “Per contribuire al rafforzamento di uno spazio culturale condiviso è importante promuovere
la mobilità transnazionale degli operatori culturali e creativi e la circolazione transnazionale
delle opere culturali e creative, compresi le opere e i prodotti audiovisivi, favorendo in tal
modo gli scambi culturali e il dialogo interculturale125”.
122
Commissione europea, Le politiche dell’Unione Europea – Cultura e Settore audiovisivo, Lussemburgo, ufficio delle
pubblicazioni dell’Unione europea ,giugno 2013.
123 Il sito internet del network delle sale europee è all’indirizzo http://www.europa-cinemas.org/en.
124 Parlamento e Consiglio, Decisione MEDIA Mundus, cit. 97.
125 Parlamento europeo e Consiglio, Regolamento (UE) n. 1295/2013 che istituisce il programma Europa creativa (2014-
2020) e che abroga le decisioni n. 1718/2006/CE, n. 1855/2006/CE e n. 1041/2009/CE, dell' 11 dicembre 2013, nono
considerando.
66
I dati riportati dalla pubblicazione della Commissione “Cultura e settore audiovisivo” del
2013126 confermano che il settore culturale e creativo contribuisce alla crescita economica,
all’occupazione, all’innovazione e alla coesione sociale in Europa: rappresenta il 4,5% del
PIL europeo, impiega 8,5 milioni di persone (il 3,8% della forza lavoro) e, aspetto davvero
rilevante, l’occupazione nell’industria creativa ha registrato in media un tasso di crescita
annuo del 3,5%, rispetto all’1% dell’intera economia dell’UE. A questi dati, si unisce la
constatazione dell’impatto delle tecnologie digitali sulle modalità di produzione, di diffusione,
di accesso, di consumo e di monetarizzazione di beni e servizi culturali: si aprono nuovi
canali distributivi, anche per prodotti fino a pochi anni fa di nicchia, alcuni costi si abbassano
e aumentano le possibilità di raggiungere pubblici nuovi. In tale contesto, le Piccole e Medie
Imprese culturali e creative sono quelle che si stanno mostrando più innovative e reattive,
nonostante la loro difficoltà di accedere al credito e i molteplici limiti generati dalla
frammentazione del sistema culturale europeo. Nella nuova fase di programmazione, l’Unione
europea ha inteso quindi proseguire il percorso iniziato con i precedenti programmi, cercando
di porre rimedio ai limiti riscontrati e offrendo un quadro di riferimento omogeneo agli
operatori culturali europei, anche attraverso la fusione delle singole azioni - Cultura, MEDIA
e MEDIA Mundus - in un unico programma, complessivo e coordinato. Nella parte
introduttiva del regolamento UE n. 1295/2013 che istituisce il programma Creative Europe
2014-2020 viene nuovamente sottolineata con forza la duplice natura delle attività culturali,
nella quale convivono intrinsecamente valori artistici e valori economici, capaci di fornire un
ampio contributo alla creatività, all'innovazione e all'inclusione sociale all’interno dell’Unione
europea. Il carattere trasversale dell’azione culturale europea viene anch’esso ribadito: ad
esempio al ventisettesimo considerando del regolamento si sostiene la necessità di “garantire
il valore aggiunto europeo di tutte le azioni e attività svolte nel quadro del programma, la loro
complementarità con le attività degli Stati membri e il loro rispetto dell'articolo 167, paragrafo
4, TFUE” specificando le attività dell’Unione che presentano una coerenza con l’ambito della
cultura, rappresentate dai campi dell'istruzione, dell'occupazione, del mercato interno, delle
imprese, della gioventù, della salute, della cittadinanza e della giustizia, della ricerca e
dell'innovazione, della politica industriale e di coesione, del turismo e delle relazioni esterne,
126
Commissione europea, Cultura e audiovisivo, cit. 122. Altre fonti segnalano cifre differenti: “ i settori della cultura e della
creatività contribuiscono nella misura del 2,6% al PIL europeo, con una tendenza in ascesa, il che è ragguardevole nel
contesto dell'attuale crisi economica, con più di 5 milioni di posti di lavoro”, Parlamento europeo, Commissione per la
cultura e l’istruzione, relatore Costa Silvia, Relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio
che istituisce il programma Europa creativa, COM(2011)0785 – C7-0435/2011 – 2011/0370(COD), 14 gennaio 2013.
67
del commercio e dello sviluppo nonché dell'agenda digitale. Inoltre, sia nella parte
introduttiva, che all’articolo 8, è presente un richiamo alla Convenzione UNESCO del 2005127
e alla tutela delle diversità come obiettivo trasversale. Gli obiettivi del regolamento UE n.
1295/2013, così come enunciati dall’articolo 3, includono la protezione, lo sviluppo e la
promozione della diversità culturale e linguistica e del patrimonio culturale dell'Europa e il
rafforzamento della competitività dei settori culturali e creativi europei, in particolare del
settore audiovisivo. Il programma viene istituito, come i precedenti, per una durata settennale,
mentre, novità rispetto al passato, il secondo articolo del regolamento fornisce le definizioni
di una serie di termini ritenuti fondamentali: “settori culturali e creativi”, “PMI”,
“intermediari finanziari partecipanti”, ecc.. L’accento viene ovviamente posto sul “valore
aggiunto europeo128” che deve caratterizzare i progetti finanziati, ma certamente l’attenzione
comunitaria si rivolge ad aspetti assolutamente attuali e pressanti, quali la mobilità
transnazionale di opere e artisti, la cooperazione transfrontaliera, il sostegno alle imprese di
piccole dimensioni, l’espansione dei pubblici e l’educazione, il tutto in una dimensione che
integri sostenibilità, inclusività, innovazione e occupazione. L’accesso ai finanziamenti del
programma viene esteso ad un’ampia gamma di soggetti: oltre agli Stati membri dell’Unione,
anche ai paesi aderenti, ai paesi candidati e a quelli candidati potenziali, ad alcuni paesi EFTA
(European Free Trade Association), alla Confederazione svizzera, ai paesi interessati dalla
politica europea di vicinato. Inoltre, come previsto dall’art. 8, punto 6, “Il programma
consente la cooperazione e azioni comuni con paesi che non partecipano al programma e con
le organizzazioni internazionali attive nei settori culturali e creativi quali l'Unesco, il
Consiglio d'Europa, l'OCSE o la WIPO (World Intellectual Property Organization) sulla base
di contributi comuni finalizzati alla realizzazione degli obiettivi del programma”. Come si
127
La Convenzione UNESCO per la protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali, del 2005 sarà
approfondita al capitolo 4, par. 3.1.5 e seguenti.
128 “Il valore aggiunto europeo è garantito mediante uno o più dei seguenti elementi: a) il carattere transnazionale delle
azioni e delle attività che integrano programmi e politiche regionali, nazionali, internazionali e altri programmi e politiche dell'Unione e l'impatto di tali azioni e attività sui settori culturali e creativi nonché sui cittadini e sulla loro conoscenza di culture diverse dalla propria; b) lo sviluppo e la promozione della cooperazione transnazionale tra operatori culturali e creativi, compresi gli artisti, i professionisti del settore audiovisivo, le organizzazioni culturali e creative e gli operatori del settore audiovisivo, con l'obiettivo di stimolare risposte più complete, rapide, efficaci e a lungo termine alle sfide globali; c) le economie di scala e la massa critica che il sostegno dell'Unione favorisce, producendo un effetto leva su finanziamenti aggiuntivi; d) le condizioni di maggiore parità nei settori culturali e creativi europei, tenendo conto dei paesi a bassa capacità di produzione e/o dei paesi o delle regioni ad area geografica e/o linguistica limitata”, art. 5, punto 2, Regolamento
(UE) n. 1295/2013, cit. 125.
68
accennava, il programma Europa Creativa si compone di diversi sottoprogrammi, nello
specifico:
- sottoprogramma MEDIA (capo II, artt. 9-11)
- sottoprogramma CULTURA (capo III, artt. 12 e 13)
- sezione transettoriale (capo IV, artt. 14-16).
Per quanto riguarda la sezione transettoriale, essa comprende tutte le misure, trasversali ai due
sottoprogrammi, utili al coordinamento, alla cooperazione, all’erogazione dei finanziamenti e
prevede il mantenimento dello “strumento garanzia” a favore delle PMI129, il sostegno ad
iniziative di scambio di buone pratiche, seminari, studi e analisi di mercato che coinvolgano
sia le organizzazioni culturali che gli enti politici e il rafforzamento dei punti di contatto
nazionali (i precedenti Cultural Contact Point, ora Creative Europe Desk). In merito invece
alle sezioni MEDIA e CULTURA, al di là delle peculiarità specifiche insite in ognuno di tali
settori, emergono alcuni aspetti comuni che l’azione dell’Unione mira esplicitamente a
sviluppare, tra i quali spiccano il rafforzamento delle reti digitali, l’implementazione dei
canali di distribuzione e mobilità transnazionali e l’espansione dei pubblici che hanno accesso
alla cultura. Si rileva la necessità di soffermarsi brevemente su quest’ultimo punto, relativo
cioè al concetto definito come audience development130, considerato anche dall’Unione
europea come uno dei principali obiettivi da perseguire per contrastare limiti e fragilità dei
settori culturali e per cogliere le opportunità offerte dalla nuova cultura digitale. In particolare,
si fa riferimento alla frammentazione dei mercati culturali europei e alla necessità di ampliare
i pubblici di tali prodotti, alla possibilità di sperimentare nuove forme di coinvolgimento
attraverso i media digitali e di rafforzare le competenze degli operatori del settore. Le
indicazioni dell’Unione derivano da una doppia consapevolezza: da un lato la constatazione
dell’incompiuta democratizzazione della cultura (concetto caro, soprattutto ad una certa idea
129
Lo strumento di garanzia creato per supportareinizialmente le PMI nel settore degli audiovisivi, opera come strumento
autonomo e “ha le seguenti priorità: a) facilitare l'accesso al credito da parte delle PMI, delle micro-organizzazioni e delle
organizzazioni di piccole e medie dimensioni nei settori culturali e creativi; b) migliorare la capacità degli intermediari
finanziari partecipanti di valutare i rischi associati alle PMI, alle micro-organizzazioni e alle organizzazioni di piccole e medie
dimensioni nei settori culturali e creativi, nonché ai loro progetti, anche mediante misure di assistenza tecnica, di sviluppo
di conoscenze e collegamento in rete”, art. 14, punto 2, Regolamento (UE) n. 1295/2013, cit. 125.
130 Bollo A., 50 sfumature di pubblico. Le sfide dell’audience engagement, in De Biase F. (a cura di), I Pubblici dei musei.
Audience Development, Audience Engagement, Milano, 2014, Franco Angeli.
69
di policy francese131) e, dall’altro lato il ridimensionamento del welfare in un contesto di crisi
economica, che rende la cultura sempre meno separabile dalla sostenibilità sociale e
dall’innovazione. Infine si è affermata una visione che interpreta la cultura come
intrinsecamente connessa allo sviluppo e al benessere delle economie (evolute e non),
connessione che per attivarsi e innescare reali processi di sviluppo, necessita tuttavia di una
base sociale più ampia e allargata possibile. I recenti risultati dell’indagine Eurobarometer
sulla partecipazione culturale dei cittadini Europei132 nel 2013 restituiscono un quadro
complessivamente peggiore rispetto a quello del 2007 (pur con significative differenza tra i
vari paesi). Ad eccezione del cinema, la maggior parte dei consumi culturali sono diminuiti: si
guarda meno televisione e si ascolta meno la radio, si leggono meno libri (i lettori scendono
dal 71% al 68%), si visitano meno musei (dal 41% al 37%), si va meno ai concerti (dal 37%
al 35%) e in biblioteca (dal 35% al 31%). È significativo che i tassi di partecipazione siano
ancora fortemente influenzati da variabili socio-demografiche come l’età, il genere, il livello
di istruzione e l’occupazione. In Francia, ad esempio, i livelli di consumo culturale sono
ancora influenzati dalla classe sociale di appartenenza (Observatory of Inequalities, 2005),
mentre in Olanda è dimostrato come le opportunità di fruizione culturale siano maggiormente
concentrate nei grandi centri urbani e le minoranze etniche partecipino meno del resto della
società. Il genere è, inoltre, una variabile che può influenzare la partecipazione (soprattutto
quando è correlata all’età) e, in specifici contesti, anche le convinzioni religiose possono
rappresentare un fattore in grado di determinare barriere sociali e psicologiche. La
partecipazione culturale, insomma, è ancora fortemente influenzata dalle condizioni sociali.
In realtà il quadro è più complesso rispetto a quanto emerge dalle ricerche perché si è
ampliata la gamma dei consumi e delle pratiche culturali che sfuggono alle statistiche ufficiali
(si pensi da questo punto di vista ai cambiamenti e alla stratificazione nei comportamenti di
consumo di musica e di cinema derivanti dai nuovi canali e piattaforme digitali home based) e
perché sta rapidamente mutando la natura stessa del consumo che vira verso modelli sempre
più partecipativi, relazionali, esperienziali, in cui diventa sempre più difficile districare la
componente digitale da quella reale e in cui sfumano le categorie stesse del produttore e del
consumatore. Un’ulteriore aggiornamento rispetto ai programmi precedenti, contenuto nel
regolamento (UE) n. 1295/2013, riguarda il monitoraggio e la valutazione costanti
131
Per approfondimenti: Giambrone F. (a cura di), Politiche per La Cultura in Europa: modelli di Governance a Confronto,
Roma, Franco Angeli, 2013, capitolo dedicato alla Francia, pp. 69-180.
132 Eurobarometer, 2012, Cultural Access and Participation. Report, European Commission.
70
sull’attuazione degli obiettivi del programma, attraverso una lista dettagliato di indicatori di
performance qualitativi e quantitativi elencati all’articolo 18. Il punto 2 di tale articolo
afferma inoltre che “I risultati del processo di monitoraggio e di valutazione sono presi in
considerazione nell'attuazione del programma”, al fine di permettere quindi modifiche e
aggiustamenti anche a programma già lanciato. La dotazione finanziaria per l'attuazione del
programma per il periodo compreso tra il primo gennaio 2014 e il 31 dicembre 2020 è fissata
dall’articolo 24 a 1 462 724 000 euro ed è così ripartiti tra le diverse sezioni:
- il 56 % per il sottoprogramma MEDIA;
- il 31 % per il sottoprogramma Cultura;
- il 13 % per la sezione tran settoriale.
Come ha evidenziato Silvia Costa (europarlamentare, membro della commissione CULT del
PE, relatrice del programma Europa Creativa133) ,rispetto al periodo precedente 2007-2013,
l’investimento comunitario nel programma è aumentato del 9%, e prevedibilmente sarà
erogato “a vantaggio di almeno250mila artisti e operatori culturali, duemila cinema, 800 film
e 4500 traduzioni di libri”.
133
(ASCA, Torino), Al via i bandi di “Europa Creativa”, 1,46 miliardi in sette anni, 7 dicembre 2013, reperibile all’indirizzo
http://www.silviacosta.it/?p=14323
71
PARTE SECONDA CAPITOLO 4 CULTURA ED ORGANIZZAZIONI INTERGOVERNATIVE: CONTINU ITÀ E
DISCREPANZE CON LA POLITICA EUROPEA
4.1 Introduzione
Storicamente, il concetto che ha dominato il discorso attorno alle possibili regolamentazioni
internazionali dell’ambito culturale è stato quello di “identità culturale”, basato su una
concezione prevalentemente etnocentrica e incentrato sulla protezione e promozione di tale
specificità. A causa dell’espansione globale del sistema commerciale multilaterale registrato
nell’ultimo decennio del ventesimo secolo, le organizzazioni regionali, le comunità locali, gli
operatori culturali di varie giurisdizioni hanno evidenziato il rischio evidente di squilibri nella
circolazione di beni e servizi culturali, oltre che un impoverimento delle varietà culturali
(similmente a quelle biologiche), offuscate da modelli culturali mainstream. Gli accordi
dell’Organizzazione mondiale del commercio sono entrati in vigore nel 1995: nell’ultimo
paragrafo del presente capitolo affronteremo in modo specifico il tema delle interazioni tra
sistema OMC e beni culturali, tuttavia possiamo qui limitarci a rimarcare come, proprio una
mancata presa di posizione forte da pare della Comunità Europea in quella sede, abbia dato il
via ad un processo di elaborazione di un nuovo diritto, basato sui concetti di “eccezione
culturale” e poi di “diversità culturale”. La prima forma acquisita da tale processo è quella
della Dichiarazione sulla diversità culturale, adottata sotto l’egida del Consiglio d’Europa nel
2000134, cui è seguita la Dichiarazione universale sulla diversità culturale dell’UNESCO,
approvata a Parigi il 2 novembre2001. Dunque, all'inizio degli anni Duemila, a cavallo tra
l'elaborazione delle due Dichiarazioni sulla diversità culturale, si sono delineati due principali
filoni tematici inerenti al concetto di diversità culturale: da un lato si è fatto riferimento al
rapporto tra la diversità culturale, i diritti umani e i diritti culturali, dall'altro, si sono rilevate
le correlazioni tra la diversità, la creatività e le politiche culturali. E’ in questo contesto che ha
134
“Member states are called upon to examine ways of sustaining and promoting cultural and linguistic diversity in the
new global environment, at all levels”,art. 3.1. Consiglio d’Europa, Declaration on Cultural Diversity,7 dicembre 2000,
consultabile all’indirizzo https://wcd.coe.int/ViewDoc.jsp?id=389843
72
preso forma la Convenzione UNESCO per la salvaguardia della diversità delle espressioni
culturali, del 2005.
In questo capitolo verranno illustrati i contributi dati da diverse organizzazioni internazionali
ai temi della tutela, della protezione e dello sviluppo della cultura. Si possono infatti
individuare numerose Convenzioni e Accordi cui non solo gli Stati Membri, ma anche la
stessa Unione Europea aderisce. Sarà indagato il modo in cui queste iniziative
intergovernative impattino sull’azione europea, dandole continuità e coadiuvandola, piuttosto
che generando sacche di frizione e disomogeneità. Saranno analizzate brevemente l’azione in
ambito culturale del Consiglio d’Europa (par. 4.2) , dell’Organizzazione delle Nazioni Unite
attraverso la sua agenzia specializzata dedicata alla cultura, all’educazione e alla scienza,
l’UNESCO (par. 4.3), con un’attenzione particolare rivolta alla Convenzione UNESCO del
2005 per la protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali e al ruolo
avuto dall’Unione Europea nella sua adozione (par. 4.3.2), e infine l’impatto degli accordi
dell’Organizzazione mondiale del commercio (par. 4.4).
4.2 Consiglio d’Europa
Il Consiglio d’Europa, fondato nel 1949, organo intergovernativo che riunisce i Capi di Stato
attualmente di 47 Membri, ha da sempre avuto una vocazione “culturale”, essendo il primo
atto enormemente rilevante da esso prodotto la Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti
dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali del 1950. Pur non includendo articoli esplicitamente
dedicati alla cultura, la Convenzione costituisce certamente una componente fondamentale del
patrimonio culturale europeo, incarnando una porzione importante dei valori che l’Europa da
sempre ha cercato di diffondere, tanto che, a partire dal Trattato di Lisbona, l’adesione alla
Convenzione per i Diritti dell’Uomo è divenuta un requisito necessario per accedere alle
procedure di adesione all’Unione Europea. Trascorrono pochi anni e, nel 1954, vede la luce la
Convenzione Culturale Europea, ispirata dall’esigenza “di seguire una politica d’azione
comune intesa a mantenere la cultura europea e a incoraggiare lo sviluppo135”. Tale
Convenzione, composta da un numero esiguo di articoli, si limita spronare gli Stati aderenti a
135
Consiglio d’Europa, Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo, dal sito della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo,
http://www.echr.coe.int/Documents/Convention_ITA.pdf
73
promuovere azioni volte alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio culturale di rilevanza
europea, a coordinare le proprie azioni nel quadro di interventi culturali di interesse europeo,
facilitando la circolazione e lo scambio di persone e opere. Tuttavia ha avuto il merito di
fornire una base di coordinamento per tutta una serie di azioni successive in ambito culturale
messe in atto dal Consiglio:
- In campo educativo e di formazione di alto livello: Convenzione europea relativa
all’equipollenza dei diplomi per l’ammissione alle università (1953), Convenzione
europea sul riconoscimento accademico delle qualifiche universitarie (1959),
Convenzione europea sull’equivalenza dei periodi di studi universitari (1990),
Convenzione sul riconoscimento delle qualifiche relative all’insegnamento superiore
nella regione europea (1997);
- Nel settore degli audiovisivi: Accordo europeo sullo scambio di programmi attraverso
film televisivi (1958), Convenzione europea sulla coproduzione cinematografica
(1992), Convenzione europea sulle questioni di diritto d’autore e dei diritti vicini nel
quadro delle radiodiffusioni transfrontaliere via satellite (1994), Convenzione europea
relativa alla protezione del patrimonio audiovisivo (2001);
- In ambito di tutela del paesaggio e del patrimonio: Convenzione europea per la
protezione del patrimonio archeologico (1969), Convenzione relativa alla
conservazione della vita selvatica e dell'ambiente naturale in Europa (1979),
Convenzione europea sulle infrazioni coinvolgenti i beni culturali (1985),
Convenzione per la salvaguardia del patrimonio architettonico dell’Europa (1985),
Convenzione sulla responsabilità civile dei danni derivanti da attività pericolose per
l’ambiente (1993, non ancora entrata in vigore), Convenzione sulla protezione
dell'ambiente attraverso il diritto penale (1998, non ancora entrata in vigore),
Convenzione europea sul Paesaggio (2000), Convenzione quadro del Consiglio
d'Europa sul valore del patrimonio culturale per la società (2005);
- In tema di salvaguardia delle minoranze culturali e linguistiche, anche transfrontaliere:
Convenzione-quadro europea sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività e
autorità territoriali (1980), Carta europea delle lingue regionali o minoritarie(1992),
Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali (1995).
Senza scordare, ovviamente, altri importanti documenti in ambito di diritti sociali, parità di
genere, tutela dei minori, salvaguardia della salute umana e animale e un gran numero di
74
azioni o programmi dedicati a focus “culturali” specifici: come il sistema di riconoscimento
internazionale del livello linguistico, il Centro Europeo per le lingue viventi di Graz, la
giornata europea delle lingue (ogni 26 settembre), la rete delle Città Interculturali, 26 itinerari
culturali europei, esposizioni d’arte, il Fondo Eurimages per la promozione del cinema
europeo, le giornate europee del patrimonio, l’iniziativa Giovani Ambasciatori per la pace,
etc. Certamente questo rilevante elenco di convenzioni e attività determina un impatto non
altrettanto rilevante a livello di politiche nazionali. Alcune delle convenzioni non sono
tutt’ora entrate in vigore e, quelle che lo sono, impongono vincoli e obblighi molto esigui: la
convenzione che sicuramente ha determinato le conseguenze più significative e che ha trovato
spazi per scardinare alcune maglie della sovranità degli Stati è la Convenzione europea per i
Diritti dell’Uomo, attraverso le sentenze della Corte di Strasburgo. Nella maggior parte dei
casi, le Convenzioni si limitano a prevedere forme di cooperazione, scambio di pratiche e
informazioni, descrivendo in via di principio quelle che sarebbero le azioni necessarie e senza
comunque interferire con le prerogative statali sovrane. Tuttavia, questo genere di “soft law”,
nel corso degli anni, ha indubbiamente generato delle conseguenze: i confini tra le comunità
transfrontaliere si sono fatti fluidi (almeno per quanto riguarda le iniziative culturali e i
progetti territoriali), il livello di conoscenza linguistica viene ormai valutato seguendo gli
standard europei, i giovani sono perfettamente inseriti in una dimensione di scambio continuo
anche attraverso lo sfruttamento dei programmi e delle possibilità di soggiorno e formazione
all’estero, senza contare che gli strumenti offerti dalle nuove tecnologie informatiche sono
sempre più orientati verso un orizzonte europeo (se non addirittura globale). Come possiamo
quindi considerare l’azione del Consiglio d’Europa rispetto a quella dell’Unione Europea, in
ambito culturale? Potremmo immaginare che alcuni dei propositi contenuti nelle
Convenzioni del Consiglio d’Europa saranno col tempo tradotti in politiche, direttive, norme
vincolanti e armonizzanti: come una sorta di lista di buoni propositi per l’anno a venire. Allo
stesso tempo possiamo considerare l’azione del Consiglio d’Europa come un’azione
protettiva, volta a produrre un recinto fondato su valori imprescindibili, coi quali l’Unione
dove confrontarsi ogniqualvolta la su azione corra il rischio di uscire da tale recinto.
75
4.3 Cultura e UNESCO
L’UNESCO (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization) è una delle
agenzie specializzate dell’ONU, esplicitamente dedicata alla tutela del patrimonio, della
varietà culturale, dell’educazione. “L'Organizzazione si propone di contribuire al
mantenimento della pace e della sicurezza favorendo, attraverso l'educazione, la scienza e la
cultura, la collaborazione tra le nazioni, onde garantire il rispetto universale della giustizia,
della legge, dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali che la Carta delle Nazioni Unite
riconosce a tutti i popoli, senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione” (Atto
costitutivo UNESCO, art. 1.1). Attualmente l’UNESCO accoglie 195 Stati membri e 9
membri associati ed è la più importante organizzazione intergovernativa dedicata a tali
tematiche. In questo paragrafo esamineremo le principali azioni messe in atto
dall’Organizzazione, accennando alle Convenzioni più specificatamente dedicate alla cultura
e in seguito valuteremo come si sono evoluti i rapporti tra Unione Europea e UNESCO nel
corso del tempo, soprattutto in relazione all’adozione della Convenzione sulla protezione e
promozione della diversità delle espressioni culturali del 2005.
4.3.1 Convenzioni UNESCO
Di seguito saranno esaminati i seguenti strumenti internazionali promossi dall’UNESCO:
- Convenzione concernente le misure da adottare per interdire e impedire l’illecita
importazione, esportazione e trasferimento di proprietà dei beni culturali, 1970;
- Convenzione concernente la protezione del patrimonio culturale e naturale, 1974;
- Dichiarazione universale sulla diversità culturale, 2001;
- Convenzione sulla salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, 2003;
- Convenzione sulla protezione e promozione della diversità delle espressioni culturali,
2005.
76
4.3.1.1 Convenzione UNESCO concernente le misure da adottare per interdire e impedire
l’illecita importazione, esportazione e trasferimento di proprietà dei beni culturali
La prima Convenzione che si può citare è quella del 1970, concernente le misure da adottare
per interdire e impedire l’illecita importazione, esportazione e trasferimento di proprietà dei
beni culturali, che fa riferimento a “beni che, a titolo religioso o profano, sono designati da
ciascuno Stato come importanti per l’archeologia, la preistoria, la storia, la letteratura, l’arte o
la scienza” (art. 1). Considerato che in genere le normative sui beni culturali degli stati ricchi
d’arte limitano la circolazione dei propri beni culturali e che sono state spesso utilizzate per
mantenere tali beni all’interno del Paese limitando anche il commercio lecito, l’obiettivo della
Convenzione era quello di esortare gli Stati parte, non solo a identificare e proteggere i beni
culturali presenti sul proprio territorio impegnandosi nella lotta contro il traffico illecito, ma
proponeva anche l’introduzione di un meccanismo che semplifica le procedure di restituzione,
allo scopo di creare un sistema sovranazionale uniforme che possa regolare il mercato
internazionale di tali beni. Nonostante negli anni si siano aggiunte ulteriori normative
sovranazionali dedicate a questo settore, tra cui la Direttiva CEE 93/7 e la Convenziono
UNIDROIT del 1995136, il raggiungimento di tali obiettivi non può dirsi tutt’ora
soddisfacente, essendo il traffico illecito ancora difficilmente controllabile e il commercio
sovranazionale legittimo di opere molto macchinoso.
4.3.1.2 Convenzione UNESCO concernente la protezione del patrimonio culturale e naturale
Di indubbia rilevanza è sicuramente la Convenzione UNESCO riguardante la protezione sul
piano mondiale del patrimonio culturale e naturale137, approvata nel corso della Conferenza
Generale del 1972. Il documento si compone di 38 articoli più il preambolo, che forniscono
una definizione del patrimonio culturale e naturale, delineano le politiche di protezione e
illustrano la natura dello strumento costituito dal “Fondo per la protezione”. Ogni due anni gli
Stati parte sono invitati a presentare un elenco di siti culturali e naturali suscettibili di 136
La convenzione è consultabile sul sito del Ministero per i Beni culturali, all’indirizzo
http://www.beniculturali.it/mibac/multimedia/UfficioStudi/documents/1268828710167_Convenzione_Unidroit.pdf.
137 La versione tradotta in italiano della Convenzione è consultabile sul sito della Commissione Nazionale italiana per
l’UNESCO, all’indirizzo http://www.unesco.it/cni/index.php/convenzione
77
rientrare nella Lista dei siti Patrimonio dell’Umanità, secondo le definizioni fornite dalla
Convenzione stessa agli artt. 1 e 2. La Lista è un catalizzatore di attenzione che viene usato
anche come strumento per accrescere la consapevolezza riguardante la protezione del
patrimonio sia tra i governi coinvolti sia all’interno della popolazione. Nel 1979 inoltre è stata
istituita la List of World Heritage in Danger: nei casi in cui un sito già incluso nella Lista del
Patrimonio dell’Umanità subisca dei cambiamenti di stato di conservazione o venga
minacciato nella sua incolumità da conflitti armati, cataclismi o intervento illegittimo di esseri
umani, questa ulteriore Lista si configura come strumento di emergenza che richiama
l’attenzione del mondo intero su un numero limitato di casi rispetto ai quali l’intervento
risulta prioritario. L’art. 13 par. 7 afferma che il Comitato del Patrimonio Mondiale, istituito
dalla Convenzione stessa, “coopera con le organizzazioni internazionali e nazionali,
governative e non governative, con scopi analoghi a quelli della presente Convenzione. Per
l’attuazione dei suoi programmi e l’esecuzione dei suoi progetti, il Comitato può fare appello
a queste organizzazioni”. È quindi evidente come a livello internazionale sia stato previsto un
sistema di cooperazione efficace, che prevede rapporti periodici da parte degli Stati membri,
meccanismi assistenziali da parte del Comitato e un blando sistema sanzionatorio in caso di
inadempienza degli obblighi derivanti dall’adesione a tale trattato.
4.3.1.3 Dichiarazione universale UNESCO sulla diversità culturale
Adottata all’unanimità durante la 31esima sessione della Conferenza Generale
dell’UNESCO, a Parigi il 2 novembre 2001,la Dichiarazione universale sulla diversità
culturale138 costituisce l’atto attraverso cui i membri riconoscono l’idea che la garanzia della
diversità tra le culture costituisce una protezione contro gli integralismi: “il rispetto della
diversità delle culture, la tolleranza, il dialogo e la cooperazione in un clima di fiducia e di
mutua comprensione sono tra le migliori garanzie di pace e di sicurezza internazionali”
(capoverso 6 del preambolo alla Dichiarazione). L’unanime consenso attorno a tale
documento risiede certamente nel suo carattere non vincolante, ma anche nel contesto storico
in cui è avvenuta la sua approvazione, all’indomani dei tragici eventi dell’11 settembre. La
Dichiarazione assume un ruolo programmatico, anticipando di poco la Convenzione per la
138
Il testo è consultabile all’indirizzo http://www.unesco.it/_filesDIVERSITAculturale/dichiarazione_diversita.pdf
78
salvaguardia del patrimonio culturale immateriale e costituendo il nucleo normativo attorno
al quale si avvieranno i negoziati per l’elaborazione della Convenzione sulla diversità
culturale del 2005. Infatti, nell’ultima parte del documento, dedicata all’enunciazione di linee
programmatiche per un piano d’azione, al primo punto s’incentiva proprio la riflessione
“relativa all’opportunità di uno strumento giuridico internazionale sulla diversità culturale”. Il
corpo centrale della Dichiarazione si compone di 12 articoli articolati in quattro sezioni, dai
quali i concetti fondamentali che emergono sembrano essere lo stretto legame tra cultura e
sviluppo139, la necessità di preservare il patrimonio culturale come stimolo alla creatività (art.
7) e il riconoscimento del valore del tutto eccezionale di beni e servizi culturali che “in quanto
portatori di identità, di valori e di senso, non devono essere considerati delle merci o dei beni
di consumo” (art. 8) .La Dichiarazione afferma inoltre l’importanza delle politiche culturali
quali catalizzatori di creatività140.
4.3.1.4 Convenzione UNESCO sulla salvaguardia del patrimonio culturale immateriale141
Tale Convenzione, adottata a Parigi il 17 ottobre 2003 ed entrata in vigore il 20 aprile 2006,
può essere considerata come completamento della Convenzione del 1972. Nel preambolo si
sottolinea infatti la “profonda interdipendenza fra il patrimonio culturale immateriale e il
patrimonio culturale materiale e i beni naturali” e si palesa una presa di coscienza della
globalizzazione e delle trasformazioni sociali come fattori sia di stimolo che di minaccia alla
protezione del patrimonio. Per chiarezza, specifichiamo che, ai fini della Convenzione, come
patrimonio culturale immateriale s’intendono “le prassi, le rappresentazioni,
le espressioni, le conoscenze, il know-how – come pure gli strumenti, gli oggetti, i manufatti e
gli spazi culturali associati agli stessi – che le comunità, i gruppi e in alcuni casi gli individui
riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale” (art.2). Lo stesso articolo riconosce
139
“La diversità culturale amplia le possibilità di scelta offerte a ciascuno; è una delle fonti di sviluppo, inteso non soltanto
in termini di crescita economica, ma anche come possibilità di accesso ad un’esistenza intellettuale, affettiva, morale e
spirituale soddisfacente”, art. 4.
140 “Le politiche culturali devono […] creare le condizioni favorevoli alla produzione e diffusione di beni e servizi culturali
diversificati”, art. 9.
141 Il testo della Convenzione è consultabile in inglese sul sito UNESCO, all’indirizzo
http://www.unesco.org/culture/ich/index.php?lg=en&pg=00006
79
la dimensione evolutiva di tale categoria, aspetto che la differenzia dai beni culturali materiali,
come ricchezza che viene trasmessa e ricreata costantemente dalle comunità in risposta
all’ambiente. Rientrano in tale ambito il linguaggio, le tradizioni orali, le arti dello spettacolo,
le consuetudini sociali, i riti, l’artigianato tradizionale. Nonostante gli organi istituzionali e i
provvedimenti previsti dalla Convenzione sul patrimonio immateriale riprendano lo schema
generale della Convenzione del 1972 - Assemblea Generale, Comitato intergovernativo,
Segretariato UNESCO, istituzione di un Fondo dedicato, resoconti periodici degli Stati parte,
Liste del patrimonio culturale - l'articolo 3 stabilisce un rapporto di subordinazione con tale
Convenzione e con qualsiasi altro strumento internazionale correlato ai diritti della proprietà
intellettuale o all’uso di risorse biologiche ed ecologiche di cui sono parte gli Stati. Come per
i beni considerati patrimonio dell’umanità, anche per la categoria dei beni culturali intangibili
esiste una lista, aggiornata annualmente, che presenta non solo il patrimonio registrato, ma
anche quello a rischio e le migliori best practices in tema di tutela e valorizzazione142.
4.3.1.5 Convenzione UNESCO per la protezione e la promozione della diversità delle
espressioni culturali
Approvata il 20 ottobre del 2005 dalla XXIII Conferenza Generale dell’UNESCO, ratificata
dall’Italia il 19 febbraio 2007 con Legge n. 19, entrata in vigore alla 40ma ratifica, il 18
marzo 2007 (contrari Stati Uniti e Israele), la Convenzione per la protezione e la promozione
della diversità delle espressioni culturali143 persegue lo scopo di offrire uno strumento per la
protezione e la promozione della cultura nel contesto internazionale, favorendo la
consapevolezza del valore della diversità culturale nella sua capacità di veicolare le identità, i
valori e il senso delle espressioni della cultura, riaffermando al contempo e a tutti i livelli il
legame tra cultura, sviluppo e dialogo. Il riconoscimento forse più importante è quello dato
alla duplice natura di beni e servizi culturali: “le attività, i beni e i servizi culturali hanno una
doppia natura, economica e culturale, in quanto portatori d’identità, di valori e di significato e
non devono quindi essere trattati come aventi esclusivamente un valore commerciale”
(preambolo della Convenzione). La Convenzione UNESCO del 2005 é uno strumento 142
La lista dei beni parte del patrimonio culturale intangibile è consultabile all’indirizzo
http://www.unesco.org/culture/ich/index.php?lg=en&pg=00559, tra i quali risulta, tra gli altri, la dieta mediterranea.
143 La Convenzione è reperibile all’indirizzo http://www.unesco.it/_filesDIVERSITAculturale/convenzione_diversita.pdf.
80
giuridico di carattere vincolante, elaborato allo scopo di rimarcare e dare maggior forza agli
assunti espressi nella Dichiarazione universale UNESCO sulla diversità culturale del 2001. Si
compone di un Preambolo, 35 articoli divisi in sette Parti e un allegato che regola, in caso di
necessità, la procedura di conciliazione. La prima parte è dedicata agli obiettivi e alle linee
direttrici della Convenzione (artt. 1-2), la seconda parte delimita l'ambito di applicazione in
capo agli Stati parte (art. 3), la terza parte è dedicata ad un chiarimento concettuale di alcuni
termini ricorrenti (art. 4), la quarta parte è quella più articolata e comprende i diritti e i doveri
delle Parti sia a livello nazionale che internazionale (artt. 5-19), la quinta parte regola i
rapporti della Convenzione con gli altri strumenti legislativi (artt. 20-21), la sesta parte
descrive gli Organi della Convenzione (artt. 22-24), mentre gli ultimi dieci articoli riguardano
le disposizioni finali per l'entrata in vigore del testo. Il testo si prefigge il doppio obiettivo di
proteggere e promuovere le espressioni della diversità culturale intendendo per espressioni
culturali “le espressioni a contenuto culturale che derivano dalla creatività degli individui, dei
gruppi e delle società” (art. 3, par. 3). Tra gli obiettivi della Convenzione troviamo il
riconoscimento della “natura specifica delle attività, dei beni e dei servizi culturali quali
portatori d'identità, di valori e di significato (art. 1 lett. g); il riconoscimento de ”l’importanza
del sapere tradizionale quale fonte di ricchezza immateriale e materiale” (par. 10 del
Preambolo) e più in generale la consapevolezza “che la diversità culturale rappresenta un
patrimonio comune dell'umanità” (par. 4 del Preambolo); il riconoscimento che “la protezione
della diversità delle espressioni culturali è sinonimo di libertà di creazione, diffusione,
distribuzione dei contenuti culturali per tutti gli esseri umani, incluse le persone appartenenti
a gruppi minoritari e a popolazioni autoctone” (par. 17 del Preambolo); infine la
valorizzazione della “diversità culturale nell'ambito della piena realizzazione dei diritti umani
e delle libertà fondamentali proclamati dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (par.
7 del Preambolo). Il meccanismo alla base della Convenzione consente alle Parti contraenti di
formulare e attuare misure e politiche volte a proteggere e promuovere la diversità delle
espressioni culturali sui propri territori (articoli 5 e 6). La Convenzione stabilisce il principio
della sovranità all'articolo 2, punto 2: a norma di tale disposizione, gli Stati possono, in
conformità alla Carta delle Nazioni Unite e ai principi del diritto internazionale, far valere il
loro diritto sovrano per adottare misure volte a conseguire gli obiettivi della Convenzione.
Tale diritto è subordinato al rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali ai sensi
dell'articolo 2, punto 1, il quale ricorda che "la protezione e la promozione della diversità
culturale presuppongono il rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali quali la libertà
81
di espressione, d'informazione e di comunicazione nonché la possibilità degli individui di
scegliere le proprie espressioni culturali". I principi dell'accesso equo, dell'apertura e
dell'equilibrio, ai sensi dell'articolo 2, punti 7 e 8, restringono ulteriormente il potere delle
Parti contraenti nelle politiche culturali. Si può sostenere che il principio di solidarietà e
cooperazione internazionali, come definiti dall'articolo 2, punto 4, prevede che gli Stati
superino una concezione ristretta e introversa del concetto di sovranità. La solidarietà e la
cooperazione internazionali dovrebbero consentire ai paesi, e in particolar modo ai paesi in
via di sviluppo e a quelli meno sviluppati, d'istituire e ottimizzare gli strumenti necessari alla
loro espressione culturale, incluse le rispettive industrie culturali nascenti o consolidate.
L'articolo 2, punto 7 ad esempio sottolinea che "l'accesso equo a un ventaglio ampio ed
eterogeneo di espressioni culturali provenienti dal mondo intero e l’accesso delle culture ai
mezzi di espressione e di diffusione costituiscono elementi importanti per valorizzare la
diversità culturale e incentivare la comprensione reciproca”.
4.3.2 Interazioni tra Convenzione sulle diversità culturali e Unione Europea
Il testo della Convenzione è frutto di intensi negoziati e di fasi di lavoro durate due anni: in
tutto questo processo il contributo dell’Unione Europea è stato attivo, propositivo e unito. La
Commissione, su mandato del Consiglio, ha partecipa a nome della Comunità ai negoziati in
sede UNESCO144, conformemente a quanto previsto dalle procedure agli articoli 216, 217,
218 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Infatti l’Unione “può concludere un
accordo con uno o più paesi terzi o organizzazioni internazionali” nel caso in cui tali accordi
permettano la realizzazione degli obiettivi previsti dai trattati (art. 216, punto 1). In
particolare, l’articolo 218 delinea le procedure seguite anche in occasione dell’adozione della
Convenzione da parte dell’Unione: nella sua comunicazione al Consiglio e al Parlamento del
27 agosto 2003145 e successivamente, nella raccomandazione al Consiglio146 del settembre
144
Consiglio, Progetto di decisione 13840/04 CULT 103 che autorizza la Commissione a partecipare, a nome della Comunità,
ai negoziati nell’ambito dell’UNESCO relativi alla Convenzione sulla protezione della diversità dei contenuti culturali e delle
espressioni artistiche, del 29 ottobre 2004.
145 Comunicazione della Commissione al Consiglio COM (2003) 520 def.
146 Commissione europea, Raccomandazione della Commissione al Consiglio che autorizza la Commissione a partecipare, a
nome della Comunità, ai negoziati ai negoziati nell'ambito dell'UNESCO relativi alla Convenzione sulla protezione della
diversità dei contenuti culturali e delle espressioni artistiche, del 1 settembre 2004, SEC(2004) 1062
82
2004, prevista dal punto 3 dell’articolo 218, la Commissione ha sostenuto la necessità di
partecipare a tali negoziati, allo scopo di mantenere e preservare l’aquis comunitario e al fine
di sottolineare le competenze e gli interessi della Comunità in sede internazionale. Il 3
settembre 2004 la Commissione ha trasmesso al Consiglio una proposta di decisione in vista
dell’adozione di un mandato di negoziato, che è stata esaminata in sede di Coreper il
successivo 27 ottobre 2004, e adottata il 16 novembre dal Consiglio dell’Unione. Infine, nel
gennaio 2005 è stato approvato un Codice di condotta tra Consiglio, Stati membri e
Commissione sui negoziati in ambito UNESCO147, con lo scopo di conferire delle direttive di
negoziato, secondo quanto previsto dal punto 4 dell’articolo 218148. D’altronde, anche la
Corte di Giustizia si è, nel corso del tempo, dichiarata sulla necessità della partecipazione
della Comunità ai negoziati per i trattati internazionali nei casi in cui questi introducano
norme che ricadono nell’ambito di competenza comunitario o entro un’area già regolata da
norme comunitarie149. Nel caso di specie, lo scopo della Convenzione ricade appieno entro
l’articolo 167 TFUE e le misure attraverso le quali perseguire tale scopo di tutela e protezione
della diversità culturale coinvolgono un ampio raggio di competenze, considerando la cultura
come un valore trasversale che tocca potenzialmente ogni settore di attività comunitaria. In
questa sede non intendiamo approfondire le conseguenze dell’adozione del trattato sulla
partizione delle competenze tra Comunità e Stati membri, argomento trattato con chiarezza da
alcuni autori150. Per ora basta sottolineare come la Corte di Giustizia abbia sostenuto la
necessità di una stretta collaborazione tra gli Stati e le istituzioni comunitarie sia riguardo la
negoziazione, sia riguardo la conclusione dell’accordo, sussistendo un principio di unità della
rappresentanza internazionale che rimane valido anche nelle aree di competenza statale
esclusiva, come quella culturale151. Dal punto di vista politico e programmatico si poteva
prevedere che, considerando la trasversalità dell’oggetto convenzionale, si sarebbe assistito ad
un’espansione delle politiche comunitarie di ambito culturale, molti articoli della
Convenzione avendo una base giuridica diversa dall’art. 167 TFUE. Dopo pochi anni
147
Codice di Condotta tra Consiglio, Stati membri e Commissione sui negoziati nell’ambito UNESCO, relativi alla Convenzione
sulla protezione della diversità dei contenuti culturali e delle espressioni artistiche, del 28 gennaio 2005, 5768/05 CULT4.
148 “Il consiglio può impartire direttive al negoziatore”, art. 218, punto 4, TFUE.
149 Corte di Giustizia, Parere 2/91 del 19 marzo 1993 e Corte di Giustizia, Sentenza Commissione contro Belgio, causa C-
471/98 del 2 novembre 2002.
150 Ferri D., L’azione negoziale europea in sede UNESCO, cit. 56.
151
Si veda Corte di Giustizia, Parere 1/94 del 15 novembre 1994.
83
dall’entrata in vigore della Convenzione, dallo Studio del 2010 sullo stato di attuazione
redatto dal gruppo di ricerca multidisciplinare Germann Avocats su richiesta del Comitato per
la Cultura e l’Educazione del Parlamento europeo152, emergono limiti, punti di forza e criticità
della Convenzione. Sotto l’aspetto politico, in tale relazione si da merito alla Convenzione di
aver riservato ampio spazio alla società civile e le si assegna un grande valore potenziale: la
Convenzione potrebbe “diventare uno degli elementi costitutivi di uno strumento giuridico
internazionale di protezione e promozione della ‘diversità umana’ per la prevenzione precoce
di genocidi ed eccidi” (cfr. Sintesi dello Studio, pagina 10) . Più in generale alcuni dei
principi enunciati dalla Convenzione – principio di solidarietà e di cooperazione
internazionale (art. 2, punto 4), principi di accesso equo, apertura ed equilibrio (art. 2, punti 7
e 8) – risultano essere perfettamente allineati con i principi sanciti dall’articolo 21 TUE,
relativo alle disposizioni generali sull’azione esterna dell’unione: “L’azione dell’Unione sulla
scena internazionale si fonda sui principi che ne hanno informato la creazione, lo sviluppo e
l’allargamento, e che essa si prefigge di promuovere nel resto del mondo: democrazia, Stato
di diritto, universalità e indivisibilità dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, rispetto
della dignità umana, principi di uguaglianza e di solidarietà e rispetto dei principi della Carta
delle Nazioni Unite e del diritto internazionale” (art. 21, punto 1 TUE). . In tale quadro, la
cultura è percepita come un fattore strategico per lo sviluppo politico, sociale ed economico e
non esclusivamente in termini di iniziative o eventi culturali isolati. La prima attuazione
concreta della Convenzione UNESCO nelle relazioni esterne dell’UE, nel quadro dell’Agenda
europea della cultura, è stata la negoziazione di due protocolli di cooperazione culturale: nel
2008 la Commissione ha concluso un primo accordo con il Cariforum153, mentre nel 2011 ha
negoziato un secondo protocollo con la Corea del Sud154. Per quanto riguarda l’applicazione
della Convenzione nelle politiche interne dell’UE, occorre anzitutto rilevare la forte richiesta
di contenuti culturali rispettosi delle peculiarità nazionali e locali, a fronte di un’elevata
concentrazione del potere di mercato a livello mondiale. In questo senso, ricordiamo che la
tutela della diversità culturale è richiamata anche in riferimento alle procedure operative di
152
Il documento è disponibile su Internet al sito http://diversitystudy.eu/ms/index.htm. 153
Protocollo III sulla cooperazione culturale, allegato all’Accordo di partenariato economico tra gli Stati del CARIFORUM,
da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall’altra, GU L 289 del 30.10.2008, consultabile all’indirizzo
http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:22008A1030%2801%29&qid=1421229452608
154 Protocollo sulla cooperazione culturale, GU L 127 del 14/05/2011, consultabile all’indirizzo http://eur-
lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?qid=1421230561211&uri=CELEX:22011A0514%2804%29
84
negoziazione o conclusione di accordi nel settore degli scambi di servizi culturali e
audiovisivi, per i quali è previsto dall’art. 207 punto 4 TFUE che il Consiglio deliberi
all’unanimità. In riferimento alla Convenzione UNESCO, la Commissione Europea ritiene
che l’attuazione di tale documento all’interno dell’UE non costituisca un’attività strettamente
legislativa in quanto tale, bensì il perseguimento di progressi nelle politiche interne ed
esterne, che potrebbero assumere la forma di un’azione legislativa solo in casi specifici. La
Convenzione ha la grande potenzialità di essere uno stimolo all’integrazione della cultura
come aspetto trasversale a tutte le politiche europee, così come auspicato da più voci.
4.3.3 UNESCO e Unione Europea, al di là della Convenzione del 2005
Il 16 febbraio 2011 l’UNESCO ha aperto un Ufficio di collegamento a Bruxelles, allo scopo
di sviluppare una cooperazione più intensa con le istituzioni dell’Unione Europea e per
rafforzare la visibilità dell’Organizzazione e delle sue azioni nel contesto europeo. Tale
azione segue l’emendamento dell’Accordo firmato tra Comunità e UNESCO nel 1996, che
prevedeva l’armonizzazione delle procedure amministrative e finanziarie nei rapporti
reciproci, dicevamo emendamento datato febbraio del 2004 che ha dato la luce a un nuovo
Accordo, con lo scopo di “renforcer la coopération entre le deux institutions internationales
[…] au regard des procédures financières et budgetaires” (preambolo dell’Accordo UE-
UNESCO del 2004155) e allegato al Financial And Administrative Framework Agreement
stipulato tra Unione e Organizzazione delle Nazioni Unite. L’articolo 1 dell’accordo si rivela
ricco d’indicazioni riguardanti le modalità di cooperazione possibili tra le due organizzazioni:
possono essere messe in atto forme di assistenza tecnica tra cui studi, elaborazioni, esecuzione
e valutazione di programmi e progetti (art.1, par. 1); la circolazione delle informazioni è
incentivata e i rappresentanti della Commissione europea sono ammessi in qualità di
Osservatori alle riunioni tecniche in seno agli organi UNESCO (art. 1, par 5). Il terzo
paragrafo del primo articolo inoltre dichiara che “la Commision et l’UNESCO peuvent
convenir de mettre en œuvre des actions sur l’initiative de l’une ou l’autre partie”: tale
disposizione ha certamente dato stimolo alla messa in opera di azioni condivise come ad
155
Agreement between UNESCO and EC, followed by the Financial and Administrative Framework Agreement (FAFA)
between EC and the UN, pubblicato il 4 aprile 2004, consultabile all’indirizzo http://portal.unesco.org/en/ev.php-
URL_ID=34543&URL_DO=DO_TOPIC&URL_SECTION=201.html.
85
esempio il progetto per la ricostruzione del patrimonio culturale di Timbuktu (Mali) , che ha
lo scopo di supportare “the government’s work in rehabilitating cultural heritage and
safeguarding manuscripts in and around Timbuktu that were severely damaged in the conflict
that took place in the country between 2012 and 2013156”. Un altro progetto condiviso dalle
due organizzazioni che possiamo citare è PEGASO (People for Ecosystem-based Governance
in Assessing Sustainable development of Ocean and coast), il cui obiettivo è quello della
tutela del patrimonio delle coste del Mediterraneo: il progetto è guidato da un consorzio di 24
organizzazioni, incluse l’Unione Europea e l’UNESCO157.
4.4 Organizzazione Mondiale del Commercio e Cultura: quale possibile integrazione
tra commercio ed espressione culturale
Commercio e cultura sono sempre stati percepiti come antagonisti piuttosto che in un’ottica di
mutuo supporto e tale opposizione può essere osservata non solo a livello nazionale, ma anche
globale, una dimensione in cui le esigenze economico-finanziarie sembrano prevalere. Questo
distacco può essere osservato con maggiore chiarezza negli ultimi anni, in coincidenza con il
grande sviluppo digitale dei mezzi di comunicazione, condizione che ha reso evidenti le
contraddizioni esistenti tra necessità di tutela culturale e tendenze liberalizzanti, rendendo
anche beni culturali fino a poco fa non fruibili oggi commerciabili a livello sovranazionale.
Per comprendere la sostanza del problema, è bene ricostruire le origini del dibattito,
introducendo il concetto di eccezione culturale e della successiva formula della "diversità
culturale", muovendo dagli accordi internazionali che ne hanno costituito le radici. Il primo
richiamo è al Gatt (General Agreement on Tariffs and Trade - accordo generale sulle tariffe
doganali e del commercio), concluso al termine della seconda guerra mondiale. In origine
l'accordo corrispondeva solo ad una parte della Carta dell'Avana (Conferenza internazionale
sul commercio e il lavoro novembre 1947 - maggio 1948) e mirava ad istituire
l'Organizzazione internazionale del commercio (OIC) accanto alle altre istituzioni di Bretton-
Woods: il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale. Tale trattato internazionale
non fu ratificato per via dell'opposizione degli Stati Uniti che ne criticavano la portata 156
Le informazioni relative a tale progetto sono reperibili all’indirizzo http://www.unesco.org/new/en/brussels/european-
union/re-building-cultural-heritage-in-mali/.
157
Maggiori dettagli relativi al progetto PEGASO all’indirizzo http://www.unesco.org/new/en/brussels/european-
union/pegaso-project/.
86
insufficiente a garantire il libero scambio. Si decise quindi di completare il Gatt avviando cicli
(Round) di negoziazioni commerciali multilaterali intesi ad ampliare i relativi ambiti di
intervento. In particolare nel 1986 si aprì un nuovo ciclo, "l'Uruguay Round", con l'intenzione
di estendere anche al settore dei servizi i principi del libero scambio, fino a quel momento
applicabili dal Gatt solo al campo del commercio delle merci. Tra i servizi, definiti
"commercio invisibile" in opposizione al "commercio visibile" delle merci, figurano anche
l'audiovisivo e il cinema. È in quel contesto che si sviluppa l’idea di "eccezione culturale",
intesa come rifiuto opposto dalla Comunità Europea all'applicazione dei principi del libero
scambio propri del Gatt, poi diventato OMC (creato secondo le previsioni dell'Uruguay
Round, dagli accordi di Marrakech), in alcuni settori ritenuti "culturali", ma di fatto limitati
solo all'audiovisivo e al cinema. Il risultato è stato quello di temperare e in alcuni casi di
derogare al principio della progressiva liberalizzazione degli scambi, della nazione più
favorita e al principio del trattamento nazionale secondo il quale gli Stati membri devono
trattare i prodotti stranieri e i loro produttori, come i loro prodotti nazionali e i loro stessi
cittadini. Peraltro, come già illustrato nel capitolo 1, tale forma di "eccezione" ha sollevato e
solleva delicati problemi giuridici anche a livello comunitario, con particolare riferimento alla
deroga al regime degli aiuti di Stato. Può risultare sorprendente, tuttavia, rilevare come la
Comunità Europea, al momento dei negoziati per i Gatt, non abbia rivendicato alcuna clausola
di “esclusione culturale” che esentasse esplicitamente le attività culturali delle competenze
dell’OMC. Dunque la posizione europea in occasione dei negoziati commerciali multilaterali
del 1993 ha posto certamente un freno alla liberalizzazione, consentendo alla Comunità di
mantenere nelle proprie politiche nazionali ed europee quote di programmazione e di aiuti
finanziari, tuttavia quella posizione si è limitata ad intervenire a favore solo dell'industria
cinematografica europea. Siamo di fronte ad un'eccezione non propriamente culturale, ma
dell'industria culturale, e nemmeno riferita a tutta l'industria culturale. Da tale evidenza,
emerge progressivamente la necessità di affermare un principio di diversità culturale, in
luogo di una "eccezione", e di definire in modo più appropriato i confini del settore
"culturale". Le definizioni precise di “cultura” e di “settore culturale” mancano a livello
comunitario, per la semplice ragione che, nei diversi settori potenzialmente interessati ad una
"difesa culturale" le competenze restano affidate ai singoli Stati membri, nonostante l’art. 167
TFUE elenchi alcuni settori che si ritengono culturalmente rilevanti: mancano le relative
definizioni, l'azione rimane prerogativa statale e, se necessario, l'Ue può "appoggiare e
integrare" le iniziative nazionali. Tra dette iniziative nazionali a protezione della “diversità”
87
possiamo citare ad esempio quelle messe in atto dalla Francia, che ha una lunga tradizione di
aiuti all'industria cinematografica. Una legge del 1948 ha introdotto una tassa sul prezzo dei
biglietti venduti nelle sale cinematografiche. I proventi di questa tassa alimentano un fondo
gestito dallo Stato e trasferito ai produttori di film francesi. Gli effetti di questa norma sono
evidenti: le industrie hollywoodiane americane, di fatto, finiscono per pagare un piccolo
contributo finanziario per sostenere l'industria nazionale francese loro concorrente. Un altro
esempio è fornito dall’Italia, che assiste il settore dello spettacolo dal vivo in vari modi: il
principale è il Fondo unico per lo spettacolo (Fus) che dovrebbe rispondere ad una logica di
complementarietà con l'intervento dei privati, supportando quelle espressioni di spettacolo che
non trovano nel mercato le condizioni necessarie e sufficienti alla loro sopravvivenza. In
questo settore, tuttavia, data la specificità territoriale degli eventi culturali, la limitazione della
concorrenza è un fenomeno meno forte. Un ultimo esempio è costituito dall'assegnazione dei
diritti di proprietà intellettuale collettivi (marchi e segni distintivi territoriali, denominazioni
d’origine) a beni con produzione fortemente localizzata in distretti industriali e con intensi
legami con la cultura locale che caratterizza spesso i settori dell’artigianato di qualità e i
settori agro-alimentare e vinicolo. Tra gli esempi, per contro, di azione europea ad
integrazione dell’intervento statale, possiamo ricordare la Direttiva Televisione senza
Frontiere del 3 ottobre 1989 (ne abbiamo parlato al capitolo 1, par. 4), che agli art. 4 e 5
formula obiettivi di produzione indipendente e quote intorno al 50% a favore di programmi
nazionali o di coproduzione europea. Occorre rilevare che il meccanismo delle quote ha
generato effetti inattesi sulla qualità e sugli incentivi alla creazione artistica nel settore
audiovisivo: questo tipo di protezione ha indotto i programmatori a trasmettere materiali
audiovisivi di basso costo e qualità. Il risultato è stato quindi l'aumento nei palinsesti
televisivi delle ore di serial e telenovele, essendo queste ultime a basso costo e riproducibili,
con una riduzione degli incentivi alla creazione audiovisiva di qualità. Tornando al concetto
di “settore culturale”, possiamo tuttavia rilevare come, a livello internazionale si sia oramai
arrivati ad una definizione più o meno condivisa: il settore culturale definito in senso largo
riguarda ogni manifestazione della civiltà umana. In senso più stretto i beni culturali
comprendono il cultural heritage, le arti dello spettacolo, la pittura e la scultura, l'industria
culturale (cinema, tv, editoria), e la cultura materiale e intangibile (arts & crafts; culture-
based goods). Inoltre la produzione culturale riguarda ovviamente sia merci che servizi.
Tuttavia permangono incertezze attorno al concetto di “opera di rilevanza europea”, come
bene da tutelare in ragione della diversità culturale: la delimitazione di tale categoria produce
88
effetti sui negoziati commerciali in quanto tende a costruire un "mercato europeo", ma è
proprio il carattere "europeo" dell'opera che impone di stabilire quali definizioni debbano
essere utilizzate: le convenzioni del Consiglio d'Europa ove esistenti, oppure le definizioni
nazionali? Il problema è che permangono una molteplicità di definizioni nazionali dei settori
rilevanti e dei criteri per ammettere interventi pubblici di sostegno, le stesse Convenzioni o
Costituzione europea lasciando ai singoli Stati il diritto di elencare quali beni rientrino in tale
categoria. Si viene a creare quindi una situazione nella quale, per limitare la frammentazione
del mercato interno e omogeneizzare tale settore, potrebbe essere necessario un intervento
sovranazionale, una “politica culturale” europea in senso stretto. L'Ue finirebbe allora col
rappresentare oggi il referente istituzionale nei cui confronti invocare e difendere la diversità
culturale da parte dei singoli Stati, similmente a quanto faceva prima la stessa Comunità
europea in sede di negoziati commerciali OMC. Basta ricordare il ruolo particolarmente attivo
dell'Assemblea delle regioni d'Europa nell'affrontare la tematica spinosa della diversità
culturale e del Gats. Nella dichiarazione di Bressanone sulla diversità culturale e GATS158 del
2002, sollecitando l'inclusione dei governi regionali in tutti i futuri negoziati in materia di
cultura, istruzione e mezzi d'informazione, le regioni hanno altresì chiesto che i servizi in
materia di istruzione, cultura e media fossero esclusi dai futuri negoziati del GATS. Come
conciliare quindi esigenze di armonizzazione e apertura dei mercati alle istanze di tutela delle
diversità culturali? Un ulteriore contributo alla discussione lo ha dato l’adozione della
Convenzione UNESCO per la protezione e la promozione della diversità delle espressioni
culturali del 2005, cui anche l’Unione Europea ha collaborato e aderito. L’approccio della
Convenzione è quello di garantire il diritto degli Stati sovrani di tutelare la diversità delle
espressioni culturali esistenti, sia nel proprio ambito territoriale, sia a livello internazionale,
mediante la collaborazione con altri Stati parte. Per nulla gradito agli Stati Uniti è stato
l’articolo 20 che riguarda le relazioni tra la Convenzione UNESCO e gli altri strumenti
internazionali e stabilisce i principi di complementarietà e di non subordinazione159 lasciando
più che mai aperto il problema della compatibilità con le norme OMC. Nel testo della
Convenzione non è fatta menzione di alcun regime giuridico inerente al commercio, tuttavia è
evidente che l’impatto normativo di tale testo è “più che culturale”: la cultura è essa stessa un
processo dinamico (come sostenuto ufficialmente per la prima volta nella Convenzione 158
Consultabile all’indirizzo http://labournet.de/diskussion/wipo/gats/brixen.pdf.
159 “Le Parti contraenti riconoscono la necessità di soddisfare in buona fede i loro obblighi in virtù della presente
Convenzione e di tutti gli altri trattati di cui sono parte. Senza quindi subordinare la presente Convenzione agli altri trattati, […]”, art 20, par. 1 Convenzione UNESCO sulla protezione promozione della diversità delle espressioni culturali.
89
UNESCO sulla salvaguardia del patrimonio culturale immateriale160), con risvolti economici
e commerciali evidenti. Diverse disposizioni contenute nella Convenzione del 2005 lasciano
trapelare il carattere “economico” della cultura , dove, ad esempio, si statuisce il legame tra
cultura e sviluppo (art.1, lett. f), oppure dove esplicitamente si riconosce il principio di
complementarietà tra aspetti economici e culturali dello sviluppo (art. 2, par. 5), oppure dove
si parla di industrie culturali come destinatari ultimi delle misure di promozione previste dalla
Convenzione (art. 6, lett. c). D’altronde, il semplice riferimento alla doppia natura dei beni e
servizi culturali – economica e culturale – contenuto nel Preambolo della Convenzione
potrebbe legittimare la creazione di un regime giuridico ulteriore rispetto al preesistente
regime OMC, che già regola tale settore in via generale. Come conciliare le misure prese in
virtù della Convenzione con il diritto OMC? Per quanto riguarda i GATS , il livello di
apertura commerciale è determinato da ciascun Stato membro mediante una Lista di impegni
specifici161, allegata all’Accordo al momento dell’adesione ed è possibile registrare delle
eccezioni alla clausola della nazione più favorita162, com’è avvenuto ad esempio per il
programma MEDIA dell’Unione Europea. All’interno degli accordi GATT , a parte l’art. IV
che istituisce un regime speciale per i film, non si rilevano altri riferimenti che permettano di
riconciliare le misure previste dalla Convenzione UNESCO al diritto OMC, se non in maniera
indiretta e con interpretazioni forzate delle eccezioni alle regole generali del trattamento
nazionale e alla clausola della nazione più favorita previste dagli artt.XX(a) e XX(f) del
GATT, i quali prevedono eccezioni per misure imposte a protezione di tesori nazionali dal
valore artistico, storico o archeologico, o che riguardano la morale e l’ordine pubblico. Una
questione molto significativa concerne la composizione delle controversie. La Convenzione
UNESCO istituisce un proprio procedimento di conciliazione, regolamentato dall’art. 25 e
dall’Allegato, mentre il diritto OMC comprende l’Accordo relativo alle norme e procedure
160
“Questo patrimonio culturale immateriale, trasmesso di generazione in generazione, è costantemente ricreato dalle comunità e dai gruppi in risposta al loro ambiente, alla loro interazione con la natura e alla loro storia e dà loro un senso d’identità e di continuità” Articolo 2, punto 1, Convenzione UNESCO per la salvaguardia dei beni culturali immateriali. 161
“ Each Member shall publish promptly and, except in emergency situations, at the latest by the time of their entry into force, all relevant measures of general application which pertain to or affect the operation of this Agreement. International agreements pertaining to or affecting trade in services to which a Member is a signatory shall also be published”, art. III, par. 1, General Agreement on Trade ain Services
162 “A Member may maintain a measure inconsistent with paragraph 1 provided that such a measure is listed in, and meets
the conditions of, the Annex on Article II Exemptions”, Art. II, par. 2, General Agreement on Trade in Services.
90
per la composizione delle controversie163, molto sviluppato ma riservato esclusivamente a
dirimere le controversie relative la violazione degli obblighi OMC. Dal momento che
ciascuno dei due procedimenti esercita un controllo sulla base di norme che perseguono
obiettivi divergenti, le conseguenze in termini di conflitto e incertezza legislativa sono
evidenti, anche se le risoluzioni della Convenzione non hanno valore vincolante. Certamente,
la Convenzione ha colmato una lacuna nel diritto internazionale pubblico relativa ai valori
culturali, ed è significativo che la stessa Corte di Giustizia europea abbia preso in
considerazione tale Convenzione nella sua giurisprudenza164, introducendo in via di principio
una nuova deroga al principio comunitario della libera circolazione. Alla luce di tutte le
precedenti considerazioni, la domanda rimane invariata: come conciliare libera circolazione di
merci e servizi con tutela e promozione delle diversità culturali? Sembra esista una netta
contraddizione tra questi due principi, i quali risultano inconciliabili, generando effetti
contrapposti: la tutela della diversità culturale determina ostacoli alla libera concorrenza e
viceversa. Alcuni autori165 sostengono una tesi che possiamo qui esporre. Essi ritengono che,
se si considerasse la diversità culturale come una regola o un’istituzione che fa evolvere il
mercato in una direzione efficiente, ne conseguirebbe che, senza di essa il mercato non
sarebbe efficiente, ossia non vi sarebbe piena libertà economica negli scambi, né i relativi
vantaggi per il benessere e lo sviluppo. Il valore della diversità culturale è stato comparato
dall'UNESCO all'importanza che la biodiversità ha per la natura. In termini economici se ne
potrebbe ipotizzare l'appartenenza a quella classe di istituzioni, come la fiducia, la reciprocità,
gli standard, le corti commerciali che sono essenziali per una evoluzione dei mercati in senso
moderno ed efficiente. Sotto questo profilo è evidente che, con la scomparsa o l'eliminazione
di una cultura si riducono anche le possibilità di scambi, non solo in senso antropologico. Sul
lato della domanda la diversità culturale è all'origine della specializzazione del lavoro, delle
conoscenze e delle tecniche; sul lato dell'offerta è altresì all'origine delle opportunità di
scambi tra produttori e consumatori con ordinamenti di preferenze diversi. In una delle
163
Le procedure sono contenute nell’Allegato 2 agli Accordi che creano l’Organizzazione Mondiale del Commercio,
consultabile all’indirizzo http://www.wto.org/english/docs_e/legal_e/28-dsu.pdf.
164
Corte di Giustizia, Sentenza Uninòn de Televisiones Comerciales Asociadas (UTECA) contro Administraciòn General del
Estado, causa C-222/07, 5 marzo 2009.
165
Foà S. e Santagata W., Eccezione culturale e diversità culturale. Il potere culturale delle organizzazioni centralizzate e
decentralizzate, relazione presentata al Convegno: Fiscal federalism in the european Union and in the national States,
Scuola superiore di Amministrazione pubblica, 23 gennaio 2004, Roma, in Aedon, nr. 2/2004.
91
conclusioni più interessanti, essi sostengono che “La diversità culturale è, dunque, sotto il
profilo di una impostazione istituzionale, un prerequisito per la realizzazione della libertà
economica, per il libero scambio”. Ovviamente, tali conclusioni aprono tutta una serie di
nuovi interrogativi inerenti le conseguenze pratiche e gli strumenti da mettere in atto per dare
loro incisività.
92
CAPITOLO 5
IMPATTO E PROBLEMATICHE
5.1 Introduzione
Dopo aver delineato il quadro completo delle politiche culturali europee nella loro evoluzione
temporale (cfr. parte 1) e aver illustrato il modo in cui atti convenzionali e azioni messi essere
da altre organizzazioni internazionali contribuiscono a integrarle (cfr. cap. 4), in questo
capitolo ci concentreremo su numerosi aspetti prettamente “operativi” che caratterizzano la
cultura in Europa, soffermandoci soprattutto sull’evoluzione avvenuta negli ultimi 20 anni.
Attingendo anche dall’esperienza di chi scrive, focalizzeremo l’attenzione soprattutto sul
settore teatrale, presentando alcuni progetti che hanno usufruito dei programmi culturali
europei, trattandosi dunque di progetti che si caratterizzano per una dimensione
sovranazionale. Affronteremo brevemente le problematiche collegate alla mobilità
internazionale (tutele legali, diritto d’autore, coproduzioni), per poi soffermarci
sull’argomento delle reti culturali transazionali, descrivendo infine alcune agenzie di natura
privata che si occupano di progettazione europea. Prima di iniziare, tuttavia, risulta necessario
dare una definizione di “mobilità”, considerata la frequenza con la quale tale termine verrà
utilizzato. Il concetto di mobilità è molto articolato. Per gli artisti professionisti la mobilità è
soprattutto la possibilità di viaggiare ed esportare le loro opere. Ma mobilità significa anche,
per un artista, intrecciare rapporti e trovare punti di appoggio (“residenze”) all’estero. Questo
tipo particolare di “residenza” prevede che l’artista sia ospitato da un ente culturale (una
galleria, un’accademia delle arti, una scuola musicale, un centro culturale, etc.) all’estero per
trascorrervi un determinato periodo di tempo ed elaborare un progetto (spesso in
collaborazione con artisti locali). Per molti giovani artisti la residenza è un’opportunità unica
per instaurare un legame con i colleghi, per trovare ispirazione e per scoprire nuovi mezzi di
espressione166. Col termine mobilità s’intende quindi una condizione temporanea per i
professionisti (singoli o gruppi/compagnie) del settore artistico e culturale (arti visive,
spettacolo dal vivo, musei e patrimonio) che in qualsiasi momento del percorso professionale
e artistico intraprendano un’esperienza all’estero, di durata variabile, per motivi di
formazione, studio, o lavoro.
166
Definizione fornita dal sito EURES della Commissione, dedicato alla mobilità delle arti e degli artisti in Europa, all’indirizzo
https://ec.europa.eu/eures/main.jsp?lang=it&catId=9190&parentId=20&acro=news&function=newsOnPortal
93
5.2 Descrizione di alcuni progetti culturali co-finanziati grazie programmi europei
Complessivamente, i programmi Cultura dal 2000 al 2013, hanno elargito finanziamenti per
più di 600 milioni di euro, senza contare il contributo indiretto fornito da altri programmi
europei: dal 2007, il Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale ha stanziato 3 miliardi di euro
per la protezione e la conservazione del patrimonio, 2,2 miliardi di euro per lo sviluppo di
infrastrutture culturali e 775 milioni di euro per i servizi culturali. Tutti i progetti culturali
finanziati dai programmi culturali europei, una volta archiviati, sono resi pubblici in un
database consultabile liberamente167, aggiornato costantemente per quanto riguarda il
programma Creative Europe, più difficilmente accessibile per quanto riguarda Cultura 2000.
Di seguito verranno brevemente presentati alcuni progetti inerenti il programma Cultura
2007-2013: il primo, PRACTICS, è da ritenersi significativo, poiché rappresenta uno dei
progetti-pilota sostenuti dalla Commissione dedicati alla mobilità artistica e culturale, oltre
che essere un progetto coordinato da un soggetto italiano (Fondazione Fitzcarraldo). Il
secondo caso presentato, DICTAT, coinvolge anch’esso un’organizzazione italiana come
soggetto capofila: si tratta della cooperativa Teatro Magro che, grazie ai contributi europei,
ha potuto coordinare un progetto dedicato allo studio e alla rappresentazione scenica delle
dittature che hanno caratterizzato diversi paesi europei negli ultimi 70 anni. Per quanto
riguarda quest’ultimo progetto, la documentazione consultata e le informazioni riportate
derivano anche dal coinvolgimento diretto di chi scrive in alcune fasi di organizzazione e di
realizzazione.
167
Per quanto riguarda i programmi Cultura 2007-13 ed Europa Creativa, l’archivio di riferimento è il Creative Europe
Dissemination Platform, che permette di effettuare una ricerca dei singoli progetti approvati e di conoscerne i dettagli
(finanziamento, durata, partner, obiettivi, azioni realizzate), consultabile all’indirizzo
http://ec.europa.eu/programmes/creative-europe/projects/. Per quanto riguarda invece il programma Cultura 2000, non
esiste un database dettagliato, ma solamente informazioni non approfondite sui progetti finanziati, catalogati per anno,
all’indirizzo http://ec.europa.eu/culture/tools/culture-2000_en.htm.
94
5.2.1 CASE STUDY 1:
PRACTICS – See Mobile, See Practical168
Il progetto “PRACTICS – See Mobile, See Practical” , sostenuto dalla Commissione europea
per il triennio 2008-2011, insieme ad altri tre progetti-pilota sulla mobilità artistica e culturale
in UE, ha affrontato il problema del reperimento di informazioni utili per i professionisti del
settore artistico e culturale interessati intraprendere esperienze di mobilità transazionale e ha
coinvolto 11 partner europei. Il progetto ha coinvolto 12 partner, coordinati da Fondazione
Fitzcarraldo (di cui parleremo in seguito, al paragrafo 4.1 del presente capitolo). All’interno
del progetto sono state avviate diverse azioni: anzitutto sono stati attivati quattro Mobility
Infopoint (in Spagna, Olanda, Belgio e Inghilterra) e, contemporaneamente, sono stati
realizzati due studi relativi alla situazione in Finlandia (a cura di Tinfo) e in Italia (a cura di
Fondazione Fitzcarraldo). I risultati dello studio “MOBILITY INFOPOINT MAPPING –
ITALY”, realizzato da Fondazione Fitzcarraldo, hanno contribuito ad illustrare la situazione
di domanda e offerta di informazioni utili per affrontare esperienze di mobilità culturale,
evidenziando limiti ed esigenze della situazione italiana169. Presentiamo di seguito alcune
evidenze emerse da tale studio, non solo perché rappresentano l’esito di un progetto finanziato
in sede europea, ma perché possono aggiungere informazioni al quadro generale relativo alla
mobilità culturale. In linea generale è emerso che i temi della mobilità e della cooperazione
culturale transnazionale, per quanto siano di primario interesse per gli esponenti del settore
culturale e artistico, non sono tuttavia ancora altrettanto rilevanti nelle politiche italiane: solo
recentemente e in maniera molto debole se ne sta riconoscendo il valore politico, sociale ed
economico. Questa situazione si accompagna comunque ad una scarsa rilevanza della cultura
all’interno delle politiche nazionali, alla frammentazione delle responsabilità pubbliche nel
supporto alla cultura e alla perenne penuria di risorse. I principali soggetti interessati ai temi
della mobilità sono artisti, curatori, direttori artistici, responsabili di strutture e programmi di
residenza, programmatori di festival e teatri, ognuno con bisogni informativi specifici. Un
caso specifico – sui cui riflettere - si è rivelato il settore dei beni culturali e dei musei in cui la
168
Le informazioni sul portale della commissione europea di questo progetto sono reperibili all’indirizzo
http://ec.europa.eu/programmes/creative-europe/projects/ce-project-details-
page/?nodeRef=workspace://SpacesStore/440f6fd7-6a7b-42d6-ba7c-4c0986214b70
169 Il documento integrale è consultabile all’indirizzo http://www.fitzcarraldo.it/ricerca/pdf/mobility_infopoint_report.pdf
95
mobilità sembra essere quasi un tabu e le rare esperienze sono frutto di iniziative individuali.
Il sostegno alla mobilità coinvolge più soggetti, nella maggior parte dei casi di natura
pubblica, ma difficilmente costituisce la missione di tali enti. A livello di governo centrale, la
responsabilità sul tema è condivisa da Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e
Turistiche e dal Ministero degli Affari Esteri, che di recente hanno attivato accordi per
coordinare le rispettive attività. Tuttavia, mentre la consapevolezza dell’utilità di pratiche di
scambio/cooperazione culturale sia in costante aumento, i fondi disponibili sono in costante
diminuzione. Gli Istituti Culturali nazionali, in seguito ad una ridefinizione delle priorità e ad
un ridimensionamento dei budget, hanno ri-orientato le loro attività verso le economie
emergenti e il tema della mobilità viene supportato solo attraverso progetti ad hoc. A livello di
enti locali, Regioni, Province e Comuni hanno un ruolo predominante nel finanziare l’arte e la
cultura a livello nazionale, ma la loro azione per la mobilità è ancora piuttosto frammentata:
anche in questo caso si tratta di progetti ad hoc, contributi una tantum concessi a teatri o
festival, oppure di fondi regionali dedicati alla formazione che vengono re-indirizzati verso la
mobilità. Alcuni casi interessanti, tuttavia, si possono rilevare, come ad esempio il Piemonte
che riserva un supporto più strutturato alla circolazione internazionale di artisti e spettacoli,
soprattutto legata alla vicinanza con la Francia e Regione Lombardia che da diversi anni
propone dei bandi per la mobilità transnazionale rivolti a occupati e disoccupati del settore
culturale170. Tra i soggetti privati, le fondazioni di origine bancaria sono certamente quelli che
più sistematicamente sostengono la scena artistico-culturale italiana, anche se, nella maggior
parte dei casi, perseguono obiettivi di sviluppo locale. I risultati dello studio hanno rilevato
che i principali ostacoli alla mobilità sono costituiti dalla difficoltà di reperire informazioni
univoche e aggiornate al fine di affrontare una tale esperienza: le fonti sono molteplici e
spesso informali o poco conosciute, le risorse economiche disponibili si rivelano
immancabilmente scarse e i vincoli burocratici spesso vischiosi. Inoltre, viene rilevato come
la stessa azione dell’Unione Europea risulti ancora dispersiva (ricordiamo che lo studio risale
al 2009/2010), nonostante costituisca probabilmente il canale privilegiato per avviare progetti
di questo tipo.
170
Sul sito www.cultura.regione.lombardia.it, nella sezione BANDI, si possono visualizzare quelli dedicati al settore
creativo/culturale.
96
5.2.2 CASE STUDY 2:
DICTAT – Performative Culture Cooperation for awareness on past European
DICTATorships
Il progetto DICTAT171, realizzato nell’ambito dello strand 1.2.1 del programma Cultura
2007-2013 (misure volte a favorire la cooperazione artistica internazionale), è un progetto
della durata di 18 mesi, iniziato a luglio 2012 e conclusosi il 31 dicembre 2013, che ha
sostenuto la creazione di una rete transnazionale di organizzazioni culturali europee
finalizzata alla realizzazione di uno spettacolo itinerante nei vari paesi dell’Unione Europea.
Le organizzazioni partner (capofila Teatro Magro – Italia, Fundatia Parada – Romania,
Miejskie Centrum Kultury w Belchatowie – Polonia e Asociación Granadina para la
Información, Formación y Desarrol – Spagna) rappresentano paesi che hanno vissuto periodi
dittatoriali nella loro storia recente e che pertanto hanno condiviso l’esigenza di pianificare
azioni comuni finalizzate a individuare, analizzare e rielaborare una comune identità,
leggendola come un patrimonio storico comune. Lo strumento del teatro e la produzione di
uno spettacolo teatrale è stato considerato uno strumento privilegiato per realizzare un’analisi
consapevole e una lettura più approfondita di ciò che è accaduto in Europa negli ultimi 60/70
anni. Gli obiettivi specifici del progetto hanno incluso: la diffusione di messaggi che,
attraverso lo strumento artistico, veicolassero una riflessione su vicende storiche passate (le
dittature) evidenziando i rischi che tali derive possano realizzarsi anche nella nostra epoca;
un’analisi delle memorie storiche dei paesi partner che sottolineasse similarità, condivisioni e
differenze; la circolazione degli artisti e delle produzioni artistiche al fine di supportare il
dialogo sia intergenerazionale, sia interculturale sul tema delle dittature; la creazione di una
rete di partner che hanno condiviso e scambiato competenze, conoscenze ed esperienze.
Il progetto è stato sviluppato attraverso varie azioni, in dettaglio, una prima fase ha implicato
necessariamente la stesura del progetto stesso, per la quale il soggetto capofila si è avvalso
della consulenza tecnica dell’agenzia InEuropa (cfr. paragrafo 4.2 del presente capitolo). Il
171
I dati riportati sono estrapolati dal Final Techinical Implementation Report, inviato come resoconto finale alla
Commissione europea dall’organizzazione capofila del progetto, Teatro Magro. Purtroppo tale relazione finale non è stata
resa pubblica sul sito istituzionale della Commissione, sul quale, invece, si può visionare la documentazione fornita a inizio
progetto, all’indirizzo http://ec.europa.eu/programmes/creative-europe/projects/ce-project-details-
page/?nodeRef=workspace://SpacesStore/7431c36c-a36d-4284-b29a-c3725f048d89.
97
primo vero incontro tra i partner, il kick-off meeting, avvenuto a Mantova nel luglio 2012,
durante il quale le varie organizzazioni hanno potuto conoscersi e condividere il calendario,
gli obiettivi specifici e i vari compiti. Una fase di ricerca preliminare svolta dai singoli
partner sul proprio patrimonio storico relativo alla dittatura, è sfociata in 4 settimane itineranti
di produzione, durante le quali è stato gradualmente creato quello che sarebbe diventato lo
spettacolo finale. In concomitanza col debutto in Italia dello spettacolo DICTAT, a settembre
2013 si è svolta una conferenza che ha visto, oltre alla partecipazione dei partner, la presenza
di alcuni operatori del settore teatrale da anni impegnati in ambito internazionale (come
Mimma Gallina, docente di “Organizzazione teatrale” alla Civica Scuola Paolo Grassi di
Milano e Michele Losi, Advisory Board Member di IETM); alla conferenza, sono seguiti il
debutto e le repliche dello spettacolo, che ha visto in scena il coinvolgimento di due attori e di
un regista per ogni partner. Lo spettacolo DICTAT potuto replicare quindi a Mantova
(effettuando tre recite serali con tutto esaurito e un matinée rivolto alle scuole), per poi
spostarsi a Granada, in Spagna, dal 4 al 7 ottobre, a Bucarest all’inizio di dicembre, e
concludere infine la tournée in Polonia, dal 19 al 21 dicembre 2013. Una delle azioni
preventivate dal progetto includeva inoltre la creazione di opportuni materiali promozionali e
documentali, ecco quindi che tra gli output realizzati troviamo un sito internet multilingue172,
numerosi articoli sui giornali dei vari Paesi, brevi interviste e testimonianze trasmesse da
radio locali o attraverso piattaforme web, durante tutto il corso di realizzazione del progetto.
Il progetto ha potuto usufruire di un cofinanziamento europeo di circa 155 mila euro, a
copertura del 50% delle spese rendicontate. Le principali difficoltà evidenziate nella
realizzazione di DICTAT hanno riguardato diversi aspetti, soprattutto operativi. Anzitutto gli
ostacoli posti dalla lingua, ai quali è stata trovata una soluzione attraverso la presenza di
traduttori ad ognuno dei meeting tra i partner: è interessante notare come, anche questa
necessità abbia generato nuove collaborazioni, per cui, durante il periodo di produzione in
Polonia, i partner sono stati assistiti da una classe di un liceo linguistico che, oltre a seguire i
lavori, ha svolto il compito di traduzione. Inoltre, al di là dell’utilizzo dell’inglese come
lingua di intermediazione durante tutte le fasi di realizzazione del progetto, si è deciso di
valorizzare le specificità di ogni partner mantenendo, nell’ambito dello spettacolo, le lingue
originali (italiano, spagnolo, polacco, romeno).Un’altra difficoltà è stata generata dal
confronto tra partner tra loro sconosciuti e quindi, tutto il processo creativo ha necessitato di 172
Il sito multilingue dedicato a Dictat, ora rimasto come testimonianza, è consultabile all’indirizzo
http://www.dictat.eu/it/home.
98
tempi di “assestamento”, fondamentali per poter veramente condividere modalità di lavoro,
obiettivi specifici e responsabilità. Inoltre, il calendario delle attività previste ha subito alcune
modifiche: infatti, l’obbligo di calendarizzare preventivamente le attività, richiesto già in fase
di presentazione del progetto in sede europea, si scontra inevitabilmente con le necessità delle
varie organizzazioni coinvolte, le quali devono pianificare costantemente i loro impegni a
medio e lungo termine per rispettare le scadenze del progetto. Nella relazione finale al
progetto, tuttavia, si evidenzia come tali difficoltà non abbiano precluso la buona riuscita
delle attività previste. Il progetto Dictat, si è dimostrato in linea con almeno tre degli obiettivi
specifici del programma Cultura 2007-2013: anzitutto la mobilità degli operatori di settore si
è potuta realizzare attraverso numerosi viaggi e scambi tra i partner; secondariamente, la
tournée europea dello spettacolo ha garantito la circolazione di un’opera dall’evidente valore
europeo, poiché volta a veicolare una riflessione sul comune patrimonio storico (le dittature) e
una condivisa prospettiva per il futuro; infine, il dialogo interculturale è stato favorito
attraverso incontri, conferenze, laboratori. In un’ottica di lungo periodo, il progetto DICTAT
“set up a network of artists and cultural operators able to raise awareness towards the
historical memory of European past dictatorships through joint cultural activities, enlarging
the scope of their action as far as historical and cultural heritage of EU people is
concerned173”. Tuttavia, come evidenziato in precedenza (cfr. cap. 3, par. 3), una volta
conclusa la fase di cofinanziamento da parte dell’Unione europea, per gli enti coinvolti è
difficile sostenere una prosecuzione del progetto. I costi di un’eventuale tournée europea non
sono affrontabili da piccole organizzazioni come quelle coinvolte in DICTAT e risulta inoltre
difficile stabilire la “proprietà” dello spettacolo conclusivo realizzato: è consentito legalmente
far circolare uno spettacolo “timbrato” Unione europea ricavandone un guadagno? In quale
modo gli eventuali introiti vengono condivisi dai partner? Quale partner si fa carico degli
oneri relativi a promozione, trasferta e organizzazione delle repliche? Gli attori eventualmente
coinvolti, a quale ente fanno capo per ricevere i compensi? Queste sono solo alcune delle
domande che caratterizzano le fasi conclusive di un progetto europeo, il quale lascia, oltre che
un evidente arricchimento culturale e artistico, dubbi in merito alle prospettive future di
prosecuzione.
173
Final Techinical Implementation Report, cit 171, p. 20.
99
5.3 Mobilità di artisti e opere
La definizione più diffusa fino agli anni 80 era quella di “diplomazia culturale”: ovvero
l'insieme di relazioni e azioni attraverso cui uno Stato promuove un'immagine positiva di sé
presso un altro Stato. In una fase successiva si è parlato di “dialogo culturale” o di
cooperazione, in una visione interattiva che supera i semplici rapporti diplomatici tra governi
e coinvolge altri attori (società civile, associazioni, enti privati). Gli istituti di cultura hanno
costituito i principali strumenti operativi all'estero di molti paesi europei come Francia
Germania, Inghilterra, Italia, Polonia, Spagna e Ungheria, i quali sono emanazioni dei
Ministeri per gli Affari Esteri , la loro presenza si caratterizza per sedi molto rappresentative
attrezzate con biblioteca, sala conferenza, foresterie. Il loro ruolo è stato fondamentale fino
agli anni '90, per poi lentamente erodersi a causa di fattori molteplici: la diffusione di forme
spontanee di cooperazione, la crescente presenza culturale dell'Unione Europea, lo slittamento
degli ambiti di intervento (soprattutto in appoggio a missioni commerciali), i conflitti per
quanto riguarda le competenze politico-amministrative e il taglio dei bilanci. Analogamente,
gli accordi bilaterali di cooperazione culturale sono il principale strumento diplomatico per
definire le linee di collaborazione tra due Paesi, di solito vengono rinnovati ogni 3 anni.
Spesso però questo genere di accordi finisce col ricapitolare le attività e le relazioni
consolidate piuttosto che stilare piani strategici, riducendo la propria utilità ad una semplice
normativa in ambito di fiscalità, previdenza e rilascio dei visti nelle relazioni tra i due stati
partner. Alcuni stati europei si sono dotati di strumenti differenti, come ad esempio la
creazione di fondazioni ad hoc, o il rafforzamento dei delegati diplomatici con competenze
culturali. Resta il fatto che il panorama istituzionale e operativo è cambiato negli ultimi
vent’anni: non sono più i governi i principali promotori delle relazioni culturali, ma una
pluralità di soggetti pubblici e privati. La capacità economica del settore culturale non ha più
bisogno di essere dimostrata: ricordando i numeri citati in precedenza, in Europa cultura e
creatività occupano oltre 8,5 milioni di persone e partecipano al PIL europeo con una quota
pari al 4,5%174. Molti studi hanno dimostrato gli effetti positivi sulle economie nazionali degli
investimenti pubblici in cultura e la capacità della filiera culturale e creativa privata di
scatenare un indotto rilevante. Per quanto concerne lo spettacolo dal vivo nello specifico,
all'estero riescono a circolare più facilmente gli spettacoli cosiddetti “poveri” e dunque poco
174
Commissione europea, Cultura e audiovisivo, cit. 122.
100
costosi, che permettono di superare le barriere linguistiche: clownerie, teatro di strada, teatro
ragazzi, nuovo circo (trainato dal grande successo di Cirque du Soleil, prossimo ospite di
spicco anche di EXPO 2015). Riscuotono inoltre un buon seguito le grandi animazioni
spettacolari che accompagnano gli eventi internazionali come Olimpiadi ed esposizioni.
Hanno una significativa circuitazione anche le punte più qualitativamente alte della
produzione teatrale, soprattutto dei maggiori teatri nazionali e teatri stabili (Royal
Shakespeare Company, Comédie Française, Piccolo Teatro). Soprattutto, hanno buona
diffusione spettacoli legati al folclore, al patrimonio culturale proprio di una nazione, in
alcuni casi sostenuti da specifici programmi europei, in altre situazioni legati ad esigenze
politiche di “mettere in mostra” il proprio fiore all'occhiello: anche l'Italia ha sostenuto vetrine
teatrali all'estero, incorrendo talvolta in accuse di clientelismi, sprechi e casualità nelle scelte
culturali. Molto vivace è il filone che presenta esperienze innovative, attente ai nuovi
linguaggi (video, performing-art, teatro immersivo) e che trovano sbocco soprattutto nei
festival internazionali. Tuttavia, in questo ambito, si assiste sempre più frequentemente ad una
standardizzazione dei “prodotti” artistici, per cui si diffondono “spettacoli banalizzati e
formattati, pensati per girare da un capo all'altro dell'Europa; i festival in generale stanno
diventando empori, mercati, e molti registi si specializzano in questi prodotti insipidi che
piazzano un po' dappertutto. Di fronte al fenomeno della globalizzazione, è indispensabile che
il regista rispetti le caratteristiche di un luogo e di un pubblico.175” Per quanto riguarda il
versante italiano, nel corso degli anni hanno avuto una buona visibilità all'estero Quartucci-
Tatò, Carmelo Bene, Carrozzone-Magazzini, Mario Martone e in tempi recenti Pippo
Delbono, la Socìetas Raffaello Sanzio, Motus, Fanny&Alexander, Emma Dante.
Indubbiamente negli ultimi anni si sono moltiplicati gli scambi e le occasioni di viaggio, è
cambiato l'atteggiamento del teatro di fronte al problema delle frontiere, delle lingue e delle
culture e parallelamente si sono diversificati i canali internazionali di collaborazione tra i
teatri.
5.3.1 La coproduzione internazionale
La coproduzione di spettacoli è una modalità di collaborazione internazionale che
presuppone la condivisione concreta di idee, l’integrazione di forze, l’impegno economico
175
Peter Stein, Le Monde, 5 luglio 2001
101
delle parti. Questa forma si è diffusa in Italia nel corso degli anni ’90 (in altri paesi europei
erano diffuse altre modalità di sostegno alle produzioni, come le “residenze” e i pre-acquisti),
ma ha trovato piena realizzazione proprio a livello europeo e internazionale. Alcuni autori176
individuano tre diverse tipologie di coproduzione, una delle quali si è dimostrata nel corso
degli anni molto efficace ai fini dell’integrazione culturale europea. Si può parlare di
collaborazione alla produzione, nel caso in cui un soggetto produttivo (compagnia) venga
supportato da uno o più soggetti sostenitori (festival, teatri, istituti, enti locali..) che
collaborano alla realizzazione di uno spettacolo fornendo contributi e servizi (questa è una
pratica diffusa soprattutto a livello nazionale); nel caso in cui due soggetti produttivi diversi
collaborino alla realizzazione di un progetto integrando risorse, fondi e reti distributive, si può
parlare invece di coproduzione tra partner. Questa pratica è sicuramente adatta anche ad
un’arena internazionale, pur scontrandosi con contratti nazionali, legislazioni e consuetudini
molto differenti . La terza tipologia, definita come coproduzione attraverso l’integrazione
di allestimenti diversi vede più soggetti produttivi di paesi diversi lavorare su un’idea
comune molto forte, con una spiccata rilevanza europea, e sviluppare il lavoro attraverso
momenti di incontro e confronto, sessioni individuali e autonome di progettazione e infine
rappresentazione dei risultati accostando e/o integrando i vari esiti. Le numerose
sperimentazioni di collaborazione a livello europeo si sono rivelate molto interessanti, anche
perché stimolate dai programmi europei, riuscendo così a superare differenze linguistiche e
difficoltà organizzative. Scorrendo i progetti di carattere produttivo finanziati nel quadro di
Cultura 2000 (il primo programma organico in tale ambito), questa forma di coproduzione
sembra prevalere. Ed è proprio a partire da questo programma europeo che si è diffusa una
tendenza alla progettazione come modus operandi preferito nel settore teatrale.
5.3.2 Obblighi legali e burocratici
Di seguito una breve panoramica dei vincoli inerenti le tutele legali, assistenziali e
organizzative, gli obblighi giuridici cui occorre fare riferimento in ambito di progetti
176
Mimma Gallina opera dagli anni settanta come organizzatrice teatrale. Ha diretto organismi pubblici e privati, prodotto
spettacoli, curato festival ed è stata consulente di teatri, amministrazioni pubbliche e fondazioni. Da anni è docente di
organizzazione teatrale presso la Scuola di Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano, pubblicando anche diversi libri. Diverse
informazioni inserite nel presente elaborato sono estrapolate dal volume Organizzare Teatro a livello internazionale, a cura
di M. Gallina, 2008, ed Franco Angeli.
102
transnazionali. All’interno dell’Unione Europea le norme comunitarie consentono la libera
circolazione delle persone e delle merci. Per quanto riguarda le merci occorre tuttavia munirsi
di eventuali permessi di transito e sosta, così come di assicurazione a copertura di furto,
danneggiamento, perdita del carico. Generalmente le strutture collaborano al fine di garantire
agli operatori in trasferta l’agevole reperimento dei documenti necessari: visti di ingresso per
motivi di lavoro per brevi periodi per tutti i Paesi al di fuori dell’Unione Europea e per i Paesi
non aderenti al trattato di Schengen. Ad esempio, le procedure da seguire per l’emissione del
visto d’ingresso negli Stati Uniti sono molto macchinose e costose. In alcuni paesi è
necessario che la pratica per il rilascio del visto sia attivata direttamente dalla struttura
ospitante o da un agente con sede nel paese ospitante. Nei casi in cui la collaborazione
avvenga nel quadro di accordi bilaterali di cooperazione internazionale, l’ottenimento dei visti
può realizzarsi senza spese. Anche le procedure per ottenere i permessi di lavoro per attori
minorenni possono variare da un paese all’altro. Per quanto concerne le certificazioni
previdenziali, l’unico certificato riconosciuto a livello europeo e nei Paesi convenzionati che
attesti l’assoggettamento del lavoratore alla legislazione previdenziale è il modulo A1 (ex
modulo E101 e E103)177, da presentare all’Inps per tutti i componenti della compagnia. Molti
paesi extracomunitari sono in grado di fornire un documento parificato al modulo A1, che, in
virtù di accordi bilaterali di reciprocità, viene riconosciuto per testimoniare lo stato
assicurativo del lavoratore. Anche la questione dei diritti d’autore costituisce un’incombenza
che l’eliminazione delle frontiere non ha risolto: solitamente è la struttura ospitante che
s’impegna a versare i diritti d’autore musicali, coreografici, letterari agli aventi diritto tramite
l’organo preposto nel proprio Paese178. Per le rappresentazioni in Italia, nel caso in cui gli
autori siano tutelati, i diritti d’autore vengono versati secondo le consuetudini italiane alla
SIAE che li trasferisce alla società omologa del paese in cui ha sede l’autore, che a sua volta,
li versa all’avente diritto. In caso di opere non tutelate, possono essere stipulati accordi
privati. Considerando le profonde differenze culturali e sociali che caratterizzano gli stati
europei, occorre non dimenticarsi che è possibile imbattersi in varie forme e tipologie di 177
http://europa.eu/youreurope/citizens/work/social-security-forms/index_it.htm
178 Alcuni esempi europei: in Francia esistono ventidue società, di natura privata, a cui sono demandati anche compiti
pubblici; per tale ragione sono sottoposte a controlli governativi. In Belgio esiste una pluralità di società di gestione, specializzate secondo la natura dell'opera intellettuale: SABAM principalmente per le opere letterarie, SOFAM principalmente per le opere grafiche, ASSUCOPIE principalmente opere scolastiche, scientifiche e universitarie. In Germania ci sono 12 società, con competenze suddivise in base al mezzo d'espressione, sottoposte all'autorità di vigilanza delle società di gestione collettiva tedesca dei brevetti e marchi (DPMA). In Italia, al contrario degli altri Paesi europei, tutte le competenze in merito a diritti d’autore sono concentrate nella SIAE.
103
censura e che risulta quindi necessario interrogarsi e informarsi sull’eventualità di vietare lo
spettacolo ai minori, piuttosto che sottoporre a revisione preventiva il copione/l’opera (come
accadeva in Italia fino a pochi anni fa), o in alcuni casi, effettuare un esame preliminare con
una commissione di revisione. Un’ultima, ma importante questione sulla quale non è stato
possibile effettuare alcuna armonizzazione a livello comunitario, è quella che riguarda la
tassazione: non esiste una normativa europea che stabilisca come tassare il reddito (salario,
pensione, prestazioni, proprietà, successioni, donazioni o altre fonti di reddito) dei cittadini
dell'UE che vivono, lavorano o soggiornano al di fuori del loro paese di origine e questo vale
ovviamente anche per i lavoratori in ambito culturale. Vi sono solo leggi nazionali e trattati
fiscali bilaterali tra paesi, che però non prevedono tutte le eventualità e variano notevolmente.
Le Convenzioni per evitare le doppie imposizioni sono trattati internazionali con i quali i
Paesi contraenti regolano l’esercizio della propria potestà impositiva al fine di eliminare le
doppie imposizioni sui redditi e/o sul patrimonio dei rispettivi residenti. Oltre ad evitare le
doppie imposizioni, le Convenzioni hanno anche lo scopo di prevenire l'evasione e l’elusione
fiscale: a questo fine esse prevedono alcune disposizioni sulla cooperazione amministrativa.
Tali trattati si ispirano principalmente al modello di Convenzione elaborato in sede OCSE179.
Un ulteriore modello di riferimento, è quello elaborato dalle Nazioni Unite nel 2001,
nell’ambito del quale l’articolo 7 regola proprio le questioni inerenti la doppia tassazione
derivante da attività all’estero180.
5.3.3 Reti Culturali
Il networking è uno dei segni del dinamismo delle società civili: si sviluppa soprattutto dove
la società civile è forte e libera di agire in un rapporto di indipendenza e di collaborazione con
le istituzioni ufficiali. Le reti mettono in evidenza la vitalità della scena indipendente, le
capacità organizzative e favoriscono l’iniziativa individuale, anche nel dialogo con le autorità
pubbliche a vari livelli. Piattaforma, forum, club, consorzio, unione... esistono molte varietà di
179
OECD, Articles of the Model Convention with Respect to Taxes on Income and on Capital, consultabile all’indirizzo
http://www.oecd.org/tax/treaties/1914467.pdf
180 Dipartimento per gli affari economici e sociali, United Nations Model Double Taxation Convention between Developed
and Developing Countries, New York 2001, consultabile all’indirizzo
http://www.finanze.it/export/download/dipartimento_pol_fisc2/N0067665.pdf
104
organizzazioni e di modalità per lavorare in rete, così come esistono diverse definizioni di
“rete”, non esiste un modello unico. l’espressione network è viene spesso usata per descrivere
diversi tipi di raggruppamenti di individui che in effetti non potrebbero definirsi tali: i
network hanno bisogno di una decisione consapevole, ma di solito informale, per funzionare
in questo modo. I network sono un modo distributivo di lavorare dove l’informazione è la
valuta e il contatto umano (spesso sostenuto dalla tecnologia) è la modalità di distribuzione.
Una caratteristica fondamentale delle reti culturali europee è che funzionano secondo i
principi della cooperazione e del dono: vengono infatti preferiti sistemi di “scambio” gratuito,
in cui la circolazione di informazione crea sinergie, alimentando nuovi circuiti e nuove
conoscenze. Il “modello europeo” si distingue inoltre per l’assenza di gerarchie forti: la
struttura interna è regolata da logiche interne informali che permettono ai soci di lavorare
insieme e di creare legami autonomamente, senza passare da un centro unico. Le reti culturali
europee nascono dall’iniziativa degli operatori culturali stessi, con l’obiettivo di condividere
interessi e obiettivi comuni: non vengono imposte o decise dall’alto, anche se possono
usufruire di sostegno da parte di enti pubblici nazionali o europei (i programmi dell’Unione
finanziano infatti anche progetti specifici ideati da network culturali o lo sviluppo dei network
stessi). Uno dei compiti più interessanti sviluppato negli ultimi anni dalle reti è quello di
advocacy, ovvero di difesa del settore professionale (o di specifiche istanze collegate agli
obiettivi della rete), presso gli organismi pubblici nazionali e internazionali, in particolare
presso gli organi dell’Unione Europea, ma anche presso interlocutori politici o finanziari181.
Si è sviluppato così un ruolo di rappresentanza degli operatori culturali a livello europeo,
funzione fondamentale (diversa dalle logiche sia sindacali che lobbystiche poiché non
dedicata a interessi commerciali) nell’ottica di dialogo continuo che la stessa Unione Europea
auspica tra i livelli politico-amministrativo e operativo. Nonostante l’evoluzione positiva delle
reti culturali negli ultimi anni, sono visibili tutt’ora delle disparità di status tra le
organizzazioni transnazionali e gli enti culturali pubblici, che nonostante la crisi, continuano a
poter contare sul sostegno pubblico. Questi ultimi finiscono per mostrare un’attitudine
difensiva legata alla preservazione dello status quo, mentre le reti culturali transazionali, i
network, le ONG manifestano una spiccata propensione innovatrice. La presenza di network
culturali attivi nel contesto dell’Europa post comunista ha mostrato evoluzioni inattese e
positive . Per cominciare, sono stati di supporto nel processo di decentralizzazione e hanno 181
Tra le reti che svolgono azione di advocacy, possiamo citare Culture Action europe, sito consultabile all’indirizzo
http://cultureactioneurope.org/our-history/.
105
generato occasioni di cooperazione transnazionale e partnership economica. Hanno
contribuito ad accrescere la partecipazione settoriale, elevare la consapevolezza pubblica e
procurare nuovi, efficienti metodi di distribuzione e diffusione. I network prosperano nel
momento in cui riflettono e affermano i valori condivisi dei loro membri e fioriscono nei
vuoti lasciati dalla fornitura culturale convenzionale. Soprattutto, sono importanti forieri di
cambiamento e probabilmente stanno portando un grande contributo alla coesione europea al
pari di molte delle iniziative ispirate politicamente e finanziate nell’Unione Europea. Di
seguito vengono illustrati alcuni esempi di network culturali europei.
5.3.3.1 Unione dei Teatri d’Europa
La rete più nota storicamente è l'Unione dei Teatri d'Europa , fondata nel 1990 su iniziativa
di Jack Lang, Ministro per la Cultura francese e da Giorgio Strehler, Direttore del Piccolo
Teatro di Milano. Di fronte a un'integrazione europea avvertita da Strehler come fondata quasi
unicamente sulla base di criteri finanziari ed economici, il regista esprime la necessità di dare
maggiore spessore culturale a questo processo, proprio partendo da una forma artistica
tipicamente europea come il teatro: “È mia convinzione che fino a che una possibile unità
europea non metterà l'evento culturale, il suo patrimonio di cultura e di arte al primo posto
della sua costruzione, essa sarà destinata al fallimento, anche se strutturalmente riuscisse in
qualche modo a costituirsi. […] Io penso che [il teatro] ha il dovere di esistere ed operare
concretamente per un'idea più alta di Europa, assai più alta di quella da noi oggi vissuta[…] 182”. L’UTE nasce sul modello della rete “Teatri d’Europa”, creata nel 1983 per coadiuvare la
collaborazione tra i teatri di Francia, Italia e Spagna. La missione dell’Unione dei Teatri
d’Europa si articola attorno a tre direttrici principali: lo sviluppo di collaborazioni
internazionali, attraverso la realizzazione di coproduzioni e l’organizzazione di festival e di
progetti; la protezione e la trasmissione del patrimonio culturale europeo,affinché i giovani
possano farlo proprio; il rinnovamento e lo sviluppo di tale eredità, attraverso progetti che
sappiano mettere in discussione criticamente e costruttivamente la società contemporanea che
la custodisce. Oggi, con più di dieci mila repliche e tre milioni di spettatori per ogni stagione,
l’UTE rende possibili numerosi progetti di cooperazione artistica internazionale e
transazionale: festival, coproduzioni, esposizioni, ateliers, collaborazioni tra le scuole di
teatro, tavoli di discussione e scambio di buone pratiche. La rete si compone di più di 40 182 Giorgio Strehler, Il teatro nella prospettiva di un'Europa Unita, novembre 1993, dal sito www.strehler.org
106
membri, tra i quali 21 grandi teatri nazionali, rappresentanti 18 diversi paesi, anche esterni
all’Unione Europea, tra cui Israele, Russia, Georgia e Norvegia. Questa apertura è stata
fortemente voluta da Ilan Ronen, direttore artistico del Teatro Nazionale d’Israele e Presidente
dell’UTE dal 2011, il quale ha patrocinato una profonda ristrutturazione della rete,
imprimendole una forte decentralizzazione. Nel 2012, l’UTE è stata nominata Ambasciatrice
Europea della Cultura e nel 2014 è diventata una delle 22 reti culturali europee sostenute dalla
Commissione183.
5.3.3.2 L’IETM - Informal European Theatre Meeting
Un altro network “pioniere” è costituito da IETM184, nato prima dell’UTE, ma meno
conosciuto; tuttavia, dopo la sua nascita nel 1981, le reti culturali si sono moltiplicate in tutta
Europa. IETM è stata una delle prime organizzazioni culturali in Europa a riconoscere i
vantaggi di adottare una pratica di network come un principio collaborativo. Il bisogno di
lavorare oltrepassando i confini nazionali e con organizzazioni di carattere, dimensioni e
disponibilità economica diversi rendevano inappropriato altre forme di associazione
professionale. Originariamente la sua denominazione era Informal European Theatre
Meeting, ora tramutata in International network for contemporary performing arts. La
longevità di questa organizzazione è da ricondurre alla sua capacità di reinventare se stessa e
di adattarsi ai diversi bisogni, all’ambiente culturale politico, a generazioni successive di
professionisti del teatro in Europa, soprattutto nell’arco di un trentennio durante il quale la
geografia e la politica del continente europeo sono cambiate in maniera più radicale che in
ogni altro periodo post 1939. Gli interessi comuni del gruppo di produttori e artisti che si
riunirono per la prima volta erano quelli di condividere e utilizzare la loro comune
conoscenza e la loro esperienza nel teatro contemporaneo internazionale, così da poter
raggiungere nuovo pubblico oltrepassando le rigide infrastrutture ed ortodossie che
dominavano molta della produzione e diffusione delle performing arts europee. I primi
incontri dell’IETM si svolgono a Parigi (1981), Amsterdam (1982), Londra (1982) e
Sarrebrueck (1983). Durante l’ultima decade degli anni ottanta molta della energia collettiva
dell’IETM è indirizzata a costruire collegamenti e a creare piattaforme di produzione e
dialogo con i colleghi dell’Europa Centrale e dell’Est. L’incontro dell’IETM a Zagabria 183
La storia dell’UTE è consultabile all’indirizzo http://www.union-theatres-europe.eu/UNIQ142557690517856/ute.
184 Le informazioni relative a IETM sono reperibili all’indirizzo http://ietm.org
107
(1990) costituisce un momento di passaggio significativo: la sessione plenaria di quell’anno
anticipò lo scoppio della guerra nei Balcani che impresse cambiamenti inaspettati, visibili
anche a livello culturale. Durante gli anni della guerra balcanica l’IETM, come molte altre
organizzazioni culturali, è virtualmente impotente e può offrire semplici espressioni di
sostegno ai propri colleghi nei diversi paesi. Il network inizia allora a sviluppare nuovi
contatti con artisti ed organizzazione nel sud dell’Europa, nel Mediterraneo ed oltre. Il
numero dei membri si è allargato e contratto negli anni in reazione alle condizioni prevalenti
all’interno del settore culturale stesso. Talvolta, network nuovi sono stati costituiti da membri
che si sono incontrati per la prima volta nell’IETM e, dopo essersi resi conto che i loro
bisogni erano più specifici, se ne sono allontanati. IETM oggi conta 500 tra membri e
associati, appartenenti a numerose categorie culturali: produttori, festival, compagnie, teatri,
centri di ricerca, associazioni culturali e altri network. La sua missione, così come riportata
dal suo statuto185 è quella di “stimolare un contesto favorevole allo sviluppo e alla qualità
delle arti performative in ambito globale, facilitando: la creazione di reti professionali e la
comunicazione tra esse; la condivisione dinamica delle informazioni; Il trasferimento di
conoscenze e di buone pratiche”. Oltre alle quote associative ricevute dai membri, IETM gode
del sostegno strutturale da parte della Commissione Europea. Lo stesso vale per molte delle
organizzazioni facenti parte di IETM: le politiche nazionali ed europee per le arti sono
cambiate negli ultimi trent’anni e hanno condotto a progetti artistici più snelli e meno
ambiziosi. Le coproduzioni e gli scambi culturali attraverso i confini, se da un lato vengono
incentivati e sostenuti dai programmi europei, risultano anche più costosi rispetto al passato,
soprattutto a livello organizzativo e burocratico. Fattori economici e budget organizzativi
ridotti hanno ridimensionato le ambizioni e gli obiettivi di molto progetti intrapresi dai
membri dell’IETM. Come conseguenza immediata di ciò, molti dei contatti diretti che
avevano luogo tra gli artisti e le organizzazioni dei differenti paesi sono stati sostituiti da
contatti elettronici tramite e-mail ed internet. Oggi il sito stesso dell’IETM è lo strumento
primario di comunicazione che funge da collegamento tra i membri nel periodo che intercorre
tra i due incontri annuali. La prossima riunione plenaria si svolgerà a Bergamo dal 23 al 25
aprile 2015.
185
http://ietm.org/en/about-ietm
108
5.3.3.3 Fondazione Anna Lindh
Di più recente istituzione, ma molto ben strutturata sotto il profilo formale, troviamo la
Fondazione Anna Lindh: nasce nel 2004 ispirata dalla relazione a chiusura dei lavori svolti
dal Gruppo Consigliare di alto livello, denominato il “Consiglio dei Saggi”, riunito
nell’ottobre 2003 a Bruxelles, su impulso della Commissione Europea allora guidata da
Romano Prodi186. Si tratta di un’organizzazione intergovernativa, membro del Consiglio
d’Europa, cofinanziata dall’Unione Europea e dai 42 Paesi membri dell’Unione del
Mediterraneo. Attraverso la sua azione, la Fondazione intende contribuire allo sviluppo di una
strategia interculturale per la Regione Euro-mediterranea, fornendo raccomandazioni alle
istituzioni e svolgendo un ruolo di advocacy in favore di valori condivisi. Tra i suoi obiettivi
vi sono il superamento di barriere e stereotipi e la creazione di uno spazio di prosperità
regionale attraverso azioni a stampo culturale: “The main scope of the ALF is overcoming the
misunderstandings and stereotypes which affect relations between and within the societies of
the Region, a task which became of utmost importance in the last decade. As a contribution to
the creation of a space of prosperity, coexistence and peace, the ALF works to restore trust in
dialogue and bridge the gaps in mutual perceptions, as well as promoting diversity and
coexistence”187. Sulla base di questi obiettivi, ogni Paese è invitato a fondare una propria rete
composta da soci provenienti dalla società civile e attivi nel settore culturale, nominando un
coordinatore con il compito di sviluppare tale rete. Alla Fondazione spetta il compito di
federare le reti nazionali e di fornire supporto organizzativo, opportunità di incontro,
formazione, progettazione. Un caso interessante di azione di advocacy svolta dalla
Fondazione si è verificato su iniziativa della rete Francese: i primi bandi a progetto rivolti alla
rete euro-med prevedevano di riunire sia partner dell’area a nord del Mediterraneo sia a sud,
con il preciso requisito che tali partner non fossero a scopo di lucro. Per ragioni politico-
amministrative locali, la maggior parte delle strutture impegnate in progetti culturali nei Paesi
del Mediterraneo erano (e sono tutt’ora) a scopo di lucro. Grazie all’azione della rete francese
della Fondazione, che ha portato la questione di fronte a Parlamento e Commissione europea,
sono stati presi provvedimenti e ora la natura giuridica dei singoli partner non costituisce più
una discriminante.
186
Relazione finale consultabile all’indirizzo
http://www.annalindhfoundation.org/sites/annalindh.org/files/documents/page/rep_hl_adv_group_11_2003.pdf
187 http://www.annalindhfoundation.org/mandate-and-founders
109
5.4 Agenzie di progettazione europea
Considerate le opportunità offerte dai programmi di finanziamento europei, non solo in
ambito culturale, si assiste negli ultimi anni alla proliferazione di corsi, workshop, master
dedicati all’europrogettazione: le figure professionali in grado di districarsi tra i regolamenti
dei diversi programmi, sempre aggiornate sulle scadenze e sulle modalità migliori per
presentare un progetto in sede europea, capaci di fornire contatti per quanto riguarda desk
informativi, ricerca partner, budget e rendicontazione, sono sempre più ricercate. Si sono
moltiplicate quindi anche le agenzie di natura privata specializzate nell’assistenza
all’europrogettazione. Di seguito verranno brevemente descritte alcune agenzie appartenenti a
tale ambito, una delle quali – Fondazione Fitzcarraldo – è impegnata a 360 gradi nel settore
culturale, l’altra – InEuropa – specializzata in progettazione non esclusivamente a stampo
culturale.
5.4.1 Fondazione Fitzcarraldo188
Fondazione Fitzcarraldo è un centro indipendente con sede a Torino, che dai primi anni ‘90
svolge attività di progettazione, ricerca, formazione e documentazione sul management,
l'economia e le politiche della cultura, delle arti e dei media. Tali attività vengono realizzate a
beneficio di chi crea, pratica, partecipa, produce, promuove e sostiene le arti e le culture con
particolare attenzione a gruppi sociali svantaggiati e in quanto tali esclusi o in condizioni di
difficoltà di accesso alla pratica artistica e alla fruizione dei beni e delle attività culturale. La
Fondazione contribuisce allo sviluppo, alla diffusione ed alla promozione dell'innovazione e
della sperimentazione e, nel corso degli anni, ha stretto partnership durature con altri enti,
collaborando sistematicamente o una tantum con fondazioni, università, associazioni,
amministrazioni pubbliche, musei, teatri, sia a livello locale, nazionale, che internazionale. La
Fondazione non si occupa principalmente di assistenza tecnica alla progettazione, ma articola
le proprie attività soprattutto attorno alla ricerca, alla formazione, alla documentazione ed ha
partecipato essa stessa come partner a progetti europei (vedi ad esempio progetto PRACTICS,
case study nr. 1, cap 5, par. 2.1), concentrandosi esclusivamente sul settore culturale.
Nell’ambito dell’area di ricerca e consulenza, Fitzcarraldo realizza su propria iniziativa o su
188
http://www.fitzcarraldo.it
110
committenza, indagini e ricerche legati agli aspetti caratterizzanti la creatività, la produzione,
l’organizzazione e il consumo di arte e cultura. Elabora studi dedicati all’audience
development, alle problematiche legate al management delle organizzazioni culturali, alle
buone pratiche, ai modelli organizzativi, ai piani di comunicazione con un’attenzione
particolare per l’innovazione digitale dei social media, formula analisi approfondite delle
politiche culturali nazionali e sovranazionali, valorizzando la cooperazione e i network come
canali di sviluppo culturale e ricerche dedicate all’occupazione nel settore delle arti, della
cultura e dello spettacolo. Grazie alla lunga esperienza transnazionale, la Fondazione è stata
riconosciuta interlocutore chiave del LabforCulture.org, il laboratorio per la cooperazione
culturale in Europa fondato nel 2005, che l'ha nominata all'interno del proprio Stakeholder
Forum, insieme ai principali centri di ricerca e alle reti d'Europa. La Fondazione Fitzcarraldo
è responsabile inoltre dell'attività istituzionale di ricerca dell'Osservatorio Culturale del
Piemonte. Le attività e i beni culturali, i musei, le industrie culturali vengono monitorati
costantemente per fornire mese per mese le principali variabili e gli andamenti di breve
periodo, mentre ogni anno viene pubblicato un rapporto che ricostruisce il quadro regionale
delle attività culturali e del loro impatto. La Fondazione ospita un Centro di Documentazione
sui temi del management culturale, degli aspetti economici e delle politiche culturali, che
comprende oltre 6.000 titoli. Il Centro di Documentazione - riconosciuto dalla Regione
Piemonte - fa parte del Servizio Bibliotecario Nazionale e opera attraverso un network di
accordi di collaborazione con altre biblioteche e centri di documentazione locali, nazionali ed
internazionali. Fitzcarraldo è promotrice della rete internazionale dei centri di
documentazione sulle politiche culturali RECAP (Resources for Cultural Policy in Europe).
La Fondazione svolge inoltre attività di formazione ed è stata tra i primi enti in Italia a
introdurre percorsi formativi legati al management e al marketing culturale, proponendo corsi
brevi, master e percorsi di alta formazione, corsi di perfezionamento, laboratori e workshop,
convegni ed incontri di aggiornamento rivolti agli operatori culturali di enti pubblici e privati.
111
5.4.2 InEuropa189
InEuropa è una società privata con sede a Modena, fondata nel 2006 da Andrea Pignatti e
Barbara Grazzini, che si occupa di tematiche comunitarie per supportare enti pubblici, privati
e associazioni nell’accesso alle opportunità europee. InEuropa offre servizi per sensibilizzare
gli enti pubblici e privati sulle politiche e sui programmi dell’Unione europea, elaborare
progetti a livello locale, nazionale e internazionale e dare un supporto tecnico per accedere
alle opportunità europee. InEuropa persegue i seguenti obiettivi generali:
- sensibilizzare ed informare gli amministratori del territorio sui temi dell’integrazione
europea, sulle tematiche comunitarie e sulla loro connessione alla politica locale;
- favorire l’attivazione di un processo di innovazione e di crescita complessiva degli enti
territoriali;
- individuare e recuperare contributi europei per attività strategiche attraverso una
conoscenza approfondita delle dinamiche comunitarie e la costruzione di partenariati
internazionali;
- creare una cultura progettuale europea sul territorio;
- affiancare Comuni e altri enti territoriali nell’azione di progettazione e gestione di
progetti.
Nello specifico, le azioni messe in atto dall’agenzia includono progettazione e realizzazione di
servizi informativi e di dossier utilizzabili in occasione di seminari e convegni,
organizzazione di corsi formativi e di approfondimento relativi alle tematiche comunitarie, ma
soprattutto assistenza tecnica alla progettazione in tutte le sue fasi: orientamento preliminare,
ricerca di sostegno finanziario, creazione del partenariato, pianificazione delle strategie future
e trasferimento delle competenze. InEuropa collabora con enti locali, associazioni, fondazioni
ed enti privati nell’affrontare tutte le tipologie di bandi europei: programmi Cultura, Interreg,
URBACT, LIFE Ambient, Cittadinanza Attiva, Grundtvig, etc. Per il progetto DICTAT -
Performative Culture Cooperation for awareness on past European DICTATorships (cfr. par.
2.2 del presente capitolo), gli enti partner si sono avvalsi del supporto tecnico di InEuropa.
189
http://www.ineuropa.info/
112
CONCLUSIONI
Al termine di questa ampia analisi, che si è tentato di stilare nel modo più dettagliato
possibile, si avverte il bisogno di evidenziare alcuni aspetti emersi, in modo da poter meglio
comprendere in quale misura la cultura si sia rivelata strumento d’integrazione nel processo di
costruzione e sviluppo dell’Europa unita. Il settore culturale può essere considerato come un
caso di integrazione critica, per cui, anche dopo l’introduzione dell’articolo 128 col trattato di
Maastricht, l’intervento comunitario in tale ambito è rimasto strettamente definito dal
principio di sussidiarietà, secondo il quale l’azione delle istituzioni europee può intervenire
solo se gli obiettivi fissati non possono essere raggiunti efficacemente dagli Stati membri. La
cultura è stata tradizionalmente considerata dominio della sovranità nazionale e gli Stati
membri sono stati e sono tutt’ora poco inclini a cedere le loro competenze in tale ambito. La
cultura è un’area in cui le diversità tra gli Stati membri abbondano, non solo per quanto
riguarda la cultura popolare, le tradizioni, il patrimonio insito in ogni territorio: gli stessi
meccanismi istituzionali, le politiche nazionali e locali, messi in atto per gestire tale ambito
sono profondamente variegati e ancorati a teorie politiche, obiettivi e policy propri di ogni
Stato membro. La constatazione degli ostacoli incontrati nel processo - faticoso e incompleto
- di creazione di una politica culturale omogenea rende evidente quanto le idee/concezioni
politiche siano componenti fondamentali nelle dinamiche di integrazione europea: concezioni
istituzionali, politiche ed economiche, principi politici, ideologie generano la preferenze per
un modello di intervento in ambito culturale piuttosto che per un altro, sia a livello nazionale
che, di conseguenza, a livello sovranazionale. La politica culturale costituisce ancora un
universo incerto e non delimitabile in modo univoco: patrimonio nazionale, diritti degli artisti
e proprietà intellettuale, industria culturale, educazione pubblica, pornografia e censura,
mercato dell’intrattenimento, turismo culturale. L’ampiezza del recinto che racchiude ciò che
è considerato “cultura” è altamente indicativo delle scelte politiche intraprese dai governi,
nazionali o sovranazionali che siano. Tuttavia, nonostante la natura problematica dell’ambito
culturale come strumento d’integrazione, è evidente che la gestione di tale settore sia, per
quanto lentamente e parzialmente, passata ad un livello sovranazionale europeo. Dagli anni
’70, soprattutto la CdG, ha utilizzato il suo potere giudiziario per veicolare una tipologia di
integrazione “negativa”, ossia realizzata attraverso l’eliminazione di qualsiasi barriera alla
113
libera circolazione di merci, servizi e persone, anche in ambito culturale190.Tale processo, pur
non implicando la creazione di una politica culturale sovranazionale, ha tuttavia avuto un
forte impatto sulle politiche nazionali. È evidente come questa prima fase di integrazione sia
stata guidata dall’obiettivo di implementare il mercato comune e quindi abbia avuto
conseguenze liberalizzanti anche sul settore culturale. Quindi, a questa prima fase, ne è
seguita una seconda, quasi come reazione alla precedente: si sono affermati infatti rinnovate
volontà di tutela e valorizzazione delle specificità culturali, sia localmente rilevanti (in
opposizione al mercato unico europeo), sia specifiche dell’area europea (in contrapposizione
alla quasi-egemonia statunitense). Tuttavia, mentre a livello sovranazionale europeo si è
legiferato nei settori delle telecomunicazioni, del diritto d’autore e della tutela dei beni
artistici, non esistono norme europee cogenti relative alla musica, allo spettacolo dal vivo, alla
promozione del patrimonio. Quindi, i settori culturali più direttamente collegati alla creazione
del mercato unico, sono stati i primi e gli unici ad essere interessati da un intervento
comunitario. Mentre, per quanto riguarda gli ambiti culturali restanti, solo recentemente si sta
affermando il riconoscimento del loro valore economico, sociale e in un’ottica d’integrazione,
ma risultano al momento interessati solo da interventi sovranazionali dell’UE che sono
complementari e di sostegno a quelli statali. Ma non per questo, meno significativi. Infatti,
come spesso accade, le azioni avviate o promosse da attori sovranazionali inducono gli attori
nazionali o subnazionali ad entrare nel processo di definizione delle politiche. Per quanto
riguarda il caso della politica culturale europea, si possono ad esempio distinguere due fasi
che contraddistinguono l’attitudine degli Stati membri: inizialmente i Membri preferiscono
salvaguardare la propria sovranità nel settore culturale. In questa fase l’intervento europeo si
estrinseca in atti – soprattutto giurisdizionali – che tutelano la creazione del mercato unico.
Solo in una seconda fase, dopo che alcuni Stati (come Francia, Germania e Italia)
percepiscono una minaccia per le proprie tradizionali politiche culturali, minaccia derivante
sia dallo sviluppo tecnologico, sia dall’intervento di CdG e Commissione, gli Stati decidono
di delegare alcune competenze/compiti al livello sovranazionale europeo. E tale dinamica di
bilanciamento continuo è alla base del processo d’integrazione europea, sia nel settore
culturale, sia nella sua globalità. In un settore per il quale nessuna competenza sembra essere
assegnata alle istituzioni europee dai trattati, la CdG e la Commissione tendono ad intervenire
applicando principi di libero mercato e di liberalizzazione, provocando una reazione in alcuni 190
Se consideriamo, al contrario, un’integrazione positiva, quella che implica l’armonizzazione delle legislazioni nazionali e
stabilisce un comune sistema amministrativo.
114
“Stati-guida”, i quali percepiscono una minaccia nei confronti delle loro politiche e tentano
quindi, di trasferire i loro modelli a livello europeo, generando, di fatto, un’espansione delle
competenze UE191. Tendenzialmente, le istituzioni europee hanno incentivato il processo di
armonizzazione in molti settori che inizialmente non erano inclusi tra le competenze
comunitarie, come la politica ambientale e le politiche sociali e di genere. La linea tracciata in
ambito culturale, al contrario, si è dimostrata differente, nel senso che l’uso che Commissione
e CdG hanno fatto dei loro poteri regolativo e giudiziario, ha mirato a instaurare maggiore
liberalizzazione e a imporre delle politiche più liberali agli Stati. Fondamentalmente, i risultati
significativi ottenuti nei settori ambientale e sociale derivano da un maggiore supporto
intergovernativo all’innalzamento degli standard. E un medesimo diffuso supporto non è
ancora stato possibile raccoglierlo in ambito culturale.
191
Littoz-Monnet A., The European Union and Culture: Between Economic Regulation and European Cultural Policy,
Manchester University Press, 2007, p 17.
115
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Ringraziamenti
Sarebbe meraviglioso poter continuare a studiare tutta la vita. Senza l’incombenza di tasse,
scadenze, more, sovrattasse, o capelli grigi. Con gli anni si apprezzano maggiormente gli
aspetti sottili, i dettagli insignificanti, si apprezzano gli aneddoti, e le esperienze vissute
arricchiscono di sfumature tutto quello che si pensa di conoscere già. Parlando con un amico,
ormai quarantenne, lavoratore da una vita, altrettanto studioso da una vita: mi raccontava
dell’esame all’anno che riesce sostenere, mentre si dedica al teatro e alla musica per 12 ore al
giorno e alla tesi sulle danze balinesi in ogni ritaglio di tempo che ricava.
Ringrazio lui, presenza insignificante, in termini di tempo, ma estremamente positiva in
termini di ispirazione.
Ringrazio Madre Teresa, con la quale ho condiviso il tavolo di lavoro: mentre io assemblavo
porzioni di tesi, lei preparava i tortelli.
Ringrazio Roberto e le sere in cui non mi ha disturbata. Oltre che per tutto il resto.
Ringrazio Teatro Magro, per avermi permesso di occuparmi così da vicino degli aspetti
operativi di un progetto europeo. Che poi, se anche lo si chiama in modo diverso, rimane
comunque un insieme di persone che collaborano, anche se geograficamente distanti, alla
creazione di qualcosa in cui credono.
Ringrazio il mio relatore, la Professoressa Endrici, per la fiducia accordata. E la dottoressa
Domenicali per i suggerimenti operativi.
Un pensiero finale, che non vuole essere commovente, va a papà Eolo. Il dio dei venti.