La Pedagogia di fronte alle sfide per una scuola che funzioni DS/O. Progettazione e... · Seneca...

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La Pedagogia di fronte alle sfide per una scuola che funzioni Parte II – Le teorie della programmazione Facoltà di Scienze della Formazione Università degli Studi Gabriele D’Annunzio – CHIETI 3 Dicembre 2009 Pedagogia Generale Costanza Cavaliere

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La Pedagogia di fronte allesfide per una scuola che

funzioniParte II – Le teorie della programmazione

Facoltà di Scienze della FormazioneUniversità degli Studi Gabriele D’Annunzio – CHIETI

3 Dicembre 2009

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“Non esiste un vento sfavorevole per chi sa dove

vuole andare”

Seneca

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Le sfide per i…riti

Metafora degli scacchi:(da Introduzione alla pedagogia generale”, F. Frabboni, F. Pinto Minerva

3. Le torri (il controllo) : la logica della Pedagogia.

-Il contributo delle teorie della programmazione-

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La stagione della programmazione educativa e didattica

• Il Regolamento dell’Autonomia (DPR 275/99) richiede che il Ministro stabilisca gli obiettivi specifici relativi allecompetenze degli alunni.

• Il disegno di Legge n. 1306 del 14.3.2002 che prospetta la Riforma Moratti afferma che “è promosso l’apprendi-mento in tutto l’arco della vita e sono assicurati a tutti pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare le capacità, le competenze, attraverso le conoscenze e le abilità, generali e specifiche, coerenti con le attività e le scelte personali adeguate all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro, anche con riguardo alla dimensione locale, nazionale ed europea”.

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G. Santayana, storico e filosofo spagnolo: “Conoscere il passato significa non essere condannati a ripeterlo”.

Programmi 1979 di SM Programmi 1985 di SE Brocca di SS

1. legittimazione educativa 2. legittimazione didattica della disciplina con finalità con obiettivi di insegnamento

3. contenuti ed indicazioni metodologiche 4. prove di verifiche e valutazione.

• Legge n. 517/77 – Programmazione educativa e didattica per SE ed SM con attività integrative decise dalle scuole

• Proliferazione di sperimentazioni che fanno riferimento a modelli stranieri di progettazione didattica non centralizzata (specialmente anglosassoni) e che si ispirano alla logica del curriculum.

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Proliferazione di sperimentazioni che fanno riferimento a modelli stranieri di progettazione didattica non centralizzata (specialmente anglosassoni) e che si ispirano alla logica del curriculum

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Curriculum

• L’Oxford Dictionary = Curriculum già usato nel campo dell’educazione del Settecento come esigenza di “normalizzare il corso degli studi”

• Dal latino= “curriculum vitae” come periodo di tempo decorso

• Dewey = lo utilizza nel 1902 in The child and curriculume lo indica come strumento per interconnettere il “conoscere” e il “fare” dell’allievo più che riferito ai tradizionali programmi

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Secondo gli autori• F. Bobbit = (Università di Chicago, 1918) in The curriculum perviene alla

moderna logica curriculare ed alla definizione cui fanno riferimento anche gli studi più recenti: “Successione intenzionalmente strutturata delle esperienze formative che la scuola adotta esplicitamente per completare e perfezionare lo sviluppo di un soggetto”

• R. Tyler (1949) = in Basic principles of curriculum and instruction suggerisce uno schema per costruire il curriculum che, secondo Pellerey, risponde a 4 domande:- quali finalità educative per la scuola- quali esperienze educative adatte per raggiungere tali finalità- come organizzare concretamente le esperienze- come verificare il raggiungimento delle finalità

L’idea di fondo è che il docente non è un esecutore, ma un COSTRUTTORE del progetto educativo.

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• Allievi di Tyler come Bloom, Briggs, Mager, Cronbach, Taba e Robinson articolano i suoi principi generali in modo così dettagliato affinché il comportamento finale dell’allievo sia osservabile e misu-rabile, tanto da far parlare di scuola tecnologica. A ciò contribuisce l’affermazione negli anni 50 e 60 dell’istruzione programmata

• L’articolazione rigida e sequenziale degli obiettivi ha il suo apice con le TASSONOMIE di Bloom e Krathwoll

• Ad esse vengono imputate: la difficoltà di distinguere una categoria dall’altra, il pericolo del dogmatismo educativo e didattico, schema-tismi ed artificiosità del processo educativo, concentrazione sulle attese e rarefazione dei processi di ins.to/appren.to

• Taba e Robinson: la prima ha il merito di aver individuato come priorità i BISOGNI dell’allievo rispetto agli obiettivi, il secondo di aver spostato gli ob. verso le esigenze dei giovani in vita adulta.

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Stenhouse in Dalla scuola del program-ma alla scuola del curricolo (1978)

Afferma che lo scopo dell’educazione consiste nel guidare gli allievi ad impossessarsi degli strumenti del pensiero che sono offerti dalla cultura e che non sono universalizzabili, ma rappresentano una opportunitàsoggettiva ed autonoma per gli studenti. Così i risultati più apprezzabili dell’apprendimento non sono il saper fare, ma l‘originalità, il giudizio personale, il superamento degli stereotipi. Lo scopo ultimo non è il possesso del sistema concettuale e procedurale (sempre in evoluzione e mai definitivo) di una materia, quanto la comprensione del mondo attraverso discussioni e riflessioni sugli stessi sistemi concettuali che diventano strumento e non fine.

L’ins.to/appren.to è più vicino, così, al modello di ricerca-azione di Kurt Lewin.

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In ItaliaCon i D.D. del 1974 si legittima la gestione sociale della scuola e l’attenzione alle esigenze del territorio e dei destinatari (alunni e genitori) e di demanda alla periferia (OO.CC.) la responsabilità di dare riposta a tale esigenza. Da ciò l’attenzione al curriculum a cui porta la tendenza alla demo-cratizzazione, ma anche la razionalizzazione e la tecnologizzazione delle azioni educative.

1. Posizione ideologico-democratica (Vertecchi e Maragliano) : curricolo come strumento di aderenza ai bisogni degli allievi e delle classi sociali più deboli

2. Posizione tecnica (Visalberghi, Laporta, Pontecorvo, Tornatore): c. come strumento attraverso cui una comunità può pervenire a strutturare un programma educativo come mediazione di molti fattori e conoscenze

3. Posizione personalistica (Corradini, Scurati, Pellerey, Nanni, Damiano): c. come progetto educativo che deve partire da un orizzonte di valori, tradotti in ob. educativi e come strumento dell’educazione intenzionale della scuola che contrasta, se necessario, i disvalori dell’ed. occasionale della famiglia, della strada, dei quartieri, della televisione.

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Il salto dalla logica del programma a quella del

curricolo è dato dal passaggio dal primato dei

contenuti e dei fini rispetto agli obiettivi (programmazione curricolare)

CosìIl CURRICOLO è “un tentativo di rendere comunicabili i principi essenziali e le configurazioni concrete di una proposta educativa, in modo da renderla disponibile all’analisi critica e passibile di un’effettiva traduzione operativa. Esso include tanto il contenuto che il metodo e, nella più larga accezione, rende conto anche del problema, del suo sviluppo entro il sistema educa-tivo”.

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CriticheScwab (1978) in Scienze, curriculum e liberal education denuncia:

• la fiducia cieca e fallace della teoria• l’enfasi riposta nella definizione degli obiettivi che permettono

elevata ambiguità e genericità• l’astrattezza degli obiettivi che sono lontani dalla pratica di ins.to• la non pertinenza degli obiettivi alle situazioni reali che richiedono ai

docenti di assumere decisioni non programmabili a priori.

Il c. dunque deve rispettare l’arte del pratico e cioè del deliberare e prendere decisioni in un gruppo e in momenti non prevedibili.

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• Eisner – Ritiene che alcune funzioni superiori del pensiero come la creatività non possono essere scomposte analiticamente in comportamenti osservabili.

• Damiano e Pellerey – criticano il fondamento deterministico e antidemocratico che mira al controllo della condotta umana ed una progettazione didattica deve realizzare un progetto educativo e didattico piùche eseguire una serie di istruzioni preordinate.

• Peters – sostiene che il c. è valido per l’addestramento, ma non per l’educazione in cui l’attività, i contenuti, il processo sono validi in se stessi non in quanto strumenti per suscitare un comportamento. Essere educato non significa essere arrivato a destinazione, bensì viaggiare tra diversi panorami” (Teh philosofy of education).

• Klafki – ritiene che il cuore del c. non sia rappresentato dagli ob. comportamentali, quanto dai contenuti emancipativi da reperire nelle discipline. Così, l’ins.to/appren.to dovrebbe svolgersi secondo modalità di ricrca-azione che, richiedendo la partecipazione degli alunni, diventa strumento privilegiato per ricercare pregiudizi e presupposizioni.

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MODELLI DI PROGRAMMAZIONE

La visione sistemica del c. è stata elaborata da Kerr nel 1971 in un modello che accetta la complessità del processo di formazione e consente di governarlo, esprimendo la possibile coerenza interna

del curricolo attraverso l’accurata individuazione di tutte le componenti e delle reciproche relazioni

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1. PROGRAMMAZIONE PER OBIETTIVIdagli anni 70 fino agli anni 80

Gli obiettivi sono fattori di regolazione delle successive fasi del c.; i contenuti e i metodi non sono considerati intrinsecamente validi, ma lo diventano nella misura in cui sono coerenti con gli obiettivi dichiarati

I 2 modelli ricorrenti sono:a. il modello circolare di Nicholls

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b. Il modello cibernetico di Tartarotti

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Fasi della elaborazione del CURRICOLO

A. Analisi della situazione• a.1 Anamnesi• a.2 Prerequisiti

B. Formulazione degli obiettivi didattici eTassonomie

• b.1 Programmazione educativa

Riferiti ai processi di pensiero collocati nelle aree di esperienza-conoscenza

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b.3 Gli obiettivi didattici che si classificano secondo:

• tempo di apprendimento (a lungo, medio e breve termine)• il riferimento all’area dell’appr.to e dello sviluppo: ob. dell’area cognitiva,

affettiva, psicomotoria• il grado di astrattezza/concretezza (fini, finalità, od. generali-intermedi-

specifici-comportamentali); usare verbi come classificare, definire, descrivere, discriminare, elencare, identificare, indicare, riconoscere, riferire, scrivere, tradurre, risolvere…..

• Es.• Finalità – alfabetizzazione culturale, convivenza

democratica• ODG – sper classificare, organizzare…..• ODS – saper rispondere in modo pertinente a

domande….

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b. 4 Criteri di riferimento

- situazione: data una serie ordinata di immagini rappresentanti i momenti di una storia…….

- capacità-indizio: l’alunno sa ricostruire….- l’azione che l’a. deve compiere: verbalizzandola….- il contenuto della prestazione: la successione logico-

temporale- le condizioni nelle quali la prestazione deve essere

eseguita: senza l’aiuto dell’insegnante…- l’accettabilità della prestazione: senza commettere errori

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Supporto per tale definizione sono le TASSONOMIE, ossia classificazioni che fissano secondo un criterio di complessità crescente i livelli di capacità da acquisire in

relazione alle grandi aree di apprendimento e di sviluppo.

Servono a controllare la completezza e l’equilibrio degli obiettivi dichiarati di un

curricolo, evidenziando settori troppo ricchi o trascurati; formulare nuovi obiettivi in settori vuoti o scarsi, definire criteri e

strumenti di verifica/valutazione.

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Tassonomie ob. cognitivi di Bloom-Enghelhart-Furst-Hill-Krathwoll

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Tassonomie ob. affettivi di Krathwoll-Bloom-Masia

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Tassonomie degli ob. psicomotori di Harrow

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Tassonomie degli ob. di Frabboni

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C. La selezione e l’organizzazione dei contenuti

Il contenuto è l’oggetto dell’attività didattica per conseguire gli obiettivi programmati. Può essere un’esperienza vissuta o un insieme di informazioni organizzate attraverso uno dei codici a disposizione del nostro ambiente sociale (verbale, iconico, sonoro, motorio).

I Nicholls propongono i seguenti criteri nella loro scelta:- validità; autentici, veri, attuali - significatività: equilibrio tra l’ampiezza delle esperienze/informazioni e

profondità della loro comprensione- interesse: stimolare- possibilità di apprendimento: adeguata corrispondenza con quanto già

imparato dall’a. per lo sviluppo di quadri concettuali

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D. Selezione ed organizzazione di metodi

Il metodo è dato dall’interazione di numerose variabili quali:• tecniche didattiche prescelte (lezione, esercitazione,

ricerca, simulazione…) e la loro successione• l’ambiente di lavoro: aula, spazio attrezzato,

laboratorio, extrascuola,….• I mezzi e gli strumenti didattici prescelti• Le modalità di raggruppamento degli alunni: piccolo

gruppo, intraclasse, piccolo g. interclasse, g. classe, grande gruppo extraclasse;

• Il ruolo assegnato al docente: informatore, stimolatore, guida, facilitatore,…

• Il ruolo assegnato all’alunno: ricevente, costruttore attivo della conoscenza, manipolatore, esploratore, …

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DECIDERE significa ed implica:• avere presenti gli obiettivi da raggiungere;• far riferimento ad una teoria dello sviluppo,

dell’apprendimento ed alle osservazioni effettuate circa le strategie, gli stimoli, i ritmi, i tempi di appr.to di ciascun alunno;

• tener conto dei vincoli della situazione nella quale si opera: tempi, spazi, risorse umane, finanziarie, materiali;

• utilizzare la propria esperienza relativa alle azioni di ins.to ed ai risultati ottenuti.

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E. La verifica e la valutazione dei risultati

Hanno la funzione di regolazione dell’intero processo:• all’inizio: diagnostica e prognostica• durante: formativa• al termine: sommativa/formativa

Verifica = misurazione attraverso strumenti di accertamento del raggiungimento degli obiettivi

Valutazione = prendere in esame i risultati delle verifiche ed attribuire loro un significato inserendoli in una prospettiva generale

Giudizio = cambia in relazione al criterio di riferimento:• assoluto: ob. programmato e risultato dell’a.• relativo: risultato dell’a. rispetto alla classe e/o altro gruppo• individuale: livello di partenza o di arrivo dello stesso a.

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Critiche: Per alcuni la programmazione per obiettivi dà troppa importanza al prodotto senza considerare il processo

• Bruner afferma che la conoscenza deriva dall’incontro tra le strutture conoscitive del soggetto e le strutture della varie discipline. Egli usa il termine struttura sia per:

- i concetti portanti delle discipline- le modalità di organizzazione dell’insegnamento, cioè la didattica- i modi con i quali viene costruita la conoscenza nelle diverse età

psicologiche

Incentrare i c. sulla struttura della disciplina significa secondo Bruner:• anticipare l’apprendimento dei concetti fondamentali a seconda

dell’età• fornire gli strumenti per continuare ad imparare• facilitare il transfer generale nell’apprendimento

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Scwab considera la disciplina come centro di interazione tra

Dimensione Dimensione concettuale sintattica

- Concettiprocedure

- Asserzionistrumenti

- Teorielinguaggi

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2. PROGRAMMAZIONE PER MAPPE CONCETTUALI

Dalla linguistica di Wittgenstein, teoria dei giochi, antropologia culturale/linguistica di Sapier e Worf, semiologia di Mc Luhan, verificata in chiave storica di Eisenstein e da Olson in chiave psicologica, dalla psicologia di Piaget, Bruner, Vygotsky, Ausubel, dall’approccio ped./didattico di Herbart e dal neopositivismo filosofico di Hempel e Carnap,

Damiano elabora la teoria della programmazione per mappe, distinguendo l’oggetto culturale, il soggetto che apprende, l’insegnamento

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BA= biogenesi dell’oggetto culturale CB= operazioni didattiche relative al soggetto in apprendimento

CA= operazioni didattiche relative all’oggetto culturale

C. Azione di insegnamento

A. Oggetto culturale

B. Soggetto in apprendimento

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FASE 1- Area della pianificazione

• elaborazione della mappa concettuale di base (conoscenze, discipline, programmi)

• conversazione clinica (domande stimolo)

• elaborazione della rete concettuale dell’unità didattica (strategie)

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Fase 2- Area dell’Esecuzione• b.1 pianificare la concettualizzazione attraverso fasi di lavoro

• b.2 sostenere la concettualizzazione degli alunni attraverso:- la differenziazione progressiva (dall0insieme alle parti, dal globale alle

articolazioni…)- la conciliazione integrativa (nessi e collegamenti tra i nuovi schemi

concettuali e quelli precedenti)- la discriminazione specificante (differenza tra vecchi e nuovi

schemi)

• b.3 rappresentare in modo semplificato i concetti in via di elaborazione mediante organizzatori

- percettivi (immagini, disegni…)- logici (schemi, diagrammi, matrici,..)- sistematici (tavole, sinossi….)

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• b.4 favorire la transizione dall’organizzazione fisico-percettiva delle conoscenze a quella logico-simbolica attraverso metodi diversi di rappresentazione della realtà:

- metodi attivi (copioni vicini alla rappresentazione fisico.percettiva)- m. iconici (sostituiscono gli oggetti con immagini)- m. analogici (sulla simulazione e il gioco)- m. simbolici (usano parole e simboli astratti).

• b.5 valutazione che ha le seguenti funzioni:- diagnostica: esiti della conversazione clinica- regolativa: uso in itinere di organizzatori percettivi- controllo della padronanza (riferimento ad una sorta di tassonomia:

• generalizzazione• definizione• discriminazione• applicazione• transfer scolastico• transfer extrascolastico

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3. PROGRAMMARE PER SFONDI

La metodologia dello sfondo (elaborata all’inizio degli anni 80 da un gruppo di ricerca legato alla cattedra di Pedagogia speciale dell’Università di Bologna) rappresenta l’integrazione di un certo numero di teorie e ricerche, accomunate dallo sforzo di recuperare l’unitarietà e l’attribuzione di senso in reazione al frammentario, al molecolare, al parcellare, al dispersivo.

Ogni nostro comportamento ha significato in relazione ad uno sfondo.

Lo sfondo è la struttura che connette la nostra esperienza al reale.

La Scuola di Palo Alto e la teoria della pragmatica della comunicazione umana (Watzlawich) affermano che il contenuto di una comunicazione e la relazione tra le persone che comunicano assumono significato solo nell’ambito di un determinato contesto.

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Idee portanti:- Winnicott e l’idea di ambiente come contenitore

affettivo e facilitatore

- Lo spazio fusionale (Lapierre e Aucouturier) di incontro tra l’agire infantile e quello adulto che diviene simbolico

- L’ecologia psicologica (Varin, Lewin): fattori extrapsicologici influenzano l’agire psicologico

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Conseguenze per la programmazione:

- Il docente “regista”: collegamento di percorsi temporali e spaziali

- Il metacontesto (Bateson): leggere gli eventi in prospettiva

- Il contesto: fra elemento e il contesto vi è un rapporto di coevoluzione

- Prospettiva ecologica: elementi e contesti si adattano continuamente l’uno all’altro

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4. PROGETTARE PER SITUAZIONI

• Elaborata da W. Fornasa (Von Foerster, Maturana, Varela, Bateson, Morin e al.) ha radici nella teoria dei sistemi, assume il concetto di autoregolazione cognitiva nel segno del cambiamento

• Prospettiva reticolare nella programmazione: aderire alle modalità con le quali il b. costruisce la propria conoscenza attraverso l’osservazione, l’offerta e lo sviluppo della situazione, la sintesi e l’interpretazione

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5. POSTPROGRAMMAZIONE

Teoria di G. Boselli che rifiuta l’azione didattica centrata su obiettivi èsulla verifica, ma parte dall’assunto che educare è aiutare l’altro a realizzarsi, per cui il modello alternativo della postprogrammazione proposto è fondato:

- Sulla ricerca dell’altro come persona e come soggetto- Sulla ricerca e sperimentazione, insieme all’altro, di interpretazioni e

soluzioni nuove- Sull’orientamento, inteso come offerta di indicazione di senso

all’attenzione del bambino- Sulle discipline in quanto esse rappresentano il testo “su cui si può

leggere il collimare storico dell’esperienza intellettuale dell’umanità”- Sull’interpretazione (e non sulla verifica) delle risultanze insieme algi

a. in modo da valutare non “su”, ma “con”

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6. LA PROGETTAZIONE MODULARE

H.Gardner, il teorico delle conoscenze multiple, afferma che il cervello nel corso della sua evoluzione ha elaborato delle strutture mediante cui elaborare le informazioni e Morin asserisce l’esistenza di un pensiero modulare dato dalle interconnessioni realizzate da chi apprende.

G.Domenici propone la modularità nella didattica, ossia di essenzializzare i contenuti dell’ins.to attraverso la ricerca dei nuclei fondanti della disciplina.

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Un valore aggiunto…

Il gruppo di apprendimento… ovvero NOI, QUI ed ORA…

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Il CURRICOLO oggi

è…il quadro generale degli studi e, cioè, l’assetto disciplinare che caratterizza ciascun ciclo scolastico. Si tratta del quadro complessivo degli insegnamenti e/o attività con relativo monte-ore annuale o pluriennale previsto per ogni ciclo dal ministero.

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Perché parlare di competenze?

• Dal 1989 l’Europa ha iniziato ad affrontare il tema della certificazione, partendo dai tentativi di costruire fra i Paesi membri meccanismi di mutuo riconoscimento dei titoli di studio e delle qualifiche professionali rilasciate.

• Lo scopo era quello di incentivare la mobilità delle persone in particolare dei lavoratori nel mercato europeo e degli studenti all’interno dei diversi percorsi formativi del proprio Paese e dell’Europa.

• Si trattava di incentivare non tanto la mobilità fisica e geografica delle persone, quanto della leggibilità e della trasferibilità dei titoli di studio o almeno delle competenze possedute, che erano considerate “il capitale distintivo dell’U.E” nel quadro del paradigma dell’ “Europa delle conoscenze”.

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L’impossibilità di in mutuo riconoscimento dei titoli di studio

ebbe le seguenti conseguenze:

• fece riconoscere la gestione delle competenze come uno dei fattori principali su cui investire”.

• nel quadro di riferimento,delineato dal consiglio di Lisbona, il concetto di competenza viene posto al centro dei curricoli

• rimase irrisolto il problema di uniformare l’istruzione soprattutto quella generale obbligatoria in tutta l’U.E.)

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• L’Unione ha continuato a perseguire una strategia per risolvere il problema di uniformare l’istruzione, in particolare quella obbligatoria di base, questo significa la riconoscibilità, la trasparenza delle competenze, e la possibilità di valutarle e di certificarle con criteri oggettivi e strumenti condivisi. L’Unione, su questa questione, ha definito tre principi fondamentali:

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I tre principi fondamentali dell’U.E.

� la reciproca fiducia tra i sistemi formativi- educativi dei paesi membri;

� i meccanismi di riconoscimento interpretati nel modo piùfavorevole alla persona;

� le attestazioni di competenza rilasciabili in seguito ad un “apprezzamento delle qualità personali, delle attitudini e delle conoscenze del richiedente da parte di un’autorità senza preventiva formazione”

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Le linee guida insistono su:• la trasparenza : gli Stati membri sono chiamati ad elaborare certificati

trasparenti e ad aumentare la visibilità delle competenze acquisite dagli individui);

• il riconoscimento delle qualifiche professionali e d elle competenze : l’Unione europea invita gli stati membri al fine di raggiungere un riconoscimento delle qualifiche e delle competenze acquisite in esperienze formali e non formali e informali:

� * a sperimentare metodologie e strumenti di compatibilità e comparabilità delle qualifiche,

� * a trovare metodologie per il riconoscimento delle qualifiche e delle competenze e dei sistemi di UCF che possano essere trasferiti a livello europeo;

• la qualità dell’insegnamento e della formazione profes sionale :consiste nel mettere a punto procedure di certificazione e di valutazione partendo da norme internazionali esistenti.(ISO;CEN)

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Positività dell’introduzione delle competenze

• il concetto di competenza viene collegato

• ad una dimensione di sistema –ponendolo al centro di processi di innovazione ed integrazione fra i sistemi educativi e formativi

• ad una dimensione individuale – che riguarda il processo soggettivo di acquisizione di competenze nei diversi contesti di apprendimento formali, informali e non formali.

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Criticità nell’introduzione delle competenze

• Cambiamento dello sguardo dal lavoro al soggetto che lavora; questo ha cambiato la formazione professionale e sta cambiando la gestione delle risorse umane nelle imprese

• Cambiamento nell’insegnamento: al centro del lavoro dei docenti ci sono le competenze e non l’ampliamento delle conoscenze

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• 1. L’insegnamento per competenze sposta il centro di gravità, • dai saperi verso il saper fare. Il far lavorare gli allievi sulla soluzione

dei problemi non può dare un senso al sapere, perché non permette di restituire ai saperi la loro dimensione storica e non fornisce una loro profonda comprensione.

• In questo modo la metodologia diviene un obiettivo a sé, • lo scopo non è più il sapere, ma il saper fare.• In questo caso il ricorso alla pratica viene messo al servizio

dell’acquisizione delle competenze e non all’accesso ad una profonda comprensione delle conoscenze.

• Scrive Perrenoud:”Le competenze non volgono le spalle ai saperi perché esse non possono emanciparsene, ma è necessario accettare di insegnare meno conoscenze se si vogliono realmente sviluppare le competenze”.

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• 2 Il rischio è che la pratica di far lavorare gli studenti per risolvere problemi diventi un fine non un mezzo. Riprendendo Perrenoud,

• “Si impara a camminare camminando, a cantare, a cantando, ad analizzare, a negoziare altrimenti che non praticando tali attività in situazioni molto diverse, dato che la competenza non è legata ad un solo tipo di contesto, di situazioni o di rapporto?”

• La comprensione di un argomento esige un andare e tornare in continuazione tra pratica (per scoprire i concetti e per sviluppare competenze strumentali)e teoria (per sistematizzare e passare a livelli di astrazione sempre più elevati)

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• Nella legislazione italiana le competenze appaiono nelle seguenti norme:

• D.P.R. 23 luglio 1998 art. 13 (Regolamento del nuovo esame di Stato)

• D.P.R. n. 275/99 (Regolamento dell’autonomia)• D.M. n. 234/00 Regolamento dei curricoli nell’autonomia• Legge n.30/00 8 legge di riforma Berlinguer – De Mauro• Legge 53 /03 legge di riforma Moratti• D.M. 31.7.2008 e Indicazioni del 5.9.2007• D. n. 139 del 22.8.2007 sull’Obbligo Formativo e Assi

culturali

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Da una conferenza di Piergiovanni Bresciani

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I saperi e le competenze per l’assolvimento dell’ob bligo di istruzione sono riferiti ai quattro assi culturali della Diret tiva n. 139/2007

• dei linguaggi

• matematico

• scientifico–tecnologico

• storico-sociale

Essi costituiscono “il tessuto”per la costruzione di percorsi di apprendimento orientati all’acquisizione delle competenze chiave che preparino i giovani alla vita adulta e che costituiscano la base per consolidare e accrescere saperi e competenze in un processo di apprendimento permanente, anche ai fini della futura vita lavorativa.

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Competenze e sapere disciplinare

Le competenze, così intese, non riguardano una versione riduttiva del saper fare; costituiscono, invece, quel saper fare ad ampio spettro che conferisce senso autentico e motivante alle “cose apprese e utilizzate”, Al contempo i saperi, fermi restando i programmi dei diversi corsi di studio, devono potersi concentrare, in primo luogo, su conoscenze chiave irrinunciabili, apprese in modo serio e generative di nuovo apprendimento.

La novità è, dunque, quella di rivolgere il sapere disciplinare al raggiungimento di tali competenze, di cui occorre sperimentare anche la certificabilità. Sono le scuole, quindi, a “realizzare” e non ad “applicare” l’innovazione in relazione agli assi culturali considerati strategici e alle competenze chiave

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Riferimento al sistema didescrizione previsto per l’adozione del Quadro

europeo dei Titoli e delle Qualifiche (EQF- European Qualification Framework)

• “Conoscenze”: indicano il risultato dell’assimilazione di informazioni attraverso l’apprendimento. Le conoscenze sono l’insieme di fatti, principi, teorie e pratiche, relative a un settore di studio o di lavoro; le conoscenze sono descritte come teoriche e/o pratiche.

• “Abilità”, indicano le capacità di applicare conoscenze e di usare know-how per portare a termine compiti e risolvere problemi; le abilità sono descritte come cognitive (uso del pensiero logico, intuitivo e creativo) e pratiche (che implicano l’abilità manuale e l’uso di metodi, materiali, strumenti).

• “Competenze” indicano la comprovata capacità di usare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e/o personale; le competenze sono descritte in termine di responsabilitàe autonomia.

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Le competenze chiave di cittadinanza

Le competenze di base “costituiscono il tessuto” per l’acquisizione delle 8 competenze chiave di cittadi nanza (coerenti con le Raccomandazioni Europee):

• Imparare ad imparare• Progettare• Comunicare• Collaborare e partecipare• Agire in modo autonomo e responsabile• Risolvere problemi• Individuare collegamenti e relazioni• Acquisire e interpretare le informazioni

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COMPETENZE CHIAVE PER L’APPRENDIMENTO PERMANENTE UN QUADRO DI

RIFERIMENTO EUROPEOContesto ed obiettivi

Il quadro di riferimento delinea otto competenze chiave:

• comunicazione nella madrelingua;• comunicazione nelle lingue straniere;• competenza matematica e competenze di base in

scienza e tecnologia;• competenza digitale;• imparare a imparare;• competenze sociali e civiche;• spirito di iniziativa e imprenditorialità; e• consapevolezza ed espressione cultura

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Risultati OCSE-PISA…ovvero un’Italia a diverse velocità

da Tuttoscuola, 2007

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…arrivederci per…

• I cavalli (le buone domande ):il dispositivo investigativo. La ricerca

• La regina (apprendere insieme): il principio euristico. L’organizzazione scolastica

• Le pedine (le differenze) : l’ambito e gli oggetti. • Il re (la complessità): l’identità della Pedagogia

come scienza. La formazione

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Io onoro in te

il luogo in cui risiede

l’intero Universo…

Se tu sei in quel luogo

in te,

ed io sono in quel luogo

in me,

…siamo una cosa sola.Namastè, saluto indiano (“Ciao”)

da “Vivere, amare, capirsi”di L. Buscaglia

Pedagogia Generale Costanza Cavaliere