La Passeggiata e il Museo della Lanterna di Genova · Oggi la Lanterna di Genova è l’unico faro...

16
Genova Insolita Genova Insolita è un’iniziativa organizzata dalle volontarie del Servizio Civile Nazionale per il progetto Arte, Natura e Scienza del Comune di Genova e coinvolge le biblioteche e i musei presso cui le ragazze hanno prestato servizio durante l’anno 2014/2015. L’idea è nata con l’obiettivo di suggerire ai cittadini nove itinerari alla scoperta di mete inesplorate del territorio genovese, per valorizzare e promuovere il valore artistico, naturalistico e scientifico celato intorno ad ogni sede di progetto, punto di partenza di ciascun percorso. Armatevi quindi di scarpe comode e preparatevi a partire! Il percorso della volontaria della biblioteca Gallino Ciao! Sono Chiara. Nelle pagine seguenti troverete due diversi approfondimenti che potrete scegliere di utilizzare separatamente oppure unire in un percorso: Arte: La passeggiata e il Museo della Lanterna. Natura: Sampierdarena e il mare. Ieri e oggi tra immagini, racconti e scoperte. Buona visita!

Transcript of La Passeggiata e il Museo della Lanterna di Genova · Oggi la Lanterna di Genova è l’unico faro...

Genova Insolita

Genova Insolita è un’iniziativa organizzata dalle volontarie del Servizio Civile Nazionale per il progetto Arte, Natura e Scienza del Comune di Genova e coinvolge le biblioteche e i musei presso cui le ragazze hanno prestato servizio durante l’anno 2014/2015. L’idea è nata con l’obiettivo di suggerire ai cittadini nove itinerari alla scoperta di mete inesplorate del territorio genovese, per valorizzare e promuovere il valore artistico, naturalistico e scientifico celato intorno ad ogni sede di progetto, punto di partenza di ciascun percorso. Armatevi quindi di scarpe comode e preparatevi a partire!

Il percorso della volontaria della biblioteca Gallino

Ciao! Sono Chiara. Nelle pagine seguenti troverete due diversi approfondimenti che potrete scegliere di utilizzare separatamente oppure unire in un percorso:

• Arte: La passeggiata e il Museo della Lanterna. • Natura: Sampierdarena e il mare. Ieri e oggi tra immagini, racconti e scoperte.

Buona visita!

2

ARTE La Passeggiata e il Museo della Lanterna di Genova

COME ARRIVARE: Partendo dalla Biblioteca Francesco Gallino, percorrere via Nicolò Daste in direzione centro e superare l’incrocio con Via Palazzo della Fortezza (dove è ubicata Villa Grimaldi, conosciuta anche con il nome “la Fortezza” per la sua struttura massiccia). Risalire Via Malinverni e proseguire per Via Cantore in direzione Dinegro (tra i bus utilizzabili: linea 1, 18 o 20). Una volta raggiunto il Terminal Traghetti imboccare la vicina Passeggiata della Lanterna: dopo circa 800 metri raggiungerete il Faro e il Museo.

Il Museo e il Faro sono visitabili sabato, domenica e i giorni festivi dalle 14:30 alle 18:30 (ultimo ingresso ore 18:00) Il parco e la passeggiata sono invece aperti tutti i giorni dalle 08:00 alle 19:00

Avamposto di Genova sul mare, punto di riferimento per i navigatori e maestoso simbolo della città, la Lanterna soffre di una posizione solitamente estranea ai normali transiti e per questo in passato è stata spesso dimenticata dai turisti e trascurata dai genovesi stessi. Dal 2001, però, una passeggiata affacciata direttamente sul porto collega la città con il suo faro, permettendo di scoprire scorci impagabili di una Genova che lavora tra mare e terra, camalli e marinai. Una camminata di dieci minuti per vedere la città da un punto di vista unico e irripetibile, giungendo ai piedi del simbolo nel quale tutti i genovesi si riconoscono. Imponente e austera, ma al tempo stesso così familiare, la Lanterna – figura intrinsecamente connessa con la luce e con la notte – è l’espressione della vocazione commerciale e mercantile di un intero capoluogo.

Il porto visto dalla Passeggiata della Lanterna

3

Storia del faro Non si hanno certezze sull’anno preciso in cui fu costruito il primo faro di segnalazione, ma è certo che, fin dall’antichità, nel luogo in cui oggi si erge la Lanterna venissero accesi fuochi all’aperto per segnalare la costa ai naviganti. Il documento più antico, oggi conosciuto, in cui si accenna al faro genovese, è certamente il Decreto delle prestazioni, emesso dai Consoli Genovesi nel 1128. Mediante tale strumento giuridico i Governanti della Repubblica provvidero a richiamare l’obbligo posto a carico, da tempo, degli abitanti di alcuni sobborghi cittadini per assicurare il costante e corretto funzionamento della torre di Capo di Faro. Una seconda importante testimonianza riguardo la Lanterna risale al 1161: un atto dell’epoca afferma infatti l’obbligo, per le navi dirette in porto, di pagare un dazio per il servizio di segnalazione luminosa. Le segnalazioni venivano fatte bruciando sterpaglie di erica e ginestra, modulandone il fumo (di giorno) o le fiamme (di notte) in modo tale da comunicare eventuali avvistamenti di imbarcazioni nemiche o semplicemente segnalare l’ingresso di navi nel golfo. È evidente come, già in questo periodo, la Lanterna indicasse ormai con esattezza la posizione della città a chi giungeva dal mare e assolvesse inoltre la funzione di avamposto fortificato fuori dal centro abitato. Che essa fosse parte attiva nel sistema difensivo cittadino è dimostrato dal fatto che fosse obbiettivo di conquista militare: dal 1318, per i successivi 10 anni, la Torre di Capo di Faro fu al centro delle contese che contrapposero Guelfi e Ghibellini. I primi, barricati nel faro, furono scacciati dai secondi che, scavata una galleria in corrispondenza delle fondamenta della Lanterna, minacciarono di farla crollare se i suoi occupanti non ne fossero sollecitamente usciti. Proprio per questo i Guelfi, che nel 1319 tornarono in possesso della torre della Lanterna, scavarono intorno ad essa un fossato a scopo protettivo. Oggetto di periodiche ricostruzioni di varia entità, l’intervento più massiccio sul faro risale al periodo della dominazione francese cinquecentesca: Luigi XII decretò l’erezione, sul promontorio dove sorgeva la Lanterna, di una possente fortezza. Essa, più che a difendere la città da attacchi esterni, era piuttosto intesa a contenere eventuali rivolte cittadine e fu per questo soprannominata dai genovesi – che mal tolleravano la sua presenza – la “Briglia”, poiché “imbrigliava la Superba e la sua libertà”. Nel 1512 una insurrezione popolare cacciò gli invasori mettendo fine alla dominazione ed espugnando la fortezza, della quale fu deliberato l’abbattimento. Essendo la Briglia completamente addossata alla Lanterna, quest’ultima inevitabilmente subì gravissimi danni durante i combattimenti: centrata da una salva di artiglieria, venne mozzata e smise di fatto di funzionare. Dovettero trascorrere decenni prima che – nel 1544 – venisse ricostruita la nuova Lanterna che, con il nuovo aspetto che ancora oggi conserva – 77 metri di altezza, 117 sul livello del mare, due tronchi sovrapposti con balaustre e una forma complessiva più slanciata rispetto alla precedente torre – tornò a ripetere le sue segnalazioni luminose in favore dei naviganti. Nella sua storia registrerà ancora parecchi danni, ma mai più verrà rasa al suolo.

4

Il seicento è il secolo in cui la torre cessa di essere un avamposto solitario e viene compresa nel sistema murario cittadino, ma è anche quello in cui l’intera flotta francese si schierò nel mare di Genova, puntando i cannoni contro la Superba per ordine di Luigi XIV – detto il Re Sole – sottoponendola a un devastante bombardamento. Delle quasi 14.000 bombe cadute sulla città, soltanto alcuni frammenti colpirono il faro, danneggiandone i vetri. Addirittura durante la seconda guerra mondiale, nonostante le inevitabili lesioni, la Lanterna sopravvisse integra ai bombardamenti.

Lo stemma del Comune, dipinto nel 1340 sul tronco della torre inferiore della Lanterna. La croce rossa in campo

bianco è la bandiera che i genovesi conservarono dopo le crociate.

Rivoluzioni tecnologiche e trasformazioni urbane Nel corso dei secoli, durante le varie ricostruzioni e riparazioni, tante furono le rivoluzioni tecnologiche apportate al faro, in particolar modo vennero effettuati rafforzamenti al lanternino, la parte più fragile ed esposta a vento e intemperie. I vetri della cupola dovevano essere sempre in perfette condizioni e rispondere a requisiti di trasparenza e resistenza, oltre che essere controllati e sostituiti periodicamente per evitare che si spaccassero o incrinassero a causa della violenza del vento, delle oscillazioni della torre o delle deformazioni dei montanti provocate dalla caduta di fulmini.

5

Nel 1778 la cupola venne dotata di un parafulmine e a metà dell’Ottocento venne montato un nuovo costoso e raffinato sistema rifrattivo – riflessivo di ottiche, utilizzando lenti Fresnel. Questo complesso apparato consentì la focalizzazione del fascio luminoso e ne aumentò la portata, all’inizio sino a circa 56 km, stabilizzandola poi a 40 km. Esso permise la manipolazione temporale e spaziale del fascio che venne emesso con la caratteristica sequenza specifica della Lanterna: eclisse di 7.3 secondi, primo lampo 2.2 secondi, eclisse 2.3 secondi, lampo 2.2 secondi, eclisse 7.3 secondi. La sequenza dei lampi e delle eclissi, se percepita in un punto specifico, si riduceva ad una serie di lampi e di intervalli di buio, ma la realtà fisica era ovviamente diversa e il faro emetteva luce continuativamente sottoforma di raggio rotante, immettendosi nello spazio circostante e muovendosi in senso anti orario. In questo periodo il combustibile, utilizzato fin dal 1326 per lampade installate a sostituzione dei falò, consisteva ancora nell’olio di oliva. Nel 1898 si passò al gas di acetilene, all’inizio del ‘900 al petrolio e infine, nel 1936, arrivò l’elettricità. Nonostante le trasformazioni urbane (l’imponente promontorio di Capo di Faro sul quale sorgeva la Lanterna oggi non esiste più perché sbancato per collegare Genova al Ponente, il faro è ormai lontano dall’acqua per ripetuti riempimenti a mare per ampliare la superficie portuale e la “via di Francia” oggi scorre a parecchie centinaia di metri di distanza dalla torre) il profilo del faro ancora oggi si staglia netto tra mare, cielo e terra, continuando a fare di Genova “la città all’ombra della Lanterna”. Immagine iconografica La più antica rappresentazione iconografica del faro risale al 1371: la prima torre della Lanterna è rappresentata in un disegno fatto a penna sulla copertina della pergamena dal titolo “Manuale dei Salvatori del Porto”.

La prima immagine della Lanterna

6

Nei secoli la Lanterna è rimasta, nell’immaginario collettivo, monumento tra i monumenti, soggetto di mille fantastiche rappresentazioni per illustrazioni, marchi commerciali, confezioni, cartoline turistiche della città. Tra le diverse tipologie degli stampati pubblicitari del Novecento appare infatti diffusamente una iconografia riconducibile al ruolo simbolico e monumentale che essa ha assunto nei confronti della città di Genova, lasciando ben presto il mondo degli atlanti araldici, delle volte affrescate dei palazzi signorili e delle collezioni vedutistiche dedicate al “Grand Tour” per entrare nel mondo dell’immagine riprodotta meccanicamente e destinata alla pubblicizzazione del prodotto commerciale. Buona parte dell’economia cittadina, sin dai primi anni del secolo elegge la Lanterna a icona di identificazione geografica, costringendo a volte i cartellonisti chiamati a realizzare manifesti o cartoline (si parla di artisti quali Mataloni, Cappiello, Mazza, Craffonara, Borgoni, Riccobaldi…) ad apportare aberrazioni prospettiche o scegliere inusuali punti di vista per fare in modo che nell’immagine appaia l’indispensabile simbolo. Viste del faro compaiono su cartoline acquerellate a mano, vengono riprodotte in litografia su coperchi di scatole di biscotti, degli oli liguri, nei cataloghi e negli annuari, riprendendo punti di vista, scorci, luci e paesaggi della città. I primi grafici che utilizzarono l’immagine del faro la associarono immediatamente e stabilmente con l’idea di sicurezza, di arrivo, di placido approdo. Si iniziano a produrre immagini pubblicitarie di grande fascino e nasce così un’iconografia della società industriale: le compagnie di navigazione, la grande industria, gli alberghi, i giornali, le attività commerciali trovano in queste prime rappresentazioni della comunicazione visiva un punto di vista comune affacciato direttamente sulla Lanterna. Il guardiano del faro Già verso la metà del XVI secolo la Torre della Lanterna era sottoposta a custodia. Nel novero dei pubblici ufficiali in servizio presso il Comune di Genova appare anche il nome di Antonio Colombo, fratello di Francesco Moconesi, bisnonno dello scopritore del Nuovo Mondo, che fu sicuramente custode o torreggiano del faro del Molo Vecchio nel 1413. Oggi la Lanterna di Genova è l’unico faro aeroportuale italiano ancora attivo e custodito. Essa regola il traffico sia aereo che navale ed è gestita dal Comando di Zona Fari della Marina Militare, che si avvale di tecnici sia militari che civili, tra cui il farista Angelo De Caro, il guardiano della Lanterna. Egli si occupa dei controlli periodici, di verificare il corretto funzionamento del servizio nella notte, provvede alla manutenzione, alla pulizia, alle questioni amministrative e fa in modo, insomma, che la Lanterna continui a brillare il più lontano possibile.

Il sistema ottico Sicuro punto di riferimento per i naviganti, la Lanterna mantiene le sue funzioni per l’orientamento della navigazione marittima e aerea nonostante l’avvento delle nuove tecnologie. Il sistema principale per la rotazione del fascio luminoso è costituito da un piccolo motore elettrico, mentre in caso di emergenza è previsto l’utilizzo di un motore

7

manuale – meccanismo utilizzato normalmente fino a poche decine di anni fa – custodito sotto la pedana del faro. Saliti 365 gradini si arriva alla cupola. L’ambiente che ospita il faro misura 4 metri di diametro, con vetrate di 3,44 metri di altezza. È qui che si svela il segreto della Lanterna: quella lampadina che, combinata con moderni sistemi ottici, contribuisce a “sparare” il fascio di luce a circa 40 chilometri di distanza è una normale alogena da 1000 watt, alimentata da corrente a 220 volt. Insomma, una lampada che potrebbe essere utilizzata in una qualunque delle nostre case. L’accensione della Lanterna è controllata da un fotosensore in grado di rilevare l’intensità della luce esterna. Sulla sua cupola è stato montato inoltre, a seguito dell’apertura dell’aeroporto Cristoforo Colombo di Genova, un fanale intermittente rosso come segnalazione di pericolo per gli aerei.

Gli aerei in volo sopra la Passeggiata

8

La Passeggiata e il Museo della Lanterna La famiglia dei grandi fari isolati su scogli che emergono tra gli oceani, spazzati da onde alte come colline e aggrappati a rocce quasi impossibili da raggiungere è molto lontana dalla Lanterna, faro indubbiamente urbano. Il simbolo di Genova è uno snello e potente fatto architettonico, anzi, urbanistico: il mare non lo tocca mai. La Lanterna si alza sì dal suo scoglio, ma è al riparo da qualunque tempesta: ha attorno un anello di strade ed è evidente che i suoi nemici potrebbero essere più gli uomini che le onde o i venti. Per quanto possa sembrare assurdo, l’immagine della Lanterna è scorporata da quella del mare: esso è ovviamente presente, ma è un’opzione esterna più che un elemento vivo, pericoloso, rischioso, trionfale o superbo. Ma se anni fa la torre appariva quasi come uno splendido relitto in mezzo alle banchine portuali, relativamente distante dal mare ma inaccessibile a tutti coloro che non fossero il guardiano del faro, da tempo la Lanterna è stata restituita a Genova e ai suoi cittadini con la costruzione, nel 2001, di una passeggiata che consente di raggiungerla pedonalmente. Si tratta di un percorso sopraelevato rispetto alle banchine portuali, interessante sia per la sua funzione principale, quella cioè di fungere da collegamento con il faro, sia per la sua funzione di balcone su attività portuali normalmente non visibili dalla città. I genovesi stessi danno spesso per scontata la presenza del porto, non rendendosi conto di quale possibilità sia poterlo attraversare e guardare così da vicino, spiando il lavoro di camalli e operai. Il percorso, lungo circa 800 metri, segue il sedime di mura seicentesche ed ottocentesche. Arrivati sulla Rocca della Lanterna ci si trova su tutto quello che resta del promontorio di Capo di Faro, che un tempo si spingeva in mare aperto. Qui troviamo il parco (in origine strada di accesso a Genova da ponente) e quella che fu la porta di ingresso alla città, realizzata dai Savoia dopo l’annessione di Genova al Regno Sabaudo. In origine la porta era ruotata di 90 gradi rispetto alle mura, ma oggi vi è stata addossata per essere conservata e mostrata ai turisti. Sotto la Lanterna è presente il Museo, ospitato all’interno delle antiche fortificazioni sabaude. Qui si trovano le tre sale dei fucilieri – spazi che i soldati di guardia occupavano tenendo sotto il tiro dei fucili coloro che arrivavano a Genova passando attraverso la Porta della Lanterna – la galleria e le tre sale dei cannoni: anche qui si controllava la strada di ingresso alla città. Nelle sale è ospitata una piccola esposizione dedicata ai fari, che illustra i moderni sistemi di segnalazione per le navi. All’interno delle sale dei Cannoni è presente un’ottica rotante (la lente di Fresnel) analoga a quella presente alla sommità della Lanterna. Ma non solo: le tre sale dei Fucilieri ospitano un allestimento singolare, che non riguarda l’esposizione di oggetti, ma di racconti. La Lanterna, muta testimone di piccole e grandi storie avvenute nel corso dei secoli, diventa custode di memorie di protagonisti più o meno famosi che, raccontate su più di quaranta schermi la cui programmazione varia continuamente, narrano la vita di una città intera. Otto ore di filmati “pillola” raccontano Genova e il territorio circostante, aprendo uno

9

squarcio sulla complessa realtà della città, approfondendo e mettendo in relazione i temi più diversi: i caruggi e il centro storico, lo sviluppo urbano, le tradizioni, la gastronomia, i locali storici, gli antichi mestieri legati alla marineria, il porto, i grandi transatlantici della prima metà del ‘900, le merci, i musei, i tesori nascosti, la musica, l’ardesia, la filigrana, i tessuti. È la città raccontata non soltanto dagli esperti conoscitori della “Genovesità”, ma anche e soprattutto dalla gente comune, da quei genovesi che della città sono l’anima stessa. Nessuno spettatore vuole sentirsi raccontare le stesse storie: la variazione continua dell’ordine dei filmati fa in modo che il visitatore possa percepire una grande varietà di temi anche in occasione di più visite, scegliendo egli stesso il percorso che preferisce compiere in un museo mai uguale a se stesso.

L’ interno del Museo

BIBLIOGRAFIA

AA. VV. La Lanterna di Genova. Un simbolo di luce, commercio, comunicazione, Genova, Corigraf, 1998. (Biblioteca Gallino, collocazione: L 741.6 LAN)

Roscelli D., La Lanterna di Genova. Le torri del mare, le forme, le funzioni, la storia, Genova, Editrice Liguria, 1991. (Biblioteca Gallino, collocazione: L 623.1 ROS)

Tuvo T., Storia di Sampierdarena, Genova, D’Amore Editore, 1975. (Biblioteca Gallino, collocazione: L 945.182 2 TUV)

10

NATURA Sampierdarena e il mare

Ieri e oggi tra immagini, racconti e scoperte

COME ARRIVARE: Partendo dalla Biblioteca Francesco Gallino, percorrere via Nicolò Daste in direzione centro e superare l’incrocio con Via Palazzo della Fortezza (dove è ubicata Villa Grimaldi, conosciuta anche con il nome “la Fortezza” per la sua struttura massiccia). Risalire Via Malinverni e proseguire per Via Cantore in direzione Dinegro (tra i bus utilizzabili: linea 1, 18 o 20). Una volta raggiunto il Terminal Traghetti imboccare la vicina Passeggiata della Lanterna.

Il parco e la Passeggiata della Lanterna sono aperti tutti i giorni dalle 8:00 alle 19:00

La Sampierdarena di oggi è uno dei più popolosi quartieri di Genova e, tra nuove sfide e vecchi fasti, porta con sé tracce di un passato antichissimo: dai tempi più remoti, in cui modesti nuclei di case – situate sul litorale tra la Chiesa di Santa Maria della Cella e le falde occidentali del Colle di San Benigno – erano abitati da pescatori e contadini, al periodo dell’aumento della popolazione grazie al quale il borgo ottenne la dignità di centro urbano con autonomia amministrativa. Dall’impulso all’economia locale, dato dall’affiancamento delle costruzioni navali alle attività di pesca, al periodo d’oro nel quale San Pier d’Arena cambia completamente volto e diventa un luogo aristocratico, località di villeggiatura per nobili famiglie genovesi. Dall’insediamento delle prime imprese industriali al loro grande sviluppo, che valse alla zona il soprannome di Manchester d’Italia. Dall’annessione al comune di Genova, vissuta dai sampierdarenesi come una declassazione da città dalla forte autonomia e identità a quartiere periferico, all’ampliamento del porto, che fece perdere alla zona la sua bella spiaggia sabbiosa, che San Pier d’Arena vantò fino agli inizi del ‘900. Essa era vastissima: addirittura, nell’anno 1000, partiva da San Benigno e raggiungeva la foce del Polcevera, detta anche Fiumara. Tutto questo spazio di fronte al mare, oltre che attirare su quelle sabbie numerosi pescatori con piccole e medie imbarcazioni, consentì anche l’installazione di cantieri navali, che già all’epoca delle crociate erano molto conosciuti e apprezzati. Da essi non solo si servivano le nobili e potenti famiglie genovesi, ma persino i sovrani stranieri, come Luigi IX di Francia che qui si rifornì di galee per recarsi in Terrasanta per la Crociata del 1248. La spiaggia di San Pier d’Arena fu testimone di numerose battaglie: vi sbarcarono aragonesi, francesi, guelfi, ghibellini, spagnoli, austriaci. La lotta più cruenta che la vide protagonista fu certamente quella voluta da Luigi XIV di Francia, il Re Sole, che nel maggio del 1684 colpì con la sua potente flotta, dal mare, Genova e San Pier d’Arena. Quasi 14.000 bombe vennero scagliate sulla città. Alcune di esse, inesplose, vennero ritrovate proprio sulla spiaggia.

11

Isidore Laurent Deroy, Veduta del porto di Genova con la torre della Lanterna - litografia, 1839

Antica cartolina della spiaggia di Sampierdarena

12

La mattina del 4 luglio 1805 la spiaggia di San Pier d’Arena fu testimone di un altro eccezionale avvenimento: Napoleone I passò prima in rivista 4000 soldati francesi agli ordini del generale Milhaud schierati sull’ampia spiaggia, poi, divertendosi, prese il comando di quelle truppe e per due ore fece compiere evoluzioni ed esercitazioni ai suoi soldati. Nel 1871 la spiaggia si era molto ristretta, sia per effetto delle correnti, sia per i notevoli danni provocati dalla continua asportazione di sabbia che nel corso dei secoli era stata prelevata. È del 1874 il decreto del governo con il quale il comune di San Pier d’Arena ottenne la concessione di usare la spiaggia per la costruzione di un porto “succursale” di quello di Genova. Il vero progetto venne attuato solo nel 1927 e la diga foranea venne terminata nel 1933. Questa opera ciclopica, ottenuta con lo sbancamento della collina di San Benigno, venne chiamata “Bacino portuale Benito Mussolini” e il suo aspetto era simile a quello di oggi. Il nuovo porto di San Pier d’Arena fu terminato nel 1936, ma fino all’anno 1901 sulla spiaggia fiorivano numerosi stabilimenti balneari. Nei primi decenni del ‘900 venne costituita una commissione di studio per i collegamenti aerei di Genova e prese così il via la costruzione di un idroscalo. Ben pochi sanno che esso fu realizzato a San Pier d’Arena, all’ombra della Lanterna. Nello stile dello sposalizio che la città di Genova ha contratto con il mare, esso costituiva – con le sue banchine di attracco, le officine e gli hangar di ricovero per i velivoli – il più appropriato modo di entrare nelle vie del cielo e dell’acqua, funzionando con linee regolari e una bella attività sportiva. Oggi non ne rimane alcuna traccia, se non per una strada, intitolata “all’ex idroscalo”.

L’ idroscalo di Sampierdarena

13

Da spaziosa spiaggia e centro balneare a porto, dunque. Un porto che da una piccola baia è stato portato oltre la Lanterna, fino a Voltri. Un porto che, nonostante tutto, ha sempre avuto con Genova un rapporto d’amore, perché costituito non da case e palazzi da una parte e moli e banchine dall’altra, ma fatto soprattutto di uomini, della loro fatica e delle loro storie:

I Camalli I camalli, scaricatori delle navi, nella Genova di ieri erano figure emblematiche, espressione della forza e della potenza dell’uomo. Il simbolo con il quale venivano identificati era il gancio, lo strumento del lavoro con il quale agguantare le balle. Lo portavano, ondeggiante, appeso alla cintura. La loro forza, il loro equilibrio fisico e psichico sulle passerelle – con cento chili sulle spalle – li rendeva, agli occhi dei cittadini, quasi degli statuari danzatori.

I Carbunè Uno dei lavori che resta come immagine della pericolosità del lavoro portuale di un tempo è quello degli scaricatori di carbone. Essi, definiti in un racconto di De Amicis “uno sciame di formiche” – non solo per il loro andare in fila indiana, ma soprattutto per il colore attribuitogli dalla polvere di carbone – percorrevano, esperti, lunghe passerelle di legno che salivano a bordo della nave e scendevano alla chiatta o al molo. Una danza tra cielo e mare, in equilibrio con sulle spalle il peso di centinaia di chili di carbon fossile che faceva i passi pesanti e la passerella ballerina. Ogni volta che i facchini arrivavano alla meta con la loro cesta, ritiravano una contromarca, che consisteva in scontrini a forma di moneta in rame, ottone, latta, cuoio. Questo era un modo per dare testimonianza del lavoro fatto. Al centro un buco, che serviva per conservarle legate a una corda o infilate in ganci di fil di ferro. A fine giornata, ad ogni “scontrino” corrispondeva della merce, seguendo un conto semplice che compensava il baratto “fatica – moneta” . Il carbone viene ancora oggi imbarcato e sbarcato sulla Calata Giaccone: la Compagnia Portuale Pietro Chiesa, quella dei mitici “carbunè” fondata nel 1893, è tutt’oggi operante nel Porto di Genova.

I Caravana La Compagna dei Caravana nasce nel 1340 da un’associazione di facchini che impostarono la loro vita all’operosità e alla fratellanza. Essi erano facchini di fiducia, ai quali era riservato in modo esclusivo lo sbarco delle merci estere soggette a Dogana. Si tratta di una delle più antiche e solide associazioni di lavoratori, il cui spirito, anche se ne è mutata la forma, è ancora vivo nelle calate del porto di oggi. I soci dovevano essere scelti tra i cittadini di Bergamo e della Val Brembana: questo requisito era così indispensabile che i Caravana mandavano le mogli incinte a partorire nel

14

bergamasco, rischiando anche di far affrontare alle donne un viaggio inutile nel caso avessero dato alla luce una bambina. Questa necessità, che venne soppressa nel 1848, derivava forse dalla riconoscenza per certi servizi resi in passato dai bergamaschi alla Repubblica di Genova, o forse dal tentativo di fare in modo che i componenti della compagnia non fossero coinvolti nelle fazioni cittadine. Lo statuto dei Caravana prevedeva regole ferree circa l’assistenza agli ammalati, direttive religiose e morali e l’obbligo di mutua assistenza tra i soci. Per questa loro integrità morale, per il loro modo di lavorare signorilmente pur svolgendo operazioni manuali o portando sacchi sulle spalle, questi uomini del porto di Genova sono diventati delle leggende. La compagnia è stata sostituita dalla Compagnia Unica Lavoratori Merci Varie, attiva ancora oggi con un organico superiore a 1000 soci – gli storici camalli – con sede mantenuta a San Benigno, proprio lungo il nostro percorso, a breve distanza dalla Lanterna.

I Carenanti È a Genova che è stato costruito il primo bacino di carenaggio e per questo i carenanti genovesi erano stimati e ricercati. Essi si occupavano di raschiare, con i loro bastoni, le incrostazioni dai fianchi delle navi. Una volta che le pompe avevano aspirato l’acqua presente nel bacino essi ultimavano la pulizia della chiglia. Dopo il lavaggio le navi venivano nuovamente verniciate con pittura antivegetativa, sia che si trattasse di transatlantici sia che fossero semplici navi da carico. Venivano usati dei carrelli, tenuti da cavi e legati tra loro, che scorrevano lungo le pareti salendo fino in cima. Il lavoro, sia quello di raschiamento che quello di pittura, andava fatto tutti a tempo, perché se uno tardava gli altri lo dovevano aspettare.

Il Cadrài La figura del cadrài ebbe maggior fortuna nel porto di Genova prima della costruzione del bacino di Sampierdarena, quando gli attracchi erano tutti occupati e i camalli dovevano lavorare tutto il giorno anche in punti lontani dai moli, dove invece vi erano bar, caffè e trattorie. Essi non avevano quindi la possibilità di concedersi quei comfort che facevano da sempre parte integrante della giornata del portuale, come il vino bianco o la focaccia. E così comparivano, al grido caratteristico “O cadrài” che risuonava nel frastuono del lavoro di bordo, questi barcaioli. Essi passavano di nave in nave, spingendo a remi il loro gozzo che profumava di minestrone. Ai bordi delle navi e delle chiatte si affollavano così gli avventori: trenette al pesto, pastasciutta, minestrone e altre pietanze passavano dalla barca alla chiatta, insieme ai soldi e al resto. Non è forse possibile capire cosa rappresentava il cadrài in porto perché sono cambiati i tempi, i gusti, ma soprattutto la grande fatica che costava all’uomo quel lavorare.

15

Il porto di Genova oggi, visto dalla Passeggiata della Lanterna

Vista sulla zona portuale

16

Il parco affacciato sul porto

Oggi il porto di Genova è il più grande porto italiano per estensione, primo nel Paese per numero di linee di navigazione e più rilevante dal punto di vista occupazionale. Con la sua storica valenza internazionale e la sua marcata polifunzionalità (movimentazione di qualunque tipologia di merce, costruzione, riparazione, trasformazione e demolizione di navi), esso è più che mai un grande concentrato di energia, avvenimenti, modernità. È un centro capace di attirare cose, persone, lingue e culture: i servizi di linea da esso offerti, moderne “autostrade del mare”, contribuiscono a trasportare passeggeri e veicoli nel Mediterraneo, sottraendo traffico e inquinamento alle vie di terra. Questo porto – su cui la Passeggiata della Lanterna permette di affacciarsi – attribuisce alla città un valore aggiunto, che va oltre la stretta funzionalità: indivisibile dalla città sul piano sociale, urbanistico, economico, culturale, il porto è Genova stessa e costituisce buona parte della sua storia.

BIBLIOGRAFIA

Petrucci V., Il porto della memoria, Genova, Francesco Pirella Editore, 1997 (Biblioteca Gallino, collocazione: L 387.1 PET)

Tuvo T., Sampierdarena. Come eravamo, Genova, Guido Mondani Editore, 1983 (Biblioteca Gallino, collocazione: L 945.182 2 TUV)

Tuvo T., Storia di Sampierdarena, Genova, D’Amore Editore, 1975 (Biblioteca Gallino, collocazione: L 945.182 2 TUV)