LA PAROLA DELLA CROCE - oratorionovedrate.org · le proprie relazioni, la propria vocazione, il...

4
1 Scuola della Parola 2010-2011 LA PAROLA DELLA CROCE IL TEMA DELLA CROCE Nel 1576, da marzo ad ottobre, la peste infierì in tutta Milano. L’evento fu drammatico. La città attraversò uno dei periodi più difficili della sua storia. Molti furono gli ammalati, tanti morirono. Il fatto rimase a lungo impresso nella memoria e nella vita dei cittadini. In quella occasione S. Carlo si rese testimone di una straordinaria vicinanza ai milanesi scegliendo di restare in città, e fu un grande esempio di fede per la sua incessante intercessione affinché il flagello finisse. Tra le altre iniziative, promosse alcune processioni lungo le vie della città, nelle quali lui stesso portava la croce. Quel crocifisso divenne caro ai fedeli e fu molto venerato. Ben presto venne chiamato “il Crocifisso di S. Carlo”. In un tempo difficile, nel quale la vita stessa era minacciata ed era molto faticoso poter progettare un futuro con un minimo di sicurezza e di speranza, il segno della croce, che attraversa la città, acquisisce un valore tutt’altro che simbolico o devozionale. È segno profondo e sincero di penitenza e di preghiera. La penitenza esprime il bisogno di Dio, perché si riconosce di essere deboli ed impotenti, incapaci di sostenere il tempo della prova e di far fronte al dolore e alla morte. Nell’umiltà ci si affida a Lui perché intervenga e porti la salvezza. La preghiera si fa voce del povero che grida a Dio, nella certezza del suo ascolto e della sua misericordia. Si rinnova così un atto di fede e di consegna al Signore, in un tempo nel quale l’uomo tocca con mano la propria precarietà e la propria impotenza. Oggi, il giovane che vuole vivere secondo il vangelo nella sequela di Gesù, dentro le sfide del proprio tempo, è un giovane che sa che ogni giorno deve prendere su di sé la propria croce (cfr. Lc 9, 23). Sa che deve rinnegare se stesso, non nel senso di non avere stima di sé e di non desiderare grandi progetti per il suo domani, ma nel senso che solo nel Signore Gesù può trovare la pienezza della propria vita e il compimento dei propri sogni. La sua vita sarà realizzata ed autentica nella misura in cui saprà mettersi in gioco per il Signore e per i fratelli nel segno del dono di sé. La sintesi e il centro di questa scelta, dunque, non possono che essere la croce di Gesù. Una vita evangelicamente vissuta e realizzata è una vita nel segno dell’imitazione di Cristo. La croce, tuttavia, non è solo il segno della prova o, più ancora, del dolore e della morte, ma è segno del compimento della missione di salvezza di Gesù. È la pienezza di una vita spesa per ricostruire l’alleanza nuova tra Dio e l’uomo. Il segno della croce sintetizza in sé tutto l’evento della Pasqua. Guardare al Crocifisso, dunque, significa contemplare tutto il mistero che si è compiuto nella Pasqua di Gesù a Gerusalemme. Fatti di tradimenti e di ingiustizia, di sofferenza e di morte, ma anche fatti di gioia e di vita, di incontro e di comunione. La croce di Gesù, infatti, racchiude sempre in sé anche la sua risurrezione. Altrimenti resterebbe soltanto il segno di un fallimento, il segno del rifiuto e della morte. La parola della croce è parola della Pasqua, dunque parola di solidarietà e speranza. Proprio la Pasqua di Gesù costituisce il Kerygma, l’annuncio, che i discepoli fanno dopo la pentecoste. La Pasqua è il cuore, l’essenza e l’essenziale, della nostra fede. Pietro, dopo aver ricevuto lo Spirito santo nel cenacolo, con Maria e gli altri apostoli, rende testimonianza al Gesù della Pasqua e, nella memoria della croce, esprime il nucleo della Scuola della Parola Decanato di Cantù LA PAROLA DELLA CROCE Introduzione al tema

Transcript of LA PAROLA DELLA CROCE - oratorionovedrate.org · le proprie relazioni, la propria vocazione, il...

Page 1: LA PAROLA DELLA CROCE - oratorionovedrate.org · le proprie relazioni, la propria vocazione, il proprio ... Scuola della Parola 2010-2011 3 LA PAROLA DELLA CROCE aspetti, rispecchia

1 Scuola della Parola 2010-2011

LA PAROLA DELLA CROCE

IL TEMA DELLA CROCE

Nel 1576, da marzo ad ottobre, la peste infierì in tutta Milano. L’evento fu drammatico. La città attraversò uno dei periodi più difficili della sua storia. Molti furono gli ammalati, tanti morirono. Il fatto rimase a lungo impresso nella memoria e nella vita dei cittadini. In quella occasione S. Carlo si rese testimone di una straordinaria vicinanza ai milanesi scegliendo di restare in città, e fu un grande esempio di fede per la sua incessante intercessione affinché il flagello finisse. Tra le altre iniziative, promosse alcune processioni lungo le vie della città, nelle quali lui stesso portava la croce. Quel crocifisso divenne caro ai fedeli e fu molto venerato. Ben presto venne chiamato “il Crocifisso di S. Carlo”.

In un tempo difficile, nel quale la vita stessa era minacciata ed era molto faticoso poter progettare un futuro con un minimo di sicurezza e di speranza, il segno della croce, che attraversa la città, acquisisce un valore tutt’altro che simbolico o devozionale. È segno profondo e sincero di penitenza e di preghiera. La penitenza esprime il bisogno di Dio, perché si riconosce di essere deboli ed impotenti, incapaci di sostenere il tempo della prova e di far fronte al dolore e alla morte. Nell’umiltà ci si affida a Lui perché intervenga e porti la salvezza. La preghiera si fa voce del povero che grida a Dio, nella certezza del suo ascolto e della sua misericordia. Si rinnova così un atto di fede e di consegna al Signore, in un tempo nel quale l’uomo tocca con mano la propria precarietà e la propria impotenza. Oggi, il giovane che vuole vivere secondo il vangelo nella sequela di Gesù, dentro le sfide del proprio tempo, è un giovane che sa che ogni giorno deve

prendere su di sé la propria croce (cfr. Lc 9, 23). Sa che deve rinnegare se stesso, non nel senso di non avere stima di sé e di non desiderare grandi progetti per il suo domani, ma nel senso che solo nel Signore Gesù può trovare la pienezza della propria vita e il compimento dei propri sogni. La sua vita sarà realizzata ed autentica nella misura in cui saprà mettersi in gioco per il Signore e per i fratelli nel segno del dono di sé. La sintesi e il centro di questa scelta, dunque, non possono che essere la croce di Gesù. Una vita evangelicamente vissuta e realizzata è una vita nel segno dell’imitazione di Cristo.

La croce, tuttavia, non è solo il segno della prova o, più ancora, del dolore e della morte, ma è segno del compimento della missione di salvezza di Gesù. È la pienezza di una vita spesa per ricostruire l’alleanza nuova tra Dio e l’uomo. Il segno della croce sintetizza in sé tutto l’evento della Pasqua. Guardare al Crocifisso, dunque, significa contemplare tutto il mistero che si è compiuto nella Pasqua di Gesù a Gerusalemme. Fatti di tradimenti e di ingiustizia, di sofferenza e di morte, ma anche fatti di gioia e di vita, di incontro e di comunione. La croce di Gesù, infatti, racchiude sempre in sé anche la sua risurrezione. Altrimenti resterebbe soltanto il segno di un fallimento, il segno del rifiuto e della morte. La parola della croce è parola della Pasqua, dunque parola di solidarietà e speranza.

Proprio la Pasqua di Gesù costituisce il Kerygma, l’annuncio, che i discepoli fanno dopo la pentecoste. La Pasqua è il cuore, l’essenza e l’essenziale, della nostra fede. Pietro, dopo aver ricevuto lo Spirito santo nel cenacolo, con Maria e gli altri apostoli, rende testimonianza al Gesù della Pasqua e, nella memoria della croce, esprime il nucleo della

Scuola della Parola Decanato di Cantù

LA PAROLA DELLA CROCE

Introduzione al tema

Page 2: LA PAROLA DELLA CROCE - oratorionovedrate.org · le proprie relazioni, la propria vocazione, il proprio ... Scuola della Parola 2010-2011 3 LA PAROLA DELLA CROCE aspetti, rispecchia

2 Pastorale Giovanile - Decanato Cantù

INTRODUZIONE

fede. Dice, infatti, l’apostolo: «Uomini d’Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nazaret – uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso fece tra voi per opera sua, come voi sapete bene –, consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, voi, per mano di pagani, l’avete crocifisso e l’avete ucciso. Ora Dio lo ha risuscitato, liberandolo dai dolori della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere» (At 2, 22-24).

Meditare la parola della croce significa conoscere Gesù e stare con Lui. Non soltanto ai piedi del patibolo, nell’ora della sua morte, ma in tutta la sua vita, incarnata dentro la nostra storia. Alla luce della Pasqua, come gli evangelisti insegnano, noi riscopriamo l’intera vita del Maestro. Percorrere la via della croce significa, allora, accostarsi allo stile di vita di Gesù e come Lui realizzare il disegno del Padre su di sé per la vita del mondo. Gesù, infatti, ha vissuto la sua esistenza e la sua missione, le sue relazioni e il suo operare, alla luce della sua Pasqua, meta ed orizzonte nel quale vivere e comprendere la sua vocazione e la sua identità. Gli evangelisti, in modo particolare san Luca, chiaramente ci fanno stare accanto a Gesù che, nella sua infanzia e nel suo ministero, è orientato alla Pasqua e ne dischiude il senso.

Così il giovane che, ancora oggi, percorre la via della croce e cerca di comprendere ed affidarsi alla

sua parola è un giovane che desidera vivere la propria vita nello stile di quella di Gesù. Come Gesù ha vissuto nel dono gratuito di sé e nella comunione profonda con il Padre, così anche il giovane costruirà le proprie relazioni, la propria vocazione, il proprio essere nel mondo ed essere con Dio, alla maniera di Gesù. Lo stile di Gesù diventa lo stile di vita del giovane credente e la parola della croce diventa la parola che riempie la vita di un giovane.

Il segno e la parola della croce, tuttavia, sono impegnativi. Mettono in discussione e scuotono l’intelligenza ed il cuore. È una parola radicale da riconoscere e da accogliere. Non sempre è una parola facile o consolante. Chiede di fare della propria vita un dono ai fratelli ed un’offerta al Padre. A volte, poi, è difficile riconoscere nel segno della croce un segno di speranza e di vita, o un segno di amore e di solidarietà. Sembra piuttosto ergersi come vessillo dell’incomprensione e del rifiuto, della violenza e dell’ingiustizia. Segno di divisione e di esclusione. Il pellegrino che si reca in Terra Santa con grande trepidazione ferma i suoi piedi alle porte di Gerusalemme. Ne oltrepassa le mura e sosta nella città, con grande emozione e grande fede. Si reca poi nella basilica del Santo Sepolcro per inginocchiarsi sul monte del Calvario e per sostare in contemplazione riconoscente davanti alla tomba vuota di Gesù. Di fatto, però, varcata la soglia della basilica, si trova immerso in una confusione e in una divisione che sovente scandalizzano. Quel luogo santo, luogo del gesto più grande compiuto da Gesù, è oggi la sintesi di incomprensioni e di divisioni, spesso di tensioni e di separazioni. Il rischio è che quel pellegrino ne esca scandalizzato o, per lo meno, deluso. Eppure, a rifletterci bene, dobbiamo ancora una volta ammettere che il segno della croce si pianta, anche oggi, là dove c’è bisogno di un segno di comunione, là dove l’uomo, da solo, non è in grado di costruire l’unità e la concordia. La croce si pianta ancora dove l’uomo ha bisogno di riconoscere che la misericordia di Dio è più grande di ogni egoismo. Si fissa ancora là dove l’uomo è alla ricerca della pace e della comunione. Il brano di riferimento

La comunità cristiana di Corinto, fondata da san Paolo, è spaccata da divisioni interne ed è messa alla prova dal contesto sociale della città. I due porti e la posizione strategica fanno di Corinto un luogo di incontro di culture e religioni diverse, di scambi e di incontri. Vi lavora molta povera gente e vi abitano i commercianti. È una grande città che, per molti

Page 3: LA PAROLA DELLA CROCE - oratorionovedrate.org · le proprie relazioni, la propria vocazione, il proprio ... Scuola della Parola 2010-2011 3 LA PAROLA DELLA CROCE aspetti, rispecchia

3 Scuola della Parola 2010-2011

LA PAROLA DELLA CROCE

aspetti, rispecchia le sfide di una metropoli contemporanea. San Paolo, nella sua missione, fissa in modo chiaro il centro della vita di quegli uomini e di quelle donne. Nel suo annuncio mostra il punto di riferimento che dà senso all’esistenza e compimento alla vita comunitaria: la croce di Gesù.

In 1 Corinti 1, 17-31 leggiamo infatti: «Cristo non mi ha mandato a battezzare, ma ad

annunciare il Vangelo, non con sapienza di parola, perché non venga resa vana la croce di Cristo. La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelli che si salvano, ossia per noi, è potenza di Dio. Sta scritto infatti: Distruggerò la sapienza dei sapienti e annullerò l’intelligenza degli intelligenti.

Dov’è il sapiente? Dov’è il dotto? Dov’è il sottile ragionatore di questo mondo? Dio non ha forse dimostrato stolta la sapienza del mondo? Poiché infatti, nel disegno sapiente di Dio, il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio. Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.

Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili. Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo,

Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio. Grazie a lui voi siete in Cristo Gesù, il quale per noi è diventato sapienza per opera di Dio, giustizia, santificazione e redenzione, perché, come sta scritto, chi si vanta, si vanti nel Signore. Paolo, anzitutto, ribadisce ai cristiani di Corinto l’obiettivo della sua missione: l’annuncio del vangelo, non il battesimo. C’è una buona notizia che è venuto a portare e che è fonte di comunione e di gioia. Lui non cerca, infatti, di aggregare a sé e di costituire una nuova setta, ma vuole condurre a Cristo e lo vuole fare allo stesso modo di Cristo. Perché il vangelo che lui annuncia è quello di Gesù, anzi: è Gesù stesso. La sua parola è la parola della croce, non quella della filosofia o della sapienza del tempo, ed il Gesù di cui si fa testimone è il Gesù crocifisso. Qui Paolo trova qualcosa che non ha trovato da nessun altra parte. Qui testimonia un segreto che nessun altro conosce. Qual è la vera sapienza della vita? Qual è il senso che può dare ragionevolezza alle scelte e alle relazioni? Non sta nella sapienza del mondo, né nella sua forza o nel suo successo. Sta nel gesto di Gesù di farsi dono per l’intera umanità, nella sua morte e nella sua risurrezione. Questa parola, però, non è facilmente raggiungibile ed accettabile. Paolo lo sa. Sa che è qualcosa di dirompente e che mette in discussione chi l’ascolta. Lo è per coloro che provengono dal mondo

Page 4: LA PAROLA DELLA CROCE - oratorionovedrate.org · le proprie relazioni, la propria vocazione, il proprio ... Scuola della Parola 2010-2011 3 LA PAROLA DELLA CROCE aspetti, rispecchia

4 Pastorale Giovanile - Decanato Cantù

INTRODUZIONE

giudaico e lo è per coloro che appartengono a quello greco. Scandalo e stoltezza. Scandalo per i giudei che non potevano accettare che il Messia subisse l’umiliazione della morte in croce: una fine troppo vergognosa, degna dei malfattori e non degli inviati di Dio. Stoltezza per i greci che avevano imparato dai loro filosofi che la divinità è immortale. Dunque uno che muore può essere tutto tranne che Dio. La parola della croce, effettivamente, è una parola difficile. Da riconoscere e da accettare. Scardina le logiche dell’uomo circa la qualità della vita e circa i suoi obiettivi. Ha più il sapore del fallimento che del successo, della negazione che dell’affermazione. Ma con questa parola, sostiene Paolo, è necessario confrontarsi per conoscere la rivelazione del Dio che salva e dischiude una speranza nuova. La parola della croce, infatti, è parola che necessariamente si misura con la propria vocazione. “Considerate la vostra chiamata”, dice san Paolo. Chi contempla la croce di Gesù non può che interrogarsi sulla propria vita e non può che indagarne la qualità. Di fronte a questo “spettacolo”, come lo chiama Luca (23, 48) occorre “battersi il petto”, non si può semplicemente osservare “da lontano”, come dice Matteo (27, 55). Noi, dunque, contempliamo e crediamo in Gesù, crocifisso e risorto, perché abbiamo capito che ne va della nostra stessa vita, della sua bellezza e del suo destino. Perché nel destino di Gesù sta racchiuso il nostro. Sarà dunque a partire dal luogo della croce che ogni discepolo di Gesù impara a discernere i segni che Dio gli affida e si prepara a scegliere il suo posto nel mondo, secondo il suo esempio e secondo la volontà del Padre. Così pure il cristiano, che ha già maturato la propria vocazione, continua a rinnovarne la forza e le ragioni proprio a partire dal fatto che ama stare sotto la croce, come Maria, insieme all’apostolo che Gesù amava. Contemplare e portare la croce, quindi, è condizione necessaria perché un giovane possa trovare la sua strada nel mondo e possa percorrerla come ha fatto Gesù. Soltanto così potrà fare della propria vita qualcosa di grande e di realizzato. Saprà trovare la

propria gioia, quella che nessuno può togliere (Cfr. Gv 16, 22), e lascerà, nel mondo, un’impronta indelebile di amore e di speranza. La parola della croce

Quest’anno l’itinerario di ascolto della Parola di Dio, proprio a partire da quanto detto, si concentra su alcune pagine del vangelo di Luca che narrano le tappe principali della stare di Gesù in mezzo al suo popolo. La chiave di lettura di questi testi sarà proprio la croce. Infatti, noi possiamo trovare i segni della Pasqua già nei racconti della nascita e della vita pubblica di Gesù. Quel bambino che nasce, quel maestro che insegna, quell’uomo che sceglie di fare la volontà di Dio, altri non è che il Cristo crocifisso, morto e risorto per la salvezza del mondo. Fin dai racconti dell’infanzia di Gesù noi troviamo i segni della croce. Nella sua missione, e nella sua vita pubblica, scorgiamo il desiderio di camminare verso il compimento della sua vocazione che avverrà a Gerusalemme. Sappiamo, infatti, che la redazione dei vangeli si è cristallizzata a partire dal desiderio di raccontare prima di tutto gli eventi della Pasqua, così che le prime comunità cristiane potessero custodire la testimonianza di quello che costituisce il cuore stesso della fede. A partire dai quei racconti, poi, è stato messo per iscritto ciò che Gesù ha fatto ed insegnato, i suoi miracoli e le sue parole, la sua nascita e il suo stare insieme ai discepoli lungo le strade d’Israele.

Segnaliamo che dal sito del Servizio Giovani (www.chiesadimilano.it/giovani: Sezione Scuola della Parola) è possibile scaricare o consultare materiale integrativo