La parità uomo - donna in famiglia. Dall'antica Roma a oggi

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La parità uomo/donna in famiglia Dall’antica Roma a oggi

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La parità uomo/donna in

famiglia

Dall’antica Roma a oggi

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Antica Roma

Inizio ‘900

Oggi

Tre fasi emblematiche

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Elementi significativi

Antica Roma

Inizio ‘900

Oggi

Parità patria potestà

No No Sì

Adulterio No No Sì

Divorzio No No Sì

Lavoro in casa (maschio)

No No ?(sondaggio)

Punti chiave

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Motivi della disparità uomo/donna Accesso

all’istruzione Accesso al

lavoro(tutelato) Diritti politici

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Antiquis temporibus Romani patres familias

uxoribus, liberis suis ac servis severo arbitrio imperabant. In sacrificiis deis et deabus semper opimas victimas praebebant ac immolabant, et sacra rite perpetrabant. Patrimonium a patre familias administrabatur, officia autem vitae domesticae a matrona eiusque ancillis explebantur. Saepe uxores cum suis ancillis in villae atrio per multas horas lanam texebant vestibus propinquorum qui domi habitabant. Interdum vespere a matribus toga praetexta filiis et filiabus familiae parabatur, vel vestis aspera a mulieribus texebatur servis domesticis, quibus saepe domini superbe imperabant. Saepe pater familias luxuriam molestum detrimentum censebat, sed liberis suis ad eorum necessitate voluptatesque pecuniam tribuebat.

Antichità (patria potestà)

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TRADUZIONE: Nei tempi antichi i padri di famiglia romani comandavano con

una rigida disciplina sui figli, sulle mogli e sui servi. Durante i sacrifici offrivano sempre vittime abbondanti agli dei e alle dee e le immolavano e compivano secondo il rito le cerimonie religiose. Il denaro era amministrato dal padre di famiglia. Invece i compiti della vita domestica erano compiuti dalla madre di famiglia e dalle sue ancelle. Spesso le mogli con le loro ancelle per molte ore tessevano la lana nell’atrio della casa per i vestiti dei parenti che abitavano nella casa. Talvolta di sera la toga pretexta veniva preparata dalle madri per i figli e per le figlie oppure veniva tessuta una veste da casa dalle donne per i servi da casa ai quali spesso i padroni comandavano con superbia. Spesso il padre di famiglia puniva la lussuria come cattivo difetto, ma talvolta dava i soldi ai figli per le loro necessità.

Antichità (patria potestà)

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La potestà genitoriale, così come stabilita dall’art. 155 c.c. «Provvedimenti riguardo ai figli», comprende diritti sia di natura personale sia di tipo patrimoniale che implicano la facoltà ai genitori di:

custodire, ovvero destinare il proprio domicilio al minore, da cui non può allontanarsi senza il consenso del tutore;

allevare, ovvero fornire il necessario per sopravvivere, per esempio alimenti e vestiario

educare, secondo la diligenza del buon padre di famiglia, ai costumi del luogo dettati dall’esperienza comune;

Oggi (patria potestà)

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istruire, eccezione questa tra le potestà, che consiste in un

“obbligo di risultato” il cui adempimento dipende dalla prestazione di terzi, per esempio il sistema scolastico;

amministrare, sul piano ordinario, che comporta la gestione dei rapporti a carattere patrimoniale conservandone la sostanza;

usufruire dei beni, che consiste nell’uso e nel godimento di una res senza alterarne la destinazione d’uso;

rappresentare, vale dire poter compiere negozi giuridici in sua vece, per es., al compimento degli obblighi scolastici, possono stipulare il contratto lavorativo di apprendistato oppure per es. permette di confrontarsi nel Consiglio di classe e con le autorità sanitarie.

Questi diritti e doveri erano fino al 1975 solo del padre.

Oggi (patria potestà)

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La Lex Iulia de Adulteriis Coërcendis è una legge

romana emanata per volere dell'imperatore Augusto in un periodo supposto dal 18 a.C. al 16 a.C.. per disciplinare l'adulterio (crimen adulterii) e le varie fattispecie che vi rientravano: incestum, stuprum, lenocinium. La legge fu molto apprezzata dai letterati dell'epoca. Probabilmente la legge era un rimaneggiamento di legislazioni precedenti sempre in materia, tra cui una proposta o prodotta da Silla.

La Lex Iulia de Adulteriis Coërcendis prevedeva che, nel caso di adulterio o stupro, fosse istituito un processo contro la moglie infedele e il complice. La legge punisce la donna adultera "con la confisca della metà della dote, la confisca della terza parte dei beni e con la relegazione in un'isola", l'uomo adultero con la confisca della "metà del patrimonio con uguale relegazione in un'isola, purché siano relegati in isole diverse".

Antichità (adulterio)

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Il padre della donna aveva il diritto di uccidere immediatamente la

figlia e l'adultero, se colti in flagrante nella propria casa o in quella del genero tradito (non poteva risparmiare l'uno o l'altro, ma doveva necessariamente ucciderli ambedue per non incorrere nell'accusa di omicidio), mentre il marito aveva il diritto di uccidere l’amante, solo in determinate circostanze, come ad esempio la sua appartenenza ad un basso rango sociale (se l'amante era di alto lignaggio allora si aveva la possibilità di catturarlo e tenerlo segregato per un massimo di 20 ore consecutive, in modo da radunare i testimonii necessari), e di ripudiare la consorte, ma non di ucciderla.  Se il marito non denunciava l'adulterio della moglie, non cacciava la consorte e lasciava andar via l'amante colto in flagrante, oppure sfruttava la cosa economicamente, veniva accusato di lenocinio e punito come adultero.

Antichità (adulterio)

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Sebbene la legge fosse entrata in vigore intorno al 18 a.C. ci

sono testimonianze che mostrano come essa non venisse molto rispettata. Quintiliano parla di transizione di denaro dall'adultero colto in flagrante al marito tradito per risparmiargli la vita, il che secondo la legge renderebbe l'ultimo un lenone. Pare anche che, in piena funzione della legge, si potesse ancora sfregiare e mutilare l'adultero colto in flagrante senza ucciderlo.

La legge ben presto venne dimenticata. Tiberio fu costretto ad attuare disposizioni per i dilaganti adulteri, anche se poco funzionanti, di conseguenza la mancanza di moralità continuò a dilagare fino a che Domiziano la reintrodusse vigorosamente, ottenendo le lodi di Marziale.

Antichità (adulterio)

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In epoca imperiale, inoltre, si riscontra pian piano una

reintroduzione o accettazione del delitto d'onore da parte del marito, che va contro la Lex Iulia. Il iustus dolor (giusto dolore) che il marito provava era la giustificazione dei delitti. Marco Aurelio e poi Commodo regolamentarono la cosa, giustificando il delitto d'onore, ma punendo ugualmente l'omicida per non aver saputo controllarsi non con ciò che dettava la legge sugli omicidii (Lex Cornelia de sicariis et veneficiis), ma con i lavori forzati (per le basse classi sociali) o la relegatio in insulam (per le alte classi sociali). Anche l'uccisione dell'adultero da parte del marito, accettata dalla Lex Iulia solo in determinate condizioni, qualora avvenisse in condizione d'illegalità diveniva giustificabile e punita con pena più lieve rispetto alla solita della Lex Cornelia.

Antichità (adulterio)

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Inizio ‘900 (adulterio)Art 559

-L'infedeltà coniugale nel diritto italiano era disciplinata dagli

articoli 559 e 560 del codice penale, che

prevedevano rispettivamente le

fattispecie di adulterio e concubinato.

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Per la moglie costituiva reato il

semplice adulterio, che vedeva punito anche il correo dell'adultera. La pena era prevista in misura maggiore nel caso di relazione adulterina. Il delitto era punibile a querela del marito.

Quando a commettere il reato era il marito, invece, l'infedeltà era punita solo nel caso in cui avesse tenuto una concubina nella casa coniugale o notoriamente altrove.

Inizio ‘900 (adulterio)

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Delitto d’onore: Codice Penale, art. 587

Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell'atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d'ira determinato dall'offesa recata all'onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni. Alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona la morte della persona che sia in illegittima relazione carnale col coniuge, con la figlia o con la sorella.

In Italia, sino a pochi decenni fa, la commissione di un delitto perpetrato al fine di salvaguardare l'onore (ad esempio l'uccisione della coniuge adultera o dell'amante di questa o di entrambi) era sanzionata con pene attenuate rispetto all'analogo delitto di diverso movente, poiché si riconosceva che l'offesa all'onore arrecata da una condotta "disonorevole" valeva di gravissima provocazione, e la riparazione dell'onore non causava riprovazione sociale.

Inizio ‘900 (adulterio)

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L'art. 587 del codice penale consentiva quindi che fosse ridotta la pena

per chi uccidesse la moglie (o il marito, nel caso ad esser tradita fosse stata la donna), la figlia o la sorella al fine di difendere "l'onor suo o della famiglia". La circostanza prevista richiedeva che vi fosse uno stato d'ira (che veniva in pratica sempre presunto). La ragione della diminuente doveva reperirsi in una "illegittima relazione carnale" che coinvolgesse una delle donne della famiglia; di questa si dava per acquisito, come si è letto, che costituisse offesa all'onore. Anche l'altro protagonista della illegittima relazione poteva dunque essere ucciso contro egual sanzione.

A titolo di chiarimento sulle mentalità generali su queste materie, almeno al tempo della promulgazione del Codice Rocco (che però riprendeva concetti già presenti nel Codice Zanardelli), va detto che contemporaneamente vigeva l'istituto del "matrimonio riparatore", che prevedeva l'estinzione del reato di violenza carnale nel caso che lo stupratore di una minorenne accondiscendesse a sposarla, salvando l'onore della famiglia.

Inizio ‘900 (adulterio e matrimonio

riparatore)

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« Non fu un gesto coraggioso. Ho fatto solo quello che mi sentivo di

fare, come farebbe oggi una qualsiasi ragazza: ho ascoltato il mio cuore, il resto è venuto da sé. Oggi consiglio ai giovani di seguire i loro sentimenti; non è difficile. Io l'ho fatto in una Sicilia molto diversa; loro possono farlo guardando semplicemente nei loro cuori »

Franca Viola (Alcamo, 9 gennaio 1947) fu la prima donna italiana a rifiutare il matrimonio riparatore. Divenne simbolo della crescita civile dell'Italia nel secondo dopoguerra e dell'emancipazione delle donne italiane.

Francesca Viola, detta Franca era figlia di una coppia di coltivatori diretti e, all'età di quindici anni, con il consenso dei genitori si fidanzò con Filippo Melodia, nipote del mafioso Vincenzo Rimi e membro di una famiglia benestante. Tuttavia in quel periodo Melodia venne arrestato per furto ed appartenenza ad una banda mafiosa e ciò indusse il padre di Franca, Bernardo Viola, a rompere il fidanzamento; per queste ragioni, la famiglia Viola fu soggetta ad una serie di violente minacce ed intimidazioni: il loro vigneto venne distrutto, il casolare annesso bruciato e Bernardo Viola addirittura minacciato con una pistola al grido di "chista è chidda che scaccerà la testa a vossia" ma tutto ciò non cambiò la sua decisione.

Franca Viola

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Franca ViolaInfine il 26 dicembre 1965, all'età di 17 anni, Franca Viola fu rapita (assieme al fratellino Mariano di 8 anni, subito rilasciato) da Melodia, che agì con l'aiuto di dodici amici, con i quali devastò l'abitazione della giovane ed aggredì la madre che tentava di difendere la figlia. La ragazza fu violentata e quindi segregata per otto giorni in un casolare al di fuori del paese e poi in casa della sorella di Melodia ad Alcamo stessa; il giorno di Capodanno, il padre della ragazza fu contattato dai parenti di Melodia per la cosiddetta "paciata", ovvero per un incontro volto a mettere le famiglie davanti al fatto compiuto e far accettare ai genitori di Franca le nozze dei due giovani

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Il padre e la madre di Franca, d'accordo con

la polizia finsero di accettare le nozze riparatrici e addirittura il fatto che Franca dovesse rimanere presso l'abitazione di Filippo, ma il giorno successivo, 2 gennaio 1966 la polizia intervenne all'alba facendo irruzione nell'abitazione, liberando Franca ed arrestando Melodia ed i suoi complici.

Franca Viola

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Siccome l’infedeltà coniugale è una delle cause di separazione tra i

coniugi più frequenti, spesso ci si domanda se l’infedeltà tra coniugi sia considerata un vero e proprio reato.L’infedeltà coniugale non rappresenta più un reato, con le due sentenze della Corte Costituzionale (n.126/1968 e n.147/1969) che hanno dichiarato illegittimi gli articoli 559 e 560 del Codice Penale, ma rappresenta un fatto di elevata rilevanza sul piano giuridico.

La giurisprudenza attuale sul piano giuridico continua però a dare molta rilevanza al dovere di fedeltà coniugale inteso come lealtà e impegno reciproco dei due coniugi di non tradire la fiducia dell’altro.

L’infedeltà coniugale e quindi la violazione del dovere di fedeltà non è più reato e non ha più conseguenze penali, ma può avere importanti conseguenze sul piano civilistico, può ad esempio essere causa di addebito della separazione a carico del coniuge infedele qualora l’infedeltà sia la causa da cui si è originato il deterioramento del matrimonio e si è generata l’intollerabilità della convivenza.

Oggi (adulterio)

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Nel diritto ecclesiastico l'adulterio è qualunque commercio

carnale fuori matrimonio o in offesa ai vincoli matrimoniali. È considerato delitto grave come peccato di lussuria e come offesa al precetto divino. Nell'adulterio in stretto senso deve trattarsi di matrimonio valido; non è necessario l'avverarsi della copula; deve conoscersi dagli adulteri lo stato di coniugio; la pena era di sette anni di penitenza dapprima, poi fu lasciata all'arbitrio del giudice. È ammessa la separazione per causa di adulterio, ma non è ammesso nuovo matrimonio finché i coniugi vivano; l'annullamento del matrimonio è ammesso soltanto nel caso del matrimonio rato e non consumato, o consumato con un infedele, in base al Privilegio paolino. L'adulterio dà soltanto diritto al divorzio a toro et Cohabitatione; non scioglie il vincolo.

Oggi (adulterio)

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Legislazione nazionale. - I precedenti si trovano

negli articoli 482-486 del codice sardo e 291-293 del codice toscano. Il codice Zanardelli stabilì la punizione tanto per l'adulterio della moglie quanto per quello del marito, definendo quest'ultimo con tale designazione generica, anziché con la locuzione concubinato adoperata nei progetti antecedenti, osservando che con essa si stabiliva soltanto la condizione di punibilità per l'adulterio del marito. Il progetto Rocco invece ha ristabilito la denominazione specifica di concubinato (art. 560).

Oggi (adulterio)

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Concubinato. - I soggetti attivi del delitto sono un uomo

ammogliato e una donna, maritata oppur no. Il soggetto passivo è la moglie del marito adultero. L'oggetto del delitto è l'ordine giuridico-matrimoniale per ciò che riguarda l'onore sessuale rispetto alla moglie, e familiare per ciò che si riferisce alle funzioni direttive educative e patrimoniali dei genitori nell'interesse della prole. L'elemento psichico consiste nella volontà del marito e della sua correa di mantenere la relazione, con la scienza in ambedue del vincolo matrimoniale che lega l'uomo. L'elemento materiale è costituito dalla relazione carnale che, in modo costante, è tenuta dal marito con una donna che trovasi nella casa coniugale o che è notorio essere a lui vincolata dalla relazione stessa.

Oggi(adulterio e divorzio)

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La relazione suddetta deve svolgersi in condizione di concubinato. Il

concubinato è il commercio carnale abituale con una donna non legalmente unita da matrimonio all'uomo che attua con lei tal commercio. Il concubinato è dato pertanto da una stabilità e abitualità di rapporti carnali in genere. Non è carattere del concubinato la convivenza, ma l'abitualità di congressi carnali, il ripetersi di convegni a tale scopo e l'accessibilità costante della concubina all'uomo. La concubina deve essere tenuta nella casa coniugale del marito o notoriamente altrove. Queste condizioni sono già stabilite nel cod. civ. (art. 150) per l'adulterio del marito come causa di separazione personale. Il codice penale usa la parola "tiene" una concubina a differenza del codice civile che dice "mantiene"; "mantenere" è verbo che indica che la persona è mantenuta con mezzi di sussistenza patrimoniali, laddove "tenere" stabilisce soltanto l'abitudine dei rapporti con la concubina. Pertanto, non occorre che il marito abbia collocato la concubina in casa propria o altrove, e neppure che debba provvedere al mantenimento di lei con spese anche parziali.

Oggi(adulterio e divorzio)

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Quando la concubina non sia tenuta nella casa

coniugale, ma altrove, è necessario che la relazione di concubinato sia notoria. Altrove indica qualunque altro luogo, anche la casa del marito della concubina. La notorietà è uno stato di fatto, apprezzabile dal giudice di merito, da cui risulta che la tresca è conosciuta da un gran numero di persone. Non è cosa identica allo scandalo, il quale può, se mai, essere una conseguenza della notorietà.

Il tentativo non è configurabile, giacché non è possibile un principio di esecuzione incriminabile, non essendo punibili i fatti isolati di adulterio del marito.

Oggi(adulterio e divorzio)

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In questa figura di adulterio balza ancor più evidente la

dimostrazione che la relazione può essere concretata da qualsiasi fatto di carnalità che stabilisca un rapporto. Infatti, cadono in confronto del marito non solo i motivi tradizionali, ma le ragioni sostanziali per cui si poteva restar dubitosi nel comprendere tra i fatti adulterini gli atti che non contengono il pericolo della commixtio sanguinis e della incertezza della prole.

La perseguibilità di questo delitto nelle due forme di adulterio della moglie e di concubinato è ammessa soltanto per querela del soggetto passivo. Ciò era nel codice del 1889 ed è confermato nel progetto del 1927.

Oggi(adulterio e divorzio)

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Questo dispone che la querela non è subordinata a termini speciali per

potere essere esercitata, giacché vale la norma generale fissata all'art. 125, per cui l'esercizio del diritto di querela deve, in tutti i casi, effettuarsi entro tre mesi dal giorno della commissione del fatto o della notizia di esso: cadono quindi tutte le questioni particolari circa la decadenza del diritto di querela per quanto si riferisce al tempo in cui essa venga proposta, e circa la notizia del fatto, le quali nozioni vanno definite in base ai principî generali del codice, e quindi non possono esser qui trattate. Basterà ricordare che la notizia indica una conoscenza certa del fatto, non un dubbio sulla sua possibilità: e che per il progetto la questione del reato continuato non è più possibile, data la nozione di relazione come aggravante del reato: il che assicura l'interpretazione che ogni atto completa il delitto. Il progetto (art. 561), come il codice Zanardelli, dichiara che non vi è reato se il fatto sia commesso dalla moglie indotta o eccitata alla prostituzione; aggiunge l'ipotesi relativa al caso che il marito abbia comunque sfruttato i guadagni derivanti dalla prostituzione. Questa materialità di fatti si riferisce alla nozione del lenocinio e dello sfruttamento.

Oggi(adulterio e divorzio)

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Lo stesso articolo del progetto stabilisce quanto era già considerato nel

codice del 1889; e cioè lo stato di separazione o di abbandono come condizione che fa diminuire la pena per il coniuge colpevole legalmente separato o ingiustamente abbandonato.

Si deve trattare di uno stato di separazione legale, cioè tanto dichiarata giudizialmente quanto consensuale, riconosciuta legale con l'omologazione del tribunale. La legge si riferisce a fatti d'adulterio commessi durante la separazione, e perciò l'attenuante non si applica se la querela sia data pendente il giudizio relativo o prima dell'omologazione.

La separazione può essere avvenuta per qualunque causa, anche per l'adulterio di uno dei coniugi. Se lo stato di separazione cessa per una delle circostanze previste dal codice civile, cessano anche le condizioni su cui ha fondamento la minorante.

Oggi(adulterio e divorzio)

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La remissione in relazione ai delitti di adulterio ha

l'eccezionale efficacia di estinguere anche la condanna irrevocabile, della quale cessa l'esecuzione e cessano gli effetti penali. Il fondamento di questa norma va trovato nell'assoluta prevalenza accordata all'interesse privato. La remissione si riferisce alla condotta anteriore, quindi non vale per i fatti nuovi o per la permanenza che costituisce un prosieguo, ma sempre un rinnovarsi o ripetersi degli stessi fatti.

Oggi(adulterio e divorzio)

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Fu discusso se la riconciliazione stragiudiziale possa

equivalere alla remissione: per la disposizione dell'art. 160 cod. di proc. penale (del 1913), la discussione oggi non ha più ragione di essere.

Gli effetti della remissione si estendono ai compartecipi. È una remissione con speciale efficacia sull'essenza giuridica del delitto, anziché sulla procedibilità dell'azione.

L'altra causa estintiva, equiparata nella efficacia alla remissione nella figura specifica dell'art. 358 cod. pen. (563 del progetto) e cioè valida a estinguere anche la condanna, è la morte del coniuge offeso; il fondamento di questa esimente si riscontra nella considerazione dell'inutilità di punire, essendo cessato il rapporto giuridico matrimoniale. Il beneficio si estende ai compartecipi.

Se il coniuge offeso muore prima di dar querela, nessun altro in sua vece può darla.

Oggi(adulterio e divorzio)

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Realizzato da:Riccardo Garilli

Riccardo LombardiGiorgio StegherJacopo Tonioni