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La Palermo musulmana e normanna Collegata all'Africa, al Levante e all'Europa, la Sicilia è sembrata a volte il centro stesso del mondo civile; tuttavia per gli stessi motivi, anche il punto dove imperi estranei si affrontavano per risolvere le loro divergenze. Sta di fatto che, fino a quando la strada maestra fra Oriente e Occidente passa per lo stretto di Messina, l'esser padroni della Sicilia ebbe sempre un particolare valore strategico ed economico. Uno dei risultati, di questa sorta di involontario protagonismo storico, fu il crearsi di una fusione o talvolta "confusione" di culture, ed è proprio questo a conferire alla storia della Sicilia un suo fascino particolare. Molti popoli successivi avrebbero lasciato al loro impronta nell'architettura locale, nei metodi agricoli, nei costumi e nei dialetti popolari e persino nel paesaggio. Ciò nonostante, comportandosi più da colonialisti che da colonizzatori, i vari invasori stranieri finirono per arrecare all'economia dell'isola un danno irreparabile. Ed è proprio a questa ricorrenza o alternanza della storia siciliana, che vede da un lato una serie di popoli invasori e, dall'altro, la popolazione soggetta, che si rifà il tema principale di questo lavoro, che si prefigge lo scopo, attraverso l'analisi delle fonti e delle testimonianze, di determinare i caratteri, i particolarismi e le peculiarità di uno dei momenti più importanti e significativi della storia della Sicilia, sia per quanto riguarda la sua storia interna sia, per quanto riguarda i suoi rapporti e con la penisola e con il resto

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La Palermo musulmana e normanna

Collegata all'Africa, al Levante e all'Europa, la Sicilia è sembrata a volte il centro stesso del mondo civile; tuttavia per gli stessi motivi, anche il punto dove imperi estranei si affrontavano per risolvere le loro divergenze. Sta di fatto che, fino a quando la strada maestra fra Oriente e Occidente passa per lo stretto di Messina, l'esser padroni della Sicilia ebbe sempre un particolare valore strategico ed economico. Uno dei risultati, di questa sorta di involontario protagonismo storico, fu il crearsi di una fusione o talvolta "confusione" di culture, ed è proprio questo a conferire alla storia della Sicilia un suo fascino particolare. Molti popoli successivi avrebbero lasciato al loro impronta nell'architettura locale, nei metodi agricoli, nei costumi e nei dialetti popolari e persino nel paesaggio. Ciò nonostante, comportandosi più da colonialisti che da colonizzatori, i vari invasori stranieri finirono per arrecare all'economia dell'isola un danno irreparabile. Ed è proprio a questa ricorrenza o alternanza della storia siciliana, che vede da un lato una serie di popoli invasori e, dall'altro, la popolazione soggetta, che si rifà il tema principale di questo lavoro, che si prefigge lo scopo, attraverso l'analisi delle fonti e delle testimonianze, di determinare i caratteri, i particolarismi e le peculiarità di uno dei momenti più importanti e significativi della storia della Sicilia, sia per quanto riguarda la sua storia interna sia, per quanto riguarda i suoi rapporti e con la penisola e con il resto

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del bacino Mediterraneo. Pur cercando di ricostruire il tutto, secondo i nessi essenziali, e, semplificando al massimo mi sono trovato di fronte a una tale mole di avvenimenti, a una tale varietà di personaggi e a una tale ricchezza di informazioni, da indurmi a una limitazione dei periodi. Gli avvenimenti, i protagonisti, gli interessi che legarono indissolubilmente questa città alla Sicilia, all'Italia e all'Europa stressa, traggono origine da quel connubio di tolleranza e capacità dirigenziale del periodo arabo-normanno, di cui Palermo propria, con i suoi monumenti, la sua urbanistica e organicità politico amministrativa, ne è la massima espressione. Una città dove cattedrali, chiese e palazzi riuniscono, nell'arte e nell'architettura, le tre grandi civiltà di quell'epoca, la nord-europea, la bizantina e la saracena. Luogo d'incontro tra latini, teutonici, cristiani e musulmani, in una magnifica inconfutabile testimonianza di illuminata tolleranza ignota ovunque nell'Europa medievale e raramente uguagliata nei secoli che seguirono.

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Introduzione alla Sicilia araba:

Nelle loro scorrerie nel Mediterraneo, dopo aver conquistato le isole di Malta e di

Pantelleria, i Saraceni (così vennero chiamati gli arabi in Occidente), mossero alla conquista della Sicilia che riuscirono a strappare ai Bizantini con una serie di incursioni e campagne militari. La conquista della Sicilia da parte degli Arabi fu una cosa agevole, anche se essi impiegarono quasi 50 anni per la completa conquista, in quanto si trattò di cacciare dall'isola i Greci-Binzantini, divenuti, nel frattempo, deboli e quasi barbari e, detta degli storici, la Sicilia non sarebbe mai caduta in mano araba se il governo bizantino si fosse mostrato più risoluto. Gli Arabi non conquistarono città decadute dall'antica grandezza; anche il Cristianesimo non venne in lotta con i conquistatori, ma si confuse piuttosto con essi. La Sicilia fu prima sede di Emirato dipendente dalla dinastia tunisina degli Aghlabiti che la governarono con i loro emissari, poi fu provincia indipendente con una propria dinastia quella dei Fatimi. Durante i 200 anni della loro dominazione, gli Arabi del resto non erano nè rozzi nè barbari, essi portarono la cultura, la poesia,le arti, le scienze orientali che misero radici nell'antico suolo della Sicilia, e abbellirono il loro regno con monumenti stupendi che segnarono un'epoca nella civiltà Europea. Palermo più di ogni altra città si distingueva per lusso e per ricchezza e si presentava con tutte le caratteristiche di una città orientale. Sarebbe bello poter leggere"La storia araba di Sicilia" di Ibn Kalta, così pure gli scritti di Ibn Hamdis di Noto (Siracusa), entrambi scrittori arabo-siculi, di cui molti testi sono andati perduti. I ricordi più importanti che testimoniano la presenza araba in Sicilia sono

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quelli della loro architettura. Non si conosce nessuna Moschea, e lo stesso Alkazar(l'attuale Palazzo dei Normanni di Palermo), non lascia più riconoscere con certezza la parte costruita dagli Arabi, e ben poco di altri monumenti di quell'età è giunto fino a noi; ma quanto rimane - parti di una moschea incorporata nella chiesa di S. Giovanni degli Eremiti; parti di castelli incorporati, come in quello della Zisa, o di Favara, e negli ampliamenti successivi in epoca normanna - è sufficiente per documentare la continuità della tradizione araba in Sicilia. Una poesia di Ibn Hamdis in cui ricorda la città natale "Custodisca Iddio una casa di Noto, e fluiscano su di lei le rigonfie nuvole! Con nostalgia filiale anèlo alla patria, verso cui mi attirano le dimore delle belle sue donne. E chi ha lasciato l'anima a vestigio di una dimora, a quella brama col corpo fare ritorno.... Viva quella terra popolata e colta, vivano anche in lei le tracce e le rovine! Io anèlo alla mia terra, nella cui polvere si son consumate le membra e le ossa dei miei avi."

Presa della Sicilia: Arabi in Sicilia La conquista araba della Sicilia cominciò nell’827 quando anche se l'isola aveva subito in tempi precedenti molte incursioni musulmane delle quali si ha notizia fin dalla metà del VII secolo. Gli Arabi del resto, erano molto vicini, in quanto installati sulla sponda africana del Mediterraneo. Ifriqiya (cioè l'Africa del Nord) ha ormai il volto musulmano, ed è governata da emiri locali in pratica autonomi come in Spagna. La Sicilia è inoltre bersaglio molto interessante, in quanto, sottraendo ai Bizantini le basi navali dislocate sulla costa meridionale dell'isola, gli Arabi avrebbero il pieno controllo sul traffico navale nel Mediterraneo centro-occidentale. Il 14 giugno 827 l’emiro aghlabita Ziyadat Allah mandò una flotta di diecimila uomini comandata da Asad ibn al-Furat; l’esercito musulmano in breve tempo conquistò Mazzara e si spinse verso la capitale Siracusa.Ma dopo il facile inizio dell’invasione la situazione si capovolse i musulmani fallirono due assedi a Siracusa e Castrogiovanni e l’esercito dopo gravi perdite per le lotte e le epidemie scoppiate dovette rifugiarsi a Mazzara.

Nell’ 830 dopo la bruciante sconfitta gli arabi marciarono verso Palermo cingendola d’assedio per un anno fino all’ 831 quando finalmente conquistarono la città facendo strage della popolazione, secondo fonti dell’epoca ci furono circa sessantamila morti tra i palermitani.Dopo quest’anno nero per Palermo la sua storia cambiò completamente venne usata dagli arabi come centro di comando per continuare l’invasione e poco più avanti non solo diventerà la capitale della Sicilia ma una delle più importanti metropoli d’ Europa. Da qui in poi cominciò l’inarrestabile conquista araba ad uno ad uno caddero Caltabellotta,Corleone,Modica,Cefalù,Castrogiovanni, Siracusa, Taormina e nel 965 con la caduta di Rometta i bizantini vennero completamente spazzati via dalla Sicilia e i musulmani ne diventarono i padroni incontrastati.

A questo punto gli Arabi vorrebbero invadere l'Italia Continentale, ma sono divisi da essa dallo Stretto di Messina. Per questo nuovo capitolo della storia ci vengono incontro le

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cronache latine del IX e dell' XI secolo. Si parla di Saraceni a Brindisi, a Taranto. Soggette a scorrerie saracene furono la Sardegna e la Corsica, ma maggiormente la Calabria, la Campagna e il Molise dove gli Arabi si insediarono per qualche tempo. Si ricordano il sacco del Monastero di Montecassino e quelli delle Basiliche di San Pietro e San Paolo a Roma e ancora, nel 935, erano in Liguria a Genova. Gli Arabi risalivano anche l'Adriatico verso Ancona, spingendosi fino a Cherso. Vanno considerati durevoli i due emirati di Taranto e Bari

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(dall' 847 all' 871).

Il primo emiro barese, al-Khal Fun rilasciò un diploma destinato a diventare un riferimento in tutti i secoli della conquista musulmana: "Nel nome di Dio, clemente e misericordioso. Questa è sicurtà concessa dal servo di Dio, Omar, Principe dei Credenti, agli abitanti di Aclia. A tutti senza distinzioni, o malati o sani, egli garantisce la sicurtà per loro stessi, per i loro beni, per le loro chiese, per i loro crocefissi e per tutto ciò che riguarda il loro culto... Non saranno maltrattati per causa della loro fede, né alcuno fra essi sarà danneggiato."

Palermo: La capitale

Palermo non si chiamerebbe cosi se la città non fosse appartenuta al mondo arabo, come lo fu per due secoli. Il nome, infatti "Panormus" (dal greco, "tutto porto") che la città portava sin da tempi antichi, dagli Arabi non fu inteso e perciò storpiato in "Balarmuh". Gli arabi strappando Palermo ai Bizantini, catapultarono la città in un periodo fiorente che investì tutti i settori, dall’architettura all’agricoltura. Durante questa dominazione Palermo

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raggiunge il culmine della sua importanza a cui non arriverà più nell’avvicendarsi delle altre dominazioni tanto da poter essere comparata alla Cordova musulmana. Nel 948 Palermo eredita il titolo di capitale da Siracusa e diventa la città principale della penisola. All’inizio della dominazione i musulmani si stanziarono nella zona del Cassaro (Al qasr) dove, modificando una torre d’origine punica, costruirono un castello (palazzo dei normanni) e nelle vicinanze, dove ora si trova la cattedrale, fecero erigere la moschea più importante.Il “Cassaro”, così chiamato dagli arabi (al-qasr che significa: il castello) subito dopo la conquista di Palermo nel 803, era in pratica il nucleo primitivo della città e, in linea retta, rappresentava la strada di collegamento tra il palazzo dei sovrani che era posto nella parte più alta e il mare, da ovest ad est, intersecata a spina di pesce da altre secondarie vie, inizialmente era più corta, fini con l’allungarsi nella seconda metà del cinquecento. Lunga poco più di un chilometro e mezzo, in essa ci si trova in un concentrato di architettura urbana: palazzi aristocratici, chiese, monasteri e conventi, alberghi, piazze e logge. Cuore di questa arteria, resta dal 1600, la piazza Vigliena detta comunemente i QUATTRO CANTI, posta nel centro perfetto di quella che era all’epoca, la città dentro le mura, intersecandosi con la barocca via Maqueda che fu aperta proprio in quell’anno. Nel pomposo linguaggio seicentesco, quest’apparato era definito “Teatro del sole” poiché in ogni ora della giornata il sole lo colpisce sempre in uno dei quattro cantoni.

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Ai siciliani cristiani che non si ribellavano alla nuova dominazione veniva concesso l’aman con esso veniva dato il diritto al proprio credo religioso anche se con molte limitazioni. Dovevano pagare un imposta ( la giziah); non potevano costruire nuovi edifici religiosi; non potevano mostrare la croce o leggere la bibbia in pubblico; non potevano possedere armi e dovevano marchiare la casa e gli abiti con un segno di riconoscimento; questa non completa repressione anche se li costrinse ad affrontare una vita da emarginati permise alla religione cristiana di non scomparire, infatti all’arrivo dei normanni erano ancora molti i cristiani presenti in città. Sono moltissime le migliorie portate dagli arabi alla città: in campo agricolo si abbandona la monocoltura del grano per far spazio alle tantissime colture conosciute dagli arabi (ortaggi, riso, canna da zucchero, cotone agrumi e carrubo); vengono costruiti efficientissimi sistemi di irrigazione per irrorare le colture testimoniati dai recenti scavi di speleologia che hanno scoperto nel sottosuolo Palermitano, una straordinaria rete di condotti realizzata con tecniche persiane chiamati qanat. Palermo ricomincia ad avere un’importanza negli scambi commerciali mediterranei che durerà per tutto il medioevo. La dominazione araba non fu solamente un periodo fiorente e di pace anzi fu anche un periodo di durissimi scontri per il potere un esempio fu nel 909 quando morì Ziyadat Allah III l’ultimo emiro aghlabita. In Africa si era affermata la nuova dinastia fatimita e quando mandò un suo rappresentante a Palermo il popolo, che era rimasto fedele alla vecchia dinastia, organizzò una resistenza con a capo Ibn Qurhub che venne proclamato emiro. Durò poco il suo regno perché dopo continue sconfitte subite dai fatimidi fu catturato nel luglio del 916 e giustiziato per ordine del califfo Ubayd Allah; e cosi a Palermo si stanziò la nuova dinastia fatimida. E’ in questo periodo che viene costruita l' al halisah (la Kalsa), la sua realizzazione si deve all’emiro Halil Ibn Ishaq, inviato dall’Africa nell’isola dal califfo di Qayrawan in aiuto dell’emiro palermitano Salim, contro cui s’era ribellata la popolazione musulmana palermitana a causa della successione. La mini città, racchiusa da una cinta muraria che racchiude una zona di circa 8 ettari, diventò il centro del potere e sede del palazzo dell’emiro, degli uffici governativi, dell’arsenale, dei bagni e delle prigioni. Nelle mura si aprivano 4 porte di comunicazione con il resto della città: la bab al-Bunud, da cui si poteva accedere alle zone urbane; l’ bab as-Sanaah e l’ babKutamah che comunicavano con il porto; l’ultima, la bab al-Futuh, non meno importante, che si puo’ ammirare ancora oggi dentro l’oratorio dei bianchi: è proprio da qui che nel 1072 entrarono i normanni.

Urbanisticamente gli arabi trasformarono la città in cinque settori:

1- Al Qasr (Il Cassaro)

2- Al halisah (La Kalsa)

3- Harat al Gsadidà, Il quartiere nuovo, una grossa zona urbana ricca di mercanti di grano e d’olio e botteghe; tracci armaioli, calderai, droghieri, macellai e cambiavalute.

4- Harat al Masgid,il rione della moschea, molto spazioso ma privo d’acqua.

5- Hrat As Saqalibà, rione degli schiavoni, zona ricca di sorgenti e mulini d’acqua.

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Nel 948 con l’arrivo dell’emiro al-Hasan ibn Ali la dinastia kalbita succedette a quella fatimida ed è con questa famiglia che Palermo raggiunge il culmine del suo splendore; instaurarono un regime ereditario, incrementarono l’autonomia dell’isola dalla madrepatria africana, rifondarono le istituzioni, ebbero un grande riguardo per la situazione del popolo e respinsero con autorità tutte le manie di vendetta dei bizantine e le insurrezioni dei notabili. Dell’ultimo periodo della dominazione araba non si hanno molte notizie si sa che dopo l’anno mille cominciò un periodo di declino fatto di crisi politiche insurrezione e invasioni bizantine che avrebbe portò con la deposizione dell’ultimo emiro Al-Hasan nel 1053 della fine dell’islam a Palermo.

Frammenti architettonici

Il luogo in cui sorge l'attuale cattedrale, fondata dai normanni nel XII secolo, è anche il punto dove i musulmani avevano il loro massimo edificio di culto. Nel portico gotico sul lato meridionale della cattedrale si trova una colonna che reca sul fusto un'iscrizione araba. Fu una prassi diffusa, nel medioevo quella di riutilizzare componenti di monumenti costruiti da culture vinte.Non sappiamo se la mente, che ha deciso la collocazione della colonna all'ingresso della cattedrale, fosse in grado di leggere il testo arabo preso dal Corano. Nella lode di Dio espressa da queste righe arabe ci si possono riconoscere, comunque, tutti i fedeli: "Egli fa coprir dalla notte il giorno, che la incalza veloce; e il Sole e la Luna e le Stelle regolate dal Suo comando. O che debbesi a Lui la creazione e non spetta a Lui l'impero? Sia lodato Iddio 'Signore dei mondi".Un altro esempio del genere si trova nella chiesa Martorana, dove due colonne con iscrizione araba furono inserite nell'ampliamento barocco. In provincia di Palermo, vicino Cefalà Diana, esiste un bagno medievale, sito su una sorgente termale. Il Bagno di Cefalà-Diana, di incerta datazione, è l'unico esempio oggi esistente in Sicilia della particolare attenzione che la cultura musulmana dedicava all'elemento acqua. Nella tradizione islamica l'istituzione del bagno, presa in eredità da quella romana, trova la più larga diffusione e, oltre che a servire all'igiene, costituisce un forte elemento di socializzazione. Il Bagno di Cefalà è costituito da un vano rettangolare coperto da una volta a botte ogivale. L'ultimo quarto del vano è separato dal resto da un diaframma murario poggiante su tre archi impostati sui muri d'ambito e su due colonnine al centro. Nel pavimento sono ricavate le vasche di diversa profondità e nello spessore dei muri scavate le nicchie per accogliere utensili e cosmetici. L'edificio è attraversato da una fascia orizzontale che reca un'iscrizione araba, purtroppo non più decifrabile. I Normanni, che nell'XI secolo subentrano ai Musulmani nel governo della Sicilia, impegnò sapientemente le conoscenze e le maestrie della cultura islamica per i propri interessi. Per questo nei monumenti del periodo normanno troviamo tanti segni della cultura islamica. Unico al mondo del suo genere è il soffitto, della Cappella Palatina, cioè la cappella, all'interno del palazzo normanno, riservata al re e alla corte. Il soffitto copre il vano della cappella, rivestito di splendidi mosaici bizantini, come un cielo stellato (e cosi lo vedeva anche il vescovo all'atto della consacrazione). In esso 24 piccole cupole a forma di stelle sono disposte in due file, mentre sulle pareti scendono le muqarnas, elementi alveolari, tipici dell'architettura islamica. Nel soffitto, fatto di legno di cedro e poi dipinto, a stento si percepisce l'incredibile ricchezza della decorazione: figure imperiali, musicisti,

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danzatrici, scene di lotta e di caccia, animali reali e mitici, il gioco degli scacchi e tante altre scene che rappresentano gli aspetti della vita, in forma ideale e simbolica, di un principe musulmano di quei tempi. Il soffitto dipinto dimostra ancora una volta che l'arte islamica conosce, nonostante il divieto coranico, la rappresentazione di figure. Ci può sorprendere il fatto di trovare un tema apparentemente cosi laico in un luogo di culto cristiano, ma ci dice molto sulla personalità di re Ruggero, committente dell'opera e, soprattutto, della sua stima verso i sudditi musulmani.

La dominazione Normanna in Sicilia

All'inizio del XI secolo fecero la loro comparsa i primi mercenari Normanni (figli di famiglie senza feudo), che vennero a offrire i loro servigi ai vari signori dell'Italia meridionale che si combattevano tra loro; i discendenti di questi condottieri, dovevano fondare in poco più di un secolo uno dei più potenti regni del Mediterraneo. La prima investitura per i suoi servigi la ottenne Rainolfo Drengot, che si vide conferire dal Duca di Napoli, la Contea di Anversa (1030). Questo fu il primo nucleo Normanno ad avere un possedimento:nel frattempo,Giorgio Maniace era stato mandato nel 1038, a scacciare gli

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Arabi dalla Sicilia dall'Imperatore Bizantino Michele Paflagonio, il Generale Maniace chiese aiuto a Guglielmo d'Altavilla detto Braccio di ferro, il quale con circa 300 uomini tra i quali Drogone e Umfrido arrivarono in Sicilia e misero in fuga gli Arabi dalle città di Messina e Siracusa, senonché nel 1040 Maniace dovette ritornare precipitosamente a Costantinopoli, perché accusato ingiustamente di tradimento dall'Imperatore Costantino IX il quale geloso dei suoi successi lo vedeva come un possibile pericolo per il suo Trono, Maniace Lasciò a Messina la Moglie e il figlio Crisafo, (da questi nasce la dinastia dei Crisafi, Grisafi, Grifasi) il quale abbandonato anch'egli dai Normanni che per strategia militare avevano lasciato l'isola, nulla poté fare perché le terre occupate in precedenza da suo padre tornassero in mano Araba. La riconquista della Siciliada parte dei Normanni avvenne con i fratelli di Guglielmo d'Altavilla, Ruggero I e Roberto il Guiscardo (l'Astuto), essi completarono la conquista della Calabria (1057/1060) e sempre nel 1060 si rimpossessarono di Messina, aiutati dall'Emiro di Siracusa Bencumen, il quale era in guerra contro suo fratello Belcamend, Emiro di Agrigento. Così inizia la conquista della Sicilia. In verità l'impresa non fu facile, i due fratelli impiegarono 30 anni per conquistarla, anche perché dovettero tornare un paio di volte in Calabria per consolidare il loro dominio su quelle terre. Nel 1071 Riccardo con l'esercito e Roberto con la flotta assediarono la capitale dell'isola Palermo, a quel tempo la città più popolosa e più fiorente d'Italia, straordinariamente ricca e sede della splendida vita orientale. Gli Arabi opposero una difesa coraggiosa contrastando a lungo gli assalitori, si narra che le porte della città non furono mai chiuse per dimostrare la loro fiducia nell'esito della difesa, ma con uno stratagemma gli assalitori entrarono in Palermo da due lati opposti e i Saraceni assediati nell'interno della città capitolarono. cedendo Palermo al vincitore, a condizione che fosse loro garantita la vita e il libero esercizio del loro culto. I Normanni risparmiarono Palermo araba. Presero possesso della splendida città senza versare sangue, e senza commettervi devastazioni, i Saraceni furono lasciati liberi di vivere a modo loro secondo la loro religione. I Normanni furono tolleranti verso i Saraceni, accettarono le arti e le scienze, nei loro palazzi usarono lo stile arabo, la lingua araba continuò ad essere insegnata. Con la presa di Palermo successivamente venivano conquistateTrapani, Catania e Siracusa nel 1088, Enna (chiamata Cars Iannar dagli arabi, e divenuta con i Normanni Castrogiovanni), Agrigento nel 1091. Così l'isola conquistata veniva divisa in questo modo: Roberto prese il titolo di Duca di Sicilia e tenne per sé Palermo e metà dell'isola, Ruggero diventò Conte e prese l'altra metà della Sicilia, il loro nipote Tancredi fu fatto Conte di Siracusa.Alla morte di Ruggero, Roberto il Guiscardo assicura la discendenza al nipote,

Ruggero II figlio secondogenito di Ruggero, il quale, benché avesse ereditato anche il Ducato della Puglia e il Principato di Capua, scelse la Sicilia come residenza reale e si fa incoronare Re (Rex Siciliae) nel Duomo di Palermo nel Natale del 1130. Con Ruggero II il regno di Sicilia divenne uno Stato moderno. Egli riordinò la monarchia che volle splendida, potente e sicura, seppe tenere a freno tutti i nemici, sia interni che esterni, conquistò l'isola di Malta, Corinto e Atene, seppe tenere a distanza l'imperatore greco, il quale non si era ancora rassegnato ad aver perso la Sicilia. Ruggero II si distinse sempre per ingegno, valore e prudenza, egli aveva modi eleganti e disinvolti. Morì all'età di 59 anni nel 1154. Il suo successore Guglielmo I detto il Malo, per la sua inezia, egli era l'unico figlio rimasto

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dopo la morte prima del padre dei suoi 4 fratelli, Anfuso, Ruggero, Enrico e Tancredi. Sotto il suo regno la Sicilia subì un periodo pieno di disordini, rivoluzioni e confusione di ogni genere, egli morì all'età di 45 anni nel 1166. Suo figlio Guglielmo II detto il Buono salì al trono all'età di 11 anni. A lui si devono parecchi monumenti dell'architettura religiosa di quel periodo, come il Duomo di Monreale e la Cattedrale di Palermo. Morì all'età di 36 anni, e con lui si estingue la linea diretta della dinastia normanna per mancanza di eredi maschi in Sicilia.

Ruggero II, il più grande sovrano del Medioevo

Raggiunto un periodo di stabilità, Ruggero II si occupò dell’organizzazione interna dello stato, creando un regno ordinato, solido, dove tutti i nobili, seppur godendo di molte libertà, erano sottoposti a vincoli di vassallaggio. Egli affidò i vari rami della pubblica amministrazione a dei funzionari di fiducia: La “Magna Curia”, che aveva funzione di governo e consiglio del Re; il “Gran Connestabile”, che era il capo delle forze armate; il “Gran Giustiziere”, che aveva la carica di giudice penale e capo della polizia. Riempì le casse del regno grazie a un efficiente controllo fiscale che gli permise di avere una corte invidiata da tutti i sovrani occidentali, ricca di palazzi di fattura orientale, fiorentissima nell’arte e nel commercio; il suo palazzo era adorno di preziosi arredamenti e disponeva di un enorme esercito di cui facevano parte anche soldati saraceni. Dopo 24 anni di regno e dopo una campagna d’espansione che aveva assoggettato tutta l’Italia meridionale e buona

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parte dei paesi del mediterraneo, nel 1154 Ruggero II morì e venne sepolto nel Duomo di Palermo, dove ancora oggi riposa.

Due mesi dopo la morte del più grande sovrano del Medioevo, nasceva la sua ultima figlia: Costanza.

Gli anni neri di Guglielmo I "il malo"

Alla morte di Ruggero II salì al trono Guglielmo I detto “il Malo”( per aver diminuito i poteri feudali), terzogenito di Ruggero II; durante questo periodo cominciano i primi scricchiolii nel potere normanno.

Guglielmo I era la brutta copia del padre: non aveva la sua audacia, autorevolezza e maestria per governare, era cresciuto nella corte più brillante d’Europa e questo aveva portato a viziare il suo carattere, così quando assunse il potere era portato più a godersi le ricchezze che occuparsi dello stato.

Visto che il Re era troppo occupato con le donzelle di corte, affidò l’amministrazione del regno al primo ministro Maione di Bari; quest’uomo, di umili origini, favorì la borghesia artigianale e mercantile a discapito della nobiltà e dei grandi proprietari terrieri.

I nobili, infastiditi anche dalla perdita dei territori africani, passarono al contrattacco e la situazione degenerò; Matteo Bonello, conte di Caccamo, attirò con l’inganno Maione e lo

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uccise; l’11 novembre 1160, un gruppo di nobili entrò nel palazzo reale e imprigionò il Re, in tutta la città si scatenò la caccia agli amici di Maione.

Dopo tre giorni, Guglielmo venne liberato dal popolo preoccupato, riprese il suo posto e scatenò la sua vendetta: nominò Gran Cancelliere Matteo D’Ajello, catturò con un agguato Bonello e lo fece rinchiudere al castello, dove poco tempo dopo morì dopo essere stato accecato e sottoposto a tremende torture.

Il 7 maggio 1166, a soli 46 anni, Guglielmo I morì, ma quasi nessuno sentì la sua mancanza.

Guglielmo II "il buono" e la rifondazione del regno

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Morto Guglielmo, il Regno passò nelle mani del secondogenito Guglielmo II, che dovette anche lui attendere la maggiore età per prendere possesso dei pieni poteri.

Grazie al nuovo Re il regno ritornò a splendere: Guglielmo tentò di rimediare agli errori del padre e in buona parte vi riuscì.

Nominò Vicecancelliere Matteo d’Ajello, ebbe un grande rispetto di tutti i gruppi etnici presenti in città, riaffidò ai musulmani le vecchie cariche sottratte e diede la giusta importanza ai feudatari ai quali affidò moltissime cariche a corte e nell’esercito; fece edificare un nuovo duomo a Monreale, dove fece trasportare la tomba del padre e si permise il lusso di costruire la Cuba, un castello di caccia.

Il regno era tornato al suo vecchio splendore, ma Guglielmo, sposatosi nel frattempo con Giovanna, figlia di Enrico II d’Inghilterra, non aveva ancora eredi e non ne avrebbe mai avuti; questo pesò molto sul futuro dei Normanni in Sicilia.

Tancredi, l'ultimo re normanno Alla morte di Guglielmo II nel 1189, la città piombò nel caos; il Re morto non aveva figli e aveva nominato erede la zia Costanza, ma questa era sposa di Enrico VI di Germania, figlio dell’imperatore Barbarossa: questo provocò un malcontento nel popolo e nei nobili che non volevano una dominazione germanica e allora fecero nominare re Tancredi, Conte di Lecce, nel 1189.

Enrico VI, sentendosi privato di un suo diritto, attaccò Tancredi, ma venne fermato nel Garigliano, dove cadde prigioniera anche Costanza la regina, ma invece di approfittare della situazione Tancredi la lasciò libera e si occupò di riorganizzare l’esercito per difendere i territori.

Ma mentre era a Salerno, Tancredi fu sconvolto dalla notizia della morte del figlio e cadde in una tremenda depressione rinchiudendosi nella reggia, dove poco dopo morì il 20 febbraio 1194.

L’erede al trono Guglielmo III era ancora un bambino e il potere venne affidato alla vedova Sibilla, non adatta per carattere a governare; di questo era ben consapevole Enrico VI, che si riporto all’attacco e questa volta riuscì ad arrivare fino a Palermo.

La regina e il fanciullo Guglielmo si rifugiarono nel castello di Caltabellotta, ritenuto inattaccabile, allora Enrico per evitare l’assedio, propose alla regina la libertà per lei e i suoi figli in cambio del trono; Sibilla accettò, ma Enrico non mantenne le promesse e li fece processare e condannare, rinchiudendo Guglielmo III in una fortezza dove morì nel 1198; con la sua morte ebbe fine il periodo normanno in Sicilia.

Fino ad oggi, ci rimangono moltissimi esempi dell’architettura Normanna: il Palazzo dei Normanni, la Cappella Palatina e la Cattedrale sono le più importanti, ma non si puo’ non

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nominare bellezze architettoniche come le chiese di S. Giovanni degli eremiti, La Martorana, S. Cataldo, S. Giovanni dei lebbrosi, La Magione,S. Spirito e i castelli della Zisa e la Cuba.

Storia del monumento.

Introduzione al Palazzo:

Il Palazzo Reale, comunemente detto Palazzo dei Normanni, eminente nella compatta e solenne severità della sua possente massa edilizia al vertice dell’antica città, in piazza Vittoria è un vastissimo complesso edilizio che, con variabile organicità architettonica, ha seguito la storia complessa della città. Già gli Arabi nel sito, sui resti della cittadella punico-romana, intorno al X secolo realizzarono il loro castello. Era questa la zona più antica della città – fra il Kemonia e il Papireto – situata sull’alto Cassaro (da al-Qasr: castello, in arabo), attraversata da una via, luogo vivacissimo di scambi commerciali, tutta lastricata in pietra e per questo denominata via marmorea. Il castello, che al tempo di Ruggero II fu scelto dai Normanni come residenza, fu concepito come una fortezza, ma anche come dimora di eccezionale sontuosità e raffinatezza. I re normanni utilizzarono per le proprie architetture i sistemi costruttivi di influenza islamica già conosciuti nell’isola, sfruttando la padronanza tecnica delle maestranze musulmane adottando nel contempo gli usi propri di quella cultura, almeno in campo architettonico ed artistico. Dall’adattamento alle esigenze dei re cristiani delle tecniche delle maestranze musulmane nacque un connubio di indubbia rilevanza e uno stile, nato in terra di Sicilia, ispirato alle conoscenze tecniche e agli aspetti estetici dalla cultura islamica, ma profondamente autonomo nelle sue espressioni, che è noto con l’ambiguo

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termine di arte arabo-normanna. L’importanza del palazzo prosegui fino al tempo di Federico II di Svevia, quando l’edificio fu il centro propulsore della scuola poetica siciliana; sotto la dominazione angioina iniziò la decadenza, che lo vide ridotto in rovina fino alla metà del XVI secolo allorché, divenuto sede dei viceré spagnoli, fu restaurato. Dal 1947 è sede dell’Assemblea Regionale Siciliana.

Le fondamenta puniche:

Nel 1984 durante i lavori di restauro delle sale Duca di Montalto, nell'ala occidentale del Palazzo dei Normanni,vennero alla luce alcune monumentali strutture pertinenti alla linea fortificata della città, sul suo versante occidentale, la cui analisi ha consentito il riconoscimento di tre distinte fasi ricostruttive.

Prima fase (metà V sec. a.C.):

consiste in un tratto fortificato, in cui si aprono una porta urbica fiancheggiata da due torri (larghe oltre m 9) ed una postierla voltata ad arco (larga m 0,90 e alta m 2), anch'essa difesa da una piccola torre sporgente. La tecnica con cui è stata realizzata la struttura denuncia una forte influenza dell'architettura greca, riconoscibile nell'isodomia della muratura.

Seconda fase (IV-III sec. a.C.):

un muro di più rozza esecuzione, venne costruito, probabilmente nel IV sec. a.C. a ridosso del fronte esterno di quello più antico: di esso si realizzo con relativa cura solo il parametro

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esterno. In questa fase edilizia la porta urbica subì un notevole ridimensionamento, mentre la postierla venne del tutto obliterata.

Terza fase (età normanna):

lo scavo ha documentato un plausibile utilizzo della cinta muraria durante la costruzione o il potenziamento del "palazzo" fortificato, rese necessaria la realizzazione di una nuova cinta, parallela alle mura più antiche e da esse distante circa 3 metri.

Nucleo arabo:

All’inizio della dominazione i musulmani si stanziarono nella zona tra i fiumi Kemonia e Papireto dove, modificando una torre d’origine punica, costruirono un castello dove stanziarono la loro corte fino a quando decisero di spostarsi nella cittadella della kalsa, e nelle vicinanze, dove ora si trova la cattedrale, fecero erigere la moschea più importante.Il “Cassaro”, così chiamato dagli arabi (al-qasr che significa: il castello) subito dopo la conquista di Palermo nel 803, era in pratica il nucleo primitivo della città.

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L'arrivo dei normanni:

Quando nel 1072 i Normanni espugnarono la cittadella della Kalsa, iniziò un nuovo periodo fatto di integrazione culturale e di fioritura delle arti. Scelsero come sede governativa il Palazzo Reale. Il palazzo dei normanni era costituito da una serie di torri e padiglioni per l'alloggio del re e del suo seguito; non vi mancavano giardini, stanze di riposo e di udienza. L'aspetto esterno corrispondeva all'immagine che i re desideravano dare di se ai loro sudditi: esso infatti dominava dall'alto la città. L'insieme degli edifici che costituisce l'odierno Palazzo Reale è il risultato delle aggiunte eseguite tra il XVI e il XVII secolo che hanno dato al complesso un aspetto unitario, mantenendo in posizione baricentrica, ma non più visibile dall'esterno la Cappella Palatina. Il gruppo di torri che formavano gli appartamenti reali era costituito dalla torre Gioaria (dov'erano gli appartamenti del re Ruggero e la sala degli armigeri), la Pisana, entrambe ridotte in altezza nel XVI secolo per motivi di difesa; vi erano inoltre le torri Chirimbi e Greca non più esistenti. Tra le torri vi erano giardini e sale all'aperto. Le due torri ancora esistenti si trovano nell'ala settentrionale: sono formate da due piani ciascuna e presentano massicce murature impostate secondo i canoni dell'architettura parziale fatimita, ancora riconoscibile all'esterno, malgrado i camuffamenti subiti dal monumento XIX nel secolo. Il Palazzo Reale venne abbandonato dopo che, nel XIII secolo, Federico II decise di lasciare la corte di Palermo.

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Dalla ristrutturazione spagnola fino ad oggi:

Il palazzo era in rovina alla venuta dei viceré spagnoli che alloggiarono alla metà del 500 allo Steri. Nel restauro, intrapreso intorno al 1560 dare al palazzo l'aspetto di una reggia furono costruiti nuovi corpi di fabbrica. Nel 1560 venne costruito il grande salone occidentale del Parlamento (Salone d'Ercole); tra il 1581 e il 1584 venne sistemato tra l'ala settentrionale e la Cappella Palatina, l'elegante cortile della Fontana; nel 1600 si costrui il grande cortile Maqueda a meridione della Cappella che, con la costruzione nel 1616 del corpo orientale e della facciata sul piano del Palazzo, fu completamente inglobata dalle fabbriche e occultata all'esterno. Tra il 1798 e il 1806 vi abitò Ferdinando di Borbone, in fuga da Napoli, che apporto alcuni abbellimenti interni. Nel primo trentennio del XIX secolo una uniforme configurazione neogotica dei parametri esterni ricoprì le facciate del complesso, nascondendo l'originaria stesura dei prospetti, a eccezione della porzione sud-orientale dove si apre il portale principale.

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prospetti della torre pisana e del fronte occidentale furono in parte rifatti tra il 1835 e il 1848 su progetto di Nicolò Puglia, con la consulenza di vari amministratori della Casa reale. Durante le insurrezioni del 1848 il Palazzo fu saccheggiato e fu distrutta gran parte del mobilio, che velocemente fu ripristinato. Dopo l'unità d'Italia il Palazzo Reale fece parte dei beni della del Comando tranne per la parte già occupata dal comando dei Corpi dell'Esercito, che mantenne la stessa funzione con il nuovo Esercito nazionale. In occasione dell'esposizione nazionale del 1891-92 furono rinnovati gli arredi degli appartamenti reali. Nel 1919 si delineò la possibilità di utilizzare il Palazzo come sede di accademie e nel 1923 fu destinato a accogliere gli uffici della Soprintendenza ai monumenti, alcuni Istituti universitari, la Real Accademia di Scienze Lettere e Arti, la Biblioteca Filosofica, il Museo Pitrè e il Museo Nazionale e l'alloggio del Prefetto. Vennero mantenuti per uso della Casa reale alcuni appartamenti. Nel 1943 il Palazzo fu requisito dalla truppe alleate. Nel 1947 gli enti che lo occupavano furono trasferiti in altri immobili ed esso fu chiamato Palazzo dei Normanni. Dal 1946 il Palazzo dei Normanni è sede dell'Assemblea della Regione Siciliana e vi si riunisce il Parlamento Siciliano che si gloria di essere il più antico Parlamento europeo, essendo stato istituito da re Ruggero nel 1140. Nel corso degli ultimi decenni nel palazzo sono stati eseguiti lunghi lavori di restauro che, oltre a riportare allo stato le più

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antiche, hanno sentito di riscoprire strutture appartenenti a epoche ancora più remote, l'antica porta Rota, localizzata nella cortina muraria occidentale del palazzo. L'esteso fronte orientale, rivolto verso la città, presenta sul lato sinistro il lungo e regolare prospetto del corpo di fabbrica seicentesco in cui sono inseriti i due portali barocchi; il centrale è affiancato da colonne e ha timpano semicircolare spezzato su cui campeggia l'aquila viceregia con stemmi; il laterale ha una graziosa cornice mistilinea contornata da lavori d'intaglio e definita al centro da un medaglione con stemmi e corona. Nel secondo ordine corre ininterrotta la lunga teoria delle aperture dei saloni. Sulla destra sono le due torri normanne la Gioaria e la Pisana, sulla quale nel 1791 fu costruito l'osservatorio astronomico. Vi lavorò fino al 1820 l'astronomo Giuseppe Piazzi, insigne studioso scopritore dell'asteroide Cerere.

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La pianta del palazzo

Per complesso monumentale del Palazzo Reale bisognerebbe intendere l'insieme edilizio che oggi andrebbe dalla depressione del Kemonia,dove fino al secolo scorso era Porta di Castro,fino a Porta nuova,su corso Vittorio Emanuele. Ispirato a modelli rinascimentali romani e ad esso coniuga le esigenze residenziali del palazzo. L'ingresso principale si trova in piazza Parlamento,quello turistico su Piazza Indipendenza ed è sede della Regione Siciliana. Delle quattro torri normanne originarie (la Greca,la Pisana,la Chirimbi e la Joaria) oggi rimangono solo la Pisana e la Joaria ed hanno forma quadrangolare. Oltre alla Cappella Palatina,le parti di costruzione attribuite ai normanni sono quindi la Torre Pisana e la Torre della Gioaria.

Le sale Montalto: le due sale seminterrato erano originariamente destinate una a deposito delle munizioni a servizio del bastione; la seconda elevazione corrispondente al livello del coevo cortile della Fontana (1571-1572) era utilizzata come segreteria del Viceré,mentre tutto il terzo piano fu utilizzato come Salone per le adunanze del parlamento. Don Luigi Sturzo duca di Montalto decise nel 1637 di trasformare il deposito in saloni per le udienze estive e successivamente furono usati come archivi del palazzo,da cui vi si accedeva dalla porta centrale dell'Ala Moncada

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Sala dei Venti: La torre “Joharia” ( del nucleo medievale “arabo-normanno” del Palazzo), è sintesi del passaggio di più culture, oggi è coperta da un soffitto ligneo settecentesco al cui centro spicca la rosa dei venti.

Torre pisana: Essa è una parte del monumento che ci è pervenuto integralmente e ha una base quadrata di 19 metri per lato.

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È la sede degli uffici del Presidente dell'Assemblea Regionale Siciliana. Secondo la tradizione essa era uno dei luoghi di riunione della "Scuola Poetica Siciliana" e anche un ambiente frequentato dallo stesso sovrano

Torre Joharia: Essa non ci è giunta integra tanto quanto la Torre Pisana. Il piano inferiore era costituito dalla Sala degli Armigeri, mentre al piano superiore troviamo la Sala dei Venti o delle Quattro Colonne che è una sorta di cortile caratterizzato da quattro arcate sorrette da colonne e corsie laterali.

Sala di Archimede: la sala,che prende il nome dall'omonima statua,è ricavata dagli

antichi ambienti medievali che collegavano lo scalone d'onore alla cinquecentesca sala dei Parlamenti. La sua attuale funzione è di anticamera al salone d'Ercole

Sala d'Ercole: È la prima sala in cui si può accedere,è il luogo nel quale si riuniscono,dal 1947, i novanta deputati dell'ARS. Prende il nome dalle pitture raffiguranti il ciclo dedicato al l'eroe mitologico greco. Nel 1130 è l'anno in cui nacque il Parlamento Siciliano durante il regno di Ruggero II d'Altavilla,oggi esercita il potere legislativo previsto dallo Statuto autonomo siciliano e rappresenta il primo parlamento italiano e uno dei più antichi d'Europa.

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Stanza di Ruggero: È una delle parti più importanti del monumento e prende il nome da Ruggero d'Altavilla, primo re normanno della Sicilia. I mosaici raffigurano tematiche dei sovrani normanni e a una narrazione simbolica del Genoardo, giardino-paradiso di tradizione islamica.

Sala dei viceré: È chiamata così per i 21 ritratti esposti sulle pareti che raffiguravano viceré, luogotenenti, presidenti del regno Borbone, tra questi il primo fu Carlo di Borbone che ricevette la corona nel Giugno del 1735.

Sala Cinese: così chiamata per le immagini,ex sala da the per gli stranieri,si dice che qui

ci fosse il favorito della regina. Ritrovati oggetti stranieri. Questo genere di ambienti fungevano da sale di rappresentanza o da semplici sale da tè. (Riferimento a palazzina cinese e zona di ville nobiliari a palla vicino)

Sala Pompeiana: ambiente molto raffinato e sobrio,chiamata così per le immagini, raffiguranti Pompei,il colore è desueto perché questa era la sala dove la regina Maria Carolina riposava. La sala lettura invece era una sala da bagno.

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Sala degli ex presidenti: sono qui ubicati i ritratti dei presidenti dell'assemblea regionale siciliana,i ritratti sono aggiunti solo alla fine del loro mandato.

Corridoio mattarella: è intitolato alla memoria di Piersanti Mattarella,presidente della regione siciliana dal 1978/80,poi fu ucciso dalla mafia.

L'alzato

L'ingresso principale si trova in piazza del Parlamento, quello carraio e quello turistico su piazza Indipendenza, di fronte Palazzo d'Orleans, sede della presidenza della Regione siciliana. Il fornice di ingresso ci propone tre momenti significativi della storia del monumento fusi in maniera armonica: la Traccia della fortezza araba, la Torre Greca è una delle quattro grandi torri del castello normanno -, l'intervento Rinascimentale che trasforma il castello normanno in Palazzo. Alla fine del fornice si apre al visitatore il grande cortile "Maqueda", dal nome del viceré che lo volle alla fine del XVI secolo per regolarizzare il perimetro della corte interna. Splendido il loggiato su tre ordini, quasi unico nel suo genere. Alla sinistra lo scalone della Torre Greca, dominato dal paramento inclinato della muratura della stessa torre. Al Primo loggiato troviamo ad oggi le sedi dei gruppi parlamentari. Dalla "Scala Prefettizia" saliamo in quello che modernamente è denominato piano delle commissioni parlamentari. Anche qui, percorrendo il corridoio che le

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disimpegna, notiamo le sovrapposizioni conseguenti alla trasformatio del castello in palazzo. Appena all'inizio dello stretto corridoio, sulla sinistra si presentano alla vista: l'originario prospetto del castello, successivamente divenuto paramento interno del corpo rinascimentale, e l'abside della palatina con l'evidente taglio dovuto all'inserimento del corpo spagnolo. Sulla destra si susseguono i saloni delle Commissioni legislative. Alla fine del corridoio usciamo nel cortile pensile, detto "della Fontana", che proprio cortile non è, basti pensare che il suo calpestio sta più in alto di quello del primo piano. E' quello che resta della demolizione di una delle torri interne del castello, operata tra la fine del XVI e l'inizio del XVII secolo. Sotto, si trovano gli ambienti che fanno parte, sicuramente, del piede arabo del castello. Alcuni di questi hanno ospitato le prigioni come testimoniano i graffiti con i quali uomini del passato hanno voluto lasciare testimonianza della loro esistenza. Continuando nel nostro itinerario, salendo la "Scala Bianca", raggiungiamo il "Piano nobile". In cima alla scala il lungo corridoio dei saloni che si sviluppa per tutta la lunghezza del corpo rinascimentale, dalla Torre dei Venti alla Torre Greca, e su cui troviamo le grandi Sale Bianca (odierna Sala Stampa), Rossa (dove oggi si riunisce la Conferenza dei Capi gruppo), Gialla e Verde. Seguendo il percorso attraversiamo la Sala della Preghiera il cui nome viene dal quadro "Donna con le mani giunte", della seconda metà del XIX secolo, di Mara Cavallaio.

Ritorniamo in ambienti normanni quali La Torre dei Venti e la Sala di Ruggero. La Torre dei Venti, la cui copertura non è quella originale dell'epoca, una cupola tipica dello stile arabo-normanno, bensì quella voluta da Vittorio Amedeo di Savoia, Re di Sicilia dal 1713 al 1720, per dare più luce all'ambiente. La rosa dei venti in cima al soffitto dà il nome alla Sala. Da questa, salendo pochi scalini, si accede alla Torre Pisana, la seconda delle quattro grandi torri del Castello, oggi ufficio del Presidente dell'Assemblea Regionale Siciliana. Dalla porta di fronte alla sala di Ruggero si passa agli Appartamenti della Regina. Uscendo attraversiamo la Sala di Archimede, il cui nome viene dalla statua dedicata al grande matematico, e scendiamo per lo scalone d'onore. Scendendo al primo loggiato troviamo il gioiello normanno per eccellenza: La Cappella Palatina Ritornando verso il Cortile Maqueda, sulla destra troviamo le Sale del Duca di Montalto. Dal grande oblò in fondo alla scala sulla destra, possiamo ammirare le mura urbiche della Palermo del V secolo a. C. con la splendida postierla ad arco e, davanti a queste, la successiva fortificazione del III secolo a. C. Rinvenimenti recenti che hanno contribuito a comprendere meglio la topografia antica della Città. Da un fornice alle Sale, torniamo all'aperto sul grande viale che ci porta verso il Bastione, facente parte del sistema difensivo della Palermo del XVI secolo, sistemato nel modo attuale, dopo varie trasformazioni, nella seconda metà del XIX secolo. Delle quattro torri normanne originarie (la Greca, la Chirimbi, la Pisana, la Gioaria) oggi rimangono solo le ultime due, di forma quadrangolare. Oltre alla Cappella Palatina, le parti di costruzione attribuita ai normanni sono quindi la Torre Pisana e la Torre della

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Gioaria. L'ala rinascimentale ospita al piano inferiore la sala degli Armigeri e al piano superiore, il cosiddetto "Piano parlamentare". In questo piano del palazzo si trovano inoltre la Sala d'Ercole, attuale aula parlamentare dell'Assemblea regionale siciliana, la Sala Gialla, la sala Rossa e la Sala dei Viceré. Le sale sono collegate alla cosiddetta cripta da due scale laterali. La cripta è in realtà una chiesa di ispirazione bizantina costituita da un vano a pianta quadrata sottostante al presbiterio, suddiviso da due colonne di pietra e caratterizzato da un'ampia abside centrale e da due absidi laterali di dimensioni più contenute. Nella parte posteriore del palazzo, al pianterreno, vi sono le sale del duca di Montalto, oggi sede di mostre ed esposizioni, da cui si accede agli scavi sotterranei. Vi sono inoltre due cortili interni con colonnati: il cortile Maqueda con tre loggiati, dove si affaccia al primo piano la Cappella Palatina, e il cortile della fontana. Siamo affacciati sul cortile Maqueda circondato da un portico e da due ordini di loggiato. La Torre dei Venti, la cui copertura non è quella originale dell'epoca, una cupola tipica dello stile arabo-normanno, bensì quella voluta da Vittorio Amedeo di Savoia, Re di Sicilia dal 1713 al 1720, per dare più luce all'ambiente. La rosa dei venti in cima al soffitto dà il nome alla Sala. Da questa, salendo pochi scalini, si accede alla Torre Pisana, la seconda delle quattro grandi torri del Castello, oggi ufficio del Presidente dell'Assemblea Regionale Siciliana. Dalla porta di fronte alla sala di Ruggero si passa agli Appartamenti della Regina. Uscendo attraversiamo la Sala di Archimede, il cui nome viene dalla statua dedicata al grande matematico, e scendiamo per lo scalone d'onore. Scendendo al primo loggiato troviamo il gioiello normanno per eccellenza: La Cappella Palatina. Ritornando verso il Cortile Maqueda, sulla destra troviamo le Sale del Duca di Montalto. Dal grande oblò in fondo alla scala sulla destra, possiamo ammirare le mura urbiche della Palermo del V secolo a. C. con la splendida postierla ad arco e, davanti a queste, la successiva fortificazione del III secolo a. C. Rinvenimenti recenti che hanno contribuito a comprendere meglio la topografia antica della Città. Da un fornice alle Sale, torniamo all'aperto sul grande viale che ci porta verso il Bastione, facente parte del sistema difensivo della Palermo del XVI secolo, sistemato nel modo attuale, dopo varie trasformazioni, nella seconda metà del XIX secolo.

Sala di Ruggero

Le decorazioni sono dovute però al figlio Guglielmo I detto anche "Il Malo". Aveva una pianta rettangolare, dotata di nicchie sui lati minori ed entrati nella sala si possono vedere subito i rivestimenti di marmo sul pavimento e sulle parti inferiori delle pareti. Aveva una pianta quadrangolare con delle nicchie sui lati. Come già detto prima, Guglielmo I fece rivestire il resto delle pareti con mosaici raffiguranti non solo animali mitologici, ma anche animali più esotici, scene di caccia e piante. Per quanto riguarda gli animali si sta parlando di leopardi, cervi, pavoni, cigni e centauri e in cima al soffitto troviamo un'aquila che è il simbolo del potere normanno.

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Al centro della stanza abbiamo un tavolino, le cui gambe riproducono le zampe di un ariete e il rivestimento non è in marmo come sembra ma è una sezione di sequoia fossilizzata.

Sala d'Ercole

Giuseppe Velasco (detto Velasquez) tra la fine del XVIII secolo e gli inizi del XIX secolo fece decorare le pareti con le 12 fatiche di Ercole, utilizzando la tecnica della "monocromatica". Sulla volta sono visibili la "nascita", la "morte" e la apoteosi del mitico eroe Greco. Il Parlamento regionale (ARS) esercita il potere legislativo previsto dallo Statuto autonomo siciliano e rappresenta il primo parlamento italiano e uno dei più antichi d'Europa.

Sala dei viceré

Inizialmente fungeva da ingresso agli appartenenti di rappresentanza ed era detto Salone degli Alabardieri. In ordine cronologico, sono raffigurati i ritratti dipinti da più noti pittori dell'epoca. Tra i più famosi si ricordano il Viceré Domenico Caracciolo, cui si deve l'abolizione in Sicilia della Santa inquisizione nel 1782. I simboli dell'Aquila e della Trinacria sono opera di Francesco Gregorietti e simboleggiano la Sicilia e il Senato palermitano.

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Sala pompeiana

Il nome della Sala deriva dai dipinti di Giuseppe Patania (1780 - 1812). Egli la decorò nel 1830 rifacendosi ai modelli Pompeiani tipici del Neoclassicismo. Il trionfo di Eros e Venere è il soggetto cui si riferisce tutta la decorazione della Sala. Nel medaglione centrale Venere viene raffigurata circondata dagli amorini, mentre le soprapporte e le specchiature delle pareti raffigurano scene mitologiche riferite alla Dea, intercalate da da ghirlande e candelabre. Intorno al soffitto corre un fregio con puntini lucenti tra mascheroni retti da doppie colonne che racchiudono cornucopie, trofei di caccia e vasi cono fiori. Si distingue per la raffinatezza degli arredi che risalgono alla fine del XVIII e XIX secolo. La consolle, i divani, le panche e i tripodi furono realizzati da ebanisti siciliani in legno d'abete intagliato.

Sala degli ex presidenti

Interessante è la scoperta di complesse realtà archeologiche inerenti differenti fasi storiche, ancora in attesa di ufficiali datazioni.

Sala dei venti

E' uno tra i più suggestivi ed affascinanti ambienti del Palazzo Reale, facente parte della torre “Joharia”, ed antistante la sala di Ruggero. Oggi è coperta da un soffitto ligneo settecentesco al cui centro spicca la rosa dei venti ed è da qui che prende il nome la Sala. Originariamente la Sala era il cortile pensile dove si affacciavano le stanze dell'appartamento privato del sovrano e che immetteva nella loggia aperta sul panorama della città. I tre portali col fregio mosaicato sono rifacimento di quelle originali. All'interno della Sala troviamo delle preziose cassapanche in noce scolpite e intagliate e una coppia di panche di stile quattrocentesco arredano la Sala.

Sala Duca di Montalto

In prossimità della sala d'onore, prima del cortile Maqueda, si accede alle Sale Duca di Montalto, dipinte nella prima metà del XVII secolo da Pietro Novelli, Gerardo Astorino e Vincenzo La Barbera. In fondo troviamo un affresco di Gerardo che raffigura una riunione del parlamento siciliano nel XVII secolo. Di Pietro Novelli, sopra l'oblò che consente una suggestiva visione dall'alto delle mura puniche, è la grande opera che raffigura Pietro Moncada a cavallo, testimonianza dell'alto livello decorativo dell'ambiente sotto Ferdinando III di Borbone.

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Corridoio Mattarella

Il corridoio è arredato con sette consoles in legno laccato e fregi dorati con piani in marmo bianco, dodici panchette in legno intagliato e laccato con fregi dorati di fattura siciliana del secolo XIX e sei specchi con cornice dorata si manifattura francese, secolo XIX.

Sala di Archimede

Prima di entrare in Sala d’Ercole sulla sinistra si trova la grande statua in bronzo (alta 182 cm), raffigurante Archimede, opera dell’artista palermitano Benedetto Civiletti, eseguita nel 1893 su commissione di re Umberto I; il gesso della statua si trova alla Gipsoteca di Palazzo Ziino e fa parte della collezione di opere donate dagli eredi dell’artista.

Sala Cinese

Si ammira la Sala Cinese, decorata dal palermitano Giovanni Patricolo, autore dei decori della Reale Tenuta di Caccia di Re Ferdinando di Borbone e della Regina Carolina, detta Palazzina Cinese. Tutto si ispira alla moda orientale del tempo, anche il lampadario in bronzo con i campanelli; è da ricordare che Re Ferdinando era molto superstizioso e la presenza dei campanelli anche nei decori, allontanava gli spiriti maligni, (osservare la cancellata della Palazzina cinese arricchita di campanelli che tintinnano al vento). Tre i tavoli da muro in legno laccato ed intagliato di manifattura Siciliana con ripiano di marmo rosso di Francia realizzate da maestranze Siciliane decorate da Antonio Catalano. I due tavolini “a vela” da the in legno laccato nero con decori in lacca dorata, il piede a fusto centrale è ornato da tre draghi alati. Il paliotto ricamato a fili d’oro e d’argento su velluto bordeaux è un pregevole esempio di artigianato siciliano del secolo XVIII, è inserito nel bancone del bar riservato ai Parlamentari. I vasi in porcellana cinese con coperchio sormontato da figura di felino orientale, chiamato Pho.

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Bibliografia: - Palermo storia ed arte, Pietro lo Monaco, Palermo; - Itinerario dentro e fuori le mura della città, Adriana

Chirco, Palermo, 2005 - Libro ufficiale ARS "palazzo dei Normanni", edizione

orbicolare, Palermo. - Libro ufficiale ARS "sala d'Ercole", Pietro Lo Monaco e

Silvia Occhipinti, Palermo - Argan, Giulio Carlo Argan

Vincenzo Gurrieri, Antonio Ciacciofera, Renato Di Vuolo, Giuseppe Cascio, Tullio Lotti ,Vittorio Di Giorgio