La nuova ‘Metropolis’ della globalizzazione · della globalizzazione La sacrosanta distinzione...

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La nuova ‘Metropolis’della globalizzazione

La sacrosanta distinzione tra etica della convinzione ed etica del suc-cesso discende da un’antica utopìa: quella dell’avvento di un’umanitàaltera, rigenerata, perfetta. Chi vuole ottenere successo, in generalecerca un punto d’incontro con i gusti e le tendenze delle masse, men-tre chi segue seriamente una convinzione profonda mira a obiettivipiù lontani e distanti, sollevando il ‘collo’ della razionalità al di sopradella ‘foresta’, come le giraffe. Latendenza, o lo strumento, di un’eticadella convinzione è dunque l’esteti-ca: la teorizzazione ‘fotografica’ diun ‘sogno espressionista’, o qualcosadel genere. Chi, invece, ragionasecondo un’etica del successo apparemaggiormente realista, analizzaalcune movenze di fondo della socie-tà e le asseconda, più raramente lemodifica, mutuandone la forma alfine di ‘differenziarle’, rigenerando-le. Ora, sotto il profilo filosofico, ilproblema che si pone è il seguente:chi tende a compiacere le masse con‘belle parole’ non solo compieun’opera di corruzione, ma trascinaverso il basso l’intera società, propo-nendo modelli e riti sempre più falsi, o quanto meno ambigui, alla col-lettività. Ma assuefarsi alla menzogna, alle ipocrisie, alle vuote ritua-lità può nascondere finalità atterrenti, come dimostrato dal fonda-mentalismo islamico o, più in generale, dall’integralismo religioso.Per tali motivi, lo ‘spunto’ che proponiamo in questo primo numerodel 2017 di ‘Periodico italiano magazine’ non è affatto casuale: l’este-tica non è estranea all’etica, bensì ne è parte integrante e indissolu-bile. Sotto il profilo sostanziale, possedere una convinzione differen-zia molto il singolo individuo dalla massa, rendendolo rappresentan-te di una ‘crisi della crisi’. Quest’ultimo è un concetto molto presentetra le coscienze più avvertite del mondo intellettuale, poiché ci si èaccorti che l’innovazione tecnologica in atto ‘scavalca’ le vecchie ‘figu-re di crisi’, sgombrando il campo da questioni e problemi al fine diesautorarli. Si tratta di una modificazione ‘spiazzante’, di un’imprevi-sta tendenza utopistica della globalizzazione, la quale sta generandouna realtà a due facce, totalmente contrastanti tra loro: da una parte,quella dell’avanguardia tecnologica; dall’altra, quella assai più foscadella scomparsa di numerose specializzazioni e mansioni. L’avventodell’epoca digitale ha già causato il declino di alcune professioni,come per esempio quella del fotografo. Anche in questo caso, non si è

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Io credo, ma in cosa?Credere implica un atto di fede; sapere, uno di verità. Credere è oggi anchelibertà individuale, di distaccamento da verità precostituite. Il sentirsiuomo o donna è per il transessuale una verità, la quale non corrisponde alsentire comune, che tende a raggruppare le cose in categorie spesso moltogenerali, polarizzate, veramente poco esaustive. Una delle categorieumane più credenti è per esempio quella degli scienziati, i quali per ovvieragioni di tempo sono obbligati a compiere numerosissimi atti di federiguardanti la validità di molti esperimenti del passato, senza perciòdoverli uno a uno di nuovo ripetere personalmente. Ma il confine tra sog-gettivismo e oggettivismo, tra credenza e verità è cosa tutt'altro che sem-plice da delineare. Prendiamo l'amore: un uomo che ami per esempio duedonne contemporaneamente è un bugiardo? Possiamo rispondere no, sevalutiamo la questione secondo il principio del Poliamore, una corrente dipensiero relativamente recente che all'ipocrisia d'una relazione monoga-ma, intrisa di tradimenti, preferisce l'onestà d'un amore dichiaratamentenon esclusivo. Chiaramente, chi abbraccia tale dottrina non crede che larelazione monogama sia sbagliata in quanto tale, ma che sia essenzial-mente disonesta e lacerante per l'individuo, costretto a dover reprimere ocoltivare di nascosto i suoi sentimenti verso una terza o quarta persona.Ovviamente, qui entra in ballo ciò che il singolo desidera per sè, per la pro-pria serenità. Persino il non credere è stato codificato in atto di fede indeterminate realtà del mondo. È ciò che è accaduto in Cina negli ultimianni, con l'avvento di Xi Jinping come nuovo segretario del Partito comu-nista cinese. Egli ha sottolineato, molto di più rispetto al passato, che l'es-sere comunisti implica necessariamente l’essere atei e ha creato ad hocuna dichiarazione formale di ateismo: una fede nella non fede. Qui si ètrattato di un’imposizione. Ma anche la libera scelta ha i suoi risvolti oscu-ri. Ne sono un esempio le sette, che spesso si tramutano in forme di condi-zionamento che conducono all’omicidio o al suicidio collettivo. Per non par-lare di quelle ‘alla moda’, quali è Scientology. D’altronde, come non diffida-re dall’idea di un ‘pacchetto base’ del valore di 25 mila dollari che guidaverso la ‘via dell'illuminazione’ i suoi adepti? O, per meglio dire, disassem-bla lo schema mentale dell'individuo e lo sostituisce con un altro che negarantisce il pieno controllo da parte dell’organizzazione e lo rende imper-meabile agli influssi esterni. È il tentativo di riallacciare quel filo nascostofra noi e l'universo, di sentirci parte del tutto. Le ‘scuole di pensiero’, in talsenso sono molteplici e ampliano all’infinito la scelta di uno stile di vita,dall’educazione impartita ai figli (scuole montessoriane o staineriane?)all’alimentazione, alle cure mediche (omeopatia, agopuntura o meglio unantidolorifico da banco?). In questo momento storico, la libertà di espres-sione ha raggiunto il suo apice: è vero tutto e il contrario di tutto. Ognunoesprime la propria idea come verità. È l’elevazione dell’uomo comune aimassimi vertici, la fine della ricerca di ogni risposta di senso, perché siamonoi, con le nostre convinzioni, a darci un senso: quello di essere nel giustoe condannare ferocemente chi la pensa diversamente. L’espressione:“Secondo il mio modesto parere” è superata. Dimenticate la modestia, nonè di questi tempi. È stata battuta dall’intolleranza.

ANDREA TERMINI

storiadicopertina Ognuno detiene la propria verità>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

trattato della scomparsa degli aspetti di ‘abilità’ o di virtuosismo arti-stico, teorico ed estetico, di tale professione, bensì del suo ‘mercato’nei suoi aspetti più strutturalmente artigianali, consumistici, com-merciali. L’avvento di una nuova tecnologia è riuscita, insomma, a‘scavalcare’ il prodotto stesso, rimpiazzandolo con un altro a bassocosto. Di qui, sorge una constatazione: lo sviluppo tecnologico nonpersegue affatto l’incremento delle opportunità o la nascita di nuovimercati, bensì quello della marginalità dell’occupazione lavorativa.In sostanza, il progresso vorrebbe liberare l’uomo dalla schiavitù dellavoro, ma dopo aver individuato tale obiettivo di prospettiva, dimen-tica di dover dare una nuova ‘forma’, una modalità, un ‘come’, aidistinti ‘passaggi intermedi’ del processo produttivo. Ecco spiegatoperché torna assai comoda la ‘chiave’ interpretativa della vecchia cul-tura socialista del ‘900, che non è affatto un ‘cane morto’: al contrario,essa è la sola tradizione in grado di avvertire l’umanità dei pericoli di‘antitesi negative’ che possono derivare da uno sviluppo disordinato o‘malgovernato’. Parafrasando Pasolini: uno sviluppo distante interegalassie dal vero progresso. Fu esattamente questa l'intuizione diFritz Lang allorquando immaginò una grigia realtà industriale:un’ispirazione che lo condusse a dar vita al geniale film ‘Metropolis’.La ‘crisi della crisi’ sostanzialmente salta a più pari ogni mediazione,eliminando, anche e soprattutto sul versante ‘aziendalista’, ogni pos-sibilità di un nuovo ‘contratto sociale’. In pratica, la ‘crisi della crisi’è la ‘vera crisi’, poiché in essa non vi è alcuna alternativa, nessunapossibilità di organizzare una risposta efficiente. E ciò rende necessa-rie, se non addirittura urgenti, nuove ‘sintesi’ di compromesso.Ovvero, una nuova ‘etica del successo’, in grado di organizzare unarisposta ai radicalismi più irrazionali e astratti. La convinzione chelo sviluppo tecnologico porti a radiose ‘albe’ di progresso rischia didiventare un obiettivo rimandato ‘ad libitum’, poiché ciò che rendemaggiormente umana ogni etica è proprio la sua capacità di far rife-rimento a categorie reali, non certo di andare a generare l’apocalissedella noia e della disoccupazione di massa. L’umanità ha dunque biso-gno anche di un’etica ‘altra’: quella del successo. La quale, se utilizza-ta correttamente, ha il pregio di determinare un limite nei confrontidi ciò che può condurci, pur in buona fede, verso ulteriori ‘disastri’.Proprio l’etica del successo è ciò che andrebbe rianalizzata e mutua-ta in quanto metodologia, poiché ha il merito di ‘fissare’ materialmen-te ogni tendenza, rendendola più vicina alle aspettative e ai bisognidelle masse. La ‘nuova Metropolis’ della tecnologia rischia di trasfor-marsi in un processo già compiuto, nel quale nulla di diverso puòaccadere sotto la coltre della propria ‘inumanità’. Lo sviluppo, seassunto come unica ‘stella polare’ di orientamento, può assumere con-notati eccessivi, enfatici, persino angoscianti. Ma sotto il profilo del-l’organizzazione di una ‘risposta politica’, in certi casi è sempre buonacosa moderare il processo, facendolo passare attraverso formulazionidi ‘sintesi’ meno vaghe, più precise e definite, comprensibili e utili pertutti. Diventando successo.

VITTORIO LUSSANA

editoriale L’umanità ha bisogno di un’etica ‘altra’>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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36 Ausonia: “Il fumetto è vitale”Una graphic novel nella quale il classico tema del passaggio dall'infanzia vira verso un mondo disseminato di 'delicati zombie'

38 Favole prêt- à- porterMarcella Panseri ha creato una piattaforma web attraverso la qualeè possibile commissionare una novella personalizzata

40 Jocelyn Pulsar“Il low budget è una risorsa”Uno degli artisti più interessanti del panorama indie italiano

42 Musica NewsGuida all’ascolto

44 Arte NewsLe mostre del momento

46 Libri&LibriNovità in libreria

48 Nuovi universi cinematograficiLa nuova moda di Hollywood è quella dei vasti contesti narrativi in cui i vari avvenimenti di un film influenzano le vicende narrate in pellicole successive

Il 27 gennaio si rinnova l’appuntamentocon la giornata dedicata alle vittimedell’Olocausto: un’occasione per avvici-narsi alla storia della comunità ebraicaitaliana ed europea

Costruire la memoria

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Anno 6 - n. 24 - Gennaio 2017

Direttore responsabile: Vittorio LussanaVicedirettore: Francesca Buffo

In redazione: Gaetano Massimo Macrì, Carla De Leo, Giuseppe Lorin, Michela Zanarella, Dario Cecconi,Annalisa Civitelli, Serena Di Giovanni, Ilaria Cordì ,Silvia Mattina, Giorgio Morino, Michele Di Muro, Clelia Moscariello, Andrea Termini, Raffaella Ugolini

REDAZIONE CENTRALE: Via A. Pertile, 5 - 00168 Roma - Tel.06.92592703Progetto grafico: Komunicare.org - Roma

Editore Compact edizioni divisione di Phoenix associa-zione culturale - Periodico italiano magazine è unatestata giornalistica registrata presso il RegistroStampa del Tribunale di Milano, n. 345, il 9.06.2010

PROMOZIONE E SVILUPPO

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Secondo uno studio dell’Uni-versità di Detroit, pedalareaiuta a sentirsi più forti e inseri-re nella dieta cacao fondenteconsente di bruciare più calorie

sommario Anno 6 I numero 24 I Gennaio 2017

3 Editoriale

5 Storia di copertina

8 Il futuro del credereFino al 2050 il cristianesimo resterà la religione più diffusa nel mondo, ma i seguaci dell’Islam aumenteranno più velocemente di ogni altro gruppo religioso

12 La deriva egotistaRes pubblica o privata? Esiste ancora il politico che ha unicamente e principalmente lo scopo di rendere la democrazia più fruibile ed efficiente?

15 Bobo Craxi“Veniamo da un ‘ventennio’ sciagurato”

18 Il ‘buon mercato’che ha creato il consumismoI primi grandi magazzini hanno visto la luce a Parigi, alla fine dell’800. Da quella ‘merce per tutti’ nascerà anche la democrazia

21 Donna FugataRiapre con un ampio progetto di rivalutazione culturale la storica biblioteca del Castello ragusano

24 Patrizia SchiavoUna tigre in prima lineaUna grande attrice e una donna coraggiosa, che ha voluto a tutti i costi inaugurare un nuovo spazio teatrale in una realtà difficile della periferia romana

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Bicicletta& chocolat

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cano, a sua detta “sempre più ostile e quindi meritevole di un’azionestrategicamente equivalente a quelle operate dagli stessi Stati Uniticontro edifici del governo serbo, iracheno o di altre nazioni”. TheArmy of God (l’esercito di Dio), Eastern Lightning (Chiesa del DioOnnipotente), Esercito di Resistenza del Signore (LRA), FronteNazionale di Liberazione di Tripura, Phineas Priesthood, TheConcerned Christians, questi i nomi dei sei gruppi estremisti cristia-ni che hanno causato attentati negli Stati Uniti nell’ultimo trent’en-nio. Stiamo parlando di organizzazioni violente che si battono control’aborto (facendo saltare in aria ambulatori medici), la diversità digenere, le altre religioni.Certo, si tratta di ‘piccole’ organizzazioni, ma rappresentano comun-que la dimostrazione che l’estremismo e il fanatismo possonoabbracciare bandiere diverse. Anche quella, per noi italiani impen-sabile, del cristianesimo. Sul fronte europeo, comunque, la preoccu-pazione verte principalmente nei confronti degli attacchi terroristiciorganizzati dall’Is. E per quanto sia ormai assodato che soltanto unaminoranza di musulmani aderisce al terrorismo, sono in molti achiedersi quanto si diffonderanno queste comunità religiose a livel-lo globale?Attualmente le grandi religioni nel mondo sono 5: cristianesimo (2,4miliardi di fedeli), islam (1,5 miliardi di fedeli), induismo (1 miliar-do di fedeli), buddhismo (576 milioni di fedeli), taoismo (400 milionidi fedeli).Secondo uno studio redatto da Pew Research Center di Washington,uno dei più importanti think thank americani specializzati nell’ana-lisi sociale dei più incisivi fenomeni demografici, nel giro di 35 anniil mondo vedrà alcuni culti in rapida ascesa, mentre altri si avvie-ranno verso un declino sostanziale.

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i ortodossi e protestanti, mentre i fedeli dell’islam sono al secondo posto

Tra guerre sante, antiche o recenti, ed episodi di discriminazio-ne più o meno violenti, il nostro pianeta oggi ospita una gran

varietà di credo religiosi, capaci di unire (o dividere) sotto la stessafede miliardi di persone. Di fronte alle numerose polemiche nei con-fronti dei flussi migratori siamo stati abituati a pensare che la que-stione riguardi principalmente l'afflusso di musulmani. Eppure leminoranze religiose nel nostro Paese sono più di 800. Fra queste tro-viamo gruppi abbastanza piccoli, come gli Hare Krishna o i devotidel reverendo Moon che sono qualche migliaio o i fedeli diScientology che sono alcune decine di migliaia, e gruppi molto piùgrandi, come i protestanti pentecostali o i Testimoni di Geova.Questi ultimi, peraltro, sono la seconda organizzazione religiosa frai cittadini italiani dopo la Chiesa cattolica con poco più di 400milafedeli. A contraddire lo stereotipo secondo il quale l’immigrato direligione non cattolica è tipicamente musulmano, è l’Enciclopediadelle religioni in Italia pubblicato annualmente dal Centro studisulle nuove religioni (Cesnur). Fra i migranti non cattolici, infatti, èrisultato dalla ricerca che i più numerosi sono i cristiani ortodossi eprotestanti con il 46,8%, mentre i fedeli dell’islam sono al secondoposto con il 42,3%, dunque neppure la maggioranza relativa. Ciò tut-tavia, non impedisce alla politica nostrana di ‘giocare’ con la pauraterrorismo per farne un cavallo di battaglia da campagna elettorale.Difficile capire come si può ipotizzare, onestamente, che dietro a ognimusulmano (uomo, donna o bambino) si celi un probabile kamikaze.Anche perché l’estremismo non è una prerogativa dell’Islam.Secondo uno studio effettuato dal SPLC (Southern Poverty LawCenter), un’organizzazione americana che, tra le altre cose, è specia-lizzata nell’individuazione dei cosiddetti gruppi d’odio, ovvero quelleaggregazioni che propagandano idee di odio razziale o religioso, nel-l’arco di tempo che va dall’aprile del 2009 al febbraio 2015 sul terri-torio americano sempre più persone sono morte per colpa del fanati-smo cristiano, piuttosto che per quello jihadista. Secondo la ricerca,l'estremismo islamico è si pericolso ma talvolta viene esaltato pro-prio perché appartenente a una cultura diversa. Per esempio, tuttiricorderanno l’attentato alle Torri Gemelle di New York dell’11 set-tembre 2001, ma quello che molti non sanno è che il secondo atten-tato più violento della storia americana è avvenuto il 19 aprile 1995a Oklahoma City, per mano di Timothy McVeigh, ex militare, chepianificò un attentato in cui persero la vita 168 persone e altre 800rimasero ferite. Le motivazioni, secondo quanto dichiarato dallostesso McVeigh, sono da ricercare nella condotta del governo ameri-

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Il futurodel credere

Fino al 2050 il cristianesimoresterà la religione più diffu-sa nel mondo, ma i seguacidell’Islam aumenteranno piùvelocemente di ogni altrogruppo religioso

primopiano Fra i migranti non cattolici, i più numerosi sono i cristianprimopiano

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crescita. Secondo la relazione, infatti, nel 2050 i fedeli islamici pre-senti in Europa saranno solo il 10%, mentre nel 2100 dovrebberoaddirittura superare la soglia occupata dai fedeli cristiani (34%).Prospettive importanti se si pensa che ad oggi, nel mondo, i musul-mani costituiscono quasi un quarto della popolazione (23,2%) e i loroindici di crescita sembrano in costante aumento. L’islam, nel 2100,diventerà la religione con più seguito al mondo. Questa crescita glo-bale, secondo il rapporto del PRC, sarebbe dovuta alla giovane etàdei suoi fedeli e al fatto che il tasso di mortalità, tra le popolazioniche hanno fatto registrare una maggiore adesione al credo islamico,sono in netto calo. A questo bisogna aggiungere, secondo gli autori,un alto tasso di fertilità registrato tra la popolazione musulmana,rispetto ad altri gruppi religiosi.

EbraismoLa quota della popolazione ebraica dovrebbe rimanere invariata, conuna soglia vicina al 2% della popolazione mondiale. Nonostante lanatura statica della sua espansione, entro il 2050 il numero di fede-li del giudaismo sarà di circa 16 milioni (2 milioni in più rispetto al2010). Secondo il rapporto, la maggior parte dei fedeli ebraici, entroil 2050, vivrà in Israele, dove già risiede buona parte dei suoi segua-ci. Lo studio, però, come fanno notare gli autori, comprende solo ifedeli dell’ebraismo, tralasciando tutti coloro che si sentono apparte-nenti alla cultura o all’etnia ebraica per discendenza, ma che nonprofessano alcuna religione (o abbiano un credo diverso). Se si consi-derassero anche queste persone, sicuramente la stima avrebbenumeri maggiori (o minori, qualora di considerasse una discendenzaesclusiva maschile).

BuddismoDi fronte a una crescita esponenziale di fedeli cristiani, musulmanie a quella statica degli ebraici, la religione che farà registrare unnetto calo di adesioni sarà il buddismo. Questo credo, entro il 2050,è destinato a vedere calare (e di molto) il proprio seguito, a causa del-l’invecchiamento dei propri fedeli e della loro bassa fertilità.

In tutta questa proiezione sul futuro del credere, il dato più interessan-te è quello che riguarda gli atei. Il numero dei non credenti subirà ver-tiginose perdite entro il 2050. Nel 2010 la popolazione che non si iden-tificava con nessun credo era di circa il 16%, mentre, secondo la stimadel PRC, nel 2050 questi valori caleranno fino al 13%, soprattutto acausa dell’età avanzata dei seguaci e della loro bassa fertilità. Fino adora, le nazioni con un maggior numero di atei sono state la Cina, ilGiappone e gli Stati Uniti, ma nel giro di 35 anni questa tendenzapotrebbe svilupparsi molto di più in Occidente. Secondo la relazione,nei prossimi anni Paesi come il Vietnam, la Germania, la Francia e ilRegno Unito (oltre i già citati Giappone e Stati Uniti) dovrebbero assi-stere a una crescita di atei nella propria popolazione.Certo le proiezioni della ricerca sono ipotesi al pari degli exit pollpolitici, e non tengono conto di tante variabili. Ma lasciano ben spe-rare che per gran parte dell’umanità Dio esiste. Se questo salveràl’uomo da se stesso, resta un mistero.

FRANCESCA BUFFO

entro il 2050 >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Cristianesimo Rimarrà la religione più importante del mondo anche nel 2050, ma,nonostante questo, potrebbe subire un netto ridimensionamento. Nel2010 un quarto di tutti i suoi fedeli (circa il 25,5 %) abitava l’Europa,ma nel giro di 35 anni questo dato potrebbe subire un forte calo,diminuendo fino ad arrivare alla soglia del 15, 6%. L’Africa, dal cantosuo, si prepara a diventare la terra del credo cattolico, come confer-mano i dati: nel 2010 la zona dell’Africa sub-sahariana è stata popo-lata da circa il 24% dei cristiani di tutto il mondo. Una statistica cheprevede un incremento notevole entro il 2050, quando i fedeli catto-lici in quella zona diventeranno più del 38%. L’Europa sarà l’unicaregione in cui si prevede una netta diminuzione del numero di cri-stiani entro il 2050, con un seguito che dovrebbe scendere dai 553milioni di fedeli attuali fino a un minimo di 454 milioni nel 2050. Uncambiamento culturale molto significativo, che però vedrà StatiUniti e Brasile rimanere tra i 10 Paesi al mondo con la maggior con-centrazione di fedeli cristiani. In netto calo, invece, Messico, Russia,Germania e Cina, con queste ultime due che nemmeno appaiononella breve classifica. I cambiamenti più importanti coinvolgerannoRegno Unito, Australia, Benin, Bosnia-Erzegovina, Francia, PaesiBassi, Nuova Zelanda, Macedonia, che non avranno più, tra la pro-pria popolazione, una maggioranza cristiana.

IslamNonostante le previsioni dicano che nel 2050 il cristianesimo sarà,con tutta probabilità, ancora la religione predominante sul pianeta,è nel 2100 che la religione musulmana raggiungerà l’apice della sua

primopiano Il numero dei non credenti subirà vertiginose perdite eprimopiano>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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mo la similitudine con il cartone giapponese‘Holly e Benji’, vero e primo esempio di indivi-dualismo ‘superomistico’ all’interno di un giococollettivo e di squadra. Procediamo, dunque,con cautela, perché vorremmo analizzare alcu-ne questioni che l’anno appena trascorso halasciato in sospeso, a cominciare proprio dal ter-mine individualismo, ovvero: una prospettivasociale o più banalmente un’ideologia e posizio-ne morale, che eleva il soggetto singolo a unaposizione differente dai propri simili.Queste nostre premesse vertono a sollevare ildubbio che molti nostri esponenti, che hannooccupato la scena mediatica e politica nel 2016,abbiano ‘travisato’ il concetto di individualismo,rendendosi autonomamente portavoce di unsistema rivolto direttamente al popolo stesso. Ècioè possibile che sia stato frainteso il significa-to intrinseco della parola ‘individualismo’?Herbert Marcuse sosteneva che la società ide-ale era quella che aveva panchine a uso singo-lo, ovvero il momento storico preciso nel quale ilcarattere privato del soggetto alimenta la fun-zione pubblica. Dopo decenni, però, il luogoprincipale delle libertà individuali è divenutouna sorta di verticismo che ha semplicementespettacolarizzato la politica, svuotandola dicontenuti.Dopo il trauma della contestazione ‘sessantotti-na’ e il rigetto degli ‘anni di piombo’, renderefigura politica chi prima era visto solo comesemplice individuo è sembrata a molti una solu-zione per avvicinare la politica all’uomo comu-ne. Ma con il procedere degli anni, questa ‘fami-liarizzazione’ ha portato al sopravvento dell’in-teresse privato rispetto alla cosa pubblica.E proprio il 2016 è stato l’anno in cui, più cla-morosamente del solito, vi è stato il declino disecoli di politica. Due sono state le figure prin-cipali che hanno sconvolto e stravolto ogni pre-supposto storico-filosofico, rendendo esplicito ilconcetto individualistico della politica: l’ex pre-mier, Matteo Renzi e il portavoce, nonché unodegli esponenti principali del Movimento 5Stelle, Beppe Grillo. Nonostante il loro ruolo difigure centrali della politica italiana, entrambi,dal nostro punto di vista, sono i più chiari esem-pi del narcisismo politico italiano.Matteo Renzi, il rottamatore, ha convinto gliitaliani grazie ad alcune premesse iniziali,basate sul voler riportare il ceto politico a toc-

care con mano la vita di tutti i giorni. Premessee promesse colme di dialettica retorica, dato chea soli due anni dalla sua ascesa, il popolo nonl’ha più sostenuto durante la sua campagnaelettorale referendaria, costringendolo, comesappiamo, alle dimissioni. Ed è proprio l’episo-dio delle dimissioni che convince l’italiano arendersi conto che, oggi, il termine collettivitàha lasciato il posto all’individualismo più mali-gno e autoreferenziale: “Il mio governo fini-sce qui; mi assumo tutte le responsabilità dellasconfitta; dico agli amici del Sì che ho perso io,non voi; voi volevate riavvicinare i cittadini allacosa pubblica e avete fatto una campagna elet-torale casa per casa, voi non avete perso”. Leparole sottolineate indicano come, in pochefrasi, il punto centrale sia sempre l’ex premier,Matteo Renzi: non la sua squadra, non il suogoverno, ma se stesso. Alla luce dei fatti, è comese l’intero gioco fosse stato condotto unicamen-te da una singola figura. Eppure, sappiamo cheil referendum costituzionale è stato promosso esostenuto anche dall’attuale Sottosegretarioalla presidenza del Consiglio, Maria ElenaBoschi, la quale pochi giorni dopo è stata ricon-fermata nell’attuale Governo Gentiloni. “Io hoperso; dopo ogni elezione resta tutto com’è; iosono diverso: non sono riuscito a portarvi allavittoria; ho fatto tutto quello che si potesse farein questo momento storico”. Effettivamente, giàle parole pronunciate da Renzi lasciano pocospazio alla libertà di percezione alle possibiliidee di colui il quale dovrebbe fruire del ‘mes-saggio’ politico, rendendo così la comunicazionea senso unico, prettamente individualista: uncontinuo ‘Renzi-to-Renzi’. Veniva definito “over-chiever”, ovvero un quarantenne che non cono-sce dubbi o solitudini. Uno ‘figo’, verrebbe dadire. Ma, alla fine, la solitudine è arrivata pro-prio allo ‘scoccare’ della mezzanotte dello scorso5 dicembre, quando dopo aver abbracciato lamoglie Agnese, è salito sul proprio ‘pulpito’ el’unica cosa che è rimasta chiara del suo discor-so è stato il pronome personale ‘Io’.Anche Beppe Grillo, il ‘comico-politicante’ e‘bloggista’ per eccellenza, ha fatto dell’indivi-dualismo la propria filosofia di vita. Forse hapreso gusto nell’isolamento quando, alla lucedei recenti scandali del proprio movimento edopo la prematura scomparsa del managerRoberto Casaleggio, il movimento a cinque stel-

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rtito: è il sintomo di una ‘governance’che mette al primo posto l’io e perde per strada il ‘noi’>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

Il 2016 è stato, senza alcun dubbio, l’annodella confusione, in cui è emerso il vero indi-

vidualismo della classe politica italiana.Partito democratico e Movimento 5 Stellesono stati i punti cardine attorno ai quali l’eser-cizio del res publica (la gestione della cosa pub-blica) ha giocato una partita non proprio sem-

plice, ma forse neanche troppo onesta. Per fareuna similitudine, pensiamo a un giocatore dicalcio che, invece di condividere e affrontare gliavversari insieme ai compagni di squadra, deci-de di attraversare il campo in completa solita-ria ‘dribblando’ tutti gli avversari.Simpaticamente, per i meno giovani azzardia-

politica Rottamano, espellono, il loro credo prevale su quello dei compagni di par>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Res pubblica o privata? Il dubbio è sorto, di conseguenzaanche la domanda: esiste ancora il politico che ha unica-mente e principalmente lo scopo di rendere la democraziapiù fruibile ed efficiente?

La derivaegotista

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uggestione di creare una società nuova, tende soprattutto a distruggere e contestare quello che c'è>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

Bobo Craxi:“Veniamo da un ‘ventennio’ sciagurato”

Nei giorni del 17esimo anni-versario della morte di

Bettino Craxi, in una fase politicache sembra aver perduto ognibussola di orientamento ideologi-ca, valoriale e sociale, abbiamointervistato il figlio del grandeleader socialista, Bobo Craxi, alfine di aiutarci ad analizzare que-sto stravagante ‘piano inclinato’che, dalla fine della primaRepubblica, sembra inesorabil-mente trascinare la democraziaitaliana verso una disordinataderiva demagogica di leaderismoirresponsabile e, soprattutto,totalmente incompetente nelrispondere alle grandi emergenzedella società attuale.

Onorevole Craxi, il crollodelle ideologie del 1989, allafine sembra aver causato con-seguenze nefaste: da unaparte, la caduta del comuni-smo pare abbia trascinatocon sé anche le versioni noncoattive del socialismo; dal-l’altra, sembra aver dato il vialibera a integrismi religiosiche, con una superpotenzacome l’Urss, in precedenzasembravano maggiormentesotto controllo: è così?“È così. E le conseguenze di que-sto dissolvimento delle vecchieincrostazioni ideologiche la vedia-mo, innanzitutto, nell'inedita sal-datura tra le visioni più estreme

Parla il figlio del grande leader socialista, a 17 anni dalla scompar-sa: “Questa società, totalmente priva di valori ideali e contenuticoncreti, è il risultato di un cambiamento violento, che ha finito conl’indebolire la nostra democrazia, ormai esposta a gravi rischi”

che gli ‘ismi’ stessi avevano gene-rato. Ma non sono solamente leversioni più fanatiche dei detta-mi religiosi a influenzare tantaparte dell'oriente e dell'occidente,ma anche le stesse dottrine eco-nomiche liberali, che hanno finitoper generare ottuse visioni ‘neo-monetariste’ le quali, a loro volta,hanno danneggiato le società ereso pressoché inespugnabili que-sti ‘castelli’ costruiti su delle cer-tezze che non hanno trovato rea-lizzazione nella realtà. Più omeno, quello che è accaduto airegimi ideologici totalitari.Inoltre, la saldatura fra antichiestremismi, di destra e di sini-stra, ha prodotto, in Europa, quel-la pulsione che noi per comoditàdefiniamo ‘populista’: un impastoinedito e pericoloso di fanatismi‘pre-rivoluzionari’, senza visioneideale o la suggestione di creareuna società nuova. Un atteggia-mento votato soprattutto adistruggere e contestare quelloche c'è”.

Rispetto a un mondo sugge-stionato da utopie, da quellacomunista a quella neo-liberi-sta, si è passati a un pianetaglobalizzato, in cui l’econo-mia domina assai più diprima rispetto alla politica:nessuno, in occidente, credepiù a niente?“Innanzitutto, non si crede alla

possibilità che questa società sianelle condizioni di rispondere alledomande che vengono poste, dirisolvere temi e problemi daiquali si sente quotidianamenteaccerchiata. La perdita di poten-za economica della società occi-dentale ha prodotto anche lacaduta dei suoi valori e la consa-pevolezza delle conquiste ottenu-te, che non sono più consideratesufficienti e adatte ai tempi chestiamo vivendo. Non è il disincan-to che muove questa nuova condi-zione umana, quanto l'assenza disperanza o di ‘utopìa’, che è statasempre una grande risorsa idealeper l'uomo di ogni secolo”.

Il suo punto di vista suirecenti attentati di Berlino eIstanbul: quanto siamo vicinia uno scontro di civilità?“Io rifiuto questa visione ‘secca’ esemplificata con la quale si sono

le sembra aver perso la ‘strada’. Tralasciandogli scandali di Parma, delle giunte del napole-tano o gli abusi di potere in Sicilia, il comico haritirato il braccio nel momento dell’aiuto. Ciriferiamo alla questione romana e alla sindacaVirginia Raggi, che lasciata sola ha perso leredini del problema. A differenza del tanto malsopportato Renzi, Grillo però nei discorsi utiliz-za sempre la parola “noi”, quasi a voler indica-re che, in fondo, è anche lui parte del gruppo.Tuttavia, dal movimento giungono, troppospesso, le voci, separate e confuse, dei numero-si ‘lupi solitari’, Di Battista e Di Maio sopra atutti. Mentre Grillo sembra anch’egli via viatentato dal voler portare avanti la battagliapolitica come primo e unico condottiero, anchein Europa.In ogni caso, i due esempi che abbiamo volutomettere in evidenza sono il frutto di una socie-tà che pone al centro l’individuo, sia esso lega-to alla familiarità privata o a una visione della

cosa pubblica. E questo è uno dei segni più sug-gestivi del grande problema della società stes-sa, nella quale essere parte di un gruppo èdiventato sempre più una rarità. Il nostro pro-cesso degenerativo porterà l’essere umano aessere solo davanti alla propria quotidianità equesto suo status viene riflesso improrogabil-mente sulla politica? La domanda è voluta-mente provocatoria e radicale, poiché sappia-mo che, in caso di schiacciamento della realtàcollettiva di fronte al ‘trionfo’ del privato,prima o poi genera una risposta contraria percontraccolpo. E viceversa, come dimostrato sto-ricamente dalle vecchie democrazie socialistedell’est europeo. La questione vera, infatti, èun’altra: non è forse vero, come affermavaUmberto Eco, che il continuo evolversi dellasocietà è, di per sé, un’involuzione? Dalla poli-tica alla vita, forse dovremmo riflettere, intor-no a un problema così profondo.

ILARIA CORDÌ

Politica La pulsione ‘populista’è un impasto pericoloso di fanatismi che, con la su>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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letti gli eventi che hanno caratte-rizzato questo inizio di secolo.Ritengo, invece, che molti fattisiano il frutto di un più ampio‘riposizionamento’ delle potenzeregionali, frantumate dall'esitodella prima e della seconda guer-ra mondiale. Antiche civiltà, cul-ture e imperi tendono a riemerge-re, poiché è nella natura di questipopoli riguadagnare il fasto per-duto. Ciò vale tanto per l'anticoimpero ottomano, quanto perquello persiano. Lo scontro vero,semmai, è quello interno almondo musulmano e al colpevoleritardo con il quale esso è arriva-to all'appuntamento con il mondomoderno e la globalizzazione,verso la quale ha opposto unachiusura conservatrice e un orgo-glioso, quanto incomprensibile ainostri occhi, ripiegamento sulleproprie tradizioni e costumi”.

Perché lei crede, ancora oggi,nel socialismo? E in qualetipo di socialismo?“A ‘botta calda’ sono sempre ten-tato di dire si: credo in una sinte-si moderna dell'antica dottrina ofilosofia morale e politica che fu ilsocialismo. Tuttavia, ritengoanche che non si tratti di avereuna visione palingenetica dellasocietà, né tantomeno quella diritenere, come riteneva Marx, cheil socialismo possa essere “ilregno di Dio senza Dio". Penso,invece, che una visione democra-tica e sociale in grado di unire ilvalore della giustizia con quellodella libertà continui a essereuna felice sintesi di ciò che noicontinuiamo a definire una socie-tà contentente elementi essenzia-li del socialismo moderno”.

Il Psi può ancora svolgere unruolo sul quadrante dellapolitica italiana, oppure èdestinato a confluire definiti-vamente nel Pd?

“Io continuo ad augurarmi chesia possibile rendere giustizia aquesta grande Storia mondiale,europea e italiana, offrendo unaforza politica che sia degna diquesto passato. Abbiamo attra-versato per vent'anni un enormedeserto: qualcuno di noi ha resi-stito; altri si sono arresi e si sonofermati negli accampamenti cheoffrivano acqua e viveri. Fra que-sti, c'era anche il Partito demo-cratico, ma sotto quella ‘tenda’ mipare che, allo stato, non vi sia lospazio in grado di riconoscere alsocialismo italiano il ruolo chemerita. In ogni caso, un Partitosocialista satellite del Pd nonserve a nessuno: o riacquisisce ildono nell'autonomia, oppure èdestinato a mal vivacchiare, comeè accaduto in questa legislatura ei problemi e le fratture sono stateinevitabili. Penso che stiamogiungendo a una svolta e tutte leforme di dissenso presenti nelPartito, mi auguro che possanouscire allo scoperto”.

Un giudizio sulle vicende delMovimento 5 stelle: la nascitadi una forza politica cosìmagmatica e carica di con-traddizioni è anch’essa fruttodel crollo delle ideologie?“Per quanto contraddizioni e sin-golari piroette abbiano costellatola vita del Movimento, esso parerappresenti, nella scelta degliitaliani che voteranno, la forzapiù importante del Paese. Sonole forze politiche che contestanoquesto sistema che, in questomomento storico, stanno preva-lendo. Di tutte le ricette perpoter contrastare questo rischiodi deriva confusionaria, ritengoche quella di inseguirli sul loroterreno, come ha cercato di fareMatteo Renzi, sia stata la scel-ta la peggiore. Non si esauriràin fretta questa stagione, ched'altronde è l'inevitabile conse-

guenza di un ‘ventennio’ sciagu-rato”.

Nei prossimi giorni ricorreràil 17esimo dalla scomparsa disuo padre: lei crede che, asuo tempo, sia stata fattaricadere ogni causa della cor-ruzione italiana unicamentesui Partiti della primaRepubblica?“Quello di vent'anni fa fu uncambiamento violento, operatoper ragioni politiche. Per quantooneroso fosse il costo della ‘demo-crazia dei Partiti’, oggi il risulta-to di una società priva di solidipilastri democratici ci espone arischi evidenti di crollo verticale.La società politica italiana, perdirla con Bauman, è divenuta‘liquida’, quindi più fragile e,ripeto, esposta a molti rischi”.

Quali iniziative commemora-tive sono state previste, que-st’anno, per ricordare il pre-sidente Craxi?“Come ogni anno, la Fondazioneanimata da mia sorella Stefaniaha organizzato una cerimonia adHammamet. E, lungo tutto ilcorso del mese di gennaio, parte-ciperò a diverse manifestazionicommemorative. Gli anni passa-no, ma quando apro il registrodelle firme che abbiamo posto nelpiccolo cimitero cristiano sonosempre impressionato dal nume-ro di italiani che intendonolasciare una firma, un messag-gio, un ricordo. So quanto hafatto mio padre per il nostroPaese. E anche come è stato trat-tato. Convivono sentimenti digratitudine e di rabbia per la suafine, in tutti coloro che consegna-no questi messaggi di solidarietàpostuma. È però una Storia checontinua a vivere giorno dopogiorno: lui parla e, come diceva,continuerà a parlare”.

ILARIA CORDÌ

Politica Il disincanto attuale è mosso dall'assenza di ‘utopìa’>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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e uscivano dai negozi, anche soltanto per vedere la merce esposta>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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rivolgono ai siti on line. I tempi cambiano: non sipuò pretendere che tutto rimanga come nellaParigi dell’800, dove tutto ebbe inizio. C’è però undato di fatto, rimasto immutato da quando il com-mercio dei grandi magazzini (oggi i centri com-merciali) è comparso nella Storia dell’umanità: lapossibilità di acquisto. Non è tanto il come e ildove, ma l’idea che ci sia sempre la possibilità dicomprare un oggetto: questa fu la vera rivoluzio-ne liberaldemocratica che ha cambiato tutto. Nonsi riflette abbastanza, intorno a ciò: la nuova tipo-logia di negozi che iniziò a diffondersi nella Pariginel XIX° secolo fu uno ‘shock’, un cambiamentoradicale delle abitudini di acquisto. Prezzi fissi evisibili, merce a rotazione, con margini di profittopiù bassi, che consentiva a tutti l’accesso ai con-sumi. Si puntò, inizialmente, a quel ceto medioche stava andando arricchendosi: la nascenteborghesia che aveva trovato proprio in quei nuovitipi di negozi il suo ‘tempio’. Lì poteva dare sfog-gio della ricchezza acquisita col lavoro. Ben pre-sto, col diffondersi dei nuovi spazi di vendita, lamerce più ricercata, a prezzi fissi e contenuti, fuun’attrazione per tutti. L’accesso ai prodotti allamoda, fino ad allora riservato ai ricchi e nobili,divenne più democratico. Fecero la loro comparsale vetrine, che come finestre sul mondo, espone-vano i capi di abbigliamento più in voga.Probabilmente, la qualità di quei vestiti potevaessere anche un filo scadente, ma il modo in cuivenivano presentati era così accattivante e spet-

tacolare che nessuno ci faceva caso. In siffattecondizioni, i criteri di scelta dei consumatorimutarono, passando, nella motivazione dell’ac-quisto, dal bisogno al desiderio. L’importante erache tutti, finalmente, potessero mostrarsi in una‘veste’ nuova. Le donne, che incominciavano alavorare, presero a uscire con le amiche per un‘giro di shopping’, diremmo oggi. Insieme toccava-no con mano e valutavano la merce, mentre imariti le attendevano nelle apposite sale da let-tura (ebbene sì, c’erano anche quelle). Era diven-tato usuale vedere le signore passeggiare da solee nessuno che le giudicasse: qualcuna, a dire ilvero, dilapidò l’intero patrimonio di famiglia. Siracconta di donne che trascorrevano intere gior-nate tra gli scaffali. La visita ai grandi magazzi-ni era un’autentica festa, ma con l’inevitabilerovescio della medaglia. Quel ‘brio’ offerto dagliacquisti, si trasformava spesso in un attaccamen-to alla merce quasi feticistico, complice probabil-mente anche la pubblicità, che iniziava a prende-re forma in quel periodo, vendendo, oltre al pro-dotto finito, anche i sogni a esso connessi. Tuttociò preludeva, inevitabilmente, al consumismo. Afronte di una tale emancipazione, una nuovaforma di schiavitù era, in parte, una conseguenza

GODBODYdi Theodore SturgeonAtlantide EdizioniPagg. 192, 24 euro

Il libro di Stefano Cavazza spiega come nellesocietà preesistenti alla rivoluzione dei con-sumi, solo i ceti più ricchi avessero liberoaccesso all’acquisto dei beni, che di solitoerano di lusso. La parte più povera, invece,consumava soltanto ciò che produceva direttamente, in una sorta diautoconsumo. Oltre a sostenere l’idea della democratizzazione dellasocietà di massa attraverso l’operato dei grandi magazzini, l’autorecompie una riflessione sulla dimensione moderna che il tempo libe-ro stava assumendo nella metà dell’800, inteso a scopo ricreativo,dai viaggi, allo sport fino alle vacanze organizzate, preludio al turi-smo di massa.

È tempo di saldi, quelli post natalizi. E tracrisi che morde il portafogli e il tradiziona-

le shopping coi ribassi dei prezzi, difficile resiste-re a quest’ultimo. Magari, si stringerà un po’ la‘cinghia’, ma alla merce in offerta non si rinuncia.Per molti, è l’occasione dell’affare; per i commer-cianti, una misera ‘toppa’ ai magri guadagni di

economia Con l'avvento dei centri commerciali, i parigini entravano e>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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I primi grandi magazzini hanno visto la luce a Parigi, alla finedell’800, poi dilagarono ovunque, in Europa e negli Stati Uniti,poiché offrivano una libertà mai goduta prima: la possibilitàdi acquistare capi alla moda da parte di chiunque. Da quella‘merce per tutti’ nascerà anche la democrazia

Il ‘buon mercato’che ha creato

il consumismo

stagione (lo recitano ogni anno, puntualmente,ma non hanno completamente torto); per quasitutti, la possibilità di acquistare un capo o un pro-dotto ‘adocchiato’ durante le feste.Enogastronomia, abbigliamento, libri (inaspetta-ti!) e hi-tech i settori più richiesti, secondo recen-ti stime. E cresce la percentuale di coloro che si

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mostre Riapre la storica biblioteca del Castello ragusano>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Nella sontuosa dimora è in corso la mostra‘Biblioteca svelata, a carte scoperte’: un’inizia-tiva che si inserisce nella più ampia visione diriportare l’area alla sua originaria identità difortezza delle arti e della sapienza

DonnaFugata

“Donna Fugata è un mondo, plasmato dall’eclettismo di uno deisuoi più illustri abitanti, il Barone Corrado Arezzo. Politico e

uomo di studi, un ‘illuminato’, amante della musica, della scrittura,della pittura, che ha concentrato nel castello tutto il suo sapere e ilsapere della sua famiglia. Per fare degli esempi: fece costruire intornoalla sontuosa dimora anche il più grande labirinto esistente; riuscì afar modificare un tracciato della ferrovia in modo tale da avere la pro-pria stazione ferroviaria; le foglie del grande ficus che si trova all’en-trata del parco, grazie a un decreto legge, potevano essere affrancate espedite come cartoline. E tanto altro. Far rivivere Donna Fugata signi-fica quindi aprire le porte di un mondo da svelare”. Ci introduce cosìalla mostra ‘Biblioteca svelata, a carte scoperte’, di cui è curatore,Giuseppe Nuccio Iacopo. “Quando ho potuto ammirare l’antica biblio-teca del Castello, chiusa ormai da decenni e che conserva circa diecimi-la volumi dal ‘500 in poi, ho immediatamente pensato che quel saperedovesse rivivere. L’arte, i libri, se restano chiusi non hanno senso e moti-

imprevista. Nonostante ciò, si deve convenire nelfatto che mai come in quel momento gli uomini ele donne dovettero sentirsi finalmente affrancati,liberi di costruirsi un’estetica, seguendo i moder-ni gusti o apprendendo altri canoni di bellezza.Spinte dai nuovi impulsi, le signore dello ‘shop-ping’ lungo le strade parigine, attraversavano unponte sulla Senna per passare dal ‘Bon Marché’di Aristide Boucicat (da lì nacque l’idea dei gran-di magazzini) sulla ‘rive gauche’, alle GaleriesLafayette sulla riva opposta. Il ‘Bon Marché’ eratra i più amati dalle donne, che vi si recavano coifigli, di solito al giovedì. Può sembrare strano adirsi, ma ben prima di acquisire il diritto di voto,le donne hanno acquisito la possibilità di ‘farsibelle’. Parigi era la città perfetta per il lancio dellanuova tendenza ai consumi, poiché possedevaun’urbanistica che favoriva lo shopping. Le ampiestrade sembravano fatte apposta per quello. E laferrovia consentiva ai grandi magazzini di esseresempre riforniti in tempi rapidi di ogni sorta dimerci. Fu proprio quella “merce per tutti” a costi-tuire la nuova ‘linfa vitale’ di una città che, solofino a pochi anni prima, era stata quella de ‘Imiserabili’ di Victor Hugo. Adesso è Émile Zola, lasua voce narrante. Lo scrittore francese cosìdescrive la frenesia del tempo, nel romanzo ‘Aubonheur des dames’ (Il paradiso delle signore) del1883: “Era uno spettacolo nuovo: un formicolio diteste, viste di scorcio, che nascondevano il restodella persona (…) Le signore restavano sorprese,più che dal resto, dal prodigioso spettacolo dellagrande esposizione della biancheria”. A permette-re alla clientela di ‘girare’ il più possibile lungo levie di Parigi, ci pensarono le illuminazioni elettri-che pubbliche, altra ‘diavoleria’ della modernità.In quel modo era nata una frequente circolazioneurbana, una sorta di turismo commerciale, che siaccresceva nel periodo dei saldi, proprio comeoggi. La gente entrava e usciva dai negozi, anchesoltanto per vedere. Un cartello in un grandemagazzino di Newcastle recitava: “Curiosate puresenza comprare, potrete farlo un’altra volta”. E lasperanza di acquistare un vestito valeva più del-l’effettivo acquisto. Alimentava la possibilità di unavanzamento sociale, la promessa a se stessi dipoter ‘essere qualcuno’. In altri termini, in quelmodo si confermavano i principi delle liberalde-mocrazie moderne. A quelli sì che siamo semprerimasti saldi, fortissimamente saldi.

GAETANO MASSIMO MACRÌ

economia Il desiderio valeva più dell’effettivo acquisto>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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L’uomo che inventò lo shopping

Parigi, 1852, rue du Bac sulla Rive gauche. E’ lì che un tale,Aristide Boucicaut, acquistò ‘Au Bon Marché’, (‘buon affare’),un emporio di tessuti. Fu lui ad avere l’idea di esporre sulbanco la merce, ruotandola periodicamente. Il ricambio velo-ce gli consentiva di mantenere bassi i prezzi. In quel modo iclienti potevano toccare con mano, farsi un’idea più precisa,magari convincersi di acquistare il capo di abbigliamento. E ilprezzo era chiaramente esposto, così che tutti sapessero ilcosto. Boucicaut iniziò con abiti da signora, cappelli e calzatu-re. Col tempo propose la vendita per corrispondenza, tramitecataloghi e appartengono a lui anche l’idea dei saldi e il ‘sod-disfatti o rimborsati’. Senza saperlo, inventò il modello che dilì a poco i grandi magazzini imiteranno e diffonderanno inEuropa e in America. “Più che oggetti, vendo il desiderio”,amava ripetere. Aveva già capito tutto. Nei suoi magazzini,oltre alla sala di lettura, c’era persino quella dei giochi per ibambini. A proposito di questi ultimi, molto astutamenteBoucicaut li utilizzava per incrementare le vendite, tramiteun’idea che per l’epoca era innovativa. Ogni giovedì, giorno incui non si andava a scuola e i bambini accompagnavano lemadri nelle compere, Boucicaut distribuiva loro cartoline, conla promessa che se fossero ritornati la settimana successiva,avrebbe continuato. Un geniale esempio di fidelizzazionedella clientela ante litteram. Su un lato delle cartoline si pub-blicizzava un prodotto del Bon Marché, sull’altro si riproduce-vano automobili, uniformi militari, giochi di bambini o ragaz-ze in costume da bagno. L’idea funzionò, come testimoniava lafila di gente del giovedì e fu subito ‘rubata’ da altri grandimagazzini. Una piccola curiosità: nel 1914, Pierre deCoubertin commissionò per le Olimpiadi del 1916 la tessituradella bandiera coi famosi cerchi olimpici proprio a Le BonMarchè. A causa dello scoppio della guerra, i Giochi furono rin-viati. Oggi il negozio esiste ancora ed è tra i più grandi del suogenere a Parigi.

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e il bello che regnavano a Donna Fugata >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

Salvatore Cusimano“Ho colto l’energia di Donna Fugata”

Le sue affascinanti creazioni,abiti da sogno interamente rea-lizzati con la carta, sono espostecome parte integrante dellamostra a Donna Fugata, attual-mente in corso, dedicata alla let-teratura al femminile. Creazionisuggestive che hanno catturatol’attenzione di Giuseppe NuccioIacono, curatore degli eventi diDonna Fugata. Da qui il connu-bio fra poesia e abiti di carta.Una sorta di bolla onirica, in cuila poesia è da ‘respirare’ sianella fantasia e sensibilità dellepoetesse siciliane, esposta attra-verso i loro versi, sia nella mate-rializzazione del sogno, cometestimoniano gli abiti diSalvatore Cusimano. Un’av-ventura artistica circondata daun alone di magia, come ci rac-conta l’artista: “casualità o no,quando il curatore mi ha propo-sto di esporre a Donna Fugata,avevo cinque abiti finiti e unoche stavo terminando. Sei, quin-di: come il numero delle donnepiù importanti del Castello.Inoltre, il colore degli abiti chesono stati scelti come portanti,cioè quello bianco con un lungostrascico e quello verde, si è rive-

lato una precisa allegoria delnome del Castello, che derivadalla parola araba“Ayn Al-Sihhat” e che significa “fontedella salute”. Ora, il bianco è ilcolore dell’acqua, della fonte; ilverde è il colore della salute.L’abito verde, tra l’altro, è pro-prio quello terminato nelCastello. Infine, aggiungo ilricordo del momento in cui laporta della biblioteca è stataaperta: ho veramente vissutotutto come una magia. Quandola porta si è spalancata mi sonosentito catturato da un’energiaindescrivibile, avvertendo unafortissima comunione con ilCastello e la sua storia, con lesue leggende e i suoi misteri,con le sue donne e con la sualetteratura. Ho realmente fatto‘tuffo’ nel passato. L’abito verde,quello terminato nel castello, èl’unico a non avere titolo e sto-ria. Credo che l’averlo portato atermine tra le stanze e le atmo-sfere di Donna Fugata, mentremi sentivo come dentro una

bolla, abbia significato averlo‘intrappolato’ lì, catturato dallasua forte energia”.

Per lei e per la sua crescitaartistica e professionale,invece, cosa sta significandoquesto progetto?“Questa mostra per me rappre-senta innanzitutto un grandissi-mo onore: non tutti hanno lapossibilità di esporre le propriecreazioni in un museo cosìimportante. Quindi, mi sentoindubbiamente su un grandepalcoscenico, che mi sta dandomoltissima visibilità e dallaquale potrebbero aprirsi, spero,nuove opportunità. Nel frattem-po, mi ha portato a ricevere unriconoscimento ufficiale da partedel sindaco di Ragusa come arti-sta. Come persona che si nutredi suggestioni per ‘sfamare’ lapropria creatività, ha infine rap-presentato il contatto con uncovo di energie e storie, che sonoil pane e la linfa della mia arte”.

CARLA DE LEO

vo di esistere. Quindi ho fatto creare un box dal quale i visitatori pos-sono ammirare la biblioteca, ma anche consultare i testi e i versi che amano a mano selezioniamo. Questo, infatti, è il primo di una serie diappuntamenti che intendiamo rinnovare attraverso la selezione diargomenti di volta in volta diversi. E che abbiamo deciso di inaugura-re con l’esposizione di letteratura al femminile, alla scoperta quindi ditesti di letterate e poetesse siciliane la cui arte e sensibilità sono stateoscurate per secoli. Ricordiamoci che le donne che si dedicavano allascrittura venivano considerate maledette, prostitute. La biblioteca diDonna Fugata conserva invece moltissima letteratura al femminile, fattoche dice molto sulla profonda diversità, sensibilità e apertura di quelmondo”. Ad accogliere i visitatori della mostra le creazioni artistiche diSalvatore Cusimano. Una scelta che Giuseppe Nuccio Iacopo ci spiega: “Ètutto collegato: così come la carta sostiene le poesie e la letteratura fem-minile, la carta dell’artista, distrutta e accartocciata, trasformandosi inabiti diventa essa stessa poesia. La poesia è quindi presente sia in scrit-ti – i versi delle poetesse – che in forme: gli abiti di Salvatore Cusimano,che raccontano in forma poetica storie di donne e leggende. Ogni abito hainfatti una sua storia poiché la fantasia dell’artista plasma a partire dauna narrazione. Una poesia trasformata in vestito: gli abiti non sonoindossabili, non diventano mai realtà. Sono sogni, sono suggestioni chenascono dall’immaginazione e dalla meraviglia”. Tutto ciò fa da preludioa quello che, negli intenti del curatore, diventerà un museo della moda edel costume. In attesa della conclusione dei lavori tante le iniziative pro-mosse. Dalla recente mostra sull’Ottocento dove, accanto all’esposizionedegli abiti, sono state ricostruite, con musiche, profumi e scenografie, leambientazioni tipiche e suggestive di quel periodo. Evento che ne haimmediatamente ispirato un altro: la mostra tutt’ora in corso parallela-mente a quella sulla letteratura femminile, dal titolo ‘Tra pizzi e merlet-ti, storie di vita privata’, nata come risposta ad una delle maggiori curio-sità emerse da quella sull’Ottocento: cosa c’era ‘sotto’ i vestiti?Un’esposizione di abiti sconci, la cui realizzazione è stata possibile grazieall’acquisto, da parte del comune di Ragusa, della collezione ‘GabrieleArezzo di Crisiletti’ – una delle più grandi raccolte di abiti sconci presen-ti in Italia dopo quella di Palazzo Pitti –. Circa 3000 pezzi, alcuni moltoimportanti, come ad esempio l’abito che ispirò il Gattopardo. E accessori,come sedie da parto o vasche da bagno da viaggio. Al museo della modae del costume vorremmo affiancare una sorta di scuola, di accademia,aperta al pubblico e alle scuole. Creando una didattica per bambini e perle nuove generazioni di artisti.

CARLA DE LEO

mostre Il progetto di rivalutazione del castello intende riportare in luce l’arte e>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Castello di Donna Fugata, Ragusa“Biblioteca svelata, a carte scoperte”“Tra pizzi e merletti storie di vita privata”(Fino al 26 marzo 2017)Martedì, giovedì edomenica ore 9-13 e 14.45-16.15mercoledì, venerdì ore 9-12.45 (Lunedì chiuso )Info: [email protected]

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n una realtà che potrebbe rigettarci come corpo estraneo"

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Ma lei è una vera ‘tigre’ e non si scoraggia. Haavuto il ‘sentore’, la netta impressione che qual-cosa stia cambiando, nel pubblico, che una rifles-sione collettiva si possa ancora proporre seria-mente, al fine di combattere certi drammi quoti-diani: la violenza, l’ingiustizia, la sopraffazioneche si scatenano ogni giorno, spesso a pochi metrida noi, soprattutto nelle grandi periferie urbane.La politica e i grandi mezzi d’informazione anco-ra non hanno compreso che le periferie si stannorisvegliano, che la società italiana sta cercando diemergere da un lungo ripiegamento sul ‘privato’,che ne aveva causato l’intorpidimento morale eculturale. Ciò sta avvenendo anche grazie ainuovi mezzi d’informazione, alla rete internet eal dibattito che, pur nella gran confusione, isocial network stanno quotidianamente stimo-lando e provocando. Ma ciò sta avvenendo anchegrazie al coraggio di donne come la Schiavo, cheha il coraggio di insistere e di coinvolgere i citta-dini, di esprimere contenuti, di informare attra-verso il teatro e il suo modo, assolutamentesplendido, di farlo e di concepirlo.

Patrizia Schiavo, può dirci, innanzitutto,perché ha deciso di lanciarsi in questanuova ‘avventura’, inaugurando uno spazioteatrale denominato ‘Teatrocittà’ in unquartiere difficile della capitale come‘Torrespaccata’?“Di getto direi: per accogliere una sfida in uncampo, quello della cultura e più specificata-mente del teatro, relegato a intrattenimento,fenomeno spettacolare, che non possiede più mor-dente sociale e politico. Anche perché la politica èstata trasformata in arena, in talk show semprepiù aggressivi, volgari e inutili. Una sfida a riap-propriarsi di uno spazio di frontiera, dove proba-bilmente sopravvivono energie vitali, contraddit-torie ma in grado di essere scintilla di cambia-mento. Non è retorica: è il dramma di una societàche ha pochissimi margini di apertura al deside-rio, al sogno, all’impegno. Abbiamo effettiva-mente lottato per creare ‘Teatro Città’. E ognigiorno ci confrontiamo con una realtà chepotrebbe rigettarci come ‘corpo estraneo’. Mavivere quest’avventura in questa ‘periferia del-l’impero’ sono convinta che restituisca al teatrola sua valenza di aggregazione e denuncia. Maproprio per uscire da una facile quanto inoppor-tuna retorica, voglio affermare che non siamo quicome surrogato di un impegno politico e socialeche proprio in queste realtà non ha dato grandi

frutti: il teatro è gioco, immaginazione, festa, stu-pore e sentinella critica, ‘specchio-coscienza’ dellarealtà. Il teatro è patrimonio di coloro chepossiedono fantasia e senso della realtà, dei gio-vani, degli studenti, di chi ha una speranza. Larealtà di ‘Torre Spaccata’ non si cambia con unpiccolo spazio teatrale, ma le persone che vivonoqui, forse possono aprire gli occhi su una realtàche troppo spesso gli viene negata”.

Qual è la visione ‘strategica’ che accompa-gna questa scelta di puntare, ancora unavolta, sul teatro per provare a rivitalizzareRoma e il suo antichissimo patrimoniostorico-culturale?“Innanzitutto la mia storia: quella di un’attriceche ha iniziato a lavorare a 15 anni e, dopo averspaziato tra il teatro di ricerca e il teatro ‘di giro’e aver lavorato con grandi professionisti, hapreferito intraprendere un percorso creativoautonomo. Nel momento in cui la mia ‘carriera’era completamente avviata, delusa e a tratti‘schifata’ dai meccanismi del ‘sistema’ e del‘mestiere’, scopro il dono e il piacere dellatrasmissione dei ‘codici teatrali’ appresi e inizio,parallelamente, a insegnare. Mi trasferisco inSvizzera: il paradiso terrestre. Nessuno michiedeva: chi ti manda? Di chi sei figlia, moglie oamante? Sei di destra o di sinistra? Sei lesbica?Incredibile: scrivevo a un’istituzione qualsiasi ericevevo una risposta. Subito! Invitavi i giornal-isti alle conferenze stampa e alle prime e veni-vano. Scrivevano! Cose divenute incredibili, inun’Italia sempre più ripiegata su se stessa. Nel1994, ho fondato a Locarno una compagnia, laprima Cnt: Compagnia Nuovo Teatro, ricevofinanziamenti, spazi per lavorare e inizio a sper-imentarmi nella drammaturgia e nella regia.Furono anni importanti; studio, ricerca, lavorocostante, progetti contro la violenza e il razzismocon produzioni esportate anche in Germania, aBerlino e in Olanda, ad Amsterdam. Finché èarrivato il richiamo della ‘patria natia’ e il mio‘esilio nordeuropeo’ venne interrotto. Dopo circa15 anni, sono dunque tornata in Italia e, talvolta,mi ritrovo a chiedermi il perchè: tante cose sareb-bero potute e dovute accadere, mentre si stavaandando sempre verso il peggio, qui da noi.Giorigo Albertazzi mi dice, in quel precisomomento, che dovevo scegliere “tra il fare la reg-ista o l’attrice”, poiché l’Italia non è un Paesedove una donna può fare tutto quello che può fareun uomo. Così, l’essere diventata madre non è

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CPatrizia Schiavo è una grande attrice: chi hafrequentato a lungo l’ambiente teatrale lo sa.

Lo è diventata, poiché naturalmente ‘avvantag-giata’ da un timbro vocale e da un diaframmaprofondissimo, da un talento reale e assoluto cheCarmelo Bene seppe individuare sin dai suoianni giovanili. Ma lo è diventata anche perché hasempre assunto, nel proprio percorso artistico,decisioni libere e autonome, rischiando sempre inprima persona. Dopo il suo ritorno dallaSvizzera, si è subito disposta in ‘trincea’, sulla‘prima linea’ della periferia romana, aprendo unnuovo spazio teatrale, ‘Teatrocittà’, proponendo,altresì, una rassegna di successo interamentebasata sul punto di vista, anzi sui molteplici

teatro "Abbiamo lottato per creare ‘Teatrocittà’. E ogni giorno ci confrontiamo con

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Una grande attrice e una donna coraggiosa, che ha voluto a tuttii costi inaugurare un nuovo spazio teatrale in una realtà difficiledella periferia romana, in cui qualche ‘piccolo miracolo’ si è giàmaterializzato

Patrizia SchiavoUna ‘tigre’

in prima linea

punti di vista, delle donne, dal titolo: “Frammential femminile”. Un’operazione che ha riscosso unnotevole successo di pubblico, il quale si è ritro-vato ogni sera coinvolto in dibattiti sentiti, pro-fondi, di buon livello. Nulla a che vedere con le‘sguaiatezze’ televisive, in cui oltre ad affrotnaremolte temitiche del femminile, il pubblco è riusci-to nel ‘miracolo’ di avvicinarsi, non senza qualchetrauma, a quegli elementi e rudimenti di ‘critica’che spesso non comprendeva, non conosceva, nonera abituato ad assumere come ‘linguaggio’. Lacritica ha incontrato il pubblico. E il pubblico hafinalmente aperto le braccia alle donne, all’interouniverso femminile. È stato un miracolo a dirpoco commovente, di cui in pochi hanno parlato.

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che lascerei invariata, che mi augurerei non simodifichi. Cambierei al contrario l’omologazione,l’appiattimento, la chiusura che spesso si mani-festa anche tra i giovani. Ma la difficoltà dellarisposta è proprio questa: come fare? Il miolavoro non mi permette di offrire risposte, macertamente di chiedermi quale possa essere ilmio contributo per la realtà che ho di fronte.Anche per quella che, per motivi anagrafici, nonmi è più tanto vicina, ossia la realtà giovanile”.

RAFFAELLA UGOLINI

mento. Noi che siamo ‘voce’ e ‘corpo’ di questaarte, dobbiamo assumerci una responsabilità: farsaltare sulle sedie comode dei salotti uno ‘pseu-do-pubblico’ che non so nemmeno sia correttodefinire ‘borghese’: è semplicemente un pubblicoacquiescente, addormentato. È necessario recu-perare una ‘cultura del teatro’ contro ogni accul-turamento. E, in questo, la formazione dei gio-vani svolge un ruolo essenziale, sia che decidanodi intraprendere la professione, oppure no: ilteatro, anzitutto, ‘per la vita’…”.

Questa sua predilezione all’apertura discuole teatrali è un modo lavorare in unmomento di crisi dell’intero mondo del pal-coscenico, oppure è solo un metodo pergestire e contenere al meglio la sua ‘vul-canica’ natura, regalando un po’ di sé aglialtri?“Regalare un po’ di me agli altri è parte certa-mente della missione che mi sono data in teatro,ossia veder crescere le potenzialità, la voglia, labellezza e il piacere di una grande passione incoloro che si avvicinano al mondo del teatro. Ècondividere un progetto, una speranza, unavisione del lavoro e dell’impegno, cosa che riten-go preziosa in un momento di crisi. È chiaro checiò è anche frutto della mia “vulcanica natura”,come voi la definite, ma il teatro, per farlo, habisogno di grandissima energia: ‘vulcanica’, perl’appunto…”.

Ha mai pensato di utilizzare la suaconoscenza del tessuto sociale per la politi-ca? Ha già avuto qualche esperienza inquesto campo?“Quello che faccio con i miei compagni di lavoro ègià ‘politico’: il lavoro in una realtà tutta dacostruire; il rapporto con le persone che vivonoqui; l’impegno culturale. Il mio impegno politicosi ferma qui. E credo che sia già molto”.

Cosa cambierebbe e cosa lascerebbe invari-ato, anche socialmente, per il mondo gio-vanile?“Questa è una domanda alla quale è difficilerispondere. Non percepisco il mondo giovanilecome un soggetto che possieda un comunedenominatore, per esempio l’ideologia, come pote-va essere ancora venti anni fa. L’unica caratteris-tica che credo possa essere caratterizzante perl’universo giovanile è la complessità, lamolteplicità, la diversità: ecco, è questa la cosa

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, in questo, la formazione dei giovani svolge un ruolo essenziale>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

Il progetto ‘Teatrocittà’‘Teatrocittà’, il nuovo spazio teatrale aperto dall’attrice PatriziaSchiavo e dal suo gruppo artistico, la compagnia ‘Cnt’, vuoleessere un polo artistico e culturale in quanto strumento di riqua-lificazione territoriale. Un luogo dove creare, insegnare e viverele arti della scena, dove sperimentare e condividere. Uno spaziopolivalente, nel quale possano convergere energie e stimolidiversi, didattica, confronti culturali, artistici e impegno civile,attraverso tutte le forme possibili: spettacoli, letture, cinefo-rum, proiezioni, incontri tematici, concerti, mostre, web radio.Tutto questo nel quartiere ‘Piscine di Torre Spaccata’, alle spalledegli studi cinematografici di Cinecittà, alla via Guido Figlionlinin. 18 in Roma. Un quartiere che per molti anni è stato sinonimodi degrado, un paradigma della condizione delle periferie dove iservizi, le possibilità, le attività commerciali e culturali e la qua-lità stessa della vita sono spesso entità lontane. ‘Teatrocittà’ èdunque uno spazio ristrutturato, che verteva in condizioni diabbandono totale e di degrado. Il progetto di riqualificazione,inserito nel Comitato di sviluppo locale (Piscine diTorrespaccata), si colloca all'interno di un più ampio e ambiziosoprogramma di rivalutazione socio-culturale attraverso il recupe-ro di immobili abbandonati al deperimento o chiusi da anni. Sitratta di un intero quartiere che sta prendendo vita grazie allavoro costante, all’impegno e all’entusiasmo di tutte le associa-zioni, le cooperative e le attività commerciali coinvolte nel pro-getto denominato: ‘La fabbrica dei sogni’.

servito a neutralizzare il pensiero originario:dovevo nascere ‘maschio’. Continuo a lavorare,scegliendo l’invisibilità, ma presto vengo individ-uata da qualcuno:“Ah! Questa è un’artista che hamolto da dire, ma dove è stata fino ad oggi!? InSvizzera. E perchè”? E allora interviste, festival,inviti alla gestione dei teatri di cintura e,improvvisamente, sono diventata una ‘donna coicoglioni’. Evviva! Ma poi ti accorgi che, con osenza ‘coglioni’, non ce la fai a reggere le attesesnervanti, le ipocrisie di circostanza, le vigliac-cherie, le bugie, le promesse. Ti accorgi che nonsarebbe servito a niente nascere ‘maschio’ senzale qualità per diventare ‘Al Capone’. Comunquesia, alla fine ho accettato la mia vocazione alla‘trincea’ e ho accolto l’invito del Comitato disviluppo per la riqualificazione del quartiere diTorrespaccata, dove dopo più di tre anni di durolavoro, alterne e rocambolesche vicende, cospicuiinvestimenti personali e grazie all’apporto deipochi, ma validi, componenti della nuovaCompagnia Nuovo Teatro è nato Teatrocittà”.

Cosa intendete fare? E come lo farete?“Ho parlato dei giovani ed è a loro che vogliamo‘puntare’. Creare rapporti con il territorio, cer-cando di partire dalle scuole. Provare a esten-dere, anche quì, il lavoro che già portiamo avantiin altre realtà e sappiamo che questo è il modomigliore - non l’unico, certo - per restituire alteatro la sua valenza culturale, politica e didatti-ca. Incentivare la creatività giovanile attraversoconcorsi, rassegne e iniziative più strettamentelegate alla dimensione attoriale, come la nostrarecente rassegna di corti ‘Frammenti alFemminile’, con la quale abbiamo aperto il teatrolo scorso ottobre, dedicata alla drammaturgia ealla scrittura scenica creata da attrici e autriciesclusivamente donne. Per non dimenticare che ilteatro è arte, cibo per lo spirito e per l’intelligen-za. Per distaccarci dall’idea manichea che al pub-blico bisogna dare quello che chiede, ovvero ‘spaz-zatura’. La ‘spazzatura’ è l’ideologia che prop-ugna una simile, vecchia, trite e ritrita tesi: alpubblico “non bisogna dare”: il pubblico ama lanovità, l’intelligenza l’ironia, la comicità la rifles-sione critica, la creatività e questo chiede. Chefare nel concreto? Seminari, stages, corsi perragazzi, adulti, anziani, rassegne di teatro dram-matico e di teatro comico, incontri con esperti,scambi culturali. È tanto? È quello che è neces-sario fare, se si ama questo mestiere”.

Cosa pensa del mondo della cultura e dellospettacolo in Italia?“Poche parole, soprattutto su cosa penso cisarebbe da fare per migliorarlo: ricostruirlo,‘spazzare via’ il clientelismo, eliminare glisprechi, rifondare un’idea di merito, di qualità,rompere la dipendenza da altre forme di espres-sione come la televisione e, adesso, il web e isocial network. E, ancora, dare spazio alle ideeinnovative, al coinvolgimento, alla parteci-pazione: anche quest è un miraggio? Io mi inter-rogo sempre sulla funzione ‘ultima’ del teatro,che per me è ‘officina dell’utopia’. Diversamenteda ciò, a cosa servirebbe”?

Siamo di fronte all’esigenza di dover ‘accul-turare’ un ampio settore della società ital-iana, secondo lei, oppure la ‘deriva’ piccoloborghese del mero intrattenimento haormai trionfato?“Acculturare è una parola che non amo: il teatroha necessità di esistere per le ragioni che hoappena indicato. Che la deriva piccolo borgheseabbia trionfato è un dato di fatto, ma è anche lamalattia ‘cronica’ di una classe. E poi, il merointrattenimento appartiene a tutte le epoche e laborghesia, essendo un ‘camaleonte’, se ne rendeinterprete. Il teatro, anche e fortunatamente, èun ‘camaleonte’ e sta proprio a chi del teatro è‘voce’, mettendo in atto una trasformazione con-tinua che sia un potente antidoto all’intratteni-

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teatro È necessario recuperare una ‘cultura del teatro’contro ogni acculturamento. E,>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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che generano energia, ad unaparticolare sostanza conte-nuta nel cacao, l’epicatechi-na, scoprendo che questa sti-mola in esse una particolarereazione paragonabile all’at-tività fisica sportiva. Facendojogging o andando in biciclet-ta il numero di mitocondrinelle cellule dei muscoliaumenta. Detto questo, natu-ralmente, smettere di fareattività fisica non è un’opzio-ne intelligente e da Detroitconsigliano di trovare un giu-sto equilibrio tra sport e con-sumo di cioccolato, rigorosa-mente fondente.L’attività fisica migliore daabbinare a un uso, ovviamen-te misurato, di cacao è anda-re in bicicletta. Sempresecondo gli studidell’Università di Detroit,pedalare aiuta a sentirsi più

forti e più sani. La pedalata èun’attività molto semplice dapraticare e regala grandibenefici per quanto riguardala salute del cuore, aiuta atonificare i muscoli di gambe,glutei, addominali e braccia.Una nota rilevante: rispettoad altri sport non comportaalcun rischio per le articola-zioni poiché non obbliga la

gambe a reggere l’intero pesodel corpo. Andare in bici èparticolarmente utile ancheper perdere peso: pedalandoa un ritmo medio si consuma-no da 300 a 600 calorieall’ora. Tale consumo puòsalire anche oltre 600 caloriese si aumenta la velocità.Inoltre, dopo solo 30 minutidi bicicletta, il nostro corpoinizia a ”intaccare” i depositiadiposi, quasi sempre localiz-zati in zona fianchi, addome,cosce.Nella nostra intervista allosportivo Gianni Caputi,classe 1977, personal trainer,iron man e record man deten-tore del primato mondiale di12 ore in bici su strada aper-ta al traffico, scopriamo neldettaglio quali sono i maggio-ri benefici del ciclismo, nonsolo agonistico ma anche

sportivo o svolto per hobby.Gianni Caputi vive e lavoraper lo sport sia in Italia che aMiami, pratica beach volley,pesca subacquea, triathlon epugilato. Attualmente è pre-paratore atletico di basket. Siè misurato con atleti campio-ni del mondo e olimpionicicome Paolo Bettini, TomBoonene ed il pugile

Piccirillo. Ha il dottorato inscienze motorie ed è prepara-tore atletico. La bici è, dasempre, la sua grande passio-ne: ha vinto la medaglia d'ar-gento ai campionati italiani acronometro e si è classificatoal secondo posto al “Cost tocost” in Florida.

Gianni Caputi, le molte-plici discipline sportive acui ti dedichi quotidiana-mente ti hanno portatoanche a stretto contattocon il ciclismo. Quali sonoi maggiori benefici chepossiamo trarre da questosport?“È ormai accertato che prati-care la pedalata, a tutti ilivelli, apporta numerosibenefici. Si tonificano imuscoli, si mantengono learticolazioni sane ed efficien-ti, si stimola la circolazione e,di conseguenza, si tiene ilcuore ben allenato. Inoltre la

pedalata permette di smalti-re i chili di troppo e questonon è un beneficio da poco”.

Quali possono essere, peresempio, a livello musco-lare, i maggiori giovamen-ti che si possono trarre?“La pedalata, in particolare,aiuta i muscoli delle gambe atonificarsi, a rinforzarsi.

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alorie all’ora>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

Il cioccolato vanta molteproprietà benefiche per il

corpo umano, non a caso èdetto “il cibo degli dei”: riduceil rischio di ictus e malattiecardiovascolari, abbassa ilivelli di colesterolo nel san-gue, dilata i vasi sanguigni ediminuisce la pressione.Inoltre è una sostanza idra-

tante e nutritiva per la pellenonché un efficace antidepres-sivo. Da oggi, a tutto questo,possiamo aggiungere ancheuna notizia sorprendente chelascia tutti a bocca aperta: ilcioccolato fa dimagrire.All’università di Detroit, ildottor Malek ha studiatorecentemente gli effetti del

cacao sulle cellule del corpoumano e i risultati sono statisorprendenti: l’assunzione dicioccolato fondente è equipa-rabile, a livello cellulare, adun allenamento intenso o aduno sforzo fisico notevole.I ricercatori hanno analizza-to la risposta dei mitocondri,piccole centrali delle cellule

benessere Pedalando a un ritmo medio si consumano da 300 a 600 ca>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Bicicletta& chocolat

Secondo uno studio dell’Università di Detroit, pedalare aiutaa sentirsi più forti e inserire nella dieta cacao fondente con-sente di bruciare più calorie

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Emergency è nata 20 anni fa per offrire cure gratuite e di elevata qualità alle vittime della guerra e della povertà.Da allora abbiamo assistito oltre 6 milioni di persone grazie al contributo di decine di migliaia di sostenitori che hanno deciso di fare la propria parte per garantire un diritto fondamentale - il diritto alla cura - in alcuni dei Paesi più disastrati al mondo.Aiutaci con l’attivazione di una donazione periodica (RID): tu scegli che cifra destinare a Emergency e con quale frequenza e noi potremo pianificare al meglio il nostro lavoro e mantenere la nostra indipendenza.

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Polpacci e glutei si rassodanoe le cosce diventano più snel-le. I muscoli delle spalle edelle braccia sono meno coin-volti in questo tipo di attivitàsportiva, se praticata in modoblando, ma vengono totalmen-te sollecitati nelle salite o neiterreni irregolari”.

Il ciclismo quanto puòaiutare a perdere peso?“Andare in bicicletta aiuta aperdere notevolmente pesoma solo a patto che si seguaanche una corretta alimenta-zione. Si perde peso soloquando il consumo caloricogiornaliero è superiore allaquantità di calorie assuntegiornalmente con i pasti”.

Quindi è importante abbi-nare un’adeguata alimen-tazione all’attività fisica?“È molto importante. Noisiamo il frutto della nostraadeguata attività fisica maanche di ciò che mangiamo.E’ una questione di equilibri.Importantissimo è l’apportoproteico e di fibre. Questi duefattori non sono mai da sotto-valutare”.

Il ciclismo è uno sportconsigliato a tutti o cisono delle controindica-zioni per qualcuno?“Direi che tutti possono per-mettersi di pedalare, a menoche non ci siano delle gravis-sime patologie che lo impedi-scano. Il ciclismo è scientifi-camente consigliato a tutti,anche a chi, per esempio, sof-fre di lombalgie o sciatalgiedovute a posture scorrette o apeso eccessivo. In questosport il peso del corpo nongrava sulla schiena e questaparticolarità lo rende prati-cabile anche da chi soffre didisturbi a livello della colon-na vertebrale”.

I maggiori esperti di medi-cina consigliano di prati-care il ciclismo per mante-nere il cuore allenato.L’importante è saper gesti-re la frequenza di pedala-ta. Di cosa si tratta?“La frequenza di pedalataindica il numero di giri com-pleti che una gamba compiein un minuto. Ogni personaha una conformazione fisicadiversa perciò un suo natura-le ritmo di frequenza oltre alquale non si può andare pernon affaticare troppo il cuore.Per misurare la propria fre-quenza di pedalata la mag-gior parte dei ciclo-computermoderni sono dotati di senso-re conta-pedalate, ma inassenza di questo, si puòricorrere al vecchio metodo dicontare quanti giri un piedefa in un minuto consultandoun cronometro”.

Quindi è necessario checiascuno trovi il proprioritmo?“Credo che, al di là delle indi-cazioni scientifiche specifiche,

ciascuno debba trovare il pro-prio ritmo ricercando la fre-quenza migliore, quella che glipermette di mantenere unandatura costante e prolunga-ta nel tempo, anche se di persé, la frequenza di pedalatanon è individuale. In salita, inparticolare, è fondamentaletrovare quelle condizioni chepermettono di mantenere unritmo brillante senza andarein affanno. Tra queste condi-zioni ci sono la cadenza dipedalata, la posizione in sella,la respirazione e l’aspettomentale, che non è da sottova-lutare. In molti casi il cambiopermette di andare al proprioritmo, senza creare affatica-mento nei principianti o in chiè in soprappeso”.

Possiamo salutarci con unconsiglio per tutti inostrilettori su un percorso daintraprendere in bici. Unoadatto un po’ a tutti.“Certo, volentieri. Io suggeri-rei l’Avene verte Parigi -Londra. Si tratta di un persor-so spettacolare. Più di 400 kmdi piste ciclabili uniscono leavenue verte francesi e le gre-enway inglesi. Entrambe cor-rono in mezzo a campagne eboschi secolari lungo i percor-si di ferrovie in disuso. Dall’Ilede France si raggiunge la stu-penda Alta Normandia e, dopoaver navigato il Canale dellaManica, partendo dalle sugge-stive scogliere del SevenSister Country Park nelSussex, si raggiunge la capita-le britannica. La Avenue verteè stata inaugurata di recenteeppure è già una delle vieciclabili più gettonated’Europa, di facile percorrenzae adatta un po' a tutti”.

DARIO CECCONI

benessere In bicicletta il peso del corpo non grava sulla schiena>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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cultura ebraica; due sinago-ghe per le suggestive cerimo-nie religiose. A Venezia, sulgrande ‘Campo del GhettoNuovo’, da poco rinnovato, cisono molti negozi che vendono‘rabbini’ in vetro nero e bian-co: sono personaggi umoristiciin caricatura, realizzati con latecnica della lavorazione alume. Insieme a questi, sonoin vendita anche le lampadeHanukkah. Il museo delGhetto Nuovo ospita una col-lezione di arredi sacri, codici,lampade da cerimonia e altro,che riguardano nello specificoi secoli che vanno dal XVII alXIX. A Venezia si trova anchela sinagoga tedesca, spagnolae quella ‘levantina’, riccamen-te decorate. Nel tempo, ilGhetto ha saputo divenire,contrariamente alle attese, unluogo di concentrazione delle‘intelligenze’, di opere d’inge-gno elevato, coerenti con lamigliore tradizione e culturaebraica. La Serenissima,‘matrigna’ del Ghetto stesso,

seppe arricchirsene utilizzan-dolo come parte integrante delproprio successo mercantile epolitico. Nel corso degli anniseguirono politiche più ‘inclu-sive’, che hanno fatto la fortu-na di Venezia, trasformandolain una delle capitali delmondo occidentale. La comu-nità ebraica di Venezia rap-presenta, ancora oggi, uno dei‘capisaldi’ della internaziona-lizzazione della città, contri-buendo con continuità al suoruolo di ‘baricentro culturale’e di autentico ‘crocevia’ delleconoscenze tra nord–sud e traovest ed est dell’Europa.

La questione del perdono e l’elaborazione del lutto per l’olocaustoLa ‘Fondazione Musei Civici diVenezia’, con l’approvazionedella presidenza del Consigliodei ministri, ha dunque pro-dotto il magnifico e prestigiosoevento di Palazzo Ducale delloscorso anno facendo confluirenella città lagunare ‘pezzi’ di

viene quella di comprendere in quale modo dare un senso al lutto degli Ebrei

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fonderia, che ‘gettava’ le colatedi piombo e ferro nelle formeutili all’attività dellaSerenissima. Da ‘getto’ a ‘ghet-to’, sotto il profilo dell’evolu-zione semantica il ‘passo’ èbreve. E infatti, il termine‘ghetto’, da allora in poi venneusato per le ‘enclavi’ di ebreiin tutto il mondo. Di giorno, gliabitanti potevano uscire, ben-ché obbligati a indossaredistintivi e berretti di identifi-cazione. Le uniche occupazioniloro consentite erano il com-mercio tessile, il prestito didenaro e la medicina. Il nume-ro crescente di ebrei determi-nò l’espansione del ghetto: gliedifici si innalzarono vertical-mente. E quelli di Veneziaerano indicati come i gratta-cieli di oggi, senza entrare neldettaglio di chi ‘grattava’ finoall’osso le persone bisognosed’aiuto, in un momento parti-colare della loro esistenza. Igrattacieli si estesero nel‘Ghetto Vecchio’ di Venezia findal 1541, per poi estendersi,negli anni a seguire, sino aformare il ‘Ghetto Novissimo’del 1633. Nella metà del XVIIsecolo, esso contava più di 5mila persone. Nel 1797,Napoleone Bonaparte demolì icancelli, ma con il ritornodegli austriaci, gli ebrei ven-nero ancora uns volta obbliga-ti al confinamento. Solo nel1866, gli ebrei videro ricono-sciuta la loro libertà. Oggi,solamente 700 ebrei vivono aVenezia, ma il quartiere nonha tuttavia perso la propriaconnotazione etnica. Ci sono inegozi ‘kosher’, un panificiocon annessa pasticceria tipicaebraica, con mandorle visciole,ciliegie, miele e pinoli; unaimportante biblioteca della

Vittore Carpaccio: "Predica di Santo Stefano", Olio su tavola

La splendida mostra allesti-ta presso il Palazzo Ducale

di Venezia sino allo scorso il13 novembre 2016, dal titolo‘Venezia, gli Ebrei e l’Europa1516 – 2016’, dovrebbe essereaccolta dalle maggiori cittàitaliane in quanto prestigiosoallestimento relativo allamemoria storica della comuni-tà ebraica, in Italia e inEuropa. Curata da DonatellaCalabi, sotto la direzionescientifica di Gabriella Belli e

cultura Dopo cinquant'anni dagli stermini nazisti, la questione fondamentale div

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Il 27 gennaio si rinnova l’appuntamento con la giornata dedicataalle vittime dell’Olocausto: un’occasione per avvicinarsi alla storiadella comunità ebraica italiana ed europea

il patrocinio del Comitato ‘I500 anni del Ghetto diVenezia’, nonché della comu-nità ebraica di Venezia, essa èriuscita a porre in evidenza lalunga e ostinata segregazionedegli Ebrei nella Storiamoderna e contemporanea delnostro continente.

Gli Ebrei veneziani e il giorno della memoriaNel 1516, il Consiglio deiDieci, che era l’organo che

deteneva il potere a Venezia,insieme ai circa 2 mila mem-bri del Maggior Consiglio, daiquali il doge di Venezia e i suoiconsiglieri venivano eletti,decretò che tutti gli ebrei dellaSerenissima Repubblica diVenezia venissero confinati suun isolotto di Cannaregio. Ilquartiere fu poi isolato daampi canali e dalle due ‘chiu-se’, manovrate da guardie cri-stiane. Ebbene: proprio inquella zona c’era un’antica

Costruirela memoria

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so unico nella Storia: la ‘pianificazione’dello sterminio di un intero popolo per ciò che era >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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La Shoah ha eliminato seimilioni di ebrei, ma ha anchealimentato, nella coscienza dimolti, rimorsi che pesano tut-tora. Sulle nuove generazioni,al contrario, va preso atto cheviviamo in un mondo diverso,pur non potendo dimenticarecome, dopo la Shoah, vi sianostati altri massacri e genocidisimili. Ai giovani dovremmofornire una ‘nuova memoria’,che non può essere ‘fossilizza-ta’, bensì rispondere ad alcu-ne domande: una, per esem-pio, non è tanto il ‘cosa fare’perché questo non accada dinuovo secondo quanto disse,alcuni anni fa, Primo Levi,bensì di capire ‘come fare’affinché simili abominevolitragedie non avvengano sottonuove ‘forme’. È molto diffici-le ‘museificare’ la Shoah. Neimusei ebraici prevalgono leparole e qualche immagine.Ma in realtà, la museificazio-ne è una ‘fossilizzazione’ peruso pubblico e politico della‘memoria’ della Shoah.Normalmente, questi ‘luoghidella memoria’ appartengonoa tutti. C'è stata, è vero, unacontroversa vicenda relativaagli spazi dedicati al ‘giornodella memoria’. Proprio intor-no a ciò, uno storico ‘revisioni-sta’ israeliano, Tom Segev, ha

scritto un libro che ripercorrelo sviluppo della memoriadella Shoah in Israele, in cuisi legge come essa non siaaffatto lineare: al contrario,risulta contesa tra religiosi elaici e si trasfonde nellacostruzione dello Stato.Dentro questa vicenda storicadella ‘memoria’ rientranoanche le difficoltà di alcuniad accettare che vi siano deimusei. Sta di fatto, che la‘museificazione’ della Shoahavviene in luoghi dove sipunta soprattutto sulla paro-la. E quando si punta sull'edi-ficio è solo nel caso dei campidi concentramento. Se sipensa al nuovo museo diDaniel Libeskind, a Berlino,vediamo un'architettura dav-vero impressionante, che rap-presenta solo una ‘fuga nelsimbolo’. E un museo, infondo, è questo: un simbolo,cioè il contrario della culturamateriale che osserviamo, disolito, nei musei dominatisoprattutto da oggetti di usoquotidiano, da paramenti,quadri, fotografie, planime-trie, architetture, busti, ripro-duzioni, filmati. Ripercorrerela cultura vuol dire esatta-mente il contrario: toglierle ilvalore simbolico per materia-lizzare il ricordo di ciò che è

avvenuto. Ma gli ebrei ‘con-vinti’ stanno cercando di rea-lizzare proprio questo ‘contra-rio’. L’olocausto è stato carat-terizzato da alcuni elementiforti, che lo hanno reso uniconella Storia: la ‘pianificazione’dello sterminio di un interopopolo per ciò che era e nonper altro. Intorno a questo ele-mento di odio, totalmente pre-ventivo e immotivato, vaammesso, per esempio, cometale sciagura sia stata prece-duta dal ‘genocidio armeno’. Eche anche in tempi più recen-ti si sono verificati sterminidecisamente ‘accostabili’ allaShoah: si pensi al Rwanda, oalla pulizia etnica nei Balcaninegli anni ’90 del secolo scor-so. Oppure, si prenda il ‘caso’della Cambogia, dove tuttiquelli che portavano gliocchiali vennero eliminati daPol Pot. Quest’ultimo è forse ilcaso più vicino all'essenzatragica della Shoah: anche inCambogia furono eliminati inmassa uomini, donne e bam-bini per quello che erano, conassoluta indifferenza perl'età, il sesso, la condizionesociale o fisica. Preso atto diquesto, può essere utile faredella Shoah un ‘paradigmadello sterminio’ da condanna-re. Ma attenzione anche a non‘sbandare’ verso il pericoloopposto, trasformando ognifatto storico in olocausto,altrimenti compiamo un’ope-razione simile a quella deireligiosi ultraortodossi israe-liani, secondo i quali, dallecrociate in poi, ogni martirio eogni uccisione si equivalgono.Ringraziamo la studiosaAnna Foa, per il proprio ‘con-tributo espressivo’.

GIUSEPPE LORIN

cultura L’olocausto è stato caratterizzato da alcuni elementi forti, che lo hanno re>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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inestimabile valore, cheandrebbero mostrati in tuttaItalia e, perchè no, a tutto ilmondo. Si è trattato, infatti, diuna manifestazione promossaper il cinquecentesimo anni-versario dell’istituzione delGhetto di Venezia per operadella Repubblica veneta, avve-nuta il 29 marzo 1516. E datoche si parla, oggi, di ‘perdono’per la memoria storica del-l'olocausto, quando ancora si ènella fase cruciale dell’elabo-razione del lutto, varrebbe lapena di ricostruire la vicendastorica della millenaria dia-spora ebraica, attraverso ini-ziative culturalmente elevatee importanti dello stesso tipo.La questione fondamentalediviene, infatti, quella di com-prendere in quale modo dareun senso al lutto degli Ebrei.Dopo cinquant'anni dagli ster-mini nazisti, siamo certi cheesso sia stato veramente ela-borato? Sarebbe questa lariflessione da proporre invista del prossimo 27 gennaio

2017. L’elaborazione del lutto,come insegna l'antropologia, siavvale di precisi rituali, tesi asuperare la ferita della morte.E per il popolo ebraico, talirituali sono quelli della‘museificazione dell'olocausto’,sollecitata da mostre, museidella comunità ebraica, dal-l’adozione di segni distintividella memoria, come il ricordodei nomi di tutti coloro che,altrimenti, andrebbero smar-riti. Ciò potrebbe rappresenta-re una prima forma di elabo-razione della tragedia, andan-do oltre i consieti rituali reto-rici. Anche perché, la memorianon è soltanto ‘ricordo’, o sem-plice mantenimento del ricor-do, quanto piuttosto ‘costru-zione continua’ del ricordostesso. E se guardiamo allaStoria della Shoah, vediamoche questa non è stata unacostruzione semplice: all'iniziovi fu una rimozione generale,sia da parte ebraica, sia nonebraica. La ‘categoria storio-grafica’ dello sterminio non

emergeva dall'universo delledisgrazie della guerra. Poi,dieci anni dopo, si cominciòquesta ‘ricostruzione dellamemoria’. Ed è qui che biso-gnerebbe distinguere duepiani ben distinti di riflessio-ne: quello di chi ha vissutol'epoca dell'olocausto e quellodi chi invece è consapevole dicome la Shoah sia stata unatragedia soprattutto per i ‘nonebrei’. È stata un’intera cultu-ra, quella occidentale, che inqualche modo ha avallato ilmassacro: lo ha vissuto e lo haaccettato, entrando a farneparte. Ed è una tragedia cheriguarda tutti coloro chehanno vissuto il fatto stessomentre questo si realizzava.Ma è anche la tragedia di colo-ro che, in qualche modo, oggivorrebbero ‘voltare pagina’ perriuscire, in qualche modo, a‘rimuovere’ un simile ‘sfregio’sul volto stesso della Storia.

Joseph Heintz il Giovane: Caccia ai tori in campo San Polo, Oliosu tela

Contratto matrimoniale ebraicoDiana bat Gavri'el BarakCaravaglio con Moeh ben Ya'aqov

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La protagonista Laura è una diciannovenneche pensa di sapere tutto fino alla morte dellanonna, una figura che la perseguita per tuttoil racconto. Tra sogno e realtà, si può parlaremetaforicamente di una rappresentazionedel senso di colpa della ragazza?“In parte sì, sicuramente, ma non è neanche tantouna rappresentazione metaforica, l’inconscio agiscecostantemente nel sogno anche per aiutarci a ela-borare le perdite e i lutti”.

Ci sono altre presenze che rimandano alletante assenze che ognuno di noi ha vissutodolorosamente e nel racconto sono il suo exragazzo Luca e la sua amica Erika. Perché haiscelto dei giovani per raccontare il passaggiodalla vita alla morte?“Perché solo apparentemente Abc è un raccontosulla morte, in verità mi interessava indagare sulpassaggio tra l’adolescenza e l’età adulta di Laura,la protagonista. in questo senso si potrebbe anchedire che gli ‘a’ sono gli adolescenti, i ‘c’ gli adulti e i‘b’ stanno sul confine di queste due fasi della vita diognuno. Laura, in questo senso, è un ‘b’ perfetto:confusa e spaventata”.

Le azioni e le distanze sono due concetti benesplicati dalla figura del Professore, unaguida spirituale per la protagonista insiemeanche al racconto dell'Artista che arresta lasua sete creativa solo con i limiti fisici. Checos’è un elogio al carpe diem?“Io la vedo più come una spinta verso la rassegna-zione, viviamo in un sistema finito ed è superfluoavere inutili aspettative”.

Stilisticamente, c’è una contrapposizionetra l’evanescenza dei personaggi e del pae-saggio e la forza e la potenza espressivadelle architetture classicheggianti. Laura sirivela totalmente solo alla fine, perché talescelta?“L’evanescente ha dei confini sfumati, per defini-zione. Laura prendendo coscienza di se stessa,rimette anche i confini alla propria immagine, simette a fuoco e capisce di avere una forma nitida,con contorni definiti, e i dettagli del suo voltoappaiono finalmente non interpretabili”.

Il tuo libro è curato nei minimi particolari,se pensiamo alla grafica, al lettering, allacopertina e all'impaginazione. La scelta delmateriale non è dunque casuale a racconta-re una storia al confine con la metafisica?“Nel racconto l’autore è Dio che gioca con le suecreature. La nonna di Laura, dopo essere morta,dice di non sapere cosa sia la morte. Questo è unelemento che dimostra che nemmeno l’autore èmai del tutto padrone di ciò che racconta. Per

quanto ti sforzi di tenere sotto controllotutti gli elementi di un libro non riesci maia dominare su tutto, i personaggi che creigodono comunque di un libero arbitrio fon-damentale e hanno dei loro dubbi legittimi,anche rispetto al mondo che hai creato perloro e in cui li stai facendo vivere”.

Da fumettista come vedi l'arte con-temporanea in Italia?“Escluse rare eccezioni, è la rappresenta-zione del nulla. Il fumetto per certi aspettiversa nelle stesse condizioni ma le eccezio-ni, qui, non sono così rare. Credo che nelfumetto, adesso, si trovino le menti piùvitali dell’arte italiana".

SILVIA MATTINA

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atterizzata da un tratto grafico quasi iperrealista>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

ABCdi AusoniaCoconino Press - FandangoPagg. 264, euro 19,00

Tra i fumettisti italiani più apprezzati degli ulti-mi anni, Ausonia (nome d'arte di Francesco

Ciampi) è noto per la struttura narrativa partico-larmente complessa, e l'uso di una tecnica mista(disegno, fotografia, collage) per opere qualiPinocchio, Interni e ABC. Classe 1973, Ausonianasce e vive a Firenze dove frequenta il corso diPittura all'Accademia di Belle Arti e dopo il suoprimo fumetto Schizzo, idee e immagini e dei breviracconti a fumetti (Blue e Heavy Metal), decide didedicarsi alla carriera pittorica (1998) per un arcotemporale di dieci anni. Il suo nome nel mondo delfumetto inizia a circolare solo nel 2006, quandoarriva la sua prima opera in volume Pinocchio - sto-ria di un bambino, candidato al Premio Micheluzzi2007, quest'ultimo riuscirà ad ottenerlo solo nel2011 con il terzo volume di Interni.Dopo la sua prima personale nel 2010 alla manife-stazione Lucca Comics & Games e la partecipazio-ne alla realizzazione Le 5 Fasi, antologia di tavolerealizzate dal collettivo DUMMY (collettivo compo-sto dagli artisti Alberto Ponticelli, OfficinaInfernale, Squaz, Akab e Tiziano Angri ed Ausoniastesso) edita da Edizioni BD.Nel 2012 pubblica la sua ultima opera ABC perCoconino Press, graphic novel di oltre 260 tavole i

cui disegni sono stati interamente realizzati agrafite con uno stile che ricorda quello di EgonSchiele (pittore espressionista dell’art nou?veauossessionato dall’umanità dolente dei corpi degliultimi della società, in una sorta di ‘infantilismo’grafico gestito con genio). Una graphic novelnella quale il classico tema del passaggio dall'in-fanzia vira verso un mondo disseminato di lutti,di ‘delicati zombie’ e di veggenti che pongono inconnessione le due dimensioni. Le architetturesono ben definite, di una bellezza indescrivibil-mente razionale e sembrano essere funzionali acontenere le emozioni e gli stati d’animo di figu-re appena accennate. Una straordinaria fiabaesistenzialista caratterizzata da un tratto grafi-co quasi iperrealista, che affronta il tema del-l’uscita dall’infanzia/adolescenza e l’entrata nel-l’età adulta.

Francesco Ciampi, cominciamo dal titolo,come mai la scelta di categorizzare l’essereumano con le prime lettere dell'alfabeto?“Era un modo per sottolineare le basi, la semplici-tà. ho disegnato il libro usando solo grafite e carta,ho raccontato vite di persone comuni, il titolo misembrava racchiudesse bene tutto questo”.

graphic novel Una straordinaria fiaba esistenzialista cara>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Ausonia“Il fumetto è vitale”

Una graphic novel nellaquale il classico temadel passaggio dall'in-fanzia vira verso unmondo disseminato dilutti, di 'delicati zom-bie' e di veggenti chepongono in connessionele due dimensioni

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entare protagonista di un racconto fantastico>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

procedere all’acquisto, sarà opportuno per l’utentefarsi un’ idea dello stile col quale Marcella Panseriscrive i suoi racconti fantastici carichi di metafore esimbologie, pieni di significato e aventi solitamenteuna lunghezza variabile tra le 8 e le 10 pagine.Tutte le storie, come vuole il genere, presentano unmessaggio, una morale, che si palesa tra le righe eche viene indicata dal committente stesso.È possibile richiedere la propria copia via e- mail o,più romanticamente, in forma stampata su carta.Nella sezione bambini troviamo ad esempio “C’erauna volta un album di foto scolorite”. Protagonistadel testo è Sansone, un vecchio e triste raccoglitorein pelle ormai dimenticato da anni in soffitta maancora pieno di immagini che raccontano la vitadella nonna da tempo lasciata in ospizio. Il preziosooggetto diviene lo strumento tramite il quale siaffronta col bambino il tema della vecchiaia, dellasolitudine e dell’importanza del ricordo.Propedeutica alla stesura del testo è la chiacchie-rata telefonica di un’ora circa che intercorre traautrice e committente ( può capitare che si rendanecessario allargare la conversazione a parenti eamici, in modo da avere un quadro più chiarodella vicenda umana) e attraverso la quale, par-lando si sé, è possibile fornire gli elementi basicidel racconto, lo spunto per la narrazione. La vitareale si fa così fiaba.Dopo alcuni giorni il testo, certificato di riservatez-

za incluso, è pronto e viene inviato.Il costo è di 350 euro per la versione digitale e 400per quella rilegataAlla stressante vita aziendale Marcella Panseri ha

preferito un’ esistenza dai ritmi più umani e sfrut-tando le sue capacità di scrittura ha saputo mette-re in piedi un’ attività che le consente maggiorelibertà e che certamente le starà regalando la giu-sta soddisfazione.Il caso dell’autrice bergamasca non è però l’unico in

Italia.Dopo aver persoil lavoro comedirigente la cin-q u a n t e n n eM a r i a r o s aVentura diPadenghe delGarda si èreinventataa n c h ’ e s s as c r i t t r i c e .Oltre ad averpubblicatolibri noir, èfondatricedi Fiabe in

costruzione. Partito nel 2014 informa di blog, è diventato col tempo un sito piùstrutturato attraverso il quale acquistare libri difiabe, con tanto di illustrazioni ad opera di due ami-che, realizzati in formato 20x 20 e totalmente per-sonalizzabili.

MICHELE DI MURO

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Mollo tutto e scrivo storie. Questa in due parolela vicenda umana di cui è protagonista l’ex

copywriter bergamasca classe 1973.L’idea nasce quasi per caso e si sviluppa dappri-ma all’interno della cerchia più intima di cono-scenze: amici e colleghi. Quando ancora scrivevatesti per le campagne pubblicitarie, MarcellaPanseri ha iniziato a creare fiabe secondo finalitàquasi terapeutiche, a mo’ di sostegno nel supera-mento di situazioni personali difficili e complica-te, come ad esempio una delusione amorosa.Scopre di possedere un talento in questo partico-lare genere letterario nonostante, ha dichiarato,questo non fosse il suo prediletto.

Coraggiosamente, dato il momento storico, decidedi lasciare il lavoro per dedicarsi unicamente allascrittura di fiabe.Gli spunti per regalarne, e regalarsene, una posso-no essere pressoché infiniti: suggellare un ricordo,dichiarare il proprio amore o chiedere scusa, incita-re un amico a fare più sport, spiegare ai bambiniuna malattia o un concetto complicato, lasciare unricordo o rievocarlo, ridere, celebrare un avveni-mento importante come la caduta di un dentino,una ricorrenza e così via.I destinatari dei racconti possono essere sia bambi-ni che adulti, e anche aziende.Collegandosi al sito fiaberperdire.com e prima di

lavoro Fiabe per dire è una sorta di Andersen 2.0 grazie al quale chiunque può dive>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Favoleprêt- à- porter

Marcella Panseriha creato una piat-taforma web attra-verso la quale, inpochi passaggi, èpossibile ad adultie bambini, com-missionare e quin-di ricevere unanovella personaliz-zata. L’utente sug-gerisce il soggetto el’autrice ci mette leparole giuste

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Francesco Pizzinelli, in arte Jocelyn Pulsar,lei è tra i più noti esponenti della musica indi-pendente legati a un'estetica ‘lo-fi’, ci spiegameglio cosa significa? “In estrema sintesi: quando ho iniziato a fare usci-re dischi come Jocelyn Pulsar, ormai una quindici-na di anni fa, la musica indipendente era una real-tà piuttosto di nicchia, in Italia; questo dava la pos-sibilità di sperimentare, eventualmente anche difar uscire dei prodotti che non ‘suonassero’ inmaniera professionale, visto che erano destinati aun circuito completamente diverso. Alcuni pensaro-no che fosse possibile registrare le proprie canzonicon una tecnologia ‘povera’, senza avvalersi di studidi registrazione costosi, a volte semplicemente conun computer e un microfono. Lo-fi è l'opposto di Hi-fi, quindi ‘bassa fedeltà’, intesa come qualità delsuono; i tempi sono cambiati e oggi questo termineè decisamente in disuso, direi irrimediabilmentesorpassato”.

Oltre a lei, attualmente la formazione da chi ècomposta? “Mario Ingrassia, oltre a Davide Ponti e DavideZozzi mi hanno spesso accompagnato sia dal vivoche nelle registrazioni, in questi anni. Attualmentesto portando in giro un live prevalentemente acu-stico, dove sono il più delle volte solo, coadiuvato daloop-station e un paio di tastiere (tra cui una apedale, modificata da me)”.

Si sente un artista indie? “Sicuramente si, per una cronica incapacità diraggiungere il brano smaccatamente radiofonico,sentendo invece sempre la necessità di inserirefrasi, o passaggi musicali, che inevitabilmenteinclinano la potenziale fruibilità della canzone.Amo inoltre i rientri notturni e l’Autogrill alledue di notte”.

Quali sono le scaramanzie tipiche prima disalire sul palco? “Sento spesso il bisogno di fare un giretto da solo,prima di suonare: non di rado cerco un bar, pren-do un amaro, cerco di ascoltare il dialetto delposto in cui mi trovo, leggo il giornalelocale...ecco, questa è una tradizione senza laquale mi troverei in difficoltà a salire sul palco;un altro aspetto è legato alla mia cronica assenzadi scaletta: non la faccio mai, perché mi piaceimprovvisarla, in base al mio umore e alla dire-zione che prende la serata (per la disperazione dichi, in certi casi, suona con me dal vivo)”.

È uscito da poco un suo nuovo album conl’etichetta La Sete Dischi, perché il titoloConvivenza Arcade? “Il tema della convivenza è centrale nel disco: lavita insieme, il matrimonio, il diventare in un certosenso ‘grandi’: la parole ‘arcade’ fa riferimento aivideogiochi da bar anni ‘80/’90, e messa accanto staun po’ a indicare che probabilmente una parte dime rimarrà sempre legata a quel mondo ‘nerd’ chespesso racconto nelle mie canzoni, rifiutandosi dicrescere del tutto”.

Registrare dischi con tecnologie non profes-sionali è un limite o un valore aggiunto? “Bella domanda. Difficile rispondere. La logica dicedi registrare comunque nel modo più professionalepossibile, così nel caso avrai tra le mani un prodot-to pronto per un mercato più ampio; nella realtà,comprarsi una Ferrari solo per andare a fare laspesa ogni giorno e un paio di gite fuori porta ognitanto la domenica è francamente sciocco. Bisognaessere possibilmente soddisfatti di quello che si vaa fare, e soprattutto realizzarlo con le persone giu-ste. Ci sono studi professionali dove si registra,come dico io, ‘a tassametro’, con il fonico sempre conl’occhio all’orologio. Io cerco di circondarmi da per-sone che più o meno sanno come faccio le cose, chese gli dico “qui usiamo una tastierina giocattolo” o“la ritmica facciamola con un bicchiere” non miguardano come un pazzo, ma mi capiscono. Questoè fondamentale. Proprio per questo, a volte, èmeglio fare da soli: ho avuto una bellissima espe-rienza al MushRoom Studio di Enrico Berto, citengo a sottolinearlo e a ringraziarlo”.

Cos’ha in più questo disco rispetto ai lavoriprecedenti? “Questo è il disco in cui ho ‘scremato’ di più in tuttala mia carriera (se vogliamo usare questa parola):ho tolto, tolto e alla fine sono rimaste solo sei can-zoni: poche forse, ma davvero quelle che mi convin-cevano maggiormente, interpretavano il significatodi questo disco. Rispetto ai precedenti è sicuramen-te il più autobiografico”.

Il videoclip per lei è essenziale, che cosa rap-presenta? “Nel videoclip, assieme al regista che è sempreLuca Coralli, amo l'approccio ‘indipendente’: con unbudget ‘zero’ devi necessariamente fare di necessitàvirtù e lavorare di fantasia; nei videoclip come nellecanzoni, questa è sempre la mia filosofia”.

MICHELA ZANARELLA

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Un lavoro essenziale quello dell’artista di Forlì,Francesco Pizzinelli, che torna con un Ep velo-

ce, immediato, prodotto da La Sete Dischi. È luil’elemento fisso, l’anima portante e l’autore dei testidi Jocelyn Pulsar, gruppo nato nel 2001, diventatonegli anni un progetto solista, anche se spesso sialternano diversi musicisti. La formazione è costan-temente cambiata, ma questo non ha impeditonuove sperimentazioni. Ne è passato di tempo dal-l’esordio con ‘L’amore al tempo del telefono fisso’.Dal 2003 Pulsar è riuscito a mettersi in evidenzafino a essere riconosciuto come uno degli artisti piùinteressanti del panorama indie italiano. Tale rico-noscimento gli viene attribuito per l’utilizzo di tec-nologie non professionali, lo identifica infatti l’usodi un’estetica lo-fi, a bassa fedeltà, fatta in casa, manon per questo meno creativa. Oggi questa sceltanon è così negativa in fatto di peculiarità del suono,perché sono migliorati molto tutti i sistemi di pro-duzione. Autoironico, sintetico e sentimentale,Pulsar mantiene il suo stile, ma questa volta c’èuna spinta autobiografica da non sottovalutare. Lacopertina dell’album ci proietta a un ritorno aivideogiochi degli anni '80, quando era in uso il vec-chio Commodore 64. Il primo brano, che porta lostesso titolo del disco, è una ballata dalle sonoritàminimali, dove il rapporto sentimentale assume

musica Uno degli artisti più interessanti del panorama indie italiano>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Jocelyn Pulsar“Il low budget è una risorsa”

alcune caratteristiche proprio dei videogiochi vinta-ge. Nel videoclip la scelta di Barbie e Ken non èaffatto casuale, anzi fa proprio pensare alla vita dicoppia vista con una certa ironia: quella che serveper raccontare i legami. Pizzinelli canta storie divita comune senza prendersi troppo sul serio e lo facon alcuni ‘giochi’ di parole che sottendono velatenostalgie: “Se anche i Guns sono tornatiinsieme/allora so che anche tu ritornerai da me”.‘L’indie senza il pubblico’ è il singolo che ha conqui-stato le classifiche, forse anche il migliore dei sei.Descrive perfettamente il precariato artistico ed èuna sorta di manifesto underground. ‘Bella coppia’mantiene il filone delle incomprensioni tra due per-sone che stanno insieme. ‘L’altro Baggio’ è la storiadi un calciatore costretto a essere etichettato comefratello di una leggenda, una traccia in cui il calciodiventa metafora dell’esistenza. L’ansia del matri-monio viene affrontata in ‘Domani mi sposo’ e unadedica delicata a una pornostar è ‘In nome diBarbarella, attrice’. Efficaci corrispondenze, inte-ressanti immagini, un pungente umorismo uniti auna vocalità scarna rendono questo progetto musi-cale per alcuni aspetti particolare, anche se latematica non è poi così nuova. Sta di fatto chePulsar descrive ciò che sente e vede con buoneintuizioni di scrittura.

‘Convivenza Arcade’ è ilnuovo album del can-tautore romagnolo. Insolo sei brani la quoti-dianità raccontata trasarcasmo e romantici-smo: un progetto lowbudget fatto di sonoritàsemplici e testi leggeri,ma mai banali

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passerà, Se continuiamo a cor-rere e Prenditi quello che vuoi.Questo dovrebbe essere impu-tabile all’influsso, dichiarato,dei maliani Tinariwen.Altrove è più legittimo ricerca-re assonanze con le produzioninostrane di band comeAfterhours e Zen Circus (inparticolare nelle linee melodi-che di Andrea Appino). Accennia un più ‘tradizionale’ folkmoderno nostrano (BrunoriSas ad esempio) sono riscon-trabili invece in Sei bella dav-vero.La fine dei vent’anni è un cro-cevia. Segna il passo verso lamaturità. Quella esistenzialecantata nelle canzoni, ma altempo stesso musicale: perMotta l’album costituisce l’ini-zio di un percorso da solista delquale seguiremo i successivisviluppi con attenzione.Generazionale.

MICHELE DI MURO

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In primo pianoNOVAMERICA • NovamericaBel disco di debutto per il veneto Carlo Cerclin Re. Ex dj e produttore, siè riscoperto cantautore attraverso un rinnovato avvicinamento aglistrumenti analogici. Pubblicate dall’etichetta La Valigetta, le dieci can-zoni contenute nell’album sono state scritte prevalentemente a un pia-noforte tedesco degli anni ‘30, eredità del nonno musicista, per poiessere arrangiate in studio in maniera complessa e articolata. Già a par-

tire dalla copertina, omaggio al Battisti di Anima Latina, si intuisce lo spirito che pervade il lavoroe che rimanda ad una grandiosa spazialità, a tratti psichedelica. Atmosfere rilassate e intime, ilmood portante, si alternano a brani dalla ritmica più spinta e quasi dancereccia come Music is theanswer, I’ll get up e There is no time for us. L’utilizzo variegato di strumenti acustici ed elettronicirende l’album eterogeneo e ricco di sfumature. Carlo Cerclin Re è dotato di una vocalità molto godi-bile ed è un bravo interprete, ma pecca un po’ in fatto di originalità. Sia dal punto di visto melodi-co che armonico e musicale gli influssi, o spunti, che hanno determinato la nascita delle canzoniappaiono alquanto evidenti. Questo tuttavia non toglie valore all’opera intera che rimane di spes-sore autoriale. I riferimenti vanno ricercati nelle produzioni estere contemporanee. Se Music is theanwer rimanda da vicino agli MGMT e M83, I’ll get up deve molto ai Phoenix e agli Strokes. In Something doesn’t work è evidente l’influsso del Beck di Morning phase. Più consistente l’ascen-dente, che si ripresenta a più riprese, esercitato da parte di Matthew Bellamy dei Muse. L’esplosionecolorita di Cure of time ci sembra invece omaggiare i The Flaming Lips. Un disco eclettico quindi chespicca per ricercatezza, raffinatezza e complessità di arrangiamento. Per gli sviluppi futuri si auspi-ca avvenga la formulazione di un linguaggio canoro ancor più personale. Barocco

AINÈ • Generation OneUna riuscita fusione tra rap italiano e nu soul e R&B Made in U.S.A.caratterizza l’esordio del romano, ma originario di Foggia, ArnaldoSantoro. L’album è uscito lo scorso maggio per Totally Imported e seguea distanza di due anni la pubblicazione del singolo Cosa c’è. Dopo gli studi presso il Saint Louis college di Roma ha frequentato laVenice Voice Academy di Los Angeles. Ha collaborato quindi con lo

“scattista” Gegè Telesforo, di cui è il nipote, e con Giorgia. Grazie a una borsa di studio messa inpalio da Umbria Jazz, Ainè ha affinato il suo stile al Bekelee College of music di Boston. Il disco si divide in due parti. Le prime sei tracce sono cantate in italiano e le restanti sette in ingle-se. Spiccano i duetti con Sergio Cammariere ( Dopo la pioggia) e col rapper Ghemon ( Tutto dormee Nel mio mondo). Ainè, nonostante la giovane età, mostra di aver ben assimilato la lezione del rapitaliano che va da Bassi Maestro fino al primo Neffa e del vasto campionario della black music con-temporanea. Taylor McFerrin, John Legend, Robert Glasper e Frank Ocean sono solo alcuni deigiganti della black music contemporanea che possono essere citati in qualità di modelli di riferi-mento. Un sapiente uso dell’elettronica, grazie all’apporto del producer Pasquale Strizzi, si accom-pagna a sonorità acustiche di piano, basso, batteria e chitarre. Il suono è caldo, avvolgente, comesi confà al genere. I brani sono ben strutturati e sapientemente arrangiati. La voce vibrante, deli-cata, quasi fragile e vellutata di Arnaldo Santoro ben si muove all’interno delle composizioni erisulta piuttosto credibile nell’alternanza linguistica. Si ritiene tuttavia che per scrittura e inter-pretazione i brani in inglese siano meglio riusciti, in particolare Leave me alone. Questo è forse sin-tomo di un naturale ascendente e predisposizione che andrebbe assecondata. Nelle prossime usci-te sarà probabilmente opportuno operare una scelta definitiva e radicale sulla direzione da intra-prendere. Generation One rimane tuttavia una delle più sorprendenti e godibili uscite della passa-ta annata. Elegante

Il disco del cantautore tosca-no classe ’86, ma vive a

Roma da tempo, giunge dopoanni di carriera durante i qualiil nostro ha accumulato unimportante bagaglio di espe-rienze: i due dischi con iCriminal Jokers in qualità dibatterista e cantante ( Thiswas supposed to be the futuredel 2009 e Bestie del 2012) e lepreziose collaborazioni conNada, Pan del Diavolo, ZenCircus e Giovanni Truppi. Inmezzo gli studi diComposizione per film pressoil Centro Sperimentale diCinematografia di Roma a cuiè seguita la scrittura di colon-ne sonore per film e documen-tari di respiro internazionale,come ad esempio il caso diDollhouse di Edward Balli.La fine dei vent’anni è quindiun esordio che sa già di maturi-tà artistica.

Le dieci canzoni sono il frutto diquattro anni di lavoro e vedonola partecipazione, in qualità diproduttore e co- autore di alcunitesti, di Riccardo Sinigallia. Aimpreziosire il tutto vannoannoverati gli apporti di CesarePetulicchio (Bud Spencer BluesExplosion) alla batteria, il notoGiorgio Canali alle chitarre neidue brani di chiusura eAlessandro Alosi (Il Pan delDiavolo) co-autore e co-interpre-te di Se continuiamo a correre.Francesco Motta possiede unlinguaggio diretto e a trattipoetico. La sua voce è potente eespressiva. Ne risulta un’inter-pretazione personale e coinvol-gente. La scrittura è interes-sante e ben si pone sulla sciadei grandi del passato nellamisura in cui viene posta enfa-si sulla singola parola o verso,cosa che riesce in maniera piùefficace nelle linee vocali svi-

luppate su scale più alte.I testi sono prevalentementeautobiografici. Si passa dallacondivisione di ricordi legatialla sfera familiare (Mio padreera comunista) o al contestourbano quotidiano (Roma sta-sera) fino alla riflessione sullapropria esistenza che, parten-do dal particolare, finisce pertirare le somme sullo stato diun’ intera generazione.Gli arrangiamenti poi sonocurati nel dettaglio e indaganodiversi registri musicali: dalpop al rock, passando per lamusica folk. È un disco vario incui non si ripropone mai lamedesima formula ma in cuievidentemente si è molto ricer-cato attorno alla forma canzo-ne. L’elemento acustico è domi-nante e viene condito da unsapiente uso degli effetti dichitarra e sulla voce, mentrel’elettronica viene centellinata.Le composizioni più interes-santi, a parere di chi scrive,sono quelle che si caratterizza-no secondo un andamentomantrico, ossessivo e tribale,quasi primitivo. Questi ele-menti costituiscono la cifra sti-listica del lavoro e, sposatiall’italiano contribuiscono allacreazione di un linguaggioaffatto innovativo. Tali carat-teristiche appaiono particolar-mente evidenti, secondo diver-se gradazioni, in brani comeRoma stasera, Del tempo chepassa la felicità, Prima o poi ci

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musicanews Guida all’ascolto a cura di Michele Di Muro

Il debutto del polistrumentista pisano è stato uno dei lavori più apprezzati dell’anno appena passato,al punto da meritarsi la prestigiosa targa Tenco come miglior opera prima. Un lavoro fortementeautobiografico tra folk, pop e rock

MottaLa fine dei (miei) 20 anni

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a cura di Serena Di Giovanni>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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spazi ampi alternati ad altri volutamente ristretti che si mostranoparimenti in dialogo e contrapposizione con gli ambienti museali.L’esposizione ospita disegni, progetti e oggetti che rivelano il perso-nale legame dell’artista con il tema della sacralità intesa come spec-chio del vissuto e risposta ai bisogni dell’essere umano. Tra le opereesposte anche gli scatti di Fernando Guerra, Nicolò Galeazzi, José M.Rodrigues, Leonardo Finotti, Luís Ferreira Alves e Mimmo Jodice.

9 novembre 2016 - 26 marzo 2017MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secoloVia Guido Reni 4, RomaDa martedì a venerdì ore 11-19sabato ore 11-22, domenica ore 11-19

saputo conquistare il grande pubblico a partire dal celebre bacio del1950, ‘Le baiser de l’Hôtel de ville’. Doisneau ha immortalato i miti ele icone della Parigi del '900, regalando al contempo un monumen-tale affresco della capitale francese e dei parigini. A renderlo celebre,in particolare, i ritratti di infanti e di innamorati, colti nella loro pro-fonda ‘umanità’. Soggetti che, nella mostra in questione, si affianca-no ai ritratti di note personalità artistiche e letterarie dell’epoca, tracui Picasso, Giacometti e Prévert.

17 dicembre 2016- 1 maggio 2017Forte di Bard, Aostada martedì a venerdì ore 11-18sabato, domenica e festivi ore 11-19

luoghi più remoti del Pianeta durato ben 8 anni. Un itinerario che haprodotto circa 200 fotografie, volte a narrare luoghi straordinari, inrarissimi casi ancora parzialmente incontaminati: dalle foreste tropi-cali dell’Amazzonia, del Congo, dell’Indonesia e della Nuova Guineaai ghiacciai dell’Antartide, dalla taiga dell’Alaska ai desertidell’America e dell’Africa fino ad arrivare alle montagne dell’America,del Cile e della Siberia. In questo senso, la mostra racconta la ‘genesi’del mondo, ciò che è stato e ciò che appare oggi.

28 ottobre 2016- 29 gennaio 2017Chiesa di San Giacomo - Piazza Guido da Monetfeltro, Forlì dal martedì al venerdì ore 9.30- 18.30; sabato, domenica e festivi ore 10- 19

riproduzioni messe a disposizione da Rai Teche per raccontare la vita,intima e pubblica, di Guttuso. La mostra è un’occasione per ripercor-rere anche le relazioni dell’artista con importanti personaggi del suotempo: dagli scrittori Moravia, Vittorini, Saba e Levi, ad altri artisticome Manzù, Moore e Picasso; dai poeti Pasolini e Neruda ai registiDe Sica e Visconti, fino ai musicisti come Nono. Rapporti che hannocondotto a interessanti e storiche collaborazioni cinematografiche,letterarie e politiche.

22 dicembre 2016- 26 marzo 2017Villa Zito, Via Libertà 52, PalermoDal martedì al giovedì ore 10-17Venerdì, sabato, domenica e festivi ore 10-19

artenews La segnalazione delle mostre più interessanti del momento >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Inaugurata lo scorso 26 novembre e visitabilefino al 2 aprile 2017, la mostra ‘Klimt Experience’permette un approccio multisensoriale, dinamicoe interattivo con il lavoro di Gustav Klimt, unodei più significativi artisti della secessione vien-nese. Dopo il successo di ‘Van Gogh Alive’ nel2015 e di ‘Da Vinci Alive’ l’estate seguente, lachiesa sconsacrata di Santo Stefano al Ponteospita di nuovo una mostra altamente innovati-va, progettata e ideata da Crossmedia Groupsotto la curatela di Sergio Risaliti. Un evento checonsente di addentrarsi in capolavori ormaiparte dell’immaginario collettivo come l’Alberodella vita, Il Bacio e la Giuditta, ancora da scopri-re sotto il profilo storico-artistico. Immergendosivirtualmente nella produzione dell’enigmaticoartista viennese lo spettatore ha, infatti, la possi-bilità di apprezzarne ogni dettaglio cogliendoviplurime sfumature. Trenta proiettori laser tra-smettono sui megaschermi più di 40 milioni dipixel garantendo un’altissima risoluzione. Unenorme impatto visivo, dato dalle oltre 700immagini riprodotte dal sistema Matrix X-Dimension, progettato in esclusiva per questainstallazione. Oltre ai supporti didattici fisici,nella zona introduttiva della mostra vengonoinoltre proposte delle esperienze di approfondi-mento attraverso tavoli interattivi touch screen ela Klimt VR Experience. La quale, grazie agliOculus Samsung Gear VR, tecnologia avanzatadi realtà virtuale sviluppata dalla Orwll, consen-te di entrare all’interno dei lavori distinguendo-ne tridimensionalmente ogni elemento.

26 novembre 2016 - 2 aprile 2017Santo Stefano al Ponte, Piazza di Santo Stefano, FirenzeTutti i giorni dalle 10.00 alle 19.00

FIRENZE

Klimt experienceROMA

Álvaro Siza, SacroAl MAXXI di Roma una mostra dedicata al noto architetto portoghe-se, vincitore del Pritzker Prize nel 1992, del Premio Wolf per le arti nel2001, del RIBA's Royal Gold Medal nel 2009 e del Leone d'Oro allaCarriera nel 2012. A cura di Achille Bonito Oliva e MargheritaGuccione l’esposizione nasce nell’ambito del ciclo ‘Nature’, monogra-fiche e installazioni site-specific incentrate sui grandi protagonistidell’architettura. Quella progettata da Siza per il MAXXI è un’installa-zione ambientale, un percorso serpeggiante fatto di pareti oblique,

AOSTA

Robert Doisneau. IcônesL’Associazione Forte di Bard dedica una esposizione monografica aRobert Doisneau, considerato dalla critica tra i più grandi fotografidel Novecento e, assieme a Henry Cartier-Bresson, uno dei padri fon-datori del fotogiornalismo di strada. L’esposizione ‘Robert Doisneau.Icônes’, a cura dell’Atelier Robert Doisneau di Parigi edell'Associazione, presenta una nuova selezione di fotografie realiz-zate dall’ artista francese nel corso della sua carriera. Il percorso èimperniato sull’ iconicità delle immagini che maggiormente hanno

FORLÌ

Genesi Le fotografie di Sabastiao SalgadoL’ultimo grande lavoro del più importante fotografo documentaristadel nostro tempo. È il frutto di uno sguardo appassionato, teso a sot-tolineare la necessità – più che mai utopica – di salvaguardare ilnostro pianeta attraverso un nuovo stile di vita, fatto di comporta-menti più rispettosi della natura e di quanto ci circonda, per raggiun-gere una nuova armonia. Un percorso a ritroso sulle origini delmondo per guardare al futuro, che ha inizio proprio da un viaggio nei

PALERMO

Guttuso. La forza delle coseUna mostra che raccoglie ben 47 nature morte, genere caro a RenatoGuttuso e componente essenziale della sua produzione. Compresi tragli anni Trenta e Ottanta del Novecento i lavori documentano ladrammatica condizione esistenziale del dopo guerra, il crescenteinteresse dell’artista nei riguardi della sintesi cubista e post-cubistapicassiana e la fase più meditativa degli anni Sessanta, esemplificatada opere come Il Cestello (1959), La Ciotola (1960) e Natura mortacon fornello elettrico (1961). Il percorso è inoltre arricchito da foto-grafie – in parte inedite – concesse dagli Archivi Guttuso e da video-

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costante per il lettore: credere o non credere. E’una testimonianza d’amore quella cheSturgeon ci affida, non tanto nel senso religio-so del protagonista che ha scelto, ma nella bel-lezza stessa della vita, del genere umano cosìdiverso e allo stesso tempo così simile. E i per-sonaggi che si susseguono hanno una loro uni-cità, nel bene e nel male, a partire dal perver-tito misogino, che non riesce a desiderare unadonna se prima non la umilia, fino alla svedesenaturalista e nudista, che vive lontana dallametropoli, dalla ragazza goffa ignorata datutti, al poliziotto dal passato non proprio per-fetto, che tenta di recuperare in qualche modo,facendo rispettare la legge secondo la sualegge. Godbody è lo specchio ed il filtro diun’umanità in cammino, con le sue fragilità,ma anche con le sue virtù. La sua presenza rie-sce a far apparire tutte o quasi, queste perso-ne, così come sono, senza maschere o finzioni,con i loro limiti, ma con tante emozioni diverse,dentro e fuori. Godbody è al contempo meta-morfosi e cambiamento.Se uno ha la volontà di crederci fino in fondo,Sturgeon mette in atto una rivoluzione del-l’anima, della mente e del corpo. Lancia unaserie di domande, e sta nel lettore trovare lachiave per accedere alla verità. La risposta nonè la morte, ma l’amore, la risposta non è la finedi tutto, ma la vita. �

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In primo piano

Editoria indipendente

La voce nascosta delle pietredi Chiara Parenti, GarzantiPagg. 380, 16,90 euroIl nonno insegnò a Luna, quando era una bam-bina, il significato e l’importanza delle pietre.Solo che alla soglia dei trent’anni lei non riescepiù a sentire la loro voce. Troppe delusioni l’han-no scoraggiata. Ma tutto piò cambiare, bastacrederci. Magico

Liondi Saroo Brierley, RizzoliPagg. 224, 18,00 euroUn bambino di soli cinque anni sale per sbagliosu un treno e da allora la sua vita cambia persempre. Siamo in India. È quanto è accadutorealmente all’autore che, cresciuto in Australiacon una famiglia adottiva, cerca di rintracciaresua madre e i suoi fratelli. Dal libro è stato trattoanche un film con Dev Patel e Nicole Kidman.Commovente

Nessuno come noi di Luca Bianchini, MondadoriPagg. 252, 18,00 euroVincenzo, diciassettenne, è innamorato diCaterina, sua compagna di banco, ma lei si inna-mora di tutti, tranne che di lui. Lo fa soffrire, chie-dendogli consigli amorosi, sotto gli occhi perples-si dell’amica Spagna. Insieme sono un trio indis-solubile, ma arriverà qualcuno a rompere gliequilibri. Emozionante

Le dee del mieledi Emma Fenu, Milena EdizioniPagg. 170, 8,90 euro Una storia di donne ambientata in unaSardegna di inizio Novecento, intrisa di mito ememoria. Le quattro protagoniste sono diver-se tra loro per condizioni sociali e vissuto, masono unite tra loro da un destino che le avvici-na. Donne forti e coraggiose, dee dolci come ilmiele. Un intreccio narrativo denso di emozio-ni, storia, tradizione e magia. Autentico

Theodore Sturgeon

libri&libri Novità in libreria a cura di Michela Zanarella>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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L’ultimo romanzo dello scrittore di fantascienzastatunitense, Theodore Sturgeon, pubblicato nel1986, ad un anno dalla sua morte, è ora nellelibrerie italiane edito da Atlantide, con la tradu-zione di Marina Sirka Mosur. Dopo oltre trent’an-ni dalla sua uscita è consideratoancora oggi un libro particolare einsolito, dalla trama discussa eambigua, attuale per i significatiche esprime.Siamo in una cittadina americana.L’arrivo di un uomo misterioso cam-bia radicalmente l’esistenza dellepersone. Chi è Godbody, il protago-nista? Già nella scelta del nome siintuisce l’intenzione dell’autore dicentrare l’attenzione sulla figura diquest’individuo, il cui semplicetocco trasmette un irresistibile desi-derio di amare e farsi amare. Aprimo impatto il nome Godbody, initaliano ‘Il corpo di Dio’, ci induce apensare ad un chiaro riferimentoreligioso e spirituale. Ed in parte ècosì, ma c’è molto di più. Si arrivaad un punto estremo, che raccontal’umanità fatta di carne, nel lato più sessuale,istintivo ed animale. Ed è così che si entra in unadescrizione spinta, che può sembrare al limitedella decenza. Il lettore entra in punta di piedi giàdalle prime pagine, consapevole che si troverà a

LETTO PER VOI

GodbodyArriva in Italia il romanzo eretico diuno dei più grandi autori del Novecentoamericano. Un’opera controversa cheracchiude un messaggio rivoluzionario

leggere qualcosa di singolare, anche se la struttu-ra del libro non è molto originale. Ad ogni capito-lo è associato un personaggio, che vive gli stessiavvenimenti e li narra in prima persona. Si iniziacon Dan Currier, pastore protestante, sposato conuna donna bellissima, tutto preoccupato di esserebuono con gli altri. Dan incontra Godbody all’an-golo tra due strade. È nudo. E indossa la suanudità come un abito. I capelli lunghi, sottili, dicolore rosso rame. Intorno alla sua testa un cer-chio di falene bianche in volo. Difficile capire ilcolore dei suoi occhi. Dalla descrizione dettagliatae minuziosa tutto ci porta verso l’iconografia delCristo. Le corrispondenze sono molteplici, e adogni immagine proposta nulla è lasciato al caso.Diventa spontaneo attivare il cervello, capire, sco-prire, analizzare. La scrittura di Sturgeon è flui-

da, come un fascio di luce che arrivaad abbagliare all’improvviso e siavverte la sua necessità di avvolgeree stupire nel modo più naturale pos-sibile chi legge. Forte è la simbologiache si alterna, le falene ad esempiooltre a formare una strana aureola,rappresentano la speranza di ascen-dere dalla condizione terrestre allaluce delle eterne altitudini, il pane èal centro del culto cristiano, cibosacro che abbraccia l’evoluzione delgenere umano con le sue contraddi-zioni, come il vino che da un latosignifica sangue e sacrificio e dall’al-tro gioia ed estasi divina. Godbodyquando si presenta al pastore riferi-sce di essere stato per qualche ora unuccello, il vivere la mimesi, diventarealtro, è stabilire quel legame indisso-

lubile tra cielo e terra, tra dimensione terrena eultraterrena. L’uccello assume molteplici signifi-cati, dall’evoluzione ciclica del pianeta fino a coluiche dimora in cielo, cioè l’anima che lascia il corpoè ‘un uccello che prende il volo’.Anche il riferimento ai colori è dettato da unascelta ben precisa. Il verde nuovo ed intenso èil colore della natura, della speranza, dellavitalità. Il rosso è il colore dell’amore, sia terre-no che spirituale, del sangue, vedi il SacroCuore di Gesù.Già da questi pochi elementi è possibile com-prendere l’immenso e complesso valore del con-tenuto, che ha in sé stimolo di riflessione

GODBODYdi Theodore SturgeonAtlantide EdizioniPagg. 192, 24 euro

L’AUTORETheodore Sturgeon (1918-1985) è considerato uno dei migliori scritto-ri dell’Età d’oro della fantascienza insieme a Heinlein, Asimov, Simak,Clarke e Van Vogt. Tra i suoi libri capolavoro “Cristalli sognanti”, chemette in crisi e in discussione il concetto stesso di ruolo e identità, stra-volgendo le precezioni della realtà. Come sceneggiatore di alcuni epi-sodi della serie Star Trek, alla fine degli anni Settanta, ha introdotto ilconcetto di Prima direttiva (la norma della Federazione dei PianetiUniti che vieta di interferire nello sviluppo naturale di una civiltà).

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sonaggi che interagiscono avari livelli tra di loro, creandoquindi il presupposto di un cor-pus narrativo immenso e riccodi correlazioni. Un’idea chiara euno sviluppo lineare e coerenteha permesso ai Marvel Studiosdi costruire un vero e propriopiano aziendale, articolato inFasi: la Fase 1 comprende iprimi due film su Iron Man e iprimi Thor, Captain America eHulk, culminando nel megacampione d’incassi Avengers esi poneva come obiettivo diintrodurre i personaggi e cattu-rale l’attenzione del pubblico; laFase 2 ha avuto inizio con IronMan 3 e si è conclusa con Ant-Man, passando per Guardianidella Galassia e il secondoAvengers, sviluppando ancoradi più i personaggi già esistentie introducendone di nuovi, cre-ando quel legame di interces-sione che avrà il suo culminenella Fase 3, attualmente incorso. In totale, il MarvelCinematic Universe conta 14film usciti al cinema e altri seiin fase di produzione, con l’api-ce che verrà toccato inAvengers: Infinity War, pellico-la corale che, stando alle dichia-razioni dei registi Anthony eJoe Russo, vedrà interveniretutti e 62 i personaggi apparsinelle precedenti pellicole.

DC Extended UniverseDopo il sucesso dei film Marvel,la reazione della concorrenzaha tardato ad arrivare. Con ben6 anni di ritardo la WarnerBros, detentrice dei diritti d’im-magine dell’intero universosupereroistico DC Comics(Superman, Batman, WonderWoman, Flash e chi più ne hapiù metta) ha deciso di struttu-rare anch’essa un universocinematografico che potesserivaleggiare con Iron Man &Co. Il problema, che fino a que-

sto punto si è rivelato insor-montabile, è la scarsa lungimi-ranza del team creativo dietroquesto progetto: dopo L’Uomod’Acciaio (2013), film che riscri-ve le origini di Supermandando nuova vita a questo uni-verso, si è deciso di non proce-dere per gradi, visto il conside-revole ritardo, e inserire imme-diatamente tutti i personaggiprima elencati nel film Batmanv Superman: Dawn of Justicedel 2015. Probabilmente allaWarner nessuno conosce l’ada-gio “la gatta frettolosa fa i figliciechi”, perché altrimenti non sispiega l’indescrivibile buconero di incoerenza narrativache quest’ultima pellicola siporta sulle spalle. Il film suc-cessivo della serie, SuicideSquad, migliora la situazionema non di molto. Il fatto è chela Marvel, tra il 2008 e il 2012ha prodotto ben 5 film che pre-parassero al mega crossoverAvengers. In questo caso in 6anni non si è fatto quasi nulla.La speranza, tuttavia, è l’ulti-ma a morire e nel prossimofuturo la programmazione deifilm Warner/DC sembra averimboccato la giusta direzione,merito anche della scelta lungi-mirante di affidare a Jeoff

Jones (fumettista DC che ha difatto rivitalizzato testate ormaidate per morte come LanternaVerde) la guida del repartocreativo. Il nuovo anno sembratuttavia promettere bene, con ilfilm dedicato a Wonder Womane il corale Justice League, dovetutti gli eroi collaboreranno tradi loro. Non resta che aspettaredunque.

Star WarsIl padre di tutti gli universicinematografici. Parlare dellagalassia lontana lontana creatada George Lucas nel 1977 devetener conto di una divisionetemporale, prima e dopo l’ac-quisto da parte della WaltDisney Company nel 2012.Prima di questa data GeorgeLucas aveva potuto gestire intotale autonomia la propriacreatura, creando quello che ifan chiamarono ExpandedUniverse: una serie di serial tv,romanzi e videogiochi che inte-gravano la storia della trilogiaoriginale e che avevano varigradi di “canonicità” dalmomento che a volte alcunestorie contraddicevano altre.Con il passaggio alla Disney,Lucas ha perso questa libertà,accettando la decisione da

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dine in quel di Hollywood è creare una trasversalità narrativa tra più pellicole>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

L’idea di creare una trasver-salità narrativa tra più pel-

licole è un concetto che ha presopiede solo di recente grazieall’esplosione del fenomeno deifilm Marvel, e che da lì si è pro-pagato come un’incendio sulleassolate colline californiane. Inrealtà non è una vera novità:già negli anni ’20, quando laUniversal Pictures realizzò unaserie di pellicole che avevanoper protagonisti i principali“mostri” della letteratura otto-centesca (Dracula, Franken-stein, Il Fantasma dell’Opera e

l’Uomo Invisibile) ai quali nevennero affiancati altri creatiappositamente per il grandeschermo (La Mummia, ilMostro della Laguna Nera el’Uomo Lupo). Quel genere dipellicole creò in un certo sensoil concetto di universo espanso,con i vari mostri che si incon-travano di tanto in tanto, senzaperò creare un interazionecorale e continuativa, comeavviene invece oggi. Vediamoquindi nel dettaglio quali sonogli universi cinematograficiattuali, gettando uno sguardo

anche ai possibili sviluppi futu-ri di questa nuova tendenza.

Marvel Cinematic UniverseIl capostipite della modernaconcezione di narrazione tra-sversale. Nel 2008 l’uscita nellesale di Iron Man ha inauguratoun nuovo percorso per i film deisupereroi della Casa delle Ideeal cinema, con un’idea moltosemplice sulla carta: inserire inun contesto narrativo virtual-mente infinito (come avvieneappunto nei fumetti) eroi e per-

cinema Alle major non basta più creare un film a sè stante: la nuova parola d’ord>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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La nuova moda sulle verdi colline di Hollywood è quella dei vasti conte-sti narrativi che comprendono un’infinità di protagonisti diversi, capacidi interagire tra di loro e in cui i vari avvenimenti di un film influenza-no le vicende narrate in pellicole successive

Nuovi universicinematografici

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parte dei vertici della compa-gnia dare tabula rasa delle sto-rie fino a quel momento raccon-tate (escludendo i 6 film) eriscrivere tutto quanto. Da quinasce il progetto Star WarsStories, una serie di lungome-traggi che racconteranno storieparallele e complementari aquelle originali di Lucas,venendo rilasciati alternativa-mente ai nuovi film della storiaprincipale. Quest’anno l’uscitadi Rogue One, storia mai narra-ta ma perfettamente inseritanel continuum narrativo, hainaugurato questo nuovo filoneriscuotendo un buon successo(attualmente stimato a 600milioni di dollari incassati alivello globale) e preparando lastrada a nuove storie: duenuovi film sono già in cantiere,uno su Han Solo nel 2018 e unosu Boba Fett nel 2020, nuovestorie a fumetti integrative eun approccio transmediale piùaggressivo. E all’apparenzavincente.

Mostri UniversalDella serie prima o poi ritorna-no. Dopo anni di tentennamen-ti la Universal ha deciso di met-tere in cantiere un reboot del-l’intero universo dei mostri.L’operazione è iniziata un po’ in

sordina con Dracula Untold,pellicola tutto sommato mode-sta che narrava la trasforma-zione di Vlad III di Valacchianel vampiro Signore delle tene-bre. Il film ha ricevuto incassicosì miseri e critiche tantonegative da spingere i verticidella major a fare un passoindietro e a cominciare il lorotanto agognato universo con ilprossimo reboot de LaMummia (2017) con protagoni-sta l’inossidabile Tom Cruise.Guardando il trailer del filmperò, non sembra esserci moltoin cui sperare, vista la quasiapparente totale assenza delfattore horror in favore dellacomponente action. A questoseguiranno poi film sull’UomoLupo, sul cacciatore di vampiriVan Helsing, sul Mostro dellaLaguna Nera e sulla moglie diFrankenstein. Che fine abbiafatto il mostro originale per oraresta un mistero, così comemisteriose restano le intenzionidella Universal: che un giornoforse vedremo tutti questi“mostri” combattere uno difianco all’altro contro unmostro ancora più mostruoso?

Godzilla e King KongGiusto per restare in tema dimostri. Il franchise di Godzilla

è forse uno dei più longevidella storia del cinema, anno-verando all’incirca 30 film dal1954, e vera icona delGiappone sul grande schermo.Kong, il gigantesco gorillasignore dell’Isola del Teschionato dalla fantasia di MerianC. Cooper nel 1933, può essereconsiderato la controparte diGodzilla sul suolo americano.I due mostri si erano giàincontrati al cinema nel 1962:Il trionfo di King Kong. Oggila Warner Bros ha deciso dirispolverare queste due iconemonstre, con l’obiettivo difarle scontrare di nuovo. Aavviare le danze è stato ilGodzilla di Garrett Edwards(2014) e quest’anno sarà ilturno del grande gorilla, pro-tagonista di Kong: SkullIsland. Se il responso del pub-blico sarà favorevole il grandematch tra Godzilla e Kong nonarriverà prima del 2020. Iltitolo? Godzilla vs. Kongovviamente. Viva la fantasia.

Il Signore degli AnelliLa serie record di PeterJackson basata sulla monu-mentale opera del professorTolkien ha incantato il mondoraccontando il viaggio epico diFrodo Baggins per distruggerel’Unico Anello. La prima trilo-gia si era conclusa nel 2003con l’11 volte vincitore del pre-mio Oscar Il Ritorno del Re ela storia è proseguita, un po’fiaccamente a dire il vero, conla trilogia de Lo Hobbit. Daquel momento nessun proget-to di proseguire la storia dellaTerra di Mezzo si è presentatoall’orizzonte, ma le possibilitàpotrebbero effettivamenteesserci guardando alla vastitàdel corpus di manoscritti diTolkien.

GIORGIO MORINO

cinema La Universal realizzerà un reboot dell’intero universo dei mostri>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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