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Relazione finale di progetto (Genesi) Agg.: 27/02/19 Biblioteca della Facoltà di Agraria Pagina 1 di 33 Vers. 3.6 - agg. 21/12/2018 LA NUOVA BIBLIOTECA DI AGRARIA ------------------- Relazione finale di progetto e prospettive per il futuro

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Relazione finale di progetto (Genesi) Agg.: 27/02/19

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LA NUOVABIBLIOTECA DI

AGRARIA

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Relazione finale di progetto e prospettive per il futuro

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INDICE1 IL PROGETTO DELLA NUOVA BIBLIOTECA Pag.

1.1 LE SPECIFICHE PROGETTUALI 31.2 METRATURE E NUMERO DI VOLUMI COINVOLTI 41.3 UTENTI COINVOLTI 5

2 SERVIZI AL PUBBLICO2.1 GESTIONE SALE - PRESENZE 62.2 ORARI DI APERTURA 82.3 CONSULTAZIONI IN LOCO 92.4 PRESTITO VOLUMI 2004-2014 92.5 LE NUOVE DINAMICHE DEI PRESTITI 2015-2018 122.6 INDICI DI CIRCOLAZIONE 142.7 LE TENDENZE STRATEGICHE DI FONDO 162.8 DD/ILL E REFERENCE 172.9 CORSI 192.10 RAPPORTI ISTITUZIONALI E NUOVI SERVIZI 20

3 SERVIZI AL PUBBLICO 213.1 ANALISI BASATE SU GOOD PRACTICE 213.2 GOOD PRACTICE 2012 223.3 GOOD PRACTICE 2014 233.4 GOOD PRACTICE 2016 243.5 ASIMMETRIE E POSIZIONAMENTO GEOPOLITICO 253.6 BENCHMARKING 263.7 UNA CONFUSA TRANSIZIONE 27

4 BUDGET E POLITICHE DI ACQUISTO 294.1 DINAMICHE DEI FINANZIAMENTI 294.2 STRUTTURA BUDGET E DINAMICHE DI SPESA 304.3 SPESE MATERIALI BIBLIOGRAFICI 314.4 EFFICACIA DELLE POLITICHE D'ACQUISTO 32

Vers. 3.3 - agg. 15/02/2018Vers. 3.4 - agg. 15/05/2018Vers. 3.5 - agg. 15/10/2018

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1 IL PROGETTO DELLA NUOVA BIBLIOTECA

1.1 SPECIFICHE PROGETTUALI E TEMPISTICHE

La Facoltà di Agraria fino al 2011 possedeva una biblioteca centrale e 10 piccole bibliotechedipartimentali. Per ovviare a questa frammentazione e razionalizzare le risorse, nel 2004 è stataavanzata la proposta di creare una biblioteca centralizzata in cui far confluire tutti i fondi librari.La nuova biblioteca occupa ca. 1000 mq. di spazio, distribuiti su due piani. Il seminterrato, riservatoal magazzino a compactus, dispone di 2800 metri lineari di scaffalature, per ospitare circa 80.000volumi. Il piano superiore, organizzato a scaffale aperto, ospita circa 20.000 volumi su 120 metri discaffalature, e dispone di 124 posti lettura con prese elettriche e connessione wifi ; è diviso in 6 salecon posti lettura e scaffalature alle pareti, uffici per i bibliotecari, un bancone e un atrio conpostazioni di ricerca ad accesso libero. L'ingresso porta ad un ampio corridoio centrale checostituisce un punto di snodo, collegando tra loro i locali, e nello stesso tempo serve da estensionedelle sale a scaffale aperto (per esporre riviste, testi e opere di consultazione).

Il progetto ha avuto una storia lunga e complessa: una prima versione semplificata – definita non acaso come un semplice studio di fattibilità - è stata approntata nel 2004. Il primo, vero, layout dellastruttura è stato predisposto dalla Divisione progettazione nel 2008, e i lavori sono iniziati nel 2010con la ristrutturazione del seminterrato e di parte del piano superiore (3 sale e un ufficio). La primaparte della nuova biblioteca è stata aperta al pubblico nel marzo 2012, con varie limitazioni dovuteall'incompletezza degli interventi e al fatto di non poterla presidiare adeguatamente. Per un lungoperiodo è stato infatti necessario tenere in piedi contemporaneamente due strutture separate (lavecchia biblioteca centrale e la prima parte della nuova), con tutte le complessità del caso. L’ultima tranche di lavori è iniziata nel 2013, e la nuova biblioteca è stata aperta il 15 gennaio 2015(anche se alcuni interventi di adeguamento delle attrezzature sono stati eseguiti successivamente). Iveri e propri lavori di trasloco, ricollocazione e risistemazione dei materiali bibliografici sonoiniziati a gennaio 2014 e hanno raggiunto il picco nel 2015. Durante il 2016 le operazioni direcupero dei volumi dalle ex-biblioteche dipartimentali si sono limitate a piccoli fondi rimastiindietro per varie ragioni (di opportunità o per mancanza di spazi); ben maggiore è stato il lavoro dirisistemazione a scaffale e di ricollocazione del patrimonio accorpato: sono stati infatti cambiate lecollocazioni ad alcune migliaia di volumi, altre migliaia sono stati riposizionati a scaffale perrazionalizzare l’occupazione degli spazi; inoltre è stata effettuata una ricognizione a scaffale perverificare l’effettiva presenza delle opere traslocate.Nel 2016, dopo vari solleciti, è stato finalmente approvata in CdA la realizzazione dell'impianto dicondizionamento (che non era stato possibile installare durante il cantiere per la nuova biblioteca) ea giugno la Divisione progettazione e gestione patrimonio immobiliare ha iniziato a predisporre ilrelativo progetto.

[Nota finale – dic. 2017] – Con l’installazione a giugno 2017 dell’impianto di condizionamento ilavori strutturali della nuova biblioteca di fatto si sono completati. A fine 2017 le operazioni dirisistemazione e ricatalogazione del patrimonio bibliografico sono arrivate al 95%: restano darecuperare o riorganizzare poche centinaia di volumi: anche sotto questo aspetto il progetto si puòritenere sostanzialmente completato. Complessivamente le operazioni di trasloco e risistemazionedei materiali bibliografici sono durate 3 anni, a cui però aggiungere i 6/7 anni di lavori preliminari(tra cui ricognizioni in loco, analisi, catalogazioni, classificazioni, scarto e disinventariazioni).

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1.2 METRATURE E VOLUMI COINVOLTI

L'analisi di fattibilità del 2004 e il successivo aggiornamento del 2008 avevano ipotizzato che lemonografie coinvolte nel progetto sarebbero state circa 70.000, le annate di riviste 40.000 (per untotale di 110.000), le nuove acquisizioni 500 volumi l'anno e le riviste attive tra i 150 e 2001 (inentrambi i casi con un trend in costante diminuzione, a causa delle difficoltà finanziarie e delpassaggio di molte riviste all'e-only). Questi dati portavano a stimare l’aumento medio a meno di700 volumi l’anno, che proiettati sull’arco di dieci anni davano circa 6/7.000 volumi. Volumicomplessivi coinvolti nel progetto (nell'arco di 10 anni) : circa 115.000. Il modo più rapido ed efficiente di soddisfare le richieste dell’utenza è ovviamente lo scaffaleaperto: quanti più volumi vengono messi a magazzino, quanto più si alzerà la percentuale dirichieste gestite dai bibliotecari, con spreco di risorse e aumento dei tempi di attesa per gli utenti.Fin dall’inizio era ipotizzabile che sarebbe stato accettabile una percentuale del 5% o meno dirichieste da evadere accedendo al magazzino. Ma era altrettanto evidente che, se per soddisfare il90% delle richieste occorreva mettere 10.000 volumi a scaffale aperto, per passare dal 90 al 95% nesarebbero serviti altrettanti. Tentare di ridurre il livello di accesso al magazzino al di sotto di unacerta percentuale avrebbe prodotto un'espansione esponenziale degli spazi a scaffale aperto: diconseguenza era necessario trovare un equilibrio basato sull’utilizzo che si prevedeva/desideravaper la biblioteca. La dimensione dei locali poneva precisi limiti strutturali: a scaffale aperto sipotevano sistemare non più di 23.000 volumi. Per questo è stato indispensabile selezionare i volumipotenzialmente più utilizzati da mettere a scaffale aperto (individuati in quelli posteriori al 1990 ). Tenendo conto che le riviste attive stavano sempre più diventando disponibili in formatoelettronico, si era ritenuto accettabile mettere a scaffale solo le poche riviste solo cartacee di unacerta importanza, per circa 1.000 volumi. Per le monografie a scaffale aperto, selezionando quelleposteriori al 1990, si sarebbe arrivati a circa 16.000, il 25% del totale. Dato che le scaffalatureaperte possono contenerne 23.000, sarebbero restati margini per l'accrescimento delle collezioni peri prossimi 10 anni senza dover spostare volumi a magazzino.Molto più problematica – a inizio progetto - era invece la situazione del magazzino: rispetto ai metridi scaffalature necessari per ospitare tutti i volumi della Facoltà mancavano circa 4/500 metri lineari(10/15.000 volumi). Questa valutazione è stata rivista dopo aver scartato gli esemplari di rivistamultipli o obsoleti e i metri mancanti sono scesi a poche decine; il posizionamento di nuovescaffalature ha poi risolto quasi interamente il problema. Alla fine, dopo ulteriori operazioni discarto e risistemazione dei materiali bibliografici, le scaffalature si sono rivelate sufficienti.

Le statistiche finali 2017 - detratte le disinventariazioni - sono: monografie nelle sale 13.140, di cui1.160 volumi in prestito vincolato (a cui aggiungere eventualmente 1.566 volumi ancora “dispersi”in Dipartimento e non prestati), libri di testo 2.540 (di cui 400 copie di sola consultazione, e 2.150prestabili), opere di consultazione 1.101, collane 1.000 : totale a scaffale aperto 17.780 (19.346compresi i volumi ancora “dispersi”); monografie a magazzino 43.2002 (di cui 2.080 tra il 1900 e il1919 + 1.670 anni 20) e quelle del fondo storico 2.870, per un totale di 65.416 monografie(compresi i volumi ancora “dispersi”); le annate di rivista presumibilmente sono 39.000, di cui nonpiù di 7/800 a scaffale aperto3. Le riviste attive sono 143, di cui 63 e-only (ma 4 sono open-access e free).

1 rispetto alle più di 800 del 2005 [!]2 detratte le disinventariazioni e i volumi tolti dal catalogo ma non disinventariati in quanto mai patrimonializzate 3 Nel 2016 i dati erano: monografie in sala 14.905, testi 1.960 (380 di sola consultazione e 1.580 prestabili), consultazioni 1.177, collane 1.187 : totale 19.229 monografie a scaffale aperto; monografie a magazzino 45.435 e fondo storico 2.870, per un totale di 67.535 monografie. La diminuzione statistica tra il 2016 e il 2017 è dovuta sia al fatto che nel dato 2016 erano ancora inseriti i volumi “dispersi” (segnalati a parte nel 2017), sia alla ulteriore disinventariazione di qualche centinaio di volumi

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1.3 UTENTI COINVOLTI

Nel definire il bacino di utenti va fatta una distinzione tra utenti reali e potenziali: quelli reali sonogli utenti che interagiscono con la biblioteca usufruendo almeno di uno dei servizi offerti4; quellipotenziali sono tutte le persone che potrebbero prima o poi usufruirne, anche se a volte non sononeppure consapevoli del fatto che la biblioteca può offrire loro dei servizi. Alcuni di queste personeprobabilmente non sono neppure interessate ad utilizzare una biblioteca e in molti casi più che diutenti potenziali potremmo parlare di utenti ipotetici. La possibilità che utenti potenziali decidanorealmente di accedere ai servizi della biblioteca è influenzata da fattori complessi. In prima battutadovrebbe dipendere – quasi in modo lineare - dalla probabilità di trovare in biblioteca ciò che serve:quindi dall’adeguatezza del materiale bibliografico posseduto rispetto alle esigenze di studio e diricerca degli utenti stessi. In seconda battuta la probabilità che un utente potenziale diventi reale puòessere aumentata da quel che potremmo definire attrattività della biblioteca, vale a dire dalla qualitàdei servizi offerti: facilità delle procedure, mancanza di code, ambienti accoglienti, durata deiprestiti, disponibilità dei bibliotecari etc. Come si può intuire sono fattori in cui i dati oggettivi simischiano con aspetti psicologici e percettivi, per loro natura elusivi e sfuggenti.

La biblioteca di Agraria si inserisce all'interno di un tipico contesto universitario, che può esserevisto come un insieme di cerchi concentrici, formati da bacini di utenti (sia reali che potenziali)progressivamente più ampi, ma con un coinvolgimento nell'erogazione dei servizi progressivamenteminore5. Il primo bacino comprende gli utenti che vedono nella biblioteca il proprio riferimentodiretto, vale a dire gli studenti e i docenti della Facoltà. Per gli studenti, il bacino potenzialecoincide con gli iscritti alla Facoltà (4000 circa); il numero degli utenti reali è presumibilmente di1500. I docenti sono 160, anche se pochi di loro utilizzano la biblioteca fisicamente. Il secondo, più ampio, è formato da studenti e docenti di tutto l'Ateneo, a cui è consentito l’accessoai servizi della biblioteca alle stesse condizioni degli studenti e docenti della Facoltà. Gli utentipotenziali sono tutti gli studenti e i docenti dell'Ateneo ; quelli reali erano stimabili qualche anno faa circa 2/300 utenti ogni anno. Per questi utenti il reale utilizzo dei servizi della biblioteca diAgraria dipende da quanto i materiali bibliografici da noi posseduti siano utili per le loro esigenzedi studio e di ricerca: al momento la maggiore sovrapposizione c’è con le discipline biologiche ebiomediche, oltre che con chimica ed economia per quanto attiene l’economia agraria. Il terzo bacino è formato da studenti e docenti di Bicocca/Insubria, parificati ai nostri utenti in basea convenzioni di reciprocità. Il quarto è formato dagli esterni (studenti e docenti di Università nonconvenzionate, utenti non universitari, in tutto poche decine l'anno), utenti marginali in quantoricorrono solo a servizi “superficiali” (consultazione e fotocopie) e non al prestito. Il terzo e ilquarto bacino non sono quindi strategici rispetto alle nostre scelte. [2011 rivisto]

[Nota dic. 2017] – Gli iscritti alla Facoltà, dopo aver raggiunto il picco di 4.227 nel 2015, staprogressivamente stabilizzando (4.204 nel 2017/8). In compenso, è ormai certo che la biblioteca diAgraria sia spesso frequentata da studenti di altre Facoltà (in particolare Scienze), non solo perstudiare ma anche per accedere al prestito di testi condivisi con le altre Facoltà. Va poi aggiunto cheanalisi condotte sui dati del nuovo questionario servizi (sett. 2018), stimano gli utenti reali al 65%degli utenti totali di Facoltà, vale a dire ca. 2500, molto superiori alle precedenti stime e sintomo,forse, di un migliorato rapporto con il nostro bacino di utenti primari.

4 si potrebbe modificare la definizione in “utenti che interagiscono in maniera significativa con la biblioteca”, nel senso che ricorronoalmeno al prestito, perché altre interazioni (l’uso della sala di lettura e delle fotocopie) sono poco significative e difficili da registrare.5 in cui quindi diminuisce progressivamente la probabilità di essere realmente coinvolti nell'erogazione dei servizi abbassando la percentuale di utenti reali sul totale degli utenti potenziali

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2 SERVIZI AL PUBBLICO

2.1 GESTIONE SALE E PRESENZE

La nuova biblioteca è talmente diversa dalla vecchia che è stato necessario rianalizzare le dinamichedi utilizzo. Ciò che è cambiato non è solo come sono utilizzati i materiali bibliografici, ma anche ilmodo con cui gli utenti interagiscono con gli spazi fisici ed – entro certi limiti – il modo stesso incui la biblioteca viene vissuta a livello sociale ; probabilmente è cambiato lo stesso rapporto degliutenti con i bibliotecari. Va poi aggiunto che la segnaletica è ancora in via di definizione: quella a scaffale è provvisoria,mentre l'iconografia dei cartelloni andrebbe rivista per migliorarne l'impatto visivo, sacrificandoeventualmente la precisione biblioteconomica delle definizioni a favore di un'informazione piùvicina all'esperienza empirica.

Come prima passo per analizzare le dinamiche di uso della nuova biblioteca, da marzo 2015abbiamo iniziato a registrare le presenze in sala 4 volte al giorno (alle 9,30, 11,30, 13,30 e 16,30). L’analisi dei dati è resa alquanto complessa dalla limitatezza della serie storica e dal fatto che lafrequentazione della biblioteca è particolarmente suscettibile ad oscillazioni casuali : l’affluenzadipende principalmente dagli orari delle lezioni e può essere fortemente influenzata da fattori qualiil tempo (con il freddo e la pioggia la biblioteca può diventare un rifugio rispetto alla dispersioneche può avvenire all’interno del campus di Facoltà con il tempo bello) o la presenza nei dintorni dialtri spazi di studio.

In generale, in questa analisi così come in quelle a cui si dedicheranno i restanti paragrafi, abbiamoa che fare con un sistema ad alta non-linearità: i fattori che definiscono il suo comportamento sonomolti, e spesso si influenzano reciprocamente, creando circuiti a retroazione i cui meccanismi sonodi complessa valutazione; molti di tali fattori sono poi difficili da quantificare con esattezza ; einfine, alcuni di essi dipendono dal contesto esterno, per sua natura assai variabile. Inoltre, se è chiaro che c’è un rapporto tra frequentazione di una biblioteca e utilizzo dei suoiservizi, non ne deriva necessariamente un evidente rapporto causa-effetto. Se è logico pensare chequanto più le persone frequentino una biblioteca per studiare, quanto più sia probabile che alla finedecidano anche di usufruire delle sue risorse e dei suoi servizi, resta il fatto che ci sono molti utentiche la biblioteca la usano solo per leggere i loro libri in un ambiente silenzioso ed accogliente.Questo tipo di utenti potrebbe non avere alcun interesse ad usufruire dei volumi e dei servizi dellabiblioteca : potrebbero transitare in biblioteca per mesi senza interagire con essa, più o meno comeun neutrino attraversa la materia barionica. In assenza di studi basati sull’osservazione diretta, suquestionari o su interviste, non è possibile sapere che tipologie di utenti frequentino la biblioteca, inche percentuale e che interazioni abbiano con essa: quindi non è possibile avere un modellostatistico attendibile sui rapporti tra frequentazione e uso della biblioteca6. Ancor più importante è il fatto che la relazione causa-effetto potrebbe facilmente essere rovesciata:ad esempio, si potrebbe ipotizzare che quante più risorse e servizi offra una biblioteca, quanto piùdiventi probabile che gli utenti che ne usufruiscono decidano di farlo dentro la biblioteca, affollandole sue sale. Correlazione e causazione quindi non sono sempre sovrapponibili.

6 per questo è stata effettuata una analisi sull’utenza basata su questionari, riattivando il vecchio progetto Taklamakan, su cui ci si era basati nel 2004 per la prima analisi dei servizi di biblioteca con questionari (vedi appendice)

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I dati hanno comunque mostrato che i mesi di maggiore affluenza sono gennaio, maggio, ottobre enovembre, in cui le presenze medie alle 9,30 sono tra il 35% e il 40% (circa 50 presenti su 124posti), alle 11,30 arrivano al 70% e più (ca. 85 presenti), alle 13,30 oscillano tra il 35% e il 45%(45/55 presenti), e alle 16,30/17,30 tra il 30% e il 35% (40 presenti). Nei mesi di minor affluenza(febbraio,giugno, settembre) le presenze alle 9,30 scendono al 25/30% (30 presenti), alle 11,30variano tra il 40% e il 55% (50/65 presenti), alle 13,30 attorno al 35% (45 presenti), e alle 16,30 trail 20 e il 25% (25/30 presenti). Molto più incerta l’analisi di marzo/aprile (a causa della differenteposizione delle vacanze di Pasqua) e di dicembre (ovviamente per le festività e i ponti). Il confronto tra le percentuali mensili mostra che tra il 2016 e e il 2017 sembra esserci stata unadiminuzione, a volte forte (ma ci sono anche mesi con lievi aumenti in alcuni orari) ; nel 2018invece i dati sembrano mostrare un aumento, a volte sensibile, con un recupero dei livelli del 2016.Analizzando i dati sembra evidente una differenziazione tra gennaio/febbraio/marzo (in lieveaumento) e settembre/novembre (in diminuzione). Difficile al momento capire se il trend siadestinato a stabilizzarsi, ma va notato che anche gli iscritti in Facoltà, dopo aver raggiunto il piccomassimo nel 2014/15 con 4227, si stanno stabilizzando attorno ai 4.000 (4.204 nel 2017/18,tendenzialmente 3.950 nel 2018/19). In futuro il loro numero è destinato a rimanere stabile odiminuire ulteriormente, quindi la biblioteca presumibilmente ha ormai sperimentato il massimolivello ipotizzabile di affollamento, dopodiché il livello di utilizzo non potrà che stabilizzarsi. Va poi detto che in Facoltà è stata riaperta come sala studio (con ca. 80 posti) parte della vecchiaex-biblioteca nel capannone, il che dovrebbe ulteriormente togliere pressione alla biblioteca.

Altre conclusioni, più generali :1) la percentuale di occupazione massima – prevedibilmente in corrispondenza delle 11,30 - non

ha mai superato il 70%, indicando una frequentazione elevata ma lontana dalla saturazione,indizio che la biblioteca sembra ben dimensionata. Dal 2017 i picchi sono scesi sotto il 65%.

2) occorre notare che alle 11,30 in ognuno dei mesi di maggiore frequentazione l'occupazione per4 o 5 giorni ha superato l'80% (cioè tra 100 e 110 posti occupati su 124), arrivando in rari casi a120 posti occupati, equivalenti alla piena saturazione. Questi picchi non sembrano avere ragioniparticolari, dato che sono distribuiti stocasticamente e stanno anch’essi diminuendo. Si notainvece che – prevedibilmente - il venerdì l'afflusso è minore.

3) i livelli minimi di occupazione (alle 9,30 e alle 16,30) superano comunque il 30%, con unaescursione tutto sommato limitata tra massimo e minimo, indizio di una certa stabilitànell'utilizzo della biblioteca nel corso della giornata. Constatazione prevedibile, in base aprecedenti osservazioni nella vecchia biblioteca, ma comunque significativa.

4) non appaiono difformità nell'uso delle sale, indipendentemente dai materiali bibliograficiesposti, indizio forse che sono usate soprattutto per lo studio (di materiali propri o dellabiblioteca) scegliendole a caso, più che usarle per ricerche tematiche. La sala A, senza prese aitavoli è meno usata, presumibilmente perché evitata da chi usa i PC (altro indizio significativo).

Nel 2015 un’analisi comparata sul livello di occupazione dei posti lettura nelle biblioteche diAteneo, registrato però solo 2 volte al giorno (equivalenti alle nostre seconda e quarta rilevazione7),ha mostrato che il nostro livello medio di occupazione (44%) è vicino alla media (40%).Escluse le eccezioni fuori scala [Informatica, Scienze Terra, Lingue], il livello più alto - comeprevedibile - è nelle umanistiche, più frequentate in quanto usate dagli utenti come laboratorididattici e di ricerca (la percentuale di occupazione oscilla tra il 69% [BGLF] e il 40% [Filosofia]);poco inferiore per le scientifiche (dal 59% [Biologica] al 36% [Chimica]); inferiore per lebiomediche (tra 20% e 34% ). Il nostro livello ci pone al secondo posto tra le scientifiche. [2015 – riv. dic. 2018]

7 ogni biblioteca può scegliere di fare le rilevazioni in un arco temporale di ca. 2 ore a metà mattina e metà pomeriggio

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2.2 ORARI DI APERTURA

Da febbraio a ottobre 2014 due biblioteche, BGLF e Veterinaria, hanno sperimentato l'aperturaserale fino alle 23,30 (18,00 sabato/domenica). L'apertura è stata garantita da studenti 150 ore,personale di cooperative e vigilantes. Si è evidenziata una certa frequentazione delle due bibliotecheil sabato e la domenica (fino al 30/40% dei posti), specie nelle prime settimane, con un successivocalo. La sera la frequentazione è stata minore, specie dopo le 19,00 e particolarmente a Veterinaria;anche in questo caso la frequenza si è ridotta dopo le prime settimane, arrivando a percentualimarginali (30 utenti a Città studi su 140 posti, il 15%). In sé e per sé il progetto non è stato un fallimento, ma neanche un pieno successo. Entrambe lestrutture hanno evidenziato un basso livello di accesso ai servizi (prestito) e di uso dei volumi: lebiblioteche sono state usate di fatto solo come sale studio. Il declino dei numeri dopo il primomomento di curiosità indica poi che le reali esigenze di apertura serale sono state sopravvalutate:d'altra parte, dopo le 17,00, la fine delle lezioni e il progressivo svuotamento delle strutturedidattiche fa sì che le biblioteche aperte finiscano per essere assai poco frequentate. È interessantenotare che precedenti esperienze relative alla nostra sala lettura quando chiudeva alle 19,00 avevanodimostrato che dopo le 18,00 gli utenti si contavano sulle dita di una mano. Non è chiaro poi che effetto possa avere tale sperimentazione su come verrà posto il problema delprolungamento dell'orario per tutte le biblioteche : l'apertura oltre le 18,00 rende impossibili turni ecambiamenti d’orario incentivati, e indispensabile assumere turnisti o ricorrere a cooperative.

Per quanto riguarda Agraria, nel 2015 si è assistito ad un intensificarsi della pressione dei gruppi distudenti rappresentati in Facoltà per ottenere un allungamento dell'orario di apertura. La rispostainizialmente era stata che l'estensione dell'orario avrebbe richiesto l’adesione volontaria da parte dialcuni bibliotecari ad un cambiamento nell’orario lavorativo, adesione che al momento non c'era; losblocco della situazione veniva quindi rimandato a interventi dell'Amministrazione. Ad aprile 2016,però, uno dei bibliotecari ha cambiato orario, rendendo possibile la chiusura alle 18,00. Dopo qualche mese si possono già trarre alcune conclusioni, sia pur provvisorie: le presenze alle17,30 oscillano tra il 20% e il 30%, cioè tra 25 e 40 posti occupati su 124, leggermente inferioririspetto a quelle delle 16,30 dei mesi precedenti, che oscillavano tra il 30 e il 35%, ma non cosìridotte come ci si poteva aspettare, indizio che l'apertura prolungata ha un suo richiamo. Anche sesono dati difficilmente confrontabili, durante i primi due mesi della sperimentazione dell'aperturaserale a Veterinaria (dopo c'è stato un declino dei numeri) alle 17,30 la percentuale di presenze era33,5%, alle 19,30 23%, con un successivo calo fino al 9% alle 23,30. I prestiti attivati ad Agraria tra le 17,00 e le 18,00 sono 61 su 760 totali (8%) ad aprile, e 67 su 886(7,5%) a maggio (+ 63 consultazioni su 249 a maggio, cioè il 25%): entrambi i dati, tuttavia, sonopoco significativi, perché le consultazioni prodotte da volumi fuori posto o restituiti sono registrateappunto a fine giornata; d'altra parte gli utenti che usano le sale non hanno nessun bisogno diregistrare un prestito, se non all’uscita. È quindi probabile che tra le 17,00 e le 18,00 ci sia un piccoanomalo di registrazioni, anche se a quell'ora la biblioteca è usata per lo più come sala studio.Anche se i dati sono ancor meno confrontabili, durante tutti i 6 mesi di sperimentazionedell'apertura a Veterinaria i prestiti erano stati solo 62. Occorre aggiungere che l'Amministrazione per ora non intende affrontare l'allargamento degli orarimediante incentivazioni (peraltro, dato che copriamo questa esigenza con scelte volontarie, nonsaremmo coinvolti da tale incentivazione) ; inoltre, Agraria è in controtendenza rispetto alle altrebiblioteche: mentre noi abbiamo aumentato l’apertura, quelle che prima facevano lo stesso, a causadi rinunce o trasferimenti di personale stanno tornando a chiudere alle 17,00/17,30, sintomo dellasostanziale fragilità di soluzioni basate sulla disponibilità individuale. Ma tant'è .… [giugno 2016]

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2.3 CONSULTAZIONI IN LOCO

Da maggio 2015 la Div. biblioteche fa registrare per una settimana al mese le consultazioni in locoper valutarne il numero. La difficoltà di intercettare tali movimenti in una biblioteca a scaffaleaperto sono evidenti: lo sforzo di registrarli ha senso solo come occasione per instaurare prassi diconsultazione corrette da parte degli utenti. Si è quindi deciso di registrare le consultazioni tutti i giorni e di farlo nel nostro gestionale 8. Dasettembre 2015 si registrano anche i volumi trovati fuori posto perché non correttamente restituitidagli utenti (valutandole come consultazioni mal gestite). In 8 mesi del 2015 le consultazioni in loco sono state 1337 (più 174 prestiti giornalieri, cioèconsultazioni registrate a uno specifico utente con uscita dei volumi dalla biblioteca), di cui 154(10,2%) derivate da volumi a magazzino; nel 2016 2254 (+135 prestiti giornalieri): non poche, mapur sempre marginali rispetto ai prestiti mensili. Nel 2017 965 (+130 giornalieri), in evidente (einspiegabile) tracollo; nel 2018 2162 (+1710 giornalieri), con un altrettanto inspiegabile recupero. Iprestiti giornalieri sono inferiori alle previsioni : si può presumere che le consultazioni in loco nestiano assorbendo una parte (anche se operano su materiali diversi, dato che le consultazioniriguardano volumi prestabili, i prestiti giornalieri solo volumi non prestabili). Per quanto riguarda la funzionalità della consultazione dei volumi a scaffale aperto, l’esperienza deiprimi due anni ha confermato le previsioni: le criticità maggiori si concentrano sulla gestione dellesale. Nel 2015 un primo controllo degli scaffali aveva infatti individuato il 7% di volumi fuori posto(650 su 9230); dato che i volumi consultati da utenti erano all’epoca poche centinaia, mentre tutti ivolumi erano stati riposizionati a scaffale dai bibliotecari, era inevitabile ipotizzare (vista anche lacomplessità delle collocazioni) che la maggioranza dei volumi fuori posto derivasse da attivitàendogene di risistemazione a scaffale da parte dei bibliotecari, piuttosto che dall'attività esogena diconsultazione di volumi da parte di utenti poco educati all'uso di materiali a scaffale aperto. Solo dopo il completamento delle ricollocazioni e migliaia di consultazioni a scaffale, è ormaievidente che i volumi fuori posto derivano quasi tutti da comportamenti errati degli utenti; e il loronumero inizia a creare seri problemi. Occorre quindi rendere routinari i controlli a scaffale: perciò sista acquisendo un’apparecchiatura in grado di leggere i tag RFID apposti sui volumi, perindividuare quelli fuori posto [nov. 2016]

2.4 PRESTITO VOLUMI

Per i prestiti, la quantità delle transazioni dovrebbe dipendere dal numero degli utenti e dai volumiposseduti: in una biblioteca universitaria in genere esiste una chiara correlazione tra prestiti eiscritti alla biblioteca o alla struttura di riferimento ; quanto al patrimonio, la correlazionevolumi/prestiti è ovvia, anche se non necessariamente lineare. Una biblioteca difficilmente puòintervenire sulla dimensione del proprio bacino di utenti (che dipende da fattori fuori dal suocontrollo, come dinamiche demografiche, politiche in materia di istruzione etc.) e sul numero divolumi (che dipende da fattori storici pregressi). La dinamica dei prestiti può invece essereinfluenzata aumentando la probabilità che un volume venga prestato. Questo in parte lo si può fare intervenendo su come gli utenti usano i servizi della biblioteca.

8 noi usiamo le consultazioni SOL per registrare i prestiti giornalieri (con uscita dalla biblioteca) di opere non prestabili: per gestire le consultazioni in loco si usa un utente fittizio ("CONSULTAZIONE AGRARIA")

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L'assiduità con cui la frequentano, il livello di informazione sulle risorse, la qualità dei serviziofferti, sono tutti fattori che possono avere un effetto moltiplicatore sulle transazioni. Si tratta peròdi fattori difficili da valutare, in cui ai dati oggettivi si mischiano gli aspetti psicologici e percettivievocati in un precedente paragrafo. Ma il principale fattore in grado di far aumentare la probabilità che un volume sia chiesto in prestitoè riuscire a centrare la politica degli acquisti sulle esigenze degli utenti. Si sa che i volumi di testocontribuiscono notevolmente ai prestiti mensili: nel 2014 3530 su 5100 sono riferibili a volumi ditesto (69%), nel 2015 5280 su 8130 (64%), nel 2016 5772 su 8730 (66%), nel 2017 5491 su 8021(67%)9. È probabile quindi che in una biblioteca universitaria l'adeguatezza del patrimonio alleesigenze dei propri utenti coincida in buona parte con la qualità e la quantità dei volumi di testo, main parte non trascurabile anche con il costante aggiornamento delle monografie tematiche.

Iscritti (linea verde), consultazioni (blu), vol. acquisiti (viola, moltiplicati per 3 per rendere la curva compatibile con la scala dellealtre), e prestiti totali (rossa) [dal 2013 anche prestiti mensili (azzurra) e di volumi di testo (gialla)]. Dal 2011 le consultazioni sonodiventate prestiti giornalieri: la linea nera è la somma di prestiti e giornalieri (mantenuti anche nella curva blu per coerenza). Ilconfronto fra le curve mostra la trasformazione strutturale da biblioteca di consultazione a biblioteca basata sui prestiti

fig.1

Se correliamo i prestiti con gli iscritti alla Facoltà, fino al 2006 le due curve si sovrappongono,indicando che il numero di prestiti dipendeva linearmente dagli iscritti. Tra il 2007 e il 2010 le duecurve divaricano, e quella dei prestiti mostra una inclinazione maggiore, con una ulterioredivaricazione dal 2011, indizio che la dinamica dei prestiti non è più correlata linearmente a quelladegli iscritti, e vi aggiunge un overdrive positivo . (fig.1). Probabilmente le nostre politiche diacquisto, centrate sui volumi di testo, e le nuove modalità di prestito (proroghe e richieste on-line)hanno innescato una dinamica autonoma rispetto a quella degli iscritti.Nel 2010 i prestiti sono stati 4692, di cui 3257 mensili, 1400 prestiti a docenti; nel 2011 6095, dicui 4625 mensili + 198 proroghe, 688 ai docenti, più 598 prestiti giornalieri (con uscita del librodalla biblioteca); nel 2012 7092, di cui 4229 prestiti mensili + 415 proroghe, 1577 prestiti aidocenti e 871 giornalieri. Nel 2013 sono saliti a 7678 prestiti, di cui 4754 mensili + 684 proroghe,1543 ai docenti e 684 giornalieri. Nel 2014 (dopo l’accorpamento funzionale delle biblioteche) iprestiti sono stati 8326, di cui 5107 mensili + 1023 proroghe, 1647 ai docenti e 549 giornalieri.

9 tuttavia noi possediamo volumi – non di testo in Facoltà – ma considerati di testo in altre Facoltà: quindi i prestiti di tali volumi andrebbero aggiunti ai prestiti ufficialmente attribuibili ai volumi di testo (ma non possiamo quantificarli)

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Fig 2

L’analisi delle dinamiche interne (disaggregando le varie tipologie di prestiti) tra il 2010 e il 2014 ècomplessa, tuttavia alcuni elementi possono essere rimarcati:

1) i prestiti giornalieri (relativi alla sola biblioteca centrale) erano in costante diminuzione2) le proroghe avevano avuto invece un notevole aumento, anche rispetto agli altri movimenti3) i prestiti mensili aumentavano del 10/15% l'anno, sintomo di una dinamica assestata. 4) la curva dei prestiti ai docenti era stabile, ma i dati contenevano un certo grado di

incoerenza, dato che questo tipo di prestito era gestito dalle biblioteche di Dipartimento conmodalità alquanto discutibili (al punto che è stato necessario normalizzare i dati ex-post).

5) I movimenti globali (mensili/ricerca/proroghe/giornalieri) avevano una dinamica simile aquella dei soli prestiti mensili. Ma a questo livello di aggregazione si nota una diminuzionedel trend di crescita, presumibilmente a causa dell'effetto anticiclico della diminuzione deiprestiti giornalieri e della staticità dei prestiti per la ricerca [nov. 2014]

fig. 3

L’accorpamento dei fondi librari non avrebbe dovuto cambiare più di tanto queste dinamiche, datoche i loro volumi statisticamente non incidevano molto sui normali prestiti a livello di Facoltà (vediin fig.3 la quasi perfetta sovrapposizione tra prestiti mensili di Facoltà e della vecchia biblioteca).

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2.5 LE NUOVE DINAMICHE DEI PRESTITI 2015-18

Come si è visto, la dinamica dei prestiti è sempre stata influenzata da una serie di fattori qualil’aumento - o la diminuzione - degli utenti, i cambiamenti nelle politiche di acquisto e nellemodalità di erogazione dei servizi. Ma fino al 2014 si trattava per lo più di perturbazioni transitoriee reversibili (nel senso che potevano operare sia in senso negativo che positivo, e cambiare di segnonel corso del tempo). A partire dal 2015 sono invece cambiati i parametri di base del sistema,finendo per introdurvi modifiche strutturali probabilmente irreversibili.

La prima fase è durata lo spazio di un anno, il primo dopo l’apertura della nuova biblioteca. In basealle precedenti analisi, per il 2015 si poteva ipotizzare un aumento dei prestiti attorno al 10/15%.Ma già a marzo i dati apparivano nettamente migliori del previsto, con aumenti a volte superiori al50%. Alla fine i movimenti complessivi nel 2015 sono stati 11.526 (+38% rispetto al 2014) di cui8157 mensili (+60%, di cui 155, l’1,8%, su volumi a magazzino10), 1591 proroghe, 1604 prestiti adocenti e 174 giornalieri, e i prestiti dei volumi di testo 5280, il 64% del totale. L’exploit assumevaun valore ancor maggiore se lo si correlava con la curva degli iscritti alla Facoltà (piatta) e con ilfatto che i volumi recuperati durante l'accorpamento erano stati messi a disposizione con moltalentezza a causa delle complesse operazioni di riordino. Inoltre era in controtendenza rispetto altrend d’Ateneo, con i prestiti in diminuzione. Di nuovo, l’analisi è resa complessa dal fatto che lacurva dei prestiti è generata dal sovrapporsi di 4 curve (prestiti studenti, giornalieri, prestiti per laricerca, proroghe) ognuna con dinamiche diverse: i pochi prestiti giornalieri hanno un influssotrascurabile, quelli ai docenti mostrano una sostanziale stabilità, quindi il grosso dell’incrementocomplessivo è dato da prestiti mensili e proroghe. Negli anni “normali” l’aumento delle proroghe era 5/6 volte maggiore di quello dei prestiti (+60%contro il +12% nel 2013, +50% contro +7% nel 2014, +40% contro il +7% nel 2016). Fino al 2014l’incremento annuo dei prestiti complessivi oscillava tra l’8% e il 15%, ma le proroghe eranonumericamente molto inferiori ai prestiti (qualche centinaio contro 4/5.000 prestiti, al massimo1.000 contro 6.000 nel 2014) e quindi la loro incidenza assoluta era ridotta. Quindi l’incremento deimovimenti totali era fondamentalmente sostenuto dalla dinamica dei prestiti, e le proroghe viaggiungevano un overdrive del 2/3% in più. Nell’anomalo 2015, sia prestiti che proroghe sonoaumentati del 60%, il che fa intuire che l’exploit 2015 sia dipeso dall’impennata dei prestiti veri epropri e sia stato quindi determinato dall'apertura della nuova struttura in sé e per sé, grazie allamaggiore accessibilità acquisita dal materiale esposto a scaffale aperto. Anche i dati 2016 si sono rivelati in aumento, ma con dinamiche molto inferiori : 12.910 movimentitotali (+12,1%), di cui 8.731 prestiti mensili (+7%, di cui 165, l’1,9%, a magazzino), 2.211proroghe, 1.833 prestiti ai docenti, 135 giornalieri (+2.384 consultazioni in loco, non contabilizzatefra i prestiti). I prestiti dei testi sono arrivati a 5.772 (il 66% del totale), le proroghe a 1.453. La dinamica ha mostrato un ulteriore rallentamento nel 2017, arrivando a 12.948 movimenti totali(+0,1%), di cui 8.021 mensili (-8,2%), a 2.807 proroghe (+26,9%), a 1.990 prestiti ai docenti, a 130giornalieri (+965 consultazioni in loco, non contabilizzate fra i prestiti) ; i prestiti di testi sono stati5.491 (- 5%, il 67,5% del totale dei prestiti mensili), quelli di volumi a magazzino 175 (2,1%). I dati– tuttavia - scontano almeno 6/700 prestiti in meno per la chiusura della biblioteca a giugno ( mese di alta affluenza) a causa di un cantiere ; in ogni caso la diminuzione dei prestiti è amalapena compensata dall’aumento delle proroghe (ben maggiore della media). Al di là dellachiusura di giugno, nel 2017 può poi essersi fatto sentire l’effetto del blocco degli acquisti 2015/6(la loro ripresa nel 2017 avrebbe quindi ridato fiato ai prestiti nel 2018).

10 nell'analisi progettuale [par. 1.2] tali movimenti (più complessi di quelli a scaffale aperto) non dovevano essere più del 5% : quindi anche da questo punto di vista il progetto funziona.

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Nel 2018 apparentemente c’è stato un aumento : si è arrivati infatti a 15.168 movimenti totali(+17,1%), di cui 8.540 mensili (+6,5%), a 4.845 proroghe (+72,6%), a 1.579 prestiti ai docenti, a171 prestiti giornalieri (+2.162 consultazioni in loco, non contabilizzate fra i prestiti) ; i prestiti ditesti sono stati 6.041 (+ 10%, il 70,7% del totale), quelli di volumi a magazzino 170 (2,0%). Ma inrealtà si tratta di un semplice artefatto statistico, dovuto al fatto che l’annata può contare sui prestitipersi l’anno prima : basta infatti aggiungere i 600 prestiti mancanti nel 2017 per avere un dato“simulato” di 8.621 prestiti, con cui confrontare il dato 2018 (8.540 prestiti, - 1% rispetto ai datisimulati 2017). Alla fine i prestiti 2018 sono inferiori a quelli 2016, e l’incremento nei movimentitotali (da 12.910 del 2016 a 12.948 del 2017, a 15.168 del 2018) si basa unicamente sul forteaumento delle proroghe: movimenti che rientrano nelle statistiche, ma che hanno un valore inferioreai prestiti, essendo movimenti “derivati” o meglio espansioni del prestito originale. La curva deimovimenti complessivi, vista la marginalità dei prestiti giornalieri e la sostanziale stabilità deiprestiti ai docenti, è ormai generata dal sovrapporsi delle 2 sole curve : quella dei prestiti veri epropri (ormai quasi bloccata) e quella delle proroghe, in aumento al ritmo del 40/50% l’anno.

L’analisi è resa complessa dal fatto che i fattori in gioco sono spesso contraddittori; in più, a voltesono “ciclici” (cioè in grado di amplificare le tendenze di fondo), altre volte anticiclici.Inizialmente, ad esempio, il numero dei nostri utenti sembrava in diminuzione, il che non potevanon incidere negativamente sulla dinamica dei prestiti ; ma una volta assodato che il numero degliiscritti è sostanzialmente stabile, questo fattore non è più in grado di spiegare la stasi dei prestiti. Un altro fattore in grado di deprimere i prestiti potrebbe essere la potenziale concorrenza del CIDIS(ormai pienamente integrato nel SBA). Ma se l’offerta degli stessi nostri volumi di testo, ma per 3mesi e con più proroghe, tende a ridurre l’appetibilità della nostra offerta, va detto che questapresunta “concorrenza” va più a discapito del CIDIS che nostra: tra il 2016 e il 2018 noimanteniamo o aumentiamo leggermente i prestiti, mentre il CIDIS perde il 13% l’anno. Più difficile valutare il fatto che da ottobre 2017 la durata dei prestiti dei volumi di testo sia stataridotta da 30 a 20 giorni (e le proroghe aumentate a 2 di 20 giorni): non è chiaro se se le nuoveregole faranno aumentare o diminuire i prestiti ; di certo stanno facendo ancor più aumentare leproroghe. Di certo la percentuale dei prestiti di volumi di testo sul totale sta progressivamenteaumentando (dal 64% del 2015, al 66% del 2016, al 67,5% del 2017, per arrivare al 70,7% del2018), con un trend ormai abbastanza assestato11, indizio che il prestito dei testi sta assumendo unacrescente rilevanza nella più generale dinamica dei prestiti. Molto più limitato, al momento,l’influsso degli ebook : gli acquisti di una certa consistenza sono iniziati solo nel 2017 e riguardanosolo volumi anglosassoni (e pochi textbook o handbook), escludendo quindi i volumi di testo initaliano. D’altra parte ad Agraria, rispetto ad aree disciplinari come Fisica o Farmacia/Biomediche,l’incidenza dei prestiti di volumi in inglese su quelli per la didattica è di gran lunga minore. Certo,non si può escludere che in un prossimo futuro la situazione possa cambiare.

Per sintetizzare, è evidente che dal 2016 la dinamica dei prestiti sta diminuendo e l’incremento deimovimenti complessivi è sostenuto quasi solo dall’aumento (ben maggiore della media) delle proroghe 12 . Sembra quindi che l’effetto inflattivo creato dall’apertura della nuova biblioteca si siaormai definitivamente esaurito. L’apertura della nuova biblioteca ha creato una sorta di transizionedi fase, facendo fare un balzo all’insù ai parametri produttivi: è come se il sistema fosse“collassato” da uno stato di equilibrio ad un altro, dopodiché la dinamica di incremento ha ripresoun trend simile a quello degli anni precedenti, per poi infine bloccarsi. Difficile capire al momento se la dinamica dei prestiti potrà riprendere in futuro o se altri fattoripotranno deprimerla ulteriormente. [2017 - dic. 2018]

11 simile al trend per la BICF, pur con livelli sensibilmente inferiori (62,7 % nel 2016, 64,0 % 2017, 64,6 % 2018).12 rispetto al 2016 nel 2017 si evidenzia un altro effetto: i prestiti medi per volume di testo sono scesi da 3,65 a 2,55senza proroghe e da 4,57 a 3,47 con proroghe e le prenotazioni (indice della pressione sui testi) da 1041 a 805.

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2.6 INDICI DI CIRCOLAZIONE

Una indagine effettuata dalla Divisione biblioteche nel 2015 sulla percentuale di volumi prestabili esull'indice di circolazione (=rapporto tra volumi prestabili e prestiti) nelle biblioteche di Ateneo hafornito interessanti elementi di valutazione. Va detto però che i dati risalivano al 2013, quindi perquanto riguarda la biblioteca di Agraria l'analisi non era solo datata (limitandosi a dare un fermo-immagine del passato), ma – soprattutto - fuorviante: nel 2013 le biblioteche esistenti erano due, ifondi recuperati e messi a disposizione due o tre su 11, mentre adesso la biblioteca è una sola, ifondi sono tutti recuperati e la percentuale dei volumi prestabili sta rapidamente salendo.Inoltre, usare come indice il rapporto volumi prestabili/prestiti non è del tutto conforme aglistandard, che si basano di solito sul rapporto tra prestiti e volumi totali o su quello tra prestiti evolumi dopo una certa data. Di fatto introduce una variabile in più, dato che l'indice non verrebbevariato solo dall'aumento o dalla diminuzione dei prestiti (al numeratore), ma anche se cambiassero- per scelte politiche o ragioni biblioteconomiche - le percentuali di volumi prestabili (aldenominatore). Se il denominatore fosse semplicemente il numero totale dei volumi posseduti,sarebbe per lo più in lentissimo aumento se non quasi invariante (a causa del numero spesso esiguodi nuove accessioni, contrastate peraltro dalle disinventariazioni), e tutto si giocherebbe sul numerodei prestiti erogati. In ogni caso, quello per data viene di solito usato per escludere gli effettidistorsivi creati in alcune biblioteche di conservazione da una elevata percentuale di volumi obsoleti(quindi poco utilizzati), rispetto a biblioteche più recenti, che dispongono mediamente di volumi più“appetibili”; e quello per volumi prestabili in parte potrebbe servire proprio ad escludere i materialidi conservazione e a ridurre questi effetti distorsivi. Ridurre, non eliminare, perché i volumi esclusidal prestito non sono sempre e solo i più vecchi (anzi, a volte potrebbe essere l'opposto).

L'indagine ha anche mostrato una estrema differenziazione – sia per la percentuale di volumiprestabili che per il rapporto volumi prestabili/prestiti - tra le singole biblioteche, che solo inminima parte dipende dall’appartenenza a diverse aree disciplinari:

- sulla percentuale di volumi non prestabili le umanistiche si dividono in due: c'è chi supera il50% [BGLF, Arte – 82% ! - e SAFM], chi oscilla tra il 50% e il 15%. L'indice di circolazioneoscilla tra un minimo del 6% a BGLF e un massimo del 20% a Filosofia.- le scientifiche hanno una percentuale di volumi non prestabili molto variabile: a volte di circa il50% [Agraria, Biologica, Chimica], altre volte minore delle umanistiche (10%/25%) [Fisica,Informatica, Matematica, Terra]. L'indice di circolazione è altrettanto variabile.- le biomediche hanno una percentuale di volumi non prestabili variabile: dal 77% a Medicina al30% al S. Paolo. L'indice varia anche di più (tra il 3% di Farmacologia e il 116 [!] di Vialba).

Il caso delle umanistiche e delle biomediche mostra con chiarezza che non c'è un rapporto direttotra elevato tasso di prestabilità e indice di circolazione: a BGLF l'indice di circolazione (6%) èbasso e si potrebbe pensare che lo sia proprio a causa dell'abnorme numero di volumi non prestabili(62%), ma è basso anche a Lingue (7%) nonostante un basso livello di volumi non prestabili (30%),mentre è – relativamente – alto a SAFM (18%) nonostante l'alta percentuale di volumi nonprestabili (56%). A Vialba l'indice è alto (116%) e a Veterinaria basso (14%) anche se lapercentuale di volumi non prestabili è simile (46% e 48%). A Farmacologia (3%) è bassissimo e laè anche la percentuale di volumi non prestabili (36%), a Medicina i volumi non prestabili sono il77% ma è alto anche l'indice di circolazione (77%). Se c'è una logica, va individuata biblioteca per biblioteca, nella diversità delle collezioni, nelrapporto con gli utenti, nel modo con cui sono erogati i servizi, probabilmente anche nella storia diogni biblioteca. Va in ogni caso detto che le biblioteche umanistiche sono i luoghi elettivi in cui sieffettua buona parte della didattica e della ricerca, contrariamente all’area scientifica.

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Il fatto che il livello medio dell'indice di circolazione possa essere basso anche se è alta lapercentuale di volumi prestabili ha una evidente – e banale – spiegazione matematica: dato chel'indice si basa sul rapporto tra volumi prestabili e prestiti, se il denominatore aumenta perchéaumenta la percentuale di volumi prestabili, l'indice non può che diminuire a meno che ildenominatore non venga aumentato proporzionalmente. Ma questo dovrebbe avvenire operando sufattori non presenti nell'equazione (il numero degli utenti e la probabilità che un volume vengapreso in prestito). Il numero degli utenti – come detto in un precedente paragrafo - è una variabileindipendente. Per aumentare la prestabilità media andrebbe aumentata l'utilità dei volumi inrapporto alle esigenze degli utenti, il che non e' semplice: sulla probabilità che un volume vengachiesto in prestito interviene il suo interesse scientifico, che coincide spesso con il fatto che sia direcente pubblicazione. Su questo entra quindi in gioco l'aggiornamento dei materiali bibliografici,con tutti i problemi che comporta: costi, concorrenza creata dal maggior aggiornamento dellericerche pubblicate su riviste etc. Tutti questi fattori sono all'opera nel caso di Agraria: l'indice di circolazione del 20% (nel 2013,prima dell'unificazione) nasceva dal rapporto tra i 30.000 volumi prestabili esistenti alloranell'insieme della Facoltà e 6.000 prestiti; dopo l'unificazione i volumi prestabili saliranno a 50.000,e per mantenere lo stesso indice serviranno più di 10.000 prestiti. Vero è che i prestiti si stanno ineffetti avvicinando a quel limite, grazie soprattutto ai prestiti dei volumi di testo, dato che il nostropatrimonio di volumi di testo negli ultimi anni ha avuto un fortissimo incremento. L'analisi sul rapporto tra dinamica dei prestiti ad Agraria e livello di aggiornamento scientifico è piùcomplessa. Più i volumi sono obsoleti, meno probabile è che vengano chiesti in prestito; oltre glianni 80/90 l'interesse degli utenti dovrebbe quindi degradare rapidamente (salvo che per pochediscipline a minor tasso di obsolescenza come entomologia, patologia vegetale e biologia dellepiante) arrivando in breve ad azzerarsi. La struttura patrimoniale della nostra biblioteca in base allavetustà dei volumi ha una forma a clessidra: per anni è stata sostanzialmente una biblioteca diconservazione, quindi possiede molti volumi storici, se non obsoleti (che tendenzialmente nonproducono prestiti); c’è però stato un notevole incremento di acquisti dal 2000 in poi, garantendo unnumero elevato di volumi recenti (in grado di produrre un numero significativo di prestiti). Almomento poi non è facile valutare quanto possa incidere sull'attrattività media del materialebibliografico posseduto dalla nostra biblioteca l'aggiunta al patrimonio dei volumi recuperati daifondi librari accorpati: molti sono obsoleti, ma altri possono senza dubbio rivelarsi interessanti.Tuttavia l'equilibrio finale non è facilmente prevedibile, se non si dispongono di serie storichesufficientemente estese nel passato, in grado di correlare i prestiti con la distribuzione per disciplinae per anno di pubblicazione dei volumi. E le nostre statistiche di circolazione, che comunquerisalgono a pochi anni fa, sono inesorabilmente limitate e poco significative, perché quello dei fondiaccorpati è materiale per lo più mai prima messo a disposizione degli utenti e di cui quindi nonpossiamo conoscere le dinamiche di uso. Inoltre, noi stiamo agendo attivamente su entrambe le grandezze su cui si basa l'indice dicircolazione: da una parte stiamo disinventariando una tale quantità di volumi da ridurresensibilmente il denominatore; dall'altra, stiamo anche catalogando centinaia di volumi recenti maitrattati prima, producendo sì un lieve aumento del denominatore, ma anche creando le condizioniper un aumento dei prestiti, e quindi contribuendo ad incrementare ulteriormente il numeratore. Mail fattore più importante che sta agendo con forza sul numeratore, ovviamente, è l'aumento più chelineare dei prestiti generato dall'apertura della nuova struttura. Ad Agraria, quindi, non solo i parametri in gioco stanno continuamente e profondamentecambiando (senza che sia facile capirne l'effetto cumulato), ma stiamo anche intervenendoattivamente per modificarli, introducendo effetti di retroazione nel sistema, e quindi aumentandoneil livello di non-linearità e rendendolo sempre meno predicibile (anche se - occorre ricordarlo - isistemi non-lineari sono deterministici). [dic. 2015]

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2.7 LE TENDENZE STRATEGICHE DI FONDO

Per le biblioteche le prospettive sono segnate da tendenze di fondo difficilmente eludibili:- aumento delle risorse on-line direttamente recuperabili dagli utenti e quindi crescente

disintermediazione, con utenti sempre più autonomi (o che si credono tali)- diminuzione dei fondi, quindi degli abbonamenti e delle monografie acquisite - progressiva centralizzazione degli acquisti, delle politiche bibliotecarie e dell’offerta di servizi

(risorse on-line, Explora, SFX etc.). In particolare il portale della Divisione rende difficiledistinguere tra biblioteche che non sono affatto omogenee, né lo saranno mai, per ragionistrutturali (non hanno le stesse risorse e non offrono gli stessi servizi) e rischia quindi di creareun “effetto marmellata”, con gli utenti che confondono le biblioteche tra di loro.

Gli effetti di queste tendenze sono evidenti: le riviste cartacee in continua diminuzione e il ridursidelle nuove acquisizioni di monografie per mancanza di fondi finiranno per produrre un costante,lento “svuotamento” delle biblioteche, modificando profondamente il profilo dell’offerta alpubblico. Con meno volumi a disposizione e utenti che possono sempre più accedere senzaintermediazioni alle risorse dal proprio PC, la biblioteca finirà per trovarsi al bivio tra unprogressivo rattrappimento o il passaggio ad un approccio più complesso nei confronti degli utenti,trasformandosi in un centro servizi per facilitare l'accesso alle risorse. È probabile quindi che lebiblioteche dovranno cercare un difficile equilibrio tra convivenza con la crescente virtualizzazionee necessità di mantenere un approccio “fisico” con gli utenti, tra centralizzazione e mantenimentodi un’identità legata al proprio “territorio” [universitario]. Questi fattori sono destinati ad avereeffetti profondi, in particolare sulla fornitura di articoli e volumi non posseduti in Ateneo (DD/ILL):il prevalere dell’e-only a livello nazionale e la diminuzione dei cartacei farà diminuire fortemente iDD, dato che le strutture di ricerca italiane finiranno per avere tutte a disposizione più o meno lestesse risorse, mentre quelle di proprietà “riservata” delle biblioteche (cartacei e on-line)diventeranno sempre più marginali. Per contro ad Agraria l’accorpamento metterà a disposizionemolte più risorse. Difficile quindi prevedere se i nostri DD diminuiranno o meno: probabilmentepotranno aumentare solo se si riuscirà ad avere un rapporto integrato con i nostri utenti

Gli effetti sul reference (ricerche assistite) di queste tendenze sono ancora più impredicibili e sottili.In generale, strumenti complessi o di non immediata comprensione, rischiano di generare una sortadi iper-disintermediazione: l'utente frustrato non solo non verrà più in biblioteca, ma potrebbeperfino evitare di utilizzare gli strumenti bibliografici “professionali” per il più semplice Google(con tutti i pro e contro che ciò comporta). D'altra parte, il fatto che per l'utente diventi sempre piùcomplicato capire perché il recupero diretto (=con un solo click) di una fonte non riesca, potrebberiaprire uno spazio per la tipica funzione di supporto del bibliotecario: se i problemi sono legati aerrate impostazioni nelle strategie di ricerca o a problemi contrattuali, quel che serve è unaconoscenza complessiva dei problemi di ricerca/recupero di fonti, che è appunto la specializzazionetipica di un bibliotecario. Nonostante questo, resta il dubbio che il mancato ricorso al reference da parte degli utenti – unitoalla scarsa richiesta di corsi sulle risorse bibliografiche - dipenda da fattori strutturali più profondi. Ireference dovrebbero nascere prevalentemente in fase di stesura della tesi ; ma in facoltà come lanostra, le tesi spesso sono impostate dal docente per inserirle all’interno di un particolare percorsodi ricerca, il che può implicare che le bibliografie siano già in buona parte impostate in partenza. È anche possibile che l’introduzione della nuova didattica abbia semplicemente abbassato il livellodi complessità delle tesi, rendendo meno importante l'accuratezza dei riferimenti bibliografici. Sequesto fosse vero non sarebbe semplice contrastare queste tendenze di fondo. Un ultimo fattore – nient’affatto trascurabile - potrebbe semplicemente essere costituito dalla scarsaconsapevolezza da parte dei nostri utenti dell'esistenza di servizi come il reference o il DD.

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Che si tratti di un effetto della disintermediazione, di un abbassamento del livello delle ricerche o dimancanza di informazione, restano alcune questioni di non semplice soluzione:

innanzitutto occorrere rendere consapevoli gli utenti che non trovare quel che si cerca, spessonon dipende dal fatto che c'è nulla da trovare, ma da errori nella strategia di ricerca e/orecupero. Spesso gli utenti non si rendono neppure conto di non aver trovato [tutto] quel checercavano: questo perché la stessa definizione "ottenere quel che si cerca" è di per sé ambigua:per prima cosa presuppone una definizione univoca di "ottenere": cercare volumi su unargomento e trovarne due significa aver "ottenuto [quel che si cercava]" (= una rispostasoddisfacente) o no ? Sì, se i volumi disponibili erano due, no se erano 10. Quindi, il giudiziodell'utente su quanto ha ottenuto è irrimediabilmente falsato dal livello delle sue conoscenze:ma se un utente sta cercando qualcosa, di solito, è proprio perché non sa (e vuol sapere). Ancheil termine "ciò che si cerca" è tutt'altro che univoco: una delle domande che più facilmentemandano in crisi un utente è "cosa vuoi realmente ? "; spesso è spiazzato e proseguendo conl'intervista capisce che la sua domanda è mal posta o non specifica bene ciò che sta cercando.Ad esempio, se si cerca un volume su un argomento, ma l'argomento per la sua specificità nonpuò che essere trattato in un articolo di rivista, la ricerca sarà falsata dall'inizio, perchéconfonde lo scopo (trovare notizie sull'argomento) con l'oggetto (il medium in cui trovarle).

in secondo luogo occorre far arrivare all'utente l'informazione che il bibliotecario ha lecompetenze per migliorare l'efficienza nella ricerca e nel recupero delle informazioni: questaconsapevolezza non è affatto di per sé evidente, e quindi non è detto che emerga naturaliter.Più la ricerca delle informazioni in rete diventa apparentemente semplice ed automatica, piùquesta consapevolezza si può perdere: se gli strumenti "fanno tutto da soli" e sono gli stessiper tutti, perché un bibliotecario dovrebbe possedere una marcia in più nell'utilizzarli ? Larisposta a una simile domanda non è affatto banale, perché presuppone una dimensionenascosta nel mondo dell'IT ("ci sono altri strumenti" ; "l'uso di questi strumenti non è cosìbanale come si pensa" ; "qualunque ricerca, anche banale, dipende da sottili impostazioniconcettuali e perfino epistemologiche che ai più possono sfuggire"). Una delle ragioni per cuinon è detto che si sappia che i bibliotecari possono padroneggiare questa dimensione nascosta èche spesso loro stessi non la padroneggiano; e fanno quindi a volte gli stessi errori delnormale utente …

Un’analisi a parte richiedono i discovery tool (in grado di fare ricerche su più database). I primi(come METALIB), dato che lanciavano ricerche multiple per poi assemblare a forza i dati eranocosì complessi e limitati da non essere sostanzialmente adatti a ricerche bibliografiche. Quelli di nuova generazione (come Explora o Primo) creano invece indici recuperando i dati dallesingole banche dati e li organizzano con una logica simile a Google; di conseguenza il loro rankingappare per la prima volta potenzialmente utile per gli utenti, anche se presenta limiti evidenti e nonpuò certo essere paragonabile all'efficienza di Google. Resta poi, intatto, il problema tipico dellemeta-ricerche: dato che le b.dati hanno strutture diverse, i discovery tool devono "appiattirsi" sustandard elementari e le loro ricerche sono inevitabilmente meno raffinate e più rudimentali dellericerche lanciate all'interno di una singola banca-dati. A questo punto, perché non usare Google, chepuò sfruttare un ranking ben più raffinato e una potenza di calcolo ben maggiore (nonché uncontinuo miglioramento) rispetto a strumenti "proprietari" come SUMMON / Explora ? Infine, lo stesso portale, con la sua grafica sempre uguale, rende difficile distinguere tra bibliotecheche non sono affatto omogenee, né lo saranno mai per ragioni strutturali (non avendo le stesserisorse e non offrendo gli stessi servizi) : rischia quindi di creare un “effetto marmellata”, con gliutenti che confondono le biblioteche tra di loro. [maggio 2012][rivisto marzo 2015]

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2.8 DD/ILL E REFERENCE

Nel 2013 gli articoli forniti o ottenuti (DD) erano 846, nel 2014 880, nel 2015 758, nel 2016 457,nel 2017 520 e nel 2018 487. Aggiungendo gli ILL (prestiti interbibliotecari), la curva, dopo unincremento tra il 2012 e il 2014, segnala una diminuzione nel 2015, ancor più accentuata nel 2016,arrivando a un – 47% rispetto al 2014. Nel 2017 c’è stato invece un incremento del 14%, forsedovuto all'immissione nel catalogo nazionale ACNP dei periodici recuperati dall'accorpamento, cheha allargato la nostra offerta ; e nel 2018 una sostanziale stabilità. Inoltre i DD derivati non dariviste ma da volumi arrivano a percentuali elevate (25/30%), indizio che la dinamica dei nostri DDè mantenuta dalla forza del nostro patrimonio di monografie. È tuttavia dubbio che Agraria potràmantenere il trend, dato che i fattori evidenziati nel precedente paragrafo, in particolare il pesodell'e-only, continuano ad agire fortemente in senso negativo per i DD derivati da articoli di riviste.Va detto che dal 2004 a livello d’Ateneo c’è stato un calo anche maggiore del nostro e che continuatutt’ora, quindi il nostro trend è leggermente migliore di quello generale. [feb 2018]

Le nostre sessioni di ricerca possono essere definite reference solo se vi si applicano i parametritipici di una biblioteca scientifica, inferiori rispetto agli standard delle umanistiche (interazione perca. un'ora, con prenotazione, e il bibliotecario che effettua la ricerca con l'utente accanto). Nellescientifiche il fatto che la ricerca spesso coinvolga una sola banca-dati e l'utente abbia già un'idea sucosa cercare rende l'interazione più semplice: il bibliotecario può limitarsi ad impostare la ricerca,per poi limitarsi ad intervenire solo se richiesto, senza restare accanto all'utente. Per anni i nostri reference sono stati definiti in base all'accesso ai PC interni (con registrazione).Anche se tali accessi non producevano sempre vere sessioni di ricerca, si dava per scontato che cifossero altrettanti reference non registrati perché nati come semplici richieste di informazionibibliografiche (se non addirittura come semplici richieste di volumi): quindi alla fine i due fattoridovevano compensarsi. Questa scelta – assieme al fatto che le biblioteche coordinate davanostatistiche creative - ha portato però a dati statistici presumibilmente gonfiati (1500 reference nel2011 !). Negli anni successivi si è quindi cercato di stimarli in maniera più realistica, arrivando aregistrare le vere sessioni di ricerca, con significative interazioni con gli utenti (più di 20 minuti ericerche su b.dati), distinguendoli dagli accessi privi di significative interazioni con i bibliotecari. I primi dati “veri” sono 210 reference nel 2014, 114 nel 2015 e 65 nel 2016, con una costantediminuzione e 25 nel 2017, con una fortissima diminuzione.

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Va detto che anche sul reference a livello d’Ateneo c’è stato un calo molto simile al nostro e chei nostri utenti hanno spesso un rapporto limitato ed utilitaristico con le ricerche bibliografiche:cercano qualcosa di specifico in tempi rapidi, il che rende difficile intercettare le loro esigenze peroffrire un servizio che, per sua natura richiede tempi lunghi (se erogazioni differite). Complicarglila vita proponendo appuntamenti o complesse strategie più che altro può farli perdere come utenti.Il reference e l’information literacy, vista la struttura delle biblioteche scientifiche, e l’approccio avolte sbrigativo degli utenti, non possono che nascere in parte intercettando le esigenze inespresse –o espresse solo in parte – dagli utenti nel principale momento di interazione con la biblioteca, chespesso coincide con il loro presentarsi al bancone. I bibliotecari devono essere in grado quindi diapprofittare dei piccoli spiragli offerti, senza forzare l’interlocutore, ma senza rinunciare a priori nelmantenere aperto un canale anche se l’utente sembra non averne nessuna intenzione. [ feb. 2017]

2.9 CORSI

L'attivazione di corsi per gli studenti è una priorità, ma l'esperienza ha mostrato che non è semplicefarlo. Il problema principale è che per uno studente la partecipazione ad un corso ha senso solo sedistribuisce crediti: l'impegno chiesto per seguire le attività curriculari è tale che ogni ulterioreimpegno dovrebbe essere giustificato da vantaggi rilevanti. A meno che i bibliotecari non venganoabilitati a svolgere attività seminariali in grado di produrre crediti, i corsi di fatto non potranno cheessere svolti all'interno delle lezioni tenute dai docenti. Le soluzioni sono quindi poche: si puòcercare un rapporto più stretto con la docenza, o differenziare l'offerta di corsi per adattarsi allerichieste delle varie tipologie di utenti, o provare a fornire assistenza in altro modo (creandoopuscoli, offrendo assistenza personalizzata, utilizzando servizi interattivi).

Più in generale i corsi possono essere di 3 tipi: corsi di alfabetizzazione bibliografica (servizi della biblioteca, scelta degli strumenti, Opac,accenni alle b.dati) organizzati da noi e centrati sull'erogazione dei servizi

corsi on demand (scelta strumenti, Opac, strategie ricerca, b.dati) all’interno dei corsi di docentie centrati sulla ricerca bibliografica nelle banche-dati, solo marginalmente su Opac e servizi

corsi della Divisione (con slide standard, strumenti per registrare utenti e somministrarequestionari) di alfabetizzazione (“Vieni in biblioteca !” basic), sulla ricerca in Opac e b.dati(“Vieni in biblioteca” enhanced), su singole b.dati (WoS, Pubmed) o su strumenti citazionali(WoS, Scopus, Mendeley etc.). Se i nostri corsi venissero istituzionalizzati vi rientrerebbero

Durante l'accorpamento delle biblioteche l'impegno richiesto ha reso difficile erogare corsi. Nel2014 non ce ne sono stati, nel 2015 1 per 60 utenti, nel 2016 3 (2 per triennali e 1 per magistrali),ognuno di circa 2 ore e 20 partecipanti, nel 2017 2 per triennali, da 2 ore e 20 partecipanti. Pur avendo fornito parecchie informazioni, sono state esperienze problematiche. Quelle svolte inaule prive di PC sono state fatte sul PC del docente, costringendo ad operare su un terreno assaiinsidioso; d'altra parte, usare i nostri vecchi portatili avrebbe implicato risolvere problemi diconnessione e compatibilità (non tutte le prese sono attive, connettere il PC non è intuitivo etc.).Dove sono state erogate in aule con PC e schermo, sono sorti problemi tecnici e di connessione chehanno creato criticità insidiose (in WoS), dato che l'ambiente è da “domare” : lo schermo può esserepoco visibile da chi opera, possono esserci problemi di compatibilità con bdati e slide etc. In fase di analisi va poi notato che corsi e reference dovrebbero essere collegati. Inoltre :

chi fa i corsi dovrebbe partecipare ai gruppi di lavoro della Divisione.

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i corsi di alfabetizzazione, non distribuendo crediti, non sono appetibili ; e infatti tra lescientifiche non hanno mai avuto successo (per le umanistiche è in parte diverso : i loro utentiusano la biblioteca come laboratorio). Al momento sono un'esigenza interna i corsi si organizzano trovando aule, pubblicizzandoli, gestendo iscrizioni e problemi tecnici.La prima volta possono essere fatti in house, ma se istituzionalizzati rientrerebbero nei rigidistandard della Divisione, confrontandosi con offerte basate su anni di esperienza. i corsi on demand sono per lo più sulle b.dati e marginalmente su cataloghi on-line e servizidi biblioteca: se svolti in aule con PC e proiettori non è detto che venga garantita assistenza per iproblemi tecnici; se lo sono in aule senza PC occorre essere attrezzati. Chi fa i corsi deve esserepreparato ad affrontare vari tipi di problemi, spesso elusivi : è necessario essere in 2 i docenti hanno necessità diverse e quindi ogni corso ha spesso una diversa impostazione. Disolito vengono “offerti” slot di due ore, una durata troppo limitata per trattare esaustivamentetutti gli argomenti (b.dati, scelta degli strumenti, Opac). Diventa quindi essenziale decidere il“taglio” da dare, avere i tempi giusti ed essere flessibili. In ogni caso l’offerta di corsi potrebbedover essere radicalmente ripensata. [marzo 2017]

2.10 RAPPORTI ISTITUZIONALI E SERVIZI I

La creazione di mega-dipartimenti ha parzialmente destrutturato i rapporti istituzionali e rese piùcomplesse le interazioni tra biblioteca e strutture di riferimento: in passato per comunicareun'informazione relativa a un Istituto la biblioteca doveva mettersi in contatto con una ventina didocenti, afferenti alle stesse aree disciplinari; la stessa operazione su un Dipartimento significadover contattare 60 o 70 docenti, affiliati a varie aree disciplinari e di ricerca. È evidente che in talecontesto i normali canali comunicativi (e-mail al direttore della struttura, girata a tutti i docenti)sono poco proponibili. C’è poi da considerare che – a causa della dipartimentalizzazione e dellanaturale evoluzione della ricerca – sta aumentando l’interdisciplinarietà: individuare precisi filoni diricerca ed assegnarli univocamente ad un gruppo ben individuato potrebbe quindi risultare difficile. Di questo va tenuto conto qualora si volesse attuare una profilatura dell’utenza, per segmentare especializzare i canali informativi (ad esempio, per elenchi di nuove acquisizioni, proposte diacquisto o altri servizi mirati). È quindi importante sviluppare nuovi strumenti che consentano diindividuare gruppi di docenti omogenei per interessi disciplinari, verso cui indirizzare informazionie comunicazioni mirate. Potrebbe essere interessante anche utilizzare blog. Facebook e Twitter

Contemporaneamente, l’accorpamento delle ex-biblioteche di Dipartimento cambia sensibilmentel’approccio psicologico e relazionale del corpo docente con la biblioteca. Se prima chi avevabisogno di “servizi bibliotecari” (in senso lato, da un DD all’acquisto di volumi) si limitava a farepochi passi in Dipartimento, entrare nella stanza dedicata alla biblioteca e rivolgersi a personale chefaceva parte della loro stessa struttura, adesso deve rivolgersi ad una struttura esterna, fisicamentelontana e per certi versi psicologicamente vista come estranea. Anche se non emerge esplicitamente, i docenti che in passato non hanno mai avuto contatti regolaricon la biblioteca centrale (la maggioranza) potrebbero avere un certo impaccio nel rivolgersi a unastruttura di cui non fanno parte e con cui non hanno rapporti personali consolidati. Va però dettoche se la biblioteca riuscisse a garantire con continuità un accesso relativamente semplice e“neutrale” alla possibilità di acquisire volumi per la ricerca o alla possibilità di ottenere materialibibliografici non posseduti dall’Ateneo (DD/ILL), questo potrebbe rendere più facile a docenti ericercatori rapportarsi naturaliter alla biblioteca come struttura di servizio. [set. 2012 – 2013]

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3 VALUTAZIONI E CONFRONTI

3.1 ANALISI BASATE SU GOOD PRACTICE

In questo momento l'analisi di una biblioteca deve necessariamente tener conto dei dati Goodpractice, un progetto che confronta i costi medi per operazione tra le università partecipanti. GPvaluta 10/11 attività, individuando innanzitutto la percentuale di tempo che ogni dipendente dedicaalle varie attività, poi trasformata in ore-uomo di attività (su 1500 ore-uomo annue, il 10% vale 150ore) ; poi calcola il costo totale dell'attività in base al costo contrattuale dei dipendenti e infine lomette in rapporto con i dati produttivi, per individuare il costo unitario delle attività (quindi la loro“efficacia”). GP tuttavia divide le attività in filoni non sempre paragonabili con quanto avviene inbiblioteca: a volte attività distinte in GP sono in realtà integrate in un unico processo, al punto danon essere distinguibili ; per contro altre attività messe assieme in GP sono di norma separate.Infine, ci sono seri dubbi sulla scelta di un’attività a discapito di altre. Ma il vero problema di questa analisi è che si basa sulla percentuale di tempo dedicato ad unaattività. Nel 90% dei casi le persone svolgono più attività nel corso della stessa giornata, quindi perdefinire la percentuale FTE "dedicata" ad un'attività va fatta prima una auto-valutazione da parte delsingolo sulla percentuale che lui stima dedicare a quella attività, e poi una valutazione della strutturasulla somma di tali auto-valutazioni (eventualmente riviste). In generale tutto si basa su valutazionisoggettive, con scarso supporto di precise registrazioni sui reali carichi di lavoro giornalieri. È quindi probabile che ì dati GP contengano un errore statistico sistematico. Occorre notare chequesti errori verrebbero amplificati esponenzialmente nell'analisi di attività marginali: un errore di0,1 FTE su un'attività che complessivamente impegna 2 FTE incide per un ventesimo del totale (il5%), un errore tutto sommato accettabile; lo stesso errore su un'attività da 0,5 FTE inciderebbe perun quinto del totale (il 20%), il che renderebbe di fatto parzialmente inattendibile quest'ultimo dato.Se si analizzano le diverse biblioteche, si può notare facilmente che solo quelle con più di 10 FTEimpegnano più di un FTE in molti filoni di attività e quindi hanno un tasso di errore statisticoaccettabile; in quelle con 3/4 FTE i singoli filoni di attività si fermano a frazioni di FTE, quindiincorporano inesorabilmente alti livelli di errori statistici. E di questa differenza andrebbe tenutoconto in fase di analisi (in particolare per Agraria a proposito dei filoni di attività meno consistenti).

C'è un altro fattore da rimarcare: GP è un "gioco a sommatoria zero". In altre parole, sia per ilsingolo addetto che per la biblioteca nel suo complesso, la somma delle attività deve dare 100. Datoche gli indici di GP si basano sul rapporto tra FTE impegnati e parametri produttivi (=numero dioperazioni compiute), a parità di operazioni svolte più si abbassa la frazione di FTE impegnata inquella attività, più gli indici migliorano. Ma, ovviamente, abbassare la copertura in FTE diquell'attività impone di alzare quella per un'altra attività "concorrente", per arrivare al 100% diFTE. Dato che la valutazione di una biblioteca deriva dalla media degli indici di tutte le attività, glierrori statistici in più in alcune attività verrebbero compensati da errori in meno di altri.

La principali incertezza metodologica è quindi legata ad un altro aspetto, e cioè al fatto che nontutte le attività sono correlate a dati quantitativi e quindi valutabili in termini di costi unitari: ad es.le attività progettuali non lo sono. A causa del fattore "sommatoria zero" – la loro presenzapotrebbe distorcere il peso delle attività di "base" (queste sì valutate con dati quantitativi) e quindisopravvalutarne gli indici di efficienza.

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Discorso simile vale per attività imperfettamente correlate a dati produttivi. Ad es., la gestione deiservizi al pubblico e delle sale può solo in parte essere correlata alle ore di apertura o a parametriancor più generici, come il n. di metri quadri o il numero di utenti, senza poter valutare altri fattoriessenziali, come il numero di sale e/o piani, se la biblioteca è a scaffale aperto, l’organizzazione deiservizi e delle collezioni etc. A parte queste incertezze, a causa della presenza del fattore "sommatoria zero", l'inevitabileconclusione è che l'unico modo per aumentare gli indici di efficacia/efficienza (in assoluto o inrapporto alle altre biblioteche) consiste nell'aumentare in generale le operazioni svolte per il maggior numero di attività, cioè elevare complessivamente i parametri produttivi . Dato che - acausa della riduzione delle risorse - alcuni parametri produttivi (i volumi acquisiti/catalogati, leriviste gestite, i fondi) non potranno che diminuire, tutto si gioca sulla capacità di aumentareprestiti, DD/ILL e reference. Un'operazione non facile, ovviamente, dato che i prestiti dovrebberoderivare linearmente dal numero di volumi acquisiti e anche i DD/ILL non possono che dipendere(sia pure in modo non lineare) dai volumi e dalle riviste possedute. [marzo 2012]

3.2 GOOD PRACTICE 2012

Il "giudizio" finale nel 2012 ha portato Agraria ad ottenere un risultato accettabile (7. posto su 20). Più analiticamente il rapporto tra gli indici della nostra biblioteca e la media delle biblioteche diAteneo portava alle seguenti conclusioni:

1) catalogazione: percentuale sul totale delle attività 10% (le altre biblioteche tra l'1 e il 40% -media prob. 15%), poco minore; costo 39 € a volume (media 53), poco migliore

2) riviste: percentuale sul totale delle attività 5,5% (biblioteche tra l'1 e il 15% - media 6/7%),poco minore; costo 101 € per rivista (media 135 - mediana 97), quindi in linea

3) prestiti: percentuale sul totale 19% (biblioteche tra l'1 e il 30% - media prob. 10%), benmaggiore; costo 7 € per operazione (contro la media di 6,7 - mediana 6), quindi in linea [!]

4) reference: percentuale sul totale 8% (biblioteche tra l'1 e il 20% - media 5%), maggiore ;costo 31 € per operazione (contro la media di 72 - mediana 35), quindi migliore [!]

5) DD: percentuale sul totale 5% (biblioteche tra l'1 e il 20% - media prob. 5%), in linea; costo30 € per operazione (contro la media di 44 - mediana 13), quindi in linea

6) ILL : troppa variabilità, dati troppo marginali per avere dati validi7) Gestione amministrativa: percentuale sul totale 10% (biblioteche tra 5 e 20% - media prob.

9/10%), in linea; costo 0.10 € per euro (contro la media di 0,10), quindi in linea 8) Gestione sale: percentuale sul totale 13% (biblioteche tra 6 e 30% - media prob. 12%), in

linea; costo 10 € per ora (contro la media di 10), quindi in linea 9) Altro: percentuale sul totale 26% (biblioteche tra l'1 e il 20% - media 10%), ben maggiore.

Non essendoci dati produttivi correlati non c'è un costo unitario

Conclusioni e valutazioni: La percentuale sul totale delle attività era in linea con la media di Ateneo per tutte le attività,

tranne che per catalogazione e riviste (leggermente inferiore), per reference (superiore) e peri prestiti (nettamente superiore): sembra quindi che noi tendiamo ad assegnare - almeno alivello di auto-valutazione - ai servizi al pubblico un peso maggiore di quanto non faccianoin media le altre biblioteche, e un peso minore per le attività di back office. Non è chiaro sequesto indichi una realtà oggettiva (un maggior investimento in ore-lavoro sulle attivitàfront office da parte nostra rispetto agli altri) o una semplice distorsione percettiva.

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In ogni caso l'eventuale super-investimento da parte nostra nelle attività front office nonandava a discapito della loro efficienza, perché nel caso del prestito e del reference un caricodi lavoro mediamente maggiore (quindi, in un certo senso "peggiore" della media) porta acosti medi inferiori (= migliori): la spiegazione - ovviamente - può essere data solo dal buonrapporto fra costi e numero di prestiti/reference.

Per quanto riguarda la catalogazione, per una corretta valutazione dei costi occorrerebbesapere la percentuale degli acquisti e dei volumi soggettati/classificati sul totale. Per noi lepercentuali sono vicine al 100%, quindi i carichi di lavoro sono al massimo; lo stesso non èdetto che valga per altre biblioteche.

Nel caso di "altro", non correlato a parametri o statistiche, l'elevato livello ad Agraria èlegato alle attività progettuali, destinate a protrarsi per anni [marzo 2012]

3.3 GOOD PRACTICE 2014

La versione di GP basata su dati 2014, come le precedenti, lascia ampi margini a dubbi e incertezzesulle metodologie di analisi. Resta il fatto che, pur con questi limiti, in un modo o nell'altro,potrebbe essere utilizzata per valutare le biblioteche e prendere decisioni: quindi occorre tenerneconto. Va detto - ironicamente, visti i precedenti commenti - che Agraria è risultata la migliore …Per capire la contraddittorietà dello strumento occorre ricordare che GP valuta 10/11 attività, ma –come detto sopra - non tutte sono correlate a dati quantitativi, mentre altre sono correlate aparametri la cui valutazione presenta seri dubbi. In questo GP ad esempio, il front-office (checomprende tutte le attività al pubblico , tra cui prestiti, sorveglianza sale, risistemazione volumi,assistenza utenti etc.) è stato collegato ad un solo parametro, il numero dei posti lettura. Il che è unaassurdità, per varie ragioni :

- il numero di posti è un dato immodificabile, spesso prodotto dal caso o da accidenti storici:quindi ha un legame vago – se non nullo - con l'efficienza o la qualità dell'organizzazione. Alcontrario altri parametri, come il numero di prestiti, sono dinamici, sono modificabili conadeguati investimenti, quindi sono variabili ben più dipendenti dalla “qualità” dei servizi.

- i posti di lettura producono carichi di lavoro solo se occupati: avere 100 posti sempre vuoti nonè lo stesso che averne 100 occupati mediamente all'80% ! E le analisi hanno messo in evidenzache il tasso di occupazione delle sale lettura varia molto da biblioteca a biblioteca

- la sorveglianza della sale è una frazione ridotta del lavoro al pubblico, mentre sono benmaggiori i carichi di lavoro per registrare i prestiti o risistemare i volumi: quindi il numero deiprestiti, il numero di volumi presenti o i metri lineari di scaffali sarebbero parametri piùadeguati per valutare realisticamente i carichi di lavoro al pubblico.

In ogni caso il modo in cui è stato definita l'attività di front-office è stato penalizzante per noi, datoche Agraria ha un numero di posti relativamente basso rispetto ad altre biblioteche: abbiamo 124posti occupati al 44% per 4000 utenti (e 10.000 prestiti), contro i 210 occupati al 54% per 2000utenti ad Antichistica (e 10.000 prestiti) o i 190 posti occupati al 19% per 3200 utenti alla Malliani(e 6/7.000 prestiti), gli 80 posti occupati al 36% per 1000 utenti a Chimica (e 2000 prestiti), e i 100posti occupati al 17% per 600 utenti a Scienza della terra (con 3.000 prestiti).

Per definire i dati GP ad Agraria è stata sostanzialmente effettuato un'operazione di reverseengineering, partendo dai dati produttivi (le statistiche sulle attività) e dai parametri individuati perle piante organiche, per derivare carichi di lavoro e percentuali FTE, poi trasformate in ore attribuitead ogni attività suddivise tra i singoli, con limitati aggiustamenti per far tornare i conti sia a livelloindividuale che a livello di biblioteca.

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Poi sono state attribuite percentuali stimate, ma realistiche, per i progetti; infine le percentualiresiduali sono state attribuite al front-office e divise tra i bibliotecari in base ai turni assegnati albancone. Alla fine le percentuali al front-office sono state trasformate in ore-uomo per valutarequanto fossero realistiche le attribuzioni. Questo controllo incrociato ha dimostrato che lepercentuali attribuite ad ogni bibliotecario per il front-office, pur definite come valori residuali,erano realistiche e rappresentative delle ore trascorse al pubblico in una o l'altra delle operazionifinite nel confuso minestrone che ha formato il driver del front-office.

GP ha dato alla nostra biblioteca il miglior punteggio, mostrando inoltre che nella maggior partedelle attività di back-office ci posizioniamo ai vertici (indizio del fatto che la definizione dei nostriindici basata sul reverse engineering ha funzionato), mentre nel front-office siamo finiti ultimi, perle ragioni esposte sopra. Ma dato che la “graduatoria” si basa sulla media tra tutte le attività, essererelativamente “efficienti” in 8/9 attività di back-office ha finito per coprire la défaillance nell'unicamacro-area del front-office. Le indicazioni suggerite sarebbero di aumentare leggermente le percentuali delle attività back-officee ridurre quelle del front-office. Ma occorre tener conto del fatto che molte attività di back-officestanno diminuendo sensibilmente, il che non lascia molti margini all'aumento delle loro percentualiin termini di ore-uomo; e il fatto che il costo del front-office sia il doppio della media fa sì che peressere significativa la diminuzione del peso del front-office dovrebbe essere rilevante, del 20%almeno, il che però finirebbe per distorcere la nostra realtà: i carichi di lavoro da noi ipotizzati alfront-office sono sostanzialmente corretti; e il peso medio del back-office sta calando, quindi quellodel front-office deve aumentare, non diminuire. [marzo 2016]

3.4 GOOD PRACTICE 2016

La versione di GP 2016 basata su dati 2015 non ha introdotto nessuna novità sostanziale, e quindirestano inalterate le ragioni che mettono in dubbio le metodologie di analisi. Per quanto ci riguarda,ci si è nuovamente basati sul reverse engineering, con minimi aggiustamenti per venire incontroalle modificazioni nell’organizzazione del lavoro e per adattarsi ai nuovi dati produttivi.Al momento l’analisi fornita dalla Divisione è provvisoria, e – forse per questo - non sono statestilate “graduatorie” ; ma una rapida valutazione dei diagrammi mostra che anche quest’anno, perquanto riguarda il costo unitario delle attività correlate a indici produttivi numerici, la nostrabiblioteca nelle attività di back-office si posiziona sotto la media (cioè mostra un buon livello diefficienza), indizio che il metodo del reverse engineering ha nuovamente funzionato. I pochiproblemi (tutti nei servizi al pubblico) si sono aggravati: nel front-office siamo finiti ancora ultimi,per le stesse ragioni esposte nel precedente paragrafo, ma si è aggiunto un ulteriore punto critico neicorsi erogati (con una produttività talmente bassa da creare una evidente anomalia statistica).In quest’ultimo caso il problema è evidente: come detto nel paragrafo apposito, fino al 2014 nonabbiamo erogato corsi (quindi l’attività non esisteva e non veniva valutata); nel 2015 ce n'è stato 1per 2 ore. Dato che le attività vengono registrate fino ad un minimo del 5%, che equivale a 75 ore- uomo per un FTE full-time, l’indice produttivo finisce per essere abnorme per ragioni puramentematematiche (il rapporto tra un numeratore anormalmente alto e un denominatore anormalmentebasso): di fatto sembra che ogni ora di corso ne richieda 38 (oltretutto di un EP, quindi molto“costose”) per essere preparata ! Il problema non è di facile soluzione: se il numeratore non puòscendere sotto le 75 ore, solo effettuando decine di ore di corsi l’anno l’indice potrebbenormalizzarsi. Paradossalmente, sarebbe quasi meglio non farne affatto … [settembre 2016]

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3.5 ASIMMETRIE STRUTTURALI E POSIZIONAMENTO“GEOPOLITICO”

Le biblioteche di Ateneo sostanzialmente si sono sempre divise in due categorie: da una parte quelleche erogano molti prestiti ma pochi DD, dall'altra quelle con molti DD e pochi prestiti. Questa divaricazione dipende dal materiale posseduto e dalle specificità delle rispettive utenze. Peressere forti erogatori di DD occorre possedere molte riviste, ma questo - a causa della continuacrescita del prezzo medio degli abbonamenti, unita alla stabilità se non diminuzione deglistanziamenti - riduce necessariamente i fondi disponibili per acquisire monografie, il tipo dimateriale che genera prestiti. Tant'è che le biblioteche fortemente centrate sugli abbonamenti sonoormai arrivate a comperare poche decine di volumi l'anno e il trend è difficile da invertire. Questo èil tipico profilo delle biblioteche biomediche/scientifiche, in particolare le dipartimentali (in cui ilpeso degli acquisti legati alla didattica è da sempre minore e in cui l'acquisto di volumi per laricerca sta diminuendo perché ormai la ricerca si fa sugli articoli di rivista). Viceversa, se una biblioteca ha un alto livello di prestiti necessariamente è perché possiede - ecompera - molti volumi, il che è possibile solo con una spesa ridotta per abbonamenti (e quindi unbasso livello di DD). Questo è il tipico profilo delle biblioteche umanistiche, in cui le monografiehanno un'importanza fondamentale sia per la ricerca che per la didattica e livelli elevati di prestiti.Di nuovo va rimarcato che le biblioteche umanistiche sono di fatto laboratori didattici e di ricerca,mentre nelle discipline scientifiche didattica e ricerca sono legate a stage, laboratori e quant’altro,mentre le biblioteche hanno un ruolo più marginale.Nel caso dei prestiti, ad esempio, noi siamo più simili ad una biblioteca umanistica che ad unascientifica. Non a caso, noi continuiamo a comprare quantità elevate di monografie, specie di testi.Anche gli indici di circolazione indicano forti differenze tra biblioteche umanistiche ebiomediche/scientifiche, pur con una forte variabilità fra singole biblioteche all'interno di ogni areae anche qui noi siamo posizionati in maniera anomala. Simmetricamente il numero di DD per utente è meno della metà per le biblioteche umanisticherispetto alle scientifiche e biomediche (diverso il caso dei prestiti interbibliotecari, anch’essi legatialla quantità di monografie possedute) ma anche in questo caso con forti variabilità intra-disciplinari: ad esempio il nostro livello è simile a quello delle umanistiche, sottolineando la nostranatura intermedia tra umanistiche e scientifiche.

Questa dicotomia appariva già evidente nei primi modelli “distributivi” dei finanziamenti, impostatiin CAB con il cosiddetto "algoritmo Forti", in cui – nel tentativo di trovare una soluzioneequilibrata - erano inseriti sia parametri in grado di favorire le biblioteche dipartimentaliscientifiche (DD, costo medio degli abbonamenti) sia altri (acquisizioni, prestiti) che favorivanoinvece le umanistiche. Agraria fin da allora riusciva a sfruttare al meglio questo modello proprio per il fatto di occupareuna posizione intermedia fra le due tipologie di biblioteche, con DD/riviste e prestiti/monografiedistribuite in maniera equilibrata (un po’ come se occupasse un punto lagrangiano nello spaziomatematico del modello, che le permetteva di sfruttare al meglio l’inerzia del sistema). Le discussioni sui parametri hanno fatto prevalere l'idea che le differenze esistano soprattutto tra learee disciplinari (biomedica, umanistica, scientifica), anche se in realtà si nota che buona parte delledisomogeneità è intra-disciplinare, cioè tra biblioteche della stessa area (apparentemente similiper utenza e tipologie di materiali posseduti). È plausibile infatti che le differenze tra bibliotechedipendano da fattori strutturali più profondi - e più sottili da definire - rispetto al sempliceappartenere ad un'area disciplinare o a una tipologia (biblioteca dipartimentale o di Facoltà), quali laqualità dei materiali o dei servizi, le politiche d’acquisto, i rapporti con i docenti etc.

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C’è un ulteriore aspetto di questa dicotomia, e riguarda gli effetti del peso delle riviste sul budgetcomplessivo: è evidente che livelli superiori al 60/70% nella spesa per riviste riducono i fondidisponibili per le altre, al punto da limitare notevolmente la libertà decisionale delle biblioteche.Inoltre la spesa per riviste è più rigida delle altre, in quanto sconta vincoli contrattuali di nondismissibilità; inoltre risparmiare sulle riviste implica dismetterne un certo numero, perdendole persempre come risorse, mentre se una monografia non è acquisita oggi lo si potrà fare in seguito. Le biblioteche umanistiche spendono al massimo il 20/30% del loro bilancio per riviste, mentre lebiomediche e le scientifiche arrivano a più del 60/70% (con notevole variabilità intra-disciplinare:in alcune arriva al 90% !). Ad Agraria la percentuale è del 60/70%, alta, ma minore della mediadelle biblioteche scientifiche. Simmetricamente lo speso per monografie passa dal 40% delleumanistiche al 5/6% delle biomediche/scientifiche. Agraria appare particolarmente deviante col suo25%, un dato più simile alle biblioteche umanistiche che a quelle scientifiche e biomediche. Particolarmente impressionante risulta la dicotomia tra i bilanci dopo il passaggio dai finanziamenti2016 (che comprendevano – pur “virtuali” - le risorse elettroniche centralizzate) a quelli 2017(depurati da tali spese) : molte biblioteche sono passate da un budget apparente di 3/400.000 euro apoche migliaia, altre non hanno perso quasi nulla. La nostra, per un insieme di ragioni, è tra le menocolpite dal downsizing contabile : nonostante rientri tra le biblioteche scientifiche, si trova quindi inuna situazione anomala rispetto alle altre scientifiche. Per molti aspetti la nostra struttura di bilancioe la nostra politica di acquisti è più simile alle umanistiche (in particolare a Scienze Politiche), ilche rende complesso il nostro posizionamento sullo scacchiere geopolitico. [2015 – riv. dic. 2017]

3.6 BENCHMARKING

La comparazione dei servizi erogati delle biblioteche è resa complessa non solo dal fatto che iparametri sono cambiati nel corso del tempo, ma soprattutto dal fatto che la loro definizione èspesso ambigua, e quindi soggetta a diverse interpretazioni. Ad esempio, se non si distinguono gliacquisti dai doni, non è possibile, ovviamente, valutare l'efficacia della spesa per monografie ;parimenti, risulta difficile paragonare prestiti mensili con prestiti da 15 o 20 giorni: è evidente chelo stesso volume prestato per 30 giorni può “produrre” al massimo 12 prestiti annui13, prestato per15 il doppio, ma con una “qualità” del servizio offerto assai minore. Quindi se un'analisi comparativa viene fatta senza una valutazione preliminare sulla coerenza degli"oggetti" da valutare, la disomogeneità dei dati si trasferisce dentro i risultati: il problema, gettatofuori dalla porta, rientra dalla finestra. Incidentalmente Agraria è l’unica biblioteca a differenziarein maniera analitica le tipologie di prestito e ad analizzarne separatamente le dinamiche.

Come detto nel paragrafo precedente, anche se Agraria fa parte delle biblioteche scientifiche equindi andrebbe innanzitutto confrontata con esse, per molti aspetti è più simile strutturalmente efunzionalmente ad una biblioteca come Scienze Politiche. Il che rende preferibile usare sia BICFche Scienze Politiche come benchmark per effettuare confronti sui dati produttivi e sui servizierogati. I dati su utenti, volumi e prestiti 2016 tratti dalle statistiche della Divisione sono i seguenti : - Agraria ha 4.000 utenti, circa 60.000 (non 37.291 !) volumi prestabili, di cui 1.695 testi prestabili,ed eroga 9.649 prestiti, di cui 5.790 di testi : i prestiti erogati per volume sono circa 0,15, i prestitidi testi per volume ca. 3,42, i prestiti per utente ca. 2,19, quelli di testo per utente ca. 1,32 ;

13 In realtà, calcolando proroghe, mesi “buca” come agosto e tempi morti tra rientri e uscite dei volumi, è realistico pensare ad un massimo di 8/9 prestiti annui per volume

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- l’area di Scienze (6 biblioteche) ha 7.690 utenti, 146.682 volumi prestabili e 5.228 volumi di testoprestabili, ed eroga 10.620 prestiti e 5.169 prestiti di testi : i prestiti erogati per volume sono circa0,1, i prestiti di testi per volume ca. 0,99, i prestiti per utente ca. 1,38, i prestiti di testo ca. 0,67 ;- Scienze politiche (il più forte erogatore di prestiti) ha 8.101 utenti, 128.489 volumi prestabili e2.197 volumi di testo prestabili, ed eroga 16.573 prestiti e 6.516 prestiti di testi: il numero di prestitierogati per volume è di 0,13, il numero di prestiti di testi erogati per volume è di 2,97, quello deiprestiti per utente di 2,05, quello dei prestiti di testo per utente di 0,81 ;

Finché l’analisi si limita ai prestiti in generale, le differenze tra Agraria, Scienze e SP sono tuttosommato marginali sia nell’indice prestiti/volumi (0,15-0,10) che in quello prestiti/utenti (2,19-2,05con Scienze inferiore). Ma sui prestiti dei testi le differenze si amplificano: da 3,42 e 1,32 perAgraria si passa ai 2,97/0,81 di SP e a 0,99/0,67 a Scienze. Interessante notare che ad Agrariaabbiamo 6/8 copie per ogni testo, a SP 2/3, a Scienze spesso solo due (e la prima non è prestabile ) .L’analisi diventa ancora più complessa se aggiungiamo la dimensione temporale. Ad Agraria iprestiti sono in crescita da anni, ad un ritmo attorno al 10% annuo (salvo il balzo all’insù del 2015) ;Scienze oggi eroga 10.620 prestiti e 5.169 prestiti di volumi di testo, contro i 17.000 prestiti e gli8.535 prestiti di testi nel 2010, con una diminuzione del 39% e del 24% ; SP ha una certa costanzasui prestiti (dai 25.993 prestiti del 2010 ai 25.759 del 2016, comunque in diminuzione - circa il 10%- rispetto al picco di 28.334 del 2012) ma una netta diminuzione dei prestiti di testi (il 22%, da8.504 nel 2010 a 7.400 nel 2012, a 6.664 nel 2016).

Ad un livello più analitico appaiono altri elementi: ad Agraria l’aumento annuo medio dei prestitinasce dal sovrapporsi delle diverse dinamiche delle varie tipologie di “prestiti” e che – ovviamente– incidono sulla media generale in base al loro peso percentuale : esclusi i prestiti giornalieri(marginali), i prestiti vincolati per la docenza (il 20% ca. del totale) sono stabili, quindi restano ingioco solo i prestiti mensili (il 55% del totale, con un aumento medio del 7%) e le proroghe (il 25%e aumento medio del 30/40%). Si forma quindi un instabile equilibrio “idrodinamico” al 10/11%di aumento medio. Ma è ovvio che le proroghe hanno un valore ben diverso rispetto ai prestiti. Se analizziamo Scienze politiche (l’unica biblioteca a fare analisi accurate), a parte il fatto che letipologie di prestiti valutate sono solo tre (prestiti mensili, proroghe e prestiti volumi di testo 14),appare evidente un equilibrio non dissimile dal nostro, ma con dinamiche minori. La sostanzialestabilità nel numero complessivo dei prestiti (con leggere oscillazioni in su e in giù) è prodotta dalsovrapporsi di due curve in controtendenza: i prestiti mensili (il 40% del totale, in costantediminuzione) e le proroghe (il 35% del totale, in forte aumento) ; in questa interazione i prestiti deitesti (il restante 25%) mostrano una certa stabilità, con fluttuazioni che negli ultimi anni – aspettointeressante, ma di incerta interpretazione – seguono quasi linearmente la dinamica della curvacomplessiva dei prestiti totali. A SP l’equilibrio “idrodinamico” appare più semplice da decifrare,dato che sembra creato dalla sovrapposizione anticiclica tra solo due parametri: ma quello inaumento, che quindi “tiene su” la dinamica di sistema è legato alle proroghe, che – come dettosopra – hanno un “valore” (almeno qualitativo) ben diverso rispetto ai prestiti. A Scienze possiamo solo valutare il rapporto nel tempo tra prestiti e prestiti di volumi di testo, el’unico effetto visibile è che i prestiti di testi sono diminuiti meno dei prestiti complessivi. Sarebbe utile comparare altre attività o processi, ma i dati sono più incerti, la valutazionecomparativa inficiata da fattori intrinseci (la differenza strutturale tra biblioteche umanistiche ebiblioteche scientifiche) e i parametri in gioco troppo complessi per poter procedere nell’analisi. Sul reference poi è inutile fare un'analisi: le differenze nel modo di concepirlo in ambito umanisticoe scientifico/biomedico (e tra le singole biblioteche) sono tali da impedire comparazioni realistiche.

[dic. 2017]

14 Anche se non è esplicitato, i prestiti dei testi a Scienze politiche durano 20 giorni, il che fa tornare alle note iniziali

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3.7 UNA CONFUSA TRANSIZIONE

La visione delle biblioteche che al momento sembra prevalere a livello di Ateneo, è intrinsecamentecontraddittoria. Da una parte è stata più volte espressa l’idea che il passaggio massiccio all’on-linerenda marginali le biblioteche come ambiente fisico in cui bibliotecari ed utenti si interfacciano: infiligrana appare – non esplicitamente, ma spesso evocata implicitamente – l’idea che le bibliotechepossano essere viste sostanzialmente come sale lettura con accesso wi-fi, associate a pochi uffici ingrado di erogare servizi più o meno specialistici. Dall’altra, però, le biblioteche vengono chiamate ad essere al centro dell’offerta di volumi di testo:il che – vista la scarsa se non nulla offerta di manualistica universitaria in formato ebook – implicaun pesante coinvolgimento nei tradizionali servizi bibliotecari: selezione ed acquisto di volumi,catalogazione, prestito, fotocopie o stampe etc.

Come se non bastasse, all’interno della nostra Università sono in atto varie iniziative di caratterestrutturale in grado di modificare pesantemente gli equilibri interni ed esterni delle biblioteche.Da un punto di vista contabile ed amministrativo, già il passaggio alla nuova contabilitàpatrimoniale è destinato a produrre effetti profondi sulle biblioteche. Anche se – ovviamente – nellaprassi il nuovo assetto contabile potrebbe essere interpretato in maniera conservativa, riproducendole solite situazioni e i soliti snodi decisionali (semplicemente con nomi diversi e processi aggiornati)è però più probabile che inneschi cambiamenti strutturali. Non è un caso se, parallelamente alriordino contabile, si sia velocizzato il riordino della struttura gerarchica di Ateneo, con unacrescente centralizzazione dei poteri decisionali e di controllo, destinata inesorabilmente a ridurrel’autonomia delle singole strutture. A questo si aggiungono gli effetti perversi di norme soffocantisull’acquisizione di beni e servizi e di limiti stringenti imposti dalle gare, destinati anch’essiinevitabilmente a ridurre sempre più i margini di autonomia delle biblioteche.

Ad esempio, fino al 2014/15 i nostri fondi liberamente allocabili – detratte le spese “obbligatorie”de facto, come le spese per funzionamento, o ope legis come quelle per riviste – arrivavano a più di30.000 euro; integrate con i residui potevano arrivare a 50/60.000 euro. Inoltre al loro interno nonc’erano particolari vincoli o rigidità e quindi i “target” potevano essere decisi in totale libertà nelcorso dell’anno. In particolare, era possibile spostare gli investimenti dalle monografie ai PC, e –all’interno delle monografie – decidere se far prevalere volumi di testo, o volumi italiani rispettoagli anglosassoni. Queste scelte potevano ottimizzare l’efficacia della spesa, indirizzandola versoinvestimenti più “produttivi” (ad es. in termini di prestiti generati). Adesso i fondi riallocabili sonoal massimo 10/15.000 euro, con vincoli e rigidità sempre maggiori: in particolare è impossibilespostare gli investimenti dai volumi di testo o italiani agli anglosassoni e viceversa. Diconseguenza, appare difficile ottimizzare in maniera dinamica i singoli micro-flussi di spesa.Sul regolamento dei servizi: fino a poco fa ogni biblioteca ne aveva uno, sia pur basato su un unicoregolamento-quadro; dal 2018 ci sarà un regolamento unico, con poche e limitate declinazioni per levarie aree disciplinari, che nasce come compromesso tra esigenze contrastanti. Alla fine verrannorese più stringenti regole prima liberamente (a volte fantasiosamente) interpretate. Ottimo, ma ilcompromesso penalizza gli estremi: e noi siamo ad un estremo della scala, ad esempio per il prestitodi volumi di testo, quindi le regole di compromesso ci creeranno parecchi problemi15, col rischio diridurre la qualità del servizio. Di fatto il risultato è che sarà sempre più complesso “tagliare” , ipropri servizi sulle esigenze dei propri utenti e sulle particolarità “territoriali”. [dic. 2017]

15 Ad esempio, il passaggio dai prestiti per un mese a quelli di 20 giorni non potrà non creare problemi in fase di rinnovo e per le prenotazioni on-line (a meno che le 10/12 copie che noi possediamo di un volume limitino comunque i danni)

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4 BUDGET E POLITICHE DI ACQUISTO

4.1 DINAMICHE DEI FINANZIAMENTI

Il budget negli anni scorsi, a causa dell’accorpamento delle biblioteche di Facoltà, è passato dai92.000 euro del 2012 ai 162.000 del 2013 (a cui detrarre le spese per e-only di ateneo, prelevatecontestualmente all’assegnazione dei fondi). Dal 2017 gli e-only d’Ateneo sono gestiti centralmente: i fondi sono quindi stati espunti dal budget.

Nel 2016 il budget standard è stato di 162.000 euro, più 30.073 euro di residui 2015 riassegnati(residui creati dall’impossibilità di ordinare monografie per il collasso del fornitore unico diAteneo), per 192.073 euro complessivi. Dal budget era detratto il costo degli e-only d’Ateneo(39.307 euro ), quindi i fondi disponibili erano in realtà 122.693 + 30.073 euro = 152.766 euro.Nel 2016, contabilizzati 22.898,41 per monografie, 87.470 per riviste e 5.847 per funzionamento,le uscite totali sono state di 116.215 euro e i residui non spesi circa 36.500 euro. Tali residui per lopiù dipendevano dal protrarsi nel 2016 della crisi nella fornitura di monografie nata dal collassoLicosa 2015 ; per tamponare l’emergenza, la Divisione biblioteche aveva indetto varie gare MEPAper acquisire i volumi ordinati e non forniti tra il 2015 e l’inizio 2016 e ad Agraria nel 2016 eranostati assegnati 1200 + 5300 euro; per le monografie anglosassoni, il nuovo contratto – iniziato aluglio - prevedeva la possibilità di ordinare il 20% in più rispetto al budget previsto. Ma anche cosìnon erano stati recuperati molti degli acquisti italiani previsti nel 2016 e i volumi non ordinati nel2015 ; per gli anglosassoni i non ordinati 2015/16 sono ben maggiori del 20% in più della nuovagara: ecco spiegati ca. 20.000 euro di residui. I restanti derivavano dal mancato acquisto diinfrastrutture per la biblioteca: PC (6000 euro) e armadietti (ca . 10.000 euro).

Nel 2017 sono stati espunti dal budget 41.130 euro per e-only d’Ateneo. I 36.500 euro di residui2016 – a causa dell’introduzione della nuova contabilità - non sono stati riassegnati (anche se èstato possibile riassorbirli in fase di definizione dei fabbisogni 2017). Tali fabbisogni non sono piùsuddivisi in capitoli ma in codici COAN, il che ha richiesto la creazione di una complessa griglia dicollimazione per riportare i fondi alla corretta imputazione. Nel 2017 il budget è stato di 154.400 euro, suddiviso in 36.000 per monografie, 44.000 per rivistecartacee, 46.000 per riviste e-only di biblioteca, 4.000 per attrezzature, 6.000 per materiali diconsumo, 4.800 per contratti 150 ore e 17.000 per spese di funzionamento. L’impossibilità a partireda maggio di effettuare autonomamente spese per il funzionamento e per materiali non bibliograficiha costretto a rimandare al 2018 molte delle spese per funzionamento e materiali di consumo ; irelativi fondi sono stati rediretti per gli acquisti di materiale informatico e ebook. Contabilizzatespese di 44.820 euro per monografie, 39.390 per riviste cartacee, 44.950 per riviste e-only, 5.764per attrezzature, 1.200 per materiali di consumo, 7.725 per ebook, 2.400 per contratti 150 ore e5.595 per spese di funzionamento, le uscite totali sono state di 155.048 euro e i residui non spesicirca 2.350 euro. Nel 2018 il budget iniziale era di 159.400 euro (39.000 per monografie, 18.000 per riviste cartacee,70.000 per riviste e-only, 2.400 per attrezzature, 5.185 per materiali di consumo, 3.600 per contratti150 ore e 15.400 per spese di funzionamento). Una volta contabilizzate spese di 50.000 euro permonografie, 15.000 per riviste cartacee, 59.460 per riviste e-only, 3.600 per contratti 150 ore e26.600 per ebook, le uscite totali dovrebbero essere di 158.400 euro e i residui non spesi circa 1.000euro. [set. 2017 – riv 2018]

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4.2 STRUTTURA BUDGET E DINAMICHE DI SPESA

Come detto dal 2017 gli e-only d’Ateneo sono stati espunti dal budget: per mantenere coerenzaall’analisi, il costo degli e-only è stato detratto retrospettivamente a tutti gli anni.Il budget risulta quindi diviso tra:

spese per abbonamenti (divise tra spese per e-only e spese per cartacei) spese per acquisti di monografie (ed eventualmente ebook) spese per acquisti di attrezzature spese per il funzionamento (telefono, servizi, materiale di consumo)

- spese periodici: nel 2012 (pre-unificazione) 29.500 euro per cartacei su 54.500 totali detratti 37.500 per e-only di ateneo (pari al 54,1%); nel 2013 28.141 per cartacei BC + 38.786 perabbonamenti accorpati + 5.050 euro per e-only di biblioteca = 71.977 euro su 124.304 detratti37.696 per e-only (57,9 %) ; nel 2014 68.700 per cartacei + 5.760 per e-only di biblioteca =74.470 euro su 124.083 detratti 37.917 per e-only (60%) ; nel 2015 70.000 per cartacei +13.022 per e-only di biblioteca = 82.022 euro su 123.640 detratti 38.360 per e-only (67,1%) ;nel 2016 70.000 per cartacei + 17.500 per e-only di biblioteca = 87.470 euro su 122.693detratti 39.307 per e-only (70,9%) ; nel 2017 40.524 per cartacei + 44.950 per e-only = 85.474euro su 154.600 (55,3%) ; nel 2018 si prevedono 15.000 per cartacei + 60.000 per e-only =75.000 euro su 155.000 (45,5%). Dopo un continuo aumento nella percentuale di spesa(rispetto – ricordiamo – a finanziamenti totali diversi) dal 2012 al 2016, a partire dal 2017 èdiminuita fino al 45%, in parte a causa dei risparmi, ma soprattutto a causa della sostanzialeespansione del budget COAN sulla base dei fabbisogni standard.

- spese funzionamento: nel 2012 sono state di 11.000 euro su 54.500, pari al 20,1%; nel 201310.000 euro su 124.304 (senza e-only, pari all’ 8% ) ; nel 2014 20.584 euro su 124.083 senza e-only ( 16,6% ) ; nel 2015 10.356 euro senza e-only ( 8,4% ) ; nel 2016 4.874 euro senza e-only(4,0%)16 ; nel 2017 9.774 (6,3%) ; nel 2018 se ne prevedevano 16.750 (10,8%), ma sarannoazzerate dalla centralizzazione. Le spese per funzionamento senza e-only oscillano tra il 5 e il10%, salvo che nel 2014 (al 16% per le spese di accorpamento di traslochi, RFID e fascette).

- spese monografie: nel 2012 sono state di 10.928 euro su 54.500, pari al 20%; nel 2013 27.075euro su 124.304 (21,8%) ; nel 2014 46.949 su 124.083 (37,8%) ; nel 2015 35.212 (28,5%) ; nel2016 16.165 (13,2%) ; nel 2017 45.020 (29,1%) ; nel 2018 si prevedono 40.000 euro (25,8%).Risaltano le anomalie del 2014 (maggiore del solito in quanto è stato necessario spendere moltiresidui, raddoppiando le spese) e del 2016 (con un tracollo fino al 13% a causa della crisiLicosa) ; di solito la percentuale oscilla tra il 20 e il 30%. E tale livello va mantenuto, pergarantire una spesa per monografie di 38/40.000 euro l'anno in gara.

- spese hw e mobili: nel 2012 sono state di 3.834 euro su 54.500, pari al 7%; nel 2013 3.163 eurosu 124.304 (2,5%) ; nel 2014 17.867 euro (14,4%) ; nel 2015 10.380 euro (8,4%) ; nel 2016nessuna ; nel 2017 5.765 euro (3,7%) ; nel 2018 si prevedevano 2.000 euro (1,3%), ma sarannoazzerate dalla centralizzazione. L'aumento anomalo nel 2014 è dovuto alle spese per il progetto.

- spese ebook: sono iniziate nel 2017 con 8.571 euro (5.101 CABI, 2.320 Springer e 1.120Wiley), pari al 5,3% dello stanziamento ; nel 2018 per riassorbire i fondi non spesi perfunzionamento e hw si prevedono 36.000 euro circa di spesa (23%) . [set. 2018]

16 dal 2013 alle spese sul 7/4 si aggiungono alcune centinaia di euro impegnate sul 7/14

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4.3 SPESE MATERIALI BIBLIOGRAFICI

Per quanto riguarda gli abbonamenti ai periodici, visto il continuo aumento nella percentuale dispesa rispetto al budget avvenuto tra il 2012 e il 2015, già alla fine del 2016 – in fase di definizionedei rinnovi degli abbonamenti - per la campagna abbonamenti 2017 ben 25 riviste sono statetrasformate da cartacee+on-line a e-only: dato che il prezzo di listino di questi ultimi è ormai tra il15 e il 25% in meno dei cartacei, anche con il 4% in più dell’IVA, l’e-only ha ormai un vantaggiotra il 10 e il 15% rispetto al cartaceo; se poi consideriamo il costo del servizio per il cartaceo (+IVA al 22%), che con la nuova gara arriva al 3,2 %, l’e-only torna ad un vantaggio del 15/25%. La diminuzione ottenuta si evidenzia sotto (con varie ipotesi di passaggio ad un sempre maggiornumero di e-only, la prima riga evidenzia i dati a livello di impegno del 2016):

carta: 70.000 serv: 1.785 IVA: 393 carta tot.: 72.188 / eonly: 21.000 IVA: 840 tot: 21.840 TOT.: 94.028carta: 58.002 serv: 1.479 IVA: 325 carta tot: 59.804 / eonly+6: 30.966 IVA:1.238 tot: 32.204 tot: 92.009carta: 48.994 serv: 1.250 IVA: 275 carta t.: 50.519 / eonly+11: 37.729 IVA: 1.510 tot: 39.239 tot: 89.758carta: 39.638 ser: 1.010 IVA: 222 carta t.: 40.870 / eonly+25: 44.313 IVA:1.773 tot: 46.086 tot: 86.957Nota: i valori del cartaceo si basano sui dati del fornitore. Per gli standing orders i preventivi si riferiscono adun solo volume, mentre ne arrivano anche 5 o 6 l’anno: quindi noi aggiungiamo ca. 2500 euro ai preventivi.

Per i rinnnovi 2018 altre 17 riviste passeranno da cartacee+on-line a e-only e saranno dismessi gliabbonamenti a Nature e Science, ottenendo una ulteriore diminuzione di costi di 6.000 euro:

2018: carta: 14.500 serv + IVA: 451 carta tot: 14.951 / eonly+17: 64.311 IVA:2.573 tot: 66.904 tot: 81.855

Con l’attivazione di varie gare MEPA per i volumi ordinati e non forniti tra il 2015 e l’inizio 2016(ad Agraria nel 2017 sono state assegnati 5300 + 10.850 euro) e poi con l’avvio della nuova garavinta da IBS a giugno 2017 (con un budget per Agraria di 17.000 euro sull’anno contrattuale), si èfinalmente esaurita la crisi sugli acquisti di monografie italiane nata dal collasso di Licosa nel 2015.Inoltre, come detto nel paragrafo 5.1, i risparmi – forzati – ottenuti sulle spese per funzionamento emateriali di consumo hanno permesso di riallocare almeno 15.000 euro per rafforzare gli acquisti dimateriale bibliografico (in particolare monografie di testo, tenuto anche conto che il rafforzamentodell’offerta di volumi di testo prestabili era una delle principali richieste dell’Amministrazione allebiblioteche per il 2017).Nel corso del 2017 abbiamo poi iniziato ad agire in maniera molto dinamica nell’ambito degliebook: come singola biblioteca abbiamo acquisito 46 ebook della CABI (relativi quindi ad ambitidisciplinari specifici per la nostra Facoltà, con accesso perpetuo e illimitato, per 5.100 euro) ;abbiamo poi aderito alle offerte di ebook gestite centralmente dalla Divisione biblioteche per Wiley(8 monografie per 1.100 euro) e per Springer (21 monografie per 2.300 euro). Questi acquisti si sono aggiunti ai normali acquisti cartacei tramite gara di Ateneo: questo haconsentito in un certo senso di aggirare i limiti di gara e di investire fondi supplementari perl’acquisto di materiali bibliografici, utilizzando nel contempo fondi che altrimenti non sarebbe statopossibile spendere entro dicembre 2017 (e che quindi avremmo rischiato di perdere). In particolare, nel caso di Springer, la selezione degli ebook è stata fatta praticamente in parallelocon la selezione dei volumi cartacei da acquisire, in modo da ottimizzare le scelte, cercando anchedi mantenere un certo equilibrio tra le varie aree disciplinari rappresentate in Facoltà: essendo statala parte tecnologica poco rappresentata negli acquisti di ebook CABI, è stata leggermentesovradimensionata con Springer (e, parzialmente, con Wiley). [dic. 2017]

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4.4 EFFICACIA DELLE POLITICHE D'ACQUISTO

Come detto a proposito dell'adeguatezza dei materiali bibliografici nel produrre prestiti (cfr. pag 10)il fattore cruciale è la probabilità che un volume sia prestato. Per misurarla possiamo generare unindice basato sui prestiti mediamente prodotti da un volume. Per ottenere un indice di efficacia dellaspesa, il numero di prestiti va correlato al costo dei volumi definendo il costo medio di un prestito. Le monografie prestabili a scaffale sono 13.140, più 2.150 libri di testo prestabili e 1.000 collane ;quelle a magazzino 43.200, di cui circa 36.000 prestabili. In totale le monografie prestabili sonocirca 52.000. Al momento i prestiti senza proroghe sono 10.200 (con le proroghe 13.000), quindicomplessivamente il numero di prestiti medio per volume prestabile escluse le proroghe è di 0,21, edi 0,27 con le proroghe. Ma, come al solito, dietro a questa media si nasconde una enormevariabilità. È evidente che a produrre prestiti sono tendenzialmente le opere più recenti, altrettantoevidente che è difficile individuare un limite critico tra i volumi “produttori di prestiti” e quelli“improduttivi”. L’analisi sulla produttività (in prestiti) di una serie di volumi non può che generareuna curva estremamente ripida, destinata a scendere asintoticamente verso lo zero e lì restarvi perbuona parte del posseduto : tipicamente su 50.000 volumi quelli “best borrowed” (diciamo con piùdi 5 prestiti l’anno) possono essere al massimo qualche decina, quelli tra 5 e 2 probabilmente pochecentinaia, e pochi di più quelli prestati una sola volta ; il restante 90/95% dei volumi è destinatoirrimediabilmente a rimanere sugli scaffali a prendere polvere, salvo sporadiche consultazioni. E piùè obsoleto il patrimonio posseduto (o quanto più ha incorporato – come nel caso di Agraria levecchie collezioni bibliografiche ereditate da precedenti istituzioni), più la curva sarà ripida e conuna elevatissima percentuale di volumi mai utilizzati. In ogni caso sulla probabilità che un volumevenga prestato incide anche – e parecchio - la tipologia del volume stesso. I volumi di testo sono quelli che generano il maggior numero di prestiti. Ma, più copie dello stessovolume si possiedono, più la probabilità che la copia N-essima venga prestata si abbassa: se laprima in media venisse prestata 6 volte l'anno, la seconda lo sarebbe per 4 volte, la terza 3 e così viaa degradare, fino a raggiungere un "limite di futilità", in cui l'ennesima copia avrebbe una cosìbassa probabilità di essere richiesta da generare minime frazioni di prestito ogni anno. A questopunto, converrebbe probabilmente usare quei soldi per comprare altro. Anche in questo caso, non èfacilmente prevedibile dove si situi questo limite critico. Nel 2016 1.580 volumi di testo prestabili generavano 5.772 prestiti (il 66% dei prestiti) + 1.453proroghe, quindi ogni volume in media produceva 3,65 prestiti senza le proroghe, 4,57 prestiti conle proroghe. Nel 2017 siamo a 2.150 volumi di testo prestabili e 5.491 prestiti (il 68,5% del totale) +1.988 proroghe, 2,55 prestiti per volume senza proroghe, 3,47 con proroghe. Livelli superiori a 5/6prestiti mensili l’anno17 segnalano una eccessiva pressione sul singolo volume e la media di 3,65 èfin troppo vicina a questo limite critico: per ottenerla, inesorabilmente, molti volumi devono essereoltre i 5/6 prestiti annui, mentre 2,55 prestiti l’anno è accettabile. Al tempo stesso le prenotazioni(di volumi prestati, indice della “pressione” media sui libri di testo) sono scese da 1041 a 805,indizio che le nostre politiche di acquisto hanno migliorato la qualità dell’offerta. Più complesso valutare il rapporto costo/prestiti, dato che è difficile determinare il costo di tutti ivolumi di testo (alcuni comprati anni fa, il cui prezzo quindi va attualizzato). Nel 2013 il prezzo dei228 volumi di testo acquisiti è stato di 8.301 euro (il 30,6% dei 27.075 euro di spesa permonografie) e il costo medio 36,4 euro; nel 2014 il costo dei 259 volumi era di 11.356 euro (il22,7% su 46.949 euro) e costo medio 43,8 euro; 2015 216 volumi, costo di 7.901 euro (il 22,4% su35.212 euro), a 36,6 euro di media; 2016 104 volumi e 3.719 euro (il 23% su 16.165 euro) a 35,7euro di media ; 2017 515 [!] volumi e 19.694 euro (il 44,5% su 44.172 euro) a 38,2 euro di media18.

17 6 prestiti, più proroghe e tempi di attesa tra un prestito e l’altro, indicano che il volume è praticamente sempre fuori in prestito 18 il costo medio dei volumi complessivi era 55,5€ (38.850 € / 699) nel 2014, 49€ (30.676 € / 625) nel 2015 e 50€ nel 2017

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Se il costo medio dei volumi di testo fosse di 40 euro, l’indice di efficacia sarebbe di 13/4 euro perprestito. Ovviamente per un'analisi completa sarebbe necessario valutare i tempi di ammortamentodell'investimento e aggiungere ai costi di acquisto quelli di trattamento (aggiungendo i 36 euro dicosto medio da Good practice). Ma una simile analisi è al momento improponibile.

Ancora più complessa è la valutazione dell'efficacia delle opere non di testo (opere di interessegenerale, divulgative, manuali non di testo etc.): il loro utilizzo è fortemente legato a fattori casuali,il che crea una estrema variabilità sulla "produttività" in prestiti dei singoli volumi. Del tuttoimpossibile poi effettuare un'analisi sul rapporto costo per volume/prestiti, perché i volumi non ditesto sono spesso stati “ereditati” da precedenti strutture senza che sia possibile definirne un costo ;inoltre c'è una tale percentuale di volumi obsoleti (per cui non è possibile definire il costo inmaniera attendibile e il cui il tasso di prestito è tendenzialmente zero) da inquinareirrimediabilmente ogni statistica. Se ci si limita solo ai volumi a scaffale aperto - post 1990 e quindipiù “normalizzabili” a livello di costi presunti e impatti sui prestiti - 13.140 monografie generano2.959 prestiti più 758 proroghe, quindi 0,22 prestiti in media a volume (con le proroghe 0,28). Se ilcosto medio dei volumi a scaffale fosse simile a quello degli ultimi anni (circa 50/55 euro), l’indicedi efficacia della spesa sarebbe più di 250 euro per prestito l'anno [55/0,22]. A titolo puramenteesemplificativo le 43.000 monografie a magazzino generano 165 prestiti (l’1,9% dei prestiti totali,una percentuale trascurabile), pari a 0,003 prestiti a volume [praticamente uno zero tendenziale!].

Quanto ai volumi per la ricerca, essendo comperati su indicazione dei docenti e prestati in modo daprodurre un prestito l'anno, hanno una “produttività” pari a 1 (=un prestito l'anno): a confronto,qualunque volume – tipo i testi - che generi in media 2/3 prestiti l'anno è ben più produttivo; ma –come visto sopra - la probabilità che un normale volume produca prestiti varia da 0,003 a circa 0,20,mentre nel caso dei volumi per la ricerca si ha la certezza che generino un prestito l'anno. Nel 2013il costo dei 47 volumi acquisiti è stato di 3.530 euro (il 13% della spesa totale per monografie) e ilcosto medio di 75 euro; nel 2014 44 volumi acquisiti a 3.980 euro (l' 8,6% della spesa permonografie) e un costo medio di 90 euro; nel 2015 31 volumi per 3.250 euro (il 9,2%), a 105 eurodi media; nel 2016 28 volumi per 2.810 euro (il 17% della spesa totale), a 100 euro di media ; nel2017 28 volumi per 2.081 euro (il 4,7% della spesa totale), a 75 euro di media. Il costo medio èsuperiore a quello complessivo (55 euro nel 2014 e 49 nel 2015 e 2017). Al costo di 80/90 euro avolume si arriva a un indice di efficacia di 80 euro per un prestito, 6 volte inferiore a quello di unvolume di testo, ma ben superiore ai 260 euro [55/0,2] del generico volume a scaffale. Da questo punto di vista i volumi per la ricerca possono garantire una sorta di zoccolo duro neiprestiti, con un livello di "produttività" migliore dei volumi generici, ma non comparabile con ivolumi di testo, a condizione di non superare il 20/30% degli acquisti, livello oltre il qualepresumibilmente interferirebbero con l'acquisto dei più "produttivi" volumi di testo. Ma, come si èvisto sopra, è anche vero l'inverso: esagerando nell'acquisto dei volumi di testo, si finirebbe perridurre la curva di produttività di una parte dei volumi di testo al di sotto di 1 [prestito per volume]garantito dai volumi per la ricerca, che a questo punto tornerebbero nuovamente competitivi.

Per quanto riguarda l'efficacia della spesa per monografie, si può quindi valutare che il mix in gradodi assicurare la miglior efficacia degli acquisti potrebbe essere (a seconda della differenza tra ilcosto medio dei volumi per la ricerca rispetto a quelli di testo) un 40/50% di acquisti di volumi ditesto, un 20/30% di acquisti di volumi per la ricerca e un residuo 20/30% per altri volumi. Quindi l'indicazione operativa è di puntare sui volumi di testo e monitorare il loro uso, mantenendocomunque un adeguato livello di acquisti per la ricerca, e usare i margini di bilancio residuale percomperare volumi di interesse più generale. [set. 2012 – dic. 2015 – dic. 2017]

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