la nuova architettura del ferro · 2019-05-23 · La Torre Eiffel si regge su quattro enormi piloni...

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La nuova architettura del ferro in Europa I maggiori paesi europei fin dal Settecento stavano vivendo un momento dove l’industrializzazione aveva toccato dei livelli mai raggiunti. Nel XIX secolo, le innovazioni tecnologiche sono tali da modificare radicalmente il tessuto sociale. Gli industriali sedotti dalla possibilità di un forte guadagno, sponsorizzavano le ricerche per un ammodernamento degli impianti e nell’ottimizzazione dei cicli produttivi. A partire dall’invenzione, nel 1776 della prima macchina a vapore capace di trasformare il vapore dell’acqua che bolle in una caldaia in forza motrice. Tutti i campi della scienza e della tecnica conobbero allora uno sviluppo senza precedenti : FISICA, CHIMICA, ASTRONOMIA ebbero in un solo secolo più progressi di quanti non ne avessero maturati dall’inizio della civiltà umana. INIZIO DELLA SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE modellino di macchina a vapore 1821 Londra GHISA: ACCIAIO: VETRO : Grazie alla messa a punto di processi di fusione ad altissime temperature, resi possibili dalla sostituzione del carbone vegetale con il più calorico COKE ( derivato dal carbon fossile), gli impianti siderurgici ottocenteschi sono ormai in grado di produrre travi ed altri elementi in ferro di dimensioni, forma e resistenza tali da poter essere impiegati strutturalmente in campo edilizio. Entra in produzione la: Il mondo si trasforma tale evento è talmente rivoluzionario da cambiare anche tutte le tipologie degli edifici. Elementi strutturali impiegati da secoli, quali archi, volte e cupole, diventano immediatamente vecchi e superati e questo mette seriamente in crisi anche la figura dell’architetto, che deve fare i conti con i materiali dei quali non conosce ancora a fondo né le caratteristiche né, tanto meno, le potenzialità. ALLA SECONDA META’ DEL SECOLO EMERGE DUNQUE UN’ALTRA FIGURA QUELLO DELL’INGEGNERE la cui preparazione è più tecnica che artistica e alle scarse conoscenze storiche e umanistiche di cui dispone fa da contrappeso una robusta competenza nel campo della matematica, della fisica e della neonata SCIENZE DELLE COSTRUZIONI. (sarà considerata come una democratizzazione dell’architettura)

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La nuova architettura del ferro in EuropaI maggiori paesi europei fin dal Settecento stavano vivendo un momento dove l’industrializzazione aveva toccato dei livelli mai raggiunti. Nel XIX secolo, le innovazioni tecnologiche sono tali da modificare radicalmente il tessuto sociale. Gli industriali sedotti dalla possibilità di un forte guadagno, sponsorizzavano le ricerche per un ammodernamento degli impianti e nell’ottimizzazione dei cicli produttivi. A partire dall’invenzione, nel 1776 della prima macchina a vapore capace di trasformare il vapore dell’acqua che bolle in una caldaia in forza motrice. Tutti i campi della scienza e della tecnica conobbero allora uno sviluppo senza precedenti : FISICA, CHIMICA, ASTRONOMIA ebbero in un solo secolo più progressi di quanti non ne avessero maturati dall’inizio della civiltà umana. INIZIO DELLA SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

modellino di macchina a vapore 1821 Londra

GHISA: ACCIAIO: VETRO :

Grazie alla messa a punto di processi di fusione ad altissime temperature, resi possibili dalla sostituzione del carbone vegetale con il più calorico COKE ( derivato dal carbon fossile), gli impianti siderurgici ottocenteschi sono ormai in grado di produrre travi ed altri elementi in ferro di dimensioni, forma e resistenza tali da poter essere impiegati strutturalmente in campo edilizio. Entra in produzione la:

Il mondo si trasforma tale evento è talmente rivoluzionario da cambiare anche tutte le tipologie degli edifici. Elementi strutturali impiegati da secoli, quali archi, volte e cupole, diventano immediatamente vecchi e superati e questo mette seriamente in crisi anche la figura dell’architetto, che deve fare i conti con i materiali dei quali non conosce ancora a fondo né le caratteristiche né, tanto meno, le potenzialità. ALLA SECONDA META’ DEL SECOLO EMERGE DUNQUE UN’ALTRA FIGURA QUELLO DELL’INGEGNERE la cui preparazione è più tecnica che artistica e alle scarse conoscenze storiche e umanistiche di cui dispone fa da contrappeso una robusta competenza nel campo della matematica, della fisica e della neonata SCIENZE DELLE COSTRUZIONI. (sarà considerata come una democratizzazione dell’architettura)

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La mentalità positivista di fine Ottocento, vede gli ingegneri come gli unici capaci di intendere e di interpretare le leggi interne della materia, il che comporta, quale risvolto immediato, non trascurabili economie nella progettazione e nella realizzazione.

schema grafico di trave metallica con profilo a doppia T

Il calcolo di una trave d’acciaio, consente di determinare con esattezza le dimensioni che questa deve avere per poter resistere a determinate sollecitazioni e, di conseguenza, rende possibile lo sfruttamento al meglio dei materiali. La scienza delle costruzioni insegna, infatti, che in un architrave le massime tensioni si creano sulla superficie e su quella inferiore, mentre all’interno le sollecitazioni risultano inferiori.Ecco allora che le travi in ghisa e in acciaio non sono più piene, il che le avrebbe rese inutilmente pesanti e costose, ma, al contrario, assumeranno uno snello profilo a doppia T. simile a quello delle rotaie del treno. Tale sezione si compone di due ali uguali ( a) e parallele collegate da una nervatura perpendicolare chiamata anima( b). In questo modo il materiale resistente verrà a trovarsi solo dove serve ( cioè nelle ali) e nella quantità effettivamente necessaria alla statica dell’insieme.

Ha inizio una delle più stimolanti e suggestive esperienze dell’architettura contemporanea

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Le esposizioni Universali Uno dei campi dove l’architettura del ferro trovò agio di esprimersi nel modo più libero e consono alle sue caratteristiche fu quello delle cosiddette grandi strutture ( PONTI- VIADOTTI- STAZIONI FERROVIARIE- SERRE- MERCATI COPERTE- PADIGLIONI ESPOSITIVI ) che cominciarono a caratterizzare il paesaggio con la loro spettacolarità, tanto da destare anche l’interesse dei pittori.

Le ESPOSIZIONI UNIVERSALI La tipologia dei padiglioni espositivi, fu quella che consentì gli esiti più straordinari. A partire dal 1851 le varie capitali d’Europa e anche negli Stati Uniti era necessario allestire in tempi relativamente brevi padiglioni tanto ampi da poter contenere agevolmente i materiali in mostra. I padiglioni, dovevano avere tra i requisiti quella facilità di montaggio, e altrettanta facilità di smontaggio, nell’ipotesi di eventuali riutilizzi

Il palazzo di cristallo

la cattedrale moderna Gallerie delle macchine

La prima Esposizione Universale si tenne nel 1851 a Londra. Si rendeva omaggio al Paese dal quale la rivoluzione industriale aveva preso le mosse. Si organizzò un bando per la costruzione del padiglione si scelse come luogo la zona più verdeggiante della capitale( fra Hyde Park e Kensington Gardens). Tra i 245 progetti presentati venne scelto quello di Paxton Joseph, un costruttore di serre che prevedeva la realizzazione di una faraonica struttura in ghisa e vetro che, con i suoi oltre 77 mila metri quadrati di superficie . La struttura fu portata a termine in pochi mesi tra lo stupore e i consensi generali.

Composto da una navata centrale a gradoni lunga oltre mezzo chilometro nella quale si innestava un transetto coperto con una gran volta a botte in ghisa e vetro, appositamente costruita al fine di non abbattere alcuni alberi secolari del parco.

Nel 1889, in occasione del centenario della Rivoluzione, Parigi organizza la sua quarta esposizione Universale. Allestita nei vasti spazi erbosi del Campo marte, essa consiste in tre diverse strutture: IL PALAZZO ( una massiccia costruzione ad U) La GALLERIE DELLE MACCHINE ( progettata dall’architetto Charles- louis- Ferdinad Dutert ( che per il calcolo si avvale di tre ingegneri) LA GIGANTESCA TORRE

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La torre Eiffel La galleria Vittorio Emanuele II

Altre gallerie in Italia

Rispetto al Palazzo di Cristallo la galleria parigina presenta soluzioni tecniche ancora più ardite. ( 48300 metri quadrati) coperto con una serie di enormi Marconi a campata unica, senza pilastri o altri appoggi intermedi. Tale sistema è definito statisticamente arco a tre cerniere

Gustave- Alexandre Eiffel 1887-1889 Altezza originaria 304 m, altezza attuale( compresa antenna televisiva )324 m

Parigi

E’ la costruzione simbolo dell’Esposizione (con i suoi 300 mt di altezza diventava di fatto il più alto edificio della Terra) La sua sagoma non è determinata né dall’estro del progettista né da altre considerazioni di tipo estetico, bensì dalla necessità di contrastare l’azione del vento che, stante l’altezza, avrebbe altrimenti compromesso l’equilibrio della struttura.

Per la prima volta nella storia dell’architettura, dunque, non è l’uomo a imporre la propria idea ma sono le stessi leggi della natura, interpretate attraverso la scienza delle costruzioni, a determinare le forme più idonee. La Torre Eiffel si regge su quattro enormi piloni a struttura reticolare disposti in modo arcuato, al fine di scaricare meglio sulle fondazioni l’enorme peso della costruzione. A 57 metri dal suolo, in corrispondenza del primo ripiano, altri quattro piloni inclinati e sagomati si raccordano verso l’alto interrotti, a 115 mt. d’altezza della seconda più piccola piattaforma.

Nella parte terminale della costruzione, fino al terzo piano praticabile, posto a ben 274 metri d’altezza i quattro piloni si fondono in un unico, grandioso traliccio verticale, sempre realizzato a struttura reticolare.

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In Italia la rivoluzione industriale arriva assai tardivamente così come quella tecnologica: Nonostante queste premesse l’architettura del ferro conosce anche nel nostro paese un periodo di relativa fioritura. Gli architetti italiani sono ancora quasi tutti di formazione accademica e dunque anche per impiegare l’acciaio e le ghise non sempre riescono a liberarsi completamente da una tendenza al decoratissimo che, invece di migliorare l’aspetto delle costruzioni , finisce, al contrario, per appesantire facendole sembrare brutte copie di edifici in muratura. Tra le architetture in ferro italiane ( padiglioni, serre, passaggi coperti, gallerie commerciali, grandi magazzini, teatri, stazioni ferroviarie e mercati coperti), menzione a parte è la GALLERIA VITTORIO EMANUELE II di Milano realizzata dall’architetto Giuseppe Mengoni che, in realtà nel 1861 aveva vinto il concorso internazionale per il totale rifacimento di piazza del Duomo.

La galleria Vittorio Emanuele II

La Galleria, costruita tra il 1865 e il 1878 fu pensata come un unica navata leggermente obliqua che veniva intersecata al centro da un transetto più corto, ma della medesima ampiezza quattro bracci così creati erano coperti con grandiose volte a botte di ferro e vetro concorrenti in un ottagono centrale che, similmente a un moderno tiburio vetrato costituita il perno ideale di tutto il sistema. La formazione eclettica dell’architetto emiliano fece si che accanto alle snelle coperture vetrate convive la massiccia ridondanza delle parti in muratura appesantite da elaborate decorazioni in stucco di gusto neorinascimentale.

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Con la galleria di Milano l’Italia post- unitaria tenta orgogliosamente di essere al passo con l’Europa almeno sul piano formale, visto che, su quello economico ragionevolmente non poteva permetterselo. Tanto è vero che il gruppo di imprenditori che finanziò l’impresa era in maggioranza straniero e che i materiali provenivano tutti dalle ben attrezzate industrie francesi ed inglesi. Il 30 dicembre del 1877 Mengoni cadde dalla impalcatura della più alta della sua Galleria a pochi giorni dalla solenne inaugurazione, quasi nessuno credette alla fatalità dell’incidente.

Altre gallerie in Italia

Sulla scia della galleria milanese furono costruite La GALLERIA SUBALPINA i Torino ( 1873-1874) La Galleria Mazzini di Genova ( 1873-1875) La Galleria Principe di Napoli a Napoli (1876-1883) sempre a Napoli, la grandiosa Galleria Umberto I ( 1885-1892)

Le facciate in muratura dei palazzi che prospettano all’interno della Galleria, infatti, sono realizzate ancora secondo i canoni dell’eclettismo neorinascimentale, con grande preponderanza di stucchi dorati e ornamentazioni scultoree di gusto quasi barocco

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Alessandro Antonelli

(1798-1888)

Un architetto “imprestato all’ingegneria

Alessandro Antonelli nasce a Ghemme ( Novara) il 14 luglio del 1798 e muore a Torino il 18 ottobre del 1888. La sua formazione inizia a Brera, dove si dedica” allo studio delle lettere e particolarmente a quello del disegno” dove egli stesso dichiara di aver studiato “ sopra i giganteschi avanzi dei monumenti a noi tramandati dall’antica sapienza” Egli coniuga la conoscenza dell’Antico con un forte interesse per i nuovi materiali e per le tecniche della geometria descrittiva, dell’idraulica e della statica, i cui insegnamenti erano impartiti nella Scuola di Ingegneria fondata a Roma nel 1818 per volere di papa PIO VII

Cupola della Basilica di San Gaudenzio

Mole Antonelliana

Nel decennio che va da 1844-1878 l’architetto fu chiamato a redigere ben otto progetti successivi attraverso i quali la struttura andò sempre più slanciandosi, fino a giungere all’altezza attuale di 121 metri . La Basilica cinquecentesca costruita sul disegno di Pellegrino Tibaldi, presentava delle caratteristiche di verticalizzazione tanto da rendere indispensabile l’impiego di un complesso sistema di nervature e costoloni in muratura, saldamente incatenati fra di loro. L’altissimo tamburo, che si configura come una sorte di torre a pianta circolare su più livelli che via via si restringono, è scandito esternamente dall’alternarsi di paraste e colonne classicheggianti che, pur alleggerendone visivamente la struttura, assolvono la funzione di irrigidirla staticamente. Sul tamburo, si imposta la vera e propria cupola a sesto acuto, a sua volta coronata da una duplice e ariosa lanterna cuspidata, alta quasi il doppio della cupola stessa

L’enorme struttura, oggi sede del Museo Nazionale del Cinema, venne commissionata nel 1862 dall’università Israelitica di Torino, che avrebbe dovuto realizzarvi il proprio tempio. Il progetto prevedeva una struttura a tre piani fuori terra da destinare alla scuola ebraica e a tutti i servizi necessari. Un sovrastante attico colonnato, con ampie vetrate sui quattro lati e un’imponente cupola emisferica di coronamento, avrebbe poi accolto la sinagoga. Dopo diverse modifiche progettuali fu realizzata non a cupola ma a padiglione realizzata con due sottili strutture murarie legate fra loro da catene di ferro e irrigidite da opportune nervature, di modo che, pur essendo costruita in pietra e mattoni, si comporta dal punto di vista statico come una struttura a guscio formata da tralicci metallici. ( Fu ultimata dal figlio Costanzo)

Scalata formidabile verso l’azzurro