La mia tesi

33
1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO - BICOCCA Facoltà di Psicologia Corso di Laurea Comunicazione e Psicologia ASPETTI ETICI DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO Relatore: Proff.ssa Simona Sacchi Tesi di Laurea di: Riccardo Pietra Matr. Nr. 720918 Anno Accademico 2010-2011

description

La mia tesi

Transcript of La mia tesi

Page 1: La mia tesi

1

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO - BICOCCA Facoltà di Psicologia

Corso di Laurea Comunicazione e Psicologia

ASPETTI ETICI DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO

Relatore: Proff.ssa Simona Sacchi

Tesi di Laurea di: Riccardo Pietra

Matr. Nr. 720918

Anno Accademico 2010-2011

Page 2: La mia tesi

2

INDICE

1- Abstract………….. pag. 2

2- Introduzione………….. pag. 3

2.1 Politica e Psicologia Ambientale

2.2 Deontologia e consequenzialismo, Valori protetti e trade-off

2.3 Emozioni morali e aspetti etici legati al decision making

2.4 Relazioni intergruppo e di potere nel climate change.

3- Studio………….. pag. 10

3.1 Ipotesi

3.2 Metodo e materiale

3.3 Risultati

4- Discussione, limiti e direzioni future………….. pag. 20

NOTA Numero dei caratteri: 80.083

Page 3: La mia tesi

3

ABSTRACT.

La presente ricerca si pone l’obiettivo di indagare gli aspetti etici ed emozionali, legati alla

percezione della situazione climatica del nostro pianeta. I primi sono stati indagati come espressione

di un approccio deontologico e/o consequenzialista e della considerazione della natura come valore

protetto, con riferimento alla disponibilità ad intraprendere o accettare azioni legate alle politiche e

ai comportamenti ambientali. Gli aspetti emozionali si riferiscono invece soprattutto alla percezione

della situazione di disparità fra i differenti paesi del nostro pianeta, tipicamente fra paesi del Sud e

del Nord del mondo; in particolare sono state indagate le emozioni di rabbia e vergogna/senso di

colpa legate a questi aspetti, con attenzione anche alla percezione propria e reciproca dei due gruppi

(gli abitanti dei paesi del Sud e del Nord del mondo). Il fine di questa indagine è di far luce su

quanto questi aspetti (approccio deontologico/consequenzialista, percezione della disparità fra i

diversi paesi, senso di colpa e rabbia) siano legati al semplice far parte di uno dei due gruppi

contrapposti (paesi del Sud e del Nord), e su come ciò venga percepito.

Page 4: La mia tesi

4

INTRODUZIONE.

Diverse ricerche hanno precedentemente indagato i due aspetti centrali del presente progetto, e cioè

l’ approccio deontologico e quello consequenzialista, le emozioni morali e i valori protetti,

considerando come questi aspetti si influenzino vicendevolmente. Nel presente lavoro si cercherà di

applicare tali aspetti al tema del cambiamento climatico e dei problemi ambientali. Infatti le

decisioni che ognuno prende riguardo a questi problemi si rifanno alle idee che la persona stessa ha

sulla base di quelli che sono i suoi criteri etici. Sulla base dei propri principi etici, ognuno di noi si

forma delle opinioni riguardo a un certo tema e da queste deriveranno i suoi atteggiamenti e

comportamenti. Per esempio, ognuno di noi deciderà di adottare o meno certi comportamenti che

possono avere ripercussioni ecologiche, e ognuno sarà libero di accettare di buon grado o meno una

nuova legge in materia di ambiente. Il problema del cambiamento climatico sul nostro pianeta è ben

conosciuto in tutti i paesi, e il diverso modo di affrontarlo (sia a livello di paese, di governo che a

livello individuale) riflette anche differenze che si basano su giudizi morali e diversi criteri etici nel

valutare la faccenda. Le due principali questioni morali che caratterizzano i cambiamenti climatici

sono, da un lato, l’abuso di una risorsa comune, come la capacità dell’atmosfera di assorbire i gas

serra, da parte di un gruppo di soggetti e, dall’altro, il danno prodotto dai conseguenti impatti

climatici ad altri soggetti. Inoltre, il concetto di “natura” è spesso visto come un Valore Protetto, il

che può avere importanti conseguenze nelle decisione che si prendono riguardo a questo argomento.

Anche le emozioni morali che ognuno prova nell’approcciarsi al tema del cambiamento climatico,

le relazioni di potere fra gruppi che ognuno percepisce e il proprio senso di “giustizia ambientale”

(legata alla responsabilità storica dei diversi Paesi nel cambiamento climatico) incidono sulle azioni

che seguiranno e sulla capacità di impegno/sacrificio che ognuno può sostenere nel tentativo di

avvicinarsi ad una soluzione del problema.

Politica e psicologia ambientale. La politica ambientale si occupa di quelle decisioni che

riguardano appunto l’ambiente, l’ecologia e il loro rapporto con l’uomo. Recentemente sono stati

introdotti in questo campo, degli strumenti che si rifanno alle logiche di mercato, come le tasse o i

sussidi; e altri che si rifanno alle norme della pubblicità, come le campagne di persuasione per

aumentare la “coscienza ambientale”. La psicologia ambientale cerca strumenti che aumentino la

capacità di accettare le decisioni politiche legate all’ambiente e, recentemente, è giunta a nuovi

risultati (Nilsson, Borgstrade & Biel, 2004). Anzitutto viene espresso un importante punto: mentre

il settore domestico/famigliare è responsabile per un terzo del combustibile fossile consumato negli

Stati Uniti, il settore industriale e commerciale è responsabile per gli altri due terzi; da qui si capisce

l’importanza di scovare misure che aumentino la capacità di accettare le decisioni politiche legate

all’ambiente, che si rivolgano a entrambi i macro settori. Inoltre va specificata un’ulteriore

Page 5: La mia tesi

5

differenza all’interno della produzione industriale e commerciale, quella fra le aziende private a

scopo commerciale e le organizzazioni pubbliche. Lo studio di Nilsson et al. (op. cit.) si è posto

l’obiettivo di indagare la combinazione di valori e norme che contano per il supporto delle politiche

ambientali all’interno dei due tipi di organizzazioni. Distinguendo fra valori self-trascendent (cioè

quei valori che enfatizzano la visione degli altri come pari e si preoccupano per il benessere della

società in generale) e valori self-enhancement (cioè quei valori che enfatizzano il conseguimento

del proprio successo e del dominio sugli altri) gli autori concludono che i valori ST, rifacendosi a

obiettivi rivolti verso l’esterno e con l’aiuto di norme/leggi, possano aiutare maggiormente le

organizzazioni pubbliche e i cittadini ad accettare le decisioni politiche legate all’ambiente, mentre i

valori SE, rifacendosi a obiettivi propri, interni, indirizzino meglio le organizzazioni private verso il

rispetto per le misure politiche adottate riguardo ai problemi ambientali, creando un collegamento

fra questa dimensione e gli obiettivi del gruppo.

La letteratura meno recente aveva distinto fra valori intrinseci ed estrinseci: i primi si riferiscono a

ideali e macro concetti legati al modo di vivere e rapportarsi con l’ambiente e con gli altri, mentre

gli ultimi si rifanno per lo più alle norme comportamentali pro sociali.

Riguardo all’essere disposti a sacrificarsi per rispettare le norme a favore dell’ambiente, è giusto

sottolineare anche che le diverse misure saranno più o meno ben accettate dai diversi gruppi

(organizzazioni pubbliche e private di diverso tipo) a seconda dello sforzo chiesto loro e del

beneficio percepito dai membri dei vari gruppi per l’organizzazione stessa. Inoltre sia a livello

individuale che di gruppo, il fatto di considerare o meno la natura un Valore Protetto influisce sul

grado dell’impegno speso nel cercare di migliorare la situazione ecologica del pianeta, nonché

sull’approcciarsi in maniera deontologica o consequenzialista alla risoluzione di questo tipo di

problemi.

Il nostro studio si inserisce dunque in un filone di ricerca che mira ad aiutare coi suoi risultati la

politica ambientale, fornendo indicazioni riguardo a come aspetti psicologici, quali le emozioni

morali, i valori protetti, la rappresentazione mentale delle relazioni intergruppo, influenzino il

pensiero, la capacità di azione (intesa anche come capacità di sostegno alle politiche ambientali) e

più in generale l’approccio al decision making dei diversi popoli che abitano il pianeta; e su come

questi aspetti psicologici creino correnti di pensiero intra-gruppo.

Deontologia e consequenzialismo, Valori Protetti e trade-off. La letteratura definisce la

deontologia e il consequenzialismo come due posizioni nella presa di decisione morale, che usano

basi diverse e differenti processi cognitivi per giudicare la fattibilità di un’azione e il suo risvolto

etico (Bartles, 2008). In particolare, il consequenzialismo giudica rilevanti solo le conseguenze, gli

esiti finali di un’azione; l’azione corretta da fare è allora quella con il miglior esito possibile. La

Page 6: La mia tesi

6

deontologia invece giudica certe qualità dell’azione rispetto a regole etiche che devono essere

rispettate; l’azione corretta sarà quindi quella che rispetta certi canoni morali e non viola

determinati taboo etici (Darwall, 2003). Il concetto chiave dell’approccio deontologico è che la

moralità di un’azione è valutata dall’applicazione di una regola di principio che richieda o proibisca

certi comportamenti; nell’analisi consequenzialista, invece, le conclusioni riguardo a ciò che è

giusto o sbagliato sono basate sulle conseguenze delle azioni stesse (Tanner, Medin, Iliev, 2008).

È evidente la differenza fra l’approccio deontologico e quello consequanzialista, nonché il fatto che

siano soggetti a differenti bias di giudizio e sensibili a diversi aspetti deduttivi. In particolare, studi

precedenti hanno messo in luce come l‘approccio deontologico sia legato ai Valori Protetti o Sacri,

cioè quei valori che gli individui sono restie a inserire in trade-off con altri valori, in particolare

quelli economici (Baron & Spranca, 1997). Un concetto che si può esprimere attraverso la frase

esempio “la vita non ha un prezzo quantificabile”. Le persone inoltre, risultano non solo esser restii

a fare trade-off fra valori protetti e valori secolari (per esempio economici, legati a costo e

beneficio) ma sembra che provino rabbia al pensiero/richiesta di fare questi trade-off, e sostengano

la negazione del bisogno di trade-off attraverso un desiderio di mentalità utopica (Baron & Spranca,

1997). Hanselmann e Tanner (2008) definiscono il trade-off come una compensazione dello

svantaggio di un valore col beneficio di un altro valore. Per esempio la scelta tra due offerte di

lavoro può implicare un trade-off tra il salario e la distanza del posto di lavoro. I due Autori

distinguono inoltre tra taboo trade-off (per es, una situazione che contrappone un valore protetto a

uno secolare), tragic trade-off (per es, una situazione che contrappone due valori sacri) e routine

trade-off (per es, una situazione che contrappone due valori secolari); i Valori Sacri o Protetti sono

quelli che per il nostro modo di pensare, per i nostri ideali, sono considerati inviolabili, mentre i

valori secolari sono quelli considerati non inviolabili, che si possono appunto facilmente inserire in

un trade-off che valuti costi e benefici. Inoltre i risultati di un loro esperimento mostrano che, nella

condizione di dover fare una scelta che implicasse un taboo trade-off, le persone percepivano la

richiesta come più negativamente carica di emozioni, ma più facile da risolvere, rispetto a quando

dovevano fare una scelta che implicasse un routine trade-off. La richiesta percepita come più

stressante e difficile da risolvere è risultata esser quella collegata al tragic trade-off. Questi risultati

asseriscono che la fiducia nei Valori Protetti può avere una funzione euristica nella presa di

decisioni (Baron & Spranca, 1997).

La letteratura suggerisce altre caratteristiche dei Valori Protetti. In diversi studi i VP sono

considerati insensibili alla quantità; per esempio le persone che considerano un proprio Valore

Protetto la salvaguardia ambientale delle foreste ritengono che sia ugualmente ingiusto distruggerne

una grande o una piccola; mentre non fanno lo stesso ragionamento quando sono in gioco valori non

protetti. I VP tendono a essere applicati nelle scelte di azione (fare qualcosa) e non in quelle di

Page 7: La mia tesi

7

omissione (non fare qualcosa). Le persone con valori protetti mostrano più bias di omissione: per

esempio, sono meno disposti degli altri a distruggere una foresta per prevenire la distruzione di altre

foreste. I Valori Protetti sono inoltre limitati alle scelte che implicano una trade-off con guadagni;

per esempio, alcune persone che non sono disposte a distruggere una foresta (o sostenere l’appoggio

a farlo) per ottenere un guadagno economico, sono invece disposte a farlo (o sostenere l’appoggio a

farlo) per prevenire una perdita (Baron & Leshner, 2000). I giudizi e le preferenze dovute a

motivazioni morali e perciò legati a VP, sono attivati da processi intuitivi e deliberativi; sono

influenzati dal contesto e usano sia rappresentazioni di costrutti deontologici, sia considerazioni

utilitaristiche. I contesti che dirigono l’attenzione verso la violazione di norme morali generano

reazioni emotive deontologiche, ma il responso deontologico può essere sopraffatto da fattori dovuti

al contesto, che dirigono l’attenzione verso considerazioni utilitaristiche (Bartels, 2008). Infatti i

modi di pensare deontologico e consequenziale non sono mutuamente esclusivi e i Valori Protetti

sono fortemente legati all’orientamento deontologico ma possono anche essere combinati con

l’approccio consequenzialista (Tanner et al, op. cit.). L’orientamento

deontologico/consequenzialista e i VP hanno un effetto pervasivo sui bias di giudizio e sui framing

effects (il cui esempio più classico è il caso del problema dell’influenza asiatica, Tversky &

Kahneman, 1981). In particolare, gli studi di Tanner, Medin e Iliev (Tanner et al, op. cit.) hanno

mostrato come le persone che combinano i VP con aspetti dell’approccio consequenzialista

mostrino di essere sensibili ai framing effects, così come quelle che invece risultano avere pochi

Valori Protetti e un forte attegiamento consequenzialista; mentre i partecipanti dello studio che non

mostravano framing effects, erano coloro che risultavano avere forti Valori Protetti e bassa

applicazione dell’approccio consequenzialista. I VP sono agent relative, e non agent general; la

partecipazione valoriale ed emozionale propria del decisore è importante rispetto alle conseguenze

stesse della decisione; e le azioni richieste o proibite dai VP sono viste come obblighi morali, cioè

non sono solo una convenzione o una preferenza personale ma qualcosa da rispettare integralmente

(Baron & Spranca, 1997).

Emozioni morali e aspetti etici legati al decision making. La psicologia cognitiva e le neuroscienze

hanno evidenziato come i giudizi morali, e le teorie/principi che li supportano, siano il risultato

dell’interazione di differenti sistemi e processi. In sintesi, i giudizi morali sarebbero prodotti tanto

da processi psicologici intuitivi e automatici quanto da processi razionali e deliberati, condotti, da

una parte, da un sistema affettivo/emozionale e, dall’altra, da uno cognitivo/controllato. La

letteratura suggerisce che i giudizi morali guidati dai processi psicologici intuitivi e affettivi siano

connessi ad un approccio deontologico; viceversa i processi psicologici razionali eseguiti dai

sistemi cognitivi controllati determinerebbero un approccio morale consequenzialista. Gli studi di

Page 8: La mia tesi

8

cognizione morale suggeriscono che i giudizi morali consequenzialisti, dettati principalmente da

una cognizione controllata, esprimono una “moralità autentica”, mentre i giudizi morali

deontologici, fondamentalmente euristici e guidati dall’emozione, sarebbero generalmente una

razionalizzazione morale post-hoc (Greene, 2009; Paxton & Greene, 2010; Cusmang & Young

2009; Greene & Haidt, 2002). In altre parole su queste premesse empiriche e teoriche, sembra

possibile sostenere che il consequenzialismo (basato su processi cognitivi flessibili, controllati e

raffinati) sia normativamente superiore alle deontologia (basata su risposte emotive, automatiche,

relativamente inalterate). Il punto centrale, comunque, rimane il fatto che deontologia e

consequenzialismo sono approcci dovuti a processi cognitivi diversi, utilizzati nella valutazione di

un problema e all’interazione che si ha fra questi processi. Come detto, la dicotomia deontologia-

consequenzialismo sembra aver trovato supporto nelle neuroscienze; in particolare è stato

individuato un modello duale alla base del giudizio morale che sarebbe frutto di un’interazione fra

meccanismi affettivi e cognitivi. Le risposte di tipo deontologico sarebbero legate a reazioni

emotive, automatiche, non controllate. Al contrario, in assenza di un’attivazione affettiva, è più

probabile che si verifichi un approccio morale di tipo consequenzialista, cognitivamente controllato

e flessibile. Come visto anche nel paragrafo precedente, inoltre, diverse sono le implicazioni che

derivano dall’esistenza di Valori Protetti: per esempio il non tenere conto di tutti i possibili esiti

associati a un trade-off, l’incapacità di prendere in considerazione le conseguenze delle azioni o

delle decisioni quando sono in gioco dei valori protetti. (Greene et al, 2009).

Oltre all’approccio deontologico o consequenzialista e ai VP, altri elementi entrano in gioco,

influenzando la capacità di presa di decisione e la sua qualità. Uno di questi fattori è il tipo di

risposta emotiva che uno ha nel momento della presa di decisione. Si distinguono due diversi tipi di

risposte emotive: le emozioni allarm-bell, che sono associate con l’approccio deontologico,

vincolano il giudizio morale escludendo il ragionamento esplicito; le emozioni currency-like

operano come driver in grado di motivare i processi cognitivi di tipo deliberato. Le emozioni

forniscono la motivazione principale nelle situazioni in cui si affronta un problema che può avere

come conseguenze dei danni (anziché dei benefici); in linea con ciò, alcuni psicologi ambientali

(Spears & Leach, 2010) hanno sostenuto che le persone possono essere motivate dalle emozioni di

paura ad affrontare i problemi ambientali e collettivi, come la crisi climatica.

È quindi evidente l’importanza di tenere in forte considerazione le emozioni, in relazione al

giudizio e alla presa di decisione legata a questioni morali.

Un altro elemento che influisce sulla presa di decisione, soprattutto in un contesto come quello da

noi indagato, cioè l’approccio ai problemi climatici mondiali, è rappresentato dai “meccanismi

sociali” come la tendenza a favorire l’ingroup e a discriminare l’outgroup. In tale contesto, infatti, i

processi decisionali sarebbero determinati non solo da processi morali e cognitivi, ma anche da

Page 9: La mia tesi

9

considerazioni di ordine sociale e motivazionale, come quelle relative alle relazioni ingroup -

outgroup e minoranza - maggioranza. Infine, in questo campo, entrano in gioco anche altre

emozioni e costrutti etici/morali, legati alla percezione del proprio ruolo nel rapporto di potere fra i

due gruppi. Vedremo come il sentirsi in colpa verso l’outgroup, nel caso di parte dei cittadini dei

paesi sviluppati, e il provare rabbia verso l’altro gruppo, nel caso di parte dei cittadini dei paesi non

industrializzati, possa influenzare il proprio approccio alle tematiche ambientali, e il proprio grado

di deontologia/consequenzialismo nell’affrontare questi problemi. Le emozioni morali possono

essere legate infatti alla percezione di giustizia/ingiustizia e dei diversi e complementari ruoli

perpetrator-victim.

La reazione emotiva verso un certo problema, tutte le emozioni morali e i propri VP influenzano le

prese di posizione e di decisione e il grado di deontologia/consequenzialismo nell’affrontare un

certo problema.

Relazioni intergruppo e di potere nel climate change. Il cambiamento climatico, l’inquinamento

del nostro pianeta, la distribuzione delle risorse economiche e altri macro problemi sono tematiche

difficili che coinvolgono tutti i governi delle diverse nazioni del nostro pianeta e le loro relazioni di

forza e potere. È evidente la disparità fra la situazione dei paesi sviluppati e quelli in via di

sviluppo; questa disparità (principalmente economica) è dovuta all’esplosione del fenomeno della

globalizzazione del mercato (Babones, 2002), alla storia coloniale (Boswell & Dixon, 1990), agli

investimenti delle aziende straniere nei paesi in via di sviluppo (Beer & Boswell, 2002),

all’economia non regolamentata, alla disparità nella diffusione delle nuove tecnologie e nella

crescita dell’educazione (Bornschier, 2002). È interessante vedere come questa disparità sia vissuta

dai cittadini dei paesi sviluppati e da quelli in via di sviluppo, e come la percezione che ogni gruppo

ha di sé e dell’outgroup sia effettivamente influenzata da queste disparità. Uno studio di Reese,

Berthold & Steffers (in press) mostra risultati interessanti su questo punto. Anzitutto, i cittadini dei

paesi sviluppati percepiscono il proprio ingroup come prototipico della popolazione mondiale,

rispetto all’outgroup, rappresentato dagli abitanti dei paesi in via di sviluppo; questa percezione

dell’ ingroup come prototipico nella dimensione sociale predice una più forte opinione di legittimità

verso l’iniquità globale, mentre nella dimensione economica predice una più debole convinzione di

legittimità dell’iniquità globale. La percezione dell’ingroup come prototipico predice inoltre le

intenzioni comportamentali verso l’outgroup, mediate dalla legittimità percepita della iniquità

globale, in particolare alti livelli di SDO (social dominance orientation) predicono comportamenti

meno positivi verso l’outgruop (che è sempre, in questi casi, rappresentato dai paesi in via di

sviluppo), mentre un approccio BJW (belief in a just world) non sembra collegato a questo tipo di

atteggiamento. Per quanto riguarda la percezione della prototipicità dell’outgroup, diversi studi

Page 10: La mia tesi

10

sono giunti a conclusioni differenti. Mentre Wenzel (Wenzel, M.Mummendey & Waldzus S..,2007)

suggerisce che la prototipicità percepita dell’outgroup sia un elemento determinante più forte,

rispetto alla prototipicità dell’ingroup, per quanto riguarda gli atteggiamenti dell’outgroup, altri

studi (Mummendey & Waldzus, 2004) mostrano un effetto notevole per la prototipicità dell’ingroup

e un effetto, invece, debole per la prototipicità dell’outgroup. È evidente in ogni caso, che la

percezione dell’ingroup e dell’outgroup (in riferimento alla situazione del pianeta Terra, e cioè

cittadini dei paesi sviluppati vs cittadini dei paesi in via di sviluppo) e della loro prototipicità

rispetto all’umanità in genere, sia influenzata dalle dinamiche di potere che governano la politica e

l’economia mondiale, molto più di quanto non possa essere influenzata dalla dimensione, in termini

di persone e di territorio, dei due gruppi. Queste stesse dinamiche di potere influenzano quindi non

solo la percezione dell’ingroup e dell’outgroup ma anche tutta la valutazione della situazione

(legittimità o meno) della disparità globale, nonché le emozioni rivolte verso il proprio ingroup e

outgroup.

Uno studio molto mirato di Leach & Pedersen (2006) ha indagato la relazione fra rabbia e senso di

colpa nell’accettare le decisioni politiche, in situazioni in cui il proprio gruppo è percepito come

favorito, avvantaggiato rispetto all’outgroup. La ricerca, svolta in Australia, si rivolgeva alla

popolazione non aborigena nativa e al suo senso di rabbia e colpa per la situazione di disparità fra

loro e gli aborigeni nativi; ma i risultati possono essere proiettati in altre dinamiche simili, come

può essere quella fra paesi del Sud e del Nord del mondo riguardo ai problemi ambientali. Il senso

di colpa può determinare posizioni astratte (ideali sulla situazione di disparità) più che capacità di

azione (scrivere lettere, partecipare a manifestazioni, esprimere un voto che riguardi le iniquità fra

gruppi). Il provare rabbia per la situazione di vantaggio del proprio gruppo rispetto all’outgroup, è

più fortemente collegato al percepire il proprio gruppo come responsabile di tale situazione, rispetto

al senso di colpa. La rabbia inoltre più facilmente sfocerà in capacità di azione e disponibilità alla

partecipazione (anche economica) ad un movimento e ad accettare determinate misure politiche

riguardo alla situazione dell’outgroup svantaggiato. Questo studio mostra come siano legati fra loro

la reazione emotiva e la presa di posizione riguardo a un certo problema.

In questo studio cercheremo di indagare gli aspetti emozionali legati alla percezione che un gruppo

ha dell’altro e come queste emozioni influiscano sugli atteggiamenti verso l’outgroup e sulla

capacità di accettare misure politiche riguardanti le tematiche ambientali e la disparità globale;

nonché come queste percezioni reciproche influiscano sulla misura di deontologia e

consequenzialismo nella capacità di decision making dei due gruppi.

Page 11: La mia tesi

11

STUDIO

Ipotesi

In questo studio sono stati indagati gli aspetti etici ed emozionali legati alla percezione della

situazione climatica del nostro pianeta oltre che al senso di giustizia e al ruolo giocato nello

scenario. L’ipotesi da testare è che sia gli aspetti etici sia le emozioni morali siano dimensioni che

vengono influenzate dall’appartenenza a un gruppo piuttosto che ad un altro. L’obiettivo dello

studio è di far luce su come l’esser parte di un gruppo (abitante di un paese industrializzato) o di un

altro (abitante di un paese non industrializzato) influenzi il proprio approccio alla risoluzione dei

problemi (approccio deontologico o consequenzialista) e su come le emozioni morali (percezione

ingroup e outgroup, rabbia e senso di colpa) giochino un ruolo da mediatore nella scelta fra il

“modello” consequenzialista e quello deontologico. Sebbene noi ci aspettiamo uno scenario di

questo tipo (il ruolo determina il diverso approccio alla risoluzione dei problemi, e le emozioni sono

un mediatore) è evidente che numerose relazioni possono venire fuori da uno studio di questo

genere, per esempio può anche risultare che siano le emozioni morali a portare a una certa

mentalità, al di là dell’appartenenza ad un gruppo o ad un altro; o che le persone provino certe

emozioni, sentimenti, che poi non si trasformano in “concreti modelli” di mentalità deontologica o

consequenzialista.

Il punto a cui vorremmo giungere affinché la nostra ipotesi non sia del tutto falsificata è, come già

detto, che l’esser parte di un gruppo piuttosto che dell’altro giochi un qualche ruolo nella

percezione delle proprie emozioni e nella scelta del modello da seguire per la risoluzione di un

problema.

Metodo e materiale.

I partecipanti.

Per questo studio è stato usato un campione di 47 persone, 29 di sesso femminile, 18 maschile, tutte

di nazionalità italiana, con un range di età da 21 a 86 anni, media 30,9. I partecipanti allo studio

sono in parte studenti universitari, in parte lavoratori.

Materiale.

Il mezzo d'indagine usato è stato quello del questionario cartaceo, distribuito ai partecipanti e da

compilare autonomamente, tramite risposte a crocette (il materiale è disponibile nell'appendice)

Prima di compilare il questionario, al partecipante è stato proposto uno scenario, tramite narrazione

scritta. In questo scenario è descritto un pianeta, Astrudia, dove si trovano paesi industrializzati e

paesi non industrializzati; i primi hanno per anni provocato inquinamento e continuano a farlo,

Page 12: La mia tesi

12

mentre i secondi ne hanno continuamente subito le conseguenze senza esserne causa. Gli Enti

Scientifici del pianeta stanno lavorando per cercare soluzioni al problema dell'inquinamento; a

questo punto al partecipante è chiesto di immedesimarsi nel ruolo che gli è indicato (e che può

essere quello di membro di un paese industrializzato di Astrudia, membro di un paese non

industrializzato di Astrudia oppure un osservatore esterno, non abitante di Astrudia). Lo scopo dello

scenario è di far immedesimare il più possibile il partecipante nel ruolo propostogli, a tal fine il fatto

di parlare di un pianeta irreale e non della Terra (benchè la situazione su cui si discute sia analoga

nei due pianeti) aiuta i nostri partecipanti (tutti italiani e quindi membri di un paese industrializzato)

a immedesimarsi in misura maggiore nel proprio ruolo, soprattutto per quanto riguardo il campione

che ha svolto il questionario immedesimandosi in un membro di un paese non industrializzato. I due

diversi ruoli, membro di paese industrializzato o non industrializzato, rappresentano le nostre

variabili, mentre il terzo ruolo, di osservatore esterno, funge da controllo.

I tre diversi tipi di questionari contengono gli stessi quesiti, adeguati però al ruolo del partecipante

(vedi materiale in appendice); si può quindi procedere con una descrizione unica dello strumento di

indagine utilizzato. Dopo aver letto lo scenario, il partecipante affronta il questionario vero e

proprio, rispondendo a tre quesiti sulla manipulation check, che hanno lo scopo di indicarci se lo

scenario descritto è stato ben recepito: si è chiesto al rispondente quanto (su una scala da 1 a 7) il

suo paese fosse da considerare responsabile, contribuente o vittima dell'inquinamento. Il

questionario prosegue poi indagando le emozioni morali dell'intervistato, chiedendo a quest'ultimo

quanto (su una scala da 1 a 7) provasse determinate emozioni nei confronti dell'outgroup. Le

emozioni sono esplicitate in 13 items, di cui 3 fillers, 2 di paura, 4 di vergogna e 4 di rabbia. Al

partecipante è stato quindi chiesto di indicare il suo grado di vicinanza con l'outgroup. Per indagare

tale dimensione è stata proposta una scala IOS (Aron & Aron, 1992) a 7 punti, con l'aiuto di figure

che esplicitassero l’inclusione nel Sé dell’outgroup: la prima immagine è composta da due cerchi

che non sono in contatto tra loro, la seconda corrisponde a due cerchi in contatto minimo tra loro

fino ad arrivare alla settima e ultima immagine in cui l’area di sovrapposizione dei cerchi è molto

ampia. Viene specificato di indicare l’immagine che meglio descriva la propria relazione con

l’outgroup. (vedi materiale in appendice). Il questionario chiede a questo punto, di rispondere a otto

item relativi a una scala di identificazione con il proprio ingroup, ad esempio “Faccio fatica a

rendermi conto di essere membro del mio ingroup”, con una scala Likert a sette punti come metro di

valutazione, da 1= “assolutamente no” a 7= “certamente sì”. Sono stati invertiti tre item, il secondo,

il quarto e il sesto per evitare l’effetto di acquiescenza. La scala di identificazione usata è una

traduzione dell’indice di centralità della scala di identificazione di Cameron (Cameron, 2004).

Infine sono proposte altre affermazioni con cui il rispondente deve misurarsi indicando il proprio

Page 13: La mia tesi

13

grado (da 1 a 7) di accordo/disaccordo, affermazioni che riguardano le diverse modalità di presa di

decisione su questioni ambientali e risorse naturali. In particolare le due modalità di presa di

decisione indagate in qeust'ultima parte del questionario sono quella deontologica e quella

consequenzialista (scala di Tanner, Medin, Iliev, 2008).

Risultati.

Manipulation check.

Per verificare l’efficacia della nostra manipolazione sugli item di MC è stata condotta un’ANOVA

3 (gruppo: paese industrializzato, non industrializzato e controllo) X 2 (percezione: responsabile vs

vittima) con la prima variabile manipolata tra soggetti e la seconda entro-soggetti. Per quanto

riguarda la manipulation check c’è un effetto significativo di interazione tra la la nostra

manipolazione e la percezione di responsabilità F (2,44)=30,92 ; p<,001. In linea con quanto ci si

era prefissati, dai dati emerge che i soggetti che si identificavano con la condizione abitante di paese

non industrializzato (-1 nel grafico) si sentono maggiormente vittime (M=6.33 DS=.90) che

responsabili (M=2.33 DS=1.22), al contrario di chi si ritrova nel ruolo di abitante di una paese

industrializzato (1 nel grafico) che si percepisce maggiormente come responsabile (M=5.50

DS=1.58) che come vittima (M=4.31 DS=1.50); il gruppo di controllo conferma questa tendenza

sentendosi in bassa misura sia vittima (M=3.44 DS=2.13) sia carnefice (M=3.34 DS=2.38). Infatti

non c'è differenza significativa fra la media che misura quanto si sentono vittime i paesi

industrializzati e il gruppo di controllo, come non c'è differenza significativa fra la media che indica

quanto si sentono responsabili i paesi non industrializzati e il gruppo di controllo.

Page 14: La mia tesi

14

Emozioni morali.

Riguardo alla scala di emozioni provate verso l'outgroup, sono emersi due cluster omogenei al loro

interno di emozioni morali in linea con la letteratura (Rozin, Lowery, Imada & Haidt, 1999). Il

primo cluster è quello della rabbia (rabbia, disgusto, disprezzo e risentimento), l'alfa di Cronbach

del cluster rabbia è ,90. Il secondo cluster è quello della vergogna (veegogna, senso di colpa,

imbarazzo e rimorso), l'alfa di Cronbach del cluster vergogna è ,74. Per ciascun cluster è stato

quindi creato un indice unitario sulla base delle medie ottenute su ciascuna emozione.

E’ stata condotta un’ANOVA 3 (gruppo: paese industrializzato, non industrializzato e controllo) X

2 (tipo di emozione: vergogna vs. rabbia) con la prima variabile manipolata tra soggetti e la seconda

entro-soggetti.

Dall’analisi è emerso un effetto principale del tipo di emozione, F(1, 44) = 7.36, p<.01. Infatti, i

sentimenti di rabbia sono più alti in media (M=3.81 DS=1.85) rispetto a quelli di vergogna (M=3.18

DS=1.49) indipendentemente dalla manipolazione del gruppo di appartenenza. Questo ha senso

perché la rabbia può essere presente anche nell’osservatore esterno (gruppo di controllo) come

Page 15: La mia tesi

15

espressione di indignazione per la situazione di iniquità e ingiustizia presente sul pianeta. Questo

risultato è in linea anche col nostro campione, composto prevalentemente da studenti, e quindi

ragazzi giorvani, che personalmente si sentiranno più vittime che responsabili dell’inquinamento.

La rabbia provata dal cittadino del paese non industrializzato sarà invece diretta verso i

responsabili, in quanto tali, e non provocata da un senso di sdegno generale.

La manipolazione del gruppo non ha di per sé effetti significativi, F(2,44)=1.92; p=.16.

Tale assenza di effetto principale è resa significativa da un effetto di interazione tra condizione

sperimentale e il tipo di emozione, F(2,44)=19,42; p<,001. Dalle statistiche descrittive emerge che

gli abitanti dei paesi industrializzati provano maggior senso di vergogna (M=3.70 DS=4.15) che di

rabbia(M=2.40 DS=1.30) verso gli abitanti dei paesi non industrializzati, mentre gli abitanti dei

paesi non industrializzatgi provano maggior senso di rabbia (M=5.13 DS=1.55) che di vergogna

(M=2.68 DS=.93); il gruppo di controllo ha una posizione mediana (rabbia: M=3.97 DS=1.64),

(vergogna: M=3.12 DS=1.83). Quanto al sentimento di vergogna non c'è differenza statistica fra la

media che indica la percezione di tale sentimento da parte degli abitanti dei paesi non

industrializzati e il gruppo di controllo, come non c'è differenza statistica fra il valore attribuito agli

abitanti dei paesi industrializzati e il gruppo d controllo, la differenza è invece significativa fra le

due variabili. In generale c’è differenza significativa fra tutti e tre i diversi gruppi per quanto

riguarda il sentimento di rabbia.

Page 16: La mia tesi

16

Inclusione del Sé nell’outgroup.

Per misurare l’inclusione del Sé nell’outgroup è stata condotta un’ANOVA a 3 livelli (gruppo:

paese industrializzato, paese non industrializzato e controllo). Anche per quanto riguarda il

sentimento di vicinanza, espresso graficamente in 7 gradi, sono emersi risultati significativi

riguardo alle nostre variabili, con F(2,44)=12,69; p<,001. In particolare, abbiamo notato che gli

abitanti dei paesi industrializzati (M=4.50 DS=1.71) si sentono più vicini (maggior empatia,

solidarietà) a quelli dei paesi non industrializzati rispetto a quanto questi ultimi si sentano vicini a

loro (M=2.93 DS=1.58). Questo risultato è in linea con quelli della manipulation check e dei

sentimenti verso l'outgroup; infatti un maggior senso di colpa/vergogna porta a una maggior

vicinanza, empatia (è il caso dei paesi industrializzati rispetto ai non industrializzati) mentre il

sentirsi vittima e il provare rabbia porta a una minor senso di vicinanza/empatia (è il caso dei paesi

non industrializzati verso quelli industrializzati). Altro risultato emerso è che il gruppo di controllo

abbia registrato medie (M=5.81 DS=1.47) più alte rispetto ai gruppi delle nostre variabili, su questa

scala. A mio avviso ciò può essere accaduto per il fatto che la situazione del pianeta Astrudia

descritta nel prologo è molto simile a quella della Terra (e quindi, per estensione, potrebbe essere

simile a quella di qualsiasi pianeta da noi immaginabile), e questo spiega perchè chi veste il ruolo di

osservatore esterno si senta in realtà molto vicino agli abitanti di Astrudia. Inoltre per il gruppo di

controllo non sono coinvolte relazioni intergruppo e non vi è pertanto conseguente favoritismo

verso l’ingroup.

Statistiche descrittive

Variabile dipendente:IOS

cond Media

Deviazione

standard

Variabile N

non industr 2,93 1,580 15

contr 5,81 1,471 16

industr 4,50 1,713 16

Totale 4,45 1,954 47

Page 17: La mia tesi

17

Scala di identificazione.

Come già detto, gli 8 item relativi a questa dimensione sono stati tutti riconvertiti in forma positiva,

a questo punto è emerso un cluster omogeneo rispetto alla misura da indagare (quanto ci si

identifica nell’ingroup.), l’alfa di Cronbach è ,74. Creato dunque un unico indice riguardante

l'identificazione, si è potuto vedere che le nostre variabili hanno portato a risultati significativi, con

F(2,44)=7.14, p<.01: i partecipanti che avevano il ruolo di abitante di paese non industrializzato si

identificavano maggiormente con il loro ingroup (M=4.80 DS=1.07), rispetto a quelli che avevano

assunto il ruolo di abitanti di paesi industrializzati (M=3.76 DS=.82). Il gruppo di controllo si pone

nel mezzo (M=4.67 DS=.59)rispetto ai risultati legati alle nostre variabili. Questo risultato può

essere spiegato dal senso di colpa o dal sentimento di rabbia per la percezione di un’ingiustizia che

affligge gli abitanti dei paesi industrializzati e che li porta a identificarsi meno con i propri pari

(anche se non c’è correlazione statistica, vedi paragrafo successivo).

Variabile dipendente: identificazione

cond Media

Deviazione

standard

Variabile N

non industr 4,8083 1,07411 15

contr 4,6719 ,59315 16

industr 3,7578 ,82597 16

Totale 4,4043 ,95490 47

Correlazioni

La ricerca che abbiamo condotto ha messo in luce diverse correlazioni fra il ruolo variabile che i

partecipanti assumevano e le dimensioni di rabbia, colpa, identificazione e inclusione nel Sé

dell’outgroup. Vediamo più nello specifico queste relazioni: la condizione “essere abitante di un

paese industrializzato” è statisticamente collegata al sentirsi in colpa e all’identificarsi in misura

minore col proprio ingroup, portando quindi alla deidentificazione. La condizione “essere abitante

di un paese non industrializzato” invece è collegata al sentimento di rabbia e al senso di lontananza

dall’outgroup. Nella tabella delle correlazioni generali, cioè non divise per condizione, emerge che

Page 18: La mia tesi

18

le persone che riferivano di provare un maggior senso di colpa, riportavano punteggi più elevati

nell’inclusione nel sé dell’outgroup; mentre i partecipanti che riferivano di provare rabbia

riportavano punteggi più bassi sulla stessa scala. Se controlliamo questa dimensione nel rapporto

che la lega con la condizione, vediamo che per i partecipanti con ruolo “abitanti dei paesi non

industrializzati”, la rabbia è collegata con un effetto negativo all’inclusione nel sé dell’outgroup,

mentre per i paesi industrializzati gioca un ruolo da mediatore il senso di colpa, che ha un effetto

positivo sul senso di inclusione nel sé dell’outgroup. In altre parole, ciò significa che all’interno dei

due gruppi con condizioni diverse, chi provava un forte sentimento di rabbia o di senso di colpa si

poneva agli estremi sulla scala di inclusione nel sé dell’outgroup, in particolare fra gli abitanti dei

paesi industrializzati più gli intervistati provavano senso di colpa, più tendevano ad includere

l’outgroup nel sé; mentre fra gli abitanti dei paesi non industrializzati, i partecipanti che riferivano

di provare maggior sentimento di rabbia, tendevano a includere meno l’outgroup nel sé. Per

verificare la validità di queste relazioni, possiamo controllare la correlazione fra IOS e rabbia e

colpa nel gruppo di controllo: in effetti troviamo che non c’è relazione fra queste dimensioni, il che

suggerisce che sia proprio la condizione ad influenzare i sentimenti degli intervistati. Grazie alle

correlazioni che sono emerse possiamo dire che non è solo la condizione che porta ad una misura

diversa nella scala IOS, ma che la rabbia (per gli abitanti dei paesi non industrializzati) e il senso di

colpa (per gli abitanti dei paesi industrializzati) giocano un ruolo da mediatore nell’indicare il

punteggio sulla scala di inclusione nel sé dell’outgroup.

Come già detto a inizio paragrafo, la condizione “abitante di un paese industrializzato” è collegata

con un punteggio basso nell’identificazione con l’ingroup; ciò emerge dall’analisi della tabella

generale delle correlazioni, che mette in luce appunto la correlazione statistica fra condizione e

identificazione. Esaminando poi le medie della dimensione identificazione nei tre gruppi divisi per

condizione, troviamo punteggi bassi fra i partecipanti con ruolo “abitante di un paese

industrializzato” (vedi tabella paragrafo precedente), il che chiarisce il senso della correlazione fra

condizione e identificazione. Analizzando invece le tabelle delle correlazioni, divise per gruppi a

seconda della condizione, non troviamo nel gruppo della condizione “abitante di un paese

industrializzato”, un sentimento (fra rabbia e senso di colpa) che faccia da mediatore fra la

condizione in sé e la bassa identificazione (o meglio la deidentificazione) con l’ingroup.

Page 19: La mia tesi

19

Tabelle delle correlazioni, generali e divise per condizione:

Modalità di presa di decisione deontologica.

Per quanto riguarda l’indagine sulla presa di decisione (su temi ambientali), abbiamo dovuto

riconvertire i risultati degli item relativi alla mentalità consequenzialista, in linea con quelli relativi

alla mentalità deontologica. Ottenuta così la scala di deontologia (vedi bibliografia), abbiamo

centrato la scala sulla media e testato l’interazione tra approccio deontologico a priori dei soggetti e

la manipolazione sperimentale di membership attraverso una regressione gerarchica sulla variabile

dipendente vergogna (intesa come sentimento dovuto al percepire il proprio paese come

responsabile dell’inquinamento). I risultati ottenuti ci hanno mostrato un effetto principale di

condizione, in linea con i risultati dell’ANOVA e un effetto significativo di interazione “condizione

per deontologia”.

Correlazioni

cond guilt anger identificaz IOS

Correlazione di Pearson 1 ,282 -,606** -,455

** ,319

*

Sig. (2-code) ,055 ,000 ,001 ,029

cond

N 47 47 47 47 47

Correlazione di Pearson ,282 1 ,099 -,259 ,327*

Sig. (2-code) ,055 ,509 ,078 ,025

guilt

N 47 47 47 47 47

Correlazione di Pearson -,606** ,099 1 ,307

* -,288

*

Sig. (2-code) ,000 ,509 ,036 ,049

anger

N 47 47 47 47 47

Correlazione di Pearson -,455** -,259 ,307

* 1 -,150

Sig. (2-code) ,001 ,078 ,036 ,315

identificaz

N 47 47 47 47 47

Correlazione di Pearson ,319* ,327

* -,288

* -,150 1

Sig. (2-code) ,029 ,025 ,049 ,315

IOS

N 47 47 47 47 47

**. La correlazione è significativa al livello 0,01 (2-code).

*. La correlazione è significativa al livello 0,05 (2-code).

Page 20: La mia tesi

20

Predittori

R2 F (Sig) β β t p

First step .21 3.73(.04)

Deontologia -,36 -,23 -1,38 ,18

Condizione ,94 ,36 2,15 ,04

Second step .31 4.00(.02)

Deontologia -,18 -,11 -,66 ,51

Condizione ,82 ,32 1,94 ,06

cond x deontologia -1,48 -,34 -1,95 ,06

Per comprendere il reale effetto di interazione, abbiamo condotto una slope analysis che ha portato

ai seguenti risultati: per i paesi non industrializzati la deontologia non incide in alcun modo sulla

vergogna, la retta che rappresenta questa interazione nel grafico è piatta (β= -.11, p= .51). Per

quanto riguarda invece i paesi industrializzati, la deontologia ha un effetto molto significativo, ma

negativo, sul sentimento di vergogna, ovvero più i membri dei paesi industrializzati risultano

favorire il modello deontologico, meno provano senso di colpa e al contrario, meno risultano

sostenitori del modello deontologico più provano senso di colpa (β= -1.06, p= .03).

Page 21: La mia tesi

21

Poiché per il sentimento “rabbia” non vi è questo effetto di interazione “sentimento per condizione”

(perché la rabbia è più generalmente diffusa, aldilà della condizione), possiamo concludere che sia

proprio la variabile “condizione” a influenzare i risultati. Una spiegazione a tal proposito potrebbe

consistere nel fatto che i cittadini dei paesi industrializzati che non si sentono in colpa per la

situazione del pianeta (perché non si sentono i diretti responsabili, a livello di singolo individuo)

hanno una mentalità altamente deontologica perché sentono di non aver mai tradito i propri valori e

pensano che solo così facendo, su scala mondiale, la situazione potrà migliorare. Al contrario, i

cittadini dei paesi industrializzati che percepiscono il peso della responsabilità sulle proprie spalle e

su quelle del proprio paese, hanno un mentalità poco deontologica (che tende al

consequenzialismo), quasi come se non credessero più nei valori assoluti (che tanto, come

l’esperienza dice, verranno trascurati) e preferissero perciò una modalità di presa di decisione che si

basi sui risultati attesi, previsti ed effettivi.

DISCUSSIONE, LIMITI E DIREZIONI FUTURE.

L’ipotesi principale dello studio è stata testata, e cioè possiamo affermare che in effetti

l’immedesimazione in un ruolo piuttosto che in un altro (abitante di paese industrializzato o abitante

di paese non industrializzato) influenzi le proprie emozioni morali riguardo al problema

dell’inquinamento nel mondo e della disparità di potere e ricchezza fra i paesi del Nord o del Sud.

Le emozioni morali, inoltre, influenzano anche altre variabili, per esempio l’ identificazione

nell’ingroup, o l’inclusione nel Sé dell’outgroup.

La manipulation check ha portato ai risultati che ci aspettavamo: chi si immedesimava nel ruolo di

abitante di un paese industrializzato riteneva il suo paese responsabile della situazione ecologica del

pianeta, chi si immedesimava nel ruolo di abitante di un paese non industrializzato percepiva il

proprio paese come vittima della situazione ambientale.

È interessante e positivo per le nostre aspettative il fatto che non ci sia differenza significativa fra le

medie del gruppo di controllo e le medie del gruppo “abitante di un paese industrializzato” per

quanto riguarda il sentirsi vittima della situazione del pianeta, e che d’altra parte non ci sia

differenza significativa fra le medie del gruppo di controllo e le medie del gruppo “abitante di un

paese non industrializzato” per quanto concerne il sentirsi responsabili. La verifica che la

manipulation check sia stata percepita come previsto, significa che possiamo davvero considerare i

partecipanti al questionario come calati nel loro ruolo, e possiamo quindi presumere che le nostre

variabili incidano veramente sulle risposte date.

Page 22: La mia tesi

22

Per quanto riguarda le emozioni morali provate da ciascuno nel pensare alla situazione del pianeta

in questione, i risultati ottenuti sono interessanti: un primo dato evidente è che in assoluto, senza

divisioni per gruppi, la rabbia è maggiormente provata rispetto alla vergogna, intesa come senso di

colpa. Ci sono diversi fattori che possono spiegare questa situazione; la rabbia infatti è un’emozione

che può essere sperimentata sia dal gruppo di controllo sia dal gruppo abitanti di un paese non

industrializzato, anche se si tratta di diversi tipi di rabbia; mentre la rabbia vissuta dagli abitanti dei

paesi non industrializzati è principalmente indirizzata verso l’outgroup, e va di pari passo col

sentirsi vittime (tanto mi sento vittima, tanto mi sento arrabbiato coi responsabili), la rabbia provata

dai partecipanti del gruppo di controllo è dovuta all’indignazione per la situazione, e mediamente è

vissuta più intensamente come emozione rispetto al sentirsi in colpa (per il gruppo “osservatore

esterno”, in quanto abitante di un altro pianeta, l’unico motivo per assegnare un punteggio alto al

sentirsi in colpa potrebbe essere il fatto di non aver aiutato il pianeta in questione.). Infatti, essendo

l’età media dei partecipanti abbastanza bassa, ed essendoci molti studenti fra i rispondenti, appare

logico che l’indignazione venga trasformata in rabbia piuttosto che, per esempio, in senso di colpa

per non aver fatto abbastanza per evitare che le cose andassero così. Infine, i sentimenti negativi

sono spesso sentiti come più forti di quelli positivi o neutri, così accade che gli abitanti dei paesi

non industrializzati si sentano più arrabbiati verso l’outgroup, di quanto gli abitanti dei paesi

industrializzati provino vergogna nei confronti dell’altro gruppo. Un'altra considerazione

interessante che viene fuori dall’analisi dei risultati è la seguente: c’è differenza significativa fra

ogni gruppo per quanto riguarda il sentimento di rabbia, provato mediamente in misura minore

dagli abitanti dei paesi industrializzati e in misura maggiore da quelli dei paesi non industrializzati,

con in mezzo il gruppo di controllo; invece per quanto riguarda il sentimento di vergogna la

differenza significativa vi è solo fra le due variabili e non fra queste e il gruppo di controllo (la

situazione è inversa rispetto a prima: i paesi non industrializzati si sentono in misura minore in

colpa, quelli industrializzati in misura maggiore e il gruppo di controllo si pone sempre nel mezzo).

Questo dato conferma quanto detto poco sopra, e cioè che il sentimento negativo di rabbia è provato

più fortemente dagli abitanti dei paesi non industrializzati di quanto non sia provato il senso di

colpa da parte dell’altro gruppo. Da questo dato sembra emergere quindi che la capacità di azione

(protesta, organizzazione di gruppi politici) sia maggiore fra gli abitanti dei paesi non

industrializzati, che non fra i cittadini dei paesi industrializzati (in questo caso l’azione

consisterebbe nell’aiutare i cittadini dei paesi non industrializzati, con opere di beneficienza o con il

sostegno a misure politiche in questo senso).

Riguardo all’inclusione nel Sé dell’outgroup, abbiamo avuto risultati in linea con le aspettative e

con i dati precedenti relativi alle emozioni morali. Il grado di inclusione nel Sé dell’outgroup indica

quanto ci si sente vicini, solidali, empatici verso l’outgroup. Come ci si può aspettare, sono i

Page 23: La mia tesi

23

cittadini dei paesi industrializzati a sentirsi vicini all’outgroup, infatti essi si sentono responsabili

della situazione ecologica del pianeta e provano anche senso di colpa per ciò; mentre la rabbia e il

sentirsi vittima dei cittadini dei paesi non industrializzati porta a un distacco dall’outgroup. Data

questa situazione, si potrebbe affermare quindi che i cittadini dei paesi non industrializzati

adotteranno maggiormente una mentalità deontologica. La rabbia verso l’outgroup, il sentirsi

lontano dagli “altri” e il fatto di percepirsi come vittime può portare al rifiuto di collaborare e di

partecipare ad azioni volte a migliorare la situazione del pianeta, in quanto è evidente una mancanza

di fiducia verso i cittadini (e soprattutto i governi) dei paesi industrializzati. Dal punto di vista dei

cittadini dei paesi industrializzati, che si sentono responsabili, nonché in colpa e solidali verso

l’outgroup, ci si può aspettare una mentalità consequenzialista nell’approcciarsi a nuove norme o

nella ricerca di nuove soluzioni per la situazione del pianeta; ci si può aspettare da costoro però

anche forti pensieri deontologici che vadano verso il rifiuto categorico di compiere altri atti che

possano ulteriormente peggiorare la situazione del pianeta. In realtà, come vedremo oltre, non tutte

queste previsioni saranno confermate. Analizzando i risultati di questa scala troviamo un altro dato

caratteristico: il gruppo di controllo ha riportato punteggi più alti, rispetto agli altri due gruppi,

nell’inclusione nel Sé dell’outgroup. Ciò significa che un osservatore esterno si sente più vicino agli

abitanti del pianeta Astrudia, di quanto non si sentano vicini fra di loro i due gruppi contrapposti di

abitanti del pianeta stesso. Questo dato suggerisce che i rispondenti si rifacciano idealmente alla

loro vita reale e alla situazione presente oggi sul pianeta Terra; infatti un osservatore esterno (che

nella realtà è un abitante del nostro pianeta, e per di più membro di un paese industrializzato)

potrebbe sentirsi vicino agli abitanti di Astrudia perché fa un paragone fra questo pianeta

immaginario e il nostro ed è solidale nei confronti di chi, in fin dei conti, si ritrova con gli stessi

nostri problemi. Chi riveste il ruolo di osservatore esterno, inoltre, non è influenzato dai conflitti

intergruppo che coinvolgono le altri due parti in gioco, cosa che può parzialmente spiegare i

punteggi alti riguardo all’inclusione del Sé nell’outgroup. I risultati ottenuti su questa scala possono

in parte essere spiegati dal campione utilizzato: poichè i partecipanti al questionario sono tutti

cittadini italiani, e quindi membri di un paese industrializzato, gli “osservatori esterni” si allineano

con quanto espresso da coloro che rivestono il ruolo di abitante di un paese industrializzato nel

questionario. Infatti le medie dei punteggi, sia del gruppo di controllo sia del gruppo “abitante di un

paese industrializzato”, sono oltre la metà della scala da 1 a 7, mentre la media del terzo gruppo si

pone al di sotto di tale soglia.

I risultati riguardo alla scala di identificazione sono molto interessanti perché confermano ancora

una volta la ben riuscita immedesimazione nel ruolo da parte dei partecipanti e fanno luce su alcune

dinamiche che legano le emozioni provate e il sentirsi in linea con quello che è lo stereotipo del

proprio gruppo. Le medie dei punteggi nella scala di identificazione mostrano che sono i cittadini

Page 24: La mia tesi

24

dei paesi non industrializzati a identificarsi maggiormente col proprio gruppo, rispetto a quelli dei

paesi industrializzati (e il gruppo di controllo si pone nel mezzo). Questa situazione può essere

determinata dal senso di colpa e di responsabilità che affligge i cittadini dei paesi industrializzati da

un lato, e dalla rabbia comune (sentimento che lega coloro che lo condividono) e dal sentirsi vittime

da parte dei cittadini dei paesi non industrializzati, dall’altro. Inoltre il fatto di percepirsi come

responsabili fa del proprio gruppo “i cattivi”, mentre il sentirsi vittime si avvicina al concetto di

essere “i buoni”. Considerarsi i buoni può aiutare ad identificarsi nel proprio gruppo, mentre

percepirsi come i cattivi facilmente allontanerà l’idea di sé dall’ingroup, favorendo la

deidentificazione (“non voglio far parte del gruppo dei cattivi, non voglio identificarmi col gruppo

responsabile della situazione ecologica e di disparità di potere del pianeta”). E’ interessante

considerare che sebbene i partecipanti al questionario siano tutti cittadini italiani e quindi membri di

un paese industrializzato, coloro che anche nel questionario avevano questo ruolo, hanno riportato i

punteggi più bassi sulla scala di identificazione col proprio gruppo. Al momento di rispondere, i

partecipanti sono riusciti ad immedesimarsi a sufficienza nel proprio ruolo così da non pensare al

loro reale gruppo di appartenenza, ed hanno tenuto in considerazione maggiormente le proprie

emozioni dovute al nuovo ruolo assegnatoli. Questo fa ben sperare anche per i risultati futuri,

ovvero per le successive correlazioni che emergeranno dall’analisi dei risultati, e le considerazioni

attorno all‘approccio deontologico o consequenzialista saranno dovute al ruolo in cui i partecipanti

si immedesimano. C’è comunque una piccola componente nel proprio pensiero che rimane aderente

alla propria situazione reale; infatti in tutti e tre i gruppi (compreso quello col punteggio più basso

costituito dai cittadini dei paesi industrializzati) è stata superata in media la soglia della metà sulla

scala da 1 a 7 per quanto riguarda l’ identificazione col proprio gruppo, e ciò può in effetti derivare

dal fatto che nella realtà tutti i rispondenti erano membri di un paese industrializzato.

Interessanti correlazioni sono emerse dall’analisi dei risultati, in particolare fra le dimensioni di

inclusione nel Sé dell’outgroup e l’identificazione con l’ingroup, con l’influenza delle emozioni

morali sulle risposte del partecipante, rispetto al suo ruolo nel test. Come è logico aspettarsi, le

risposte di chi si immedesima nel ruolo di abitante di un paese industrializzato, sono statisticamente

collegate al sentirsi in colpa verso l’outgroup, all’includerlo maggiormente nel Sé e a deidentificarsi

con l’ingroup. Chi si immedesima nel ruolo “abitante di un paese non industrializzato”, invece,

fornisce risposte statisticamente collegate col provare rabbia verso l’outgroup, riporta punteggi

bassi sulla scala IOS e invece valori alti riguardo alla dimensione d’identificazione nell’ingroup. I

diversi punteggi riportati sulle scale IOS e di identificazione da parte dei due diversi gruppi sono

dovuti alla diversa misura del sentirsi parte di quel gruppo. All’interno dei due gruppi invece, il

riportare punteggi significativamente alti (o bassi) riguardo a queste dimensioni, è dovuto alle

emozioni morali provate dai soggetti, immedesimati nel proprio ruolo. Questo dato emerge già

Page 25: La mia tesi

25

dall’analisi generale delle correlazioni, cioè dai risultati non divisi per gruppi. Fin da questo livello

di analisi infatti, notiamo che chi ha riportato punteggi alti nella scala che esprimeva il grado di

vergogna/senso di colpa provato ha anche riportato punteggi alti nella scala IOS; al contrario chi ha

espresso un alto sentimento di rabbia, ha riportato punteggi bassi in questa dimensione. Un livello

di analisi più specifico (e cioè, l’analisi delle correlazioni all’interno di ogni gruppo) spiega il

perché di questa così forte tendenza nelle correlazioni generali. Da questo livello di analisi infatti

risulta che fra gli abitanti dei paesi industrializzati, chi provava maggiormente senso di colpa,

riportava livelli alti sulla scala IOS, mentre fra gli abitanti dei paesi non industrializzati chi riferiva

di provare maggiormente rabbia avrebbe poi riportato livelli particolarmente bassi su questa

dimensione. A confermare questa situazione è l’analisi dei risultati del gruppo di controllo: non c’è

relazione fra le emozioni morali e l’inclusione nel Sé dell’outgroup.

Per quanto riguarda la dimensione identificazione, analizzata a questo livello (indagando cioè i

risultati all’interno dei due gruppi) non ci sono correlazioni che spieghino la scarsa identificazione

con l’ingroup da parte dei cittadini dei paesi industrializzati, cioè non si trova una relazione

statistica fra le emozioni morali e i risultati su questa dimensione. A quanto pare il livello di

identificazione con l’ingroup dipende più che altro dalla propria appartenenza ad uno dei due

gruppi, e non (o comunque in misura non statisticamente significativa) dalle proprie emozioni, dai

propri ideali, come visto per la dimensione precedente. Il fatto che la dimensione IOS sia

influenzata dall’emozione morale provata dal partecipante, e che la dimensione d’identificazione

non subisca una simile influenza sembra suggerire che la dimensione IOS indaghi un sentimento più

personale e mutevole, e che invece l’identificazione rifletta un pensiero di gruppo, che “allinea su

uno stesso livello” le sensazioni del gruppo e che può dunque giocare un forte ruolo nella capacità

collettiva di azione. Infatti, se per i cittadini dei paesi industrializzati la forte identificazione con

l’ingroup porta ad una logica unione nella capacità collettiva di azione, anche all’interno dei paesi

non industrializzati il fatto di deidentificarsi con l’ingroup e il successivo rammarico che ne

consegue, può portare a un buon livello di capacità collettiva di azione (ovvero, ogni membro di un

paese non industrializzato percepisce la sua deidentificazione con l’ingroup, e per rimediare a

questa situazione, cerca di impegnarsi per risolvere i problemi causati dal proprio gruppo, il che

significa aumentare la propria capacità di azione e di accettazione di nuove norme relative a questi

problemi).

Si potrebbe allora concludere che il grado di partecipazione ad un’azione e di accettazione di misure

che regolino i rapporti di potere fra i paesi del mondo e leggi che regolamentino il problema

dell’inquinamento globale sia dovuto tanto all’appartenenza ad uno dei due gruppi quanto al proprio

modo di pensare, ai propri ideali, alla propria mentalità e quindi al tipo di istruzione ricevuta dalla

famiglia e dalla società. I nostri risultati esplicano parzialmente queste relazioni e ci permettono di

Page 26: La mia tesi

26

fare chiarezza su come la mentalità e gli ideali siano collegate al livello di partecipazione ed

accettazione di nuove norme, nel tentativo di risoluzione dei problemi relativi all’ inquinamento e

alla disparità di potere fra i paesi del nostro mondo.

Per quanto riguarda i risultati relativi a deontologia e consequenzialismo, abbiamo trovato

un’interessante correlazione fra il senso di colpa, la condizione sperimentale dei soggetti

(appartenza al gruppo) e la loro preferenza o meno per l’approccio deontologico. Infatti, mentre per

i cittadini dei paesi non industrializzati la posizione deontologica non è collegata al livello di senso

di colpa provato, anche perché questo sentimento è sempre basso in questo gruppo per via della

percezione di sè come vittime; per i cittadini dei paesi industrializzati tale posizione incide sulla

vergogna, infatti più i membri di un paese industrializzato provano senso di colpa, meno esprimono

sostegno a una posizione deontologica. Questi risultati ci fanno dedurre che, per i membri di un

paese industrializzato, il senso di colpa favorisce un approccio consequenzialista per la risoluzione

di problematiche con risvolti etici. Infatti, più i cittadini dei paesi industrializzati provano senso di

colpa per ciò di cui è responsabile il proprio paese, più saranno in grado di accettare misure e leggi

ispirate all’approccio consequenzialista che cerchino di migliorare la situazione mondiale, riguardo

a ecologia e disparità di ricchezza e potere. Invece fra i cittadini dei paesi industrializzati che non si

sentono in colpa viene espressa maggiormente una posizione deontologica. Questa situazione può

sembrare contro intuitiva, tuttavia essa è riconducibile alle considerazioni e percezioni personali di

ogni membro: se un cittadino di un paese industrializzato non si sente in colpa per la situazione del

pianeta, lo farà tendenzialmente perché non si considera personalmente responsabile, ma

probabilmente punterà il dito contro qualcuno al di sopra del semplice cittadino, come può essere un

governo nazionale o continentale o le logiche espansionistiche delle multinazionali. Ciò porterà

probabilmente a sostenere la posizione deontologica, in quanto questo cittadino considera giusto e

rispettoso il suo comportamento, e ritiene che rimanendo fedeli ai propri ideali e ai propri Valori

Protetti si faccia sempre la scelta giusta. Per questi motivi sarà spinto a non accettare di buon grado

scelte “riparatorie”, impostate sull’approccio consequenzialista, preferendo a queste eventuali leggi

più rigide, taboo, divieti assoluti che si rifacciano, invece, alla posizione deontologica.

Anche in questo caso, la nostra analisi dei risultati, ci suggerisce che le emozioni proprie e la

personale percezione del mondo influiscono sull’uso di un approccio deontologico o

consequenzialista nella presa di decisione.

Per quanto riguardo l’altra emozione, quella di rabbia, non vi è un effetto che metta in evidenza la

prevalenza dell’approccio deontologico o di quello consequenzialista. Ci si sarebbe aspettati che,

per il gruppo “cittadini dei paesi non industrializzati”, ci potesse essere un effetto simile a quello

trovato sull’altro gruppo, ma con la variabile “rabbia provata” ad influenzare l’impostazione

mentale. Ciò non è avvenuto e può essere successo per più di un motivo. Anzitutto, la rabbia è più

Page 27: La mia tesi

27

omogeneamente diffusa fra il gruppo “cittadini dei paesi non industrializzati”, di quanto il senso di

colpa sia diffuso nell’altro gruppo, perciò non è facile trovare delle interazioni fra i livelli di rabbia

e l’impostazione mentale. Inoltre, il fatto che tutti i partecipanti del campione fossero nella realtà

cittadini di un paese industrializzato può avere influenzato le risposte, nel senso che i rispondenti

che nel questionario avevano lo stesso ruolo potrebbero aver dato risposte “più sincere”, “più reali”,

ispirate a quello che essi provano veramente; al contrario, i partecipanti dell’altro gruppo potrebbero

aver dato risposte che erano, sì, influenzate dal ruolo, ma che si ispiravano a quello che secondo

loro provano i reali cittadini dei paesi non industrializzati. È possibile, insomma, che per un

rispondente che si cala nel ruolo di abitante di un paese non industrializzato, la rabbia sia vista come

l’unico e ovvio sentimento da provare verso l’outgroup (paesi industrializzati), e questo spiega gli

alti punteggi riportati riguardo a questa dimensione. Ma potrebbe non essere così. Infatti per i

cittadini dei paesi industrializzati, il livello di senso di colpa non è sempre uguale, anche se, dal

punto di vista di un membro di un paese non industrializzato sarebbe logico aspettarsi un grado

elevato di questo sentimento.

A mio avviso questo aspetto appena descritto, cioè il fatto che i rispondenti fossero tutti italiani e

cioè cittadini di un paese industrializzato, è il limite più grande di questo progetto. Per quanto la

nostra manipulation check abbia ben funzionato e abbia portato a risultati in parte attesi, e

comunque molto interessanti, è evidente che una ricerca simile che includa però campioni di

cittadini di paesi industrializzati e cittadini di paesi non industrializzati, porterebbe a risultati più

affidabili, o comunque, più reali, che rispecchino il vero sentimento di questi gruppi. Inoltre, un

campionamento di questo tipo, che raccolga un campione di membri di paesi industrializzati,

provenienti da diversi paesi e soprattutto da diversi continenti, e un campione di cittadini di paesi

non industrializzati, ed un campione misto per il gruppo di controllo, non necessiterebbe del

racconto iniziale e dell’utilizzo di uno scenario finto. Ovviamente uno studio di questo tipo sarebbe

ancora più indicativo se per ogni gruppo il campionamento comprendesse (come d’altronde è stato

fatto nel nostro) un campione con un range di età molto ampio e che includa anche persone con

diverso grado di istruzione e orientamento politico.

In ogni caso, il limite dello scenario fittizio non è il solo ad essere stato individuato e a poter essere

evitato. Un questionario come quello da noi proposto può portare a risposte soggette al bias della

desiderabilità sociale; infatti poiché sono temi che possono essere considerati sensibili e che

riguardano l’etica, gli ideali e i Valori Protetti di una persona, le risposte possono essere influenzate

dalla voglia del rispondente di apparire onesto e “giusto”. A tal proposito, e questo è stato fatto

anche nel nostro progetto, è importante garantire l’anonimato e sottolineare nell’introduzione che

non esiste una risposta corretta o eticamente giusta, ma che si deve semplicemente rispondere in

Page 28: La mia tesi

28

base a quello che davvero si prova e si pensa. Nonostante tutte le misure precauzionali che si

possono adottare, il bias della desiderabilità sociale può influenzare anche inconsciamente le

risposte del partecipante, che ama vedersi come eticamente giusto. Un altro limite che grava sulle

risposte dei partecipanti è dato dal fatto che non è sempre facile indicare quali emozioni si provino

realmente, inquadrarle in un certo tipo di mentalità e soprattutto valutare la propria capacità di

azione e di accettazione di misure politiche e leggi, parlandone ad un livello astratto. A tal

proposito, può esser utile aggiungere più di un dilemma morale o comunque domande che

indaghino la capacità di azione in situazioni reali. I dilemmi morali classici (ad es. il problem

trolley) sono un utile indice per comprendere la capacità di azione del rispondente; un limite, però,

dei dilemmi morali classici in un contesto di questo tipo, è dato dal fatto che in genere questi

problemi implicano una minaccia diretta, invece la capacità d’azione che ci interessa indagare, cioè

quella legata alla risoluzione dei guai ecologici del pianeta, si riferisce a un rischio futuro, non

immediato. Indagare questo tipo di capacità d’azione con dilemmi morali classici può portare a

risultati e deduzioni che non rispecchiano la realtà. Per evitare che ciò accada sarebbe più utile

sostituire il dilemma morale con un quesito riguardo ad una situazione reale e possibile nel contesto

da noi indagato. Sarebbe compito dello sperimentatore verificare poi quanto le risposte date

riguardo alle emozioni morali e all’inquadramento in un certo tipo di mentalità, corrispondano alla

reale capacità di azione.

Nonostante questi limiti, che si possono comunque in parte superare in ricerche future seguendo le

indicazioni appena presentate, il nostro progetto ha portato a risultati interessanti. Questi dati

possono essere utilizzati per comprendere quanto i cittadini dei paesi industrializzati e i cittadini dei

paesi non industrializzati siano disposti a sacrificarsi, ad impegnarsi e ad agire nel tentativo di

migliorare la situazione ambientale del nostro pianeta. Nell’ambito di presentazione di una nuova

legge o direttiva mondiale riguardo ai problemi legati all’ambiente, questi risultati possono aiutare a

capire quanto questa nuova norma può essere accettata dai vari cittadini e dai governi dei diversi

paesi e anche come questa direttiva può essere presentata ai diversi stati, affinché siano più inclini

ad accettarla.

Page 29: La mia tesi

29

bibliografia

Aron, A., Aron, E. N., & Smollan, D. (1992) Inclusion of other in the Self Scale and the structure of interpersonal closeness. Journal of Personality and Social Psychology, 63, p. 596-612. Babones S.J. (2002) Population and Sample Selection Effects in Measuring International Income Inequality. Journal of World-Systems Research, 8, p.7-28.

Baron J., Leschner S. (2000) How serious are expressions of protected values?. Journal of

Experimental Psychology, 6(3), p.183-194.

Baron J., Spranca M. (1997) Protected Values. Organizational behaviour and human decision

processes, 70(1), p. 1-16.

Bartles D.M. (2008) Principled moral sentiment and the flexibility of moral judgment and decision

making. Cognition, 108, p.381-417.

Bartles D.M., Medin D.L. (2007) Are morally motivated decision makers insensitive to the

consequences of their choices?. Psychological Science, 18, p. 24-28. Beer L., Boswell T. (2002) The Resilience of Dependency Effects in Explaining, Income Inequality in the Global Economy: A CrossNational Analysis, 1975–1995. Journal of world-systems research, 8(1), p. 30-59 Bornschier V. (2002) Changing Income Inequality in the Second Half of the 20th Century: Preliminary Findings and Propositions for Explanations. Journal of world-systems research, 8(1), p.100-127 Boswell T, Dixon W. (1990) Dependency and Rebellion: A Cross-National Analysis. American

Sociological Review, 55 (4), p. 540-559 Cushman, F, & Young, L (2009). The psychology of dilemmas and the philosophy of morality. Ethical Theory and Moral Practice, 12, 9-24.

Darwall S. (2003) Consequentialism. Oxford University Press, Oxford 2003 Greene, J. and Haidt, J. (2002) How (and where) does moral judgment work? Trends in

Cognitive Sciences, 6(12), 517-523. Greene, J.D. (2009) Dual-process morality and the personal/impersonal distinction: A reply to McGuire, Langdon, Coltheart, and Mackenzie. Journal of Experimental Social Psychology, Vol. 45 (3), 581-584

Page 30: La mia tesi

30

Hanselmann M., Tanner C. (2008) Taboos and conflicts in decision making: Sacred values, decision

difficulty, and emotions. Judgment and Decision Making, 3(1), p. 51-63.

Kahneman, D. e Tversky, A. (1981) Judgment under Uncertainty, Heuristics and Biases. Science

Leach C.W., Iyer A., Pedersen A. (2006) Anger and Guilt About Ingroup Advantage Explain the

Willingness for Political Action. Personality and Social Psychology Bulletin, 32, p. 1232-1244.

Nillson A., Borgstede C., Biel A. (2004) Willingness to accept climate change strategies: The effect

of values and norms. Journal of Enviromental Psychology, 24, p.267-277.

Paxton, J.M., Greene, J.D., (2010) Moral reasoning: Hints and allegations. Topics in Cognitive

Science, 2(3), 511-527.

Reese G., Berthold A., Steffens M.C., (in press) We are the world – And they are not:

prototypicality for the World Community, Legitimacy, and Responses to Global Inequality.

Spears, R. & Leach, C.W. (2010). Experimental evidence for a dual pathway model analysis

of coping with the climate crisis. Journal of Environmental Psychology, 30, 339-346.

Rozin P., Lowery L., Haidt J., Imada S. (1999) The CAD triad hytpotesis: a mapping between three

moral emotions and three moral codes.Journal of Personality and Social Psychology,76(4), p.574-6

Tangney J. P., Stuewig J., Mashel D.J. (2007) Moral emotions and moral behaviour. Annual review

of Psychology, 58, p. 345-372.

Tanner C., Medina D.L., Iliev R. (2008) Influence of deontological versus consequentialist

orientations on act oh choicce and framing effects: When principles are more important than

consequence. European Journal of Social Psychology, 38, p.757-769.

Weber, U., Mummendey, A., & Waldzus, S. (2002). Perceived legitimacy of intergroup status differences: Its prediction by relative ingroup prototypicality. European Journal

of Social Psychology, 32, p. 449-470.

Wenzel, M., Mummendey, A., & Waldzus, S. (2007). Superordinate identities and intergroup

conflict: The ingroup projection model. European Review of Social Psychology, 18, p. 331-372.

Page 31: La mia tesi

31

Appendice

Scenario presentato:

Immagina di essere un abitante del pianeta Astrudia. Sul pianeta Astrudia -come sul pianeta Terra- ci sono paesi fortemente industrializzati e paesi non industrializzati ancora in via di sviluppo. I paesi industrializzati hanno per secoli inquinato il pianeta mentre i paesi non industrializzati hanno subito e continueranno a subire gli effetti sull’ecosistema di tale inquinamento. Recentemente, gli Enti scientifici deputati al controllo dell’inquinamento atmosferico hanno stabilito che le emissioni inquinanti stanno superando i livelli di guardia. In futuro, ciò avrà conseguenze sempre più nocive a livello globale sia sull’ambiente che sulla salute degli abitanti del pianeta. Per affrontare questa situazione, in questo momento, sono in corso delle trattative per la gestione delle risorse e la definizione delle politiche ambientali. Condizione 1: IMMAGINA DI ESSERE UN MEMBRO DI UN PAESE INDUSTRIALIZZATO (come gli Stati Uniti lo sono sul pianeta Terra). Condizione 2: IMMAGINA DI ESSERE UN MEMBRO DI UN PAESE NON INDUSTRIALIZZATO (come il Bangladesh lo è sul pianeta Terra). Condizione 3: IMMAGINA DI ESSERE UN OSSERVATORE ESTERNO ED INDIPENDENTE CHE NON VIVE AD ASTRUDIA. Manipulation check:

Ripensando allo scenario che ti è stato proposto e al tuo ruolo, quanto ritieni che ..il tuo paese sia responsabile dell’inquinamento globale del pianeta Astrudia?

Per nulla 1 2 3 4 5 6 7 Moltissimo …il tuo paese contribuisca all’inquinamento atmosferico? …il tuo paese sia vittima dell’inquinamento? Emozioni morali:

Condizione 1: Su Astrudia, oltre a paesi industrializzati come il tuo, vi sono paesi non industrializzati (come il Bangladesh sul pianeta Terra). Qui di seguito verrà riportata una lista di emozioni e stati d’animo. Pensando al problema dell’inquinamento atmosferico, cosa provi nei confronti di questi paesi non industrializzati? Condizione 2: Su Astrudia, oltre a paesi non industrializzati come il tuo, vi sono paesi industrializzati (come gli Stati Uniti sul pianeta Terra). Qui di seguito verrà riportata una lista di emozioni e stati d’animo. Pensando al problema dell’inquinamento atmosferico, cosa provi nei confronti di questi paesi industrializzati? Condizione 3: Su Astrudia, vi sono paesi industrializzati e non industrializzati. Qui di seguito verrà riportata una lista di emozioni e stati d’animo. Pensando al problema dell’inquinamento atmosferico, cosa provi pensando ai paesi di Astrudia?

Page 32: La mia tesi

32

Vergogna, disgusto, ansia, orgoglio, senso di colpa, rabbia, soddisfazione, imbarazza, rimorso, disprezzo, paura, risentimento, senso di potere (risposte date su una scala da 1 a 7).

Inclusione nel sé dell’outgrop:

Condizione 1: Immagina ora che il cerchio di sinistra ti rappresenti e che quello di destra rappresenti gli abitanti dei paesi non industrializzati. Ti chiediamo di cerchiare il numero della figura che meglio rappresenta il tuo sentimento di vicinanza con gli abitanti dei paesi non

industrializzati. Tieni conto che la figura 1 rappresenta un sentimento di distanza, la 7 un sentimento di grande vicinanza con gli abitanti dei paesi non industrializzati. Condizione 2: Immagina ora che il cerchio di sinistra ti rappresenti e che quello di destra rappresenti gli abitanti dei paesi industrializzati. Ti chiediamo di cerchiare il numero della figura che meglio rappresenta il tuo sentimento di vicinanza con gli abitanti dei paesi industrializzati. Tieni conto che la figura 1 rappresenta un sentimento di distanza, la 7 un sentimento di grande vicinanza con gli abitanti dei paesi industrializzati. Condizione 3: Immagina ora che il cerchio di sinistra ti rappresenti e che quello di destra rappresenti gli abitanti del pianeta Astrudia (“Astrudiani”). Ti chiediamo di cerchiare il numero della figura che meglio rappresenta il tuo sentimento di vicinanza con gli Astrudiani. Tieni conto che la figura 1 rappresenta un sentimento di distanza, la 7 un sentimento di grande vicinanza con gli Astrudiani.

Io

���� 4

Io

���� 1 ���� 2 ���� 3

Ecuadoregni

Io

���� 5 ���� 6 ���� 7

Io Io Io Io

Abitanti di Astrudia

Abitanti di Astrudia

Abitanti di Astrudia

Abitanti di Astrudia

Abitanti di Astrudia

Abitanti di Astrudia

Abitanti di Astrudia

Quest’ultima immagine è quella usata nella condizione 3, nelle altre due condizioni, il cerchio di

destra, riporta le etichette: paesi non industrializzati (per la condizione 1), paesi industrializzati

(per la condizione 2).

Identificazione:

Ti chiediamo ora di esprimere il tuo grado di accordo o disaccordo con ognuna delle seguenti affermazioni. Sarei contento/a di essere un abitante di un paese non industrializzato di Astrudia.

per nulla 1 2 3 4 5 6 7 moltissimo Vorrei avere legami con gli altri abitanti dei paesi non industrializzati di Astrudia. Mi vergognerei di essere un abitante di un paese non industrializzato Astrudia.

Page 33: La mia tesi

33

Essere un abitante di un paese non industrializzato di Astrudia ha poco a che fare con l’idea che ho di me stesso/a. L’essere un abitante di un paese non industrializzato di Astrudia rifletterebbe ciò che sono. In generale essere un abitante di un paese non industrializzato di Astrudia sarebbe una componente importante dell’immagine che ho di me stesso/a. Nella vita quotidiana penserei spesso a ciò che significa essere un abitante di un paese non industrializzato di Astrudia. Essere un abitante di un paese non industrializzato di Astrudia non conterebbe nulla per me.

Queste domande sono prese dal questionario per i rispondenti con condizione 2, nella condizione 1

le domande sono identiche ma con la sostituzione dell’etichetta “paesi non industrializzati di

Astrudia” in “paesi industrializzati di Astrudia”; nella condizione 3 l’etichetta è “mio pianeta".

Deontologia/ consequenzialismo:

Ti proporremo qui di seguito delle affermazioni su come una persona dovrebbe decidere su questioni ambientali e risorse naturali. Esprimi il tuo grado di accordo con ognuna di esse. “Su temi ambientali bisogna prendere delle decisioni…” coerenti con i principi che una persona dovrebbe seguire

per nulla d’accordo 1 2 3 4 5 6 7 decisamente d’accordo

soppesando le conseguenze positive e negative dell’opzione di scelta sulla base di un dovere morale

scegliendo l’alternativa che porta al risultato più vantaggioso

escludendo le alternative moralmente inaccettabili

facendo un’analisi costi-benefici sull’argomento

sulla base delle conseguenze che la scelta fatta produrrà

ricordando che certi comportamenti sono semplicemente giusti o sbagliati, non importa quali siano le conseguenze