Incontrare Gesù Persone che incontrano Gesù durante la sua vita.
La mia fede è un dialogo intimo - A Sua...
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Amore che sorprendePer Italo un percorso con i salesiani, una serie di coincidenze e una terra magica, l’Africa
Il dono di GesùL’emozionante racconto del lungo cammino di un uomo verso il Vangelo
Futuro da riprogettareSuor Maria accoglie le donne vittime di violenza e le supporta per una nuova esistenza
Il conduttore tv è stato conquistato da Papa Francesco: “Grazie a lui in molti si stanno riavvicinando alla Chiesa”
La mia fede è un dialogo intimo
Claudio Lippi
SettimanaleNum. 60 - 1 marzo 2014
Anno
II •
Num
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Rete di accoglienzaAscolto, assistenza,
mense e formazione: come la Chiesa
sostiene gli immigrati
“Educare è dare la vita”Il Santo Padre si rivolge così a insegnanti e formatori
MESSAGGIO DI BERGOGLIO
CARITAS ITALIANA
IN REGALOALL’INTERNO!
LE STORIE DI PAPA FRANCESCO
A FUMETTI
Visto da me
La mia esperienza tra i rifugiati colombiani in EcuadorIl primo piano dedicato alle attività della Caritas
e della Chiesa in favore dei migranti mi spingea parlarvi di una mia esperienza personale.A prima vista potrà sembrarvi lontana, ma dimostra come tutto sia profondamente connesso nel nostro universo e come l’immigrato che la vita ci fa incontrare non sia un “problema” da scaricare o da lasciare ad altri, ma una persona che interpella la nostra coscienza e in definitivail volto di noi stessi. A ottobre, in quanto testimonial dell’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, ho avuto il dono di poter abbracciare e condividere la quotidianità dei rifugiati colombiani in Ecuador. È stata un’esperienza fortissima, un’esperienza che mi ha ulteriormente convinto di quanto il pregiudizio possa uccidere le persone. I rifugiati, a prescindere dall’area geografica, sono persone costrette a lasciare la propria terra, le proprie radici, perché altrimenti verrebbero uccise. Lo sa molto bene Lupe, una donna colombiana di 39 anni a cui i narcotrafficanti hanno ammazzato gli amici, squartandoli con una motosega. Il grande mercato internazionale di droga richiede terre su cui coltivare marijuana e tutti quegli agricoltori che provano a ribellarsi al furto delle loro proprietà vengono immediatamente eliminati. Lupe è stata violentata, sul corpo ha i tagli provocati dalla riluttante barbarie e nel cuore le ferite che mai riusciranno a rimarginarsi. Oggi vive in una palude di fango, ai piedi di una montagna in una
A Sua Immagine 3
Prima Pagina
Editoriale
Storia di un biscottoe della carità cristiana
R icordo come particolarmente significativa una storia, vera, tratta dal libro La città della gioia. Parla di una bambina indigente che l’autore, Dominique Lapierre,
incontra in un villaggio e a cui dà l’unica cosa che in quel mo-mento trova in tasca: un biscotto. La bambina lo accetta felice e si incammina. Dopo pochi metri vede un cane affamato. Si ferma, spezza il biscotto e gliene offre metà. Se dovessi dare un nome a questo racconto, lo intitolerei “Carità” e lo introdurrei con una citazione dello scrittore statunitense Jack London: “Un osso dato al cane non è carità – asserisce –, carità è l’osso spartito col cane quando avete fame come lui”. Un modo semplice per dire che la carità non è solo un gesto materiale, ma un frutto
del cuore. Il termine caritas deriva dalla parola greca chàris che equivale al latino gratis. Gratis è ciò che si dà senza pretendere nulla in cambio. E ciò che “non cerca il suo interesse” – spiega San Paolo nella Prima lettera ai Corinzi – è la carità. Dunque, la caritas è gratuità e questa, a sua volta, è espressione della carità. Ma esiste un altro sentimento che, per sua natura, è disinteressato. L’amore. I greci lo chiamavano agape, intendendo con questo
non l’amore fisico, l’eros, ma l’offerta di sé a chi ha bisogno, la condivisione dell’altrui sofferenza, il prendersi cura del pros-simo. Carità allora non è banalmente l’elemosina né l’atteg-giamento che si assume verso chi è indigente, bisognoso, solo. Non è insomma solo l’offerta di un biscotto. Inteso così il suo significato sarebbe molto impoverito. Carità invece altro non è che amore, nel suo significato più pieno. E la Chiesa, alla cui natura appartiene il compito di amare, “espressione irri-nunciabile della sua stessa essenza”– ha detto Benedetto XVI nell’Enciclica Deus caritas est – attraverso i suoi organismi, la Caritas in primis, è la principale testimone della carità. “La carità – ha detto ancora il papa emerito – non è per la Chiesa una specie di attività di assistenza sociale”, anche se comprende certamente il fatto di dare “risposta a ciò che […] costituisce la necessità immediata: gli affamati devono essere saziati, i nudi vestiti, i malati curati […]”. La carità è l’“attenzione del cuore” verso chi ha bisogno. È l’orizzonte della vita cristiana, entro cui tutto trova senso.
Gianni Epifani
Sacerdote rogazionista, giornalista e regista
della Santa Messa di RaiUno
Giornalista e conduttrice della trasmissione A Sua Immagine in onda sabato e domenica su RaiUno
continua a pagina 4
12La Caritas italiana con le sue strutture e i suoi volontari è quotidianamente impegnata accantoa chi arriva nel nostro paese con la speranza di una vita migliore
Istantanee di fede6 Eutanasia industriale Uomini e donne, contro la crisi, lottano per conservare il proprio lavoro
Fatti e avvenimenti8 Educare alla vita Il messaggio di Bergoglio a insegnanti e formatori
10 Novità dal mondo cattolico Le ultime notizie
Primo piano12 Al servizio dei migranti Ascolto, assistenza, mense e formazione: come la Caritas sostiene gli immigrati
Sommario8
L’educazione cattolica è “una delle sfide più importanti della Chiesa”,
ha detto il Santo Padre a cardinali, vescovi
ed esperti di formazione
Il Vangelo della settimanaGiorno per giornoI brani commentati da padre Ermes Ronchie da don Roberto Cassano
Le storie di Papa Francesco a fumetti Racconti illustratiTavole da leggere e collezionare
43 Gli inserti
4 A Sua Immagine
Questa settimana DI COSA PARLIAMO
baracca di legno, nascosta sia dagli aggressori che non accettano la disobbedienza di una loro vittima, ma anche da una società non sempre pronta e capace di accogliere chi soffre. Lupe non vuole rubare lavoro
agli ecuadoriani, non è una prostituta, non è ‘lo
straniero colonizzante’. Lupe, come tutti gli altri rifugiati, è una persona, una persona
che lotta per continuare a vivere e che ha dovuto
lasciare la propria terra. Come lei, tanti altri sono costretti a scappare. Voi che avreste fatto? I rifugiati raggiungono altri paesi, sognano una nuova vita, ma spesso, quel viaggio con il cuore gonfio di dolore e paura viene ripagato con emarginazione, rifiuto, e quel pregiudizio di cui parlavo all’inizio, un pregiudizio capace di uccidere spiritualmentee psicologicamente per una seconda volta. Chi non riesce a capire questo, chi non sa sentire il pianto di queste persone rivestendole di luoghi comuni lontani dalla realtà è, a mio avviso, un omicida della civiltà. Ad ognuno di noi può accadere un dramma di questo tipo e fino a che non riusciamo a rapportarci con chi soffre nella verità, sentendoci parte di una grande famiglia umana, non riusciremoad essere veramente felici.Non dobbiamo fare qualcosa per qualcuno ma ‘con’ qualcuno! È quella particella che cambia le cose.Per concludere, in relazione a quello che ho toccato con mano ai confini della Colombia, permettetemi di dare un messaggio a tutte quelle persone che fanno uso di sostanze: attenzione, con le vostre scelte non fate soltanto del male a voi stessi ma diventate automaticamente conniventi di quella barbarie che continua silenziosamente a provocare la morte e le lacrimedi persone innocenti.
Lorena Bianchetti
Il Vangelo della settimana DA SABATO 1 A VENERDÌ 7 MARZO 2014
Prima lettura Io non ti dimenticherò mai
Dal libro del profeta Isaia (Is 49, 14-15)
Sion ha detto: «Il Signore mi ha abbandonato, il Si-gnore mi ha dimenticato».Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?Anche se costoro si dimenticassero,io invece non ti dimenticherò mai.
Salmo responsoriale (Sal 61)
R. Solo in Dio riposa l’anima mia.
Solo in Dio riposa l’anima mia:da lui la mia salvezza.Lui solo è mia roccia e mia salvezza,mia difesa: mai potrò vacillare. R.
Solo in Dio riposa l’anima mia:da lui la mia speranza.Lui solo è mia roccia e mia salvezza,mia difesa: non potrò vacillare. R.
In Dio è la mia salvezza e la mia gloria;il mio riparo sicuro, il mio rifugio è in Dio.Confida in lui, o popolo, in ogni tempo;davanti a lui aprite il vostro cuore. R.
Seconda lettura Il Signore manifesterà le intenzioni dei cuori
Dalla prima lettera di San Paolo apostolo ai Corìnzi
(1Cor 4, 1-5)
Fratelli, ognuno ci consideri come servi di Cristo e amministratori dei misteri di Dio. Ora, ciò che si richiede agli am-
La liturgia della Parola domenicale è commentata da padre Ermes Ronchi e Marina Marcolini
ministratori è che ognuno risulti fedele. A me però importa assai poco di veni-re giudicato da voi o da un tribunale umano; anzi, io non giudico neppure me stesso, perché, anche se non sono consapevole di alcuna colpa, non per questo sono giustificato. Il mio giudice è il Signore! Non vogliate perciò giudicare nulla pri-ma del tempo, fino a quando il Signore verrà. Egli metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà le intenzioni dei cuori; allora ciascuno riceverà da Dio la lode.
Vangelo Non preoccupatevi del domani
Dal Vangelo secondo Matteo
(Capitolo 6, versetti 24-34)
In quel tempo Gesù disse ai suoi di-scepoli: «Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprez-zerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza.Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non sémi-nano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? E per il vestito, perché vi preoccupa-te? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Ep-pure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come
Le ragioni della speranza
DOMENICA 2 MARZO 2014
A Sua Immagine
uno di loro. Ora, se Dio veste così l’er-ba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berre-mo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena».
CommentoNon potete servire a due padroni, adorare Dio e la ricchezza. Dio e la ricchezza si escludono a vicenda, sono in competizione, antagonisti che si contendono il cuore dell’uomo. Noi di chi siamo servitori? La nostra epoca si è consegnata alla logica del profitto. Ha venduto anche la stes-sa natura: i fiori dei campi, le acque, gli uccelli del cielo sono dentro una grande nuvola che avvelena le crea-ture e le cose. Una febbre di cose ha preso le persone. E Gesù a ripetere: Non preoccupa-
tevi per la vostra vita, per ciò che mangerete o berrete. Non abbiate quell’ansia che toglie il respiro, per cui non esistono domeniche, non c’è tempo di fermarsi a parlare con chi si ama, a contemplare un fiore, una musica, i primi passi della primave-ra. Non mettete in cima a tutto il cibo e il vestito, la vita vale più del cibo e vive di relazioni, consapevolez-za, libertà, amore. Vuoi volare alto, come un uccello? Devi deporre dei pesi. Vuoi essere una nota di liber-tà nell’azzurro, come un passero? Meno febbre delle cose e più cuore! Gesù qui pone la questione della fi-ducia. In Dio naturalmente, e poi ne-gli altri. C’è un modo per fiorire nella vita, è il coraggio della fiducia. Se il passero si preoccupa del falco di ieri o del cacciatore di domani, non can-ta più. Se il giglio teme la tempesta che può arrivare, tiene i petali chiusi, senza profumo e senza luce. Invece la vita tutta chiama a un po’ di sana incoscienza, per avanzare nel sole e nel buio. Il Vangelo è la proposta di un libe-rante atto di fede, fatto di tre passi: ho bisogno, mi fido, e poi mi affido. Ho bisogno di pane e di amore, li cerco con impegno come se tutto di-pendesse da me; mi fido che la luce
verrà, come il pane quotidiano; ho fiducia in un Altro, al quale io sto a cuore; mi affido, metto la mia vita nelle sue mani buone. Come quel ra-gazzo che mette nelle mani di Gesù cinque pani e due pesci, tutto ciò che ha, e scopre il miracolo: poco pane – se condiviso – basta a saziare la fame di tutti. Cercate prima di tut-to il Regno di Dio e queste cose vi saranno date in più. Cercate pace e giustizia per voi e per gli altri, amore per voi e per tutti, e troverete libertà e volo. Troverete anche i beni, pane e vestito, ma in tutt’altra luce: punto verginale di comunione e fiducia.
Santi del giornoSant’Agnese di Boemia, Santa Angela de la Cruz
(María de los Ángeles Guerrero González), Beato
Carlo il Buono, San Carmelo (Girolamo Carmelo
di Savoia), San Ceadda (Chad) di Lichfield, San
Lorgio, San Luca Casali da Nicosia, San Quinto il
Taumaturgo, San Troade.
San Quinto il TaumaturgoÈ considerato martire per i supplizi ricevuti, ma, dopo averli sopportati, muore
in pace di vecchiaia. Nativo della Frigia da un famiglia cristiana, si reca in Eolide e assiste i poveri. Il governatore Rufo, al tempo dell’imperatore Aureliano (270-275), lo persegue per costringerlo al paganesimo, ma poi lo lascia libero perché affrancato dall’ossessione demoniaca per le preghiere dello stesso Quinto. Quaranta giorni dopo, è di nuovo arrestato da un altro magistrato, Clearco, più intransigente di Rufo, e sottoposto a torture, ma Dio lo guarisce immediatamente dalle ferite. Visto il miracolo è di nuovo rilasciato e non ci si occupa più di lui. Può continuare così il suo ministero risanando i malati e venendo in aiuto dei poveri per altri dieci anni, fino al 285 circa quando sopraggiunge la morte.
Il Vangelo della settimana DA SABATO 1 A VENERDÌ 7 MARZO 2014
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