LA MEDIAZIONE PENALE E LA GIURISDIZIONE DEL GIUDICE … · La mediazione nel diritto penale...

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RIVISTA PENALE 10/2006 LA MEDIAZIONE PENALE E LA GIURISDIZIONE DEL GIUDICE DI PACE NELLA NUOVA NORMATIVA PENALE: ASPETTI SOSTANZIALI E PROCESSUALI di Romina Cauteruccio SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Gli ambiti di applicazione del- la mediazione nelle nuove competenze del Giudice di pace penale. – 3. I dubbi di ragionevolezza rispetto alle garanzie processuali. – 4. La mediazione nel diritto penale minorile. 1. Premessa. – La giurisdizione penale del Giu- dice di pace, introdotta dal D.L.vo 28 febbraio 2000, n. 274 (1), costituisce il punto d’arrivo del percorso di progressiva introduzione, in ambito penale, dei meccanismi di mediazione penale. Già dal nome si vedono le novità di fondo verso un nuovo modello di giustizia, che, superando an- tichi formalismi, si sforza di bilanciare la tutela della vittima del reato e dell’autore dell’illecito; lo testimonia, tra l’altro la scelta di elevare le condotte riparatorie a causa di non punibilità (art. 35, D.L.vo 28 agosto 2000, n. 274). Nella prassi, occorrerà che prima dell’udienza di comparizione, il reo dimostri di aver provveduto alla riparazione del danno (re- stituzione o risarcimento). In questi casi il giudice, a norma dell’art. 35, comma 3, può quindi, sospen- dere il processo per un periodo non superiore a tre mesi per consentire al reo di provvedere alla ripa- razione del danno. In tal senso, è chiara anche la di- rettiva programmatica prevista nell’art. 2, secondo comma, D.L.vo 28 agosto 2000, laddove precisa che «... nel corso del procedimento, il Giudice di pace deve favorire, per quanto possibile, la conci- liazione tra le parti». Il concetto è poi ribadito nella relazione al decreto: «la competenza penale del giu- dice di pace reca con sè la nascita di un diritto pe- nale più leggero, dal volto mite, e che punta dichia- ratamente a valorizzare la conciliazione tra le parti come strumento privilegiato di risoluzione dei con- flitti» (2), autorizzando in tal modo direttamente il ricorso alla mediazione. Inoltre, la mediazione penale può essere realiz- zata in fase di esecuzione penale, nell’ambito della misura alternativa alla detenzione riferita all’art. 47 della L. 354/75, in relazione all’opportunità che: «... l’affidato si adoperi in quanto possibile in fa- vore della vittima del suo reato...». Sempre in fase di esecuzione della pena e, in particolare di quella pecuniaria, spazi per la mediazione sono ravvisabili nel caso in cui detta pena debba essere convertita dal giudice per insolvenza del condannato (artt. 101 e ss. della legge 24 novembre 1981, n. 689). Il con- cetto di riparazione comincia così a farsi spazio, e viene introdotto nel recente Regolamento di esecu- zione dell’ordinamento penitenziario e delle misure privative della libertà personale (D.P.R. n. 230 del 2000). Il Giudice di pace succede al Giudice concilia- tore che per decenni ha svolto in ogni Comune d’Italia opera preziosa di interposizione nelle pri- vate controversie di valore pecuniario modesto. Ma, la vera novità, che si presentò evidente, è costituita dall’attribuzione di funzioni penali, ac- compagnata all’inizio con una diffusa sfiducia so- prattutto dell’Avvocatura, verso il nuovo organo giudicante, di cui si temevano l’improvvisazione e la mancanza di sufficiente imparzialità. Il Giudice di pace è oggi un giudice professionale, resta ma- gistrato onorario per le modalità attraverso le quali viene selezionato e nominato all’ufficio, diverse dal pubblico concorso, e che, pertanto, gli precludono l’assunzione all’impiego (3). In questa cornice di valorizzazione delle fun- zioni conciliative per la composizione dei conflitti e alla rivalutazione del ruolo della persona offesa si colloca la competenza in materia penale devoluta al Giudice di pace attraverso le previsioni contenute nel D.L.vo 28 agosto 2000, n. 274. In tal modo muta radicalmente l’immagine del magistrato onorario, che diviene un giudice con una competenza piena, propria, non delegata dalla ma- gistratura ordinaria, con spiccate finalità concilia- tive, che dovrebbe gestire un procedimento sempli- ficato e informale, con poteri sanzionatori di tipo non carcerario. Anche la politica criminale che muove la Relazione al D.L.vo n. 274/2000 «Dispo- sizioni in materia di competenza penale del giudice di pace», si esprime in questi termini: la giurisdi- zione del giudice di pace è prevalentemente costi- tuita da reati espressivi di microconflittualità pri- vata, che ove non «contenuti», possono non di rado sfociare in comportamenti illeciti più gravi, con un allargamento a categorie di reati contro il patrimo- nio di particolare tenuità o di facile riscontro pro- batorio (4). L’art. 2, secondo comma del D.L.vo n. 274 prevede chiaramente che «nel corso del proce- dimento il giudice di pace deve favorire, per quanto possibile, la conciliazione tra le parti». In tal modo, appare rilevante la considerazione di questi due fattori, ovvero il quadro normativo di riferimento e i processi di comunicazione con i cen- tri di mediazione penale.

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RIVISTA PENALE 10/2006

LA MEDIAZIONE PENALE E LA GIURISDIZIONEDEL GIUDICE DI PACE NELLA NUOVA NORMATIVAPENALE: ASPETTI SOSTANZIALI E PROCESSUALIdi Romina Cauteruccio

SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Gli ambiti di applicazione del-la mediazione nelle nuove competenze del Giudice di pacepenale. – 3. I dubbi di ragionevolezza rispetto alle garanzieprocessuali. – 4. La mediazione nel diritto penale minorile.

1. Premessa. – La giurisdizione penale del Giu-dice di pace, introdotta dal D.L.vo 28 febbraio2000, n. 274 (1), costituisce il punto d’arrivo delpercorso di progressiva introduzione, in ambitopenale, dei meccanismi di mediazione penale.

Già dal nome si vedono le novità di fondo versoun nuovo modello di giustizia, che, superando an-tichi formalismi, si sforza di bilanciare la tuteladella vittima del reato e dell’autore dell’illecito; lotestimonia, tra l’altro la scelta di elevare le condotteriparatorie a causa di non punibilità (art. 35, D.L.vo28 agosto 2000, n. 274). Nella prassi, occorrerà cheprima dell’udienza di comparizione, il reo dimostridi aver provveduto alla riparazione del danno (re-stituzione o risarcimento). In questi casi il giudice,a norma dell’art. 35, comma 3, può quindi, sospen-dere il processo per un periodo non superiore a tremesi per consentire al reo di provvedere alla ripa-razione del danno. In tal senso, è chiara anche la di-rettiva programmatica prevista nell’art. 2, secondocomma, D.L.vo 28 agosto 2000, laddove precisache «... nel corso del procedimento, il Giudice dipace deve favorire, per quanto possibile, la conci-liazione tra le parti». Il concetto è poi ribadito nellarelazione al decreto: «la competenza penale del giu-dice di pace reca con sè la nascita di un diritto pe-nale più leggero, dal volto mite, e che punta dichia-ratamente a valorizzare la conciliazione tra le particome strumento privilegiato di risoluzione dei con-flitti» (2), autorizzando in tal modo direttamente ilricorso alla mediazione.

Inoltre, la mediazione penale può essere realiz-zata in fase di esecuzione penale, nell’ambito dellamisura alternativa alla detenzione riferita all’art. 47della L. 354/75, in relazione all’opportunità che:«... l’affidato si adoperi in quanto possibile in fa-vore della vittima del suo reato...». Sempre in fasedi esecuzione della pena e, in particolare di quellapecuniaria, spazi per la mediazione sono ravvisabilinel caso in cui detta pena debba essere convertitadal giudice per insolvenza del condannato (artt. 101e ss. della legge 24 novembre 1981, n. 689). Il con-cetto di riparazione comincia così a farsi spazio, eviene introdotto nel recente Regolamento di esecu-

zione dell’ordinamento penitenziario e delle misureprivative della libertà personale (D.P.R. n. 230 del2000).

Il Giudice di pace succede al Giudice concilia-tore che per decenni ha svolto in ogni Comuned’Italia opera preziosa di interposizione nelle pri-vate controversie di valore pecuniario modesto.

Ma, la vera novità, che si presentò evidente, ècostituita dall’attribuzione di funzioni penali, ac-compagnata all’inizio con una diffusa sfiducia so-prattutto dell’Avvocatura, verso il nuovo organogiudicante, di cui si temevano l’improvvisazione ela mancanza di sufficiente imparzialità. Il Giudicedi pace è oggi un giudice professionale, resta ma-gistrato onorario per le modalità attraverso le qualiviene selezionato e nominato all’ufficio, diverse dalpubblico concorso, e che, pertanto, gli precludonol’assunzione all’impiego (3).

In questa cornice di valorizzazione delle fun-zioni conciliative per la composizione dei conflittie alla rivalutazione del ruolo della persona offesa sicolloca la competenza in materia penale devoluta alGiudice di pace attraverso le previsioni contenutenel D.L.vo 28 agosto 2000, n. 274.

In tal modo muta radicalmente l’immagine delmagistrato onorario, che diviene un giudice con unacompetenza piena, propria, non delegata dalla ma-gistratura ordinaria, con spiccate finalità concilia-tive, che dovrebbe gestire un procedimento sempli-ficato e informale, con poteri sanzionatori di tiponon carcerario. Anche la politica criminale chemuove la Relazione al D.L.vo n. 274/2000 «Dispo-sizioni in materia di competenza penale del giudicedi pace», si esprime in questi termini: la giurisdi-zione del giudice di pace è prevalentemente costi-tuita da reati espressivi di microconflittualità pri-vata, che ove non «contenuti», possono non di radosfociare in comportamenti illeciti più gravi, con unallargamento a categorie di reati contro il patrimo-nio di particolare tenuità o di facile riscontro pro-batorio (4). L’art. 2, secondo comma del D.L.vo n.274 prevede chiaramente che «nel corso del proce-dimento il giudice di pace deve favorire, per quantopossibile, la conciliazione tra le parti».

In tal modo, appare rilevante la considerazionedi questi due fattori, ovvero il quadro normativo diriferimento e i processi di comunicazione con i cen-tri di mediazione penale.

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Tra le fonti normative assumono una certa rile-vanza le linee di indirizzo e raccomandazioni euro-pee, che peraltro hanno dato impulso in questosenso, prima nel sistema di giustizia minorile e direcente anche nella giustizia ordinaria, all’introdu-zione della mediazione penale quale strumento di ri-soluzione dei conflitti, con l’obiettivo di promuo-verla e di fornire gli orientamenti condivisi e unitariin merito alle modalità di attuazione.

In particolare si segnalano la Raccomandazionen. 19 del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Eu-ropa su «La Mediazione in materia penale»; le Re-gole minime delle Nazioni Unite per l’amministra-zione della giustizia minorile (art. 2); la Racc. su«Le reazioni sociali alla delinquenza minorile»; laConvenzione di New York sui diritti del fanciullo.A queste si aggiunga, non da ultima, la decisionequadro adottata dal Consiglio dell’Unione Europeail 15 marzo 2001 su «La posizione delle vittime nelprocesso penale» che, auspicando il più ampio ri-corso alla mediazione in materia penale (art. 10)fissa il termine del mese di marzo 2006 per l’ade-guamento normativo necessario, in ciascuno Statomembro, all’attuazione della direttiva predetta (art.17).

In Francia è proprio la diffusione di un docu-mento raccomandante la partecipazione del tribu-nale alle iniziative di mediazione secondo modellidi convenzione definiti che aprirà la strada nell’ot-tobre del 1992 alla nota di orientamento sulla me-diazione penale, distribuita dal Ministère de la Ju-stice, Direction des affaires criminelles et desgraces.

L’istituzionalizzazione del nuovo istituto vedràla luce con l’articolo 6 della legge che nel gennaio1993 riforma il codice di procedura penale. In que-sto senso un certo merito è da riconoscere ancheall’esperienza di mediazione che si è sviluppata aParigi in collaborazione con la Procura della Re-pubblica già dal lontano 1984. Nell’ambito di que-sta esperienza pilota, un merito propulsivo è da ri-conoscere alla fondatrice del metodo formativo,Jaqueline Morineau (5), esportato in vari Paesi delmondo: Francia, Italia, Spagna, Portogallo, Belgio,Kosovo, Macedonia e Nuova Caledonia.

Successivamente, infatti, la mediazione è entrataufficialmente nelle Procure francesi, dal momentoche il Ministero della Giustizia e il Centre de Mé-diation et de Formation à la Médiation hanno fir-mato un protocollo d’intesa (CMFM 24, rue Tour-nefort 75005, Paris).

2. Gli ambiti di applicazione della mediazionenelle nuove competenze del Giudice di pace penale.– La novità più importante del nuovo sistema puni-tivo riguarda le competenze penali affidate al giu-dice di pace penale. Il D.L.vo n. 274 del 2000 gliriconosce, infatti, poteri penali soprattutto in rela-zione a reati che sono espressione della microcon-flittualità, in grado di suscitare minore allarme

sociale, quali i reati di ingiurie, diffamazione, dan-neggiamenti, minacce, lesioni personali.

Le nuove competenze del Giudice di pace rien-trano a pieno titolo nelle attuali tendenze riforma-trici dell’ordinamento giudiziario, che sembranoorientate verso un doppio binario della giustizia, ri-spetto a una giustizia «maggiore» più garantista euna «minore» caratterizzata da procedimenti infor-mali e da un sistema sanzionatorio totalmente rin-novato, nell’ambito degli stessi circuiti penali.

Sul piano sostanziale occorrerà «rivisitare» lecompetenze del nuovo giudice di pace penale.

In tal guisa, la nuova legislazione introduce inmodo organico un sistema di giustizia riparatoriaanche in Italia, nel quale trova spazio un sistemasanzionatorio articolato su tre tipi di pene: le pre-stazioni di attività non retribuite a favore della col-lettività, l’obbligo della permanenza a casa, e mi-sure prescrittive specifiche. Una delle novità piùcalzanti è il potere riconosciuto alla parte offesa dicitare direttamente in giudizio l’autore del reato perottenere la punizione del colpevole, esercitabilesolo nei reati perseguibili a querela di parte. Al Giu-dice di pace è poi attribuito il compito di procedereal tentativo di conciliazione sulla base della volontàmanifestata dalle parti e delle condotte riparatorie erisarcitorie conseguenti al reato, messe in atto neiconfronti della parte lesa.

Le indicazioni sulla competenza penale del giu-dice di pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24novembre 1999, n. 468, sono le seguenti:

a) al giudice di pace è devoluta la competenzaper i delitti previsti dai seguenti articoli del codicepenale: 581 (percosse); 582, secondo comma (le-sione personale punibile a querela della persona of-fesa); 590 (lesioni personali colpose) limitatamentealle fattispecie perseguibili a querela di parte e adesclusione delle fattispecie connesse alla colpa pro-fessionale e dei fatti commessi con violazione dellenorme per la prevenzione degli infortuni sul lavoroo relative all’igiene del lavoro o che abbiano deter-minato una malattia professionale quando, nei casianzidetti, derivi una malattia di durata superiore aventi giorni; 594 (ingiuria), 595, primo e secondocomma (diffamazione), 612, primo comma (minac-cia); 626 (furti punibili a querela dell’offeso); 627(sottrazione di cose comuni); 631 (usurpazione);632 (deviazione di acque e modificazione dellostato dei luoghi), 636 (introduzione o abbandono dianimali nel fondo altrui e pascolo abusivo); 638,primo comma (uccisione o danneggiamento di ani-mali altrui); 639 (deturpamento e imbrattamento dicose altrui) e 647 (appropriazione di cose smarrite,del tesoro o di cose avute per errore o per caso for-tuito);

b) al giudice di pace è devoluta la competenzaper le contravvenzioni previste dal codice penaleagli articoli 689 (somministrazione di bevande al-coliche a minori o infermi di mente); 690 (determi-nazione in altri dello stato di ubriachezza); 691

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(somministrazione di bevande alcoliche a personein stato di manifesta ubriachezza); 726, primocomma (atti contrari alla pubblica decenza) e 731(inosservanza dell’obbligo dell’istruzione elemen-tare dei minori);

c) al giudice di pace è poi devoluta la compe-tenza per alcuni reati previsti da leggi speciali, ingenere per quelli puniti con una pena detentiva nonsuperiore nel massimo a quattro mesi (6).

Le fattispecie incriminatrici previste nel quadrogenerale dei reati attribuiti al Giudice di pace, rile-vano la natura dell’organo e dell’impianto comples-sivo della riforma. Alcuni di questi si prestano par-ticolarmente bene ad essere affrontati in un quadrodi mediazione-conciliazione, che non esalti leistanze punitivo-vendicative. Si annoverano fraqueste l’ingiuria e la diffamazione, anche se oc-corre considerare che nessun condizionamento diopportunità potrà derivare, per la persona danneg-giata, dai limiti di competenza del giudice di pace,dal momento che tale giudice può comunque deci-dere in merito all’azione civile senza limiti quanti-tativi di danno, per i quali non è, pertanto, da esclu-dere una crescita esponenziale dei casi in cui allacommissione di tali reati segua una sanzione penale(7).

Va, comunque, segnalata con qualche nota diperplessità, come la competenza del Giudice dipace è stata esclusa quando il fatto sia stato com-messo da un minorenne.

Quanto alle contravvenzioni del codice di com-petenza del giudice di pace, è possibile cogliere al-cuni aspetti apprezzabili rispetto alle garanzie pro-cessuali. Prima della riforma, per tali reati, infatti,si procedeva con l’emanazione dei decreti penali dicondanna inaudita altera parte.

Bisogna però aggiungere che per alcuni di questiilleciti, come gli atti contrari alla pubblica decenza,risulta difficile riscontrare la presenza di una vit-tima. Pertanto, in questi casi si rischia di attribuireal giudice di pace un ruolo pedagogico, rispetto allaproblematica che sta dietro la violazione di questenorme. Coerentemente ad una concezione raziona-listica della libertà devota ai classici, si denunciacome un vizio logico quello di confondere «il do-minio della moralità con l’ordine giuridico senzaben discernere la espiazione giuridica dall’espia-zione puramente morale» (8).

Occorre evidenziare come, invece, in altre fatti-specie si coglie l’importanza della partecipazione alprocesso; una di queste è la competenza al giudicedi pace dell’inosservanza dell’obbligo di istruzioneelementare prevista dall’art. 731 c.p., che potrebbeda un lato incidere positivamente sul rapporto traimputato-minore-servizi sociali.

A queste si va ad aggiungere: d) la competenzadevoluta al Giudice di pace in materia di convalidadell’espulsione di stranieri extracomunitari, che ilD.L. 14 settembre 2004 n. 241, convertito nella L.

12 novembre 2004 n. 271 ha traslato dalla compe-tenza del tribunale.

Deve tuttavia notarsi che il giudice di pace èstato introdotto nel nostro ordinamento allo scopodi favorire una soluzione conciliativa delle contro-versie insorte tra privati, pertanto non si vede comequesta funzione, che permea il ruolo di tale organogiudiziario, possa in futuro esplicarsi nell’ambito diuna categoria di controversie come quella in esame,insorgenti tra la pubblica autorità (prefetto)nell’esercizio di funzioni pubblicistiche ed i privati,all’interno delle quali viene in rilievo la categoriapotere pubblico-soggezione e le cui situazioni, pe-raltro, non sono nella disponibilità delle parti (9).Al riguardo si consideri che a garanzia dell’ordinepubblico le convalide dei provvedimenti incidentisulla libertà personale potranno essere effettuatenegli stessi locali della questura, dove il giudice dipace si recherà assistito da un appartenente alleforze dell’ordine. In questo senso, appaiono legit-timi i dubbi di ragionevolezza espressi dalla dot-trina, circa l’atipicità dell’iter processuale (10).

La Consulta ha dichiarato l’incostituzionalitàdell’articolo 13, comma 5-bis, nella parte in cui nonprevede la possibilità del contraddittorio primadell’accompagnamento alla frontiera (11).

La competenza del Giudice di pace è inoltreesclusa (art. 4 commi 3 e 4 D.L.vo 274/2000),quando ricorrano circostanze aggravanti in tema diterrorismo, criminalità organizzata o razzismo.

Alla luce di quanto sopra esposto, si può, dun-que, affermare che la peculiare finalizzazione delsistema processuale introdotto dal D.L.vo n. 274del 2000 rappresenta la prima attuazione in con-creto di un nuovo sistema penale, nel quale la fina-lità retributiva e preventiva della pena viene perse-guita non tanto mediante la minaccia di un male,quanto piuttosto attraverso la ricerca di un’adesionevolontaria dei cittadini al precetto penale. In talguisa, il successo di una politica criminale, che pri-vilegia la resipiscenza dell’imputato può desumersianche dalla condotta del trasgressore il quale, suc-cessivamente alla commissione del reato, si adoperiper una «composizione riparativa» degli interessilesi (12).

A questo proposito sono da segnalare anche i ri-schi connessi alla prassi applicativa della media-zione. Da un lato, quindi viene in rilievo la profes-sionalità dei mediatori e dall’altro, a questostrettamente connesso, il fine concreto perseguitomediante la mediazione. Le considerazioni formu-labili in base all’osservazione empirica sono mol-teplici. In primis, il rischio che essa si traduca nellasemplice negoziazione tra le parti intorno alla ripa-razione pecuniaria dei danni provocati dal fatto il-lecito. In questa prospettiva la preoccupazione èche non si diventi «una mera transazione patrimo-niale, ovvero una collection agency, un’agenzia direcupero crediti per i danneggiati, come brutal-mente viene definito l’analogo istituto nord-ameri-

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cano del settlement, o, meglio, la sua degenerazionenella prassi, mille miglia lontana da quell’idea distrumento di pacificazione sociale ottenuto attra-verso la gestione e la composizione di un conflittointerindividuale mediante la responsabilizzazionediretta dei suoi protagonisti» (13).

3. I dubbi di ragionevolezza rispetto alle garan-zie processuali. – Nell’analizzare la giustizia«informale», occorre mettere in luce agli spazieffettivi di operatività che l’attuale sistema proces-suale le riserva. È, infatti, da tale rito che dipenderà«buona parte dell’efficienza della mediazionepenale», consentendo la stessa «non solo di rispar-miare tutto il dibattimento, ma anche di ottenere ladeclaratoria di proscioglimento conseguente a con-dotte riparatorie».

Gli strumenti della mediazione penale trovanospazio nella giustizia minorile, nel rito del Giudicedi pace e infine la mediazione/riparazione attuabilenella fase esecutiva della pena, nell’ambito del pro-cedimento di sorveglianza.

Appare, pertanto, preliminare analizzare le fontiprimarie di legge al fine di filtrare la legittimità diquesto metodo nel nostro ordinamento giudiziario,che prevede, peraltro, l’obbligo (e non la facoltà)del pubblico ministero di esercitare l’azione penale,in base all’art. 112 della Costituzione. L’art. 50c.p.p. individua, infatti, quale limite negativo all’in-sorgenza dell’obbligo di esercitare l’azione penaleproprio la ricorrenza di situazioni che impongono larichiesta di un provvedimento di archiviazione (14).

Nel considerare l’aspetto processuale non è an-cora chiaro se la mediazione si inserisce in un per-corso alternativo o complementare alla trattazionedel caso giurisdizionale. Sussistono, pertanto, di-versi aspetti formali che interagiscono con l’istitutodella mediazione, fino a condizionarne il ruolo e lafunzione effettiva. Alcuni di questi aspetti riguar-dano le garanzie processuali, come, ad esempio, lapresunzione d’innocenza e il diritto al silenziodell’indagato, le cui fonti sono da ricercarsi oltreche nell’art. 27 comma 2, Costituzione, nell’art. 6comma 2, della Convenzione europea dei dirittidell’uomo e nell’art. 14 comma 2, del Patto inter-nazionale dir. civ. pol., le cui finalità sono di rap-portare la figura dell’accusato a quella dell’inno-cente fino a quando la sua colpevolezza non risultalegalmente provata.

La mediazione richiede infatti, per il buon esitol’ammissione di colpevolezza, che in ogni caso nonpuò essere costruita nella prospettiva di beneficiaredelle chances di fuoriuscita dal circuito penale. Oc-corre, dunque, cercare per la mediazione uno spaziogiuridico che nel contempo ne definisca e ne garan-tisca l’ambito di applicazione compatibile con il re-sto dell’ordinamento.

Mi riferisco al difficile rispetto delle garanzieprocessuali a tutela della presunzione d’innocenza.

Il discorso, a questo punto, rimanda all’esigenzadi coniugare efficienza repressiva a salvaguardia deidiritti fondamentali, nella ricerca di una costruzionedi un sistema penale razionale ed efficiente. Le pos-sibili soluzioni vanno individuate nel dare una pre-cisa collocazione e regolamentazione alla media-zione penale nel sistema di giustizia formale, cherispetti le garanzie democratiche legate al diritto didifesa dell’accusato. In questo senso, si auspica cheal percorso di mediazione venga riconosciuta l’ef-fettiva segretezza e informalità, il cui esito può es-sere reso noto solo su richiesta dell’imputato.

Alcuni autorevoli interventi in tema di compe-tenza penale del giudice di pace, hanno evidenziatocome tale sistema penale di giustizia sembra resti-tuire ai privati il conflitto; pertanto il grado di sod-disfazione sarà in gran parte in ragione delle risorse,economiche, culturali e sociali. Appare quindi,come un sottosistema di giustizia penale rivolto adare soluzione ad alcuni problemi emersi con la pri-vatizzazione del bene della sicurezza (15).

Dubbi rilevanti si pongono, poi, sulle possibilitàdi sviluppo della mediazione come tecnica di diver-sion, con capacità di impedire l’azione penale, an-teriormente alla pronuncia di una sentenza penale dicondanna, con efficacia concreta di sostituire la san-zione penale con forme di trattamento attuate dastrutture e servizi specializzati (16).

Anche per ragioni tecniche dovute al fatto che ilnostro ordinamento, da un lato, prevede il principiocostituzionale di obbligatorietà dell’azione penale,dall’altro il contesto culturale nutre ancora una dif-fusa sfiducia all’introduzione di nuovi modelli di ri-soluzione dei conflitti generati dal reato fondatisull’uscita dal circuito penale. Le definizioni alter-native al procedimento sono disciplinate dal decretolegislativo, nel suo capo quinto, nei casi di partico-lare tenuità del fatto e di occasionalità della con-dotta. L’ampio margine di discrezionalità, che laprevisione contenuta nell’art. 34 del D.L.vo 28 ago-sto 2000 n. 274 attribuisce al Giudice di pace (po-tere-dovere di chiudere il procedimento, sia primache dopo l’esercizio dell’azione penale, quando ilfatto incriminato risulti di «particolare tenuità»), ri-spetto all’interesse tutelato, soltanto se l’imputato el’offeso non si oppongono, mal si concilia con il re-gime di stretta legalità che sta alla base degli artt. 25e 13 Costituzione. È inoltre rilevante osservarecome il mancato esercizio dell’azione penale nonimpone al giudicante una esplicita motivazione, lad-dove l’applicabilità dell’istituto non sia stata invo-cata dall’interessato (17).

Occorre sottolineare che la «tenuità» del fattonon deve essere confusa con l’assenza di offensivitàdello stesso. Infatti, per la dottrina penalistica piùmoderna, un fatto che integra gli estremi di una fat-tispecie incriminatrice, ma non reca alcuna offesa albene giuridico tutelato, non costituisce reato per di-fetto di tipicità.

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L’offesa viene infatti, considerata un elementodel fatto tipico (18). Pertanto, viene da chiedersi suquali elementi il giudicante rileverà la tenuità di unreato, che implica un fatto offensivo.

Il nuovo rito dedica molto spazio alla media-zione, tanto che il testo del decreto legislativo pre-vede anche la possibilità di un rinvio dell’udienza,per un periodo non superiore a due mesi, quandociò è opportuno per il buon fine della mediazione.La successiva sospensione del procedimento puòessere utilizzata per esperire la praticabilità di con-dotte riparatorie o ripristinatorie da parte dell’im-putato. Nel caso in cui sia raggiunta la concilia-zione, viene redatto verbale in cui si attesta laremissione della querela e la relativa accettazioneda parte dell’imputato (art. 29 comma 5 D.L.vo n.274 del 2000). È importante rilevare che il giudicedeve promuovere la mediazione tra le parti nel casoin cui il reato sia perseguibile a querela (art. 29,comma 4 D.L.vo n. 274 del 2000), con modalità pe-netranti, con l’ausilio di centri o strutture pubblicheo private presenti sul territorio. Alcune osserva-zioni. Nell’ipotesi in cui la remissione della querelasegua alla mediazione, essa finisce per assumere itratti della causa sostanziale di estinzione del reato,da collegare all’idea del perdono. Nell’altra eve-nienza, essa si atteggerà a mera causa sopravvenutadi improcedibilità.

In definitiva, si avrebbe in un caso un proscio-glimento per estinzione del reato, e nell’altro, unproscioglimento per sopraggiunta mancanza di unacondizione di procedibilità.

Qualche problema potrebbe sorgere dalla circo-stanza che una delle condizioni necessarie all’inviodelle parti in mediazione è generalmente costituitadall’ammissione di responsabilità da parte dell’im-putato.

Se, da un lato, la norma prevede che le dichia-razioni rese dalle parti nel corso dell’attività di me-diazione, non possono essere utilizzate ai fini delladecisione, e in questo senso possono dirsi coperteda segreto istruttorio, dall’altro lato è difficile ipo-tizzare che l’ammissione di colpevolezza possa es-sere resa proprio davanti al giudice di pace, ri-schiando inesorabilmente di condizionare il giudiceche le abbia ascoltate.

Vero è che l’esperienza mostra come all’indo-mani dell’istituzione del Giudice di pace nell’am-bito penalistico, il legislatore italiano non si è alli-neato ancora come gli altri Paesi Europei nellanecessaria implementazione della mediazione neiservizi sociali territoriali, punto cardine che dovevalegittimare la riforma del sistema penale.

Bisogna allora chiedersi se al modello proces-suale interpretativo che ridefinisce il ruolo dellamediazione corrisponde un giudice di pace cheopera per principi e valori costituzionali.

L’immagine è quella di una mediazione penalecome un prodotto portato a compimento dal giudicein relazione alla richiesta delle parti, pertanto co-

stantemente adattata alla concretezza dei casi e allespontanee dinamiche sociali che precipitano ineso-rabilmente sulle ragioni della legalità delle incrimi-nazioni (19).

L’azione penale è esercitata con un duplice attoche compete esclusivamente al pubblico ministero:la formulazione dell’imputazione e la contestualeautorizzazione alla polizia giudiziaria a disporre lacitazione dell’imputato (art. 15 D.L.vo n. 274 del2000). Con la citazione a giudizio della polizia giu-diziaria l’indagato assume la qualità di imputato(art. 3 D.L.vo n. 274 del 2000). Per alcuni costitu-isce più che altro un atto introduttivo al giudizio chesi riduce a un avviso a comparire redatto e notifi-cato dalla polizia giudiziaria (art. 20, comma 2, lett.c, D.L.vo n. 274 del 2000). La citazione a giudiziocosì modellata ha sollevato, in riferimento agli artt.3, 24, comma 2, e 97, comma 1, della Costituzione,questione di legittimità costituzionale, nella parte incui non prevede nella vocatio in jus predispostadalla P.G. davanti al Giudice di pace, l’avverti-mento all’imputato circa il potere di presentare do-manda di oblazione o di porre in essere condotte ri-paratorie prima della dichiarazione di apertura deldibattimento (20).

I primi interventi della Consulta hanno rigettatole questioni sollevate di uguale tenore testuale, di-chiarandole manifestamente infondate, rispettoall’omissione dell’avviso circa l’informazione dellevarie forme alternative di definizione del procedi-mento, anche alternative al giudizio di merito (con-ciliazione tra le parti, oblazione, risarcimento deldanno, condotte riparatorie).

A dire della Corte costituzionale, l’udienza dicomparizione, «ove avviene il primo contatto tra leparti e il giudice, risulta sede idonea per sollecitaree verificare la praticabilità di possibili soluzioni al-ternative» al giudizio, di fatto, attraverso un ampioutilizzo del meccanismo sospensivo di cui all’art.35 comma 3 D.L.vo n. 274 del 2000.

I commenti non si sono fatti attendere: l’impu-tato rischia di arrivare all’udienza di comparizionesenza neppure essere edotto di questi «speciali»meccanismi processuali dal difensore, eventual-mente nominato d’ufficio, in quanto la presenza diquest’ultimo è necessaria solo a partire dalla stessaudienza (21).

L’iter argomentativo della Consulta segna, in talsenso, un arretramento sul percorso che porta anchedavanti al giudice onorario, ad una effettiva realiz-zazione del «giusto processo legale». Se da un latonessuno dubita che l’udienza ex art. 29 D.L.vo n.274 del 2000, successiva alla vocatio in jus dellapolizia giudiziaria, rappresenta il momento nevral-gico dell’attività conciliativa tra persona offesa-danneggiata dal reato ed imputato, dall’altro latoappare inconfutabile che l’inserimento nel decretodi cui all’art. 20 D.L.vo n. 274 del 2000, degli av-vertimenti circa la definizione alternativa del pro-cedimento è essenziale per dare impulso, grazie an-

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che all’intervento del difensore, a quel risarcimentointegrale del danno e all’eliminazione delle conse-guenze dannose e pericolose che rappresentano, diregola, presupposto al fine di pervenire alla remis-sione della querela, nonché, più in generale, per ilbuon esito dell’attività di mediazione che conclu-derà il suo iter all’interno dell’udienza di compari-zione, senza contare, come fa la giurisprudenza dilegittimità, le occasioni di stasi del dibattimento conbuona pace della ragionevole durata del processo(22).

Un ulteriore profilo problematico, nell’otticadella natura sostanziale-processuale dell’istituzionedel Giudice di pace, è la violazione del principio diragionevolezza di cui all’art. 3 della Costituzione,nella previsione dell’art. 25, comma 2, del D.L.vo n.274 del 2000, dal momento che non prevedendoche, anche nel caso in cui esprime parere contrarioalla citazione, il pubblico ministero debba formu-lare l’imputazione, determina un vincolo, per il giu-dice a cui il pubblico ministero ha formulato sem-plice parere contrario, di restituzone degli atti allapubblica accusa, non potendo il giudice disporre inmaniera diversa, contrariamente all’ipotesi inversain cui l’avvenuta formulazione dell’imputazionenon impedisce al giudice di ritenere, invece, nelpieno esercizio delle proprie prerogative, il ricorsoinammissibile, infondato ovvero presentato dinanzia un giudice incompetente (23).

4. La mediazione nel diritto penale minorile. –La mediazione penale nell’ambito della GiustiziaMinorile è applicata nell’iter processuale previstodal D.P.R. n. 448 del 1988, in attuazione del pro-gramma ex art. 28 per la possibile uscita del minoredal circuito penale. Il D.P.R. n. 448 del 1988 deli-nea, infatti, un processo penale in parte ispirato allafilosofia della mediazione, in particolare nella pre-visione della messa alla prova (art. 28), misura chesostituisce alla pena da subire un percorso educativoindividualizzato che il minore deve, appunto,seguire a proprio beneficio e a vantaggio della col-lettività.

Nei tribunali dei minorenni del territorio nazio-nale, la mediazione penale e la giustizia riparativa èstata accolta da taluni con il timore di una giustiziatroppo soft rispetto al compito educativo ad essi as-segnato, dando prova della scarsa conoscenza dellepotenzialità pedagogiche della mediazione o permancanza di fiducia verso i servizi sociali territo-riali per la capacità di presa in carico; da altri, in-vece è stata accolta più che la mediazione, la sfidacon fiducia, ma anche con la consapevolezza dei ri-schi connessi all’attuazione. Fra questi, in partico-lare nel Nord, troviamo Torino, Milano, Trento eBolzano, al centro Roma e al Sud e nelle isole Bari,Catanzaro, Salerno e Cagliari.

Vero è che l’ambito di applicazione della media-zione è ristretto negli spazi delle novità introdottedal nuovo processo penale minorile.

La mediazione viene proposta in genere nellafase delle indagini preliminari o comunque quasimai oltre l’udienza preliminare, pertanto, in coe-renza con i principi della minima offensività delprocesso sul minore e della rapida fuoriuscita delminore dal circuito penale, anche se, considerandoi tempi di invio dei casi in mediazione da partedell’Autorità Giudiziaria, risulta interessante rile-vare che il tempo trascorso dalla commissione delreato risulta essere pari a circa un anno (380 giorni)(24).

La dottrina prevalente ha ritagliato nel rito pe-nale minorile tre modalità operative di intervento,collocate sia all’interno del procedimento che nellafase della sua sospensione per effetto della ordi-nanza ex art. 28 D.P.R. n. 448 del 1988, che può in-fatti contenere «prescrizioni dirette a riparare leconseguenze del reato e a promuovere la concilia-zione del minorenne con la persona offesa dal re-ato» (art. 28, comma II). Altro ambito di applica-zione alla riconciliazione e riparazione è statoindividuato nella formula del perdono giudiziale(art. 169 c.p.), per cui si otterrebbe il vantaggio edu-cativo di un perdono condizionato alla disponibilitàriparativa e riconciliativa da parte del minore.

La mediazione è stata ritenuta inseribile anche:negli elementi presentati dall’art. 564 c.p.p., in re-lazione a situazioni di lieve entità, per risolvere con-flitti intrafamiliari e giungere al ritiro della denun-cia; nella formula prevista dall’art. 9 D.P.R. 448/88ove la disponibilità del minore alla mediazione po-trebbe divenire strumento per la valutazione dellapersonalità; inoltre fra le sanzioni sostitutive previ-ste e disciplinate dall’art. 32, secondo comma dellostesso D.P.R.; non da ultimo, in fase esecutiva,come prescrizione, fra quelle inserite nel pro-gramma relativo all’affidamento in prova al servi-zio sociale ex art. 47 L. n. 354 del 1975.

Complessivamente i casi che approdano in me-diazione, sono stati inviati agli uffici di mediazioneprevalentemente dal pubblico ministero (73%circa), ma anche dal Giudice dell’udienza prelimi-nare (17,13%) e dagli operatori dell’Ussm (5,6%)(25). Il maggior numero di invii avviene dunque daparte delle Procure ai sensi dell’art. 9 D.P.R. n. 448/1988, mentre per una percentuale minore dei casil’invio avviene ai sensi dell’art. 28 e dell’art. 9 pervolontà del Giudice dell’udienza preliminare.

Su questo dato vale la pena riflettere, se si pongamente che l’art. 9 consente al Pubblico Ministero e/o al giudice di acquisire informazioni utili a valutarela rilevanza del fatto e la personalità dell’indagato odell’imputato, al fine di accertarne l’imputabilità ei gradi di responsabilità anche attraverso il parere diesperti. L’autorità giudiziaria sarà determinata apromuovere la mediazione nella fase del processoritenuta più idonea, e con tutte le cautele dettate daifiltri processuali, fra questi le risorse del minore aifini della riparazione del danno.

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Per quanto riguarda i dati relativi alla naziona-lità, si noti che sono state realizzate mediazioni conautori di reato e vittime quasi esclusivamente di cit-tadinanza italiana.

A tutt’oggi, in assenza di una normativa di rife-rimento, «le pregiudiziali limitazioni dei criteri discelta dei casi» (26), sembrano evidenziare il per-durare di una dimensione di sfiducia verso solu-zioni riparative. La mediazione penale nella Giusti-zia minorile sembra portare con sè, problematicheantiche quanto nuove.

Nell’ambito della giustizia minorile la media-zione si colloca come una sorta di uscita rapida dalcircuito penale, pertanto dovrebbero valutarsi concautela, la «reale portata dell’intervento del servi-zio sociale; la reale disponibilità del minore; la re-ale valenza del rifiuto della parte offesa», al fine dinon discriminare l’accesso (27).

Una mediazione riuscita può offrire al magi-strato procedente differenti opportunità:

– dichiarazione di non luogo a procedere per ir-rilevanza del fatto;

– in caso di rinvio a giudizio perdono giudizialederivante dalla responsabilizzazione del minore;

– applicazione del programma di messa allaprova ex art. 28 fondata su attività di tipo riparato-rie, ivi comprese la riparazione indiretta come l’im-pegno in attività socialmente utili.

Alla luce di quanto sopra, merita una riflessionespecifica la mediazione penale rispetto al processominorile così come modificato dal D.P.R. 448/88,mettendo in atto la prima regola per cui «educare»è prevenire. Fare mediazione significa prima ditutto prendersi cura di un conflitto o disordine.

La pratica della mediazione prevede la riconci-liazione con il coinvolgimento diretto dell’autoredel reato, portando allo scoperto il suo atteggia-mento verso le persone offese e verso i valori vio-lati. La mediazione penale minorile in relazione aireati commessi dal minore si presta a divenire espli-cazione diretta del principio costituzionalizzato re-lativo alla protezione della gioventù. E non da ul-timo gli orientamenti della Carta dei dirittifondamentali dell’Unione Europea, approvata aNizza il 7 dicembre 2000, che all’art. 24 statuisceche «in tutti gli atti relativi ai bambini, l’interessesuperiore dei bambini deve essere considerato pre-minente», ribadendo le affermazioni contenute giànella Covnenzione Internazionale sui diritti dell’in-fanzia (ONU 20 novembre 1989) e nella Conven-zione Europea sull’esercizio dei diritti del minoreapprovata dal Consiglio d’Europa (Strasburgo 25gennaio 1996), ratificata in Italia con legge 20marzo 2003, n. 77.

In particolare, là dove l’art. 12 statuisce per gliStati contraenti la Convenzione «il diritto del fan-ciullo di essere ascoltato in ogni procedura giudi-ziaria o amministrativa che lo concerne, sia diret-tamente, sia tramite un rappresentante o un organo

appropriato, in maniera compatibile con le regole diprocedura della legislazione nazionale».

La discrezionalità tecnica del giudice minorileper lungo tempo impalpabile, con i nuovi e più fles-sibili strumenti consente un esercizio più razionaledella discrezionalità, consentendo risposte ragione-voli ed eque anche nei casi più «difficili» (28).

Può avere rilievo in relazione a fatti bagatellari,come anche in relazione a delitti gravi, influendonella scelta delle risposte sanzionatorie. La giusti-zia penale minorile è oggi, non solo in Italia, (cosìin Gran Bretagna), in forte tensione anche per lespinte di segno opposto: da un lato, tendenze a in-trodurre «più penale» in nome essenzialmente diesigenze di sicurezza e allarme sociale (cfr. disegnodi legge n. 2501, 1 marzo 2002); dall’altro lato, sol-lecitazioni a sviluppare ulteriormente la linea dieducazione e «recupero» dei minorenni autori di il-leciti anche gravi (cfr. progetto di riforma codicepenale, Commissione del Prof. Grosso).

In Francia fa discutere la Loi d’Orientation et deProgrammation sur la Justice del settembre 2002 laquale ha introdotto la possibilità dell’ingresso neicentres èducatifs fermès (chiusi) per i minori autoridi reato a partire dai tredici anni; si ricorda, infine,che il sistema francese contempla la possibilità ditrattenere presso gli uffici di polizia (retenue) i mi-nori dai 10 ai 13 anni, per un massimo di 12 ore,quando questi ultimi sono gravemente indiziati direato (29).

L’attitudine responsabilizzante del processo pe-nale minorile è strettamente collegata con la finalitàspecial-preventiva della pena che dovrebbe pro-porsi come occasione di confronto tra vittima, reoe continuità, alla «ricerca di soluzioni agli effetti delconflitto generato dal fatto delittuoso, allo scopo dipromuovere la riparazione del danno, la riconcilia-zione tra le parti e il rafforzamento del senso di si-curezza collettivo.

Conclusioni. – Al termine di queste note, unnodo teorico pregnante, rimarcato dalla dottrina delpensiero classico, è in conclusione riferibile a comediritto formale e mediazione si collocano in rela-zione al rapporto tra razionalità e irrazionalità, dovequeste categorie vanno definite tanto con riguardoal rispetto delle forme giuridiche precostituite(razionalità formale), quando in relazione alla capa-cità di riconoscere concretamente la realtà nella suaconcretezza e complessità, e di trovare risposte ade-guate alle stesse.

Volendo tracciare un primo sommario bilancio,potremmo dire con le parole degli abolizionisti cheladdove il diritto rispondendo a criteri di razionalitàformale può produrre effetti sostanzialmente irra-zionali, la mediazione, pur essendo dal punto di vi-sta formale più difficilmente riconducibile a criteridi razionalità, può produrre, dal punto di vista so-stanziale, effetti di maggiore razionalità.

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Tuttavia, le questioni di illegittimità e i dubbi diragionevolezza prospettate nell’ambito di un ap-proccio critico conducono ad alcuni aspetti proble-matici di tutela penale concernenti: a) la colloca-zione della mediazione nel quadro dei principicostituzionali e la relazione con il «giusto pro-cesso»; b) la propulsione del Giudice di pace allamediazione, essendo non togato e retribuito a cot-timo, ovvero in base a un criterio quantitativo che ri-flette il numero delle sentenze pronunciate.

In questa prospettiva vincoli costituzionali e va-lutazioni razionali si intrecciano fra di loro.

(1) Il D.L.vo 274/2000, recante «Disposizioni sullacompetenza penale del giudice di pace, a norma dell’ar-ticolo 14 della L. 24 novembre 1999, n. 468», ha trovatopubblicazione sul S.O. alla G.U. del 6 ottobre 2000, n.234.

(2) Relazione al D.L.vo 28 agosto 2000, n. 274.(3) F. BARTOLINI, Il Giudice di pace civile e penale,

2000, Ed. La Tribuna.(4) Relazione al D.L.vo sul giudice di pace penale

(sub § 1, cit., p. 37 ss.).(5) J. MORINEAU, Lo spirito della mediazione, Ed.

Franco Angeli, pp. 144, già fondatrice del Centre de Mè-diation et de Formation à la Mèdiation di Parigi.

(6) F. BARTOLINI, op. cit.(7) M. PAPA, in La competenza penale del giudice di

pace e «nuove» pene non detentive, a cura di L. PICOTTI

e G. SPANGHER, Ed. Giuffrè, 2003.(8) F. CAVALLA, La pena come problema, p. 49, Ed.

Cedam.(9) In tal senso A. CACCIARI, La tutela giurisdizionale

nelle vicende del cittadino extracomunitario in Foroamm. TAR, p. 3193, Anno III, Fasc. 10-2004.

(10) O. FORLENZA, Restano i dubbi di costituzionalitàsulla «conferma» effettuata in questura, in Guida al Di-ritto, in Il Sole 24 Ore, n. 38, p. 36, 2004.

(11) Sent. della Corte cost. nn. 222 e 223 del 2004.(12) C. CALUBINI, Competenza penale del giudice di

pace, in Riv. it. dir. e proc. pen. 2004, 886 ss.

(13) KOSTORIS R.E., Criteri di selezione e moduli de-flattivi nelle prospettive di riforma, in AA.VV., Il giudiceunico nel processo penale, Ed. Giuffrè, 60 ss.

(14) MESTITZ A., Mediazione penale: chi, dove, comee quando, Ed. Carocci, 2004.

(15) PAVARINI M., in Competenza penale del giudicedi pace e «nuove» pene non detentive, a cura di L. RICOTTI

e G. SPANGHER, Ed. Giuffrè, 2003, 53 ss.(16) GREVI V., Rapporto introduttivo su diversion e

mediation nel sistema penale italiano, in Rassegna peni-tenziaria e criminologia, 1983, 46 ss.

(17) Cass. pen. in La raccolta delle massime Dossier/2 2005 Guida al Diritto in Il Sole 24 ore.

(18) P. TONINI, Lineamenti di diritto processuale pe-nale, Ed. Giuffrè.

(19) G. INSOLERA, Democrazia, ragione e prevarica-zione, Ed. Giuffrè, 2003.

(20) Corte cost., ordinanza 13 gennaio 2004 n. 10,Pres. Zagrebelsky - Red. Neppi Modona.

(21) A. CIAVOLA, Chiusura delle indagini ed eserciziodell’azione penale, in Il giudice penale di pace nella giu-risdizione penale, a cura di GIOSTRA-ILLUMINATI, Torino2001.

(22) G. VARRASO, Primi interventi della Consulta intema di citazione a giudizio della P.G. davanti al giudicedi pace, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2004, 850 ss.

(23) Sul punto, v. Giudice di pace di Chioggia, ordi-nanza 22 ottobre 2004, Giudice Minoia, in Rassegna dellemassime degli altri giudici penali, Guida al Diritto, in IlSole 24 ore, 85 ss.

(24) Direzione Generale per gli interventi di giustiziaminorile e l’attuazione dei provvedimenti giudiziari, Ri-levazione sulle attività di Mediazione penale minorile perl’anno 2002, Dipartimento Giustizia Minorile, 2003.

(25) Dipartimento Giustizia Minorile 2003.(26) A. MESTITZ, op. cit.(27) G. GULLOTTA, Elementi di psicologia giuridica e

di diritto psicologico civile, penale, minorile, Ed. Giuffrè,2000.

(28) D. PULITANÒ, Etica e Giustizia, in Riv. Etica perle professioni n. 1, 2003.

(29) Per approfondimenti si consulti www.justi-ce.gouv.fr