La Mediazione Familiare e la Professione · Già cinque secoli prima di Cristo, ... Egli infatti...

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La Mediazione Familiare e la Professione

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La Mediazione Familiare e la Professione

Definire la Mediazione

La parola mediazione, di derivazione latina, allude allo «stare nel mezzo».

La mediazione è stata definita come «un processo collaborativo di risoluzione del conflitto» (Kruk, 1997) in cui due o più parti in lite sono assistite da uno o più soggetti terzi imparziali (mediatori) per comunicare l’una con l’altra e trovare una propria risoluzione, accettabile per entrambi, dei problemi in questione.

La mediazione è internazionalmente intesa come un termine generico che comprende l’ampia varietà di forme di mediazione in uso per comporre vertenze in molti ambiti differenti: familiare, civile e commerciale, di vicinato e comunità, di alloggio, divorzio e altri tipi di vertenze, fino alla sanità, la scuola, il lavoro, il sistema giudiziario penale e le vertenze internazionali.

La Storia......

Già cinque secoli prima di Cristo, nell'antica Cina come in diverse tribù dell'Africa centrale, si ricorreva alla mediazione come metodo preferenziale per la risoluzione dei conflitti.

…. Confucio esortava la gente a usufruire della mediazione anziché rivolgersi a un tribunale. Egli infatti avvertiva che gli esiti del processo rischiavano di lasciare i disputanti amareggiati e incapaci di cooperare e quindi consigliava, invece di rivolgersi a un tribunale, di incontrarsi con un paciere neutrale che li avrebbe assistiti nel raggiungere un accordo.

Nelle grandi comunità si ricorreva al capoclan come persona autorevole per risolvere questioni di carattere civile, comprese le dispute familiari.

Nelle nostre società occidentali, nelle famiglie patriarcali, gli anziani, riconosciuti come "capi", garantivano una risorsa di mediazione per la giovane coppia.

Con l'industrializzazione e l'urbanizzazione nasce la famiglia nucleare e scompaiono la famiglia estesa e il clan.

Dovendo affrontare una vasta gamma di bisogni vitali per la famiglia, ed evolutivi per i singoli, ci si rivolge sempre di più a istituzioni e strutture sociali.

Origini e sviluppo della mediazione

La mediazione è spesso vista come un fatto recente, benché in effetti abbia una storia

estremamente lunga in numerose e diverse civiltà e culture.

Oggi, la mediazione familiare riprende il copione ereditato da queste forme storiche.

Il primo centro di mediazione familiare nasce ad Atlanta nel 1974 per opera dello psicologo e avvocato statunitense James Coogler.

Dagli Stati Uniti la pratica della mediazione familiare si diffonde fin dai primi anni '80 anche in Europa, tuttavia il concetto risale alla fine del XIX secolo, quando in Gran Bretagna venne creato l' “Istituto della Riconciliazione” incollaborazione con i Tribunali.

Ardone e Lucardi, 2005

In anni più recenti la cultura e la pratica dellamediazione hanno avuto una grande diffusione.

Nel 1939 la Los Angeles County Conciliation Court iniziò la sua attività terapeutica a favore delle famiglie: prevenzione, difesa dei diritti della prole, del matrimonio e della vita familiare, riconciliazione delle coppie e dei loro conflitti.

I servizi offerti dalla Los Angeles County Conciliation Court hanno maturato la necessità di entrare nell'ottica della negoziazione; quest’ultima, dunque, sembrafavorire la nascita e l'affermazione della mediazione.

Il primo servizio di mediazione familiare fu fondato a Bristol nel 1978 e, poco dopo, ne fu istituito uno presso il Tribunale della stessa città.

A Londra ha sede la National Association of Family Mediation and Conciliation Services.

Nel 1995 in Francia è stata approvata una legge che introduce la mediazione familiare nell’ordinamento giudiziario nazionale.

Nel 1992 è stata redatta la Charte européenne de la formation des médiateurs familiaux dans les situation de divorce et separation a cura della Commissione sulla formazione del mediatore familiare e promossa dall’Association pour la Promotion de la Médiation Familiale (APMF) di Parigi.

Nel 1997 a Marsiglia è stato istituito il Forum Europeo per la formazione e la ricerca in mediazione familiare, una sorta di coordinamento a livello europeo con lo scopo di superare le divergenze tra i vari approcci, valorizzando allo stesso tempo le differenze.

In Italia la mediazione viene introdotta qualche anno dopo rispetto ad altri Paesi europei.

Le prime significative esperienze sono state l’apertura a Milano nel 1987 del Centro GeA (Genitori Ancora) e la costituzione nel 1988 di una collaborazione fra il Centro studi di Psicologia giuridica dell’età evolutiva e della famiglia dell’Università La Sapienza e l’Ufficio Tutele della Pretura di Roma.

Una serie di episodi e sperimentazioni hanno favorito nel tempo l'affermarsi della pratica mediatoria: un primo passo decisivo si è avuto quando, nei casi di dissociazione coniugale in alcune aule giudiziarie, è maturato il concetto di negoziazione, rispetto alla tradizionale tecnica di conciliazione.

Negoziazione e Mediazione a confronto

Negoziazione e mediazione, pur avendo alcune analogie, occupanodifferenti aree applicative.

La negoziazione precede storicamente la mediazione, non prevede l'incontro diretto delle parti interessate, che si rivolgono ai negoziatori; questi ultimi basano la loro attività sulla maggiore soddisfazione possibile dei committenti e operano soprattutto sul piano della trattativa sociale e del lavoro.

“Chiunque affronti una lite facendo appello all'autorità non sta usando la sua intelligenza, ma la sua memoria” (Leonardo da Vinci).

Il termine negoziazione deriva dal latino nec otium, ossia “negazione dell’ozio” e può trovare definizione nel “complesso di trattative che precedono la stipulazione di un accordo, di un contratto, di un patto”

Da numerosi studi realizzati dal Program on Negotiation della Harvard Law School, emerge con evidenza che spesso la negoziazione porta ad un accordo, ma ancora più spesso l’accordo non porta alla massimizzazione del risultato ottenibile proprio perché si riscontra una difficoltà nello scambio di informazioni rilevanti sui reali interessi delle parti.

Il professor Sebenius (“The Six Habits of Merely Effective Negotiators”, Harvard Business Review, Aprile 2001) individua sei errori piuttosto comuni che impediscono di gestire al meglio una negoziazione:

1. trascurare i problemi della controparte;

2.lasciare che l’interesse economico sovrasti gli altri interessi;

3. focalizzare l’attenzione sulle posizioni invece che sugli interessi,

4.insistere nel cercare una soluzione;

5.ignorare le migliori alternative all’accordo negoziato;

6.non riconoscere le percezioni soggettive ed errori di attribuzione (valutazione della controparte).

L’intervento di un terzo neutrale, che entra in gioco nella procedura di mediazione, consente di superare gran parte degli ostacoli evidenziati e di spostare la naturale predisposizione al negoziato competitivo verso il negoziato collaborativo.

La mediazione può essere valutata come un potenziamento delle capacità negoziali delle parti, che hanno così l’opportunità, con l’intervento del terzo imparziale, di guardare oltre la lite e di individuare nuovi elementi, in termini di informazioni, di bisogni, di interessi e di soluzioni, che possano consentire l’apertura di nuovi canali di comunicazione, una ripresa delle relazioni e, auspicabilmente una loro prosecuzione nel tempo, grazie ad un accordo vantaggioso per tutti gli interessati (coniugi, partners, genitori).

Processo antagonistico

Le parti sono trattate come avversarie

Mediazione

Le parti ricercano interessi reciproci, unterreno comune

I problemi sono definiti dagli avvocati in termini legali

Le parti spiegano i problemi con parole loro divenendo i veri protagonisti

Polarizza, allontana ulteriormente le coppie Minimizza le differenze, colma i divari

Il procedimento è governato da regole legali formali

È informale, privata e flessibile

Possibili opzioni alternative possono non essere prese in esame

Esamina tutte le opzioni disponibili

È meno probabile che le decisioni imposte durino

Le decisioni consensuali hanno più probabilità di durare

Processo giudiziario e Mediazione a confronto.....

La mediazione familiare nella separazione e nel divorzio presuppone un atteggiamento culturale di fondo basato sulla consapevolezza che nei

momenti più critici del ciclo vitale di una famiglia, quale quello della

separazione, i bisogni e le necessità di nuove modalità organizzative e

relazionali funzionali al soddisfacimento evolutivo dei bisogni

stessi, sono tali da non poter essere ricondotti esclusivamente a contesti di

trattamento rigidi, formalizzati e obbligati.

L'efficacia della mediazione familiare sta proprio nella costitutiva "debolezza" dei contesti informali e non obbligatori, dipendenti dalla richiesta e dalla disponibilità personali, e che riconoscono la competenza degli utenti; accanto ai tradizionali contesti "forti" quali quelli del diritto e della cura, caratterizzati dalla dimensione dell'obbligo, del controllo.

Sono proprio l'adesione spontanea e la mancanza di una connotazione negativa a favorire una maggiore attivazione di risorse, legata al sentirsi protagonisti delle decisioni e, più in generale, della propria vicenda esistenziale.

La mediazione familiare è un intervento professionale rivolto alle coppie/famiglie e finalizzato alla riorganizzazione delle relazioni familiari in vista o in seguito alla separazione o al divorzio o durante qualunque fase di transizione e cambiamento del sistema familiare.

Uno degli obiettivi centrali della mediazione familiare è il raggiungimento della cogenitorialità (o bigenitorialità) ovvero la salvaguardia della responsabilità genitoriale individuale nei confronti dei figli, in special modo se minori.

Si tratta di una disciplina trasversale che utilizza conoscenze proprie alla sociologia, alla psicologia e alla giurisprudenza finalizzate all'utilizzo di tecniche specifiche quali quelle di mediazione e di gestione del conflitto.

La mediazione mira a ristabilire il dialogo tra le parti per poter raggiungere un obiettivo concreto: la realizzazione di un progetto di riorganizzazione delle relazioni che risulti il più possibile soddisfacente per tutti.

L'obiettivo finale della mediazione si realizza una volta che le parti si siano creativamente riappropriate, nell'interesse proprio e di tutti i soggetti coinvolti, della propria attiva e responsabile capacità decisionale

(Castelli S., La mediazione. Teorie e tecniche, Milano, Cortina, 1996, p.5.)

Buzzi dà una definizione che dilata l'area di interesse della mediazione familiare, affermando che questa "è destinata a coppie sposate e non sposate, prima o anche successivamente l'entrata in giudizio legale per la dissoluzione del loro rapporto coniugale, e si occupa di facilitare la soluzione di liti riguardanti questioni relazionali e/o organizzative come: la divisione delle proprietà comuni, l'assegno di mantenimento, gli alimenti, le scelte relative alla responsabilità genitoriale, la residenza primaria dei figli, le visite, ecc.

“Tutti gli aspetti relazionali, legali, economici e fiscali legati alla separazione coniugale e/o divorzio possono essere inclusi nel processo di mediazione”

Buzzi I., "Introduzione alla mediazione familiare", in Haynes J.H., Buzzi I., Introduzione alla mediazione familiare, cit., pp.11-22.

Con la Mediazione Familiare s’intende raggiungere accordi concreti e stabili nel tempo sulle principali decisioni che riguardano genitori e figli: la divisione dei beni, l’affidamento e l’educazione dei minori, i periodi di visita del genitore non affidatario, la gestione del tempo libero, etc.

Sono proprio tali aspetti, infatti, che ostacolano quasi sempre il processo di separazione, diventando terreno di scontro fra i partners su questioni relazionali di fondo rimaste irrisolte.

MODELLO SISTEMICO

Il Modello Sistemico, prendendo in considerazione l’intero sistema familiare coinvolto, ha il vantaggio di aiutare il gruppo familiare a superare la fase critica del suo ciclo vitale ed a raggiungere, utilizzando le risorse presenti un assetto relazionale più soddisfacente per i membri della famiglia.

Dagli anni '50 il modello di approccio sistemico si è configurato come plausibile riferimento nell'ambito della psicologia clinica.

Così come per la psicoterapia, si è inteso adottare l'indirizzo sistemico quale riferimento epistemologico anche per la mediazione familiare.

"Per mediazione sistemica si intende un Processo di negoziazione che fa riferimento dal punto di vista teorico e pragmatico all'approccio sistemico-relazionale (alla teoria della comunicazione, dell'informazione e alla teoria generale dei sistemi)".

Bassoli F., convegno su Mediazione e Costruzionismo sociale, in Delbert R.M., Mediazione, in Mediazione Sistemica, Bassoli F., Mariotti M., Frison R., Ed. Sapere,1999.

La Mediazione Familiare oggi adotta una concezione sistemica e relazionale della natura umana, una visione "contestuale" della sofferenza e del conflitto.

Gregory Bateson, il "grande padre" della teoria sistemica ha dato vita all'idea che senza contesto non è possibile comprendere il comportamento umano;dunque, l'approccio sistemico relazionale valorizza "la relazione nella misura in cui l'individuo viene colto entro la struttura dei rapporti che ha con altri individui nei vari contesti di appartenenza"

"

La famiglia ha costituito il punto di riferimento privilegiato nella mediazione dei conflitti; questa è intesa come un

SISTEMAun sistema aperto, inserita in un contesto, organizzata in

sottosistemi in relazione tra loro e con altri sistemi.

"

LA FAMIGLIA = SISTEMA

In quanto sistema, la famiglia ha le proprietà attribuite ai sistemi stessi

1. Totalità, per cui "ogni parte di un sistema è in rapporto tale con le parti che lo costituiscono che qualunque cambiamento in una parte causa un cambiamento in tutte le parti e in tutto il sistema"

Al principio della totalità dei sistemi può essere ricondotto anche il principio di relazioni circolari tra gli elementi del sistema che smentisce la teoria dell'interazione unilaterale tra elementi: se il comportamento di A influenza il comportamento di B, questo non può far altro che influenzare a sua volta la reazione di A.

2. Retroazione: "circolarità e retroazione sono il modello causale appropriato per la teoria dei sistemi interattivi".

Come precedentemente affermato, il comportamento di ogni elemento del sistema influenza ed è influenzato dalcomportamento di ogni altro elemento.

3.Equifinalità: "in un sistema circolare e autoregolantesi, i risultati non sono determinati tanto dalle condizioni iniziali quanto dalla natura del processo o dai parametri del sistema. ... Gli stessi risultati possono avere origini diverse perché ciò che è determinante è la natura dell'organizzazione. ...

Se il comportamento equifinale dei sistemi aperti è basato sulla loro indipendenza dalle condizioni iniziali, allora non soltanto condizioni iniziali diverse possono produrre lo stesso risultato finale, ma risultati diversi possono essere stati prodotti dalle stesse cause".

Individuata la famiglia come un sistema aperto, non si può prescindere dall'attenzione al contesto in cui è inserita: "un fenomeno resta inspiegabile finché il campo di osservazione non è abbastanza ampio da includere il contesto in cui il fenomeno si verifica"

Watzlawick, J. H. Beavin, Don D. Jackson, Pragmatica della comunicazione umana, Ed. Astrolabio, Roma 1997, p.117.

Il processo di mediazione familiare in un'ottica sistemica dovrà considerare il contesto in cui il conflitto si verifica, più che il suo contenuto; questo implica un allargamento dell'attenzione a tutto il sistema familiare e non solo alla diade marito-moglie, ma anche ai figli (se presenti) e alle generazioni parentali; il conflitto viene considerato in un ottica trigenerazionale, nelle relazioni orizzontali e verticali tra i membri del sistema....

Fondamentale per la comprensione delle dinamiche del conflitto sarà l'analisi del genogramma e del ciclo di vita della famiglia.

La coppia da sola appare un'entità spogliata della sua storia e dei suoi legami tra le generazioni. …

I figli come la generazione dei genitori dei genitori, non saranno mai tenuti distanti dall'evento che li coinvolge.

Bassoli F., Introduzione: perchè mediazione sistemica, in Mediazione Sistemica, Bassoli F., Mariotti M., Frison R., Ed. Sapere,1999.

La Mediazione affronta il conflitto nei vari contesti in cui si manifesta e ne ricerca gli aspetti evolutivi; non entra direttamente nei problemi del conflitto proponendo soluzioni, ma fornisce strumenti per la risoluzione dello stesso da parte delle parti protagoniste

Il "terzo neutrale" interviene per aiutare la famiglia a

trovare essa stessa lebasi per un accordo, non

propone soluzioni, ma fornisce stimoli.

Considera il conflitto un evento naturale e non eccezionale,indicatore di una fase di profonda trasformazione e cambiamento; in particolare, la mediazione familiare è quel processo attraverso il quale i conflitti che nascono nel contesto familiare sono gestiti con l'aiuto di un professionista "neutrale" e qualificato

- IL MEDIATORE –

al quale è affidato il compito non di risolvere i problemi ma di favorire il raggiungimento di un accordo e una modalità di gestione dei rapporti tale da permettere di convivere con il conflitto stesso, evidenziando le potenzialità evolutive dei singoli individui e del sistema, o dei nuovi microsistemi in formazione.

CLASSIFICAZIONE E MODELLI DI MEDIAZIONE FAMILIARE

La mediazione strutturata: è un modello di mediazione istituito da Coogler ed Heynes, caratterizzato da fasi predefinite in cui si riduce al minimo l’introduzione dei sentimenti connessi con i contenuti della controversia.

Fortemente orientato sul compito e fondato sui principi della negoziazione, mira a ristabilire la comunicazione e la collaboratività tra le parti lasciando ampio spazio all’autodeterminazione.

La mediazione integrata: è un modello utilizzato da coloro che considerano il divorzio un problema relazionale piuttosto che legale nella vita di una coppia.

Si lavora sull’aumento delle capacità di autodeterminazione degli ex coniugi come fonte di valorizzazione di sé. Pur programmando sedute congiunte, si preferisce lavorare separatamente ma in modo integrato.

La mediazione terapeutica: la priorità è data alla soluzione degli aspetti emotivo-affettivi connessi al trauma del divorzio.

L’obiettivo è di minimizzare l’impatto delle decisioni più coinvolgenti relative ai figli, alla divisione dei beni, al sostegno da offrire al coniuge.

La mediazione negoziale: si intende raggiungere il miglior risultato possibile utilizzando alcune tecniche della negoziazione; emozioni e sentimenti sono posti sotto controllo e se l’odio e l’ostilità sono incontenibili il mediatore rinvia ad un terapeuta.

La mediazione interdisciplinare : il percorso di mediazione è condotto sia da un legale che si occupa delle questioni tecniche-finanziarie sia da un operatore sociale che si occupa della comunicazione e della riduzione delle aree di conflitto. Gli incontri di coppia avvengono separatamente ma in presenza di entrambi gli esperti.

Il memorandum del Consiglio d’Europa ha messo in evidenza che le controversie familiari hanno caratteristiche particolari, che devono essere prese in considerazione nella mediazione:

1. Ci sono solitamente relazioni che continuano e sono interdipendenti.

Il processo di composizione della disputa dovrebbe facilitare relazioni costruttive per il futuro, oltre a rendere possibile la risoluzione delle dispute attuali.

2. Le controversie familiari, solitamente, coinvolgono relazioni emotive e personali in cui i sentimenti possono esacerbare le difficoltà o mascherare la vera natura dei conflitti e del disaccordo. Generalmente si considera appropriato che questi sentimenti vengano ammessi e compresi dalle parti e dal mediatore.

3. Le dispute che sorgono nel corso della separazione e del divorzio hanno un notevole impatto sugli altri membri della famiglia, in particolare i figli, che possono non essere inclusi direttamente nel processo di mediazione, ma i cui interessi possono essere considerati prioritari e perciò rilevanti nel processo.

La Mediazione familiare è una procedura stragiudiziale ed informale di risoluzione dei conflitti in cui un terzo, il mediatore, neutrale ed imparziale, assiste le parti (partners-coniugi-genitori) al fine di facilitarne la comunicazione, individuandone gli interessi ed aiutandole a raggiungere un accordo che sia reciprocamente soddisfacente.

La favola dei due asini

La caratteristica propria della mediazione è facilitare il raggiungimento della soluzione della controversia; portare i coniugi, inizialmente rigidi, tesi e fermi sul proprio punto di vista, ad un accordo.Comporta la messa in campo da parte del mediatore di una serie di qualità, non necessarie nella più convenzionale sede giudiziaria.

Obiettivo fondamentale della mediazione è creare un ambiente sicuro e neutrale nel quale le parti possano discutere le loro problematiche e raggiungere una soluzione di reciproca soddisfazione.

Ciò posto, è possibile però distinguere vari modelli di approccio: si va, cioè, dai metodi puramente facilitativi a quelli puramente valutativi, propendendo gradualmente verso gli uni o verso gli altri a seconda del tipo di intervento riconosciuto al terzo neutrale.

FASI DELLA MEDIAZIONELa mediazione familiare prevede un numero limitato di incontri - distinti in tre fasi, una iniziale, di due o tre sedute per la definizione del conflitto e delle possibili risorse, una centrale e una finale - che in relazione all'orientamento metodologico, varia da otto a dieci, concordati con il mediatore.

E' compito del mediatore scandire la durata degli incontri e dell'intero processo e rispettare e far rispettare le regole fondamentali della mediazione.

Il primo approccio con l'intervento mediatorio ha inizio attraverso un primo contatto con la struttura di mediazione, quando l'operatore delinea chiaramente le caratteristiche e gli obiettivi della mediazione familiare;

lo scopo principale è fornire dati descrittivi e verificare l'attuabilità di un appuntamento per un colloquiocongiunto.

Già dal primo incontro ha inizio l'accertamento della mediabilità del conflitto della coppia in fase di separazione o divorzio.

1. FASE INIZIALE

Nella fase iniziale della mediazione, che si conclude in genere in due o tre incontri, il mediatore deve saper ascoltare e prestare attenzione ad entrambi i membridella coppia, far emergere i motivi del conflitto, comprendere la sofferenza e le aspettative; il mediatore, dopo aver chiarito la situazione familiare, le regole, leaspettative e gli obiettivi dell'intervento mediatorio, tenta di attivare nei genitori o nella coppia separata la volontà di trovare un accordo sul loro futuro.

2. FASE INTERMEDIA

Nella seconda fase si lavora sul presente, per raggiungere e attuare accordi concreti e specifici: l'attenzione è rivolta alle richieste, ai limiti e alle libertà che i genitori considerano accettabili e che insieme possono rendere efficaci.

Ad ogni incontro è fondamentale sintetizzare gli argomenti già affrontati, facendo emergereciò che può risultare utile al processo mediatorio.

Compito del mediatore è aiutare la coppia a focalizzare l'attenzione su ciò che è essenziale per il futuro, superando gli aspetti negativi della conflittualità e fornendo gli strumenti per la stesura di un accordo.

I membri della coppia in mediazione devono impegnarsi,anche al di fuori degli incontri di mediazione, a mettere in pratica ciò che hanno acquisito teoricamente nei colloqui:

iniziare ad accettare psicologicamente la separazione continuando comunque a condividere la progettualità del futuro genitoriale.

Gli obiettivi di questa specifica fase consistono nel portare i genitori al difuori delle possibili influenze che fanno vivere la separazione o il divorzio con sentimenti di colpa e nell'aiutarli a considerare la loro esperienza in relazione al presente e non in confronto con i modelli del passato.

Il fine ultimo è permettere alla coppia di affrontare il conflitto recuperando pienamente il senso di responsabilità, senza evitare i problemi e la sofferenza che questo comporta.

Nell'eventualità che uno dei membri della coppia in mediazione chieda di effettuare un incontro individuale, il mediatore proporrà lo stesso anche all'altro coniuge; restando così in posizione neutrale e avendo la possibilità di ottenere chiarimenti da parte di entrambi e di approfondire alcuni aspetti particolarmenteproblematici.

Questa fase centrale della mediazione deve portare alla realizzazione di un contratto verbale di mediazione e deve dimostrare il passaggio dalla discussione dei colloqui alla realizzazione pratica nella vita di tutti i giorni: recupero dellagenitorialità, gestione adeguata e responsabile del conflitto, accordi di verfica e, soprattutto, l'acquisizione di una nuova cultura in tema di separazione, divorzio e transizioni, eventi critici.

3. FASE FINALE

La fase conclusiva prevede la stesura scritta del contratto verbale, che dev'essere chiaro, semplice, lineare e, soprattutto, deve dimostrare di essere frutto della collaborazione di entrambi gli interlocutori.

Compito del mediatore è avvertire la possibilità di eventuali disaccordi e preparare la coppia o i genitori ad affrontarli.

Nella FASE DELL’ACCORDO, si procede alla stesura di quello che avrà valore contrattuale tra le parti. In questa fase più che mai il mediatore deve astenersi dal dare opinioni o consigli su cosa scrivere nell’accordo stesso, ma potrà aiutare le parti a redigerlo, lì dove ci siano i presupposti per chiudere la mediazione nella stessa sessione

Altrimenti, nel caso dovessero esserci ancora ombre ed incomprensioni, sarà meglio verificare l’opzione per un nuovo incontro, lasciando il tempo alle parti per controllare l’esattezza di tutti gli argomenti trattati ed arrivare all’accordo senza fretta o forzature.

Nel caso in cui non sia possibile proseguire nella seduta a tre il mediatore può proporre di proseguire la seduta con le sessioni separate (caucauses), con le quali il mediatore cercherà di acquisire il maggior numero di informazioni, sia sulla posizione della parte rispetto al contenzioso, sia sullo stile personale delle parti.

SESSIONI CONGIUNTE E SEPARATE

In questa fase il mediatore dovrà porre domande non aggressive con cui chiedere maggiori dettagli ed individuare le priorità. Il mediatore dovrà essere attento a dedicare ad entrambe le parti lo stesso tempo e, nel caso si sia dilungato con una delle parti mentre l’altra era in attesa, dovrà scusarsi con l’altra parte rassicurandola e dimostrando eguale interesse rispetto a quanto ne ha dimostrato all’altro.

Alla fine della sessione, il mediatore dovrà riassumere quanto dichiarato dalla parte, così da verificare di aver esattamente compreso le sue richieste.

RIFORMULAZIONE

Terminata l’analisi delle sessioni separate, si tornerà a lavorare in sessione congiunta con entrambe le parti.

In questa fase è importante incoraggiare le parti verso la negoziazione, aiutandole a focalizzare i propri obiettivi, così come sono stati espressi nelle sessioni separate.

Sarà indispensabile aiutarle a vedere il punto di vista dell’altro ed i possibili punti d'incontro. È in questa fase che si inizia a risolvere il problema e si gettano le basi per l’accordo.

CARATTERISTICHE DELLA MEDIAZIONE FAMILIARE

IMPARZIALITA' EQUITA'

AUTONOMIA RISERVATEZZA

L'imparzialità : il mediatore deve essere un terzo imparziale e indipendente rispetto alle parti.

Se esistono ragioni anche remote e indirette di conflitto di interessi, il conciliatore deve astenersi dall'assumere l'incarico ed è responsabile del mancato assolvimento del dovere di imparzialità.

Imparzialità vuol dire libertà da favoritismi, prevenzioni e pregiudizi verso una delle parti litigiose.

Il mediatore deve condurre la mediazione evitando di apparire parziale.

Non può basare la sua condotta sulle qualità personali delle parti, il loro status sociale, il loro credo, le loro ricchezze o su altri motivi di futile rilevanza.

Se il mediatore non è capace a comportarsi imparzialmente deve abbandonare la mediazione, oppure le parti possono interromperla.

Un mediatore deve evitare di avere un conflitto di interessi durante e dopo la mediazione.

Qualunque atto o rapporto che possa coinvolgere un mediatore con le parti, ne mina il buon andamento.

L'equità : l'accordo dovrà  sempre tendere a contemperare gli interessi di entrambe le parti, senza disparità  e assicurando un reciproco grado di soddisfazione.

L'autonomia: le parti possono condurre la trattativa nei modi che ritengono più opportuni e decidere il grado di incidenza dell'attività  del conciliatore sulla formazione dell'accordo.

Possono determinare liberamente il contenuto dell'accordo, secondo quella che ritengono essere la maggiore rispondenza ai loro interessi.

La riservatezza: il mediatore ha l'obbligo di non rivelare alcuna informazione relativa all'incarico ricevuto, sia con riguardo alle parti, sia con riguardo allo svolgimento della procedura conciliativa, sia con riguardo ai contenuti dell'eventuale accordo.

Nessuna dichiarazione o informazione data dalle parti nel procedimento di mediazione può essere utilizzata nel processo perché c'è l'obbligo di riservatezza.

Nessuna dichiarazione o informazione data da una parte solo al mediatore può essere rivelata alla controparte, e ogni violazione viene sanzionata: il mediatore non può essere chiamato come testimone.

Tutte le informazioni riservate sono in ogni caso inutilizzabili in ogni successivo ed eventuale processo.

Nel procedimento di mediazione, perché possa raggiungersiun accordo, è utile che il mediatore solleciti le parti a considerare i seguenti ASPETTI.

1. Le relazioni intercorse e intercorrenti tra le parti.

E’ importante sapere quali erano e sono i rapporti in esseretra i litiganti al fine di comprendere quali potrebbero esserele nuove fasi per stabilire una durevole relazione di convivenza.

2. La comunicazione tra le parti è importante.Durante la mediazione le parti, oltre ad esporre il proprio punto di vista, si ascoltano e rispondono alle domande del mediatore.Nell’incontro vi sono argomenti sui quali le parti sono maggiormente sollecitate a parlare, altri, invece, sui quali possono avere più reticenza.

3. InteressiE’ bene individuare quali sono, in ordine di importanza, gli interessi primari delle parti e come possono diventare compatibili i reciproci interessi. E’ importante capire se su alcuni punti le parti non possono transigere.

4. OpzioniIn mediazione si possono individuare più soluzioni, infatti, a differenza della domanda introduttiva in sede giudiziaria, possono subentrare anche elementi di valutazione che esulano dal motivo originario del litigio, non avendo limiti collegati alla domanda iniziale di mediazione.Nel corso della mediazione, le parti possono ampliare la propria domanda e possono introdurre argomenti che addirittura potrebbero non essere collegati alla richiesta iniziale e pur tuttavia riguardano altri rapporti tra le parti.

5. Criterio di imparzialità ed equitàOccorre valutare cosa potrebbe persuadere le parti all’accordo, quali domande, orientate a valutare gli elementi positivi e negativi della risoluzione della controversia, possono far scattare la molla per porre fine alla lite.

6. AccordoLe parti, durante la mediazione, valutano con l’aiuto del mediatore dove possono concedere spazi e dove non possonoretrocedere. Tale ragionamento è fatto contemporaneamenteda tutte le parti presenti, di conseguenza, si possono metterea punto diverse ipotesi di accordo, poiché si crea uno spaziodi apertura e di dialogo in cui si vaglia il raggiungimento diun componimento bonario.

Un aspetto poco considerato nel mondo del diritto è la valutazione dei comportamenti e delle reazioni delle persone coinvolte in un giudizio, tutto ruota intorno a valutazioni di carattere giuridico, si studia quale sia il più recente orientamento giurisprudenziale da applicare.

La logica applicata nel procedimento giudiziale è quella di

“IO VINCO - TU PERDI”nella mediazione, al contrario, lalogica è

“IO VINCO – TU VINCI”

In tale spazio, i litiganti, grazie all’abilità del mediatore, possono a loro volta diventare terzi rispetto al proprio problema, perché sono stimolate a creare l’accordo.Di conseguenza, con questa apertura mentale delle parti, inizialmente contrite e litigiose si può raggiungere una soluzione soddisfacente per tutti.Ecco perché in mediazione l’obiettivo da raggiungere è “IO VINCO - TU VINCI”.

LE POSIZIONI PERCETTIVE

Nella mediazione è importante riuscire a far capire alla controparte che il migliore accordo possibile per lui/lei è anche l’accordo più conveniente per l’altro/l'altra.

Per riuscire in questa operazione, è importante avere ben chiaro quali siano le nostre priorità e quali siano i nostri reali bisogni, perché solo se chiariamo i nostri bisogni possiamo definire un accordo vincente e senza ripensamenti.

Nel 1954, Abraham Maslow sviluppò il concetto di gerarchia dei bisogni, che vennero ordinati ed organizzati sotto forma di piramide.

bisogno di autorealizzazione: esigenza di realizzare la propria identità e di portare a compimento le proprie aspettative;

bisogno di stima: riguarda il bisogno di essere rispettato, apprezzato ed approvato, di sentirti competente e produttivo;

bisogno di appartenenza: consiste nella necessità di sentirsi parte di un gruppo, di essere amato e di amare e di cooperare con altri;

bisogni di sicurezza: devono garantire all’individuo protezione e tranquillità;

bisogni fisiologici: fame, sete, sonno, sono i bisogni fondamentali connessi con la sopravvivenza.

Dallo studio della Piramide di Maslow appare evidente che se non vengono prima soddisfatti i bisogni essenziali (fisiologici e di sicurezza), che riguardano la nostra sopravvivenza, non possiamo preoccuparci di quei bisogno con cui ci rapportiamo con gli altri, perché saremo talmente concentrati sull’io, da non considerare l’altro.

Ovviamente è auspicabile che tutti possano raggiungere la cima della piramide, soddisfacendo così anche il bisogno di autorealizzazione, ma sarà essenziale passare per il riconoscimento dell’altro (appartenenza) e la valutazione che l’altro farà su di noi (stima).

Il mediatore è colui che assiste le parti in modo imparziale, neutrale e equidistante nel cercare la soluzione alla loro lite, deve avere una preparazione adeguata sulla materia oggettodella lite, ma deve avere anche ottime capacità comunicative per poter gestire la mediazione.

IL MEDIATORE

Il mediatore non si deve ergere a giudice, il suo ruolo è quello di guidare una discussione tra le parti, una sorta di abile moderatore.

Non deve essere un manipolatore, il suo ruolo non è quello di condurre i litiganti dalla sua parte o verso la sua decisione al problema, il mediatore deve solamente saper far ragionare le parti per portarle ad una loro comune intesa.

E’ evidente che deve portare le parti alla soluzione del problema, ma si può avere la figura del mediatore “facilitatore” (facilitative mediator) e del mediatore “valutatore” (evaluative mediator).

Nel primo approccio, il mediatore facilita il raggiungimento dell’accordo ed aiuta le parti con abili tecniche comunicative, gestendo la mediazione con domande chiave, interruzioni e pause ad hoc, uso delle sessioni congiunte e separate.Tutte le sue tecniche sono volte al far ricercare alle parti laloro soluzione.

Come il mediatore si deve porre nei confronti del problema?

Nel secondo approccio, il mediatore illustra la forza e la debolezza di un’eventuale soluzione del problema, può predire che un determinato accordo può non essere durevole per le parti, esorta le parti ad accettare un accordo da lui delineato.

I due metodi possono essere usati dal mediatore all’interno di una stessa mediazione.

In entrambi i metodi, è necessario che il mediatore non abbia alcun interesse personale al problema e non sia coinvolto nel risultato finale.

E’ necessaria la sua imparzialità, neutralità, equidistanza dalle parti e soprattutto dall’oggetto del contendere.

1- Essere distaccato ma non assente

Il distacco consente al mediatore di vedere la situazione dal di fuori, in un luogo altro; in tal modo non si schiererà  nè per l'una nè per l'altra parte, ma garantirà  alle parti la sua imparzialità . Inoltre la sua presenza costante all'interno della situazione conflittuale gli consentirà  di cogliere i più piccoli indizi.

CARATTERISTICHE DEL MEDIATORE

2- Avere autorevolezza ma non autorità 

Il mediatore non possiede autorità  o potere in nome dei quali esercitare un arbitrio o un giudizio, non decide per gli altri. Tuttavia grazie alla sua autorevolezza, frutto della sua professionalità , fa in modo di riequilibrare i poteri tra le parti; in primis cerca di capire chi è¨ nella posizione up e chi è¨ in quella down, e successivamente porta la comunicazione ad un livello simmetrico.

3- Sapersi mettere nei panni dell'altro, senza confondersi con l'altro.

Il mettersi nei panni dell'altro facilita il lavoro del mediatore, in quanto riesce così facendo ad avere una visione più chiara delle problematiche e delle difficoltà  altrui; ovviamente immedesimandosi corre il rischio di confondersi con l'altro, non accettando le differenze tipiche di ognuno.

EMPATIA

5- NON DIRETTIVITA'

Il riferimento al decentramento e alla necessità  di ascolto dell'altro richiama direttamente quello che, sulla scorta della teorizzazione di Rogers, viene definito Orientamento non direttivo.

Questa specifica modalità  di rapportarsi all'altro si attua quando il mediatore non si pone di fronte all'altro in modo valutativo e giudicante, modalità  che indurrebbe chiusura, piuttosto rendendosi disponibile all'immediata e REALE esperienza dell'altro, senza preconcetti e riserve, sapendo semplicemente ASCOLTARE.

Al mediatore si chiede anche di mantenere uno standard di qualità alto.

Il mediatore deve avere dei modi appropriati nella conduzione della mediazione, deve dedicare il tempo necessario alla mediazione, senza porre dei limiti a meno che prima dell’incontro non siano fissati già degli orari.

Il comportamento del mediatore, durante la mediazione, deve essere sempre corretto e dai modi cordiali.

10 PUNTI FORTI + 1 DELLA MEDIAZIONE FAMILIARE

1. la mediazione è un procedimento riservato;

2. la mediazione è un procedimento economico sia in termini di tempo sia di denaro;

3. la mediazione concede alla parti il ruolo di protagoniste: le parti sono libere di mediare, sono loro che decidono se e in quale modo e misura trovare un accordo;

4. la mediazione mira alla conciliazione : il mediatore, quale terzo imparziale aiuta le parti a trovare un accordo che le soddisfi ;

5. la mediazione tende a privilegiare la durevolezza dei rapporti tra le parti si inserisce in una realtà relazionale : non solo le parti cooperano per trovare un accordo, ma il raggiungimento dell’accordo consente loro di preservare la relazione nel futuro;

6. la mediazione si adatta a molteplici situazioni conflittuali : non è tanto importante l’oggetto del contendere quanto i reali bisogni e interessi delle parti;

7. la mediazione permette alle parti di esprimere la propria creatività: il mediatore guida le parti nel brainstorming aiutandole a cambiare punto di vista e formulare quante più soluzioni possibili al loro problema;

8. la mediazione “ allarga la torta “ oltre l’oggetto del contendere: il mediatore con la tecnica dell’ascolto guida le parti alla ricerca di soluzioni alternative;

9. la mediazione è un procedimento rigoroso: avviene secondo delle regoleprestabilite dal regolamento dell’organismo di mediazione

10. la mediazione applica le tecniche di negoziazione: si definisce una negoziazione assistita;

10+1. la professionalità del mediatore può fare la differenza!

L

“Il conflitto è uno scontro tra due punti di vista entrambi veri, tra due angoli di visuale che

illuminano la stessa verità”

Gandhi

Vi ringrazio per la Cortese Attenzione

Dr.ssa Martina CAMPOLO