Canovaccio: proposte per migliorare l'efficacia del copione teatrale

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1 Canovaccio Proposte per migliorare l’efficacia del copione teatrale Studente Erica Volpini matricola n.1025 Relatore Leonardo Romei ISIA Urbino Tesi di Diploma Accademico di I Livello in Progettazione Grafica e Comunicazione Visiva A.A. 2012/2013

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Tesi di Diploma Accademico di I livello in Progettazione Grafica e Comunicazione Visiva all'ISIA di Urbino. ABSTRACT (ITA) Inquadrare e chiarire alcune questioni-chiave della semiotica del teatro utili nel lavoro sul particolare contesto dell’artefatto comunicativo del copione teatrale, con l’obiettivo di riconcepirne la struttura dal punto di vista dell’architettura dell’informazione, tenendo conto della metodologia sinsemica. ABSTRACT (ENG) Clarify some key issues of theater semiotics that are useful working with theatrical script, a specific communicative artifact; and then design a new structure from the point of view of information architecture, taking into account the "sinsemic" methodology.

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CanovaccioProposte per migliorare l’efficacia del copione teatrale

StudenteErica Volpinimatricola n.1025

RelatoreLeonardo Romei

ISIA UrbinoTesi di Diploma Accademicodi I Livelloin Progettazione Graficae Comunicazione VisivaA.A. 2012/2013

Composizione tipografica inGentium Basic di Victor GaultneyChivo di Omnibus-Type

Stampato pressoDigital Team s.a.s. di Mariani Marcovia dell’Artigianato, 1a 61032 Fano (PU), Italy

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VLADIMIRO Prima di partire gli dica di cantare.POZZO A chi?VLADIMIRO A Lucky.POZZO Di cantare?VLADIMIRO Sí. O di pensare. O di recitare.

Samuel Beckett, Aspettando Godot

Abstract

Premessa

1. Basi teoriche1.1 la semiotica teatrale1.2 caratteristiche semiotiche del testo teatrale1.3 a che punto della ricerca semiotica

si colloca il progetto1.4 la progettazione secondo visioni

e teorie semiotiche

2. Cos’è il copione teatrale2.1 artefatto comunicativo2.2 a cosa serve2.3 pratiche coinvolte nell’uso del copione2.4 metodologie e uso del testo

per la messinscena

3. Utenti3.1 i diversi tipi di fruitori3.2 i bisogni e le problematiche

4. Progettazione4.1 analisi delle componenti dell’elaborato4.2 il copione usato dai fruitori4.3 excursus storico sull’elaborato4.4 elaborati con caratteristiche simili

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INDICE

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5. Elaborati finali5.1 tappe della progettazione 5.2 il copione per l’attore5.3 il copione per il regista5.4 il copione per il tecnico5.5 elaborati definitivi

Conclusioni

Fonti Iconografiche

Bibliografia

Sitografia

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Abst

ractABSTRACT

Inquadrare e chiarire alcune questioni-chiavedella semiotica del teatro utili nel lavorosul particolare contesto dell’artefatto comunicativo del copione teatrale, con l’obiettivo di riconcepirne la struttura dal punto di vista dell’architettura dell’informazione, tenendo conto della metodologia sinsemica.

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Prem

essaPREMESSA

L’ambito di studio della tesi è quello del “copione” (o staged text) che, in quanto pratica comunicativa e artefatto in grado di veicolare messaggi, può essere indagato come insieme di segni, ed essere analizzato secondo il metodo della semiotica.

Si è quindi proceduto alla lettura di alcuni dei maggiori testi di semiotica teatrale, ripercorrendone la storia ed i dibattiti principali, con l’obiettivo d’analizzare e riconcepire l’artefatto che per eccellenza sta tra il testo drammatico e la messinscena: il copione.

Solo dopo aver analizzato a fondo la storia, le funzioni e le strutture della comunicazione teatrale si è potuto riprogettare un simile strumento di lavoro e mezzo di studio (strutturale del testo, prima, col regista; e mnemonico durante le prove, poi, con gli attori), al fine di ottenere una nuova organizzazione dei contenuti che possa renderne più agevole ed efficace l’uso da parte dei fruitori (attori, registi, tecnici).

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La semiotica del teatro è considerata un’area di ricerca e di sviluppo della disciplina semiotica generale, che ha come particolare ambito di studio i segni implicati nella pratica teatrale, nei testi, nella messinscena e in tutta la comunicazione che si veri-fica nel settore.

Teatro e comunicazioneConsideriamo la rappresentazione teatrale

come un fatto di comunicazione: il messaggio, nel suo significato più ampio (quindi anche artistico) sarà veicolato da segni che fungono da stimolo al ricono-scimento, all’apprendimento, a reazioni affettive e fisiche; attuando quindi una pratica comunicativa.

Il teatro come atto comunicativo è sempre stato un prezioso contenitore di messaggi ed un evento socioculturale in cui la visione politica ed econo-mica sono sempre stati fattori determinanti “nella costruzione dei segni, nel significato dello spettacolo” influenzando la rappresentazione teatrale. Inoltre, lo statuto primario e fondamentale dell’atto comunica-tivo teatrale è l’hic et nuc, il qui e ora che caratterizza tutta l’analisi e l’articolazione semiotica.

1BASI TEORICHE

1.1LA SEMIOTICA TEATRALE

Ivi, p. 25

Anne Ubersfeld,Leggere lo spettacolo, Carocci editore,Roma 2008

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Semiotica della rappresentazionePer poter studiare a fondo ciò che avviene a li-

vello comunicativo in una messinscena occorrerebbe fare un lavoro molto complesso,

“mettere ordine nelle forme teatrali; capire e posizionare l’elemento soggettivo estetico ed ideologico della singola rappresentazione; mostrare l’attività teatrale specifica come insieme di un sistema di segni che danno senso in rapporto tra loro; e infine costruire un insieme di significanti”

da cui ci asterremo in quanto non pertinente al pro-getto e tantomeno nelle nostre capacità.Cercheremo invece di indagare gli elementi della co-municazione teatrale, focalizzandoci in particolare su quelli riguardanti il testo teatrale ed il “copione”.

Il segno e la funzione segnicaNella letteratura critica teatrale, “il segno è la

rappresentazione o riproduzione mimetica di una realtà altra”, quindi il segno teatrale ha innanzitutto l’at-tributo fondamentale di doppio. Chiarendo meglio: pensiamo alla funzione segnica di Eco, che si ha quando un’espressione è correlata ad un contenuto, creando quindi due funtivi (espressione e contenuto), che a loro volta possono entrare in correlazione con altri elementi e dare origine ad un’altra funzione segnica: il segno è quindi sempre costituito da uno o più elementi del piano dell’espressione, collegati a uno o più elementi del piano del contenuto. La funzione segnica è per l’appunto ciò che meglio ci aiuta a comprendere il comportamento del segno a teatro, dove il significato può non essere né univoco né universale prima di essere usato in scena.

Ivi, p. 26

Ibidem

Umberto Eco, Trattato di semiotica generale, Bompiani, Milano 1975, p. 71

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Per riconoscere ed identificare il significato imme-diato del segno teatrale occorre appunto collegarlo ad altri segni per dare loro senso: pensarli secondola funzione segnica di Eco.Il senso dato dalla funzione segnica a teatro, in con-clusione, è dato da un segno che si avvale dell’attri-buto di doppio e che si articola con altri doppi.In quest’ottica, il ruolo del segno teatrale non è sol-tanto quello di comunicare delle informazioni,ma anche quello di trasmettere ad un pubblicodei valori supplementari, come l’aspetto narratologi-co ed emotivo; per cui possiamo dire che “la funzione estetica o emotiva può costituire la principale se non la sola ragione d’essere di alcuni segni emessi durante uno spettacolo teatrale”.Il segno a teatro si estende su dei campi semiotici estremamente vasti, occorre quindi aiutarsi con il concetto di connotazione e, di volta in volta, ana-lizzare nello specifico i sistemi di segni particolari di uno spettacolo e dei differenti generi di spettaco-lo.

Il doppio statuto del segnoIl segno teatrale è doppio: convoca infatti

un’assenza, gioca con l’immaginario, con una realtà finzionale che rimanda al reale scenico, ma anche al referente fuori dal teatro. Il segno necessita quindi una continua risemantizzazione da parte dello spet-tatore, che sa della multipla referenza di questo.

Tadeusz KowzanLittératureet spectacle, PWN, Éditions scientifique de Pologne, Warszawa 1975, p. 210

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Un certo rumore è segnodella pioggia. Quello emesso dalla lamiera che produceil suono è il significante,ma l’idea che pioveè il significato.La pioggia (ovveroil significato) a teatropuò essere rappresentato anche con altri mezzi: con la luce (la proiezione), con il costume (impermeabile e cappuccio),con gli accessori (l’ombrelloda pioggia), con i gesti (l’attoreche si copre entrando),con la capigliatura (capelli

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bagnati), con la musicae soprattutto con la parola.Ci sono quindi differenti segni simultanei o successivi,e differenti significanti,ma il significato è semprelo stesso: piove.Senza parlare poi dei valori semiotici aggiuntivi:per esempio il tonocon cui viene detta la frase “piove”.

Tadeusz Kowzan,Littératureet spectacle, PWN, Éditions scientifique de Pologne, Warszawa 1975, p. 211

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Se una sedia in scena rinviaa se stessa in quanto elemento del mondo, ma anche alla sedia dove si siede Cleopatra,la sedia scenica concretapuò non avere per referente una sedia egiziana, ma essere l’icona di una sedia da bistrot.

Anne Ubersfeld,Leggere lo spettacolo, Carocci editore,Roma 2008, p. 42

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Il multiplo referente

“Il segno teatrale non ha solo due referenti, ma ne ha multipli. Infatti sappiamo che il referente del segno teatrale può essere se stesso in quanto reale, e il referente finzionale, che esiste da qualche parte al mondo, o nella mente dello spettatore.”

Il segno teatrale ha quindi se stesso come refe-rente, ma anche un referente immaginario, ovvero ciò che è fuori dal teatro, il mondo reale concreto, l’universo di riferimento dello spettatore. Dicendo che il segno ha se stesso come referente, intendiamo concentrarci sul suo referente finzionale, quando lo si pensa dentro l’universo del teatro, nell’uso perfor-mativo e mimetico che se ne fa.

“Nel testo letterario il trono di Macbeth è nello stesso tempo il lessema-trono e, nel racconto l’elemento di finzione trono-di-Macbeth; ma nella performance scenica, l’uno e l’altro hanno lo stesso referente: il trono sulla scena. Il segno “trono di Macbeth” rinvia certo al trono immaginario dove si sedeva un re chiamato Macbeth, ma anche a quella sedia reale che è il trono concreto sulla scena.”

Questa strana articolazione obbliga quindi lo spetta-tore ad un continuo “doppio-gioco”, tra l’hic et nunc teatrale e l’altrove reale.

Anne Ubersfeld,Leggere lo spettacolo, Carocci editore, Roma 2008, p. 22

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Il significato a teatroPossiamo considerare il teatro come insieme

significante che

“libera un messaggio complesso veicolato da:parola, messaggi visuali-uditivi.”

in cui il messaggio complesso

“racconta una storia, mostra un gioco psicologico o politico, ha un contenuto intellettuale verbalizzabile ed è una pratica artistica presentenell’ hic et nunc”

Il significato, a teatro (come in altre circostanze), non è solo l’elemento atto a comporre il segno saussuriano, ma, visto il doppio statuto del segno, che è componente primaria per la formazione di altri segni, risulta essere l’insieme di tutti gli effetti del segno. Questi ultimi sono quelli dati dal segno artistico (o estetico, per Eco): messaggio intellettuale e stimolo estetico.

Connotazione, denotazione e sensoIl senso a teatro può essere denotato, ovvero

nominato e descritto. Nel momento in cui viene nominato però, può assumere una connotazione, sappiamo infatti da Eco che che “la connotaziozione si basa su un codice base che deve essere prima denotato, la connotazione non può essere veicolata prima che il codice precedente non venga denotato”, quindi il senso teatra-le è dato da codici connotativi che possono essere definiti sotto-codice, nel senso che si basanosu un codice-base. La denotazione teatrale agisce con significanti che rinviano al loro significato nel mondo drammatico.

Anne Ubersfeld,Leggere lo spettacolo, Carocci editore,Roma 2008, p. 30

Ibidem

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Umberto Eco, Trattato di semiotica generale, Bompiani, Milano 1975, p. 82

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La connotazione agisce invece rinviando il segno teatrale all’universo di senso cui fa riferimento all’interno del sistema culturale.

Denotazione e connotazione sono quindi entrambe presenti nella semiosi teatrale e la loro dialettica è fondamentale nell’evento teatrale.

Codici e PluricodicitàIl problema della percezione e dell’interpreta-

zione dei segni a teatro merita di essere analizzato con il metodo della teoria dell’informazione: “laddove si ha un sistema di segni deve esistere un codice”.I codici dei segni impiegati a teatro ci sono forniti dall’esperienza individuale o sociale, dall’istruzione e dalla cultura letteraria e artistica.

Importanza essenziale dal punto di vista della semiotica teatrale è il problema dell’economia dei segni comunicati durante lo spettacolo: l’abbondan-za o la parsimonia semiotica costituiscono i due poli opposti. Spesso occorre che i segni si moltiplichino o si ripetano sia per la loro necessità semantica ed estetica, sia per una grande quantità di segni comu-nicati contemporaneamente; solo in questo modo lo spettatore potrà riconoscere facilmente gli elementi più importanti e quelli indispensabili per la com-prensione dell’opera rappresentata. Inoltre anche l’assenza di segni può giocare un ruolo semiotico fondamentale (il grado zero); il ruolo del silenzio nel dialogo è un problema che si lega direttamente a questa questione.

Tadeusz Kowzan,Littératureet spectacle, PWN, Éditions scientifique de Pologne, Warszawa 1975, p. 207

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Esempio: una spada rinvia al vigore guerrieroo a valori cavallereschi.

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La mancanza di illuminazione non è una mancanza di segno,né indica necessariamentela fine della rappresentazione teatrale ma può a sua volta avere un significato preciso. Anche la questione dei ruolidel silenzio nel dialogoè un problema che si lega direttamente a questa questione.

Tadeusz Kowzan,Littératureet spectacle, PWN, Éditions scientifique de Pologne, Warszawa 1975, p. 207

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Propriamente parlando non vi sono segni, ma funzioni segniche: un segno non è un’identità semi-otica fissa, ma piuttosto l’incontro di due o più segni provenienti da realtà mutuamente indipendenti, provenienti da due diversi sistemi e associati da una correlazione codificante, per questo è così difficile, a teatro, articolare i segni.Inoltre i canali diversi (visuale, acustico) e le fonti diverse (luce, spazio, scenografia, attori, musica) rendono ancro più arduo analizzare i diversi codici coinvolti a teatro.

Il fine della semiotica teatrale è proprio quello di districare i diversi livelli di lettura per mostrare la loro articolazione, per cui “l’analisi delle unità com-plesse, dei segni e dei codici spettacolari possono essere: discorsivo, o narrativo, o semico”.

Il dibattito storicoLa semiotica teatrale ha sempre visto come

snodo fondamentale del suo dibattito il rapporto fra testo letterario e spettacolo, in cui si contrapponeva-no le tesi dei “drammaturgisti” (che consideravano fonte primaria dell’evento teatrale il testo dram-matico o “fabula agenda”) e gli “spettacolisti” (che, al contrario, si concentravano sulla messinscena, la “fabula acta”).

Storicamente si considera la Scuola di Praga come ambiente natale della semiotica teatrale e del dibattito che, dagli anni ’50 e ’60 del Novecento, ha continuato e continua ad alimentare punti di vista, ricerche e posizioni riguardo il campo privilegiato dell’analisi semiotica del teatro: il testo drammatico o lo spettacolo?

Anne Ubersfeld,Leggere lo spettacolo,Carocci editore,Roma 2008, p. 35

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Franco RuffiniRiguardo questa dicotomia metodologica emer-

gono diverse voci autorevoli, tra cui quella di Ruffini, che concepisce lo spettacolo come oggetto materiale da guardare, appoggiandosi ad Eco nell’affermare

“ogni segno teatrale ha lo stesso statuto comunicativo di un altro segno artistico (trasmette un messaggio intellettuale, mediante uno stimolo, ed ha valore estetico)”

e denota il processo che porta il testo drammatico al piano estetico del testo scenico come irreversibile. Ruffini teorizza un modello di semiotica teatrale non solo basato su segni e codici, ma che si occupi di cre-are una metodologia dell’indagine per cui lo studio sia focalizzato non più sullo

“spettacolo-oggetto-materiale-da guardare”

ma sullo

“spettacolo-oggetto-culturale-da studiare”

con l’aiuto della storia dei testi e documenti teatrali, non con quella delle rappresentazioni che, evidente-mente, non esiste.

Patrice Pavis, Gianfranco BettetiniAffermano, con i presupposti che non è più

possibile e credibile pensare ad un “codice dello spettacolo” totalizzante e specifico, né ad un lin-guaggio teatrale omogeneo ed unitario, di esigere un nuovo atteggiamento: concepire lo spettacolo teatrale come una combinazione (sempre diversa, perciò singolare e specifica) di codici specifici e non

Versus: Quadernidi studi semiotici n. 21, Teatro e semiotica, Settembre-Dicembre 1978, p. 30

Ibidem

Ibidem

Patrice Pavis è un professore di Studi di Teatro all’Università del Kent a Canterbury. Ha scritto ampiamente di performance teatrali, focalizzando i suoi studi soprattutto sulla semio-tica del teatro.

Franco Ruffini (Macerata, 1939)è un accademico, drammaturgo, regista teatrale, storicoe critico teatrale.

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specifici, in cui i codici e le strutture testuali in cui essi si combinano gerarchizzandosi, sono costrutti teorici, oggetti ideali dell’analisi.

Per gli spettacoli non contemporanei è neces-sario passare per la trascrizione della piece con ap-positi sistemi di notazione (come si vuole procedere nella ricerca progettuale sul copione),

“con la specificazione che quando diciamo adeguati siste-mi di notazione intendiamo alludere a notazioni multiple non-verbali (almeno miste) che riescano a non appiattire lo spessore della messinscena, salvaguardando le differen-ze e le specificità dei materiali espressivi in gioco, come inevitabilmente fa la descrizione linguistica, per giunta costruttivamente ambigua e imprecisa”.

Bettetini in particolare, pur ampliando la nozio-ne di testo letterario fino a renderlo comprensivo degli appunti di regia e di quanto altro intorno al testo canonico si aggrega nella preparazione dello spettacolo, individua alla fonte dello spettacolo sem-pre un materiale letterario.

Tadeusz KowzanVede nella messinscena la trasposizione di for-

ma del testo letterario, un’impostazione che sembra essere presente in quei modelli strutturalisti che approcciano il teatro da un punto di vista narra-tologico (come l’analisi strutturalista della fiaba di Propp, o quella appositamente creata per il teatro, ma anacronistica, di Souriau.)

Alessandro SerpieriIndividua nel testo teatrale il luogo privilegiato

per un incastro di piani semiotici. Sostiene infatti che partendo dal testo scritto (solo in quanto unico

Ivi, p. 18

Tadeusz Kowzan(9 Novembre 1922-11 Novembre 2010)è stato uno storicodella letteraturadrammaticae semiologo di teatro.

AlessandroSerpieri(Molfetta, 1935) è un docente, traduttore e anglista italiano.

Gianfranco Bettetini(Milano, 16 gennaio 1933) è un criticoletterario e regista.

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piano del sistema del quale esistano “registrazioni”) si può attuare un’analisi di una stratificazione cor-relata, a conferma di ciò vi è l’esempio di una serie di prove di segmentazione di frammenti drammatici in orientamenti deittico-performativi effettuata a partire dalla proposta di Serpieri, in cui il controllo delle espressioni ostensive puntava regolarmente da un lato verso indicazioni traducibili in classi di segni diversi da quelli linguistici.

Paola Gullì Pugliatti Vede la presenza del testo-scena entro le

linee del testo-lingua; in quest’ottica la semiotica linguistico-letteraria del testo teatrale costituisce il piano espressivo di una semiotica performativa, in cui il testo è usato come linguaggio-oggetto (come metalinguaggio), e consente di definire meglio i lavori della messinscena. Il ponte tra testo e scena è quindi da riconoscere nell’incrocio tra la virtualità scenica, connotata nel testo, ed il metalinguaggio del regista,dell’attore, dello scenografo.

Marcello PagniniInquadra il testo letterario come struttura

profonda dello spettacolo (che è invece la struttura superficiale), secondo la semantica strutturale.

Keir Elam Sostiene invece una relazione di tipo interte-

stuale tra testo drammatico e spettacolo, in quanto appartenenti a campi semiotici diversi, e autonomi tra loro. danno senso in rapporto tra loro.

Ibidem

Ivi, p. 16

Ivi, p. 50

Articolo SignificAzione, Una rubricaper ripensarela relazionetra semioticae teatro oggi,www.cultureteatrali.org/significazione/999-significazione.html,12 Dicembre 2013

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1.2CARATTERISTICHE SEMIOTICHEDEL TESTO TEATRALE

Polifonia informazionale e testo lineareFin da Platone lo scrittore di teatro spariva die-

tro l’attore, ma la sopravvivenza era assicurata dal canovaccio testuale (il copione), che serviva a garan-tire la rinascita di una rappresentazione di successo; anche perché solo nel copione compaiono (assieme ai segni linguistici del dialogo presenti in tutti i testidi teatro editi e venduti in libreria) tutti quei segni della rappresentazione e le condizioni di enunciazio-ne che al testo drammatico mancano in quanto testo “incompleto” poiché, essendo scritto per essere rappresentato, deve lasciare spazio alle possibilità rappresentative; inoltre fin da Aristotele il piano scenico e testuale (i quali, appunto, si incontrano nel copione) sono sempre stati separati, anche se già riconosciuti come testo scritto da un latoe messinscena dall’altro.

È nel copione che sono condensati tutti i codici ed i segni della messinscena e il segno a teatro è quanto di più complesso, perché “a teatro riceviamo nello stesso tempo una pluralità di informazioni, una vera polifonia informazionale” dato dal fatto che i canali, i codici, sono multipli e diversi in un solo spettacolo.

Roland Barthes,Saggi critici,G. Einaudi,Torino 2002, p. 56

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Possiamo pensare quindi al teatro come luogo se-manticamente privilegiato in quanto polifonico, ma in rapporto ad un testo drammatico che è lineare.Il tentativo di introdurre la polifonia della rappre-sentazione nell’artefatto “copione teatrale” ci sem-bra sensato in quanto, con didascalie e deissi,

il copione si pone tra la linearità del testo dram-matico e la pluricodicità della rappresentazione,

ed è quindi naturale la necessità di segmentazioni e modellizzazioni del testo scritto che siano più ade-guate e specifiche di quelle drammaturgico/narra-tologiche tentate prima da Souriau, il quale riprese e proseguì la ricerca di Propp, proponendo a teatro il modello attanziale da quest’ultimo elaborato per le fiabe. Gli attanti sono quindi chiamati funzioni, con la ripresa dei modelli “aiutante-oppositore”, “soggetto-oggetto”, “destinatore-destinatario”. Risulta evidente come questo modello analitico non sia abbastanza per la pluricordicità teatrale, e anche Patrice Pavis riconosce come il copione sia un ela-borato editoriale e comunicativo molto particolare e sui generis in quanto:

“Il testo drammatico si compone di regole basate sulla lingua ed i segni linguistici, nel contesto rappresen-tativo, si rapportano in maniera costante ad altre tipologie di segno.”

Un non genere letterario“Il teatro non è un genere letterario,

è una pratica scenica.” Con questa affermazione Uber-sfeld evidenzia come il considerare il testo letterario solo un fatto editoriale, un libro da acquistare in libreria, sia un’utopia: ed il copione lo dimostra.

4.1 pag 110

Étienne Souriau(Lille, 26 aprile 1892-Parigi 1979)è un filosofo francese, specializzato in estetica.Vladimir Propp(San Pietroburgo,29 aprile 1895-Lenin-grado, 22 agosto 1970) è stato un linguista e antropologo russo.

Versus: Quadernidi studi semiotici n. 21, Teatro e semiotica, Settembre-Dicembre 1978, p. 90

Anne Ubersfeld,Leggere lo spettacolo, Carocci editore, Roma 2008, p. 15

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L’esistenza di questo artefatto al limite tra il testo drammatico e la spettacolo concreto,mette alla luce che

“è impossibile considerare la rappresentazione come la traduzione di un testo che sarebbe in sé completo e di cui la rappresentazione stessa non sarebbe che il doppio.”

Il teatro infatti, è un fatto molto più concreto, che ha le sue radici in un testo che, nonostante abbia ca-ratteristiche narrative, si appoggia piuttosto alla lin-guistica. Il testo drammatico è sempre stato un testo estetico importante in cui sia la ricerca linguistica che quella rappresentativa, convivono e rendono il genere drammatico capace di esprimersi attraverso un testo estetico, per il quale valgono le regole individuate da Eco nel Trattato.

Il testo generato da parole organizzate secondo regole precise (enunciati/discorso) del copione, a loro volta concatenate da rapporti di coerenza, trova nella semiotica teatrale una seconda ed importan-tissima definizione: quella di testo spettacolare, che sottolinea come la rappresentazione sia vista in quanto testo spettacolare costruito dalle regoledell’enunciato scritto, ma legato alle specificitàdella messinscena.

Il testo teatrale infatti, da un lato contiene carat-teristiche estetiche e letterarie, che possono essere individuate dall’analisi narratologica, dall’altro è dotato di quei segni extralinguistici che lo pongono in una dimensione extra-letteraria e concreta, la quale rimanda ad un sincretismo in cui interagisco-no diverse forme comunicative (e la pluricodicità) che formano lo spettacolo.Messo in chiaro ciò, si ha che il testo drammatico

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non è più da considerare un genere letterario, ma un pre-testo che si offre già come pretesto all’ope-razione di transcodifica in spettacolo. Consapevoli del fatto che il copione è prescelto come artefatto “a cavallo” tra testo e scena, quest’ultimo risulterà essere lo strumento dell’analisi del dramma e dovrà costituire un ponte tra il testo linguistico ed una possibile attualizzazione scenica,“tenendo conto” -afferma la Pugliatti-

“delle maggiori e migliori proposte, che sono quelle di una segmentazione del testo drammatico, ripren-dendo la branchia della linguistica che si occupa e studia le capacità esecutive della lingua, osserviamo come la preminenza dell’enunciazione sull’enunciato carica il discorso drammatico di espressioni deittico-performative che fanno sì che la lingua del dramma suggerisca il fare attraverso il dire: il testo drammati-co dovrebbe essere letto in questa direzione, in modo tale da investigarne la sostanza linguistica ed i suoi aspetti attualizzanti.”

Tale lettura dovrebbe già risultare una sorta di regia.Ruffini, è il primo adaffermare infatti che, dato

che il copione si suddivide in una parte testuale -che può anche essere un’insieme vuoto- la condizione sine qua non per cui si possa parlare di testo spetta-colare è che siano presenti in essi in esso codici non verbali. Il testo verbale può essere assente, quelli che non possono mancare sono i testi non verbali.Riguardo Ruffini, riportiamo anche l’affermazione:

“Non tanto è possibile quanto è utile che il testo teatrale venga codificato. Sono ben note le difficoltà relative alla segmentazione di un testo riferito a più codici e spesso non vengono analizzati singoli segni,

Versus: Quaderni di studi semiotici n. 21, Teatro e semiotica, Settembre-Dicembre 1978, p. 15

Ibidem

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ma piuttosto singole situazioni, in rapporto al conte-nuto piuttosto che alla superficie significante del testo spettacolare. L’unica proposta di una segmentazione segnica che io conosca è quella avanzata da Kowzan”.

La transcodificaLe ricerche semiotiche di Pavis e Gullì Pugliatti

evidenziano un altro carattere specifico, peculiare del teatro e della sua articolazione segnica: a teatro si passa dal codice del testo scritto del canovaccio alla molteplicità di codici della rappresentazione.

Non vedere il dramma come uno dei generi letterari ha permesso alla ricerca più recente di os-servare i caratteri peculiari della lingua drammatica, che, non essendo eccessivamente legata allo sche-ma narratologico, può essere considerata come un pre-testo per l’operazione di transcodificazione, che altro non è se non la messa in situazione del livello linguistico. Lo spettacolo è integralmente riducibile al testo letterario? In questo ci aiuterà il concetto di ritestualizzazione.

La ritestualizzazione Nel copione si distinguono un testo e una parte

didascalica che si ricontestualizzano in maniera diversa: il testo (inteso come parte costitutiva del copione) si ricontestualizza per trasduzione

“cioè attraverso un codice che comporta il cambia-mento di materia espressiva: da grafica a sonora; ma che garantisce, almeno in linea di principio, una re-versibilità tra i due terminali della traduzione stessa”;

invece la parte didascalica si ritestualizza per tra-scrizione, con l’intervento di

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Versus: Quaderni di studi semiotici n. 21, Teatro e semiotica, Settembre-Dicembre 1978, p. 18

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“codici che comportano materie espressive diverse da quella grafica di partenza”.

Il testo verbale di un testo spettacolare è quindi quella parte del copione che si ritestualizza per tra-duzione mentre i testi non verbali sono quella parte del copione (la parte didascalica) che si ritestualizza irreversibilmente per trascrizione.

La conclusione è che il testo drammatico propo-ne, nella sua determinazione linguistica, la virtualità di n transcodificazioni; per cui ogni copione è l’ela-borato visivo comunicativo di una singola transco-dificazione. La necessità di un oggetto concreto è manifesta dalla stessa Pugliatti nell’affermare che

“la riproduzione e descrizione dei testi-scena sarà dunque attività secondaria-metalinguistica e fuor-viata esattamente come ogni lavoro di ricerca, anzi come ogni attività umana: come tale essa richiede l’individuazione di un metodo e un atto di fede. (…) Mentre per la descrizione ci si dovrà avvalere di un sistema convenzionale di notazione simbolica che sarà indispensabile escogitare.”

Gli elementi deitticiAbbiamo affermato come il fenomeno della co-

municazione teatrale sia da considerare nell’ambito dell’hic et nunc, dell’immediatezza dello spettacolo, quindi. A partire da questi presupposti la semiosi teatrale è affidata agli indicatori deittici, ossia a quelle parti del discorso che hanno la funzione di indicare i reciproci rapporti tra gli attori e tra gli attori e il pubblico. A teatro infatti il senso è affidato in primis alla deissi che regola le articolazioni degli atti di discorso. Anche la retorica, come la sintassi e la grammatica afferiscono, a teatro, alla deissi,

Ibidem

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che sussume e smista il senso veicolato dalle imma-gini, dai vari generi di linguaggio (prosa, poesia), dai diversi modi linguistici dei personaggi, dall’in-tonazione, dal ritmo, dai rapporti prossemici, dalla cinesica dei movimenti.

In conclusioneL’approccio può sembrare tener conto solo

del punto di vista dei, per così dire, “dramma-turgisti”, in realtà ci concentreremo su coloro che hanno a che fare maggiormente con i codici specifici del testo spettacolare: attori, registi, aiuto regista, tecnici, etc. Questi utilizzano il testo, sì, ma in una forma intermedia tra dramma e spettacolo; poiché nel copione teatrale convivono il testo originale (dramma) e le sue implicazione nella messinscena finale (spettacolo).

È inevitabile quindi partire dal testo dramma-tico, ma non possiamo tralasciare lo spettacolo, in quanto entra a far parte del copione, che è quindi l’emblema del linguaggio specifico teatrale, un tipo di elaborato particolare per la sua fruizione, per il suo compito, per il suo fine.

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1.3A CHE PUNTO DELLA RICERCASEMIOTICA SI COLLOCA IL PROGETTO

Attualmente la ricerca semiotica riguardante il teatro è piuttosto inattuale e ferma. Nella ricerca, infatti, di testi e voci autorevoli, ci siamo resi conto e condividiamo l’affermazione per cui

“i grandi assenti, nella storia della relazione semio-tica-teatro, sono innanzitutto le analisi di spettacoli o di progetti, di contro alla relativamente prolifica elaborazione di modelli analitici”.

Forse l’analisi di spettacoli o pratiche teatrali è troppo faticosa, implica l’uso di troppe risorse? Sta di fatto che se ne sono avute molto poche e anche quelle segnalate da alcuni studiosi riguardano per lo più analisi di testi drammatici, quindi l’analisidi fenomeni letterari.

L’approccio più importante analitico che possa aiutare semioticamente ad analizzare il copione è quello di Tadeusz Kowzan, del 1975, perciò il progetto di tesi si può collocare all’interno di quel dibattito vivo sul teatro degli anni ‘70 ed ‘80 del No-vecento, di cui si fa ampiamente portavoce la rivista italiana Versus, nel suo numero 21 del 1978.

Articolo SignificAzione, Una rubricaper ripensarela relazionetra semioticae teatro oggi,www.cultureteatrali.org/significazione/999-significazione.12 Dicembre 2013

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1.4LE TEORIE SEMIOTICHE SULLE QUALISI È SVILUPPATO IL PROGETTO

Tra le voci consultate, le più autorevoli ed utili alla progettazione e riorganizzazione semantica del nuovo copione teatrale sono in particolare quella della studiosa Anne Ubersfeld e quella del polacco Tadeusz Kowzan. Analizzando e leggendo i loro testi, è emerso l’intento di pensare ad una progettazione che potesse venire alla luce dalle loro teorie, dai loro dibattiti, dalle loro visioni semiotiche.

I bozzetti e gli schizzi per la progettazione del nuovo copione che compaiono in questo paragrafo, quindi, sono tutti da considerarsi un tentativo di leggere la semiotica teatrale in chiave progettuale per la realizzazione del copione.

Ubersfeld, e la rappresentazione come T+T’“La rappresentazione è una presentazione e una produzione artistica in cui la parte del testo lingui-stica non è determinante, ma influiscono molte altre variabili e varianti.”

Con questa prima affermazione emerge la visione secondo cui il testo scritto ha due sistemi di segni linguistici: quello didascalico e quello fonico. La

Anne Ubersfeld,Leggere lo spettacolo, Carocci editore,Roma 2008, p. 15

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riflessione spontanea è che il copione è lo strumento con cui (e su cui) avvengono (o non avvengono) i particolari

“processi di traduzione e illustrazione che portano il testo drammatico a divenire messinscena, e in cui, quindi, i livelli diascalici e fonici sono indispensabil-mente presenti.”

Per alcune parti del copione, come per quella del testo dialogato -che figura a livello fonico- non si parla infatti né del processo di traduzione né di quello di illustrazione, ciò che si legge, viene pronunciato; per le didascalie e le indicazioni sceniche, invece, si può parlare di traduzione, intesa come passaggio da un testo alla sua realizzazione, esecuzione; mentre nella lettura che si può avere singolarmente del canovaccio, si può parlare anche di illustrazione, in quanto si viene a creare un immaginario nella mente del lettore. Da qui la fonda-mentale questione posta dalla Ubersfeld: premesso che non può esistere una rappresentazione teatrale senza testo (anche uno spettacolo di mimo prevede un canovaccio, anche solo gestuale), si ha che

“Il testo teatrale muta, non è mai fisso”

infatti

“ad un testo teatrale T (genotesto, visto come immu-tabile, persistente, tramandabile ) va aggiunto un secondo testo, T’, creato da regista attore, scenografo, aiuto regista, tecnico, etc.”

Anne Ubersfeld Uber-sfeld,Leggere lo spettacolo, Carocci editore,Roma 2008, p. 16

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Un classico come “Le Troiane”di Euripide rimesso in scenaper un pubblico del 2013,necessiterà di essere riscritto in funzione di un nuovo codice, per un pubblico del 2013appunto, per cui al testo Toriginale della tragediadi Euripide, si aggiungeranno note spaziali, temporali,modifiche degli enunciatiche andranno ad alimentare il T’. Il copione de “Le Troiane”di Euripide messo in scenanel 2013 da una tale compagnia sarà il risultato della sommadi T+T’.

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Il copione teatrale può essere considerato quindi l’insieme di T+T’, in cui tutti gli elementi che in T erano deittici (spazio e tempo in primis) sono esplicitati al fine della corretta messinscena, poiché non è la rappresentazione a servizio del testo, ma il testo, gli staged texts, ad essere al servizio della messinscena, perché la produzione di senso si ha nel momento in cui il testo viene messo in scena, prima T(+T’)

“sono enunciati, hanno significato, ma non senso.”

Ubersfeld, e il sistema Tipo/TokenIl senso è quindi dato nel momento in cui gli

enunciati (il contenuto) vengono posti in “una deter-minata occorrenza concreta, creando dei tipi”.

Ubersfeld analizza a proposito il sistema Tipo/Token teatrale, in cui come Tipo intendiamo cosa viene detto, a prescindere dal chi e come e quando e dove: ovvero la frase del testo; mentre per Token intendiamo l’evento: in che condizioni viene detto l’enunciato, chi dice (l’attore), la cronistoria.Il Token è doppio: comprende la

“parola immaginaria”

(enunciato dell’attore quel giorno in quel teatro) e la

“parola scenica”

(e dal personaggio in quella scena).

La stessa Ubersfeld analizza nel dettaglio come la comunicazione teatrale sia immediata ed effimera: lo spettacolo è un evento unico e irripetibile e per

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Umberto Eco, Trattato di semiotica generale, Bompiani, Milano 1975, p. 240

Anne Ubersfeld,Leggere lo spettacolo, Carocci editore,Roma 2008, p. 46

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questo difficile -soprattutto per coloro che, nella semiotica teatrale, sono stati definiti analisti- da studiare in ogni singola parte come testo, in quanto pluricodico e irriproducibile, che si avvalora dello statuto dell’ hic et nunc.

Ubersfeld, e la comunicazione teatraleNella comunicazione teatrale non c’è infatti

distanza tra emittente e destinatario, non c’è tempo di riflessione e di appello, tanto da poter essereillustrata in questo modo:

Inserendo in “Emittente 2” l’insieme delle voci dei realizzatori (regista, scenografo, attore, etc.), per cui è legittima l’affermazione

“l’attività teatrale è come insieme di un sistema di segni che danno senso in rapporto tra loro”

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Ubersfeld, e i livelli dell’analisi semioticaLa rappresentazione può essere analizzata sia

nella sua totalità, sia come articolazione di micro-testi, perciò è necessario isolare i diversi livelli di analisi, perché, come abbiamo visto, il testo teatrale presenta una molteplicità di unità complesse, ma “su un piano isocrono”, quindi nello stesso arco temporale.

Da questi diversi livelli analizzati, sono scaturite alcune ipotesi di progettazione per l’organizzazione delle informazioni e dei segni teatrali.

Se prendiamo in esame la rappresentazione al

“livello discorsivo”

eseguiremo allora dei tagli verticali, per avere i segni su un piano sincronico, e poterli analizzare in sincronia. La progettazione potrebbe procedere in questa maniera:

Al contrario, se volessimo pensarlo secondo il

“livello narrativo”

dovremo pensare ad una progettazione in cui si isolino le unità (atti, quadri, sequenze), seguendo il piano diacronico. Risulterà quindi una progettazione della parte temporale con tagli orizzontali:

Anne Ubersfeld,Leggere lo spettacolo, Carocci editore,Roma 2008, p. 37

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L’ipotesi semiotica di prendere in analisi ogni singolo semema, ovvero ogni elemento-parte dell’or-ganizzazione di senso del testo teatrale, dovremo allora isolare tutte le unità minime di significato, secondo il

“livello semico”

Quest’ipotesi risulterebbe utile ad evidenziare i sememi ed i sememi opposti, che è una delle questioni fondamentali del regista,

“è preferibile cominciare da quegli insiemi testuali già costituiti, che sulla scena sono lo spazio, l’oggetto, la divisione temporale, l’attore.”

ma risulterebbe molto articolata ed inutile nella progettazione, per questo non è stata presa in considerazione.

Ubersfeld, e le categorieProcedere progettualmente secondo il livelli

dell’analisi semiotica può essere un metodo difficile e poco chiaro; ma ci viene in aiuto la categorizza-

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zione, sebbene piuttosto ampia e abbozzata, della Ubersfeld, secondo cui

“Il principio organizzatore è il parlato”

La progettazione potrebbe concentrarsi su spazio, attore e oggetti, con la divisione temporale, in questo modo:

“Il principio organizzatore è la fabula”

Le categorie danno poi la possibilità di distin-guere e pensare a diverse tipologie di forme teatrali, le quali possono avere principi organizzatori diversi, e quindi di conseguenza, dei template ipotetici differenti.

“Il principio organizzatore è l’immagine o l’articola-zione tra parlato e immagine”

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Ubersfeld, in conclusioneLa procedura fondamentale, da cui non potrà

prescindere la progettazione, è quella di mettere in relazione il tratto semico dello spazio in rapporto con il tratto semico dell’attore, ma per fare ciò

“è necessario fare ricorso a delle procedure descrittive che tengano conto dei livelli di organizzazione dei segni della rappresentazione teatrale (...) tenendo sempre presente che c’è una circolazione tra i vari livelli”.

KowzanAbbiamo visto quindi come i canali, i supporti i

codici della rappresentazione teatrale e del suo testo T’ siano multipli. Riguardo ciò Ubersfeld ammette la difficoltà dell’articolare i numerosi segni teatrali, che usano canali e fonti diverse, e ripropone il tenta-tivo di Tadeusz Kowzan di isolare un segno minimale teatrale in quello che per lui è un

“testo plurale, una combinazione di testi”

in cui vedere però il segno teatrale come un morfema, un sintagma nominale semplice.Per questo la classificazione di Kowzan risulta essere la migliore, la più utile e funzionale per analizzare l’articolazione segnica teatrale, capire cosa entra in gioco nel T’, nel copione, e cosa debba essere consi-derato nella sua progettazione.

Kowzan, la classificazioneLa suddivisione in tredici sistemi di segni elabo-

rata da Tadeusz Kowzan è ciò che di più accurato e sintetico si possa trovare nell’analisi del sistema di segni teatrale, e risulta quindi il canale privi-

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giato per cui far passare il nostro lavoro di ricerca e rielaborazione.

I sistemi di segni sono:

Espressione verbale 1. la parola 2. il tonoEspressione corporale dell’attoreed elementi spazio-temporali 3. la mimica facciale 4. il gesto 5. il movimento scenicoSegni che non subiscono cambiamentinel tempo (segni stabili) 6. il trucco 7. la capigliatura 8. il costume 9. gli accessori 10. l’arredamento 11. l’illuminazione 12. la musica 13. gli effetti sonori.

1. La parolaLa parola è presente nella maggior parte delle

rappresentazioni teatrali (a parte il mimo ed il balletto, che qui non trattiamo). I segni della parola vengono qui considerati nella loro accezione lingui-stica, ovvero ci occupiamo delle parole pronunciate dagli attori nel corso della rappresentazione.Noi ci limiteremo ad alcune questioni essenziali: i livelli di analisi della parola non devono essere solo semantici (dalle singole parole alle frasi più complesse) ma anche a livello fonetico, sintattico, prosodico.

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La suddivisione in tredicisistemi di segnidi Tadeusz Kowzan, 1975.

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Uno dei tipici problemi teatrali è il rapporto tra il soggetto parlante e la fonte fisica della parola, può infatti presentarsi anche il caso in cui la parola non venga pronunciata ma sia scritta.

2. Il tonoLa parola non è solo un segno linguistico, in

quanto l’essere pronunciata le dona un valore semiotico supplementare; il tono dell’attore può cambiare il significato di ogni parola e donare sfaccettature impreviste. Quello che qui chiamiamo “il tono” è da intendersi come l’insieme di: velocità, intonazione, ritmo, intensità; ma è soprattutto l’in-tonazione che crea i segni più vari, grazie ai suoni e al loro timbro, con le diverse modulazioni.

Dentro questo sistema di segni inseriremo anche l’accento (paesano, aristocratico, provinciale, straniero, etc.) visto che questo influisce a livello fonologico e sintattico, come il tono. Quindi ogni segno linguistico ha la sua forma normale (la parola in quanto tale) e la sua forma con il tono (le varia-zioni della parola normale). Queste variazioni (del tono) possono avere un valore puramente estetico, o un valore semiotico.

Il potere più grande del tono fa in modo che un testo teatrale assuma comunque significato per lo spettatore anche quando la lingua è sconosciuta allo stesso.

Espressione corporale dell’attoreed elementi spazio-temporali

Con espressione corporale dell’attore ed elementi spazio-temporali intendiamo i segni spazio temporali creati per mezzo dell’uso del corpo dell’attore, del corpo umano. Si distinguono prin-cipalmente tre sistemi: la mimica facciale, il gesto,

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Molte consonanti sibilantipossono essere indicedi malattia (come il colerain Racine); o un parlare troppo arcaico può essere indicedi un epoca storica remotao di personaggio anacronistico.Le alternanze ed i cambiamenti metrici, prosodici o ritmici, possono essere cambiamentidi sentimenti o umori.

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Come la muette del teatro parigino de La Foire, in cui la parola era scritta su cartelli,o come le marionette.Oppure un altoparlante o altre maniere in cui non è il soggetto fisico, in scena, ad emettere la parola.Si può trattaredi monologo interiore o di uno spettroo di un personaggio collettivo.

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La frase “Lei è saggia”può essere pronunciatain tono (senza individuarese affermativa o interrogativa) di disapprovazione,di rassicurazione, d’ammirazione, ironico, supplichevole, gioioso…

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il movimento scenico. Questi segni possono essere considerati cinetici, cinestetici e cinesici.

3. La mimica faccialeQuesto è il sistema di segni più vicino all’espres-

sione verbale. È molto difficile distinguere tra la mimica spontanea e la mimica volontaria, artificiale, e artificiosa, prevista quindi dal copione, ed è di conseguenza difficile quindi distinguere tra i segni naturali e quelli artificiali emessi. Nel caso degli attori di teatro, la maggior parte dei segni mimici sono in funzione del testo pronunciato, e sono artifi-ciali, per questo devono essere scritti nel copione.

In conclusione, la parola a livello semantico, è accompagnata da segni artificiali, i quali possono rendere la parola stessa più significativa, o possono addirittura contraddirla. I segni muscolari del viso e della mimica possono a tal punto avere un valore espressivo così grande da rimpiazzare la parola, e con successo. 4. Il gesto

Il gesto è da sempre stato il sistema per la comu-nicazione più sviluppato. I segni gestuali accom-pagnano la parola, o la sostituiscono, o indicano qualcosa che passa sulla scena o fuori dal campo visivo degli spettatori, i gesti possono rimpiazzare un elemento di decoro, un elemento del costume, un accessorio o più, gli effetti sonori. Tentativi di codificazione e notazione dei gesti ne sono stati fatti: come i codici dei gesti ad uso dei monaci di alcuni ordini medievali (come i trappisti). In alcune culture teatrali, come quelle asiatiche, i gesti siano superconvenzionali: insegnati e tramandati di gene-razione in generazione, solo gli iniziati li possono conoscere ed usare.

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5. Il movimento scenicoIl terzo sistema di segni cinetici riguarda lo

spostarsi dell’attore attraverso e nello spazio scenico, che spesso oltrepassa la scena.Prinicipalmente riguarda: i posti successivi occupati in rapporto agli altri attori, agli elementi di scena, agli spettatori, la diversa maniera di muoversi (lenta, precipitevole, vacillante, maestosa, a piedi, su una vettura, etc.), le entrate ed uscite di scena, i movi-menti collettivi.

Molte delle notazioni dei movimenti scenici già elaborate per la danza, potrebbero essere applicate anche all’arte teatrale e drammatica; come quello del teorico e coreografo Rudolf von Laban, ed il lavoro dei suoi continuatori A. Knust e Ph. Pollenz.

Infine non possiamo tralasciare la prossemica, che è una parte della semiologia che si occupa delle distanze e dei rapporti tra le persone, tra gli attori, e dei rapporti sociali e personali.

6. Il truccoIl trucco teatrale non è il solito trucco, in quanto

ha come compito quello di mettere in risalto il viso dell’attore, alcuni connotati e la mimica facciale, tenendo conto delle luci teatrali del palcoscenico.

Come abbiamo già detto, la mimica facciale, grazie ai muscoli del viso, crea soprattutto dei segni mobili, mentre il trucco è in grado di creare segni più durevoli. Talvolta è applicato ad altre parti scoperte del corpo. Il trucco, con i suoi espedienti, può creare segni relativi: all’età, alla salute, alla razza, al temperamento, allo stato. Solitamente sfrutta segni naturali: pallore, rossore, linea degli occhi, delle labbra, delle sopracciglia, etc.

Il trucco, come sistema di segni, è interamente dipendente dal sistema di segni della mimica

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John Bulwer, Chirologiaor the Natural Languageof the Hand, 1644.

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Un personaggio che esceda un ristorante può esserci stato in quanto proprietario,o cliente, o cameriere,o perché dovevaincontrare qualcuno.Oppure: un personaggio cammina all’indietro,forse è impaurito o si trattadi timore o riverenza.Un corpo abbandonatosulle spalle di un compagno attore può significare il trionfo o la morte.Una folla che cammina lentamente può essere segnodi una minaccia.

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La notazione scenicadi Marcel Marceau,Berlin, 1956.

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nzafacciale; questi due sistemi di segni, naturalmente,

si completano e si rinforzano mutualmente: ma può anche capitare che creino ed entrinoin interferenza/conflitto.

7. La capigliaturaIn quanto prodotto artigianale, la capigliatura è

considerata un sistema di segni molto vicino e simile a quello del trucco, ma come dominio artistico è più vicino ai costumisti. Tuttavia, in certi specifici casi, da un punto di vista semiotico la capigliatura non appartiene né ai segni del trucco né a quelli del costume. Per questo abbiamo optato per conside-rarlo un sistema di segni a parte ed autonomo.

La capigliatura è in grado di dare informazioni riguardo la provenienza geografica, culturale, di epoca, sociale. Parlando di capigliatura, non dimen-tichiamo anche i baffi e la barba.

8. Il costumeA teatro, “l’abito fa il monaco”, perché il

costume è la prima cosa che designa un personaggio: il sesso, l’età, una posizione gerarchica o sociale particolare, la nazionalità, la religione. Il potere semiotico del costume non si limita però a designare e definire il personaggio, ma aggiunge una quantità di segni: clima, epoca storica, stagione, tempo, l’ora del giorno. Il travestimento per molti versi somiglia al discorso fatto per il trucco e per i movimenti: fa parte della tradizione teatrale e si ripete.

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Nel caso de “I fisici”di Durenmatt coluiche si traveste da Newtonè riconoscibile dalla parrucca tipica del 1600 secolo inglese.

Mentre una testa scompigliata e scapigliata può significare il disordine, l’appena sveglio, l’appena uscito dal bagno, l’appena andatoseneda un amante.

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Koldova-Sis-Vanis,Schuler des birngartens, Praga, 1956.

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9. Gli accessori“Gli accessori sono dei personaggi eccitanti/inte-

ressanti e nello stesso tempo degli strumenti dell’azione” dichiara Paul Claudel a JeanLuis Barrault.Gli accessori costituiscono, per più ragioni, un sistema autonomo di segni, che si situano al meglio tra il costume e l’arredamento, per i numerosi casi limitrofi che l’avvicinano maggiormente all’uno o all’altro. Tutti gli elementi del costume, se assumono un ruolo particolare, possono diventare un segno autonomo, un accessorio. Tuttavia talvolta il confine tra l’arredamento e gli accessori è molto labile. Un pezzo dell’arredamento se viene appena messo in rilievo, diventa subito accessorio.

10. L’arredamentoIl compito primo dell’arredamento (sistema di

segni che possiamo chiamare indifferentemente: scenografia, dispositivo scenico, decorazione, arre-damento), è quello di rappresentare il luogo, geogra-fico, sociale, etc. Ma è anche in grado di definire il tempo: la stagione, l’ora del giorno, il tempo storico, determinando l’azione nello spazio e nel tempo.

Le scelte possono essere le più disparate: può essere una scenografia dipinta o costruita, e di entrambe esistono altrettante tipologie: può essere ricca e dettagliata o accennata e limitata. Tutto ciò che è scrittura, ovvero immagine grafica della parola, appartiene alla scenografia.

La scrittura dentro il teatro ha poi un signifi-cato peculiare: fornisce tutti i tipi di informazioni, può completare il linguaggio parlato, può essere un elemento d’arredamento, o ben rimpiazzare i dispo-sitivi scenici (scritta che indichi il luogo dell’azione, come nel teatro elisabettiano). > pag 55

Ivi, p. 198

Ibidem

Ivi, p. 200

> pag 54

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11 L’illuminazioneL’illuminazione a teatro è giunta solo nel XVI

secolo e, mentre Kowzan nel suo volume dice che ci si potrebbe chiedere se sia in grado di costituire un sistema autonomo di segni, oggi possiamo affermare certamente che sì, lo è. Chiamiamo il sistema di segni “illuminazione” e non “luce”, in quanto negli spettacoli teatrali che si svolgono di giorno all’a-perto, e che sfruttano quindi la luce del giorno, la luce non è programmabile e non può quindi costi-tuire un sistema autonomo di segni significativi -non ha una funzione semiotica indipendente- anche se potrebbe essere mossa obiezione, in quanto la luce del giorno può comunque essere scelta: un luogo, un orario, una stagione apposite.

La funzione primaria della luce è quella di delimitare la scena, il luogo teatrale: questo effetto è ottenuto, in certa misura, per contrasto tra la sala scura e la scena dove si svolge l’azione, illuminata (si pensi ai cambi di scena, quando le luci si abbassano o si semispegnono per far capire, col solo uso della luce, che in quel momento le azioni che si svolgono sul palco non sono da considerare significative).Ma oltre al contrasto luce/buio e scena/platea, le luci di scena servono anche a evidenziare dove avviene il fulcro dell’azione, sul palco (come l’occhio di bue): può evidenziare un personaggio, un oggetto, una parte di spazio, un attore o un accessorio, donandogli un valore semiotico nuovo. Quando si riescono ad ottenere degli effetti plastici partico-lari con luci spot, morbide, dure, etc. si riescono a modellare anche l’attore e il suo viso e a modellare anche parti dell’arredamento.

Un ruolo particolare è da riservare alle proie-zioni, le quali, per le loro caratteristiche tecniche, sembrerebbero far parte dell’illuminazione, quando

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Il tessuto, ne “La tempesta”di Shakespeare,è da considerarsi un accessorio per il ruolo che assume,così come il braccialettonel ballo mascheratodi Lermontov.

La cariola di “Madre coraggio” di Brecht, è accessorioo arredamento?

Tadeusz Kowzan,Littératureet spectacle, PWN, Éditions scientifique de Pologne, Warszawa 1975, p. 200

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Scenografiaper “Madre coraggio”,di Bertold Brecht,Theater Heute, 1965.

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in realtà ricoprono un ruolo semiotico che supera ampiamente quello dell’illuminazione e possono sostituire o completare la scenografia.

12. La musicaA teatro la musica è in grado di trasmettere

segni di: inquietudine, serenità, ironia, allegria, tene-rezza, odio, etc.

Un altro caso è quello in cui la musica è il punto di partenza dello spettacolo (balletto e opera). Le associazioni ritmiche e melodiche creano degli effetti di senso diversi, evocano diverse atmosfere e ci sono numerosi casi in cui la musica accompagna l’entrata di un personaggio, definendolo già, con grande importanza semiotica.

13. Gli effetti sonoriNon appartengono né alla parola né alla musica:

i suoni, gli effetti sonori, i rumori. Ci sono rumori che a teatro sono la conseguenza del “mezzo” e non possono essere evitati (come i passi sulle tavole di legno del palcoscenico), e sono naturali. A noi inte-ressano quei suoni che nella realtà possono essere naturali, ma a teatro devono essere riproposti.

Ci sono diversi tipi di suoni: quelli autonomi, quelli che completano segni visivi o gestuali, quelli emessi in scena e quelli registrati, quelli che avvengono in scena o fuori scena. Solitamente non sostituiscono la parola, ma possono rimandare al linguaggio.

Sottoclassificazioni dei sistemi di segniL’utilità della classificazione di Kowzan è ampia-

mente avvalorata dalle esperienze degli studenti del suo corso a Lyon, raccolte nel testo Analyse sémiolo-gique du spectacle théâtral: études dirigées et présentées

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par Tadeusz Kowzan, Centre d’études e richerche théâtrales, Université Lyon II 1975, redatto sempre da Kowzan, in cui si richiedeva di assistere ad una messinscena, concentrandosi su particolari sistemi di segni a scelta, per poter poi riportarne una descri-zione dettagliata che analizzasse lo spettacolo.

La versatilità di questo sistema è dato anche dalle “sotto-classificazioni” a cui si presta.

SINTESI di Tadeusz Kowzan

Testo pronunciato 1. parola 2. tono

Sistema corporale 3.mimica 4. gesto 5. movimentoEsperienza esteriore dell’attore 6. trucco 7. capigliatura 8. costumeAspetto del luogo scenico 9. accessori 10. arredamento 11. illuminazioneEffetti sonori non articolati 12. musica 13. suoni

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CLASSIFICAZIONE CON DISTINZIONETRA SEGNI UDITIVI E VISIVI

Segni uditivi 1. parola 2. tono 12. musica 13. rumoriSegni visivi 3.mimica 4. gesto 5. movimento 6. trucco 7. capigliatura 8. costume 9. accessori 10. arredamento 11. illuminazione

CLASSIFICAZIONE SPAZIO-TEMPO

Tempo 1. parola 2. tono 12. musica 13. rumoriSpazio 6. trucco 7. capigliatura 8. costume 9. accessoriSpazio e tempo 3. mimica 4. gesto 5. movimento

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Nello spazio, ma comunicati nel tempo 10. arredamento 11. illuminazione

LE QUATTRO GRANDI CATEGORIE

1. I segni uditivi emessi dall’attore 1. parola 2. tono2. I segni visivi collocati sull’attore 3. mimica 4. gesto 5. movimento 6. trucco 7. capigliatura 8. costume3. I segni visivi che escono fuori dall’attore 9. accessori 10. arredamento 11. illuminazione4. I segni uditivi fuori dall’attore 12. musica 13. rumori

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L’unità semiotica dello spettacoloÈ indubbio che un lavoro sul copione teatrale

non può prescindere da tali analisi ma, anzi, deve basarsi su di esse, anche perché l’applicazione della semiotica all’analisi dello spettacolo necessita l’elaborazione di alcuni principi metodologici, come quello appena visto, a cui si aggiunge (sempre ad opera di Kowzan) quello della determinazione dell’u-nità significativa o semiotica dello spettacolo, per cui si afferma che

“L’unità semiotica dello spettacolo è una fetta conte-nente tutti i segni emessi simultaneamente, fetta che abbia la durata uguale al segno che dura meno.”

Questa classificazione tiene conto di un aspetto fondamentale del copione: che si sviluppa, tenendo conto di fabula e intreccio, per quadri e atti, privi-legiando appunto l’aspetto temporale e l’ordine con cui i segni devono manifestarsi nella messinscena, secondo le unità di tempo.

Kowzan Tadeusz,Littératureet spectacle, PWN, Éditions scientifique de Pologne, Warszawa 1975, p. 216

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2COS’È IL COPIONE TEATRALE

2.1ARTEFATTO COMUNICATIVO

Testi drammatici e copioniÈ bene chiarire da subito che il nostro progetto

non riguarda i testi teatrali in generale, che sono sì artefatti comunicativi, ma sono editi da case editrici ed acquistabili in libreria, e per questo rivolti ad un pubblico vastissimo, universale. Il copione è una cosa diversa, un artefatto rivolto solo ad un pubblico specializzato quali attori, registi, ed operatori del settore teatrale impiegati nella realizzazionedi uno spettacolo.

“Il copione, nel linguaggio teatrale e cinematografico, è l’insieme delle battute che gli attori devono recitare; ad ogni attore è assegnato un ruolo da interpretare.”

Come il copione cinematografico o televisivo, anche il copione teatrale, che riguarda il nostro caso, compare nella forma di foglio stampato solo fronte e rilegato nella maniera più utile agli attori, ai registi, ai tecnici, etc. per l’uso durante le prove e la realiz-zazione della messinscena.

Wikipedia: Copione, it.wikipedia.org/wiki/Copione,10 gennaio 2014

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Testo teatrale de “Ubu Roi”di Alfred Jarry, edito nel 1922da Èugene Pasquelle Èditeur.

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Risulta quindi essere uno strumento di lettura, di studio e di memorizzazione.

Analisi delle informazioni contenuteGeneralmente le informazioni presenti in un

copione sono organizzate sempre nello stesso modo: ogni battuta è separata dalle altre da una riga di spa-zio e la prima parola è il nome del personaggio che l’attore deve interpretare. In seguito, generalmente racchiuso tra virgolette, viene riportato ciò che il personaggio dice.

È molto frequente trovare le descrizioni dell’am-biente in cui si muovono i personaggi all’inizio di ogni atto (indicazioni utili per gli scenografi), de-scrizioni dettagliate dei personaggi (utili per i sarti e per gli attori) e anche accurate descrizioni dei loro caratteri (utili per gli attori e per i registi).Spesso il copione presenta anche i movimenti e le emozioni vissute dai personaggi durante l’evolversi della trama, ma alcuni autori indicano con precisio-ne questi elementi, mentre altri non se ne interessa-no, lasciando l’attore e il regista liberi di stabilirle.

Come approfondito nel capitolo precedente, l’artefatto comunicativo “copione teatrale” presenta una polifonia informazionale che, nella pratica, si risolve con la presenza di elementi quali la desi-gnazione dello spazio o degli spazi scenici; questo è compito specifico del drammaturgo o del regista, ed è un’operazione che il più delle volte si svolge ini-zialmente per impostare tutta la rappresentazione. Vi sono poi anticipazioni, ritardi e stutture circolari: dialoghi, monologhi, forme antifonarie. La scansione temporale è data spesso dalle didascalie: in esse e per mezzo di esse l’autore descrive ciò che in scena va fatto (andrà fatto) da chi mette in scena il testo (attori, regista, etc.).

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Wikipedia: Copione, it.wikipedia.org/wiki/Copione,10 gennaio 2014

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I turn over e la sticomichiaRiguardo l’alternarsi delle battute (i turni) e la

regolarità del dialogo, pensando alle differenze o differenziazioni con il parlato nella realtà quotidia-na rispetto alla drammaturgia, si osserva come nel secondo caso ci sia una maggiore regolarità. Basti pensare al termine greco “sticomitia” tuttora usa-to non solo per richiamare la pratica usuale della tragedia greca, ma anche per il ben preciso criterio di chiarezza e simmetria a cui ci si ispira. A ben guar-dare però il problema si pone anche nella dialogicità quotidiana: in particolare sarebbe opportuno far caso a quelle situazioni istituzionali in cui la rego-larità e probabilmente anche la simmetria (diversa ogni volta) si impongono come precisa regola di comportamento verbale (udienze nei tribunali, col-loqui istituzionali, etc.). Per questo si può affermare che ogni copione stabilisce autonomamente i criteri a suo giudizio più efficaci per i “turn over”, ovveroi turni nell’alternarsi a parlare in un dialogo.

Di qui le indicazioni esplicite sui più vari copio-ni: “al pubblico”, “a parte” e di qui la necessità, ogni volta, di scoprire a chi l’attore si sta rivolgendo e da chi si vuol far vedere e sentire.

Le battute del copione sono quindi sicuramente indirizzate. A chi? A un altro attore-personaggio oppure direttamente al pubblico. Non si esclude che le battute possano apparentemente non essere indi-rizzate a nessuno, cosa che il più delle volte dà luogo a forma di soliloquio. Anche nel cosidetto soliloquio l’attore è incoraggiato a trovare o inventarsi un interlocutore: si tratti del pubblico, di una presenza assente, dello sdoppiamento o moltiplicazione del ruolo e delle identità.

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Articolo online60 avvertenze per leg-gere e/o per costruire un testo di Luigi Gozziwww.dramma.it/dati/monografie/avvertenze.pdf, 12 dicembre 2013Sticomitia“Parte dialogica di dramma greco o latino in cui due attori recita-no un verso per ciascu-no alternativamente; era considerata come un pezzo di bravura e di concitata drammaticità.”www.treccani.it/enci-clopedia/sticomitia

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In questi casi le battute e l’impostazione dialo-gica permettono all’intera comunicazione teatrale momenti di autoreferenzialità o riflessione metalin-guistica.

L’ostensioneLo spettacolo pratica l’ostensione, ovvero la

“messa in mostra” di materiale che può avere valore iconico, indicale o simbolico.

L’ostensione è inizialmente nient’altro che l’esibizione di un oggetto, ma non è escluso che altre forme comunicative facciano uso dell’ostensione.

“Ma l’ostensione riguarda specificamente lo spettaco-lo e anzi tra tutte le forme spettacolari, il teatro.Ora, data l’evidenza che il luogo scenico può avere e frequentissimamente ha, quale che sia la portata della raffigurazione, anche nel senso di semplice ‘messa in mostra’, diviene importantissimo il rapporto tra il luogo e l’azione o l’agente ovvero attore. Il quale attore a sua volta, insieme e in concomitanza con il drammaturgo, è fornito delle deissi e degli elementi indicali contenuti nel copione e che agganciano e per certi versi vincolano l’attore (e l’azione) a quel luogo e a quel tempo.”

Semiotica del testo esteticoDal punto di vista linguistico, il testo drammati-

co riveste un interesse particolare per il suo caratte-re di testo estetico basato sulla parola.Infatti, il testo drammatico è narrativo ed estetico perché il testo teatrale si presuppone di creare una narrazione, un racconto, e di veicolare dei messaggi attraverso il racconto e la modulazione di una storia. Anche nel teatro dell’assurdo, dove regna la tenden-

Ugo Volli in 60 avverten-ze per leggere e/o per costruire un testo di Luigi Gozziwww.dramma.it/dati/monografie/avvertenze.pdf, 12 dicembre 2013

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za ad annullare la storia, o l’intreccio, non si può prescindere dalla domanda “Cosa viene raccontato?”.

“Leggere un testo estetico significa fare induzioni, cioè inserire regole generali da casi singoli; e fare deduzio-ni: verificare se ciò che è stato ipotizzato a un certo livello determina livelli successivi. E infine fare abdu-zioni, cioè mettere alla prova nuovi codici attraverso ipotesi interpretative.”

“La definizione semiotica del testo estetico provvede quindi un modello strutturale di un processo non strutturato di un’interazione comunicativa, il cui autore reale rimane indeterminato essendo talvolta l’emittente e talvolta il destinatario che collabora all’espansione semiotica.”

Infine come avverte -sempre Eco-,

“i segni iconici (di cui è fatto lo spazio scenico) riproducono le condizioni di rappresentazione e di percezione e servono alla presentazione di istruzioni per la produzione di significati.”

Copioni completi o apertiPuò esistere copione molto scritto e copione

poco scritto; ovvero un copione che contiene la regia o uno che non la contiene.

“Allo stesso autore può capitare di variare le carat-teristiche della scrittura; starà ai teatranti (regista, attori, etc.) interpretare anche il copione poco esplici-to, che sottintende e probabilmente vuol lasciare più ampio margine al momento dello spettacolo.”

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Ibidem

Umberto Eco, Trattato di semiotica generale, Bompiani, Milano 1975, p. 342

Ibidem

Articolo online60 avvertenze per leg-gere e/o per costruire un testo di Luigi Gozziwww.dramma.it/dati/monografie/avvertenze.pdf, 12 dicembre 2013

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Il testo drammatico ed il copione stesso sono soggetti quindi a modifiche testuali in corso d’opera (durante l’allestimento); e, se è vero che le procedu-re per la costruzione del copione possono essere le più diverse, è da considerarsi vantaggiosa la posi-zione e la pratica dell’autore che accetta variazioni o modifiche in corso d’opera e in particolare al momento dell’allestimento, sia perché il testo del copione viene completato e capito recitandolo (ed aggiungendovi quindi elementi che lo studio antece-dente può non aver previsto), sia perché:

“il concetto di testo definitivo appartiene solo alla religione o alla stanchezza.”

La fabula, o tema, o soggetto è probabile infatti che contenga potenzialmente un numero abbastanza alto ma non infinito di possibilità di sviluppo: l’in-treccio o gli intrecci costituiscono l’esplorazione di una certa parte o quantità di tali possibilità.

Jorge Luis Borges,Tutte le opere,a cura di D. Porzio,vol. I, Milano,Mondadori, 1984

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2.2A COSA SERVE

Le sfaccettature e le utilità del copione sono molteplici; anche se potrebbe sembrare un semplice “contenitore” di battute, atto allo studio.Innanzitutto il copione serve al regista per met-tere in scena un’opera teatrale (scritta ex novo o riadattata), come canovaccio in cui possa avere sott’occhio tutte le informazioni utili e possa seguire quindi l’iter della realizzazione. Così anche ai tecnici occorre il copione per sapere non tanto le battute o i movimenti, ma per seguire lo spettacolo definitivo in cui andare ad inserire gli elementi specifici (luci, movimenti di scena, musiche). E, infine, agli attori il copione serve fin dall’inizio, per leggere tutto lo spettacolo su carta in maniera critica ed analitica, e più avanti poi per passare alla fase delle prove, in cui, con lo studio, l’elaborato verrà utilizzato come appoggio alla memoria.

Il copione serve a contenere tutti i segni della rappresentazione e a organizzare il lavoro della mes-sinscena ed a fare da “scheda” di un testo teatrale in lavorazione, nel quale ogni collaboratore, ogni tea-trante, sa di poter cercare e trovare le informazioni più disparate ed utili.

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Il copione non è mai definitivo (come risulta essere invece il testo teatrale, in cui mancano tutti quei livelli che si vengono a formare durante l’uso del copione) in quanto serve ad annotare, evidenzia-re e studiare “la propria parte”, che può essere:la parte che ha il tecnico nella realizzazione,la parte che ha il regista, o il truccatore, o lo sceno-grafo, o l’attore.

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Marinella Manicardi durante le prove di “Stabat materfuriosa” di Jean Pierre Siméon.(In primo piano il copione con annotazioni ed evidenziazioni).

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2.3PRATICHE COINVOLTE NELL’USODEL COPIONE

La documentazione attraverso interviste agli operatori del settore teatrale e la lettura di testi quali “Progetto grafico n. 20, Montagna Valentina, Strategie di lettura e tipografia nei libri di testo, AIAP, Luglio 2010” hanno fatto emergere che l’uso del copione implica principalmente tre pratiche: quella di lettura critica, che comprende il cercare di capire la fabula e l’intreccio, i personaggi con le loro caratteristiche e gli aspetti dello spettacolo, della messinscena; e quello di lettura specifica, in cui il lettore, a seconda del suo compito, si concen-tra su ciò che in particolar modo lo riguarda. Solo nella fase delle prove si avrà uno stile di lettura che potremmo quasi non chiamare più tale, in quanto a subentrare è la memorizzazione di passaggi, battute, movimenti, per cui il copione è un artefatto conosciuto a fondo, all’interno del quale il fruitore sa ben navigare, essendo divenuto un lettore esperto.

Come vedremo più avanti, le pratiche coinvolte nella lettura del copione sono spesso riscontrabili in quelle adoperate nel libri di testo, in quanto elaborati creati con il fine di essere studiati, proprio come deve essere studiato il canovaccio.

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Stili di lettura, la lettura criticaQuando, ad inizio lavori, il regista convoca la

compagnia teatrale, o gli attori, o gli altri membri implicati nella creazione dello spettacolo, la prima azione è quella della distribuzione del copione (con, solitamente, le parti già assegnate) per procedere alla prima lettura. Questo uso del copione si concen-tra molto su fabula ed intreccio, sulla caratterizza-zione degli attori, sul messaggio che verrà dato.

È un lavoro ancora molto legato al testo dram-matico e meno alla messinscena, non vengono presi infatti in considerazione alcuni aspetti dello spet-tacolo e del palcoscenico come: luci, suoni, cambi di scena, rumori, costumi, trucco, e spesso anche le pause, i vuoti, non sono ancora ben delineati. I com-ponenti dello spettacolo si concentrano piuttosto sulla parte fonetica: dalla battuta, al tono verbale, ai gesti, ai movimenti che caratterizzano i personaggi e le relazioni tra loro.

Osservando anche lo schema, coglieremo come ad ogni stile di lettura sia collegato un obiettivo che, consequenzialmente, si raggiungerà. Dallo schema si evince come, per la prima fase, si passerà necessa-riamente per gli stili di lettura del “ricercare” e dello “scorrere”, ottenendo quindi risultati diversi, con attività mentali diverse. Per la fase del “ricercare” occorrerà un’attività mentale più impegnativa ed una maggiore attenzione alla linearità del testo; così come per la lettura dello “scorrere” si guarderà l’or-dine scelto dall’autore per strutturare gli argomenti, con un atteggiamento simile alla ricerca che si fa dal punto di vista visivo. Riassumendo, gli obiettivi, gli stili di lettura, le carat-teristiche dello stile che si assume leggendo critica-mente il copione, possono essere, con similarità ai testi didattici, questi:

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Progetto grafico n. 20, Montagna Valentina, Strategie di lettura e tipografia nei libri di testo, AIAP, Luglio 2010

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Stile di lettura ricercareCaratteristiche dello stile •attività mentale più impegnativa •attenzione alla linearità del testoObiettivi localizzare le informazioni generali di un argomento

Stile di lettura scorrereCaratteristiche dello stile •simile alla ricerca dal punto di vista visivo •interesse per l’ordine scelto dall’autore per strutturare gli argomentiObiettivi •ottenere un’immagine delle caratteristiche del testo •struttura del testo •tono di voce •afferrare la struttura del testo e i concetti fondamentali espressi per pianificare una seconda lettura

Stili di lettura, la lettura specificaLa lettura specifica è quella che ha luogo duran-

te (o dopo) lo studio della parte da parte dell’attore, o durante le prove delle luci e delle musiche, quando i tecnici conoscono già la cadenza temporale dello spettacolo, e sanno bene dove e come mostrare i materiali multimediali o meccanici. Per l’attore che sta studiando la sua parte, la lettura specifica signi-fica leggere il copione che ha tra le mani come un

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utente ormai esperto, che ne conosce i contenuti e la loro distribuzione all’interno dell’artefatto. L’uten-te sa quindi navigare nell’elaborato, ha confidenza con questo e, talvolta, sfrutta anche la “memoria fotografica”, grazie alla quale ricorda mentalmente l’organizzazione e l’impaginazione di una parte del copione. Sa bene se il suo personaggio compare o meno, ma non è ancora del tutto affrancato dalla presenza del canovaccio. In questo caso, osservando lo schema, la lettura specifica è componibilein “lettura ricettiva” e “lettura creativa”, che così riassumiamo:

Stile di lettura ricettivaCaratteristiche dello stile •concetti e nozioni sono organizzati e memorizzati •nessuna elaborazione critica né riflessioneObiettivi afferrare il punto di vista dell’autore sull’argomento trattato

Stile di lettura reattivaCaratteristiche dello stile pensiero criticoObiettivi pensiero creativo

MemorizzazioneLa fase di memorizzazione è quella finale, che

rende il copione un elaborato atto quindi ad aiutar-ne l’attuazione. Memorizzare movimenti, battu-

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Schema delle tipologie di lettura da:Progetto grafico n. 20, Montagna Valentina, Strategie di lettura e tipografia nei libri di testo, AIAP, Luglio 2010, p. 48

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te, toni, cambiamenti della scena e dei costumi è l’obiettivo, in ultimo, della fase di studio, sia degli attori, i quali hanno la responsabilità della “perfor-mance”, sia dei registi e tecnici, ai quali è spesso ri-chiesta la memorizzazione anche se possono servirsi del copione in qualsiasi momento, anche durante la messinscena.

Aggiungiamo inoltre che la memorizzazione te-atrale avviene anche spontaneamente, con le prove, che sono l’unico modo per aiutare la registrazione mnemonica dei gesti e dei movimenti dell’attore, e che aiutano però anche tutti gli altri ad imparare a memoria il testo per la messinscena.

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2.4METODOLOGIE E USO DEL TESTOPER LA MESSINSCENA

“Presupposto quindi che la scena, lo spazio, i gesti, le emozioni sarebbero dunque già contenute nel testo drammatico, se non nelle didascalie più o meno minuziose, che sono un uso abbastanza recente e tutto sommato spurio, certamente questi elementi sono presenti nelle profondità semiotiche del dialogo scritto; il quale avrebbe questa particolarità impe-rativa e informativa assieme, di dettare il contesto della sua esecuzione, di indicare da sé al lettore tutto quel che bisogna sapere, vedere, conoscere, udire, per poter comprendere. Tale sarebbe il carattere specifico della scrittura drammatica, la sua specialissima forza semiologica.”

L’attore mette in scenaL’attore, ponendosi come primo lettore del

testo drammatico e del copione, ha il compito di dar vita agli atteggiamenti, ai gesti, alle relazioni e ai toni riprendendoli e seguendo in maniera esatta le indicazioni contenute nel copione; insomma di fare e realizzare tutto quello di cui ha letto nel testo; mostrando dunque precisamente quel che è scritto e che si deve vedere, dicendo proprio ciò che il testo

Articolo online:Significazione, Scrittura teatrale di Ugo Volli, www.cultureteatrali.org/images/pdf/signifi-cazione_01.pdf,1 ottobre 2013

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intende far sentire con i sentimenti e le emozioni e gli accenti che l’autore ha inteso fossero compresi dal secondo lettore, lo spettatore.

La metodologiaLa ricetta per una messinscena si può spesso rin-

tracciare nei testi teatrali, dove le didascalie servono a a fornire, insieme a molti altri indizi testuali, le in-dicazioni. Ma la messinscena è sempre un’altra cosa e non necessariamente il miglior spettacolo è quello che usa in maniera più letterale questi elementi.

“E neppure, come dice Pirandello, se una rappresen-tazione riesce migliore del dramma che attualizza, questo significa che l’opera drammatica era cattiva.”

Eppure questa è la metodologia critica più spes-so usata dalla tradizione teatrale: leggere il testo scritto, valutarlo come tale e allo stesso tempo farsi un progetto privato per la sua esecuzione, creando quindi un copione che verrà poi usato per la messin-scena.Se la messinscena fosse già contenuta nel testo drammatico acquistato in libreria, basterebbe infatti che il potenziale spettatore leggesse il suo testo drammatico, come potrebbe fare con un romanzo.

Il regista mette in scenaSolitamente il regista si interpone fra il testo e

l’attore, e prende su di sé la responsabilità dell’attua-lizzazione, anche perché spesso è il regista l’arre-datore del testo, l’interprete capace di leggere in profondità le indicazioni generali di atmosfera, spa-zio, ritmo, clima del sentimento, che non dipendono necessariamente dal singolo attore.A questo proposito bisogna notare che una teoria

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Anne Ubersfeld,Leggere lo spettacolo, Carocci editore,Roma 2008

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riduttiva della regia come lettura e coordinamen-to generale è implicita nella prassi “all’antica” del teatro, e viene sempre riproposta dalle polemiche “testualiste” di critici e aspiranti autori.

E infine, che ogni testo presenti necessaria-mente delle lacune, sia dunque aperto a un lavoro necessariamente nuovo di precisazione, di attualiz-zazione e di rilettura, è certo vero visto che non è la sola scrittura quella che costituisce il testo, perché gli attori (i registi, gli scenografi e gli altri esecutori) non sono mai solo relegati dalla parte dei lettori.

Metafora del processo: telefono senza fili

“Tra le figure (autore, traduttore, regista, attori e scenografi) si crea inevitabilmente una deformazione del linguaggio, ma a teatro, al contrario del telefono senza fili dove il gioco è più divertente quanto più l’in-formazione iniziale si modifica, non introdurre troppi errori in questo singolare processo comunicativo è la formula vincente.”

Nel momento in cui si mette in scena un testo, un copione, è importante pensare alla metafora del telefono senza fili, cercando di mettere in condizio-ne tutti i realizzatori di non compiere errrori, con un copione adatto e preciso e omogeneo per tutti.

Un’altra metafora: il gioco della carta piegata Nel gioco in cui si scrive su un foglietto di carta,

lo si passa al proprio vicino dopo averlo coperto, per farvi scrivere ad ogni componente una riga della storia “alla cieca” in modo da leggervi, alla fine del gioco, un racconto sconclusionato, possiamo rintrac-ciare una similitudine con il processo teatrale.

Articolo online:Significazione, Scrittura teatrale di Ugo Volli, www.cultureteatrali.org/images/pdf/signifi-cazione_01.pdf,1 ottobre 2013

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“Tra le figure (autore, traduttore, regista, attori e scenografi) si crea inevitabilmente una deformazione del linguaggio, ma a teatro, al contrario del telefono senza fili dove il gioco è più divertente quanto più l’in-formazione iniziale si modifica, non introdurre troppi errori in questo singolare processo comunicativo è la formula vincente.”

Con mesi di prove, con tecniche psicologiche e fisiche l’attore fissa la propria partitura vocale e gestuale, se ne impadronisce; alla fine è pronto a eseguirla di fronte a tutti i pubblici, adattandosi ai loro ritmi, modificandosi più o meno sensibilmente a seconda delle sale che incontra, ma impegnando-si a farla restare sempre se stessa, a dire sempre il medesimo, a non rispondere a chi eventualmente lo interrompa.

“Così nel processo di utilizzo del copione per la messinscena abbiamo due scritture che in parte si sovrappongono e si confondono e si correggono, quan-do si tratta per esempio dei significati impliciti da attribuire a una battuta del personaggio; ma in buona parte sono parallele, autonome, indipendenti.”

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3.1I DIVERSI TIPI DI FRUITORI

Attorno alla costruzione di uno spettacolo tea-trale, di cui il canovaccio è più di una “testimonianza scritta”, più di un “blocco degli appunti”, sappiamo che orbitano diverse figure, con compiti ed abili-tà specifiche: dal regista, che spesso è creatore, fruitore e realizzatore del copione e dello spettacolo al tecnico delle luci, fino all’attore, per il quale il copione è anche strumento di studio mnemonico.

Le figure su cui il progetto di tesi si concentra sono in particolare tre, le più emblematiche, inte-ressanti, e quelle con cui ho potuto maggiormente confrontarmi durante la ricerca, riguardo i bisogni, le problematiche e le decodifiche, annotazioni, opi-nioni riguardo il progetto.

Il regista: chi è, che cosa fa

“Il regista ha prima di tutto il compito di fabbricare il programma dei segni: il testo T’ a fronte del testo T testuale. Analizzare le tappe del lavoro del regista significa analizzare un processo logico poiché l’atti-vità concreta è fatta di giri e ritorni e di una verifica aperta a seconda dei progressi delle prove.”

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Anne Ubersfeld,Leggere lo spettacolo, Carocci editore,Roma 2008, p. 53

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Il regista può eleggere tra uno stock di opere esistenti lo spettacolo da realizzare, o fabbricare un testo di suo pugno, o può riscrivere un testo preesi-stente, nulla cambia il fatto che, usando i termini coniati nel da Anne Ubersfeld, il regista sia colui che maneggia il testo T.

“A partire dal momento in cui il regista ha davanti a sé questo oggetto testuale… Il suo lavoro comincia.”

Per prima cosa avviene la lettura del testo e con-giuntamente la presa in conto dell’universo concreto del teatro, in questa prima fase lavorativa del regista bisogna ricostruire la fabula e intorno ad essa gli elementi testuali come lo spazio e il tempo: si può partire da un testo, più precisamente in esso da un’i-dea da mostrare. Dopodiché il regista deve scegliere con chi altri realizzare lo spettacolo, in particolare lo scenografo e gli attori. A questo punto inizia il lungo lavoro sul programma di fissaggio o di modificazio-ne dei segni, un lavoro dialettico che prefigura e prepara il rapporto applicazione-performance nella rappresentazione conclusa.

In conclusione, il regista teatrale è il responsa-bile complessivo dell’allestimento di uno spettacolo dal vivo. Guida e gestisce i lavori specializzati dei diversi collaboratori.È la figura di riferimento di ogni spettacolo teatrale.

“La complessità del lavoro di regia è difficilmente esemplificabile dal punto di vista creativo, mentre è più facile comprendere l’apporto tecnico (posizione degli attori, movimenti, intenzioni, etc.).Il regista è colui che tiene in mano il filo narrante di uno spettacolo. Ha in testa durante una messinscena il concetto da esprimere e porta gli attori ad identifi-

1.4 pag 29

Ivi, p. 55

Pagina Wikipedia Regi-sta Teatrale,it.wikipedia.org/wiki/Regista_teatrale,10 gennaio 2014

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carsi in quel concetto. Si può paragonare il suo lavoro a quello dell’architetto. Egli ha carta bianca sull’orga-nizzazione e sviluppo della progettualità artistica.”

L’attore: chi è, che cosa fa

“L’ attore è l’interprete di un’azione drammatica rap-presentata scenicamente. L’attore teatrale è interpre-te di un testo artisticamente compiuto”

Un attore, normalmente, recita un personag-gio. Ma, se vogliamo ampliare il concetto, il ruolo o personaggio non sono elementi indispensabili nel lavoro dell’attore, che in molti casi può aggiungere altri importanti elementi con l’improvvisazione, facendo coincidere autore (l’attore che pensa a cosa improvvisare) ed esecutore (l’attore che improvvisa) ed eliminando il testo come elemento codificato

e preesistente.L’attore può anche essere definito

“un emittente multicanalizzata di messaggi a funzio-ne poetica.”

o come colui che

“recitando una parte o dando vita a un personaggio, si pone al centro dell’evento teatrale: esso costituisce il legame vivente tra il testo dell’autore, le direttive di recitazione del regista e lo sguardo e l’ascolto dello spettatore.”

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Treccani: AttoreTeatrale,www.treccani.it/enci-clopedia/attore/10 gennaio 2014

Umberto Eco,1973

Patrice Pavis, Problemesde semiologie theatrale, Les pressesde l’Universitedu Quebec,Montreal 1976

> pag 86-87

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Bozzetti del regista Konstantin Stanislavskij per “Othello”, 1938

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Il regista Luca Ronconi all’opera durante le prove de “Gli ultimi gorni dell’umanità”, 1990

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Nella storia teatrale l’attore è forse stata la figura su cui maggiormente si è posta l’attenzio-ne; infatti l’attore ha ricoperto i ruoli di acrobata, saltimbanco, musico, poeta, burattinaio e a volte di regista stesso. La svolta ottocentesca ha visto poi l’attore come maggiore ed indiscusso protagonista, per passare alla visione dell’esperienza teatrale dell’attore in una ricerca più personale, come quella di Jerzy Grotowski, che si concentrò molto sull’a-zione fisica dell’attore, e con la sua interazione con l’ambiente ed il pubblico. In effetti l’attore è l’ele-mento centrale dell’evento teatrale, il punto nodale da cui si sviluppano lo spazio, il tempo e la partitura visiva, acustica e gestuale di una rappresentazione.

L’elemento più importante nell’apprendimento del mestiere d’attore è quello che viene definito la presen-za scenica. Tale presenza è innanzitutto lo sviluppo di abilità fisiche e ‘fisiologiche’: in particolare:la duttilità e la capacità di utilizzare il proprio corpo: l’azione dell’attore si sviluppa, collegandola all’uso della parola, con la gestualità e con la mimica, in una accurata precisione prossemica. L’uso della gestua-lità per integrare la verbalità, interagire con gli altri attori e enfatizzare le parole o dare loro significati simbolici.”

Sappiamo quindi che l’attore deve tener conto in primo luogo delle possibilità offerte dall’utilizzo della voce: l’uso accurato dello strumento vocale per comunicare le caratteristiche del personaggio ed esprimerne le emozioni.

L’attore è colui per il quale il copione teatrale è fondamentale, se non l’unico e primario elaborato attraverso il quale viene a conoscenza della storia, della fabula, dei personaggi e in seguito di ciò che

Jerzy Grotowski (Rzeszów, 11 agosto 1933-Pontedera, 14 gennaio 1999) è stato un regista teatrale po-lacco, una delle figure di spicco dell’avanguardia teatrale del Novecento.

Wikipedia: Attore Teatrale,it.wikipedia.org/wiki/Attore_teatrale,10 gennaio 2014

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dovà essere detto, fatto, e come ed in che ambito.Secondo Grotowsky e Kowzan, l’attore è la

primaria fonte di segni a teatro, il produttore di segni più immediato ed istantaneo. Kowzan afferma anche, a tal proposito, che non tutti i segni, come si sarebbe tentanti a credere, sono volontari e riscon-trabili nel copione, ma la presenza fisica di un tal preciso attore prevede tutto un insieme incotrol-labile di segni involontari dovuti alla personalità, alla fisionomia dell’attore di teatro che, a differenza di quello di cinema o televisivo, può avvalersi sì di trucchi ed effetti, ma sicuramente meno efficacie speciali.

La figura dell’attore è quindi una di quelle su cui maggiormente è necessario ed imprescindibile concentrarsi nella redazione ed organizzazione del copione; focalizzandosi particolarmente sugli usi e gli stili di lettura per i quali utilizzerà l’artefatto.

“Anche se si toglie al teatro la parola, il costume, la ribalta, le quinte, persino lo stesso edificio teatrale, finché resta l’attore e i suoi movimenti pieni di mae-stria, il teatro resta teatro.”

Il tecnico: chi è, che cosa faGeneralmente, un ‘tecnico di scena’ è un lavo-

ratore che fornisce supporto tecnico per realizzare uno spettacolo; dalle musiche, alle luci, ai movimenti scenici della scenografia, dei cambi di scena, e del sipario. Il canovaccio è fondamentale per la figura del tecnico che, al momento giusto, deve sapere in che preciso punto dell’azione scenica o dell’emis-sione fonetica ci si trova per far partire un suono, un pezzo musicale, un sottofondo; o in che preciso istante spegnere una luce ed accendere un faretto colorato, etc.

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Mejerchol’d Vsevolod, 1914

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Attori in azione nell’ “Andria” di Terenzio, dal Codex Vaticanus Latinus 3868 (Biblioteca Vaticana).

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Bozzetto di Mario Garbuglia per la serra di ”Spettri”, 1983.

Il tecnico produce ed è responsabile della creazione di quel sistema di segni che è al di fuori dell’attore; si potrebbe sintetizzare: il tecnico produce tutti quei segni che l’attore non è in grado di produrre. > pag 91

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3.2I BISOGNI E LE PROBLEMATICHE

Rispetto quindi alle differenti figure descrit-te ed ai diversi usi che fanno del copione, avremo particolari bisogni e problematiche da affrontare per i rispettivi fruitori. Per cercare di capirli abbiamo intervistato alcuni registi, aiutoregisti, attori, tecnici che hanno (quasi) quotidianamente a che fare con l’elaborato, e lo usano in maniera diversa.

I bisogni del regista

Come si comporta nel momento in cui devepreparare un copione per una sua messinscena?

Dipende: ci sono copioni che sono chiusi; nel senso che prendi un testo, come per esempio “Aspettando Godot” di Becket -che io ho fatto- ed è un testo che non ha bisogno di niente. Lo devi solo mettere in scena perché è una macchina che funziona da sola.

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Tutti gli intervistati fanno parte della com-pagnia teatrale“Il Guitto”, nata nel 1978 a Fano.

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Fnnziona tutto nel copione? Anche le didascalie?

Tutto. È tutto scritto, per cui tu lo devi solo mettere in scena, e seguire quello che il regista ha già pensato e scritto nel copione (...).Ci sono dei testi che sono invece dei pre-testi, in cui tu devi comunque rielaborare, ma non perché lo vuole l’autore, ma perché senti che ci sono tante strade da intraprendere; quindi non è un testo chiuso: ci sono i dialoghi, ci sono tutte le parti -magari scritte benissimo- però tu lo devi ripensare, lo devi rielaborare, lo devi riscrivere sulla scena. Perché il copione fondamentalmente è un testo letterario che va riscritto in scena (...). Se tu prendi un testo come l’Amleto, è stato fatto migliaia e migliaia di volte, ma ogni volta che lo vai a fare dici “Come lo faccio? Qual è il senso che devo dare? Qual è la chiave?” (...). Questi testi sono talmente im-portanti, talmente grandi -come Shakespeare e così tutta la tragedia classica greca- che sono sempre contemporanei perché le tematiche che affrontano sono le tematiche di sempre. (...). Quindi ogni volta c’è il tentativo di riscri-vere. Le mie esperienze sono queste.

E quindi, una volta elaborato il copione, come procede nel lavoro, come lo propone agli attori? Come lo usa?

Di solito, quando si inizia a lavorare con delle persone, ci si mette intorno al tavolo e si sta due ore intorno al significato di una sola frase. E dici “Come? Il testo ha 200 pagine e noi stiamo due ore per spiegare una frase? Non finiamo più!”

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Però all’inizio, questa è una metodologia che si usa per far capire all’attore che non bisogna essere approssimativi, che bisogna scandaglia-re, bisogna andarci dentro, bisogna capire, ma non capire il senso lato della cosa, ma proprio capire in profondità, cioè farla propria, cioè capirla in maniera organica (...). Questo è un aspetto importantissimo del lavoro dell’attore e del regista.

Quando, nel lavoro di critica che dicevi, si inizia a leggere e si cerca di capire, qual è la cosa più importante? È il testo fonetico -quello che viene detto- perché è da lì che poi vengono fuori i mo-vimenti, i costumi, le intonazioni? O c’è da subito un forte bisogno delle didascalie?

A volte si da molta importanza alle didascalie, ma in realtà, il testo già dice tutto. Ci sono testi in cui le didascalie diventano parte del testo e fondamentali (...) e quindi non puoi fare a meno di quella didascalia. In molti testi invece la didascalia è solo di servizio (...) e i silenzi sono importanti quanto e più delle parole spesso, e sono quelli che ti danno il ritmo, o che ti danno il valore a quello che stai dicendo, se non capisci questa cosa -l’importanza del silenzio, della pausa- non puoi fare teatro (...).

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Quello su cui sto lavorando è proprio questo: dal testo far emergere i movimenti e le intonazioni. C’è chi ha bisogno di scriverseli, però come dici tu, se uno fa un buon lavoro critico e riesce a ca-pire il testo, a farlo suo, poi in realtà i movimen-ti, queste cose, vengono da sé. Come funziona?

Il movimento, c’è la tecnica chiaramente, che è importante perché ti aiuta ad accrescere la tua espressività, (...) I toni, che ti permettono di spaziare, di non essere monocorde, anche questi si imparano con la tecnica. (...) Quin-di ci sono tutta una serie di accorgimenti, di piccoli trucchi che vengono usati, per aiutare l’attore. Però tutto questo succede quando tu non sai cosa devi fare. Nel momento in cui tu sai, e sai cosa fare non in senso generale, ma piccoli compiti, particolari, devo fare questo, mi concentro su questo, poi dopo aver fatto questo devo fare quest’altro, mi concentro su quest’altro, quindi è sempre un problema di concentrazione, questo.

Quando un regista ha in mano un copione e deve farlo capire agli attori, come funziona? Di solito tu come fai? Li elabori tu i copioni?

Io sì, di solito cerco di capire, quali sono i carat-teri dei personaggi, perché questa cosa ti aiuta molto, perché tu dici: questo personaggio è un personaggio scontroso, è un personaggio che ha una storia, che storia è? Magari glielainventi, gliela fai cercare. Allora mi capita che io dia un compito, tipo: tu sei un personaggio

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che è in crisi, oppure ha una storia difficile con una donna, per cui devi andare a cercare di capire questa storia difficile; oppure dico: “Guarda, vai a farti un giro sulla spiaggia e a cercare la persona che hai smarrito, e ogni persona che incontri ti pare di incontrare la persona che stai cercando di ritrovare.” (...)Il regista deve dare gli input in questo senso. Un bravo regista deve farti capire, trovarti e darti la strada per arrivarci, insomma.

Il testo teatrale ed il copione. Si dice che il copio-ne è quello che si usa sulla scena, che usano an-che i tecnici per l’attacco delle luci, e cose quindi anche molto tecniche, il testo teatrale invece è quello che compro anche in libreria e che mi pos-so leggere anche da solo con un mio immaginario che mi creo poi da solo. Però poi da come ne hai parlato te, in realtà testo e copione viaggiano più o meno insieme.

Arriva il momento in cui devono viaggiare insieme chiaramente. C’è il testo letterario, che tu devi conoscere e devi studiare e poi quel testo letterario diventa il copione. Perché ti deve servire per creare delle autostrade, per far camminare veloci tutti quanti anche perché poi dopo c’è un precipitato di cose che devi mettere insieme: le luci, la scena, i costumi.

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I bisogni dell’aiutoregista

Come usa, vede usare o fa usare il copione? Ha riscontrato problematiche? Se sì, quali?

Io credo che ogni attore abbia un suo proprio modo personale. C’è chi preferisce sottoline-are la propria parte, c’è chi invece no .(...) So che alcuni hanno cominciato ad usare anche il tablet, soprattutto se la parte non è lun-ghissima o comunque preferiscono non avere fogli in giro. Questa cosa del foglio da fastidio, però in generale quando un attore è nella fase dello studio della parte, ci sono degli attori che hanno proprio una fase critica nei confronti della parte che devono imparare, nel senso che vanno a sviscerare proprio tutte le cose. Quindi io credo che avere il cartaceo sotto ti permette ancora credo, meglio ancora del tablet, di prendere una qualsiasi annotazione accanto. Ora, io ti posso dire com’è un copione fatto nella vecchia maniera, imparato e fatto da tanto tempo. (...) Il testo dovrebbe ricoprire i trequarti del foglio per lasciare lo spazio alle note, che servono a tutti: al regista, all’aiuto per prendere appunti di quello che avviene sulla scena, deve scrivere qualunque cosa dai cambi di scena agli attacchi di luce alla musica, agli attori quando appunto stanno studiando che si prendono accanto le loro note. Perché appunto ci sono quelli che si prendono solo la loro parte e si preoccupano di sottolineare ed evidenziare la loro parte, ci sono quelli che sono anche appunto critici, attivi, intelligenti che proprio se lo riguardano tutto il copione,

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tutti i momenti critici, gli snodi, e quindi anche loro devono prendere i loro appunti. E poi ser-ve anche ai tecnici perché una volta che è fatto il copione, poi va anche ai tecnici che prendo-no le annotazioni anche dal loro punto di vista ovviamente.

Cosa succede?

In fase di prove il copione subisce molte varia-zioni proprio perché tra l’azione del regista e l’azione degli attori, molte cose vengono mo-dificate. (...) Solitamente si prepara il copione iniziale, quando deve iniziare delle prove, che andrebbe distribuito a tutti perché altrimenti non si può lavorare. Poi ci sono le prove e, prima di andare in allestimento a teatro, il copione deve essere sistemato, perché i tecnici non hanno seguito tutte le prove, e non sono a conoscenza di tutte le modifiche, per questo si rende utile un’ultima edizione del copione, che è poi il copione che va in archivio, in modo che se si riprende lo spettacolo in futuro uno ha il copione ultima edizione e quindi su quello si tiene quello da conto.

E questa metodologia funziona sempre?

Avevamo avuto un problema con “Memorie di Adriano” di Maurizio Scaparro, di cui non esi-steva la copia digitale, perché era stato scritto a macchina e nessuno l’aveva mai copiato. Ogni volta che si riprendeva lo spettacolo si faceva-no le fotocopie, ma era tutto pieno di appunti

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accanto, dell’assistente, del regista, delle cose; è stata necessaria una digitalizzazione.

Prima parlavi del copione su tablet,cosa ne pensi?

Io del tablet non saprei che farmene, un po’ perché non lo uso, non ho questa dimestichez-za, probabilmente è una questione di abitudine (...). Alcuni, soprattutto quelli più tecnologici, quelli a cui piace, lo usano, ma gli attori vec-chio stampo difficilmente li vedrai con il tablet. Anche perché comunque, quando depositi il testo tu lo depositi cartaceo alla SIAE. Internet o il computer è ancora più da consultazione che una cosa di studio, perché anche uno quando studia un libro per un esame, che devi prendere appunti, sottolineare si preferisce il cartaceo.

Se per lo studio delle battute si usa lo stesso me-todo dei libri scolastici, per i movimenti invece?

Ci sono le didascalie di solito. Poi per l’attore scatta la memoria fisica, che si ricorda che a una determinata cosa che diceva ci lega un de-terminato gesto. (...) È difficile quando il regi-sta, che ha in mente di lavorare allo spettacolo comincia a lavorare sul testo, qualcuno lo deve battere al computer anzitutto, quindi tu magari lavori sul testo che compri in libreria, ma poi deve essere portato sul file altrimenti non puoi stamparlo. Quando si va a fare il copione gene-ralmente molte didascalie si tolgono.

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Anche perché spesso ci sono le didascalie sulla scenografia, che però sono funzionali, “per questo testo servono un divano, due letti e una cosa”, ma poi è lo scenografo che pensa a come mettere il divano, i due letti, oppure dice: “No, li togliamo perché facciamo altro tipo di messa in scena”, quindi è difficile che si mantenga proprio tutto nel dettaglio. Poi può essere utile, quando tu riscrivi il copione, che ha subito tante modifiche durante le prove allora tu fai una versione finale, se ci sono proprio dei mo-vimenti, delle cose che sono già state stabilite e saranno così per sempre, allora uno le può pure scrivere sul copione: può essere utile al tecnico, può essere utile all’attore quando lo riprenderà in mano, però insomma più che altro rimangono degli appunti. Poi devi stare attento quando lo impagini che la battuta non rimanga metà in una pagina metà in un’altra, o che rimanga il nome del personaggio di qua e la battuta nella pagina accanto, sto attenta a queste piccolezze qua; perché è importante per un attore anche dal punto di vista visivo.

Esistono delle norme a riguardo?

In realtà non sono stabilite, vanno un po’ a sen-so, un po’ a logica, vanno a buon senso, tu cer-chi di aiutare gli attori. (...) O si scrive il nome del personaggio e sotto la battuta, però molto spesso è tutto nella stessa riga per un’immedia-tezza. (...) L’importante è che ci sia dello spazio per scrivere e annotare, per dirti proprio come serve il cartaceo.

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Potrebbe essere utile avere dei file già predispo-sti, tipo template?

Ah, come no! Certo! Solo la sceneggiatura cinematografica ha delle norme, perché la sceneggiatura corrisponde proprio al testo, la sceneggiatura è sempre ex novo. Se ci fosse un foglio già predisposto perché no, perché di solito lo impagino io, di solito chiudo il righello e comincio a scrivere così. (...). Perché sì, ci vuole sempre un attimo di tempo per capire come impaginarlo. Può essere utile se ci fosse già una cosa prestabilita. Secondo me la cosa più utile è l’impaginazione del copione. Perché il copione più è ordinato quando tu provi...Avere una cosa tutta appiccicata, i nomi del personaggio poi attaccato alla battuta che deve dire, oppure le battute di più personaggi trop-po attaccate, oppure che non è ordinato, che cambia carattere, crea confusione. Più una cosa è ordinata, pulita, più appunto ha senso. Tutto il discorso finisce in una pagina, si va a capo si comincia un’altra cosa, questo aiuta, quindi se ci fosse, appunto un formato predisposto, come c’è l’excel per i conti, che ti dice che di qua va il nome del personaggio, di qua va la battuta, nome del personaggio/battuta, si può inserire la notazione, didascalie, con un altro riquadro, quello può darsi che può essere utile. Però al momento anche con le tecniche Word e di Open Office, benomale alla fine uno le fa. Perché tu o metti la colonna, o metti o chiudi il righello. Dopo il problema si pone sempre quando lo passi da un computer all’altro che non si sa perché ti si spagina sempre ogni volta.

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I bisogni degli attori

Hai mai riscontrato problemi particolari nell’uti-lizzo di questo strumento (il copione)? Come pro-blemi di memorizzazione, righe troppo lunghe, poco spazio per le note, difficoltà nel ritrovarsi nel testo? O è sempre stato uno strumento con cui ti sei trovato bene o molto bene per memoriz-zare e per recitare?

Mi sono trovato sempre abbastanza bene, certo, quando ci sono dei testi lunghi, cerco di memorizzarli e di non pensare più al copione. (...) Mi faccio nella testa una serie di scene scansionate di quello che deve succedere, col-lego le parole con degli oggetti così, e cerco di memorizzare in questo modo.

Quando leggiamo il copione, va già bene così, però poi in fase d’opera si è costretti a volte a cambiare proprio delle battute, i tempi, le pause, a volte dobbiamo proprio cambiare, alternare le battute, alcune vanno dette prima, poi dopo.

Io lo sottolineo molto, lo evidenzio, e ci scrivo anche le note dei movimenti, e memorizzo così meglio. Poi me lo porto dietro fino alla sera della prima, deve essere un oggetto che non mi deve assolutamente mancare, poi durante le repliche riesco senza, riesco assolutamente a far senza, però fino a quel momento è un oggetto molto forte, che mi aiuta psicologica-mente più che altro.

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Sì, quando ci sono le battute lunghe magari, tipo ci sono certe volte dei pezzi lunghi dove c’è la battutona, e lì non ce la fai magari a met-tere le note. Devi scrivere a fianco, tutto storto, o mettere un asterisco, poi è più scomodo per provare. Sì, un po’ più di spazio forse, è scritto piccolo, per come lo danno a noi per lo meno. Fa anche confusione quando devi cancellare le battute. Oppure quando c’è un copione che non si sa che copione è, perché noi siamo partiti che anche i nomi dei personaggi erano sba-gliati. Oppure una volta sono state aumentate anche la pagine, e allora non sai più dove devi andare, non sai più l’impaginazione.

E poi nell’utilizzo cosa fai? Sottolinei, metti delle note?

No, in genere lo lascio così. Non lo sottolineo.

Io lo leggo una volta sola all’inizio poi basta. Io lo leggo durante le prove. Mi serve di più, perché memorizzo meglio le battute. Se lo leg-gessi da sola e cercassi di impararlo a memoria, io per lo meno, personalmente non riesco. So invece che qualcuno se lo studia. Io lo studio durante le prove.

Io preferisco impararlo durante le prove, solo se ho dei pezzi da sola, allora quando vado in macchina me li provo, provo a immaginare come posso creare la situazione, ma le battute le imparo durante le prove con gli altri.

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Colleghi subito parole e movimenti?

Sì, sì, però a volte è difficile. Si cerca a volte di personalizzarlo il più possibile, mettendoci qualcosa di proprio.

Accoppiarla ai movimenti è più utile sì, lo me-morizzi meglio.

I bisogni dei tecnici

Da tecnico, come usi il copione teatrale? Come fai a sapere quando devi attaccare la luce o le musiche?

Adesso vado a memoria, se no all’inizio seguivo il copione.

Ti dai degli attacchi a matita?

Sì, a matita oppure quando ho il copione a computer scrivo proprio lì, e dal computer poi lo stampo.

Quindi ti fai dare il file del copione per riscrivere poi tu?

Quando riesco sì, a volte non si riesce. Per aver-lo sempre lì, senza note a matita, che lo capisci.

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Ti fai un definitivo praticamente?

Sì, un definitivo solo per me. Però vai a memo-ria dopo un po’, dopo le repliche vai a memo-ria.

Hai avuto mai problemi che non ti riuscivi a trovare nel copione perché c’erano righe troppo lunghe, poco spazio o altro?

Sì, ho avuto problemi perché gli artisti non seguono mai il copione (le battute del copione) e quindi, devi per forza guardare lo spettacolo. Devi stare attento. Se ci fosse un iPad che vada a pari passo automaticamente con le battu-te loro, che ti sottolinei come il karaoke, le battute.

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In conclusione del capitoloI bisogni e le richieste che sono emerse sono

soprattutto legate a: la trascrizione dal testo letterario al copione; alla mancanza di norme o di template di riferimento per una visualizzazione più immediata di didascalie, testo fonetico e quant’altro; ad un elaborato che è considerato un supporto per lo studio ma che non possiede caratteristiche che aiutino nelle varie fasi, dalla lettura critica iniziale alla memorizzazione; e infine la possibilità, per ogni fruitore coinvolto nella realizzazione, di avere una propria copia personalizzata (a seconda del ruolo nello spettacolo e delle personali necessità) da poter editare durante le prove o con lo spettacolo definiti-vo, alla fine del processo.

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4PROGETTAZIONE DEL NUOVO COPIONE

4.1ANALISI DELLE COMPONENTIDELL’ELABORATO

Potrebbe sembrare strano ma, nonostante l’attributo di “elaborato a cavallo tra testo dramma-tico e messinscena”, il copione teatrale non ha mai mostrato, nella sua organizzazione delle informazio-ni, un’architettura particolarmente complessa, che tenga conto della polifonia segnica che lo contraddi-stingue.

Il copione teatrale infatti ha fondamentalmente 4 elementi: i nomi dei personaggi, le battute da reci-tare, le didascalie, i bianchi.

La parola: battute e nomi“Il teatro è parola, intendendo per parola ogni segno emesso a teatro, perché, linguistici o no, i segni teatrali sono una parola: ovvero la manifestazione concreta e pragmatica del linguaggio. Ogni enunciato è preceduto da una formula implicita ed esplicita che indica il suo attaccamento al mondo concreto in cui è pronunciato, con le sue condizioni di enunciazione.”

Francois Rècanati, citato in Ubersfeld Anne, Leggere lo spettacolo, Carocci editore, Roma 2008, p. 46

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110

Generalmente la parola, nel copione, compare come battuta da recitare con uno stile più o meno omogeneo, poco differenziato da copione a copione: ogni battuta ha come prima parola il nome del per-sonaggio che l’attore deve interpretare, e di seguito viene riportato ciò che il personaggio dice.Le varianti a riguardo sono quasi inesistenti.

Le didascalieTutto ciò che non riguarda l’apparato fonetico,

solitamente, viene detto ed inserito nelle “didasca-lie”, da sempre fondamentali e parte della storia dei copioni teatrali (o dei testi).

Ad esempio Shakespeare scriveva solo “Enter” (Entra) ed “Exit” (Esce) e nient’altro: nessun accenno al tono di una battuta, ad un movimento del personaggio, ad un evento scenico. Salvo rarissime eccezioni, i toni delle battute, erano di per sé auto-matici, ogni interprete sapeva come recitare; man-cavano quindi importanti apparati segnici (come i suoni o i rumori che sappiamo essere riprodotti). Nel ’700 le didascalie venivano di solito scritte o segnate sulla parte sinistra della pagina secondo una struttu-ra a gradini (la cosiddetta scaletta, che ancora oggi è in uso). Le didascalie si rivelano, poco alla volta, utili, necessarie se non indispensabili, e anche i grandi attori ne tengono conto, per poi venire nuovamente accantonate all’inizio del ’900: già Pirandello non le usava quasi più, o solo in pochissime situazioni come protasi e nell’illustrazione dell’ambiente.

“La didascalia ha una doppia vita: è pregiudiziale e tassativa al momento della lettura seduti ma quando si va in piedi -quando, cioè, si recita a memoria- o è stata metabolizzata o definitivamente disattesa. La didascalia fa sentire, ancora oggi, la sua valenza

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Wikipedia: Copione, it.wikipedia.org/wiki/Copione,10 gennaio 2014

Articolo online:rebstein.wordpress.com/category/teatro/page/2/,25 ottobre 2013

Articolo online:rebstein.wordpress.com/category/teatro/page/2/,25 ottobre 2013

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di artificio tecnico e la sua pregnanza di strumento semantico, e compare spesso scritta in corsivo e col-locata fra parentesi e sembrerebbe facile da definire: in essa e per mezzo di essa l’autore descrive ciò che in scena va fatto (andrà fatto).”

Le didascalie sono quindi buona parte del copione, e di tipologie diverse: temporale, spaziale, verbale, gestuale, etc.

Le pauseLe pause e la loro trascrizione nel copione sono

divenute questioni importanti soprattutto a partire dal lavoro del teatro dell’assurdo (Beckett, Ionesco, etc.) e nel teatro contemporaneo e moderno è uno nodo che continua a presentarsi. Si pensi a questo estratto da “La cantatrice calva” di Eugène Ionesco:

“SIGNOR MARTIN: Siamo tutti raffreddati. Silenzio. SIGNOR SMITH Eppure non fa freddo. Silenzio. SIGNORA SMITH Non ci sono correnti d’aria. Silenzio. SIGNOR MARTIN Oh no, per fortuna! Silenzio.”

“La didascalia opera qui come una forza preposta a richiamare il rimosso. Il verbale, pur modesto, è sma-scherato già come verboso. Il poco è già troppo.”

Allo stesso modo, i “Silenzio.” e i “Lungo silenzio.” disseminati attraverso le didascalie di “Aspettando Godot. Possono forse “infastidire” ed allungare il copione tali annotazioni, utili ma ingombranti? È un interrogativo in più, che cercheremo di riconcepire.

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Didascalia“Enter (...).”“Entra (...).”

Didascalia“Exeunt.”“Escono”

Fotografiadi una copiade “Il mercante di Venezia”di WilliamShakespeare, 1600.

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Didascalia“Anna si affaccia all’uscio comune in fondo”.

Fotografia dalla copia anastatica de “L’Epilogo”di LuigiPirandello, 1898.

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Nomedel personaggio

Battuta

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4.2IL COPIONE USATO DAI FRUITORI

Per la progettazione si sono analizzate le strut-ture generali del copione, e come i diversi utenti, generalmente, lo utilizzino, intervenendo quindi sulla struttura a partire dai loro bisogni, ed eviden-ziandone talvolta le mancanze, talvolta le difficoltà o i rallentamenti nell’uso del testo.

Sono stati presi in considerazione alcuni copioni di attori ed alcuni di tecnici, poi, dopo le intervi-ste, si è scelto di proporre in analisi i più emblema-tici.

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Sottolineature del personaggio da interpretare

Annotazionie appuntial testo

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Sottolineature delle battuteda recitare

Un esempio di copione di attore.

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Annotazionisulle lucidi scena

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Annotazioni sui movimenti scenici

Tentativodi creazionedi una notazione per ordinaregli interventi tecnici

Un esempiodi copionedi tecnico.

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4.3EXCURSUS STORICO SULL’ELABORATO

Abbiamo visto come il copione si presenta oggi, con quali elementi, e come viene usato oggi, quali notazioni vengono aggiunte. Ma, storicamente, il copione ha avuto una sua “evoluzione”, che, possia-mo dire, è dipesa soprattutto dall’avvento e dall’uso diffuso delle nuove tecnologie.

“Nel ‘700 l’attore leggeva quanto era di sua competenza sulla parte destra della pagina (cioè le battute) e dava solo un brevissimo colpo d’occhio alle righe di compendio scenico che erano state annotate sulla semi-facciata sinistra del foglio; e la didascalia faceva parte del copione di letturama defilata.”

Il copione teatrale, poi, in generale è sempre stato appesantito da interventi e annotazioni, in passato in maniera anche maggiore (non mancavano cancellature, pagine strappate, segni e simboli, mac-chie, revisioni e rimandi oscuri). Con Goldoni e con i comici dei Teatri di Corte ci fu poi il tentativo di puntualizzare toni, movimenti, eventi, introducendo addirittura l’opera con una scheda che esemplificas-se il tempo e il luogo dell’azione scenica; informazio-ni, queste, inglobate poi dalle didascalie.

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“Nei primi del ’900 il drammaturgo assolveva nel suo testo scritto anche il compito del regista, emarginando lo stesso regista al ruolo di direttore di scena.Il drammaturgo era anche il regista di se stesso e non aveva più bisogno di indicare o suggerire: indicava e orchestrava da sé la messinscena. Quando poi il drammaturgo era anche il finissimo attore di se stesso o il capocomico, si fondevano mirabilmente insieme talento letterario e sapienza scenica, accuratezza e profondità, arte e mestiere (Ruggero Ruggeri, Molière, Eduardo De Filippo, etc.).”

ManoscrittiMolti dei copioni scritti a mano presentano delle

caratteristiche dovute appunto alla tecnica di realiz-zazione. A volte i nomi dei personaggi sono abbre-viati, a volte no, a seconda del bisogno; le didascalie riportano indicazioni di tempo, spazio e movimento e sono sottolineate; presenza dei numeri di pagina; suddivisione in scene titolate; cancellature e “toppe” (pezzi di pagine attaccate sopra). In particolare nei testi manoscritti del capocomico, attore e regista Cesare Rossi, possiamo notare degli elementi “moderni” come le didascalie in viola (un tentativo di introdurre la variabile del colore per differenzia-re il testo); i titoli delle scene scritte con pennino diverso; presenza di sottolineature varie: linee rette, ondulate, a puntini; annotazioni infratestuali; in un lungo monologo, presenza di parti cerchiate; nella presentazione dei personaggi, talvolta è indicato il rapporto che vi intercorre.

Cesare Rossi(Fano 1829-Bari 1898) Primattore, maestrodi una generazioned’attori, allestì spettacoli impeccabili e animò la semistabile “Città di Torino”.

Ibidem

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127 127

DattiloscrittiCon l’avvento delle macchine da scrivere il

copione si trasforma, ma alcune caratteristiche non cambiano; come la presenza di correzioni e di nota-zioni talvolta indecifrabili (come i “punto e linea”, che quasi sembrano un rimando da una battuta ad un altra, con ciò che sta in mezzo inteso da trala-sciare); le cancellature e le annotazioni e le pagine aggiunte. In particolare, nei “casi-studio” dei copioni dattiloscritti di Ruggero Ruggeri, notiamo delle sottolineature (forse interventi degli attori) e i nomi degli attori a matita a fianco alle parti assegnate.

Avvento del computer, oggiNonostante i nuovi software di editing di testi,

il copione teatrale ha mantenuto sempre la sua organizzazione standard. In particolare, la for-mattazione che il testo aveva nella sua versione dattiloscritta, non ha subito pressoché variazioni, rimanendovi molto simile, ma evitando di assorbire norme anacronistiche quali quelle per le sceneggia-ture cinematografiche (utilizzo del Courier a corpo 12 giustificato), rimanendo sempre un elaborato “li-bero”, le cui caratteristiche vengono decise di volta in volta, a discrezione del regista, o di chi si occupa della trascrizione teatrale del copione.

Ruggero Ruggeri(Fano, 14 novembre 1871-Milano, 20 luglio 1953) è stato un attore teatrale e attore cinematografico italiano, uno dei più “aristocratici”,tra fine Ottocentoe inizio Novecento.

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Annotazionisulle battutea bordo pagina

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Sottolineaturea linea continua

Sottolineaturea lineatratteggiata

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“Toppa”(pezzo di pagina attaccata sopra)

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Notazioni didascalichesul tono verbale

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Didascaliecon variabile cromaticadiversa

Scenee scansionitemporalicon pennino diverso

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Didascaliecon variabile cromaticadiversa

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Parti cerchiateDidascaliesottolineate

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Pagine sciolte aggiunte

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Didascalietra parentesie in corsivo

Partievidenziate e cancellate

Numeridi pagina

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Posizionediversaper le didascalie dei silenzi

Didascalietra parentesi

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Riflettendo sui copioni, sulle loro funzioni e usi nel tempo, sono emerse molte caratteristiche comuni anche ad elaborati simili, come i libri di testo (soprattutto per la funzione) ed i salteri (per il tipo di organizzazione visiva delle informazioni). Alcuni principi e caratteristiche, infatti, sono gli stessi:

“(...) Principio di accessibilità totale dei contenuti. (...)Complesso sistema di strutture sintattiche e tipo-grafiche. (...) Il lettore inesperto riconosce differenti funzioni delle diverse parti di un testo sulla base dei segni tipografici utilizzati, mentre il lettore esperto effettua una lettura selettiva e non lineare (come nella fase di memorizzazione, quando si conosce il testo e la materia). (...) Funzioni metacognitive delle componen-ti testuali tipografiche che suggeriscono la strategia di lettura, in cui sono importanti le scelte tipografiche e le ancore testuali.”

Già nella didattica, ma in generale in tutti gli ela-borati editoriali, tutti i principi citati sono resi con elementi più o meno fissi, codificati e assodati, come quelli elencati da Riccardo Falcinelli:

143

4.4ELABORATICON CARATTERISTICHE SIMILI

Progetto grafico n.20, Montagna Valentina, Strategie di letturae tipografia nei libridi testo, AIAP, Luglio 2010, p. 47-51

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“(...) Segni che non hanno a che vedere col parlato ma indicano la struttura logica. (...) La lingua scritta ha i suoi mezzi per esprimere pause, esitazioni, interruzioni, enfasi. (...) Convenzioni del testo scritto come punteggiatura, rientri, corsivi e grassetti, note, esponenti. (...) Modelli spaziali. (...) Posizione dei segni che ha un preciso valore semantico e veicola infoma-zioni precise.”

Libri di testoTornando all’esempio dei libri di testo, anche nel

copione il principio di accessibilità totale dei conte-nuti deve essere un vincolo da rispettare nonostante sia un elaborato composto di un “complesso sistema di strutture sintattiche e tipografiche” e, come abbiamo vi-sto, per leggere questo sistema dobbiamo appoggiar-ci ed avvalerci della distinzione tra lettore inesperto ed esperto che attua diversi stili di lettura.

“Il lettore esperto attua una lettura selettiva, non lineare (...) il lettore inesperto, senza buoni schemi, riconosce diverse funzioni delle diverse parti di un testo sulla base dei segni tipografici utilizzati (...) dalle diverse componenti testuali tipografiche e metacongi-tive che aiutano a suggerire la strategia di lettura”

SalteriL’analisi sinsemica effettuata su due diversi tipi

di salteri ha ispirato le precedenti analisi sui copioni ed ha fornito un metodo per far emergere alcuni aspetti che, altrimenti, non sarebbero potutti essere resi evidenti.

Riccardo Falcinelli, Guardare, pensare, progettare: neuroscienze per il design, Stampa alternativa Nuovi Equilibri, Viterbo 2011, p. 203

Progetto grafico n.20, Montagna Valentina, Strategie di letturae tipografia nei libridi testo, AIAP, Luglio 2010, p. 51

> pag146-148

2.3 pag 73

145 145

Inoltre, anche per i copioni alcune considerazio-ni, tipo la seguente

“(...) Nell’edizione del 1494 i commenti sono collegatial testo principale attraverso un sistema di note.Un’informazione che era resa spazialmente nell’edi-zione del 1485 (legame tra testo principale e commen-to) è stata trasformata in segni grafici.”

sono state utili per dare un metodo alla maniera di riconcepire il copione, e per prendere in conside-razione un approccio sinsemico alla riprogettazione, aiutando a pensare come e perché rendere alcune informazioni spazialmente, quali variabili e notazio-ni usare o tralasciare.

Salterium brunorisin Sinsemiasynsemia org/2010/11/18/salterium-brunonis/,10 gennaio 2014

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Schema delle tipologie di lettura da:Progetto grafico n. 20, Montagna V., Strategiedi lettura e tipografia nei libri di testo, AIAP,Luglio 2010.

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Delle pagine di Libri di testo per la didattica, con caratteristiche che hanno ispirato il nuovo copione, da: Progetto grafico n. 20, Montagna V., Strategie di lettura e tipografia nei libri di testo, AIAP, Luglio 2010.

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La caratteristica utile della navigazione a rubrica di alcuni libri di testo ed utile al copione, da: Progetto grafico n. 20, Montagna V., Strategiedi lettura e tipografia nei libri di testo, AIAP,Luglio 2010.

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Schermata parziale dell’analisi sinsemicadi due Salterium Brunoris, da sinsemia.files.wordpress.com/2010/11/brunonis.pdf, 10 gennaio 2014.

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5ELABORATI FINALI

5.1TAPPE DELLA PROGETTAZIONE

Gli elaborati finali sono tre nuove organizzazioni strutturali del copione: una per l’attore, una per il regista ed una per il tecnico di luci, suoni e movi-menti scenografici.

I copioni sono stati progettati contemporanea-mente, ed hanno quindi attraversato le stesse tappe di progettazione negli stessi momenti, in modo da avere sempre una visione completa dell’avanzamen-to di “riconcepimento” del testo teatrale.

Mostreremo così in ordine cronologico la pro-gettazione di ogni singola tipologia di elaborato, ed i problemi a cui si è dovuto far fronte, seguendo i vari “step” progettuali susseguitesi. Gli step sono quat-tro, e li illustreremo qui di seguito in questo capito-lo, subito dopo aver presentato delle considerazioni che sono alla base del progetto.

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Considerazoni preliminariL’importanza della scrittura non lineare è ormai

considerata in ogni ambito ed è uno dei modelli spa-ziali, come afferma Riccardo Falcinelli, infatti,

“nella maggior parte dei casi la posizione dei segni ha un preciso valore semantico, veicola informazioni precise.”

Si pensi infatti agli scontrini o agli orari di au-tobus o treni, dove la posizione di ogni elemento ne indica una funzione; oppure alle poesie o ai fumetti, che, scritti in maniera lineare (“prosaica”) verrebbe-ro snaturati.

Nei copioni progettati, le posizioni saranno fon-damentali, così come lo saranno l’insieme di

“segni figurativi più segni scrittori e grafici”

secondo la definizione di scrittura di Roy Harris e secondo la metodologia sinsemica per cui il mesco-larsi di scritture, figure, notazioni è la norma. Questa è una delle possibilità previste.

Inoltre, aiutandoci con le considerazioni di Ge-rard Unger, si è pensato di fare uso di queglielementi di

“(...) innotazione, ovvero sottolineature, parentesi,virgolette, corsivo, neretto, rientri, etc.”

che possono risultare utili ai fruitori, in modo da avere ben differenziate e riconoscibili le parti e le loro funzioni nel copione e nella recitazione.

Riccardo Falcinelli, Guardare, pensare, progettare: neuroscienzeper il design, Stampa alternativa Nuovi Equilibri, Viterbo 2011, p. 270

Luciano Perondi, Sinsemie: scritture nello spazio, Stampa alternativa Nuovi Equilibri, Viterbo 2012

Gerard Unger, Il gioco della lettura, Stampa alternativa Nuovi Equilibri, Viterbo 2006 p. 140

153 153

1. LivelliDalla suddivisione in tredici sistemi

di segni di Kowzan si è preso spunto per iniziare la progettazione, facendo di ogni sistema di segni un livello del copione e, letteralmente, un livello del file di Adobe Illustrator su cui si è operato.

In questo modo, come vedremo nei capitolo suc-cessivi, si è ben riuscito a distinguere quali sistemi di segni/livelli necessitano di comparire per essere usati dal fruitore a cui è diretto l’elaborato (o attore, o regista, o tecnico) ed a inserirli o meno nella strut-tura del copione.

2. Prove di decodificaLa progettazione degli elaborati è proceduta di

pari passo alla continua verifica con attori e registi e tecnici della compagnia teatrale “Il Guitto”, i quali, di fronte ad ogni elaborato sottoposto, erano stimo-lati da domande specifiche a fare presenti eventuali punti di forza o punti deboli dell’organizzazione del copione, e ad esternare eventuali considerazioni (sia negative che positive) riguardo l’elaborato.

Le prove di decodifica seguono uno schema preciso, che prevede la scelta di un “lettore model-lo” (i nostri fruitori), un’area di interesse, domande principali e secondarie.

Le prove di decodifica degli elaborati sono sem-pre state fatte di persona, a mezzo intervista.

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www.ilguitto.org

5.1 pag 156

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3. Test su scalaLe prove di decodifica tengono conto di quello

che è stato detto al momento dai fruitori intervistati.Con il test su scala, poi, si sono messi i fruitori in

condizione di capire e usare concretamente gli ela-borati, chiedendo cosa ne pensavano delle questio-ni di usabilità, chiarezza ed efficacia, dopo una prova effettiva di utilizzo.

Si sono stabiliti allora cinque criteri (tipo: “Fa-cilità d’uso”) a cui, dopo aver consegnato un plico con il rispettivo copione ed il foglio per il test, ogni fruitore doveva attribuire un punteggio mettendo una croce sul numero della “scala di efficacia”. Il test presentava anche un campo libero per eventuali commenti o annotazioni aggiuntive, e ognuno era invitato ad usare il copione. Gli attori hanno provato a recitare con i copioni forniti, il regista ed i tecnici ad usarlo per il loro lavoro.

Il campione preso in considerazione è compo-sto dai trenta teatranti della compagnia teatrale “Il Guitto”, tra attori, tecnici, regista e aiuto regista, dei cui risultati descriveremo nello specifico le reazioni ed i risultati nelle sezioni seguenti.

4. ApprodoAlla fine di ogni sezione, dopo aver illustrato il

procedimento progettuale, è presente l’elaborato a cui, infine, si è giunti; e che è soggetto degli argo-menti della conclusione.

conclusioni pag 157

risultati test

pag 170-

> pag 157

5.5 pag 189

155

Dalla suddivisione in tredici sistemidi segni di Kowzan si è preso spunto per iniziare la progettazione, facendo di ogni sistema di segni un livello del copione e, letteralmente, un livello del file di Adobe Illustrator su cui si è operato.

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Schema di organizzazione delle provedi decodifica, realizzato con CmapTools.

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Il questionario.

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Cop

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5.2IL COPIONE PER L’ATTORE

1. LivelliInizialmente nel copione i livelli dei sistemi di

segni erano tutti attivi, per avere una visione com-pleta degli elementi che entrano in gioco e di quelli che quindi devono essere presi in considerazione (anche se accorpati, in alcuni casi).

Il trucco e la capigliatura erano insieme, il costume a parte; poi vi erano: illuminazione, musica e suoni, arredamento e accessori, il movimento scenico (scenografico), i segni della sfera “corpora-le” come gesto e mimica, i segni relativi al tempo, i silenzi e le pause ed infine i segni del verbale (parola e tono).

In definitiva i livelli possono essere ridotti a cinque: i due segni verbali di tono e parola, il gesto e la mimica in un solo livello, i silenzi e le pause, ed i segni del tempo. Sono questi cinque, infatti, i sistemi di segni di cui l’attore si preoccupa nel suo lavoro.

Ad ogni livello corrisponde una peculiare orga-nizzazione nell’architettura del copione.

> pag 161

160

Bozzetto di ipotetica organizzazione dei segni teatrali all’interno del copione.

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Cop

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I livelli (in Adobe Illustrator) di progettazione. Gli insiemi di segni erano inizialmente tutti, anche se accorpati, in alcuni casi;ma in definitiva sono cinque (escluso quello per i numeri di pagina).

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Da qui è iniziata la progettazione, che è avanzata poi, per gradi, con gli esiti delle prove di decodi-fica. Sicuramente però, gran parte dell’organizza-zione dei segni, ha seguito l’idea -avuta durante lo studio della Ubersfeld- di suddivisione verticale a colonne delle informazioni.

La prima soluzione proposta era una pagina (non A4 ma di formato dovuto all’organizzazione delle colonne e dei segni), in cui la parte verbale della “parola da recitare” è in nero per tutti gli attori. L’attore che deve interpretare “Estragone”, ha la sua parte in evidenza perché senza rientro a sinistra.

Il tono col quale pronunicare la battuta è indicato a sinistra del testo fonetico, in grigio e tra parentesi, per entrambi i personaggi.

Per i gesti e la mimica, tutti nella colonna di destra, l’idea è stata quella di collegarli al punto del testo fonetico in cui devono essere fatti, evidenzian-do di volta in volta una lettera, in caso di azione pun-tuale, o un’intera battuta, in caso di azione contem-poranea alla recitazione della battuta stessa; mentre le pause sono le linee vuote e grigie in mezzo al testo fonetico.

Per calcolare i tempi delle pause si è pensato di regolare la misura della colonna del testo fonetico cronometrando il tempo medio necessario a pronun-ciare una riga di battuta contenuta nella colonna. Il tempo è risultato di circa 2 secondi e mezzo, per cui, nel caso di tre righe di pausa, in cui ogni riga di pausa sarebbe dovuta durare tre secondi, avremmo dovuto calcolare: 3 secondi x 3 = 9 secondi di pausa.

Gli atti e tutte le informazioni sono riportate in alto a sinistra.

La font scelta è il Karla, di Jonny Pinhorn, per il suo kerning piuttosto largo, chiarezza e leggibilità.

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La prima prova di copione per attori.

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2. Prove di decodificaRiguardo l’elaborato della pagina precedente,

le annotazioni e osservazioni della decodifica sono state le seguenti:

Gli esaminati leggono per prima cosa l’ambientazione in alto a destra.Risulta a tutti chiaro e pulito.Distinguono bene le proprie parti e battute.Non capiscono le righe delle pause e le prendonoper righe predisposte per le note.Qualcuno di solito le note le appone a destra,quindi pensa che vada bene perché vi è spazio disponibile, che non è in realtà spazioper le note, ma è per le didascalie per il movimentoed i gesti.Riguardo lo spazio per le note personali molti preferiscono del bianco libero, mentre uno spazio predisposto sarebbe troppo schematico.È meglio evidenziare la parte del tono visto che sono poche righe, e l’attore ha bisogno di vederle subito.

A questo punto è stato proposto il secondo pos-sibile copione, con le dovute correzioni:non più linee per le pause, ma aree grigie; i livelli in cui vi erano ciò che doveva essere recitato dall’atto-re e con quale tono sono stati “accesi”, mentre quelli riguardanti altri personaggi sono stati “spenti” con variabili cromatiche e di peso della font.

I segni riguardanti la temporalità (come gli atti) sono stati posizionati a rubrica sul lato destro in modo da scorrere.

Per le azioni e la mimica, si è pensato di creare un elemento particolare da inserire nel testo foneti-co al momento dell’attacco di un’azione puntuale.

È poi seguita la seconda prova di decodifica.

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Va bene, capiscono tutto, leggono tutto beneed è chiaro.Prevedere però, nella parte temporale, un attaccoper le scene.Inoltre solitamente l’attore sfoglia solo sul frontee piega l’elaborato, formato A4, che si stampa facilmente ed è abbastanza grosso.Rivedere quindi anche i margini, adatti a rilegature molto diverse (dal punto metallico, alla spirale, etc.).Le pause non sono ancora chiare.

Con il terzo tentativo si è pensato di utilizzare per tutti i sistemi di segni l’organizzazione “acceso/spento”, con la quale l’attore è messo in condizione di riconoscere velocemente, quasi immediatamente, le proprie battute, i toni con cui dirle ed i gesti da compiere durante la recitazione, o puntualmente, a parte. L’unico cromatismo presente è quello del rosso per i gesti ed il mimo, che possiedono anche un segno di cesura per rendere più immediata la fine del gesto. Le variabili spaziali sono state gestite in maniera ottimale ed adattate al formato A4.

Quest’ultima prova di decodifica non ha avuto nessuna critica da parte degli attori, se non la que-stione irrisolta delle pause, che risulta districata nel copione definitivo, in cui le ultime modifiche hanno riguardato:

La microtipografia del tono (allineamento, grandezza dei rettangoli, non più parentesi)Per l’attore a cui è destinato il copione: non c’è bisogno del nome del personaggio ripetuto.Indicatori di secondi per le pause: puntini in verticale per scandirle bene mentalmente.Aggiungere una variabile numerica ai quadratini delle azioni, in cui la sola variabile cromaticanon basta.

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La seconda prova di copione per attori.

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La terza prova di copione per attori.

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169Due pagine della struttura definitiva del nuovo copione per attori.

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3. Test su scalaIl test, effettuato considerando solo il copione

definitivo delle pagine precedenti, è risultato molto positivo, dichiarando quindi l’elaborato efficace.I punteggi sono stati, in media, per ogni punto:

Facilità d’uso: 4.1

Leggibilità: 4.6

Chiarezza: 4.3

Riconoscimento: 4.4

Aiuto allo studio: 4.4

Suggerimenti e note: occorrono una decina di minuti di prove mentali per entrare nell’ottica dell’organizzazionedel nuovo copione, ma poi è tutto molto chiaro, ordinato e utile.

Punteggio efficacia copione attori: 4,36

4. ApprodoIn conclusione, la nuova organizzazione del

copione per gli attori risulta essere efficaceed apprezzata; anche se occorre una legenda e,a detta degli attori, un minimo di tempo per abituar-si all’uso dell’elaborato.

171 171

5.3IL COPIONE PER IL REGISTA

1. LivelliAnche in questo caso i livelli dei sistemi di segni

erano inizialmente tutti attivi e sono stati accorpati e trattati per ciò che concerne l’attività del regista ed i suoi bisogni.

In definitiva il regista è colui che si occupa di tutti i sistemi di segni, nessuno escluso; questo non lascia altra scelta se non quella di lavorare con dieci livelli diversi, attribuendo a ciascuno variabili visive ed organizzazioni spaziali diverse.

I segni organizzati sono: quelli verbali (parola e tono), le pause, il gesto e la mimica, il tempo, la scenografia ed i suoi movimenti, l’illuminazione, la musica ed i suoni ed infine gli elementi estetici quali costume, trucco, capigliatura.

La prima soluzione proposta è risultata, analoga-mente all’attore, una pagina (non A4 ma di forma-to dovuto all’organizzazione), in cui la parte del “verbale-parola da recitare” è in nero per tutti gli attori,ma l’alternanza delle battute è data dai rientri a sinistra. Il tono col quale pronunicare la battuta è indicato a sinistra del testo fonetico, in grigio e tra parentesi, per tutti i personaggi.

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I livelli (da Adobe Illustrator) all’inizio della progettazione del copioneper registi e quelli effettivamente usati.

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La prima proposta di copioneper i registi.

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I gesti e la mimica, tutti nella colonna di destra, si presentano tutti in rosso, con il rimando nel punto giusto del testo fonetico (la forma quadrata). Anche per il regista è importante sapere se si tratta di un’a-zione puntale o contemporanea al testo recitato, che è quindi evidenziato di rosso, a prescindere dal per-sonaggio. Le pause sono state inizialmente cercate di rendere con i semplici bianchi, per non aggiungere altre notazioni.

Infatti, sul lato sinistro, del foglio, sono posi-zionati tutti i segni estetici, scenografici, uditivi e luminosi che il regista deve controllare, e che trova-no il loro “attacco” nel testo fonetico per mezzo di linee continue, o tratteggiate, o con la sola variabile spaziale. Per il costume e trucco dei personaggi, questo è suggerito dal fumetto che si ricollega al nome del personaggio, in quanto elemento che può permettersi di essere ingombrante, poiché si tratta di un’informazione che non ricorre spesso.

Anche in questo caso la larghezza della colonna che contiene la battuta è calcolata sui tre secondi.

2. Prove di decodificaRiguardo la prima organizzazione del copione, la prima decodifica è stata:

Va bene, ma prevedere lo spazio per le scene.Racconta tutto e sarebbe molto comodo per il regista.Importante lo spazio per i cambiamenti e annotazioni perché l’opera non è mai definitiva.È importante il formato A4.

A questo punto, vista al risposta positiva, si è modificato il primo elaborato aggiungendo le scene nella scansione temporale a rubrica, facendo attenzione al formato, e iniziando a

> pag 173

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lavorare su elementi tipografici importanti da aggiustare, dopodiché la seconda prova è stata necessaria solo a far fronte ad alcune “sovrabbondanze di variabili” che potevano confondere, anche se questioni microtipografiche.

Non si capisce come mai, nella parte gestuale, talvolta il testo è in Italic, talvolta in Regular; meglio optare per una sola variante.La sillabazione infastidisce nel tono.I quadratini rossi delle azioni sono da numerare perché la variabile visiva del rosso è diversa, ha intensità diversa e non basta.

Il copione per il regista, definitivo, presenta molti elementi, ma cerca di essere il più possibile vicino, coerente, con quello dell’attore, di cui assume molti aspetti utili ed immediati.

3. Test su scalaIl test, effettuato considerando solo il copione

definitivo, ha prodotto questi punteggi:

Facilità d’uso: 4

Leggibilità: 5

Chiarezza: 4.5

Riconoscimento: 4.5

Aiuto allo studio: 4.5

> pag 177

> pag 178-179

176

Suggerimenti e note: occorre un po’ di pratica per saper usare bene un copione così, ma c’è veramente tutto, non manca nulla, ed un regista non dovrebbe più chiedere in giro a truccatori, tecnici, scenografi, etc. i dati specifici, perché avrebbe tutto lì.

Punteggio efficacia copione registi: 4,5

4. ApprodoNonostante la complessità dell’organizzare vi-

sivamente, in maniera organica e chiara, una simile mole di segni, il punteggio dell’efficacia fa pensare ad un buon approdo anche in questo caso.

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5. E

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L’organizzazione del copionedel regista dopo la prima provadi decodifica.

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Due pagine della struttura definitiva del nuovo copione per registi.

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5.4IL COPIONE PER IL TECNICO

1. LivelliPer i tecnici i livelli usati sono molto legati alla

temporalità, ed infatti gli elementi dell’organizzazio-ne del nuovo copione si sviluppano molto in vertica-le, seguendo l’andamento della linea temporale.

I sistemi di segni presi in considerazione sono quindi il tempo, l’illuminazione, la musica ed i suoni, la scenografia con i suoi accessori e, infine, il ver-bale; quest’ultimo si combina, in questo caso, con il gestuale, in quanto il tecnico è colui che ha bisogno di avere lo spettacolo completo, definitivo, di movi-menti e parole, in cui attaccare gradualmente tutti quegli elementi mediali diversi.

I livelli sono quindi sette, ottenendo anche in questo caso un copione ricco di elementi da organiz-zare.

L’idea iniziale di progettazione, ed il primissi-mo risultato, prevedeva, inizialmente, la notazione temporale in alto a sinistra, ben in vista e con corpo molto grande, mentre il resto dello spazio verticale era organizzato in tre colonne: la prima a sinistra per le tracce musicali ed i suoni e, a destra del testo fonetico, una colonna per i movimenti scenografici

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I livelli (da Adobe Illustrator) all’inizio della progettazione del copioneper i tecnici e quelli effettivamente usati.

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La prima prova di copioneper i tecnici.

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e, infine, una per le luci. Gli attacchi erano dati dalla variabile spaziale, per cui ogni elemento era posto all’altezza del testo o dei movimenti da fare in quel momento.

Sono state usate diverse variabili cormatiche (scala di grigi) e non c’era una precisa notazione per le pause.

2. Prove di decodificaLe prime annotazioni sono state:

La trovata delle colonne sia per le luciche per le musiche è stata definita molto utile.Le colonne per le musiche, le luci e le scene devono stare vicine, se non fare una unica colonna.Un copione così lo userebbero, hanno affermatoi tecnici. Un copione così lo userebbero, e sarebbe utile sopratutto per le le colonne divise.

È stato allora ripensato in maniera da dare ancora più importanza agli elementi di cui il tecnico si deve occupare (luci, musica, movimenti scenografici); e a differenziarli adeguatamente a seconda delle colonne.

Va bene, meglio ancora delle colonne, gli attacchi con le linee di durata. capisce tutto, legge tutto bene ed è chiaro. prevedere attacco scene, formato A4 e il fatto che lo spazio può essere molto, o poco, quindi meglio optare per stampa solo fronte.Colonne più strette per prevedere simultaneità.Dove la musica va a sfumare, sfuma la colonna.Segno d’inizio e segno di fine, altrimenti sembra una parte del testo evidenziata.

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5. E

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Dopo queste accortezze, si è giunti all’elaborato finale, che possiede elementi coerenti (anche solo lo stesso metodo progettuale) con i due precedenti, ma si differenzia molto, in quanto, il tipo di lavoro sul copione, compiuto da un tecnico, è molto diverso da quello compiuto da attori e registi.

Il copione per il tecnico, definitivo, presenta molti elementi, ma cerca di essere il più possibile vi-cino, coerente, con quello dell’attore, di cui assume molti aspetti utili ed immediati.

3. Test su scalaIl test, ha ottenuto questi risultati:

Facilità d’uso: 4.5

Leggibilità: 5

Chiarezza: 3.5

Riconoscimento: 4.5

Aiuto allo studio: 4.5

Suggerimenti e note: n.p.

Punteggio efficacia copione tecnici: 4,4

4. ApprodoIl compito del tecnico non è facile, ma l’elabo-

rato così concepito tenta di essere il più preciso ed utile possibile, cercando di fornire uno strumento sufficientemente dettagliato cosa che, per l’approdo temporaneo, sembrerebbe.

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La seconda prova di copioneper i tecnici.

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187 L’elaborato copione definitivoper i tecnici.

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5.4 Il

copi

one p

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tecn

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5.5ELABORATI DEFINITIVI

5.5 E

labo

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defin

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Mostriamo ora, per esteso, i nuovi copioni tea-trali così come sono stati riconcepiti,con la rispettiva legenda, per agevolare l’inizio dell’uso del copione.

Nell’ordine:

per gli attoriper i registiper i tecnici

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CONCLUSIONI

Il progetto di riconcepimento del copione tea-trale ha portato ad avere un tipo di organizzazione degli elementi all’interno dell’elaborato più chiara ed immediata. Alle caratteristiche di leggibilità ed efficacia generale si aggiunge, grazie agli studi preli-minari sulla semiotica del teatro e del testo teatrale, una completezza delle informazioni presentate tale da non tralasciare alcuna informazione di cuiil copione si fa carico.

Molti operatori del settore a cui è stato mostrato l’elaborato hanno dimostrato entusiasmo e coinvol-gimento, che ha reso gratificante il lavorare ad un progetto utile, che può essere portato avanti.

Una delle proposte, a proposito, è stata avanza-ta non solo dalla sottoscritta, ma anche dai registi stessi: realizzare un software di editing di testi teatrali che adotti l’architettura proposta, e che dia la possibilità di creare copioni completi di tutte le parti della comunicazione, con un minimo dispendio di energie.

Esistono infatti dei software che permettono la creazione di copioni teatrali e sceneggiature cinema-tografiche (come Celtx e Trelby), ma, a tuttoggi, non

propongono la totalità di informazioni che, invece, si può raggiungere adottando questo approccio.

Grazie alle basi teoriche e di analisi, infatti, la comunicazione che si attua a teatro è resa esplicita, cercando di dare una forma al testo drammatico che possa aiutare coloro che devono rendere il testo una messinscena.

Il testo organizzato nel nuovo copione proposto non è da considerarsi un testo statico, ma piuttosto come un testo taggato in XML, quindi dinamico, che può diventare altro; che può piegarsi alle esigenze di chi si trova in condizione di mettere in pagina un ipotetico copione.

È per questo che la realizzazione di un software, o di un plug-in per programmi già esistenti (Microsoft Office Word, Adobe Indesign, etc.) può rendere ac-cessibile a tutti questo nuovo modo di concepire il copione, dando la possibilità ad ogni attore, regista, tecnico, di sceglierne le caratteristiche, di editarlo velocemente e nella maniera più completa possibile e di individuare rapidamente gli elementi che lo compogono, rendendo agevoli tutte quelle operazio-ni che sarebbero altrimenti problematiche sia in fase di lettura, che di studio.

207 207

Indi

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British Library special-1.bl.uk/treasures/SiqDiscovery/ui/record.aspx?Source=text&LHCopy=33&LHPage=8&RHCopy=33&RHPage=9

Fotografia personale presso la Biblioteca Federiciana, Fano (PU)

Scansioni del copione “T’arcordi el varietà”, per gentile concessione della compagnia “Il Guitto”

Fotografia personale presso la Biblioteca Federiciana, Fano (PU)

Screenshot da docs.google.com/file/d/0B_6sWr8540sIRTY3aVBIQmRlOTQ/edit?pli=1

p. 39, 46, 48, 51, 55

p. 62-63

p. 71

p. 86

p. 87

p. 113

p. 115

p. 117, 121, 140

da p. 128a p. 139

p. 141

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Aspettando Godotdocs.google.com/file/d/0B_6sWr8540sIRTY3aVBIQmRlOTQ/edit?pli=1

Software Celtxwww.celtx.com

Software Trelbywww.trelby.org

Treccanihttp://www.treccani.it/

Sito

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Grazie

A mio padre, che nel 1978 ha iniziato a scrivere copionie nel 1991 a leggermi libri.

A mia madre, che non mi ha mai fatto mancare i frutti dell’orto e tutti i migliori Nutrimenti.

A mia sorella, che sa come si usa un mascarae una sorella maggiore.

A Davide, che è allergico a tuttoma non a me.

Al Guitto, che si è reso disponibile a prendermi sul serio,ridendo.

Agli amici di Fano, che ci si vede poco,ma si sta insieme da una vita.

Ai tre di Casarcobaleno, che anche senza Alfio,ce la cavavamo benissimo.

Alle quattro di Stallacce, che preparavamo gli esami (e la tesi),ma mai troppo.

Agli amici ad Urbino, che non c’è mai niente da fare,ma si fa sempre tardi.

Alle colleghe del Ciotola, che stavo troppo seduta al computere mi hanno fatta camminare.

Ai bibliotecari, che mi hanno sempre sorriso,e ormai mi chiamano per nome.

A Merlino e la Peggy, che se l’Eri fa la tesi,allora possiamo miagolabbaiare.