La mattanza di montréal

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La seconda guerra di maa in Québec aveva relegato il clan Rizzuto a un ruolo da comprimari. Adesso la famiglia potrà contare sulla scarcerazione del padrino Vito, pronto a vendicarsi contro i Bonanno e a riconquistare il potere con il sangue. Ma nell’ombra si muove la ’ndrangheta che potrebbe diventare il terzo incomodo della faida di Saul Caia i

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La guerra di mafia che negli anni '70 aveva sconvolto il Québec, torna a mietere nuove vittime. Una ricostruzione della storia mafiosa in Canada, dalla scalata del clan Rizzuto, alla vendetta dei Bonanno, fino alle nuove ombre della ’ndrangheta e della Siderno Group. In aggiunta, un'intervista al giornalista e scrittore Antonio Nicaso. (Pubblicato sul mensile Narcomafie, numero 10, anno 2012)

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La seconda guerra di ma!a in Québec aveva relegato il clan Rizzuto a un ruolo da comprimari. Adesso la famiglia potrà contare sulla scarcerazione del padrino Vito, pronto a vendicarsi contro i Bonanno e a riconquistare il potere con il sangue. Ma nell’ombra si muove la ’ndrangheta che potrebbe diventare il terzo incomodo della faida

di Saul Caiadi Saul Caiadi

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Nell’immaginario collettivo il Canada è legato alla florida vegetazione, alle catene mon-tuose, ai grandi laghi. Descri-vendo il paese non vengono in mente la parola mafia, i giochi di potere, gli attentati, i conflitti a fuoco. Eppure a Montréal, nella regione del Québec, la seconda città per numero di abitanti e per ita-liani residenti, tutto questo lo conoscono bene. In questi giorni, in molti, aspettano il ritorno di Vito Rizzuto, l’ultimo padrino del Nord America, scarcerato il 6 ottobre, dopo aver scontato una condanna di 10 anni nel penitenziario di Florence, in Colorado. Considerato il “Teflon Don”, letteralmente il “don impermeabile”, per la sua capacità di essere pro-sciolto da ogni accusa, era finito in manette grazie alla ricostruzione di Joe Pistone (l’agente Fbi passato alle cro-nache anche cinematografiche per le sue importanti ope-razioni da infiltrato, meglio noto come Donnie Brasco), e al pentimento di Salvatore Vitale, che racconta nel 2004 come si erano svolti tre diversi omicidi commessi ai danni del clan Bonanno. Philip “Philly Lucky” Giaccone, Dominick “Big Trin” Trinchera e Al-phonse “Sonny Red” Indeli-cato vennero freddati nel 1981 con la complicità di Vito. Con l’accusa di triplice omicidio, gli Stati Uniti chiedono al Ca-nada l’estradizione del boss, ma bisognerà attendere 31 mesi di battaglie legali prima che venga concessa. Adesso che Rizzuto è tornato in libertà molti sono convinti che il padrino desideri riprendersi,

anche con il sangue, quello che gli antagonisti gli hanno tolto negli ultimi anni.

La storia dei Rizzuto ha come inizio la Sicilia. A Cattolica Eraclea, piccolo comune in provincia di Agrigento, na-sce nel 1924 Nicolo Rizzuto. Figlio di contadini, inizia da ragazzo come “campiere”, ovvero guardiano dei latifon-di terrieri, guadagnandosi la stima e il rispetto del suo padrone, il barone Agnello. In seguito sposa Libertina Manno, figlia di Antonino, boss del paese. L’Italia è appena uscita dalla seconda guerra mondiale. Per molti il sogno è l’America. Nicolo insieme alla moglie e i due figli decide di emigrare a Montréal nel 1954. All’epoca la mafia del Nord America era un’altra cosa. Calabresi, campani, pugliesi e siciliani univano le forze sotto lo stesso tetto per controlla-re il territorio. Nick, come venne ribattezzato nel nuovo continente, entrò ben presto nella “succursale canade-se” dei Bonanno guidata dal boss calabrese Vic “The Egg” Cotroni. Nel 1975, però, il padrino scelse di farsi da parte e lasciare il comando al suo uomo di fiducia, Paul Violi, anche lui calabrese. Ma Nick non è più il giovane “campiere” di un tempo. L’esperienza canadese lo ha cambiato, il suo carisma lo ha trasformato in un leader e i suoi contatti lo spingono a non accettare la decisione di Controni. Sceglie di in-traprendere un’altra strada, quella del sangue.

Lentamente inizia una guerra fredda fra le due famiglie che si contendevano il potere. I porti del Canada sono fon-damentali per il commercio dell’eroina, e per questo en-trambe le fazioni sono disposte a tutto. Da una parte ci sono i siciliani, guidati da Rizzuto e legati al clan agrigentino dei Cuntrera-Caruana, noti come i “banchieri di Cosa nostra”, già ampiamente inseriti nel commercio degli stupefacenti che dal Sud America transi-tava in Canada per poi essere commercializzato in America ed Europa. Dall’altra ci sono i calabresi capeggiati dai Violi, vicini alla famiglia dei Bo-nanno di New York, coinvolti nell’operazione “French Con-nection” per il commercio di eroina dagli Stati Uniti alla Francia. Per sfuggire alla mor-te, Nick lascia il Canada in-sieme alla famiglia e si rifugia in Venezuela, ma con l’ausilio del cognato Domenico Manno orchestra da lì la prima guerra di mafia che sconvolgerà Mon-tréal. La faida si apre il giorno di San Valentino del 1976 quando Pietro Sciara, consi-derato uno dei consiglieri del boss Violi, viene freddato in strada insieme alla moglie, guarda caso aveva appena visto al cinema il “Padrino II”. L’anno successivo cade, crivellato da colpi di pistola e fucile da caccia, Francesco Violi, fratello minore del boss e garante economico della fa-miglia. Poi a gennaio ’78 è la volta del padrino, Paul Violi, ucciso da un colpo di fucile alla testa mentre giocava a carte nel suo bar nella Little Italy di Montréal. La mattanza

Nick Rizzuto amministra gli affari come un uomo d’onore d’altri tempi. Niente pizzini o messaggi scritti, solo poche parole, come si faceva nelle tradizionali famiglie ma!ose dei vari Greco e Badalamenti

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Antonio Nicaso, giornalista e scrit-tore calabrese, autore di diversi libri sulla criminalità organizzata, tra i quali Fratelli di sangue e La malapianta pubblicati insieme al procuratore Nicola Gratteri.

La sfida ai Rizzuto coinvolge vecchi nemici e nuovi rivali. Con l’estradi-zione di Vito, si è creato un vuoto di potere, e tutti hanno cercato di trarre vantaggio. C’è un’ipotesi in-vestigativa, che dietro questa sfida ci sia la ’ndrangheta, che però in questi anni non è mai apparsa, non è mai stata coinvolta direttamente in nessun omicidio. C’è chi sostiene che abbia ispirato e motivato tutti coloro che avevano risentimenti e rancori verso Vito Rizzuto. La ’ndrangheta della Locride si era guardata bene dallo spingersi fino a Montréal, lo ha fatto adesso visto che c’è questo vuoto di potere, perché sta cercando nuove rotte per il traffico di cocaina. Spesso chi controlla Montréal controlla il mercato della cocaina negli Stati Uniti, in quanto è facile far sparire un container dal “Port de Montréal” e poi trasferire il contenuto pas-sando attraverso riserve cuscinetto che sorgono proprio a confine tra Canada e Stati Uniti.

Gli omicidi dei due leader delle gang locali (Big Dupuy e Lamartine dei Bo-Gars, ndr.) sembrano una chiara indicazione di un tenta-tivo di rivalsa dei Rizzuto, che potrà contare sulla scarcerazione di molti esponenti del clan che era-no stati coinvolti nell’operazione “Colosseo”.I Bonanno vorrebbero riguadagnare

il potere su Montréal ma non hanno i mezzi per poterlo fare. Montagna è stato vittima di questo scontro che si è creato con Raynald Desjardins, braccio destro di Rizzuto: proba-bilmente anche lui ha cercato di trarre vantaggio dalla situazione, e suppongo che i due non si siano messi d’accordo e alla fine si sono fatti la guerra. Secondo me l’uni-ca vera organizzazione capace di controllare la situazione, e indi-rizzarla in un modo o nell’altro, è la ’ndrangheta che in Canada ha grossi investimenti, potenzialità e risorse.

Principalmente sui giovani che sono stati recentemente scarcerati dopo le condanne per l’operazione “Colosseo”, quindi penso a Gior-dano, e bisognerà capire cosa farà Francesco Arcadi, uno degli stretti alleati dei Rizzuto: pare che si sia allontanato dalla famiglia e sia uno di quelli che sta favorendo l’ingresso della ’ndrangheta nel Québec. In questo momento la cosa più difficile è definire le strategie, le alleanze. Cambiano continuamente. Quello che sta succedendo è il chiaro sintomo di una situazione senza controllo: prima queste cose non succede-vano a Montréal, quindi il fatto che adesso ci siano tutte queste schegge impazzite, tutta questa vio-lenza, questa lunga scia di sangue, chiaramente dimostra che non c’è un’organizzazione capace di con-trollare il territorio come avveniva ai tempi dei Rizzuto. Montréal è una sorta di polveriera, pronta ad esplodere. Penso che un boss del carisma e della potenza criminale come Vito Rizzuto non possa accet-tare così passivamente le perdite subite senza fare niente, quindi io mi aspetto un incremento del livello di violenza e conflittuale su Montréal.

La storia della famiglia Rizzuto è una storia di relazioni, adesso noi ci soffermiamo sull’ala militare o nel coinvolgimento di quest’orga-nizzazione nel traffico di droga, ma spesso non si tiene conto delle loro relazioni con la politica, con l’imprenditoria. Chi sta cercando di prendere il posto dei Rizzuto non dovrà soltanto mettere le mani sul territorio e controllarlo, ma dovrà anche entrare in contatto con quelle realtà che hanno contribuito a rafforzare il potere dei Rizzuto. La famiglia era molto forte nell’ambito politico, imprenditoriale e nel settore delle costruzioni.

Intervista ad Antonio Nicaso di S.C.

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si concluse con l’esecuzione di Rocco, ultimo dei fratelli Violi, freddato da un cecchino mentre si trovava seduto al tavolo da pranzo in cucina insieme alla famiglia.

Con lo sterminio dei Violi nessuno mette più in discussione il volere dei Rizzuto. Nick rien-tra a Montréal per prendere il pieno possesso degli affari canadesi. Inizia così l’impero incontrastato della famiglia, che con i suoi tentacoli con-trolla il territorio e il traffi-co della droga, orchestrando estorsioni, riciclaggio e racket. Nick Rizzuto amministra gli affari come un uomo d’onore

d’altri tempi. Niente pizzini o messaggi scritti, solo poche parole, come si faceva nelle tradizionali famiglie mafiose dei vari Greco e Badalamenti. Al “Club Social Cosenza”, un modesto bar dove si riunivano frequentemente emigrati me-ridionali per passare il tempo giocando a carte e chiacchie-rando, il padrino detta gli ordini. Negli scantinati c’è il quartier generale del clan Rizzuto. Tutto viene diretto nell’ombra, per lui il rispetto e l’omertà valgono più di ogni cosa. Al suo fianco emerge piano piano la figura del fi-glio Vito, decisamente più innovativo del padre. Cono-sce quattro lingue, veste alla

moda e frequenta gli ambienti di classe. Gioca a golf e ama viaggiare. La visione di Vito è quella di una mafia globa-le, allargata a ogni ambito. La droga serve per ottenere i soldi, che poi vengono velo-cemente reinvestiti nei mer-cati finanziari, nell’edilizia e in attività commerciali. A supporto ci sono specialisti, figure preparate per riciclare il denaro velocemente e sen-za intoppi. Commercialisti, avvocati, giudici, broker e prestanome servono per ga-rantire benzina alla macchina. In breve tempo Montréal di-venta il centro di un mercato dove lecito e illecito si fondo-no senza che si sappia dove finisca uno e inizi l’altro. Vito instaura numerosi rapporti d’affari con imprenditori e politici. Tra questi c’è Anto-nio “Tony” Magi, proprietario della Construction Ftm. Si è spesso sospettato del legame, seppure mai confermato, con Pietro Rizzuto, anche lui nato a Cattolica Eraclea ed emigra-to in Canada negli anni 50. Primo cittadino italocanadese a essere eletto al senato, non-ché proprietario della “Stato Inter Pavimenti Inc.”, passata alla storia per il crollo del cavalcavia “Concorde” nel 2006, dove persero la vita 5 persone. Il potere dei Rizzuto pian piano aumenta sempre di più, mentre la Royal Canadian Mounted Police, ovvero le giubbe rosse, prova in tut-ti modi a contrastare il loro impero. Nel 1990 la polizia canadese s’infiltra nel sistema del riciclaggio ammanettando diversi affiliati della famiglia, ma non basta per assicurare alla giustizia i boss.

Vito Rizzuto è decisamente più innovativo del padre. Conosce quattro lingue, veste alla moda e frequenta gli ambienti di classe. Gioca a golf e ama viaggiare. La visione di Vito è quella di una ma!a globale, allargata a ogni ambito. La droga serve per ottenere i soldi, che poi vengono velocemente reinvestiti nei mercati finanziari, nell’edilizia e in attività commerciali

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Gra-zie all’operazione “Brooklyn”, condotta dalla Dda di Roma nel 2005, emerge il tentativo d’infiltrazione dei Rizzuto nella realizzazione del pon-te sullo Stretto di Messina. La famiglia di Montréal era pronta a investire 5 milioni di euro per diventare partner ufficiale dello Stato italiano, per quell’opera sponsorizzata politicamente da Silvio Berlu-sconi. Il contatto tra Canada e Italia lo gestiva Giuseppe Zappia, un 80enne ingegnere italocanadese, che viaggia-va tra Montréal e Roma con il compito di reinvestire gli ingenti capitali della mafia nella realizzazione di nuove infrastrutture. Un anno più tardi è ancora l’Italia a chie-dere l’estradizione dei boss per l’operazione “Orso Bruno Gold”, condotta dalla Dia di Roma e dalla Guardia di fi-nanza di Milano, che stabiliva come i Rizzuto riciclassero oltre 600 milioni di dollari attraverso una società made

in Italy. I Rizzuto continuano a incassare colpo su colpo fino all’estradizione negli Stati Uniti di Vito, che indeboli-sce definitivamente il clan. A complicare le cose sarà l’ope-razione “Colosseo”, che per la prima volta vedrà trionfare le giubbe rosse contro la famiglia di Cattolica Eraclea. Nono-stante in Canada non sia pre-sente nel codice giudiziario la voce «associazione per de-linquere di stampo mafioso», vennero arrestati 90 affiliati del clan, compresi i vertici della cupola. I reati contestati andavano dal traffico di droga alle scommesse clandestine comprese quelle sul web, pas-sando per il possesso di beni ottenuti illegalmente e il reato di gangsterism. Le numerose vicende giudiziarie avevano messo in ginocchio i Rizzuto, eppure i problemi non era-no ancora finiti. Nell’agosto 2009 viene ucciso Federico Del Peschio, affiliato del clan. Da quel momento saltano gli equilibri e inizia una sequen-

za di omicidi che segnerà la seconda strage di sangue. Nel dicembre dello stesso anno viene freddato Nick Rizzuto jr., figlio di Vito, sepolto in una bara placcata in oro, men-tre nel maggio 2010 scompare misteriosamente Paolo Renda, cognato del padrino Nicolo. Un mese più tardi vengono assassinati Agostino Cuntrera e il suo guardaspalle Liborio Sciascia. A Siculania, terra d’origine di Cuntrera, si terrà persino una messa in memoria del boss, con don Leopoldo Argento, prete della chiesa del Santissimo Crocifisso, che nell’omelia parlerà del-la «bontà e generosità» del vecchio mafioso. Tre mesi più tardi è la volta di Ennio Bruni. In meno di un anno sei omicidi, tutti ai danni del clan Rizzuto, tutti elemento di spicco della famiglia ormai in evidente declino, culmi-nati con l’ultimo eccellente tassello, quello del padrino Nicolo. A Cartierville, in uno dei vecchi distretti di Mon-tréal, a due passi dal Parc-Nature du-Bois-du-Saraguai in un’ampia area residenziale viene consumato lo scacco fi-nale. Nella sua casa di Avenue Antoine Berthelet, mentre si trovava nel suo salotto, viene ucciso da un killer l’86enne boss. Un omicidio che trova delle similitudini con quello di Rocco Violi.

In mol-ti sospettano che la secon-da guerra di mafia sia stata orchestrata dalla famiglia Bonanno desiderosa di ri-conquistare Montréal. La sup-posizione è legata al nome di Salvatore Montagna, detto

nel 2005, emerge il tentativo d’infiltrazione dei Rizzuto nella realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina. La famiglia di Montréal era pronta a investire 5 milioni di euro per diventare partner ufficiale dello Stato italiano, per quell’opera sponsorizzata politicamente da Silvio Berlusconi. Il contatto tra Canada e Italia lo gestiva Giuseppe Zappia, un 80enne ingegnere italocanadese, che viaggiava tra Montréal e Roma con il compito di reinvestire gli ingenti capitali della mafia nella realizzazione di nuove infrastrutture. Un anno più tardi è ancora l’Italia a chiedere l’estradizione dei boss per l’operazione “Orso Bruno Gold”, condotta dalla Dia di Roma e dalla Guardia di finanza di Milano, che stabiliva come i Rizzuto riciclassero oltre 600 milioni di dollari attraverso una società made

Grazie all’operazione “Brooklyn”, condotta dalla Dda di Roma nel 2005, emerge il tentativo d’in!ltrazione dei Rizzuto nella realizzazione del Ponte sullo Stretto. La famiglia di Montréal era pronta ad investire 5 milioni di euro per diventare partner uf!ciali dello Stato italiano

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anche “Ironworker” (il fab-bro, per via della ferramenta che possedeva a Brooklyn). Nato in Canada da genitori siciliani si trasferì in seguito nel Bronx. A New York entra in contatto con la famiglia dei Bonanno, diventando il braccio destro di Salvatore Vitale detto “il Bello”. Dalle relazioni dell’Fbi, si legge che nel 2005, quando vie-ne arrestato Vincent “Vinny Gorgeous” Basciano, diventa action boss” e caporegime della famiglia Bonanno, con-quistandosi il nomignolo di “boss bambino”, per aver ri-cevuto l’investitura a soli 36 anni. Per essersi rifiutato di collaborare con la giustizia, dopo aver trascorso 5 anni di carcere, e non possedendo la cittadinanza americana, viene espulso dal paese e fa ritorno a Montréal. Secon-do le autorità canadesi, era stato Montagna a colmare il vuoto lasciato dai Rizzuto in Québec, fino al 24 novembre 2011, quando il suo corpo fu ritrovato, nel giorno del

Ringraziamento, immerso nel fiume Assomption, a Charle-magne, nel nord-est della cit-tà, segnato da diversi colpi di arma da fuoco. Un mese prima era stato ucciso Lorenzo Lo Presti mentre fumava una sigaretta sul balcone di casa. Quest’ultimo era il braccio de-stro di Antonio Pietrantonio detto “Suzuki”, per via del-la sua concessionaria, uomo di Montagna e dei Bonanno, sfuggito a un attentato il 13 dicembre 2011.Tutti segnali che aggiunti agli omicidi di Big Chenier Dupuy e Lamertine Severe Paul, capi delle gang locali dei “Bo-Gars” e vicini a Joseph Ducarme e ai Bonanno, hanno fatto pensare a una possibile vendetta dei Rizzuto, che nel frattempo ha però perso altri due uomini: Giuseppe “Clorure” Colapelle e Salvatore Silletta, freddati a marzo.

Ma l’escalation di sangue che ha definitivamente rotto gli equilibri che vigevano in

Canada, potrebbe avere un terzo incomodo. Il sospetto è che dietro la nuova faida pos-sa esserci la mano nera della ’ndrangheta, il temuto “Sider-no Group” della Locride, che in Ontario ha una sua base e per la prima volta sembra spingersi verso Montréal.Ampiamente inserita nel cir-colo del narcotraffico inter-nazionale, grazie agli stretti rapporti con i cartelli sudame-ricani, la ’ndrangheta avrebbe deciso di cambiare i suoi piani e puntare verso la conquista del Québec, per controllare i porti che favorirebbero il commercio della cocaina negli Stati Uniti. Al padrino Rizzuto potrebbero non bastare gli aiuti dei fidati Sabatino Niccolucci, Pietro “Peter” Scarcella e degli altri affiliati scarcerati recente-mente, Vito avrà bisogno di riorganizzare le forze e strin-gere nuove alleanze prima del possibile scontro finale, spe-rando sempre che le autorità canadesi riescano a evitare una nuova mattanza.

È una federazione di ’ndrine pro-venienti dalla costa tirrenica della Calabria, che comprende le fami-glie di Roccella Ionica, Marina di Gioiosa e appunto Siderno, dalla quale prende il nome.Un panettiere, tale Michele Racco, negli anni 50 emigra in Canada per volere di Antonio Macrì, meglio noto come “Zi ’ntoni”, il boss del-la Locride. L’obiettivo era quello d’instaurare dei proficui rapporti con il nuovo continente e aumen-tare il giro d’affari delle famiglie. L’espansione del gruppo ha il suo culmine a cavallo tra gli anni 70 e 90, con il passaggio di consegne da Macrì a Giuseppe Coluccio di

Gioiosa Marina, che avvalendosi di Roberto Pannunzi e dei suoi contatti con i cartelli colombiani controlla parte del narcotraffico. In una maxioperazione del 1993 coordinata tra Canada, Stati Uniti, Italia e Australia, la Dia di Reggio Calabria evidenziò come le cosche joniche spedissero l’eroina nel nuovo continente per scambiarla con la cocaina colombiana. Gli stupefacenti erano pagati con il denaro proveniente dai sequestri di persona e dalle estorsioni, che a sua volta veniva cambiato in valuta canadese da un’agenzia affiliata di Toronto. Il circolo si completava con il reinvestimento del denaro

nella Bank America International di Manhattan che permetteva l’ac-quisto della cocaina.La “Coluccio Group”, come l’ha suc-cessivamente ribattezzata il giorna-lista Giovanni Tizian, ha subito un indebolimento nel 2005 in seguito all’operazione “Nostromo” condotta dal pm della Dda di Reggio Calabria Nicola Gratteri. In quell’occasione è stato emesso il mandato di cattura per il boss Coluccio, considerato uno dei 30 latitanti più pericolosi d’Italia. Solo nel 2008 è stato arre-stato all’interno del suo lussuoso appartamento in un grattacielo di Toronto, in possesso di un milione di dollari in travel cheques.