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Universit` a degli Studi di Napoli Federico II FACOLT ` A DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI Corso di Laurea in Fisica Tesi di laurea triennale LA MATERIA OSCURA E MO.N.D. Candidato: Daniela Pascucci Matricola 567/000085 Relatore: Prof. Paolo Scudellaro Anno Accademico 2007–2008

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Universita degli Studi di Napoli Federico II

FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI

Corso di Laurea in Fisica

Tesi di laurea triennale

LA MATERIA OSCURAE

MO.N.D.

Candidato:Daniela PascucciMatricola 567/000085

Relatore:Prof. Paolo Scudellaro

Anno Accademico 2007–2008

INDICE

Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1

1. La Materia Oscura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31.1 L’introduzione della materia oscura . . . . . . . . . . . . 31.2 Le caratteristiche della materia oscura . . . . . . . . . . 7

1.2.1 Le WIMPs (weakly interacting massive particles) 91.3 L’energia oscura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10

2. La teoria Mo.N.D. (Modified Newtonian Dynamics) . . . . . . 122.1 Le curve di rotazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 132.2 Mo.N.D. applicata a diversi sistemi . . . . . . . . . . . . 162.3 Previsioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 192.4 Modificare la gravità e modificare l’inerzia . . . . . . . . 22

3. Alcune conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 263.1 Lo stato dell’arte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 263.2 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27

Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29

INTRODUZIONE

Nel 1933, l’astrofisico svizzero Fritz Zwicky, mentre studiava l’ammassodella Chioma, osservò che le galassie più esterne avevano velocità taliper cui la forza centrifuga non era in grado di bilanciare la forza gra-vitazionale. Inizialmente Zwicky ipotizzò la presenza di una una massamancante, costituita da materia ordinaria, ma impossibile da vedere acausa della limitata efficienza degli strumenti utilizzati all’epoca. Con ilprocedere delle osservazioni si è notato che questa era una caratteristicadella maggior parte delle galassie a spirale osservate e di molti sistemidi galassie. In particolare è stato notato che la velocità delle stelle nelleperiferie delle galassie, anzichè diminuire fino a tendere a zero, man manoche ci allontana dal centro, tendono ad un valore costante. Con l’affinarsidelle tecniche di osservazioni ci si è resi conto che questa massa mancantenon può essere materia ordinaria, ma deve essere invisibile. Questo haportato molti fisici astroparticellari a studiare questo fenomeno e a ipo-tizzare le caratteristiche di questa particella oscura, tali da poter spiegaretutti i fenomeni osservati.

Nel primo capitolo considereremo proprio questo aspetto: partendodal problema delle curve di rotazione, analizzeremo le leggi osservativeche questa particella riesce a spiegare e descriveremo le varie ipotesi sullecaratteristiche che deve avere. Le particelle ipotizzate sono varie e di va-ria natura, anche se tutte hanno le stesse caratteristiche principali (comel’invisibilità e la non interazione con la radiazione), e ancora non si sacon certezza quali di queste sia quella giusta. Le più accreditate sonole WIMPs, particelle non relativistiche e soggette ad interazione debo-le. Descriveremo, inoltre, i modelli più importanti di distribuzione dellamateria oscura nei sistemi e le prove a favore di questa teoria, cioè il ri-scontro con le leggi osservative. Accenneremo, inoltre all’energia oscura:un’altra componente necessaria per il bilancio energetico dell’universo edi cui, ancor più che della materia oscura, non si conoscono con certez-za l’origine e le caratteristiche, ma che dovrebbe costituire circa il 70%dell’energia totale dell’universo.

Il proposito di questo lavoro di tesi è, però, di introdurre una teoriaalternativa all’ipotesi di materia oscura per descrivere la fenomenologiaosservata. Di recente, in effetti, sono stati avanzati diversi altri approc-

Introduzione 2

ci alternativi per spiegare i dati sperimentali. Ma la teoria Mo.N.D.,acronimo di Modified Newtonian Dynamics rimane probabilmente il piùpopolare e di certo uno dei primi capace di successi almeno parziali.Questa teoria è stata proposta dal fisico israeliano Mordehai Milgromnel 1983, quando ha pubblicato contemporaneamente sull’AstrophysicalJournal tre articoli. Nel primo ipotizzava che la legge di gravitazione,così come enunciata da Newton nel 1687 nella sua opera PhilosophiaeNaturalis Principia Mathematica, in realtà fosse un’approssimazione va-lida per ‘‘grandi” accelerazioni. Nelle strutture cosmiche, invece, essendoin presenza di accelerazioni molto più basse di quelle cui siamo abituatinel Sistema Solare, questa approssimazione non sarebbe più valida. Fa-cendo una semplice modifica di questa legge, in modo da ottenere le curvedi rotazione osservate, Milgrom, nei due articoli successivi, ha applicatoquesta teoria a diversi tipi di strutture cosmiche, ottenendo risultati inottimo accordo con le osservazioni.

Nel secondo capitolo della tesi, dopo aver introdotto l’ipotesi di Mil-grom, vedremo quali conseguenze ne derivano, ovvero quali sono le previ-sioni che questa teoria fa in merito alla dinamica delle galassie, ed infineconsidereremo anche un punto di vista più teorico, applicando questa mo-difica alla legge di gravitazione universale prima e al secondo principiodella dinamica dopo, essendo procedimenti non del tutto equivalenti.

Anche se l’approccio di Milgrom annovera parecchi estimatori, e nonsolo tra gli astronomi, la teoria più accreditata rimane comunque quellache si riferisce alla presenza nell’universo di una vera e propria materiaoscura. Per lo più i cosmologi, infatti, credono che sia molto più pro-babile la presenza di una componente oscura effettiva piuttosto che unarivoluzione delle leggi fondamentali della fisica. Molti esperimenti neipiù importati centri di ricerca sono attualmente in corso per poter darerisposta a questo che è uno dei più grandi problemi della cosmologia:le componenti (materia e energia) oscure, infatti, rappresentano circa il96% dell’energia dell’universo nel cosiddetto modello cosmologico concor-dato. La ricerca della materia oscura è, del resto, portata avanti anche inricerche su satelliti (come ad esempio PAMELA), che ultimamente hannoaumentato le aspettative della comunità dei fisici.

Bisogna tener presente che un limite forte di questa tesi è che tutto ildiscorso non è fatto dal punto di vista relativistico. Soprattutto per quelche riguarda la Mo.N.D., infatti, questo aspetto è molto delicato, poichèsi sta cercando di elaborare una teoria che riesca a riunire la Mo.N.D. ela relatività generale, ma finora i risultati non sono stati soddisfacenti.

Dopo aver presentato, nell’ultimo breve capitolo, lo stato generaledell’arte per quanto riguarda successi ed insuccessi di Mo.N.D., traiamoalcune conclusioni generali.

1. LA MATERIA OSCURA

La materia oscura è stata chiamata così per sottolineare la sua caratteri-stica principale: l’invisibilità. Infatti, non siamo in grado di vederla mateoricamente sappiamo che è necessaria la sua presenza per poter spie-gare vari eventi osservati, come le curve di rotazione delle galassie e laformazione delle strutture cosmologiche.

1.1 L’introduzione della materia oscura

Le prime evidenze sperimentali della materia oscura risalgono agli annitrenta, quando l’astrofisico svizzero Fritz Zwicky, studiando le velocità dirotazione di alcune galassie presenti in grandi ammassi, si rese conto chequeste erano troppo alte per poter tenere il sistema legato, a meno chenon vi fosse della massa mancante che tramite attrazione gravitazionalebilanciava la forza centrifuga. L’introduzione di una componente oscuradella materia è stata presa in considerazione solo dopo molti decenni distudi, che hanno portato alla conferma di un’inconsistenza tra risultatiteorici e sperimentali delle cosidette curve di rotazione, ovvero l’anda-mento della velocità di rotazione in funzione della distanza dal centro.Questa inconsistenza è stata trovata oltre che negli ammassi anche nellevelocità di rotazione di alcune galassie, in particolare galassie a spiralecon alta luminosità superficiale. A distanze molto grandi dal centro dellagalassia, infatti, l’andamento della velocità di rotazione di un determina-to punto di massa m può essere ottenuto uguagliando la forza centrifugae la forza gravitazionale che agiscono su di esso

mv2

R=GMm

R2, (1.1)

(dove R è la distanza del punto dal centro della galassia, G è la costantedi gravitazione universale e M è la massa della galassia compresa nelraggio R) e si ottiene

v =

√GM

R. (1.2)

La velocità osservata, però, non segue questo andamento ma rimanepressocchè costante.

La Materia Oscura 4

Fig. 1.1: Curva di rotazione della galassia a spirale NGC 2403 in cui sonorappresentati l’andamento teorico della velocità (linea continua) el’andamento osservato (linea punteggiata)

Per risolvere questo problema è stata ipotizzata la presenza di unalone sferico intorno alla galassia costituito da particelle massive nonvisibili, perchè non interagenti con la radiazione. La distribuzione del-la massa in questo alone deve essere quindi M(R) R, e da questopossiamo ricavarci l’espressione della densità, che risulta ρ R−2, piùprecisamente

ρ =1

4πR2

dM(R)

dR=

v2

4πR2G. (1.3)

In realtà questo è un modello semplificato. Esistono, infatti, modelli chedescrivono la funzione di distribuzione della densità in modo più accurato,come il profilo isotermico non singolare in cui

ρ =ρ0

1 + ( RR0

)2(1.4)

(dove ρ0 e R0 sono due costanti) e il profilo di Navarro-Frenk-White(NFW) in cui

ρ(R)

ρcrit

=δc

RRs

(1 + RRs

)2, (1.5)

dove ρcrit è la densità critica dell’universo di Einstein-de Sitter

ρcrit =3H2

8πG(1.6)

La Materia Oscura 5

(con H costante di Hubble e G costante di gravitazione universale), δc eRs sono dei parametri del profilo.

Le curve di rotazione delle galassie a spirale sono considerate la provapiù importante dell’esistenza della materia oscura. Osservandole si notache la velocità di rotazione della galassia per R grandi, oltre ad esserecirca costante, ha anche un valore alto e questo implica che l’alone siestende in una zona molto ampia ed ha una massa estremamente gran-de. Si veda, ad esempio, la Fig. 1.1. Per misurare la distribuzione dellamateria oscura nella galassia in genere si usano tecniche fotometriche: sidetermina la distribuzione delle stelle e da questa si può ricavare il con-tributo alla velocità di rotazione del bulge, del disco e del gas nel disco.Sono stati sviluppati vari modelli considerando la maximum disk hypo-thesis e il best fit. La maximum disk hypothesis consiste nel considerareil rapporto massa/luminosità nel disco M

L? 10. Un valore così alto del

rapporto ML

dà una curva di rotazione consistente con quella osservata equesto implica che nella parte interna della galassia non c’è bisogno diintrodurre alcuna componente oscura. Nel best fit, invece, è necessarioutilizzare un modello della densità (alcuni usano il profilo isotermico nonsingolare, altri il profilo NFW) in cui inserire dei parametri correttivi,con l’inconveniente di avere bisogno di conoscere a priori la funzione didistribuzione dell’alone, cosa che in effetti è proprio quello che cerchiamo.

La velocità di rotazione delle galassie a spirale può essere ottenutasommando i contributi del bulge, del disco, del gas e dell’alone in questomodo

v = (v2bulge + v2

disco + v2gas + v2

alone)12 . (1.7)

Nell’ipotesi di maximum disk, v2disco e v2

bulge hanno un andamento di tipoesponenziale e se l’alone è a simmetria sferica

v2alone =

GM(R)

R, (1.8)

che possiamo considerare uguale a zero nella regione centrale (perchènell’ipotesi di maximum disk la densità di materia dell’alone è ρalone = 0).Tutto ciò, però, presenta dei problemi. Innanzitutto non possiamo esseresicuri che l’andamento della velocità del disco e del bulge sia realmenteesponenziale. In secondo luogo la curva di rotazione è misurata (tramitele tecniche fotometriche) a 21 cm, mentre le stelle del disco nel visibile ele curve di rotazione mostrano che spesso il gas e le stelle all’interno deldisco non ruotano insieme; anzi, alcune volte si è osservata una grandedifferenza tra le due curve. Infine, nel 1999 Sofue et al. hanno osservatoche in alcune galassie, in cui è impossibile effettuare misure a 21 cm (chequindi si effettuano nel millimetro), la curva di rotazione presenta unpicco molto stretto nella zona centrale, seguito da un picco largo nella

La Materia Oscura 6

zona del disco e dal tipico andamento piatto nella zona dell’alone. Questosignifica che la parte centrale della curva di rotazione è sottostimata, esignifica che il rapporto M

Le quindi il contributo di materia visibile è

sottostimato. Nel 1995 Persic e Salucci hanno introdotto la cosidettacurva di rotazione universale, che consiste in un modello universale dellecurve di rotazione a cui possono essere fittate tutte le curve di rotazionedi ogni tipo di galassia. Si può vedere che nel caso delle galassie a spiraleessa dipende dalla luminosità.

L’andamento delle curve di rotazione non è l’unica prova a favoredell’esistenza della materia oscura. Perchè sia stata possibile la forma-zione delle strutture cosmiche che osserviamo oggi, infatti, è necessarioche subito dopo il Big Bang la distribuzione della densità di massa fossesu piccola scala non omogenea. Queste fluttuazioni della densità sonostate osservate grazie alla scoperta della radiazione di fondo cosmico, cherappresenta l’universo così com’era all’epoca della ricombinazione. Stu-diando queste fluttuazioni si è scoperto che oltre alla materia ordinaria ènecessaria la presenza di un’altra componente che non interagisce con laradiazione. Radiazione e materia ordinaria infatti sono restate accoppia-te, da subito dopo il Big Bang, per molto tempo e questo ha impeditoalle fluttuazioni di crescere. La materia oscura, invece, non interagendocon la radiazione, non poteva essere accoppiata con essa e ha permessoche le fluttuazioni iniziassero a crescere da molto tempo prima in mododa poter formare le strutture che si osservano oggi.

Un’altra importante conferma sperimentale dell’esistenza della mate-ria oscura è il riscontro con la relazione di Tully-Fisher. Se consideriamoun punto dell’alone ad una distanza dal centro R200 in cui si ha un valoredella densità pari a 200 volte la densità critica, la massa compresa inquesto raggio è

M200 =4

3πR3

200 × 200× ρcrit ⇒M200 ∝ R3200 , (1.9)

e la corrispondente velocità di rotazione risulta

V 2200 =

GM200

R200

∝ GR3200

R200

⇒ V200 ∝ R200 . (1.10)

Quindi si ha M200 ∝ V 3200 e, supponendo che il rapporto M

Lsia costante

per tutte le galassie a spirale, otteniamo

L ∝ V 3 , (1.11)

che è proprio la relazione di Tully-Fisher 1. Si è dimostrato in questomodo che la presenza di un alone di materia oscura intorno alla galas-

1 In realtà la relazione di Tully-Fisher in generale è L ∝ V n, dove n e dipende dallalunghezza d’onda alla quale si effettuano le misure e dal tipo di galassia considerato.

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sia non è in contraddizione con questa legge empirica. In realtà, però,qualche problema c’è: l’andamento teorico della luminosità in funzionedell’accelerazione descritto dalla legge non è in perfetto accordo con l’an-damento osservato e per risolvere questo problema bisogna modificare inmodo opportuno i parametri utilizzati (V200 e M

L).

1.2 Le caratteristiche della materia oscura

Secondo una stima fatta la materia presente nell’universo è costituita peril 23% di materia oscura e per il 4% di materia barionica (il restante 73%è dato dall’energia oscura, di cui parleremo in seguito). Fino ad ora sonostati individuati due componenti della materia oscura (DM): i neutrini ei buchi neri, che però rappresentano solo una minima parte del totale. Ilmaggior contributo, infatti, è dato da una particella che finora non è stataancora rivelata, ma di cui sono state determinate le principali caratteri-stiche. Il candidato favorito è una particella cold, collisionless e long-lived(CCDM). Questa particella, infatti, deve avere un comportamento nonrelativistico (cold) fin dall’inizio dell’epoca di dominio della materia, inmodo da avere il tempo sufficiente per far crescere le fluttuazioni e crea-re, tramite il modello gerarchico (gli aloni di materia oscura si formanoprima su piccola scala e poi tramite aggregazione gravitazionale su scalesempre maggiori), le strutture presenti oggi nell’universo. Inoltre deveavere una piccola sezione d’urto (collisionless), in modo da poter ruotarenell’alone senza urtarsi con altre particelle, ed infine deve avere una vitamedia di almeno 14 miliardi di anni (l’età dell’universo)(long-lived).

Questa particella è la favorita per varie ragioni: è in accordo con lestrutture cosmiche su larga scala osservate, ci sono delle particelle previ-ste in teoria che possono essere dei possibili candidati (come il neutralinoe l’assione) ed, infine, per una particella come questa ci si aspetta unadensità di massa compresa tra il 20% e il 30% della densità di energiatotale dell’universo, in accordo con le osservazioni. Si sono riscontrateperò anche delle incongruenze tra il comportamento di questa particellaottenuto con delle simulazioni numeriche e le osservazioni:

• dalle simulazioni risulta che le piccole strutture (come piccoli aloni egalassie) dovrebbero essere molto meno comuni di quanto osservato:secondo il modello gerarchico, previsto dalla teoria della CCDM,il numero di sistemi nani dovrebbe diminuire nel tempo, ovveronelle nostre vicinanze questi sistemi dovrebbero essere molto menocomuni;

• il profilo di densità degli aloni di materia oscura dovrebbe presen-

La Materia Oscura 8

tare un nucleo a cuspide nel quale la densità cresce bruscamentecon l’inverso della distanza dal centro e in realtà si osserva che

· le galassie nane hanno densità centrale circa uniforme,

· gli ammassi di galassie hanno nuclei meno a cuspide,

· le galassie a spirale hanno meno materia oscura e i dischi dellegalassie hanno momenti angolari più grandi di quanto previstodal modello;

· alcune galassie presentano una barra di rotazione che è stabilesolo se la densità del nucleo è più bassa del previsto.

Per risolvere questi problemi sono state ipotizzate delle possibili va-riazioni della CCDM, ognuna delle quali ha la caratteristica di fare dellepredizioni diverse dalle altre, in modo da poter escludere quelle non inaccordo con le osservazioni. Le principali sono:

• SIDM (strongly self-interacting dark matter): è una particella cheha una sezione d’urto significativa (dell’ordine di quella nucleone-nucleone), le cui collisioni comportano un’evoluzione della galassiatale per cui la densità centrale risulta minore, ma che nonostanteciò non modifica la sequenza di formazione delle strutture;

• WDM (warm dark matter): suppone che la materia oscura sia natacon una bassa dispersione della velocità, in modo da avere oggi unavelocità di circa 100 m/s, ma che cresce andando indietro nel tempofino ad arrivare a valori sufficientemente alti da produrre un effettosignificativo sulle strutture a piccola scala, che tipicamente dovreb-bero trovarsi nei pressi di strutture più grandi, tale da prevederneun numero minore;

• RDM (repulsive dark matter): le particelle di materia oscura so-no bosoni massivi con un range del potenziale repulsivo piccoloche comporta un nucleo a cuspide e la maggior parte delle piccolestrutture dovrebbe trovarsi lontano dalle strutture più grandi;

• FDM (fuzzy dark matter): la lunghezza d’onda Compton delle par-ticelle è uguale alla grandezza del nucleo della galassia e si ha comeconseguenza una densità del nucleo minore e un numero minore dipiccole strutture.

• SADM (self-annihilating dark matter): le particelle di materia oscu-ra si annichiliscono liberando energia e questo riduce la densità nelleregioni centrali degli ammassi;

La Materia Oscura 9

• DDM (decaying dark matter): le particelle decadono in particellerelativistiche e residui di massa più piccola e quindi la densità deinuclei risulta minore.

Attualmente, ad ogni modo, la CCDM rimane la tipologia vincente dimateria oscura, quella che meglio delle altre riesce a rendere conto delleosservazioni.

1.2.1 Le WIMPs (weakly interacting massive particles)

Uno dei principali candidati per la materia oscura, il neutralino, già ci-tato nel paragrafo precedente, fa parte di una particolare sottocategoriadella CCDM: le WIMPs (weakly interacting massive particles, particellemassive ad interazione debole), che sono soggette all’interazione debolee, essendo dotate di massa, alla forza gravitazionale. Queste particellenei primi istanti di vita dell’universo (per circa 10−9 secondi dopo il BigBang) erano in equilibrio termico, ma quando la temperatura ha iniziatoad abbassarsi, si sono avute delle reazioni di annichilazione. La velocitàcon cui avvengono queste reazioni decresce rapidamente (poichè dipendedalla densità di particelle, che decresce a causa dell’espansione dell’u-niverso) e quando essa è divenuta minore della velocità di espansionedell’universo, le reazioni di annichilazione si sono arrestate. Dato che daquel punto in poi il numero di WIMPs dovrebbe essere rimasto costan-te, è possibile avere una stima della densità di materia oscura presentenell’universo: attraverso la distribuzione di Maxwell-Boltzmann si puòcalcolare la media del prodotto tra la sezione d’urto σ e la velocità concui avvengono le reazioni v, ottenendo

< σv > (x) =x1.5

2√π

∫ ∞0

dvv2e−v2x4 σ(v)v , (1.12)

dove x è il rapporto tra la massa della particella χ e la temperatura(x = mχ

T), e da questa si ricava una stima della densità di materia oscura,

Ωχ ≈ 0.23, in accordo con quanto ci aspettavamo. Inoltre, da questovalore della densità si ricava il fatto che le WIMPs devono essere adinterazione debole, infatti il valore della sezione d’urto che si ottiene è

σ ≈ 2× 10−10GeV −2 , (1.13)

che è un valore tipico della sezione d’urto delle particelle che sono soggetteal’interazione debole.

Per la ricerca delle WIMPs sono impiegati sostanzialmente due me-todi: il metodo diretto e il metodo indiretto. Il metodo diretto consistenella ricerca di queste particelle in laboratorio, ma per fare questo biso-gna conoscere in modo abbastanza preciso tutte le caratteristiche della

La Materia Oscura 10

particella da ricercare. Il metodo indiretto, invece, sfrutta il fatto chele WIMPs dovrebbero essere rimaste intrappolate all’interno dei corpicelesti, e quindi anche del Sole e della Terra, e sono concentrate princi-palmente nel centro, dove si hanno delle reazioni di annichilazione i cuiprodotti dovrebbero essere rivelati.

1.3 L’energia oscura

La teoria della materia oscura ha funzionato bene finchè nel 1981 AlanGuth ha introdotto la teoria inflazionaria, che consiste nel fatto che neiprimi istanti di vita dell’universo (in circa 10−45s ) ci sia stata un’enormeespansione che ha aumentato le dimensioni dell’universo di un fattore dicirca 1050. Questa teoria è stata accettata perchè spiega l’uniformità del-l’universo su larga scala e la disomogenità su piccola scala, ma ha ancheprevisto che l’universo deve essere piatto, ovvero che la densità totale dienergia deve uguagliare il valore critico. La materia oscura, però, da solanon è in grado di raggiungere questo valore e,quando nel 1998 è stata sco-perta l’espansione accelerata dell’universo, successiva a quella deceleratain cui si sono formate le strutture, è stata introdotta l’energia oscura,di cui non si conosce granchè, ma dovrebbe rappresentare circa il 73%dell’energia totale. Questa energia è stata considerata come energia delvuoto e identificata con la costante cosmologica introdotta da Einsteinnella teoria della relatività per spiegare l’universo stazionario all’epocaosservato e abbandonata con la scoperta dell’espansione dell’universo daparte di Hubble. La determinazione del valore di questa costante, in-dicata generalmente con Λ, è uno dei problemi più grandi della fisica.Sperimentalmente, infatti, ci si aspetta che la densità di energia oscu-ra vista come energia del vuoto, legata alla costante cosmologica dallarelazione

Λ =8πG

c4ρΛ ⇒ Λ =

3H2

c4ΩΛ , (1.14)

abbia un valore dell’ordine di 10−29g/cm3, ma dalle stime fatte teori-camente si trova un valore dell’ordine di 1026g/cm3, ben 55 ordini digrandezza di differenza. Per questo motivo sono state introdotte nuo-ve possibilità come la cosiddetta quintessenza, che consiste in un camposcalare dotato di dinamica.

L’equazione di stato di questa componente può essere scritta in gene-rale come

p = wρ , (1.15)

dove p è la pressione, ρ la densità e w un fattore che dipende dal tipo dienergia oscura considerato. In particolare, esso vale −1 per l’energia delvuoto ed è dipendente dal tempo (oscilla tra −1 e 1) per la quintessenza.

La Materia Oscura 11

E’ stata anche introdotta la cosiddetta phantom energy, con w < −1,parzialmente capace di fittare i dati osservati. Nel caso dell’energia delvuoto, si può vedere che la pressione assume valore sempre negativo, edè proprio quello che ci si aspetta, perchè l’energia oscura deve essererepulsiva per spiegare l’espansione cosmica accelerata che si osserva.

In conclusione elenchiamo una stima dei vari contributi della densitàtrovati (in unità di densità critica), essendo Ω = ρ/ρcrit:

densità di materia barionica ΩB = 0.044± 0.003densità di materia oscura ΩDM = 0.214± 0.027

densità di materia totale (oscura + barionica) ΩM = 0.258± 0.030densità di energia oscura ΩΛ = 0.742± 0.030

densità totale Ω = ΩM + ΩΛ ≈ 1

In tali stime, si usa il valore della costante di Hubble

H = 71.9+2.6−2.7

km

sMpc, (1.16)

che è misurato in maniera indipendente.

2. LA TEORIA MO.N.D. (MODIFIED NEWTONIANDYNAMICS)

Le inconsistenze tra risultati teorici e sperimentali sono stati affrontatida sempre partendo dal presupposto che le leggi della fisica conosciutefossero giuste. Nel 1983 un fisico israeliano, Mordehai Milgrom, ha ipo-tizzato che il secondo principio della dinamica (e quindi, come vedremo,la legge di gravitazione universale), enunciato da Newton nel 1687, fossein realtà un’approssimazione valida solo per ‘‘grandi” accelerazioni e chequindi fosse valido nel sistema solare ma non nelle galassie, dove trovia-mo accelerazioni piuttosto basse. In particolare Milgrom ha proposto cheF = ma in realtà dovesse essere scritta come

(|a|a0

)a = F , (2.1)

dove la funzione µ, che dipende dal rapporto x ≡ |a| /a0 dell’accelerazionee di una costante a0, ha un andamento tale che

x 1 ⇒ µ(x) = x (2.2)

ex 1 ⇒ µ(x) = 1 . (2.3)

La costante a0, come vedremo in seguito, è dell’ordine di 10−10m/s2 erappresenta quindi un valore di riferimento per le accelerazioni. Le ac-celerazioni con cui abbiamo a che fare nel nostro sistema solare, infatti,sono molto maggiori di a0 e quindi la funzione µ è uguale ad 1 e ritrovia-mo così il principio di Newton. Nelle galassie, invece, le stelle subisconoaccelerazioni molto più basse e quindi il secondo principio della dinamicanon è più valido. Per la struttura della funzione µ Milgrom ha ipotizzatodue possibili andamenti: la funzione semplice

µ(x) =x

1 + x(2.4)

e la funzione standardµ(x) =

x√1 + x2

. (2.5)

In realtà, la struttura di questa funzione non è rilevante, per sviluppare

La teoria Mo.N.D. (Modified Newtonian Dynamics) 13

Fig. 2.1: Andamento della funzione semplice (linea continua) e della funzionestandard (linea tratteggiata) (Bekenstein, 2007).

la teoria infatti basta tener presente il suo andamento (riportato in Fig.2.1) descritto nelle equazioni (2.2) e (2.3).

Interessante invece è notare delle coincidenze che Milgrom ha sotto-lineato sulla costante a0. Si ha, infatti

a0 ∼ cH0 (2.6)

(dove H0 = 71.9+2.6−2.7

kmsMpc

è la costante di Hubble), il che vuol dire che a0

rappresenta l’accelerazione che dovrebbe avere un corpo per raggiungere,partendo da fermo, una velocità pari a quella della luce in un tempo pariall’età dell’universo. H0 però non è veramente costante nel tempo, il chevuol dire che se la relazione (2.6) è valida, a0 cambia nel tempo e quindinon è una costante universale e questo implica che la legge (2.1), in cuientra a0, cambia anch’essa nel tempo e cambia quindi a seconda delledistanze delle galassie. Un’altra coincidenza che Milgrom ha notato èche

a0 ∼ c(

Λ

3

) 12

(2.7)

(dove Λ è la costante cosmologica); in questo caso, a0 si comporterebbecome una vera e propria costante.

2.1 Le curve di rotazione

Dal secondo principio di Newton modificato si può ricavare direttamentela legge di gravitazione universale. Si ha infatti

a =GM

r2(2.8)

La teoria Mo.N.D. (Modified Newtonian Dynamics) 14

e sostiuendo all’accelerazione l’equazione (2.1) si ha

µ(

a

a0

)a =

GM

r2; (2.9)

per le galassie dobbiamo considerare l’approssimazione per basse acce-lerazioni nell’equazione (2.2) e quindi, per distanze molto lontane dalcentro, otteniamo

a2

a0

=GM

r2⇒ a =

√GMa0

r2. (2.10)

Perchè il sistema sia in equilibrio dobbiamo eguagliare questa accele-razione all’accelerazione centripeta, così che, se V è la velocità di unastella, √

GMa0

r2=V 2

r⇒ V 4 = GMa0 = cost . (2.11)

Fig. 2.2: La figura mostra l’andamento della curva di rotazione di alcune ga-lassie a spirale: i punti rappresentano la velocità osservata, la li-nea continua l’andamento calcolato con la formula di Milgrom (cona0 = 10−10m/s2). Sono inoltre rappresentati l’andamento della velo-cità secondo la formula di Newton del gas nel disco (linea tratteggiata)e del bulge (linea punteggiata). In ascisse è riportato il raggio in kpce in ordinata le velocità in km/s (Milgrom, 2008).

La teoria Mo.N.D. (Modified Newtonian Dynamics) 15

Questa equazione dà proprio l’andamento piatto tipico delle curve dirotazione delle galassie a grandi distanze dal centro. Notiamo, infatti,che l’equazione (2.1) può anche essere scritta come[

V 2(r)

r

(V 2(r)

ra0

)= aN (2.12)

(con aN l’accelerazione newtoniana convenzionale), che possiamo trasfor-mare in forma adimensionale definendo s ≡ r

h, dove h ha le dimensioni

di una lunghezza di scala che usiamo come unità, e

v(s) ≡ V (sh)

V∞. (2.13)

V∞ è tale che

r →∞⇒ V 2(r) → V 2∞ ≡ (GMa0)

12 . (2.14)

Quindi, si può scrivere

aN(r) =MG

r2γ(s, t1, ..., tn) , (2.15)

dove γ dipende dalla distribuzione della massa ed è tale che, per s →∞⇒ γ(s) → 1; inoltre, i tn sono parametri adimensionali.

A questo punto, possiamo scrivere l’equazione (2.12) in termini adi-mensionali

v2ξ

(v2ξ

s

)=ξ2

s2γ(s, t1, ..., tn) , (2.16)

dove ξ è dato da

ξ ≡(MG

a0h2

) 12

=V 2∞

a0h. (2.17)

Milgrom ha studiato l’andamento di v in funzione di s, al variare delparametro ξ, per vari tipi di galassie e arrivò alla conclusione che:

• per ξ ≤ 1 la curva di rotazione si avvicina molto alla curva perξ = 0, in cui si ha v(s) = γ(s, t1, ..., tn);

• per ξ = 2 la curva ha un andamento abbastanza piatto per s ? 2;

• per ξ ≥ 3 la curva differisce sempre più dall’andamento piatto manmano che ξ aumenta.

La teoria Mo.N.D. (Modified Newtonian Dynamics) 16

Fig. 2.3: Andamento di v(s) per vari valori di ξ (Milgrom, 1983[b])

E questo ha aiutato Milgrom a stabilire che 1 ≤ ξ ≤ 2.Il parametro ξ rappresenta una misura delle accelerazioni nelle galas-

sie, in unità di a0. Se sostituiamo alla massa la luminosità nell’equazione2.16, allora la ξ darà una media della brillanza superficiale della galassia.Dal valore trovato di ξ, Milgrom ha ricavato poi una stima della costantea0, ottenendo

a0 ∼ (0.7− 3)× 10−10Pm/s2 , (2.18)

dove P è un parametro che dipende dal tipo di galassia e tale che 1 ≤P ≤ 4.

In Fig. 2.2 sono riportate alcune curve di rotazione di galassie aspirale studiate da Sanders, de Brok e McGaugh utilizzando la teoria diMilgrom; vi è anche il confronto con la teoria newtoniana convenzionale.La Fig. 2.3, d’altra parte, riporta l’andamento di v = v(s) per varivalori di ξ: si tratta di uno dei passi intermedi che sono stati necessari aMilgrom per la sua analisi.

2.2 Mo.N.D. applicata a diversi sistemi

Nel suo lavoro del 1983, Milgrom ha studiato il comportamento di Mo.N.D.in diversi sistemi come galassie, ammassi di galassie e sistemi binari,ottenendo risultati molto positivi. Analizziamone alcuni.

• La Via Lattea

Milgrom ha assunto che la massa della galassia sia MG ≈ 3 ×1010M e che la curva di rotazione sia piatta per distanze dal

La teoria Mo.N.D. (Modified Newtonian Dynamics) 17

centro maggiori della distanza del Sole con stelle dotate di velocitàV ≈ 220km/s. Normalizzando il valore della velocità e della massa,si può ricavare una stima della costante a0

a0 =V 4∞

GMG

= (5.8±1.0)×10−10

(V∞

220km/s

)4 (3× 1010M

MG

)m

s2,

(2.19)ottenendo un valore che è consistente con quello trovato in prece-denza. Utilizzando questo valore per calcolare ξ, data dall’equazio-ne (2.17), si ha poi

ξ =V 4∞

a0h= 0.8

(3.5kpc

h

)(V∞

220km/s

)2 (MG

3× 1010M

). (2.20)

Dalle osservazioni, inoltre, si vede che la densità di massa nelle vici-nanze del sole deve essere ρd ≈ 0.15

Mpc3

, che calcolata con la teoria

convenzionale dà ρ = (0.08−0.12)Mpc3

, dove la densità mancante sidovrebbe spiegare con la presenza di materia oscura. Con la teoriaMo.N.D., invece, la massa dovrebbe essere più piccola di un fattore

µ

(V 2

ra0

)≈ 0.7 . (2.21)

Si assume che questa funzione abbia argomento uguale ad 1 quandol’accelerazione è dell’ordine di a0 e, quindi, risulta

a0 ≈V 2r

= 1.9× 10−10

(V∞

220km/s

)2 (8.5kpc

r

)m

s2, (2.22)

valore in perfetto accordo con quello trovato da Milgrom in prece-denza.

• Galassie binarie.Assumendo che le galassie abbiano la stessa massa M , le orbite sia-no circolari e le accelerazioni delle galassie nel sistema di riferimentosolidale al sistema binario siano grandi rispetto all’accelerazione delsistema dovuta ad un campo esterno, Milgrom ha ricavato il valoredella massa con la dinamica modificata

M =V 4

4a0G, (2.23)

dove V è la differenza tra le velocità delle due galassie ed R il vettoredi separazione. Consideriamo poi la proiezione della velocità sullalinea di vista v, ovvero la velocità che misuriamo dalle osservazioni,

v = V cosϕ cosψ , (2.24)

La teoria Mo.N.D. (Modified Newtonian Dynamics) 18

dove ϕ è l’angolo tra la linea di vista e il vettore di separazione Re ψ l’angolo tra V e il piano in cui giaccono R e la linea di vista.Sia inoltre

rp = R cosϕ (2.25)

la proiezione di R sul piano del cielo rp; si ha

M =v4

4a0G cos4 ϕ cos4 ψ. (2.26)

A questo punto Milgrom ha definito vari valori medi di M come

Mn =

[〈vn〉

〈cosn ϕ〉 〈cosn ψ〉

] 4n

, (2.27)

con n = 1, 2, 4, ..., da cui si ottengono valori circa 10 − 20 voltepiù piccoli rispetto a quelli calcolati con la dinamica newtonianaconvenzionale. Calcolando poi i valori del rapporto M

Lper vari

sistemi, Milgrom ha ottenuto valori tra 2.1 e 2.6.

• Ammassi di galassie

Milgrom ha ricavato anche una stima della massa degli ammassi,nella teoria Mo.N.D.,

M =λσ4

i

a0G, (2.28)

dove σi è la dispersione delle velocità e λ un parametro compresotra 1 e 10, che dipende dalla distribuzione di massa nell’ammasso edalla forma delle orbite che le galassie descrivono nell’ammasso, eche varia da ammasso ad ammasso. Milgrom ha considerato l’am-masso come una sfera isotermica in cui le galassie descrivono orbitecircolari, per i quali si può assumere λ = 9, ottenendo

M =9σ4

(1 + z)4a0G(2.29)

(dove z è il redshift), e deducendo delle stime delle masse consistenticon quelle ottenute dalla teoria convenzionale.

Milgrom ha dato particolare attenzione all’ammasso della Vergine,a causa del quale si pensa sia dovuta la particolare velocità delGruppo Locale. Quest’ultimo, infatti ha una velocità non in ac-cordo con la legge di Hubble e si pensa che questo sia dovuto adun eccesso di massa all’interno del Superammasso Locale, che com-porta un aumento della densità di massa rispetto a quella del restodell’ammasso. I valori misurati di questa velocità e della variazione

La teoria Mo.N.D. (Modified Newtonian Dynamics) 19

di densità possono essere utilizzati per calcolare il rapporto ML

, edalle stime fatte si trovano dei valori dell’ordine di quelli trovati daMilgrom per gli ammassi. La relazione tra la velocità e la densitàdi massa è data da

vp

vH

≈ Ω23 δ

3, (2.30)

dove vH è la velocità di Hubble corrispondente alla distanza trail Gruppo Locale e il centro del Superammasso Locale, 1 + δ èla densità media nella posizione del Gruppo Locale (in unità didensità dell’ambiente) e Ω è la densità dell’ambiente in unità didensità critica. Secondo la dinamica newtoniana convenzionale

vp ≈∆MG

r2GH0

=ΩvH δ

2, (2.31)

dove ∆M ∝ δΩr3G è l’eccesso di massa e rG è la distanza del grup-

po locale dal centro del Superammasso Locale, e si trova che, per0.1 ≤ Ω ≤ 1, vp differisce dal valore osservato per circa il 50%.Applicando la teoria Mo.N.D., invece, si trova che

v2p ≈

ΩvHa0δ

2H0

, (2.32)

che corrisponde ad un valore più piccolo, rispetto a quello calcolatocon la teoria convenzionale, di un fattore di circa vpH0

a0.

2.3 Previsioni

La teoria Mo.N.D. è stata costruita in modo da poter spiegare le curvedi rotazione delle galassie ed infatti è importante sottolineare che essasi trova in ottimo accordo con le osservazioni in circa il 90% dei sistemistudiati. Bisogna anche notare che tale teoria fa delle previsioni sulladinamica delle galassie che sono verificabili con le osservazioni. Innan-zitutto è immediato il riscontro della legge di Tully-Fisher: dalla (2.11),infatti, si ha che V 4 ∝M e, se assumiamo costante il rapporto M

L(come

fatto in precedenza per spiegare la consistenza di questa legge con la teo-ria della materia oscura), si ottiene V 4 ∝ L. La particolarità importantedi questa interpretazione della legge di Tully-Fisher è che essa specificaesattamente cosa prendere in considerazione nel fit: la massa barionicatotale della galassia (stelle e gas) e la velocità V∞ definita nell’equazio-ne (2.14). In Fig. 2.4 si può vedere il grande accordo tra l’andamentoteorico e quello osservato.

La teoria Mo.N.D. (Modified Newtonian Dynamics) 20

Fig. 2.4: Andamento del logaritmo della massa delle galassie in funzione del lo-garitmo delle velocità, considerando il contributo della massa dovutosolo alle stelle (a sinistra) e alle stelle e al gas (a destra). In entrambii grafici è riportata la retta con pendenza 4 (Milgrom, 2008).

Milgrom, inoltre, ha preso in considerazione anche la densità di massasuperficiale dei sistemi, definendo una densità critica Σm

Σm ≡a0

G= 860M/pc2 . (2.33)

Considerando MLB≈ 2, questa corrisponde ad una brillanza media super-

ficiale< µB >≈ 22

mag

arcsec2, (2.34)

che è la legge di Freeman. La densità critica può essere consideratacome un valore di riferimento, dato che sistemi con densità superficialeΣ ≥ Σm hanno accelerazioni interne a ≥ a0, e quindi seguono le leggi delladinamica newtoniana; sistemi, invece, con densità superficiali Σ < Σm

hanno accelerazioni a < a0 e quindi seguono la legge modificata. Questadivisione è utile perchè comporta delle sostanziali differenze:

• Secondo la dinamica newtoniana, si dovrebbe notare una discre-panza tra massa visibile e massa necessaria perchè il sistema sia inequilibrio, solo in sistemi con bassa densità superficiale (si potreb-be pertanto smentire la teoria Mo.N.D. osservando sistemi a bassadensità superficiale che necessitano di materia oscura, ma fino adora questi non sono state trovati).

• Le galassie con bassa densità superficiale, dato che seguono la leggemodificata, presentano curve di rotazione che inizialmente cresco-no lentantamente e poi tendono ad un valore asintotico, mentre

La teoria Mo.N.D. (Modified Newtonian Dynamics) 21

Fig. 2.5: Esempi di curve di rotazione di una galassia con bassa brillanza su-perficiale (in alto) e di una con brillanza superficiale alta (in basso).La linea punteggiata indica l’andamento newtoniano della componen-te dovuta alle stelle, quella tratteggiata la componente dovuta al gase la linea continua è l’andamento secondo Mo.N.D.; a destra sono in-dicate la brillanza superficiale media e il rapporto massa-luminositàconsiderato (Sanders, 2008).

curve con alta densità superficiale, seguendo le leggi di Newton,inizialmente crescono bruscamente e poi decrescono. Osservazionisuccessive hanno confermato questo andamento, come si può vederenella Fig. 2.5.

• I sistemi legati dalla pressione (come ad esempio ammassi globula-ri), a differenza dei precedenti che sono legati dal moto di rotazione,possono essere approssimati a sfere isotermiche, ossia a sistemi sferi-ci con dispersione della velocità costante, e l’equazione di equilibrioidrostatico si può scrivere come

σrdρ

dr= −ρg , (2.35)

dove σr è la dispersione della velocità radiale, ρ è la densità dimassa, r è il raggio. Secondo la teoria newtoniana la massa nelleregioni interne, dove si hanno accelerazioni molto maggiori di a0, vacome r−2, ma nelle regioni esterne risulta infinita. Secondo la teoriaMo.N.D., invece, dato che nelle regioni esterne siamo nel limite di

La teoria Mo.N.D. (Modified Newtonian Dynamics) 22

basse accelerazioni, si può scrivere

g =

√GMra0

r, (2.36)

conMr la massa compresa nel raggio r tale che per le regioni esterneMr = M = cost, e Milgrom ha trovato che in questo limite ladensità varia come r−4. Inoltre trovò che dall’equazione (2.35) sipuò ricavare

M

1011M≈[

σ

100km/s

]4

, (2.37)

che è consistente con la legge di Faber-Jackson L ∝ σ4.

2.4 Modificare la gravità e modificare l’inerzia

Cerchiamo ora di capire da un punto di vista più teorico quali differenzeci sono tra modificare la legge di gravitazione universale e modificare ilprincipio di Newton. Il fatto che non siano procedimenti analoghi è facil-mente intuibile se si pensa che, modificando l’inerzia, risultano modificatele leggi del moto anche di oggetti non soggetti alla forza gravitazionale.

Consideriamo, ad esempio, il funzionale d’azione di un insieme di par-ticelle legate tra loro dalla forza gravitazionale, definita dal potenziale φ.Esso sarà dato dalla somma della componente dovuta alla forza gravi-tazionale Sφ, della componente cinetica Sk e della componente che tieneconto dell’interazione tra le varie particelle Sin:

S = −(8πG)−1∫d3r(∇φ)2︸ ︷︷ ︸

+∑

i

1

2mi

∫dtv2

i︸ ︷︷ ︸Sk

−∫d3rρ(r)φ(r)︸ ︷︷ ︸

Sin

, (2.38)

dove ρ(r) =∑

imiδ(r − ri) è la densità di massa ed mi, ri e vi sonorispettivamente la massa, la posizione e la velocità della particella i-esima. Per modificare la gravità si trasforma il termine Sφ, mentre permodificare l’inerzia si agisce sul termine Sk.

Milgrom ha modificato la gravità applicando sul termine Sφ unatrasformazione del tipo:

(∇φ)2 −→ a20F

[(∇φ)2

a20

], label41 (2.39)

dove F è una generica funzione positiva, ottenendo

Sφ = − a20

8πG

∫d3rF

[(∇φ)2

a20

]. (2.40)

La teoria Mo.N.D. (Modified Newtonian Dynamics) 23

Sostituendo il potenziale modificato nell’equazione di Poisson, si ha

∇ · [µ (|∇φ|)∇φ] = 4πGρ(r) , (2.41)

dove

µ (|∇φ|) ≡

dF(

(∇φ)2

a20

)d(

(∇φ)2

a20

)

(∇φ)2=(∇φ)2

a20

, (2.42)

che coincide con la funzione µ dell’equazione (2.1).Milgrom ha dimostrato che un sistema descritto da una lagrangiana

che non dipende eplicitamente dalle coordinate e dal tempo, rispettaautomaticamente le leggi di conservazione del momento, del momentoangolare e dell’energia, dando un’ulteriore prova dell’attendibilità dellasua teoria. Inoltre se si risolve la (2.41) per un potenziale a simmetriasferica, utilizzando il teorema di Gauss si ottiene

µ(g

a0

)g = gN , (2.43)

che corrisponde alla relazione tra l’accelerazione newtoniana gN = −∇φN

e l’accelerazione modificata g = −∇φ introdotta da Milgrom.Vediamo ora cosa vuol dire, invece, modificare l’inerzia. Per fare

questo Milgrom ha agito sul termine Sk con una trasformazione del tipo

Sk −→ Sk(r(t), a0) , (2.44)

dove r(t) rappresenta la traettoria della particella e Sk(r(t), a0) devesoddisfare le condizioni:

• per a0 → 0 =⇒ Sk(r(t), a0) → Sk(r(t));

• per a0 →∞ =⇒ Sk ∝ a−10 ;

• i vari componenti del sistema devono avere moti con accelerazionialte, ma devono essere tali che la loro combinazione dia una bassaaccelerazione del centro di massa.

In questo modo si ottiene l’equazione del moto

A(r(t), t, a0) = −(∇φ)[r(t)] , (2.45)

e Milgrom ha dimostrato che, perchè essa sia invariante per trasformazio-ni di Galileo e contemporaneamente soddisfi le condizioni sopra elencate,deve descrivere una teoria non-locale. Da questa poi Milgrom ha ricavatoil teorema del viriale scritto nella forma

2Sk(r(t), a0)− a0∂Sk

∂a0

= 〈r · ∇φ〉 , (2.46)

La teoria Mo.N.D. (Modified Newtonian Dynamics) 24

che nell’approsimazione newtoniana si riduce alla relazione convenzionale

Sk(r(t))− 〈r · ∇φ〉 = 0 . (2.47)

Milgrom ha anche notato che, per un’orbita circolare, in un potenzizlesimmetrico rispetto ad un asse, si può scrivere

Sk(r, v, a0) = v2ν

(v2

ra0

), (2.48)

dove r e v sono rispettivamente il raggio dell’orbita e la velocità, mentreν è una funzione da determinare. Si ottiene, così, l’equazione(

v2

r

(v2

ra0

)=dφ

dr, (2.49)

con

µ(x) = ν(x)

[2 +

d ln ν(x)

d lnx

]. (2.50)

Quindi l’equazione (2.12), usata in precedenza per descrivere le curve dirotazione, coincide proprio con l’equazione modificata dell’inerzia.

Considerando una singola particella nel limite a0 →∞, si ha

Sk(r(t), a0) ≈s(r(t))

a0

, (2.51)

dove s(r(t)) è una funzione della traettoria che si può scrivere

s(r(t)) = a0〈r · ∇φ〉

3. (2.52)

Allora, l’equazione (2.45) diventa

A(r(t), t, a0) =Q(r(t))

a0

= −(∇φ)[r(t)] , (2.53)

dove Q ha la proprietà di scala che, per una trasformazione del tipo

r(t) → r?(t) = λr(t

ς

), (2.54)

si haQ(r?(t), t) =

λ2

ς4Q(r(t)),

t

ς

). (2.55)

Pertanto, Sk diventa

Sk

(r?,

λa0

ς2

)=λ2

ς2Sk(r(t), a0) . (2.56)

La teoria Mo.N.D. (Modified Newtonian Dynamics) 25

Tra l’altro, Milgrom ha dimostrato che, se il potenziale soddisfa la con-dizione

φ(λr) = λ1−αφ(r) (2.57)

(con α parametro arbitrario), si ritrovano delle proprietà di scala nellesoluzioni; cioè, se r(t) è soluzione, allora lo saranno anche tutte le funzioni

rς(t) = ς4

2+α r(t

ς

)(2.58)

e, applicando questo risultato al caso della rotazione delle galassie, quindiponendo φ ∝ r−1, per α = 2 si ottiene che la velocità è

vς(t) =drς

dt= v

(t

ς

). (2.59)

Fisicamente, questo significa che la velocità resta costante per orbite conraggi crescenti e quindi rappresenta proprio il fenomeno osservato nellecurve di rotazione.

3. ALCUNE CONCLUSIONI

3.1 Lo stato dell’arte

Attualmente la teoria più accreditata, quella in cui la maggior partedei cosmologi crede, è sicuramente la teoria della materia oscura, anchese non bisogna sottovalutare la Mo.N.D.. Entrambe le teorie, infatti,riescono a spiegare molto bene alcuni fenomeni e meno altri. Facendo unresoconto (sicuramente parziale) possiamo dire che la materia oscura èin accordo con:

• le curve di rotazione,

• la formazione delle strutture cosmiche su larga scala,

• la legge di Tully-Fisher (anche se con qualche problema),

mentre non riesce a spiegare:

• la distribuzione delle galassie nane,

• la densità di massa superficiale delle strutture cosmiche.

La teoria Mo.N.D., invece, riesce a spiegare

• le curve di rotazione,

• la legge di Tully-Fisher,

• la legge di Faber-Jackson,

• la dinamica delle galassie in base alla loro densità di brillanzasuperficiale,

mentre si riscontrano dei problemi:

• nel trovare una teoria che riunisca Mo.N.D. e relatività generale(in questa tesi questo aspetto non è stato minimamente trattato,anche se esistono varie teorie più recenti che cercano di raggiungerequesto risultato).

Alcune conclusioni 27

Molti esperimenti sono attualmente in corso, sia in laboratori terrestriche nello spazio, con lo scopo di individuare questa (o queste) particellaoscura e se avranno esito positivo tutti i dubbi sulla presenza effettivadi materia oscura saranno dissipati. Gli esperimenti per verificare laMo.N.D., invece, sono molti di meno, ma tramite le osservazioni si èriuscito comunque a verificarne l’accordo complessivo con i fenomeni cheprevede.

3.2 Conclusioni

In questa tesi abbiamo analizzato due teorie che cercano di spiegare glistessi fenomeni pur avendo un approccio completamente differente. Lamateria oscura, infatti, cerca di spiegare la massa mancante introducendouna o più particelle ancora non individuate per poter spiegare il maggiornumero di fenomeni osservati, mentre la teoria Mo.N.D. modifica le leggidella fisica per poter avere questo accordo con le osservazioni.

Nel primo capitolo ci siamo occupati della materia oscura, analiz-zando innanzitutto il problema delle curve di rotazione, a causa dellequali essa è stata introdotta, e poi abbiamo esposto le caratteristicheche questa particella deve avere, facendo un elenco di quelle più favorite.Le particelle candidate considerate più attendibili, infatti, differiscono dipoco le une dalle altre (appartengono tutte alla classe delle CCDM), mahanno delle caratteristiche che le distinguono in modo da poter spiegarealcuni dei fenomeni osservati. Nessuna riesce a spiegarli tutti. Le parti-celle favorite sono le WIMPs, particelle massive ad interazione debole cheriescono a spiegare, oltre alle curve di rotazione, anche la distribuzionesu larga scala delle strutture cosmiche osservate.

In cosmologia, inoltre, appare oggi ineludibile introdurre anche unaltro ingrediente, l’energia oscura. Di questa si sa ancor meno, a parte ilfatto che è necessaria la sua presenza per spiegare l’espansione acceleratadell’universo.

Nel secondo capitolo abbiamo poi analizzato la teoria Mo.N.D., par-tendo dalla modifica fatta da Milgrom alla legge di gravitazione univer-sale, analizzando il suo comportamento in vari sistemi e le previsioni cheessa fa sulla dinamica delle galassie. Alla fine del capitolo abbiamo infinefatto una trattazione più teorica su cosa significa modificare la legge digravitazione e il secondo principio della dinamica.

Entrambe le teorie, pur riuscendo a spiegare al meglio alcuni fenome-ni, non ne riescono a spiegare altri e per questo gli esperimenti in camposono molti. La teoria su cui si hanno maggiori aspettative è comunquela materia oscura e per questo molti scienziati sono impegnati nella ri-cerca di questa particella che, se verrà trovata, toglierà ogni dubbio sulla

Alcune conclusioni 28

veridicità della teoria. Tra i tanti esperimenti, possiamo citare quello incorso all’LHC del Cern di Ginevra, dove si sta cercando di produrre que-sta particella oscura e l’esperimento Da.Ma. (acronimo di Dark Matter)in corso presso il Laboratorio Nazionale del Gran Sasso, dove, tramite unrivelatore a base di ioduro di sodio, si sta cercando di rivelare le WIMPsche si suppone siano presenti nel Sistema Solare.

D’altro canto la teoria Mo.N.D. è stata presa in seria considerazioneda molti cosmologi soprattutto per la sua semplicità. Infatti, modificandoin modo piuttosto semplice la legge di gravitazione universale si riesce adavere una serie di risultati in sorprendente accordo con le osservazioni. Ilpiù grande difetto di questa teoria è la difficoltà di farla rientrare nellateoria della relatività generale senza stravolgere del tutto quest’ultima.

In ultimo, sembra opportuno fare un’osservazione ulteriore. E’ evi-dente che, almeno dal punto di vista teorico, l’introduzione di teoriealternative in competizione tra loro è necessaria fino a che il quadro os-servativo/sperimentale non si chiarisca, consacrando l’affidabilità di unateoria sulle altre. Allo stato attuale, però, se la ricerca della materiaoscura di origine particellare venisse meno, si rimarrebbe comunque difronte a più possibilità in competizione tra loro. Di queste, la Mo.N.D. ècertamente una delle più accreditabili.

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