La Guerra delle Donne … e in Italia? · Durante la Prima Guerra Mondiale tutti gli uomini validi...

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Durante la Prima Guerra Mondiale tutti gli uomini validi furono chiamati alle armi, lasciando scoperti posti di lavoro negli uffici, nelle fabbriche, nelle industrie, persino in quella bellica e nella produzione agricola. Le donne, dopo un temporaneo addestramento, furono pronte a sostituire gli assenti, cosicché la manodopera femminile crebbe considerevolmente. Cosa cambiò in Europa? Per le donne, e non solo, la guerra ha significato lutto, sofferenza e ansia, causando anche una frattura dell’ordine familiare e sociale. La memoria collettiva collega le immagini maschili di quel tempo a scene di guerra e tragedie, mentre l’immagine femminile è ricollegata ad un senso di liberazione e di maggiore fiducia in se stesse. Generalizzare sulla condizione delle donne sarebbe sbagliato, infatti i loro compiti cambiarono in base alle diversità regionali e sociali. La donna da “angelo del focolare domestico” divenne membro attivo dell’economia e della società. Tuttavia questa nuova “emancipazione lavorativa” non corrispondeva ad una maggiore libertà personale: nonostante l’assenza di uomini in età arruolabile, nelle case rimanevano gli anziani che esercitavano un ruolo autoritario all’interno della famiglia. Molto spesso la presenza di giovani donne in industrie e fabbriche non era vista di buon occhio dai vecchi operai, moralisti e tradizionalisti. Prima della guerra le donne nubili vivevano all’ombra del padre e quelle sposate erano sottomesse al marito, considerato il loro padrone. Le donne dell’alta borghesia erano solo mogli e madri, invece, quelle della piccola borghesia svolgevano professioni tipicamente femminili. Le donne della classe operaia lavoravano come governanti o come operaie sottopagate. Segno della loro sottomissione era la necessità del consenso del marito prima di iniziare una qualunque attività. Durante questi anni le donne erano ancora prive del diritto di voto e non potevano pronunciarsi sulle questioni politiche, perciò nacquero organizzazioni internazionali femministe che chiedevano pari diritti e opportunità. La Guerra delle Donne L E MADRINE DI GUERRA preparavano pacchi di vestiario e generi di sussistenza da inviare ai soldati al fronte. Il loro compito, però, andava anche oltre: scrivevano lettere e cartoline, sia per mantenere alto il morale, sia per fare sentire meno soli quei tanti giovani al fronte. Gli indumenti da confezionare erano calze, polsini, ventriere, ginocchiere, sciarpe, guanti e manichini, lavorati a maglia fatta a mano, su modelli distribuiti dal Ministero. Nel dicembre 1915 la Commissione potentina ricevette dai vari comitati locali della provincia: 146 passamontagna, 236 sciarpe, 444 ventriere, 1967 paia di calze, 632 paia di manichini, 455 Prima dello scoppio del conflitto, le donne raccoglievano i capelli in acconciature elaborate e voluminose. La cura del proprio aspetto non svanì con la guerra, ma ovviamente si puntò su stili più semplici. Anche gli accessori divennero più piccoli, a cominciare dai cappelli, praticamente mignon. Invece le scarpe, che un tempo erano coperte dalle lunghe gonne, assunsero un ruolo fondamentale. I modelli più utilizzati erano gli stivaletti di pelle con tacco medio e le calzature stringate ricche di cinturini e fibbie. BORDELLI Durante la prima guerra mondiale si diffusero sempre di più nei paesi vicini alle zone di guerra,” le case chiuse”. Questi “bordelli di guerra” servivano a placare i sentimenti di paura e di ansia dei soldati che, eccitati dal desiderio sessuale, si distraevano dalle atrocità delle guerra. Le condizioni erano, però, igienicamente spaventose e le donne presenti erano costrette a più di 120 rapporti al giorno. I materassi erano sudici e le stanze venivano pulite di rado. Molte madri, non riuscendo a mantenere i figli mentre i mariti erano al fronte, erano costrette a prostituirsi pur di portare un pezzo di pane a casa. I mariti poi, consapevoli di questo, avevano paura tornando dal fronte di trovare nel proprio letto un altro uomo. La drammaticità reale della situazione li portava a dubitare della fedeltà della propria moglie come si deduce anche dalle lettere inviate dalle trincee dove l’uomo chiede spesso, con freddezza, alla propria consorte quale mansione svolgesse per mantenere i figli. DALLE GONNE ALLE TUNICHE Le donne di ogni classe sociale indossavano delle lunghe gonne anche piuttosto ampie e vaporose. Col conflitto gli strati di tessuto si ridussero drasticamente e il volume delle gonne si alleggerì moltissimo. Erano in poche a potersi ancora permettere di indossare delle belle long skirt. Quelle che non potevano, preferirono optare per delle tuniche monocolori, poco femminili, ma molto pratiche. … e in Italia? Nel Nord Italia le industrie tessili erano molto sviluppate, sia per quanto riguardava le divise militari e gli indumenti dei soldati, sia per la moda femminile che subì un brusco cambiamento. Il conflitto portò verso nuove tendenze, nuovi modi di vestirsi e di pettinarsi. Si passò repentinamente dallo sfarzoso stile ottocentesco a una moda più comoda. Il tutto dovuto al ruolo stesso della donna, non più isolata e relegata in casa, ma parte attiva e importante per sostenere la famiglia durante la guerra e sempre pronta per dare una mano ai soldati al fronte. Scoppiata la prima Guerra Mondiale, le donne si misero subito all’opera, infatti esse combatterono un’altra guerra, non meno faticosa di quella al fronte. Inevitabilmente lo scontro portò a una semplificazione dell’abbigliamento e si preferirono tessuti, tagli e forme più pratiche. Quindi si impose un modello di eleganza che faceva perno sull’abbandono delle forme curvilinee a favore di abiti dalla linea verticale, sull’introduzione di colori sgargianti nell’abbigliamento femminile, fino ad allora realizzato esclusivamente con tessuti dalle tinte tenui, sulla rinuncia alla cura dei dettagli sacrificata all’effetto complessivo dell’abito. Da questo momento inizia la graduale tendenza all’accorciamento della gonna che avrà anche una linea più dritta, abbinata a giacche alla marinara, camicette, scarpe a tacco basso e capelli più corti o raccolti. Quando gli alberghi cominciarono ad essere trasformati in ospedali per accogliere i feriti che arrivavano dal fronte, fu indispensabile l’impegno ‘patriottico’ delle donne come infermiere e di conseguenza l’esigenza di una divisa bianca, comoda e più funzionale. Nelle fabbriche, dove la forza motrice, subentrata a quella muscolare, permise alla donna di manovrare le stesse macchine dell’uomo, divenne perciò necessario indossare vestiti pratici che non cingevano più il corpo femminile. Fu abbandonato, così, il corsetto insieme a tutti i virtuosismi sartoriali, in favore di un’assoluta novità: il reggiseno. Il nuovo indumento era necessario per garantire alle donne una maggiore libertà di movimento sul lavoro. Coco Chanel rivoluzionò il campo della moda, che in quel periodo era una delle poche attività a sostenere il bilancio del Paese con l’esportazione e con il consumo diretto. Tuttavia la scarsità del materiale tessile, dovuta da una parte all’utilizzo degli stessi per le divise dei soldati, dall’altra alla mancanza di operai nelle aziende, rappresentava un ostacolo che Chanel riuscì a superare brillantemente. I suoi modelli dovevano essere realizzati in maglia, in particolare con un tessuto sperimentato all’epoca: il jersey . ...e al Sud? La maggior parte della popolazione del Sud apparteneva alla classe operaia e per vivere svolgeva lavori nei campi. Con la partenza degli uomini e della forza lavoro le donne si trovarono a doverli sostituire anche nelle attività più pesanti e faticose. Questo, ovviamente, non valeva per tutte; infatti non ogni donna del Sud era una “contadina”, ma i lavori cambiavano in base alla condizione sociale. Le mogli di uomini con incarichi importanti si trovarono quasi a sostituirli, ricoprendo ruoli che fino a qualche anno prima sarebbero stati impensabili per una donna. In breve tempo divennero la parte attiva della collettività e dell’economia come non lo erano mai state prima. Ma non erano lasciate completamente sole, infatti vennero istituiti dei centri di assistenza civile per sostenerle nelle diverse parti del territorio. La concezione di “donna” cambiò completamente e, infatti, proprio in questo periodo le tante proibizioni imposte un tempo, vennero un po’ allentate segnando l’inizio di quelle libertà che vennero I l 12 febbraio del 1912, Mary Phelpls Jacob, ventenne americana, richiese all’Ufficio Brevetti di New York il riconoscimento della sua curiosa invenzione, che consisteva in un paio di piccoli triangoli di stoffa uniti fra loro e sorretti da adeguate bretelle in modo da fornire un apposito sostegno al seno femminile. Gabrielle Bonheur Chanel (1883- 1971), conosciuta come Coco Chanel, fu una celebre stilista francese che rivoluzionò il concetto di femminilità, affermandosi come figura fondamentale della cultura popolare del ventesimo secolo. Importante anche come fashion designer, fondò la, ancora oggi famosissima, casa di moda che porta il suo nome: Chanel. Il jersey era ritenuto, lo è ancora, il tessuto più morbido e comodo con il quale realizzare i vestiti delle donne durante la guerra mondiale. Materiale povero e utilizzato soprattutto per l’abbigliamento maschile sportivo, si prestò alla perfezione al delicato momento storico.

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Durante la Prima Guerra Mondiale tutti gli uomini validi furono chiamati alle armi, lasciando scoperti posti di lavoro negli uffi ci, nelle fabbriche,

nelle industrie, persino in quella bellica e nella produzione agricola. Le donne, dopo un temporaneo addestramento, furono pronte a sostituire gli assenti, cosicché la manodopera femminile crebbe considerevolmente. Cosa cambiò in Europa? Per le donne, e non solo, la guerra ha signifi cato lutto, soff erenza e ansia, causando anche una frattura dell’ordine familiare e sociale. La memoria collettiva collega le immagini maschili di quel tempo a scene di guerra e tragedie, mentre l’immagine femminile è ricollegata ad un senso di liberazione e di maggiore fi ducia in se stesse. Generalizzare

sulla condizione delle donne sarebbe sbagliato, infatti i loro compiti cambiarono in base alle diversità regionali e sociali. La donna da “angelo del focolare domestico” divenne membro attivo dell’economia e della società. Tuttavia questa nuova “emancipazione lavorativa” non corrispondeva ad una maggiore libertà personale: nonostante l’assenza di uomini in età arruolabile, nelle case rimanevano gli anziani che esercitavano un ruolo autoritario all’interno della famiglia. Molto spesso la presenza di giovani

donne in industrie e fabbriche non era vista di buon occhio dai vecchi operai, moralisti e tradizionalisti. Prima della guerra le donne nubili vivevano all’ombra del padre e quelle sposate erano sottomesse al marito, considerato il loro padrone. Le donne dell’alta borghesia erano solo mogli e madri, invece, quelle della piccola borghesia svolgevano professioni tipicamente femminili. Le donne della classe operaia lavoravano come governanti o come operaie sottopagate. Segno della loro sottomissione era la necessità del consenso del marito prima di iniziare una qualunque attività. Durante questi anni le donne erano ancora prive del diritto di voto e non potevano pronunciarsi sulle questioni politiche, perciò nacquero organizzazioni internazionali femministe che chiedevano pari diritti e opportunità.

La Guerra delle Donne

L E MADRINE DI

GUERRA preparavano pacchi di vestiario e generi di

sussistenza da inviare ai soldati al fronte. Il loro compito, però, andava anche oltre: scrivevano lettere e cartoline, sia per mantenere alto il morale, sia per fare sentire meno soli quei tanti giovani al fronte. Gli indumenti da confezionare erano calze, polsini, ventriere, ginocchiere, sciarpe, guanti e manichini, lavorati a maglia fatta a mano, su modelli distribuiti dal Ministero. Nel dicembre 1915 la Commissione potentina ricevette dai vari comitati locali della provincia: 146 passamontagna,

236 sciarpe, 444 ventriere, 1967 paia di calze, 632 paia

di manichini, 455

P r i m a dello scoppio

del confl itto, le donne raccoglievano i capelli

in acconciature elaborate e voluminose. La cura del proprio aspetto non svanì con la guerra, ma ovviamente si puntò su stili più semplici. Anche gli accessori divennero più piccoli, a cominciare dai cappelli, praticamente mignon. Invece le scarpe, che un tempo erano coperte dalle lunghe gonne, assunsero un ruolo fondamentale. I modelli più utilizzati erano gli stivaletti di pelle con tacco

medio e le calzature stringate ricche di cinturini e

fi bbie.

BORDELLI Durante la prima

guerra mondiale si diff usero sempre di più nei paesi vicini

alle zone di guerra,” le case chiuse”. Questi “bordelli di guerra” servivano a placare i sentimenti di paura e di ansia dei soldati che, eccitati dal desiderio sessuale, si distraevano dalle atrocità delle guerra. Le condizioni erano, però, igienicamente spaventose e le donne presenti erano costrette a più di 120 rapporti al giorno. I materassi erano sudici e le stanze venivano pulite di rado. Molte madri, non riuscendo a mantenere i fi gli mentre i mariti erano al fronte, erano costrette a prostituirsi pur di portare un pezzo di pane a casa. I mariti poi, consapevoli di questo, avevano paura tornando dal fronte di trovare nel proprio letto un altro uomo. La drammaticità reale della situazione li portava a dubitare della fedeltà della propria moglie come si deduce anche dalle lettere inviate dalle trincee dove l’uomo chiede spesso, con freddezza,

alla propria consorte quale mansione svolgesse per

mantenere i fi gli.

D A L L E GONNE ALLE

TUNICHE Le donne di ogni classe sociale indossavano

delle lunghe gonne anche piuttosto ampie e vaporose. Col confl itto gli strati di tessuto si ridussero drasticamente e il volume delle gonne si alleggerì moltissimo. Erano in poche a potersi ancora permettere di indossare delle belle long skirt. Quelle che non potevano, preferirono optare

per delle tuniche monocolori, poco femminili, ma

molto pratiche.

… e in Italia? Nel Nord Italia le industrie tessili erano molto sviluppate, sia per quanto riguardava le divise militari e gli indumenti dei soldati, sia per la moda femminile che subì un brusco cambiamento. Il confl itto portò verso nuove tendenze, nuovi modi di vestirsi e di pettinarsi. Si passò repentinamente dallo sfarzoso stile ottocentesco a una moda più comoda. Il tutto dovuto al ruolo stesso della donna, non più isolata e relegata in casa, ma parte attiva e importante per sostenere la famiglia durante la guerra e sempre pronta per dare una mano ai soldati al fronte. Scoppiata la prima Guerra Mondiale, le donne si misero subito all’opera, infatti esse combatterono un’altra guerra, non meno faticosa di quella al fronte. Inevitabilmente lo scontro portò a una semplifi cazione dell’abbigliamento e si preferirono tessuti, tagli e forme più pratiche. Quindi si impose un modello di eleganza che faceva perno sull’abbandono delle forme curvilinee a favore di abiti dalla linea verticale, sull’introduzione di colori sgargianti nell’abbigliamento femminile, fi no ad allora realizzato esclusivamente con tessuti dalle tinte tenui, sulla rinuncia alla cura dei dettagli sacrifi cata all’eff etto complessivo dell’abito. Da questo momento inizia la graduale tendenza all’accorciamento della gonna che avrà anche una linea più dritta, abbinata a giacche alla marinara, camicette, scarpe a tacco basso e capelli più corti o raccolti. Quando gli alberghi cominciarono ad essere trasformati in ospedali per accogliere i feriti che arrivavano dal fronte, fu indispensabile l’impegno ‘patriottico’ delle donne come infermiere e di conseguenza l’esigenza di una divisa bianca, comoda e più funzionale. Nelle fabbriche, dove la forza motrice, subentrata a quella muscolare, permise alla donna di manovrare le stesse macchine dell’uomo, divenne perciò necessario indossare vestiti pratici che non cingevano più il corpo femminile. Fu abbandonato, così, il corsetto insieme a tutti i virtuosismi sartoriali, in favore di un’assoluta novità: il reggiseno. Il nuovo indumento era necessario per garantire alle donne una maggiore libertà di movimento sul lavoro. Coco Chanel rivoluzionò il campo della moda, che in quel periodo era una delle poche attività a sostenere il bilancio del Paese con l’esportazione e con il consumo diretto. Tuttavia la scarsità del materiale tessile, dovuta da una parte all’utilizzo degli stessi per le divise dei soldati, dall’altra alla mancanza di operai nelle aziende, rappresentava un ostacolo che Chanel riuscì a superare brillantemente. I suoi modelli dovevano essere realizzati in maglia, in particolare con un tessuto sperimentato all’epoca: il jersey ....e al Sud? La maggior parte della popolazione del Sud apparteneva alla classe operaia e per vivere svolgeva lavori nei campi. Con la partenza degli uomini e della forza lavoro le donne si trovarono a doverli sostituire anche nelle attività più pesanti e faticose. Questo, ovviamente, non valeva per tutte; infatti non ogni donna del Sud era una “contadina”, ma i lavori cambiavano in base alla condizione sociale. Le mogli di uomini con incarichi importanti si trovarono quasi a sostituirli, ricoprendo ruoli che fi no a qualche anno prima sarebbero stati impensabili per una donna. In breve tempo divennero la parte attiva della collettività e dell’economia come non lo erano mai state prima. Ma non erano lasciate completamente sole, infatti vennero istituiti dei centri di assistenza civile per sostenerle nelle diverse parti del territorio. La concezione di “donna” cambiò completamente e, infatti, proprio in questo periodo le tante proibizioni imposte un tempo, vennero un po’ allentate segnando l’inizio di quelle libertà che vennero

I l 12 febbraio del

1912, Mary Phelpls Jacob, ventenne americana, richiese

all’Uffi cio Brevetti di New York il riconoscimento della sua curiosa invenzione, che consisteva in un paio di piccoli triangoli di stoff a

uniti fra loro e sorretti da adeguate bretelle in modo da fornire un

apposito sostegno al seno femminile.

Gabrielle Bonheur Chanel

(1883- 1971), conosciuta come Coco Chanel, fu una celebre s t i l i s t a francese che r ivoluzionò il concetto di femminilità, affermandosi come fi gura fondamentale

della cultura popolare del ventesimo secolo. Importante anche come fashion designer, fondò la, ancora oggi famosissima, casa di moda

che porta il suo nome: Chanel.

Il jersey era

ritenuto, lo è ancora, il tessuto più morbido e comodo con il quale realizzare i vestiti delle donne durante la guerra mondiale. Materiale povero e utilizzato soprattutto per l’abbigliamento

maschile sportivo, si prestò alla perfezione al delicato

momento storico.

successivamente conquistate.Nella propaganda di guerra, l’immagine della donna era presentata all’insegna della riconferma del ruolo tradizionale di madre, sorella e moglie, sottomessa e solidale con i destini della patria, oppure ridotta ad elemento di appagamento del desiderio maschile o elevata a rappresentazione allegorica dell’ideale patriottico o della nazione stessa. Le testimonianze del mondo femminile ci off rono uno scenario frammentato e disomogeneo, che varia in base all’estrazione sociale.

Geni Sadero nacque a Costantinopoli, il 12 Maggio 1889. Fu un’attrice conosciuta per i fi lm: “Il diario di una donna amata” (1935); “La canzone dell’amore” (1930); “Amami, Alfredo!” (1940). Morì il 7 Agosto 1961, a Milano.

Tenne due concerti di benefi cenza a Potenza.Cosa cambiò dopo la Grande Guerra? I nuovi ruoli , il coraggio dimostrato, la visibilità pubblica e la nuova centralità assunta dalle donne durante il primo confl itto mondiale crearono la mobilitazione necessaria per ottenere una nuova riforma giuridica a loro favore; infatti, la Riforma di Ettore Sacchi, nel 1919, eliminò l’istituto dell’autorizzazione maritale e permise alle donne di esercitare

tutte le professioni, incluse quelle pubbliche. Con questa Riforma venne garantita piena capacità giuridica alle donne coniugate. Nonostante queste nuove libertà, a livello politico e sociale, non ci furono cambiamenti che suscitarono grande interesse, non a caso a molti sembrava solo un modo dovuto per ripagare le donne per i sacrifi ci e gli sforzi aff rontati durante il primo confl itto mondiale. Al ritorno

dalla guerra gli uomini dovevano essere reintegrati nel campo lavorativo e ci si aspettò che le donne facessero un passo indietro per lasciare spazio ai reduci. Questo passaggio provocò un’ondata di licenziamenti, facendo diminuire di molto la presenza femminile nel mondo del lavoro.

Classe 5 C Nitti – Potenza, prof. Pasqualina

Altri comitati presenti

sul territorio erano quelli destinati alla realizzazione di

indumenti militari. I compiti di questi comitati erano diversi da quelli dell’assistenza civile, dovevano occuparsi, infatti, solo della distribuzione delle materie prime per la realizzazione degli indumenti, fatti da volontari o apposite fabbriche. Gli indumenti da confezionare erano: guanti, calze, polsini ventriere e sciarpe che venivano fatti a mano, secondo tre misure standard stabilite dal Ministero: grande, media e piccola. Era il Comune stesso a chiamare le donne, prive di occupazione, per impiegarle nella realizzazione di tali indumenti, accertandosi prima delle loro capacità. Per non sprecare materiale utile, ad ognuna era affi dato solo il lavoro che poteva svolgere. Tra gli indumenti che venivano confezionati in Basilicata, ma anche in altre parti del Paese, c’erano guanti e polsini con modelli standard, in modo da

essere funzionali ai soldati che combattevano al

fronte.

S i m b o l i femminili di questa

guerra erano le madri dei soldati interamente devote

alla patria tanto da “sacrifi care” i propri fi gli. Dalle lettere dell’epoca risultano, tuttavia, delle contraddizioni; infatti, utilizzarono ogni mezzo per sottrarre i propri fi gli al pericolo della guerra, ricorrendo anche a delle conoscenze militari. Dimostrarono, spesso,

patriottismo in pubblico, ma soff erenza in privato.

I l COMITATO DI

ASSISTENZA CIVILE DI POTENZA era diviso in tre

sottocomitati: per l’assistenza alle famiglie dei richiamati, per quella scolastica e per i profughi. Furono organizzate delle serate di eventi in modo da raccogliere i fondi necessari alla loro attività, anche se si avvalevano di sottoscrizioni pubbliche. La sezione locale della Croce Rossa collaborava con il Comitato per la cura dei malati; in Via Pretoria c’erano due centri

dove venivano preparati dei pacchi, spediti poi ai

prigionieri.

madre del milite ignoto

Fra i motivi per cui la prima guerra mondiale è anche chiamata “Grande Guerra”, riconosciuta come uno spartiacque epocale, si annoverano il coinvolgimento di stati e territori di gran parte del mondo; l’uso di tecnologia che rese gli eserciti più letali, portando i morti a più di 10 milioni, la scomparsa di ben 4 grandi imperi (Russo, Asburgico, Tedesco e Turco) e l’aff ermazione degli Stati Uniti come superpotenza mondiale al posto della Gran Bretagna. L’Italia, inizialmente, si dichiara neutrale, ma circa 10 mesi dopo l’avvio del confl itto, decide di siglare un patto segreto con le potenze della Triplice Intesa (Francia, Gran Bretagna e Russia). Questo accordo prende il nome di “Patto di Londra”. Con questo trattato, fi rmato il 26 aprile 1915 dal ministro degli esteri Sidney Sonnino, l’Italia si impegna a scendere in guerra contro gli Imperi Centrali, in cambio di cospicui compensi economici e territoriali. L’economia in Italia Nel 1904-1905, la situazione economica italiana visse un momento di depressione legato ad un quadro mondiale negativo. Con lo scoppio della guerra nel giugno 1914, si verifi carono subito problemi con le importazioni, e con le successive misure restrittive al commercio imposte dal governo, ci fu una limitazione anche delle esportazioni. Con il prosieguo della guerra, l’Italia iniziò a soff rire sempre di più della mancanza dei generi di prima necessità. Le condizioni della popolazione, dalla seconda metà del 1916, cominciarono a peggiorare: la razione di pane dei soldati era stata ridotta, mentre per i cittadini erano ormai introvabili i generi semivoluttuari come il caff è, il cacao, lo zucchero e il grano. L’importazione di carbone venne ridotta. Le industrie italiane si cimentarono nella costruzione di navi, nella produzione di fucili, mitragliatrici, cannoni e granate. Agli inizi del ‘900, nacque a Bagnoli l’Ilva per produrre ghisa e acciaio. Altre grandi industrie sul territorio furono la Fiat che costruiva automezzi a livello nazionale, aerei, mitragliatrici e motori marini; l’Ansaldo che produceva locomotive a vapore e materiale ferroviario e la Terni produttrice di corazze, cannoni e proiettili perforanti. La guerra, quindi, rappresentò una colossale occasione di sviluppo per il settore industriale. Inoltre, i cinque principali istituti di credito, la Banca d’Italia, la Banca Italiana di Sconto, la Banca Commerciale, il Banco di Roma e il Credito Italiano, si raff orzarono con lo scoppio della guerra. Nel gennaio del 1915 venne aperta la sottoscrizione pubblica del primo dei sei prestiti nazionali ai quali si ricorrerà durante la guerra e per la loro emissione venne scelta la Banca d’Italia. Il denaro necessario all’acquisto di equipaggiamenti bellici fece sì che lo Stato si indebitasse all’interno e all’estero. Lo Stato spinse i privati cittadini a sottoscrivere i titoli di debito pubblico sia off rendo un buon tasso di interesse sia facendo appello ai sentimenti patriottici, mentre stimolò le imprese con incentivi economici. Nel 1918 il nostro paese, pur vincitore, registrò il più alto tasso di infl azione: i prezzi salirono alle stelle, polverizzando i capitali dei piccoli risparmiatori, mentre i salari non riuscivano a tener testa al carovita e all’aumentata pressione fi scale. Il bilancio statale aveva un defi cit di 23345 milioni di lire nell’esercizio ’18-’19. Infi ne, nel 1921 ci fu la crisi dell’Ansaldo, che portò al fallimento della Banca Italiana di Sconto, rovinando migliaia di piccoli e medi risparmiatori. Il settore primario: il grano e la sua economia Il mondo agricolo fu pesantemente investito dagli avvenimenti bellici. Una massa di mano d’opera contadina fu sottratto alle campagne per

Grande Guerra ed economiaS i d n e y

Sonnino fu ministro degli esteri del regno

d’Italia dal 1914 al 1919