La Grande guerra - Unione...

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LA GRANDE GUERRA LA PRIMA GUERRA MONDIALE © GSCATULLO

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LA GRANDE GUERRA LA PRIMA GUERRA MONDIALE

© GSCATULLO

La Prima Guerra Mondiale Cause La prima guerra mondiale (1914-18) ebbe diverse cause, al di là del casus belli, alcune delle quali presenti da

molto tempo in Europa, di natura politica, economica, militare e socioculturale.

Cause politiche

Le cause politiche riguardano tanto la politica esterna, in particolare la rete di alleanza, quanto quella interna.

Si possono annoverare in esse:

rivalità Francia-Germania e desiderio di rivincita (revanche) francese sulla grave perdita subita

durante la guerra del 1870-71 per mano dei Tedeschi, da cui rivendicavano l’Alsazia e la Lorena;

secolare rivalità tra Austria e Russia per il predominio nei Balcani;

malcontento nazionalità presenti nell’Impero Austro-Ungarico, in particolare Slavi e Italiani;

crisi dell’Impero Ottomano dopo le guerre balcaniche e dopo il Trattato di Bucarest (1913);

presenza di due schieramenti di Stati contrapposti: Triplice Alleanza (Germania, Austria e Italia) e

Triplice Intesa (Gran Bretagna, Francia, Russia).

Cause economiche

Le principali cause economiche furono:

rivalità economica, con riferimento anche alle colonie, tra Gran Bretagna e Germania, a causa della

forte crescita industriale di quest’ultima nell’epoca di Bismarck. Il governo tedesco voleva infatti

controllare la Mittleuropa (Europa centrale) e perseguivano una politica economica espansionista.

L’espansione tedesca nei balcani e nel Medio Oriente preoccupava, oltre che gli Inglesi, anche i Russi

per i loro interessi economici nella zona;

la necessità per tutte le potenze industriali di espandere il proprio mercato e di garantirsi le materie

prime: era necessario dunque difendere il vasto impero coloniale che ognuno aveva creato e le

rispettive aree di influenza.

Cause militari e culturali

Le cause militari sono da ricercarsi nella corsa agli armamenti favorita dai gruppi industriali che producevano

materiale bellico. Mentre nei primi anni del Novecento andavano diffondendosi tra la popolazione

atteggiamenti favorevoli alla guerra, ciò fu facilitato:

dal nazionalismo, alimentato anche da stampa ed intellettuali, affermava la necessità di affermare

la potenza della propria nazione sulle altre;

dalle tesi razziste che sostenevano la necessità di preservarsi da razze e culture ritenute inferiori;

dal darwinismo applicato in campo sociale ed internazionale che voleva prevalere il più forte;

dalla considerazione della guerra da parte dei più giovani come motivo di cambiamento sociale;

dall’esaltazione della guerra che si ha con il futurismo, che la considera “sola igiene del mondo”.

Casus Belli

La causa ufficiale, la “scintilla” che ruppe i precari equilibri internazionali, fu l’omicidio dell’erede al trono

d’Austria, l’arciduca Francesco Ferdinando, e di sua moglie, avvenuto il 28 giugno 1914 a Sarajevo per mano

del nazionalista serbo Gavrilo Princip. L’attentato, preparato a Belgrado, non fu in alcun modo impedito dal

governo serbo, e fu utilizzato come pretesto di aggressione militare da parte dell’Austria.

Lo stato degli Asburgo il 23 luglio propose infatti un inaccettabile ultimatum alla Serbia in cui chiedeva entro

quarantotto ore: la soppressione delle organizzazioni irredentistiche slave, il divieto di propaganda anti-

austriaca e l’apertura di un’inchiesta sull’attentato condotta da una commissione con membri anche

austriaci. Le condizioni erano volutamente umilianti per la Serbia che avrebbe dovuto rinunciare de facto alla

sovranità accettandole. A seguito del rifiuto il 28 luglio l’Austria dichiarò guerra alla Serbia.

L’inizio della Guerra

Prima fase

Subito dopo la dichiarazione di guerra scattarono le alleanze: il 29 luglio la Russia, alleata della Serbia, entrò

in guerra, seguita dalla Germania che dichiarò guerra all’Impero Russo (1 agosto) e alla Francia (3 agosto).

Contro quest’ultima contava su una risoluzione rapida del conflitto (il piano Schileffen1): la avrebbe attaccata

aggirandone le difese militari, passando per il Belgio e Lussemburgo. L’occupazione di questi territori neutrali

determinò l’immediato intervento della Gran Bretagna che al fianco della Francia e della Russia dichiarò

guerra ad Austria e Germania, il 4 agosto. Tra gli aderenti ai due schieramenti (Intesa e Alleanza), solo l’Italia

dichiarò la propria neutralità.

Sul fronte occidentale l’attacco tedesco alla Francia non andò secondo quanto previsto dal Capo di Stato

Maggiore di Germania Helmut von Moltke, che era succeduto ad Alfred von Schileffen, e dopo una rapida

avanzata l’esercito tedesco fu fermato a 35 km da Parigi nei pressi del fiume Marna. Qui si svolse l’omonima

battaglia dal 6 al 12 settembre che vide scontrarsi circa due milioni di uomini e causò 500 000 vittime senza

che nessuno dei contendenti avesse la meglio.

Guerra di posizione

Dall’autunno 1914 i due eserciti si fronteggiarono su una linea lunga circa 800 km che andava dal Mare del

Nord alla Svizzera. I tradizionali attacchi di fanteria, resi inutili e cruenti dall’utilizzo dell’artiglieria e delle

mitragliatrici, furono limitati in favore del rafforzamento di una strategia difensiva. Con questo obbiettivo

vennero utilizzate le trincee, fossati scavati nel terreno, con il passare del tempo dotate di ripari e reticoli di

filo spinato. Non era dunque più possibile sconfiggere gli avversari con una guerra di movimento e si era

ormai passati ad una guerra di posizione.

Sul fronte orientale tra la fine di agosto e gli inizi di settembre i Tedeschi sconfissero i Russi a Tannenberg

(25-30 agosto) e presso i Laghi Masuri (4-10 settembre). L’equilibrio delle forze in campo condusse ben

presto ad una situazione di stallo. In appoggio agli Imperi centrali il 31 ottobre anche la Turchia entrò in

guerra: si aprirono di conseguenza dei fronti di combattimento russo-turchi, in Armenia, e anglo-turchi, in

Mesopotamia e in Egitto.

L’Italia

Neutralisti e interventisti

Dopo la dichiarazione di guerra dell’Austria alla Serbia l’opinione pubblica e le forze politiche si divisero

sull’atteggiamento da intraprendere nei confronti del conflitto. Nell’agosto 1914 il governo guidato da

Antonio Salandra dichiara ufficialmente la propria neutralità appellandosi ad una clausola della Triplice

Alleanza che prevedeva l’intervento al fianco degli alleati solo nel caso in cui questi venissero attaccati.

Nonostante questa dichiarazione e accantonata l’ipotesi di scendere in campo al fianco dell’Austria si

prospettò l’ipotesi di schierarsi contro di essa nel tentativo di conquistare Trento e Trieste. Si formarono due

schieramenti contrapposti: i neutralisti e gli interventisti.

La maggioranza della popolazione e dei parlamentari erano contrari alla partecipazione italiana nel conflitto.

Tra queste posizioni neutraliste spiccavano quella di Giovanni Giolitti, che voleva ottenere dall’Austria le

terre irredente offrendo in cambio, per via diplomatica, proprio la neutralità nel conflitto. Oltre ai liberali

anche la maggioranza dei socialisti era contraria alla guerra, coerentemente con i principi della Seconda

1 Dal nome del generale che lo aveva ideato.

Internazionale, era ritenuta uno scontro fra opposti interessi capitalistici che avrebbe avuto verso i proletari

una ricaduta solamente negativa. Anche la maggior parte dei cattolici rifiutava la prospettiva della guerra e

papa Benedetto XV aveva condannato a più riprese ogni tipo di conflitto ed invitato i governi a collaborare

per cercare un accordo di pace.

Le posizioni favorevoli alla guerra erano soprattutto quelle dei nazionalisti e dagli irredentisti, anche chiamati

interventisti di destra, convinti che la violenza bellica fosse un segno di vitalità della nazione. Fra gli

intellettuali interventisti si distinsero Gabriele d’Annunzio e Giovani Papini. Il loro scopo era la liberazione di

Trento e Trieste dal dominio austriaco, convinti che ciò avrebbe portato nuovo prestigio internazionale

all’Italia dopo il Risorgimento. Della stessa opinione erano gli alti ufficiali dell’esercito e la corte di Vittorio

Emanuele II. A queste posizioni si affiancavano quelle della piccola borghesia e dei grandi industriali, che

vedevano entrambi nella guerra occasione di profitto.

L’interventismo di sinistra era rappresentato da alcuni esponenti democratici (Salvemini, Chiesa, De Andrei),

repubblicani e socialisti (Bissolati e Labriola), che sostenevano il dovere dell’Italia di schierarsi con i paesi

democratici dell’Intesa contro i regimi autoritari dell’Austria e della Germania. Organo principale

dell’interventismo di sinistra divenne ben presto il quotidiano «Il Popolo d’Italia» diretto da Benito Mussolini,

che ne fu il fondatore nel novembre 1914 dopo essere stato allontanato dal Partito Socialista e dalla direzione

del quotidiano «Avanti!» per le posizioni anti-neutraliste.

Pur essendo una minoranza gli interventisti risultavano molto attivi ed avevano peso sull’opinione pubblica

anche in virtù dell’appoggio del re e di molti giornali.

Il Patto di Londra

Mentre l’opinione pubblica era divisa tra interventisti e neutralisti, il governo agiva per vie diplomatiche. Il

tentato accordo con l’Austria – proposto da Giolitti – non ebbe seguito in quanto l’Impero Asburgico si rifiutò

di portare avanti qualsiasi trattativa sino al termine del conflitto. Al contrario fu stipulato un accordo con le

potenze dell’Intesa basato sulla sottrazione di territori ai paesi nemici. Il 26 aprile 1915 il ministro degli esteri

Sonnino sottoscrisse, a nome del governo, il Patto di Londra, un trattato segreto che ignorava completamente

la volontà neutralista del Parlamento e impegnava l’Italia ad entrare in guerra entro un mese, garantendole,

in caso di vittoria dell’Intesa:

Trento e Trieste;

il Sud Tirolo;

l’Istria (esclusa la città di Fiume);

la Dalmazia;

la base di Valona in Albania;

la sovranità sulle isole del Dodecaneso;

lo sfruttamento del bacino carbonifero di Adalia, in Turchia;

la partecipazione alla spartizione delle colonie tedesche.

L’Italia in guerra

Il 3 maggio l’Italia uscì dalla Triplice Alleanza, mentre il governo, in maniera artificiosa, contribuiva a creare

un clima di tensione incoraggiando tumultuose manifestazioni di piazza. In queste manifestazioni si distinsero

Benito Mussolini e Gabriele D’Annunzio, che definì quei giorni “radiose giornate”. La piazza riuscì a

convincere alla fine l’opinione pubblica, godendo dell’appoggio della corte e del governo: Salandra ottenne

dal Re i pieni poteri, ratificati il 20 maggio dal Parlamento. Il 24 maggio 1915 l’Italia dichiarò guerra all’Austria-

Ungheria, nell’agosto dell’anno seguente seguì anche la dichiarazione contro la Germania.

Sviluppo e conclusione del Conflitto

Il fronte italiano

Al momento della dichiarazione della guerra, nel maggio 1915, l’esercito italiano non era pronto a sostenere

un conflitto impegnativo, e durante le prime fasi l’inefficienza organizzativa fu evidente, tanto per

l’impreparazione tecnica quanto per la carenza dell’armamento.

Inoltre la linea del fronte italo-austriaco, che andava dal passo dello Stelvio alle foci del fiume Isonzo era

difficile da mantenere a causa della particolare forma: lo schieramento presentava così un punto debole in

direzione dell’altopiano di Asiago, al confine tra Trentino e Veneto, che i nemici avrebbero potuto facilmente

sfruttare.

Comandante supremo dell’esercito italiano fu nominato il generale Luigi Cadorna, che si distinse per la

severità verso i suoi uomini e per l’applicazione di una tattica di guerra ottocentesca: alla guerra delle trincee

preferì tentare un attacco frontale contro gli Austriaci stanziati lungo l’Isonzo e il Carso. Fra giugno e dicembre

1915 si svolsero le prime quattro battaglie dell’Isonzo che non portarono a nessun successo, provocando

invece migliaia di vittime.

Nel giugno del 1916 gli Austriaci scatenarono la Strafexpedition (spedizione punitiva) contro l’ex alleato

ritenuto colpevole di tradimento. Attaccarono proprio nel punto debole del fronte italiano e riuscirono ad

occupare Asiago. Complice l’attacco dei Russi sull’altro fronte e la tenacia della resistenza italiana l’esercito

austriaco si fermò. Cadorna ne approfittò per sferrare una controffensiva sull’Isonzo che portò alla conquista

dei monti San Michele e Sabottino e alla successiva liberazione di Gorizia (9 agosto). Le cosiddette spallate

autunnali del Carso (settembre-novembre 1916) consolidarono le posizioni e segnarono il ritorno alla guerra

di logoramento, nelle trincee.

Altri fronti

Nonostante la mancata rapidità nella risoluzione della guerra, le vicende belliche del 1915 furono

complessivamente favorevoli agli Imperi centrali: i tedeschi riuscirono ad occupare importanti zone

industriali francesi e a controllare le attività produttive ed estrattive del Belgio; in oriente la Russi fu sconfitta

nella seconda battaglia dei Laghi Masuri (febbraio 1915); e l’entrata in guerra della Bulgaria (5 ottobre 1915)

favorì il crollo definitivo della Serbia in novembre.

All’inizio del 1916 i Tedeschi prepararono un’offensiva contro l’esercito francese che sfociò nella battaglia di

Verdun (21 febbraio-21 luglio 1916) e provocò più di 500 000 vittime. Gli alleati anglo-francesi risposero con

la battaglia della Somme (giugno-settembre 1916) che permise la tenuta del fronte francese ma causò circa

un milione di caduti.

Il 4 giugno era anche entrato in azione l’esercito dello zar sul fronte austro-russo, e aveva riportato un

importante successo, facendo arretrare gli avversari e prendendo prigionieri ben 400 000 soldati.

Sin dall’inizio del conflitto la Gran Bretagna aveva attuato un blocco navale per impedire che giungessero ai

porti tedeschi materie prime e derrate alimentari. Dopo quasi due anni il blocco iniziò a pesare sull’economia

degli Imperi centrali e la Germania decise di affrontare la marina inglese nel Mare del Nord, per spezzare

l’accerchiamento, nella battaglia navale dello Jutland (31 maggio 1916). I Tedeschi inflissero all’avversario

notevoli perdite ma non riuscirono a sottrarre il dominio dei mari agli Inglesi.

Alla fine dell’agosto 1916 gli Imperi centrali riuscirono ad impadronirsi della Romania, appena entrata in

guerra, ottenendo così una buona fonte di approvvigionamento alimentare e petrolifero. La Turchia, loro

alleata, era invece in difficoltà anche a causa della rivolta delle tribù arabe fomentata e sostenuta dagli Inglesi

tramite i servizi segreti britannici del colonnello Lawrence. Nel novembre 1916 l’imperatore austriaco

Francesco Giuseppe morì, gli successe Carlo I.

La svolta del 1917

La prospettiva di una lunga durata del conflitto faceva prevedere un aumento delle difficoltà economiche

degli Imperi centrali, per questo motivo dal febbraio 1917 la Germania intensificò la guerra sottomarina

contro i nemici e per isolare la Gran Bretagna. Proprio questa guerra sottomarina indiscriminata, che

danneggiava i loro intensi scambi commerciali con Francia, Italia e Inghilterra, spinse gli Stati Uniti ad entrare

nel conflitto al fianco dell’Intesa (6 aprile 1917). L’intervento fu preceduto da un acceso dibattito tra i

neutralisti, tra cui lo stesso presidente Wilson, che volevano mantenere la politica di isolamento, e gli

interventisti che volevano tutelare gli interessi economici derivanti dai crediti e dalle esportazioni europee.

L’ingresso in guerra avvenne in concomitanza con l’affondamento del RNS Lusitania, nave britannica

affondata da un siluro tedesco su cui vi erano parecchi americani.

Oltre che per l’ingresso in guerra degli USA il 1917 fu un anno decisivo anche a causa della situazione in

Russia: nel marzo 1917 il regime zarista fu rovesciato in favore di una repubblica guidata dal governo

provvisorio di Kerenskij, ciò permise l’avanzata dell’esercito tedesco; nell’ottobre 1917 l’ascesa al potere dei

socialisti con la rivoluzione guidata da Lenin segnò l’uscita dal conflitto della Russia, che concluse le trattative

di pace con l’accordo di Brest-Litovsk, il 3 marzo 1918. Il trattato obbligava la Russia a cedere alla Germania

la Polonia e i Paesi baltici, inoltre l’Ucraina divenne indipendente.

Caporetto

In seguito alla crisi della Russia, l’Austria e la Germania poterono spostare delle truppe sul fronte occidentale

e quindi su quello italiano. Il 24 ottobre 1917 con una grande offensiva gli Austriaci, appoggiati dai Tedeschi,

riuscirono a sfondare le linee italiane a Caporetto2.

La ritirata delle truppe italiane divenne in breve tempo una vera e popria disfatta: l’esercito penetrò nella

penisola per 150 km causando la perdita di circa 400 000 uomini (tra morti, feriti e prigionieri) ed il relativo

equipaggiamento. Questa sconfitta ebbe pesanti ripercussioni politiche: fu nominato un nuovo governo

guidato da Vittorio Emanuele Olando (ottobre 1917- giugno 1919), e Cadorna fu sostituito al comando

supremo dal generale Armando Diaz, che sistemò una nuova linea di difesa lungo il Piave riuscendo così, il

2 Oggi la città slovena di Kobarid.

12 novembre, a fermare l’avanzata austriaca. Il nuovo generale impose ai soldati, ormai demoralizzati, una

disciplina meno rigida ed evitò azioni e offensive che avrebbero messo inutilmente a rischio le sue truppe.

1918: la fine della guerra

Nonostante il trattato di Brest-Litovsk la Germania e l’Austria si resero conto che il blocco economico attuato

dall’Intesa gli avrebbe impedito di prolungare ulteriormente lo sforzo bellico. Per questo motivo si rese

necessario passare all’offensiva: nella primavera del 1918 l’attacco tedesco fu fermato dalla reazione delle

truppe anglo-francesi nella battaglia della Marna e in quella di Amiens (luglio-agosto 1918).

Successivamente crollarono anche tutti gli altri fronti degli Imperi centrali. In settembre la Bulgaria si arrese,

l’Ungheria, la Cecoslovacchia e la Iugoslavia dichiararono la propria indipendenza dall’Austria che dovette

contrastare l’offensiva italiana. Infatti il 29 ottobre 1918 l’esercito austriaco fu sconfitto nella battaglia di

Vittorio Veneto e costretto alla ritirata.

Il 3 novembre l’Austria sigla a Villa Giusti3 l’armistizio con l’Italia. L’11 novembre l’imperatore Carlo I abdicò

ed abbandonò l’Austria, dove fu proclamata la repubblica. Il 30 ottobre si arrese la Turchia, mentre in

Germania il 9 novembre l’imperatore Guglielmo II lasciò il trono e anche a Berlino fu proclamata la

repubblica. Il nuovo governo tedesco, guidato dal socialdemocratico Ebert, si impegnò nelle trattative di pace

che condussero alla firma dell’armistizio di Rethondes, l’11 novembre. Terminava così la prima guerra

mondiale.

Trattati di Pace

I ministri dei paesi vincitori si riunirono a Parigi il 18 gennaio 1919 in una Conferenza per la pace, mentre i

delegati degli stati vinti furono convocati solamente per la firma. Protagonisti delle trattative furono i

rappresentanti delle quattro potenze: Clemenceau per la Francia, Lloyd George per la Gran Bretagna, Wilson

per gli Stati Uniti e Orlando per l’Italia.

Il presidente americano Woodrow Wilson aveva presentato Quattordici punti che secondo lui avrebbero

dovuto ispirare gli accordi di pace, richiamandosi al rispetto dell’autodeterminazione dei popoli, della libertà

dei mari ed in sintesi di tutti quei principi democratici nel nome dei quali avevano condotto la guerra le

potenze dell’Intesa.

In realtà questa linea “democratica” fu disattesa: la Francia aveva interesse ad indebolire la Germania per

assumere una posizione dominante nel continente europeo e proponeva una linea “punitiva” verso di essa,

di contro la Gran Bretagna non voleva mandare in rovina i Tedeschi per non trovarsi una Francia troppo

potente, ma comunque aveva tra i suoi obbiettivi l’indebolimento della flotta tedesca e la spartizione delle

colonie del Reich. L’Italia dal canto suo voleva acquisire i territori che gli erano stati promessi dall’Intesa con

la sua entrata in Guerra. Anche gli Stati Uniti, seppur indirettamente, esprimevano con la linea democratica

di Wilson i loro interessi: l’introduzione del libero commercio e la risoluzione dei conflitti, avrebbe permesso

di affermare la superiorità economica e politica degli USA. Le trattative durarono un anno e mezzo e videro

opporsi la linea democratica di Wilson e quella punitiva di Clemenceau, sino al prevalere di quest’ultima.

I trattati di pace furono firmati tra il 1919 e il 1920 nelle cittadine francesi di Versailles, Saint-Germain, Neuilly

e Sèvres. Le decisioni più significative furono:

il riconoscimento dell’indipendenza dell’Ungheria, della Cecoslovacchia, della Iugoslavia, della

Lituania e dell’Estonia;

la perdita da parte dell’Austria dei 7/8 dei territori del suo antico impero4;

che la Palestina e l’Iraq furono affidati agli Inglesi, la Siria alla Francia;

3 Nei pressi di Padova. 4 Si ritrovò ridotta a 85 000 km2, dai 680 887 km² dell’Impero.

l’attribuzione della colpevolezza del conflitto alla Germania:

o che fu costretta a pagare i danni di guerra, pari a 132 miliardi di marchi-oro5, e a mantenere

una flotta e un esercito molto ridotti.

o Fu inoltre privata di tutte le colonie, dell’Alsazia e della Lorena, che tornarono alla Francia, la

quale ebbe i diritti di sfruttamento per 15 anni della regione tedesca della Saar.

o Altri territori tedeschi passarono alla Danimarca e alla Polonia, a quest’ultima venne inoltre

garantito uno sbocco sul mare tramite un corridoio polacco che separava dal resto della

Germania la Prussia orientale, e la città di Danzica venne dichiarata libera e sotto il controllo

internazionale.

o Gli accordi di Brest-Litovsk con la Russia furono annullati e la Germania perse i territori baltici

e quelli che controllava in Romania.

l'annessione all’Italia del Trentino, dell’Alto Adige, della Venezia Giulia e di Trieste. Il primo ministro

Orlando e il ministro degli Esteri Sonnino pretesero anche gli altri territori previsti dal Patto di Londra

(in Albania, Dalmazia e Turchia), ma ciò gli fu negato perché ritenuto in contrasto con il principio di

autodeterminazione6. Ciò fece sì che i rappresentanti dell’Italia lasciassero indignati il tavolo delle

trattative senza poter partecipare alla spartizione delle colonie tedesche.

la Turchia perse tutti i territori in Europa ad eccezione di Instambul, dallo smembramento dell’Impero

ottomano fu creata la Grande Armenia, ma i Turchi si opposero sia diplomaticamente che

militarmente: la neonata Repubblica Armena fu attaccata dai Turchi e dai Sovietici che si divisero il

territorio, lasciando solo una repubblica armena parte dell’Unione Sovietica.

5 Ovvero 6.600.000.000 sterline, al cambio attuale più di 9 miliardi di euro, cifra che la Germania ha terminato di pagare solo nel 2010. 6 L’Italia avrebbe nel caso avuto delle vere e proprie colonie in territorio europeo.

Verifica delle conoscenze

Quali sono le cause dello scoppio della Prima Guerra Mondiale?

Nonostante la guerra trovi la sua causa occasionale nell’assassinio dell’arciduca Ferdinando Francesco, erede

al trono d’Austria, e di sua moglie, avvenuto il 28 giugno 1914 per mano del nazionalista serbo Gavrillo

Princip; allo scoppio del conflitto contribuirono una serie di cause politiche, economiche, militari e sociali già

presenti nell’Europa dell’inizio Novecento.

La tensione politica era infatti causata dalla presenza di due schieramenti contrapposti, la Triplice Intesa

(Gran Bretagna, Francia, Russia) e la Triplice Alleanza (Austria, Germania, Italia), e dalle precedenti tensioni

tra gli stati europei: Francia-Germania, con revanche della prima su una sconfitta precedente e desiderio di

riprendersi l’Alsazia e la Lorena; rivalità Austria-Russia per il predominio nei Balcani; disordini interni

all’Impero Austro-Ungarico per la presenza di irredentismi tra le nazionalità che lo componevano (e.g. italiani

del Trentino, Slavi); crisi dell’Impero Ottomano.

Tra le cause economiche bisogna sottolineare il contrasto tra Gran Bretagna e Germania per il predominio

sull’area balcanica ed in generale per la supremazia in Europa, ma anche contese riguardo gli imperi coloniali

delle diverse potenze europee, tutti alla ricerca di materie prime ed aree di influenza da sfruttare. Non

mancavano inoltre cause militari: le industrie belliche spingevano sulla corsa agli armamenti per arricchirsi.

Infine si individuano diverse cause culturali tra cui il dilagante nazionalismo, con la pretesa superiorità di ogni

nazione sulle altre, le conseguenti tesi razziste supportate anche dall’applicazione del darwinismo sociale e

politico (applicato cioè nelle relazioni fra gli stati). Ancora la speranza dei giovani nel conflitto per riscattare

la propria posizione sociale, incoraggiata dall’esaltazione della guerra da parte dei futuristi come “unica

igiene del mondo”.

Che posizione assume l’Italia?

Poco dopo lo scoppio del conflitto il governo italiano, nell’agosto 1914, appellandosi alle clausole della

Triplice Alleanza che la rendevano difensiva, dichiarò l’Italia neutrale. L’opinione pubblica non risparmiò

tuttavia di considerare un’eventuale entrata in guerra contro l’Austria per riscattare le terre irredente, al

fianco della Triplice Intesa.

Si formarono così due posizioni: i neutralisti, che vedevano tra le lori file i liberali di Giolitti, che proponeva

di pretendere dall’Austria Trento e Trieste in cambio della neutralità italiana, il che gli avrebbe garantito un

fronte in meno di cui occuparsi, i socialisti che consideravano la guerra un conflitto capitalista da cui i proletari

non avrebbero potuto trarre altro che svantaggi, e i cattolici sotto l’egida di Benedetto XV che fece alla guerra

una ferma opposizione; dall’altro lato gli interventisti erano a loro volta sia di destra, principalmente gli

irredentisti, di cui facevano parte intellettuali come D’Annunzio e Papini e che avevano l’appoggio degli alti

ufficiali e della corte, che di sinistra, alcuni socialisti tra cui Mussolini.

Mentre l’opinione pubblica era divisa su quale strada intraprendere, il governo italiano già agiva per vie

diplomatiche. Tentata senza successo la trattativa con l’Austria proposta da Giolitti, il governo riuscì a

stipulare un accordo con le potenze dell’Intesa tramite il ministro degli Esteri Sonnino: è il Patto di Londra

firmato il 26 aprile 1915, che garantisce all’Italia, in caso di vittoria, oltre il Trentino, l’Alto-Adige, il Venezia

Giulia e Trieste, anche territori in Dalmazia, Albania, il dominio sul Dodecaneso e l’accesso ad alcune miniere

carbonifere in Turchia, nonché la partecipazione alla spartizione delle colonie tedesche. Il 3 maggio l’Italia

uscì dalla Triplice Alleanza, il governo contribuì a creare un clima di tensione appoggiando manifestazioni

tumultuose degli interventisti (le radiose giornate, secondo quanto detto da D’Annunzio), così che trovò

appoggio per dichiarare il 24 maggio 1915 guerra all’Austria.

Come si svolge il conflitto?

Dopo lo scoppio ufficiale, il 28 luglio 1915, scattarono tutte le alleanze che portarono in guerra gran parte

degli stati europei. L’Impero Tedesco tentò di combattere una guerra lampo, secondo il Piano Schlieffen, dal

nome del Comandante di Stato Maggiore che l’ha ideato, contro la Francia ma con scarsi risultati: l’esercito

fu fermato lungo il fiume la Marna in settembre. L’uso dell’artiglieria rendeva inutili i combattimenti di

fanteria frontale, perciò furono allestite le trincee. Sul fronte orientale i tedeschi ebbero inizialmente la

meglio contro i Russi, ma raggiunsero anche qui una situazione di stallo.

Sul fronte italiano l’esercito austriaco si avvicinava al passo dello Stelvio, al confine. L’esercito italiano,

guidato dal generale Luigi Cadorna, tentò una battaglia lungo l’Isonzo tra il giugno e il dicembre 1915, ma

non ottenne risultati. L’anno seguente gli austriaci attuarono la Strafexpedition (spedizione punitiva) e

riuscirono a sfondare le linee italiane ed avanzare sino ad occupare Asiago. Sfruttando il fatto che l’esercito

nemico era impegnato anche sul fronte russo, gli italiani riuscirono in una controffensiva e a liberare Gorizia.

Dopo ulteriori scontri nel Carso la situazione tornò in stallo, e si combatteva una guerra di logoramento nelle

Trincee.

All’inizio del 1916 i Tedeschi prepararono un’offensiva contro i Francesi a Verdun (febbraio-luglio), ma furono

fermati con la battaglia di la Somme (giugno-settembre), guidata dagli alleati anglo-francesi. Il blocco navale

che la Gran Bretagna aveva imposto agli Imperi centrali creava problemi economici agli stessi, la Germania

rispose con una battaglia navale, nello Jutland, che tuttavia non portò a nessun risultato. Alla fine di agosto

gli Imperi riuscirono ad impadronirsi della Romania che gli garantiva approvvigionamenti. La Turchia intanto

si trovava in difficoltà a causa di rivolte arabe fomentate dai servizi segreti britannici. Nel novembre 1916,

l’imperatore asburgico Francesco Giuseppe muore e gli succede il figlio Carlo I.

Come termina il conflitto?

Nel 1917 la guerra sottomarina che i tedeschi conducevano contro la Gran Bretagna spinge gli Stati Uniti,

guidati da Wilson, originariamente neutralisti, ad intervenire: il pretesto è l’affondamento della RMS

Lusitania, nave inglese che trasportava un centinaio di americani, da parte dei tedeschi, l’obbiettivo è però

di poter riprendere le trattative commerciali con l’Europa e la tutela di paesi suoi creditori.

Nello stesso anno la Russia viene investita da una rivoluzione che gli da forma repubblicana, guidata dal

governo provvisorio di Kerenskij, che causa scompiglio nell’esercito russo. Nell’ottobre 1917 con la

rivoluzione socialista guidata da Lenin la Russia apre le trattative per uscire dal conflitto, che si concretizzano

con i patti Brest-Litovsk del 3 marzo 1918.

Sul fronte italiano l’esercito austriaco, non più impegnato con le proprie truppe in Russia, riesce a condurre

un’offensiva ed avanzare sino a Caporetto, causando la fuga e la successiva disfatta dell’esercito. Ciò provoca

un cambio di governo, sale al potere Orlando, e Cadorna viene sostituito da Armando Diaz, che riesce a

bloccare gli austriaci sul Piave il 12 novembre 1917.

Il blocco economico costrinse gli Imperi centrali, incapaci di resistere a lungo nella difesa, a tentare un

attacco. I Tedeschi furono però sconfitti con la battaglia della Marna e di Amiens nel 1918, e nel settembre

dello stesso anno Bulgaria, Ungheria, Iugoslavia e Cecoslovacchia dichiararono la propria indipendenza

dall’Austria. L’esercito austriaco fu sconfitto a Vittorio Veneto il 19 ottobre 1918, l’imperatore Carlo I fu

costretto all’esilio e l’Austria divenne una Repubblica. Similmente avvenne per la Germania poco dopo.

Terminava così la Prima Guerra Mondiale.

Cosa prevedono le condizioni di pace?

Le condizioni di pace, redatte in Francia durante la Conferenza per la Pace del 1919, seguono la via punitiva

a vantaggio della Francia sostenuta dal ministro degli esteri francese Clemenceau, opposta a quella

democratica dell’americano Wilson che si ispirava ai suoi Quattordici Punti.

Sanciscono: l’indipendenza dell’Ungheria, della Iugoslavia, della Cecoslovacchia e dei paesi baltici; la

riduzione del territorio austriaco; l’affidamento di Palestina e Iraq agli inglesi e della Siria alla Francia;

l’attribuzione alla Germania della colpa del conflitto, costretta a pagare un’altissima indennità di guerra,

privata dell’Alsazia della Lorena e di tutte le sue colonie, costretta ad avere una flotta ed un esercito ridotto

e a cedere parte dei territori tedeschi alla Danimarca e alla Polonia, tra cui uno sbocco sul mare che divide,

con il corridoio polacco, la Prussia orientale dal resto della Germania; l’annullamento degli accordi di Brest-

Litovsk; la concessione all’Italia del Trentino, della Venezia-Giulia, dell’Alto Adige e di Trento, ma non del

resto dei territori promessi dal Patto di Londra, il che condusse i rappresentanti italiani ad abbandonare per

indignazione la sala e a non poter prender così parte alla spartizione delle colonie tedesche; la perdita per la

Turchia di tutti i territori europei ad eccezione di Instambul e la costituzione della repubblica della Grande

Armenia, ben presto smembrata militarmente dalla stessa Turchia e dalla neonata URSS.

Il presente riassunto è stato realizzato da Paolo Franchi, 5°BC (A.S. 2015/2016)

AMDG