LA GESTIONE DEL CAPO Roberto Alfieri Perugia, 23.05.09.

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PREMESSA

I tempi di sviluppo delle persone non coincidono quasi mai con i tempi di sviluppo delle organizzazioni.

A volte le persone sono più veloci, altre volte invece sono più lente delle esigenze di trasformazione delle organizzazione.

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Governare le organizzazioni

significa

ricercare l’equilibrio (sempre precario) fra persona e organizzazione

Che sia precario è un aspetto positivo:

è proprio la tensione fra persona e organizzazione che genera

sviluppo.

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Perché affrontare il tema della gestione del capo?

• È un tema di importanza strategica per tutte le organizzazioni.

• Il rapporto capo collaboratore ha una grande influenza sul benessere organizzativo.

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Ma soprattutto perché nella nostra esperienza con i gruppi

all’interno delle organizzazioni abbiamo constatato spesso,

soprattutto quando vedevano al loro interno la presenza di più livelli

gerarchici, che i rapporti miglioravano facilmente quando gli

obiettivi erano chiari a tutti e condivisi e quando le persone

entravano in relazione come tali, al di là del loro diverso

ruolo.

Questo ci ha spinto ad approfondire la nostra ricerca

per mettere a fuoco la relazione fra capo e collaboratore.

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La gestione del capo è stata fino ad oggi interpretata dalla formazione come

“gestione dei collaboratori”.

Questo approccio rivela un assunto:

è il capo che ha responsabilità primaria di gestire la relazione.

Questa concezione mette in ombra il ruolo decisivo dei collaboratori

quasi fossero una risorsa da gestire più o meno come le altre!

I collaboratori sono invece portatori di un’autonoma strategia

che influenza in modo significativo

il tipo e la qualità di questa relazione.

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Tutto questo è ampiamente noto nella letteratura organizzativa*

Il ruolo influenzante dei collaboratori verso i capi emerge dall’esperienza di tutti.

Ma perché fino ad oggi non è stato tematizzato?

Perché ci portiamo dietro l’idea che la responsabilità sia solo dei capi

(i quali hanno a loro volta sempre dei capi):

un’idea deresponsabilizzante per tutti!*cfr. Crozier e Friedberg, Attore sociale e sistema: sociologia dell’azione organizzata, 1978

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Questi temi sono largamente presenti nei Paesi anglosassoni,

poco in Italia: c’è forse uno specifico italiano o meglio mediterraneo.

Oggi il tema sta emergendo anche in Italia:

ogni volta che ne parliamo riscontriamo forte interesse.

L’IDEA ALLA BASE DELLA NOSTRA RIFLESSIONE:

• Accettare la propria responsabilità, quale che sia la posizione in

organigramma

• Accettare l’interdipendenza che ci lega tutti nelle organizzazioni.

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E’ un tema che si colloca nello specifico contesto organizzativo

(che ha sullo sfondo l’antropologia culturale)

e nell’ambito della psicologia individuale.

Come sempre in questi casi, si tratta di un’interazione fra questi due ambiti.

responsabilità di ognunol’interdipendenza.

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La gestione della discrezionalità non è solo funzione della motivazione della persona ma anche legata al fatto che essa costituisca per loro un vantaggio (cfr. J. Thompson, L’azione

organizzativa, 1988) e quindi rinvia alla cultura organizzativa, ai sistemi incentivanti, etc.

Le influenze omologanti della cultura sono individuabili nel modo più chiaro nelle società in transizione verso la modernizzazione. Qui infatti sono acuti i contrasti fra quegli elementi che tendono verso le organizzazioni complesse, da un lato, e le aspirazioni e le credenze

ereditate, le percezioni, e le interpretazioni, della realtà, dall’altro, e risulta particolarmente evidente l’omologazione forzata.

Inoltre le culture delle società in transizione, di norma, non incorporano le competenze tecnologiche complesse.

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I risultati dell’analisi svolta

L’indagine che abbiamo condotto ci ha portato a individuare i

principali fattori in gioco nella relazione capo-collaboratore e ha

permesso di definire 3 punti focali fondamentali.

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IO

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…non so perché lo faccio, ma mi adeguo…

…attacco l’asino dove vuole il padrone…

…tanto si fa sempre come dice lui…

…non sa/so cosa sta facendo…

…è veramente un incapace…

Una trappola madre: “non sono responsabile”

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Con lo stesso capo possono esistere modalità diverse di rapporto

…perché?

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Un aspetto importante di questo rapporto

dipende dalle nostre “trappole”

AUTONOMIA Trappola della dipendenza

Trappola della vulnerabilità

AUTOSTIMA Trappola del fallimento

Trappola dell’inadeguatezza

ESPRESSIONE DI SE’ Trappola degli standard severi

Trappola della sottomissione

LE TRAPPOLE

…ci portano lontano da noi !

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Tu non sai chi sono IO?

mi sentoincapace… inadeguato

Pensieri non consapevoli Comportamento di

compensazione

Situazione che si ripete

nel tempo

Come funziona una trappola?

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uff…ancora tu?

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Lavorare sulla trappola

significa riappropriarsi dell’essenza

e tornare alla nostra vera natura

Dentro la trappola

Fuori dalla trappola

trasformazione

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Com’è il mio capo?

Un mostro cattivo?

L’immagine che ho del mio capo

è filtrata dal mio schema o trappola di riferimento

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CAPO

AA

IO

trappole / schemi

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Cosa posso fare?

Guardo in faccia la “realtà”

Agisco

Chiarisco

Comprendo

Smetto di dare le cose per scontato!

Ripercorro e disegno la mappa del mio rapporto con lui

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Comprendere il capo

Comprendo le sue pressioni, il suo stile, le sue modalità…

Cammino verso un rapporto di interdipendenza…

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CAPO

AA

IO

CONTESTO

trappole / schemi

compren

dere

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IO

Motivi Ispirazione Visione

Il compito comune

Comprendere che ci sono

i motivi dell’altro

CAPO

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CAPO

AA

IO

CONTESTO

trappole / schemi

compren

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3. IL CONTESTORoberto Alfieri

Perugia, 23.05.09