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LA GEOGRAFIA E LA STORIA DI VENEZIA I SESTIERI DI VENEZIA I sei sestieri storici di Venezia: Dorsoduro, San Marco, San Polo, Cannaregio, Santa Croce, Castello. IL NOSTRO PERCORSO Da Venezia Santa Lucia al Ghetto

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LA GEOGRAFIA E LA STORIA DI VENEZIA

I SESTIERI DI VENEZIA

I sei sestieri storici di Venezia: Dorsoduro, San Marco, San Polo, Cannaregio, Santa Croce,

Castello.

IL NOSTRO PERCORSO

Da Venezia Santa Lucia al Ghetto

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IL NOSTRO PERCORSO NEL DETTAGLIO

ED ORA UN PO' DI STORIA

Venezia nacque nel 421, le popolazioni venete per

sfuggire ai Goti, che incendiavano e distruggevano

tutto durante il loro cammino verso Roma, si

rifugiarono sulle isole paludose e inabitabili della

costa.

Vista la posizione marittima, Venezia iniziò ad

avere importanti attività commerciali con Bisanzio.

Nel 1204 Venezia conquistò Costantinopoli, e,

grazie al doge, una figura eletta che aveva ampi

poteri, l'amministrazione della città fu molto

efficiente.

Nel corso del Medioevo la Serenissima aveva

ottenuto il monopolio su tutto il Mediterraneo,

aveva conquistato la parte nord dell'Italia,

dall'Adriatico alle Alpi.

Nel 1508 Venezia subì il saccheggio da parte delle

truppe di papa Giulio II, e dell'imperatore

Massimiliano.

Anche nel 1522 Venezia venne saccheggiata,

questa volta dall'Impero Ottomano.

Nel 1700 iniziò il declino di Venezia,

gli aristrocratici veneziani erano noti perchè

sperperavano tutto il loro patrimonio in feste e

giochi da tavolo.

Nel 1797 la città perse l'indipendenza, essendo

stata conquistata da Napoleone, il quale poi la

consegnò ai Austriaci. Venezia fece parte

dell'Impero Austro-Ungarico fino al 1866, anno

della Terza Guerra d'Indipendenza.

Nel 1869 il canale di Suez venne tagliato e si

costruì un porto per i transatlantici e Venezia

divenne un punto di imbarco; ciò significò

nuova prosperità per la città.

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ETIMOLOGIA DEL NOME: "GIUDECCA" E "GHETTO"

La presenza di Ebrei a Venezia è molto antica,

anche se vi sono prove certe solo a partire dal

1385. Tuttavia vi sono alcuni documenti che

dimostrano una presenza ebraica nella città

prima del XVI secolo. Uno di questi è il testo

"Dissertazione", scritto nel XVIII secolo da

Lodovico Muratori, nel quale si afferma che il

nome dell'isola di Giudecca è dovuto alla

presenza di Ebrei nell'isola.

Secondo Tommaso Temanza, invece, il nome

dell'isola deriva dal nome "Judaica", con cui

veniva chiamata l'isola di Spinalunga nel XVI

secolo.

Un'altra possibile origine del nome è la

trasformazione in dialetto veneto del termine

"del giudicato", dovuto all'esilio di alcune

famiglie sull'isola, accusate di aver congiurato

contro la Repubblica.

Si sa per certo, però, che nel 1385 il comune

aveva stipulato un'accordo con gli Ebrei,

denominato "condotta", nel quale concedeva loro

alcune zone della città in cambio del prestito di

denaro ai poveri, che avveniva in appositi banchi.

Lo scopo di questo accordo era quello di ridurre

la povertà a Venezia, e di indirizzare l'ostilità del

popolo contro gli Ebrei usurai, in modo tale da

ridurre la tensione politica interna.

Con lo scoppio della guerra contro la Lega di

Cambrai nel 1508, Venezia perse moltissime città

dell'entroterra veneto. Molti banchieri Ebrei di

Mestre furono costretti a rifugiarsi verso la

laguna, nella quale furono ben accolti in quanto

portavano capitali alla popolazione.

La situazione si aggravò nel 1509, quando

Venezia fu minacciata dalle truppe francesi,

spagnole e imperiali. I francescani intimarono

alla popolazione di espiare i propri peccati, per

riottenere il favore di Dio e far sopravvivere la

città. Uno dei peccati più gravi era quello di aver

lasciato liberi gli Ebrei.

Infatti, il 28 Marzo 1516, Zaccaria Dolfin accusò i

Giudei di aver costruito illegalmente sinagoghe e

di aver corrotto lo stato. Domandò quindi al doge

di confinare gli Ebrei nel Ghetto Novo, luogo

simile a una fortezza situato nella parrocchia di

San Gerolamo, circondato da tre mura, con porte

e finestre chiuse e custodi che sorvegliavano il

ghetto giorno e notte, pagati dagli stessi Giudei.

L'origine del nome "ghetto", secondo Giuseppe

Tassini, è dovuta alla presenza di una fonderia

che veniva chiamata "getto" in veneziano.

Questa ipotesi è confermata da alcuni documeti

originali di costituzione del ghetto, trovati da

Benjamin Ravid, il quale si accorse che venivano

adoperate le parole "geto" e "getto". Altri

studiosi, invece, pensano che l'origine della

parola derivi dall'ebraico "ghet" (ripudio,

divorzio), o dalla parola provenzale "gaita"

(guardia). Gli Ebrei, comunque, chiamavano il

ghetto "chatzer" (recinto). Con la chiusura dei

cancelli del ghetto nel 1516, gli Ebrei che

precedentemente lavoravano come medici

chiesero di poter svolgere la propria professione

di notte. Dovevano segnalare, però, il nome e

l'indirizzo dei propri pazienti, e indossare un

berretto giallo per poter essere riconosciuti.

Ebrei che indossano il copricapo giallo

Ad altri giudei, che svolgevano il lavoro di

usurai, fu permesso di rimanere in città per 5

anni e, la loro permanenza a Venezia, fu

prolungata a 10 anni nel 1537. Dopo l'espulsione

degli Ebrei dalla Spagna dal Portogallo, questi

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giunsero a Venezia per lavorare come mercanti.

Vennero ricordati con il nome di “levantini”, in

quanto, primo di giungere nella città lagunare, si

erano fermati nei porti dell'Oriente, come

Salonicco e Costantinopoli. Il governo veneziano

si rese conto, però, delle potenzialità degli Ebrei

nell'arte della mercatura. Decise quindi di

concedere loro una lunga calle, il Ghetto Vecchio.

Di notte sarebbero stati rinchiusi, mentre di

giorno avrebbero lavorato come mercanti. Nel

Giugno 1579, il mercante ebreo Daniele Rodriga

chiese al Senato di Venezia il permesso di

portare in città 50 famiglie di mercanti giudei per

lavorare.

Costoro chiamati “Ebrei ponentini” dovevano

portare il tradizionale cappello giallo e dettero

vita all'Università degli Ebrei, cioè la comunità

ebraica veneziana, insieme alla Natione tedesca

(Ebrei di origine tedesca, ma anche italiana) e

alla Natione levantina (Ebrei spagnoli e

portoghesi).

Il banco dei pegni di un Ebreo

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PIANTA DEL GHETTO DI VENEZIA

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SPLENDORE E DECADENZA DEL GHETTO

Il XVII secolo rappresentò un momento di

splendore e decadenza del ghetto.

I primi abitanti furono 700; 1424 nel 1536; a

metà del Seicento si contavano dalle 4000 alle

5000 persone.

Il Seicento fu un periodo di lusso segnato

anche dalla costruzione della sinagoga più

grande del ghetto, la Scola Spagnola.

La peste del 1630, a Venezia, causò oltre

50.000 morti su una popolazione di 150.000

abitanti e cambiò le condizione economico-

sociali della città.

Gli Ebrei commercianti non poterono più

esportare o importare merci da e verso la città

colpita dalla peste.

Persero grandi quantità di prodotti, ritenuti

infetti e poi bruciati; dovettero pagare più di

120.000 ducati per tasse straordinarie.

Nel 1645 i Turchi e Veneziani ripresero la

guerra, terminata nel 1699 con la pace.

Per gli Ebrei aumentarono le tasse e

diminuirono i commerci e la povertà della città

s'intensificò.

A partire dal Settecento Venezia perse la sua

egemonia sull'Adriatico.

Dal 1669 al 1700 l’Università degli Ebrei versò

800.000 ducati per la Serenissima.

Nel 1797 per aiutare Venezia, contro

Napoleone, gli Ebrei veneziani offrirono

denaro e il 6 aprile il Senato veneziano li

ringraziò.

Ciò nonstante, il 12 maggio 1797, la città

venne occupata dai

Francesi e il 7 luglio vennero aperte le porte

del ghetto e gli Ebrei non furono più obbligati

a restare emarginati dal centro di Venezia.

Nel Ghetto Novo ballarono e celebrarono la

liberazione e Napoleone.

La fine della repubblica di Venezia e del ghetto

portarono alla fine dell'Università degli Ebrei .

Terminava così la storia del ghetto, ma

continuavano le nuove storie degli Ebrei.

GHETTO DI VENEZIA

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LA VITA NEL GHETTO TRA 1800 E 1900

Gli Ebrei veneziani, durante il dominio austriaco

(dal 1815), godettero di una certa libertà: non

venivano imposte loro tasse pesanti, non erano

obbligati a vivere nel ghetto e potevano persino

comperare immobili, fare parte del servizio

militare ecc...

Inoltre, per gli Ebrei venne fondato un organo, la

“Fraterna Generale di Culto e Beneficenza” che si

occupava del coordinamento delle istituzioni

ebraiche.

Nel ghetto ebraico di Venezia vi erano anche

famiglie ricche con dodici servi, commercianti

con diciassette dipendenti, ma erano poco più di

trenta famiglie (circa 200 persone) su una

popolazione di 1620 persone.

Poi vi erano operai a giornata, pochi medici, un

custode per i pozzi, un agricoltore e altri che

chiedevano l'elemosina; gli abitanti poveri

superavano di gran lunga quelli più ricchi come i

mercanti e i banchieri.

Molte rivolte scoppiarono in quasi tutta Italia nel

1848.

Grazie a Manin, un patriota arrestato dagli

austriaci e liberato il 17 Marzo 1848, nacque la

Repubblica di Venezia, guidata da lui stesso,

anche gli Ebrei del ghetto diedero il loro

contributo alla sua nascita. Nel 1866, dopo la

terza guerra d'Indipendenza, Venezia divenne

RITRATTO DI MANIN

parte del Regno d'Italia.

Nel 1869 gli Ebrei veneziani erano 2415, il

64% residente nel ghetto o in parrocchie e il

23% a San Marco; alla viglilia della I Guerra

Mondiale erano circa 3000.

Gli Ebrei che appartenevano alla borghesia

abitavano nel centro, mentre quelli più poveri

rimasero nel ghetto.

All'inizio del Novecento, gli Ebrei veneziani non

vivevano più tutti nel ghetto, ma vi erano molte

famiglie che vivevano al di fuori. Le famiglie del

ghetto avevano a disposizione un

asilo, una scuola e la Casa di Industria e Ricovero

era diventata la Casa di Riposo, e infine un forno

per i dolci tradizionali.

In occasione di feste come il Purim il ghetto si

ravvivava con giostre, pesche e bancarelle di

dolci.

GHETTO EBRAICO DI VENEZIA

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Gli Ebrei veneziani parteciparono alle imprese

dello Stato italiano e anche alla prima guerra

mondiale (una lapide ricorda i morti durante

questa guerra).

Nel 1938 le leggi razziali discriminarono in

gruppo gli Ebrei italiani (40000), a Venezia

furono circa 1200 e vennero cacciati dai luoghi

pubblici (ospedali, scuole, luoghi di lavoro...).

L'8 settembre 1943 Venezia venne occupata dai

tedeschi e il 16 settembre Giuseppe Jona,

presidente della comunità ebraica, si suicidò

perchè non voleva consegnare ai nazisti la lista

degli Ebrei che abitavano nel ghetto.

Tra il 5 e il 6 dicembre i fascisti con l'aiuto della

Questura arrestarono più di cento persone

(uomini, donne e bambini) a Venezia e nelle

zone circostanti.

In quell'anno, nel 1944, nel Veneto vi fu una

“caccia all'uomo” con persecuzioni e deportazioni

di Ebrei.

Sempre in quell'anno le SS deportarono 22

persone dalla Casa di Ricovero e 29 dagli

ospedali delle isole della laguna: vi erano

anziani, persone quasi cieche (tra queste il

rabbino Ottolenghi) e persino alcuni malati di

mente. Fra questi un gruppo fu eliminato a San

Sabba, a Trieste, e l'altro fu portato in Polonia ad

Auschwitz.

In totale furono deportati 246 Ebrei veneziani, di

cui solo 7 sopravvissero; nell'aprile 1945 venne

avviata la liberazione dal nazifascismo.

Dopo la guerra, 1000 Ebrei veneziani

ricostruirono la propria vita nel ghetto, luogo

visitato ancora oggi.

DOLCE EBRAICO

SAN SABBA

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I MONUMENTI ALLA SHOAH

Nel campo di Ghetto Novo ci sono due

monumenti, che ricordano la Shoah, l'olocausto

degli ebrei avvenuto durante la seconda guerra

mondiale: il monumento all'Olocausto e una

lapide bronzea che riporta i nomi dei deportati

residenti a Venezia.

Veduta dell'intero monumento con le sette lastre di bronzo

Nel 1980 furono creati dallo scultore e pittore

Arbit Blatas sette bassorilievi di bronzo che

ripropongono varie tappe della Shoah. Le

formelle rappresentano:

-La cava;

-L'esecuzione nel ghetto;

-La “soluzione finale”;

-La rivolta del ghetto di Varsavia;

-La notte dei cristalli;

-La punizione;

-La deportazione.

Queste opere sono intitolate “Monument of the

Holocalust” e si trovano sul muro accanto alla

casa di riposo. Esse sono state realizzate in

memoria della madre dell'artista deportata nei

campi di sterminio.

Con il patrocinio del comune di Venezia e grazie

alla generosità dell'autore fu aggiunto sul muro

un ultimo bassorilievo.

Quest'ultimo rappresenta la deportazione

(formella n. 8) degli ebrei nei campi di

concentramento, infatti sono

raffigurati degli ebrei che trainano una carro da

bestiame con tutte le loro forze, fino ad arrivare

al Lager.

Formella n. 1 La cava

Rappresenta gli ebrei nei campi di concentramento dove

venivano sfruttati. I lavoratori trasportano pesanti blocchi di

pietra, la maggior parte moriva per sfinimento.

Formella n.2 Esecuzione in Ghetto

I militari Tedeschi effettuano una esecuzione nel Ghetto, il

condannato ha le spalle rivolte al muro.

Formella n.3 La soluzione finale

La soluzione finale è la pianificazione per lo sterminio degli

Ebrei, ideata da Hitler r fai nazisti.

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Formella n.4 La rivolta del ghetto di Varsavia

Un momento della rivolta avvenuta nel ghetto ebraico di

Varsavia tra il 19 Aprile 1943 e il 16 Maggio 1943.

La rivolta sarà repressa dai nazisti.

Formella n. 5 La notte dei cristalli

E' la notte in cui le SS rompono le vetrine dei negozi Ebrei,

saccheggiandoli e uccidendo o deportando i proprietari dello

stabile. I morti in quell'occasione saranno 91.

Formella n.6 La deportazione

Gli ebrei vengono deportati nei vari campi, Auschwitz-

Birkenau, Bergen-Belsen, Mauthausen-Gusen, Dachau,

Treblinka, per mezzo di treni commerciali.

Formella n. 7

La punizione contro gli Ebrei.

Formella bronzea con incisi i nomi dei deportati dal ghetto di

Venezia. Tra gli ebrei vi erano bambini di due mesi ed anziani

di ottant'anni.

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LA SCOLA

Gli ebrei veneziani chiamano il loro luogo di

preghiera, ovvero la sinagoga, scola.

Questo nome deriva con probabilità dal greco

“skolè” che significa confraternita.

La Scola non è solo un luogo di preghiera,

ma anche un ritrovo per le comunità.

Ogni scola ha degli amministratori generali, dei

segretari, degli officianti (preti) e un sagrestano.

Gli amministratori, un tempo, avevano dei

compiti: vestire i poveri, istruire i giovani, cure

mediche alle persone bisognose, occuparsi dei

funerali, portare l'acqua ai senzatetto etc..

Gli elementi d'arredo comuni alle varie scole:

BIMAH O TEVAH: il posto in cui il Rabbino legge

la Torah (primi cinque libri della Bibbia).

L'ARONHA-QODESH: l'armadio in cui sono

presenti i rotoli della Torah.

I BANCHI dove siedono gli uomini e il

MATRONEO, area riservata alle donne.

La religione ebraica vieta di esporre affreschi o

figure umane. Le chiese, quindi, sono decorate

solo con marmo sulle pareti.

I luoghi di culto sono stati costruiti nel punto più

alto dell'edificio, verso il cielo, in rispetto alla

normativa del governo della Repubblica di

Venezia.

Gli esterni non hanno particolari segni distintivi;

al contrario, all'interno, sono ricche di elementi

decorativi. Un elemento molto importante è la

luce, simbolo di forza: per questo ci sono grandi

finestre che fanno filtrare la luce per illuminare la

sala.

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THE MERCHANT OF VENICE

VENICE. Bassanio is in love with Portia, a rich

beautiful girl who lives in Belmont and he wants

to marry her but a lot of young men want to

marry her, too. So, to court her, he needs money

and he asks Antonio, his dear friend, to lend him

the money he needs. But Antonio, who is a rich

merchant, has already invested all his money in

his ships, which are out at sea. Antonio asks for

a loan from Shylock, a Jewish moneylender who

hates him. In fact he has always despised him,

treating him badly, insulting him in public for his

high rates of interest and for his religion.

Nevertheless he agrees to the loan on an

unusual condition: if he doesn’t repay him in

three months he’ll cut a pound of flesh from his

body. Even if Bassanio doesn’t like this condition

Antonio agrees and he signs the bond on these

terms.

Portia’s father, after his death, left instructions in

his will about his daughter’s marriage: the young

man who wants to marry Portia has to choose

the right casket between three, one made of

gold, one made of silver and one made of lead,

reading the messages on them. While the Prince

of Morocco and the Prince of Aragon fail to

choose the right casket, Bassanio chooses the

one made of lead and he can marry Portia.

News arrives that Antonio's ships sank and now

he is unable to pay his debt. Shylock wants the

pound of flesh from Antonio and the case comes

to court before the Duke of Venice. There Portia,

disguised as a lawyer, and her servant Nerissa,

dressed as her law clerk, in Antonio’s defense

say that Shylock can take a pound of flesh from

him but he can’t spill any of Antonio’s blood. This

is not possible and Shylock would like to have his

money back but Portia argues that, as a

foreigner who tried to kill a Venetian man, he

has to give all his property to the victim and to

the state. Antonio refuses the money on

condition that Shylock converts to Christianity

and leaves his property to his daughter Jessica,

who ran away with Lorenzo, one of Antonio’s

friends. Shylock, defeated, agrees to all these

conditions and leaves the court.

Afterwards Bassanio discovers Portia’s disguise

and Antonio is informed that his ships have

arrived safely in port.

THE TREATMENT OF JEWS IN SHAKESPEARE’S

TIME

Since their arrival in England in around 1075

Jews were a minority race and were

discriminated: they were not allowed to become

citizens and to follow many professions. In the

Middle Ages the church didn’t allow Christians to

lend money at interest, so the moneylenders

were non-Christians. As a result many Jewish

people found usury the only way of making

money and this increased the anti- Semitic

feeling. In 1290 they were exiled from England

and they could come back only in 1655.

JEWISH SOCIETY IN VENICE

Even in Venice Jews lived in a similar situation.

They were never banished from the city but they

were unfairly treated and discriminated. In 1516

the Jewish population of Venice was forced to

live in one small area of the city which became

known as the “Ghetto Nuovo” and it is from this

that our word “ghetto” has its origins. Many

restrictions were imposed on the Jewish

community: they were not allowed to leave the

ghetto after sunset and before sunrise; each

Jewish man or woman had to wear a badge to

identify themselves (a yellow circle or a scarf),

every time they left the ghetto. They couldn’t

only work as moneylenders, with the Hebrew

printing press and to trade in textiles or practice

medicine. They also had to pay high taxes.

Despite these conditions, life for the Jewish

communities inside the ghetto got better as they

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began to play an active role in the economic

trade of Venice.

SHAKESPEARE’S SATIRE

“What use is the bond to you? You won’t take the

pound of flesh, surely?”

“No use to me?” cried Shylock angrily. “It will

feed my revenge. That man has laughed at my

losses, mocked my profits, made my friends

dislike me and made my enemies despise me.

And why did he do all this? Just because I’m a

Jew, that’s why. I am a Jew. Doesn’t a Jew have

eyes? Don’t we have hands, organs, senses,

passions? We are fed with the same food, hurt

with the same weapons, subject to the same

diseases, cured by the same means, warmed

and cooled by the same winter and summer, as a

Christian is. If you cut us, don’t we bleed? And

I’ll take my revenge on him!”

With these words Shylock says that Jews are as

much human beings as Christians. Perhaps

Shakespeare deliberately uses Shylock’s words

and actions to promote the humanity of Jews.

Even if he is the “villain” that the Elizabethan

audience loved to hate, Shakespeare tries to

promote a subtle message of equality.

Ritratto di Sahkespeare

Al Pacino che interpreta Shylock

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