La Formazione Del Clinico Oggi

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La medicina è una scienza della natura che fa corpo con tutte le altre scienze empiriche,come la fisica, la chimica, la biologia generale, l’etologia. Questa concezione della cultura medica si lega ovviamente a un problema che è oggi urgente per tutti, sia per chi ha il dovere professionale di educare i giovani a divenire medici, sia per coloro che, già medici, hanno il dovere di continuare quotidianamente a coltivare la propria formazione, che non è fatta di notizie raccolte frettolosamente su internet, ma di assimilazione e di integrazione di concetti acquisiti e ripensati, di riflessione metodologica, di cultura biologica autentica, che consenta ai professionisti di ripensarsi non più come “risolutori di problemi strumentali” ma come artefici creativi e “riflessivi” del proprio agire.

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La formazione del clinico oggi: tra riduzionismo e complessità.

“In passato i medici venivano chiamati fisici proprio perché erano studiosi dellanatura, dei fenomeni naturali. Ma se le malattie non sono nient’altro che ilprodotto dei fenomeni naturali, allora il medico è e deve essere un naturalista o,in termini più moderni, uno scienziato”

[G. Federspil :“Sfida per la nostra cultura medica: il clinico oggi fra persona e molecole” -Attidel Convegno “Medicina e sanità a confronto con la multiculturalità” - Fnomceo del 23-24

novembre 2007- Padova ]

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“ …la medicina - dall’osservazione della morfologia cellulare e dall’analisi deimeccanismi biochimici cellulari fino ai trapianti, alle applicazioni deiradioisotopi, alla risonanza magnetica e alle più innovative terapie attuali- èuna scienza della natura che fa corpo con tutte le altre scienze empiriche,comela fisica, la chimica, la biologia generale, l’etologia. Questa concezione dellacultura medica si lega ovviamente a un problema che è oggi urgente per tutti,sia per chi ha il dovere professionale di educare i giovani a divenire medici, siaper coloro che, già medici, hanno il dovere di continuare quotidianamente acoltivare la propria formazione, che non è fatta di notizie raccoltefrettolosamente su internet, ma di assimilazione e di integrazione di concettiacquisiti e ripensati, di riflessione metodologica, di cultura biologicaautentica.”

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M. Aloisi in “La medicina come arte e come scienza” si è chiesto

“come indirizzare la scuola del medico affinchè i giovani siabituino fin da principio a coltivare una medicina che siasempre più una scienza in possesso di molti per il benessere ditutti (…): se noi prepariamo il giovane a divenire un medico,noi dobbiamo raggiungere un punto in cui il medico appariràcome un naturalista. (…)”.

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Questa è la tesi che Federspil chiama

“della medicina come disciplina naturalistica”,

in cui però intravede il pericolo costituito “dal progressivo insinuarsi nell’educazione e nella formazione medica di una mentalità riduzionista”.

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Il riferimento agli studi molecolari, di cui non viene negatal’importanza, è correlato all’ ”immagine di un uomo molecolare,cioè di un uomo in cui i mutamenti molecolari costituiscono tuttociò che vi è di rilevante da sapere sul suo essere malato, un uomo icui problemi medici sono o saranno risolvibili soltanto grazie alleconoscenza più approfondite sulle sue alterazioni molecolari.

Siamo quindi giunti al grande problema della medicina scientificaodierna: è davvero possibile ritenere che i problemi medici sianorisolvibili nei fenomeni studiati dalla chimica biologica o da quellasua propaggine che è la medicina molecolare?

O, in termini più filosofici, l’uomo è solo un insieme coordinato distrutture e di funzioni molecolari?”

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“Ma la complessità biologica - conclude Aloisi – è una complessità ‘gerarchica’,

nel senso che le parti di un vivente, dalle minutissime alle macroscopiche,

sono tra loro collegate, talora in modo semplice o addirittura giustapposto,

talaltra in modo anche estremamente interdipendente e

appunto funzionalmente gerarchico.

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L’attività medico-chirurgica non può non tener conto di questo e i suoi

interventi possono egualmente riguardare un problema solo molecolare(…):

via via che si sale dal livello molecolare a quelli gerarchicamente superiori,

l’azione medica si complica e si stravolge fino a fare della stessa complessità

uno strumento operativo.

Non vi sarebbe alcuna responsabilità umana se tutto fosse biologia,

ma non vi sarebbero nemmeno arti e scienze e filosofie, non vi sarebbe storia”.

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G.F. Azzone ha esemplificato l’attività del medico (in “Scienza tecnologia edetica nella medicina sperimentale e clinica”): “Un quadro fisiopatologico puòessere paragonato a un gigantesco circuito elettrico con molte sorgenti dipotenziali e di correnti, meccanismi di amplificazioni dei segnali, resistenze,capacitanze, siti di regolazione (feedback) sia positivi che negativi. La funzionedel circuito è di garantire l’attività integrata di una serie di processi. (…).”

Il medico compie delle azioni, paragonate a quelle dell’ingegnere elettronico edal cibernetico, per ipotizzare e descrivere un circuito, variando soltanto lacomplessità ed il grado di integrazione dei vari sistemi; a questa seguel’associazione del singolo paziente con un circuito e l’identificazione (diagnosi),e quella dell’aggiustamento del circuito (terapia).

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Tutto il problema ruota intorno al termine “persona”,

al significato che diamo a questa parola e

alla natura della persona umana. [G. Federspil]

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P. Magrassi in “Difendersi dalla complessità” [ F. Angeli/La società], nel descrivere i confini della scienza scrive:” Un economista puòalzarsi e sostenere, davanti ai propri colleghi e con strumentimatematici, una tesi che non può essere provata né smentita perchénon è possibile organizzare un esperimento ad hoc. La stessa cosa puòaccadere in sociologia, in politica, in psicologia o nel management,mentre è molto più difficile che accada in fisica, chimica, in biologia,in medicina.”

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Per la medicina pone una nota: “…quando non sanno cosa dire di fronte ad unpaziente, spesso i medici si rifugiano nel motto secondo il quale la medicina nonsarebbe <una scienza esatta>. Si tratta di una scempiaggine, che i medici chefanno ricerca- differenza dai loro colleghi clinici- non si sognerebbero certo disottoscrivere. Intanto, le scienze <esatte> non esistono. Poi, il fatto che un risultatonon sia noto con assoluta certezza ma solo, poniamo, con una probabilità del 78%,non si commenta parlando della mancanza di esattezza bensì rallegrandosi dellaforte convergenza. Le probabilità 50-50 sono brutte e ingestibili; ma quelle 78-22sono casi clinici facili. La diagnosi “A” è molto più probabile della “B”. siccome,tuttavia, il nostro medico a volte non sa qual è la percentuale di occorrenza di A eB, ecco che anziché indagare ulteriormente o informarsi, come dovrebbe, pensa dicavarsela convincendo se stesso che, in assenza di una certezza al 100 % non sipuò dire nulla. “

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“Il metodo scientifico –prosegue Magrassi- non è certo il solo strumento adisposizione dell’umanità nel suo percorso verso il conseguimento dell’agognatafelicità. E non è neppure l’unico per accrescere la conoscenza. Intuito, creatività,intelligenza, sensibilità, cultura, fortuna sono indispensabili per il progressointellettuale nella storia. Tuttavia, il metodo scientifico è l’unico approccioorganizzato e insegnabile che abbiamo escogitato finora. (…) E’ vero cheesistono circostanze nelle quali i metodi previsionali scientifici non cisoccorrono. E’ vero anche che talvolta non riusciamo a linearizzare un problemache dobbiamo quindi affrontare in tutta la sua complessità. Ma, intanto, …queste non sono situazioni che si verificano sempre e comunque: che accadrebbedelle situazioni che si presentano più frequentemente, se lasciassimo l’approccioscientifico basato su matematica e ripetitività degli esperimenti e ciabbandonassimo a riti divinatori o a referendum democratici sulle leggi dellanatura?”

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“Un problema è lineare se lo si può scomporre in una somma di componenti indipendentitra loro”

“L’intervallo lineare di un sistema è quello entro il quale i parametri che lo caratterizzanonon dipendono dall’ampiezza della sollecitazione applicata.(…) In sede epistemologica èinteressante che tutti i sistemi sono in realtà non-lineari, ma ciò non autorizza concludereche gli approcci lineari non siano leciti.” (…) …i sistemi reali non sono soltantoessenzialmente non lineari, ma anche non deterministici, ossia dal comportamentoimprevedibile. (…)

Se ci prendessimo la briga di andare a studiare meticolosamente le circostanze cherendono non-deterministico il nostro sistema, in linea di principio potremmo scoprirletutte e conseguentemente modificare le equazioni matematiche così da renderle fedelidescrizioni del sistema anche in condizioni di non costanza dei parametri” a cui nota “inrealtà, parlando di caos e di comportamento emergente, si possono incontrare ancheostacoli di principio che si oppongono a questa possibilità.”

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“I sistemi non-lineari sono quasi sempre di difficile comprensione, anche perché

sfuggono alle piacevoli proprietà , tipiche dei lineari, della

scomponibilità in sotto-problemi semplici e della generalizzabilità:

stesse equazioni matematiche per molle, pendoli, circuiti elettrici,

popolazioni biologiche, e così via.”

(vedi il problema preda-predatore di Lotka-Volterra).

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Come conciliare quanto sopra con le considerazioni diI. Calvino nelle “Lezioni americane”, su la“leggerezza”, la “rapidità”, la”visibilità” e la“molteplicità”, e quanto indicato da H. Gardnersull’intelligenza disciplinare, sintetica, creativa,rispettosa, etica, come chiavi per il futuro, con laformazione professionale?

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Forse possiamo ricordare Karl Jasper: “L’agire medico si fonda su duepilastri. Da un lato la conoscenza scientifica e l’abilità tecnica, dall’altrol’ethos umanitario. Il medico ed il malato si trovano uniti da un legameprevalentemente umano, non scientificamente fondato. Per questo èfondamentale che il medico abbia sempre presente che nella sua attivitàla spiegazione scientifica deve essere sempre accompagnata dallaconsapevolezza che gli accadimenti patologici del suo malato hanno unsenso che egli deve comprendere. Il medico può instaurare con il malatouna comunicazione esistenziale che oltrepassa ogni terapia. Medico emalato sono allora entrambi uomini, che, come tali, condividono undestino. Il medico, ora, non è più un semplice tecnico, né un’autorità, maun’esistenza, un essere umano transeunte insieme ad un altro essereumano transeunte”.

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“In medicina, non tutto ciò con cui il medico entra incontatto è traducibile nel linguaggio oggettivo(oggettivante) delle scienze naturali.(…) Il malato nonpuò quindi riconoscersi nel corpo-molecolare o nel corpo-circuito che la scienza dice, non lo riguarda direttamente.La malattia, allora, non è più solo l’effetto di una causa,ma si identifica in qualche modo con il significato di unevento. ”[G. Federspil]

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Dice ancora K. Jasper:“nell’unione dei compiti di scienza efilosofia risiede la condizione essenziale che rende oggi possibilela conservazione dell’idea di medico”.

Possiamo allora parlare di farmacogenetica e farmacogenomicaper una terapia personalizzata o sarebbe meglio parlare di curaalla persona?

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Feedback, o controreazione, ha luogo quando una parte dioutput viene, per scelta progettuale oppure per accidente,sommata o sottratta all’input di sistema.Quel che viene immesso in input non è necessariamente unagrandezza fisica: esso può essere anche informazione.

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Il principale contributo di Wiener è stato quello dimostrare i legami tra ambiti scientifici e tecniciapparentemente lontanissimi e invece collegabili,affermando quindi l’importanza dell’interdisciplinarietàin un mondo nel quale cominciava a dominare la“barbarie dello specialismo”.Il progresso della conoscenza, invece, così come quellotecnologico, ha anche un enorme bisogno di studiinterdisciplinari; e a Norbert Wiener più che a chiunquealtro prima di lui dobbiamo questa consapevolezza.

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Il concetto di scatola nera

Se i sistemi più complessi devono essere descritti mediante un’indagineolistica che si spinga oltre le leggi che ne governano i componenti, icibernetici cominciarono a chiedersi come si potesse costruire una teoriagenerale dei sistemi con una matematica, che consentisse di ricavare estudiare leggi che riguardino il concetto di sistema per sé prima che nonle sue specifiche manifestazioni fisiche, elettroniche, biologiche,sociologiche e così via.Questo approccio è illustrato bene dal concetto di scatola nera.

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I sistemi presi in esame in teoria dei sistemi sono trattati comeoggetti complessi fin che si vuole ma del cui contenuto, almenoin prima approssimazione, non ci si cura.

Essi vengono presi in considerazione per il loro comportamento“esterno” e globale, che certamente dipende anche dalcomportamento dei componenti “interni” ma che vienestudiato innanzitutto come fenomeno primitivo.

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L’adozione di un “framework” come LIFE, e la “vision “ che ne è propria,consente un reale approccio olistico e l’adattabilità del processo al contesto,perché si possa realizzare quanto indicato da Schön [SCHÖN 2006]: consentireai professionisti di ripensarsi non più come “risolutori di problemi strumentali”ma come artefici creativi e “riflessivi” del proprio agire, delle proprie scelte edelle proprie mosse, attraverso l’esercizio di una “abilità artistica” connotatada competenze emergenti in situazioni uniche, incerte, conflittuali allo scopo didisegnare nuove tipologie di percorsi formativi per “insegnare ed apprendere”il sapere professionale come sapere empiricamente situato, sostenuto da formedi “razionalità riflessiva”, indispensabili alla costruzione ed all’uso diconoscenze ed allo sviluppo di competenze che nascano dall’agire e che in essofunzionalmente si traducano.

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