LA FONTE DEL MINISTERO PREGHIERA · colarmente ci fa cogliere Gesù immerso nella preghiera. Scrive...
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Alla scuola di Gesù ...con Maria
Carissimi, siamo giunti alla fine del nostro
itinerario. Abbiamo ripercorso il progetto
“10 piazze x 10 comandamenti”, in modo
molto ridotto e semplice per non dimenti-
care quella bellissima esperienza vissuta
per grazia di Dio da tanti di noi.
DECIMO COMANDAMENTO:
NON DESIDERARE LA ROBA D'AL-
TRI
Il decimo Comandamento ci proibisce la
sfrenata cupidigia generata dalla brama
smodata delle ricchezze e del potere insito
in esse e l’invidia è la tristezza che si prova
davanti ai beni altrui, è l'irresistibile desi-
derio di appropriarsene. Questo orribile
sentimento, direi peccato, si combatte con
la benevolenza, l'umiltà e l'abbandono alla
Provvidenza di Dio. Per entrare nel regno
dei Cieli è indispensabile il distacco dalle
ricchezze: «Beati i poveri in spirito» (Mt
5, 3).
Il vero desiderio dell'uomo deve essere
quello di vedere Dio. La sete di Dio è
estinta dall'acqua della vita eterna.
Gisella
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Numero 83
Settembre/Ottobre
"Chi vuol essere il primo tra voi
sarà il servo di tutti" (Mc 10,43)
Iniziamo questo nostro cammino an-
nuale accogliendo l’invito del Santo
Padre Giovanni Paolo II che nella lette-
ra "Novo millennio ineunte" inviata do-
po la chiusura del grande Giubileo del
2000 ci esortava ad impegnarci ad una
Pastorale che dia tutto il suo spazio
alla preghiera personale e comunitaria
rispettando così il principio essenziale
della visione cristiana della vita e del
primato della grazia. Quando questo
principio non è rispettato non c’è da
meravigliarsi se i progetti pastorali
vanno incontro al fallimento e lasciano
nell’animo un avvilente senso di fru-
strazione. Allora facciamo l’esperienza
dei primi discepoli, naturalmente
nell’episodio della pesca miracolosa,
che dicono "abbiamo faticato tutta la
notte e non abbiamo preso nulla"; è
quello il momento della fede, è quello
il momento della preghiera, è quello il
momento del dialogo con Dio che ci
ricorda costantemente il primato di
Cristo nella nostra vita ed in rapporto a
Lui anche il primato della vita interiore,
della santità, del nostro agire, del no-
stro servizio che abbiamo da svolgere
per la causa del Regno.
E’ necessario, allora, imparare a pre-
gare! Vi chiederete "Forse non sappia-
mo pregare?” Dobbiamo sempre e
nuovamente apprendere quest’arte
dalle labbra del Maestro, giorno dopo
giorno; nessuno si illuda che ha impa-
rato a pregare! Abbiamo bisogno sem-
pre di tornare nuovamente al Signore
e chiedere come i primi discepoli
"Signore, insegnaci a pregare". Quindi comprendiamo bene che nella
preghiera si sviluppa quel rapporto di
intimità con il Signore il quale ci rende
suoi intimi quando ci dice "rimanete in
me ed io in voi". Ecco, questa recipro-
cità diventa il segno concreto, la condi-
zione di ogni autentica vita pastorale
ministeriale; è il segreto di un cristia-
nesimo veramente vitale ed è il segre-
to anche del nostro zelo, del nostro
entusiasmo; occorre che la preghiera
diventi per noi, in maniera del tutto
singolare, il punto qualificante di ogni
iniziativa, di tutta quanta la nostra vita
ministeriale, pastorale, di ogni cosa,
deve tornare ad essere prima in asso-
luto. Nei Vangeli troviamo un Gesù pubblico
e un Gesù direi, intimo. Il Gesù pubbli-
co è quello che storicamente svolge la
sua attività in favore degli ultimi, dei
poveri; istruisce, ammaestra, libera,
LA FONTE DEL MINISTERO PREGHIERA
Da una catechesi di P. Enzo Romano
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guarisce, ma c’è un Gesù che
poche righe del Vangelo descri-
vono. Essi parlano di un Gesù
che prega, di un Gesù intimo: è il Gesù nascosto. Ma sono questi
spiragli che ci parlano di questo
dialogo di Gesù con il Padre, spi-
ragli che si aprono e subito si
chiudono e ci presentano questo
Gesù che prega, ma tante volte
noi leggendo il Vangelo più facil-
mente facciamo attenzione ai
discorsi e agli insegnamenti e
sorvoliamo tanto spesso su que-
sto Gesù che prega, anche per-
ché le descrizioni sono così bre-
vi, contenute in poche righe, che
forse per questo passiamo oltre. Noi oggi vogliamo proprio getta-
re lo sguardo su questi "spiragli"
del Vangelo di Luca che notoria-
mente è l’evangelista che parti-
colarmente ci fa cogliere Gesù
immerso nella preghiera. Scrive Luca : "Mentre Gesù , ri-
cevuto anche Lui il Battesimo,
stava in preghiera, il cielo si
aprì, scese su di Lui lo Spirito
Santo". Per Luca, si direbbe, fu
la preghiera di Gesù a squarcia-
re i cieli e a far discendere lo
Spirito Santo su di Lui. Proseguendo, sempre al cap.5 di
Luca, leggiamo ancora: "Folle
numerose venivano per ascoltar-
lo e farsi guarire da Lui da ogni
infermità, ma Gesù si ritirava in
luoghi solitari e là pregava". Tro-
viamo questo "ma", questo av-
versativo che è veramente im-
pressionante e significativo per-
ché crea questo contrasto: da
una parte le folle che vengono
da Gesù per farsi guarire e
dall’altra Lui che si ritira in di-
sparte, non si lascia travolgere
dalla folla, riacquista questo suo
spazio per il dialogo con il Padre.
Un’altra volta, dice ancora lo
stesso Luca, Gesù se ne andò
sulla montagna e passò tutta la
notte in orazione, quando fu
giorno chiamò a sé i discepoli e
ne scelse dodici. Vediamo che è come se Gesù di
notte pregasse e di giorno faces-
se tutto quello che ha visto du-
r a n t e l a n o t t e .
Ogni sua azione, ogni sua attivi-
tà è sempre mossa da questa
preghiera continua che c’è in
Lui, questa preghiera che, come
dire, diventa il sottofondo di tut-
ta quanta la vita di Cristo e an-
che la Trasfigurazione di cui ci
parla il Vangelo, come il Battesi-
mo di cui ci parla S. Luca, è un
mistero della preghiera di Gesù :
"Gesù salì sul monte Tabor non
certamente per essere trasfigu-
rato, era salito lì solo per prega-
re, quella fu la sorpresa dello
Spirito, la sorpresa del Padre
che gli riservò in quel momento
la trasfigurazione, ma la motiva-
zione che sta alla base è che
Gesù è salito sul monte per rac-
c og l i e r s i i n p r e gh i e ra .
Così possiamo fare un’ analogia
tra questo Gesù che viene trasfi-
gurato sul monte e Gesù che va
nel deserto; noi pensiamo che
Gesù andò nel deserto per esse-
re tentato dal diavolo, ma nes-
suno andrebbe nel deserto pre-
sentato dal diavolo, Lui era an-
dato nel deserto per pregare,
per digiunare e approfondire la
Rivelazione del Padre e per com-
prendere la missione che Il Pa-
dre gli affidava, per prepararsi a
questa missione.
Diremmo noi oggi: andare nel
deserto, farsi un periodo di de-
serto per iniziare un nuovo cam-
mino, per riprendere il nostro
cammino; il ritirarci per rinvigo-
rire le forze e riprendere il no-
stro camminare. E’ molto bello riprendere questi
brani di Gesù che prega perché
è talmente straordinario quello
che avviene nella vita di Gesù,
nel volto di Gesù, nella persona
di Gesù che i discepoli vengono
colpiti da questa particolarità;
colgono Gesù che prega e lo col-
gono in una maniera talmente
straordinaria che si dicono l’un
l’altro: Ma noi fin’ora che cosa
abbiamo fatto? Non abbiamo
mai pregato! Se preghiera è
questa noi finora non abbiamo
mai pregato! Al punto che gli
chiedono: "Signore, insegnaci a
pregare!" E’ questo che nasce
come desiderio, come ardore nel
cuore dei discepoli e Gesù inse-
gnò loro la grande preghiera del
Padre Nostro, questa, direi, è un
fiotto, una vena di preghiera che
scaturisce dal cuore di Cristo e
viene consegnata ai discepoli e
quindi alla Chiesa. Il Gesù che prega è lo stesso
Gesù che illumina la scena del
Getsemani. Dice il racconto del
Vangelo: "Inginocchiatosi prega-
va"; una parola che descrive l’e-
sterno di Gesù
(inginocchiatosi) , un’altra che
descrive l’interno di Gesù
(pregava).La Tradizione si è
preoccupata di tramandare a noi
questa preghiera spontanea e
personale di Gesù, ma tutto
quanto lascia credere che Gesù
in questa preghiera della notte
aveva anche la preghiera di ogni
pio israelita cioè la preghiera tre
volte al giorno: al mattino al le-
var del sole, poi al pomeriggio
per il sacrificio che si innalzava
al tempio e la sera prima di ad-
dormentarsi.Indubbiamente Ge-
sù ha partecipato a questa pre-
ghiera liturgica del pio israelita,
a questa preghiera pubblica e
noi qui possiamo concludere che
se già a questi tre momenti della
sua giornata aggiungiamo le
notti in preghiera, quindi una
preghiera continua, troviamo un
Gesù che è immerso completa-
mente e continuamente nella
preghiera.
Possiamo, quindi, affermare che
nella vita di Gesù la preghiera è
il sottofondo che caratterizza la
sua vita.
E se a questo aggiungiamo i 30
anni di vita nascosta a Nazareth,
l’immagine che ne viene fuori è
l’immagine di un contemplativo
che ogni tanto viene fuori con
l’azione, piuttosto che quella di
un uomo di azione che ogni tan-
to si concede gli spazi di pre-
ghiera e di contemplazione. Credo che da questa prima parte
dobbiamo apprendere una gran-
de cosa: la nostra vita deve es-
sere permeata dalla preghiera
continua, non soltanto fissarci
qualche momento particolare,
ma tutto il nostro vivere deve
essere immerso nella preghiera
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a imitazione del nostro Maestro;
dobbiamo tornare a questa pre-
ghiera, alla preghiera continua,
sollecita come quella di Gesù.
Ecco, notte e preghiera, molto
spesso le troviamo associate nel-
la vita del Maestro; possiamo
dire con quelle parole di un poe-
ta che parla della notte "E’ la
notte che è continua e sono i
giorni ad essere discontinui, so-
no questi giorni che rompono la
notte mentre sono le notti ad
essere continue ".
Queste parole li possiamo appli-
care benissimo a Gesù, a chi più
di Lui e meglio di Lui si possono
applicare? L’attività, il servizio è questo ve-
nir fuori, di tanto in tanto, da
questo essere immerso nella
preghiera ma poi si ritira di nuo-
vo nella preghiera con il Padre,
come direbbe Ignazio di Antio-
chia: è la Parola uscita dal silen-
zio della Trinità col Padre.
Gesù nella sua predicazione, nel-
la sua attività taumaturga, esce
fuori da questa intimità, da que-
sta preghiera continua che ha
con il Padre e questa Parola, al-
lora, quando viene fuo-
ri opera perché è una Parola
creatrice; basta leggere il libro
della Genesi per sentire che que-
sta Parola esce dal silenzio di Dio
e crea; la Genesi così parla :
"Dio disse: E sia la luce!" e la
luce fu. E’ la Parola che esce dal
silenzio, dalla comunione, e Ge-
sù, che è in comunione con il Pa-
dre e con lo Spirito, quando
esce, col suo parlare opera e
quel suo agire immancabilmente
realizza.
Adesso entriamo in quello che è
il mistero della preghiera di
G e s ù . Cosa diceva Gesù quando pre-
gava? Noi siamo abituati a ve-
derlo così, ma notiamo una cosa
sorprendente da parte degli stu-
diosi della Bibbia cioè gli esegeti:
loro attestano che ogni volta che
Gesù pregava, ogni sua preghie-
ra conteneva al centro l’invoca-
zione di Dio come Padre, preci-
samente quella parolina aramai-
ca "Abbà", eccetto il momento
della croce quando lo sentiamo
gridare :"Dio mio, Dio mio, per-
ché mi hai abbandonato", lì sta
pregando con il salmo 22 ed è
l’unica volta in cui non trapela
questo "Abbà". Questa parola, che proviene pro-
prio dalla forma originale e che
gli stessi testi della Scrittura ri-
portano così senza cambiamenti,
è familiare ed è la lingua che Ge-
sù parlava nel suo quotidiano, è
quella che ha appreso fin dalla
tenera età. Questo vocabolo in-
fantile era tollerabile soltanto
sulla bocca di un bambino, in
nessuna parte della Tradizione
giudaica troviamo questa parola
utilizzata nei riguardi di Dio.
Gesù per la prima volta ci pre-
senta questa bellissima parola; è
la novità sconvolgente questa
preghiera di Gesù. Novità che
dipende anche dal fatto che chi
prega, questa volta, non è qual-
siasi uomo, ma è il figlio di Dio
stesso che, oltre a essere figlio
di Dio, si rivolge a Dio come al
papà "Babbino o Papino" , come
oggi i piccoli gridano al papà.
Oggi noi sappiamo che a guidare
questo grido nel cuore di Gesù è
lo Spirito Santo: "in quello stes-
so istante Gesù esultò nello Spi-
rito e disse "Io ti rendo lode, Pa-
dre, Signore del cielo e della ter-
ra" e qui "Padre" è la traduzione
d a l l ’ a r a m a i c o " A b b à " .
L’apostolo Paolo, in maniera lu-
minosa, conferma che è lo Spiri-
to Santo a suscitare nel cuore di
Gesù questo grido che riassume
tutta la sua preghiera che è det-
ta a volte in forma di invocazio-
ne, a volte di lode, a volte come
adesione, a volte come abbando-
n o .
Perché Paolo conferma questo?
Perché ci dice che quando lo Spi-
rito Santo sarà inviato da Gesù
su ogni cristiano ci farà gridare
"Abbà" e ce lo ricorda nella lette-
ra ai Galati: "Che voi siete figli
ne è prova il fatto che Dio ha
mandato nei nostri cuori lo spiri-
to del suo figlio che grida "Abbà
–
papà".
S. Agostino nota che lo Spirito
Santo non potrebbe gridare Abbà
perché lo Spirito Santo non è
figlio del Padre, procede dal Pa-
dre; se, dunque, lo Spirito Santo
può gridare "Abbà" è perché lo
spirito del Figlio nei giorni terreni
spingeva Gesù a pregare cioè
creava la preghiera dentro di Lui;
con un’altra espressione direm-
mo che lo Spirito Santo si è abi-
tuato a pregare in Gesù per po-
ter pregare poi dentro il cuore. Lo Spirito Santo voi sapete che è
Dio, purissimo spirito e nessun
uomo lo poteva ricevere, nessun
uomo potrebbe, infatti, contene-
re Dio né ricevere Dio nella sua
pienezza perché Dio ci sfugge;
direi quasi che l’incarnazione che
cosa è stata se non questo Dio
che si è voluto fare simile a noi,
eccetto il peccato, per abituare la
stessa divinità, lo stesso Spirito
Santo a vivere nel cuore di
ognuno di noi , a pregare e a
A noi uomini viene concessa
questa grazia , di poter essere
luogo, abitazione di Dio, il Tem-
pio, come viene ricordato dalla
Scrittura "noi siamo tempio di
Dio", dimora , tabernacolo di
Dio. Lo Spirito Santo, quindi, deter-
minava questa preghiera dentro
Gesù e ogni volta che noi udiamo
il grido "Abbà" e questo grido è
veramente sincero, è all’opera lo
Spi ri to Santo dentro di
noi.Diceva ancora S. Agostino
che senza di Lui grida a vuoto
chiunque grida Abbà; noi lo pos-
siamo dire tante volte, come an-
che le nostre preghiere, se non
sono animate dallo Spirito di Cri-
sto noi diremo tante parole ma
non saremo ascoltati; siamo co-
me muti dinnanzi a Dio. Nella circostanza citata sopra
sentiamo dire a Gesù "Io ti rendo
lode, Padre, Ti benedico, Signore
del cielo e della terra", ma non
sempre fu così; la preghiera di
Gesù a volte non fu di esultanza,
fu a volte preghiera di angoscia
ed io credo che quelle notti, di
cui il Vangelo ci parla che Gesù
passava in orazione, fossero
molte più vicine alla notte del
Getsemani che a quella della Tra-
sfigurazione dove , il Vangelo ci
dice, Gesù fu felice sul Tabor e la
sua felicità trapelava dalla sua
persona rendendolo luminoso.
Ci sono state altre notti in cui
Gesù lottava, lottava per la no-
stra salvezza, lottava per fare il
volere del Padre; lo troviamo
proprio in quei giorni della Pas-
sione quando la lettera agli Ebrei
ci richiama il passo dei giorni
della sua vita terrena: "Gesù
compì preghiere e suppliche con
forti grida e lacrime. In quel mo-
mento si trova dinnanzi alla vo-
lontà di Dio e Gesù prega e pre-
ga come sentiamo con forti grida
e lacrime perché questo volere
del Padre si compia in Lui e an-
che lì vediamo ancora una volta
che lo Spirito Santo prega in Cri-
sto con "gemiti inesprimibili" ; è
una preghiera di lotta; è come
dire che lo Spirito Santo era con
Gesù nel Getsemani. Dobbiamo abituarci a vedere la
SS.ma Trinità nella nostra storia,
nel nostro vivere quotidiano, an-
che perché noi iniziamo la nostra
vita già immersi in questo miste-
ro sublime dell’Amore Trinitario,
cominciamo la nostra vita già
con quel primo segno del Batte-
simo. Quando il sacerdote viene
a imporre sul nostro capo e sulla
nostra fronte questo triplice se-
gno, il segno della croce, siamo
già consacrati, entriamo in que-
sta comunione ineffabile di Dio;
siamo abituati a guardare a que-
sto mistero trinitario come mi-
stero che riguarda i teologi, di-
ciamo: "Sì, ci credo, però poi mi
viene la confusione" ecc. e non
sempre lo vediamo all’opera in-
vece dobbiamo vedere questo
Dio all’opera che coinvolge il no-
stro vivere. Pensate: tutti i sacramenti sono
dati nel Nome del Padre, del Fi-
glio e dello Spirito Santo. Nel
Battesimo noi rinasciamo a vita
nuova nel nome della Trinità, nel
matrimonio inizia la vita di amo-
re nel nome del…..; il sacerdote
viene consacrato…; riceviamo
l’unzione nella Cresima che ci
abilita ad essere testimoni nel
nome del …
Tutta la nostra vita si svolge alla
luce della SS.ma Trinità e conclu-
diamo la nostra vita (quando ab-
biamo la fortuna di avere un sa-
cerdote o qualcuno che prega)
…."Parti anima cristiana da que-
sto mondo verso il Padre che ti
ha creato, verso il Cristo che ti
ha redenta, verso lo Spirito San-
to che ti ha santificato"; per cui
usciamo dalla Trinità, viviamo
nella Trinità e torniamo alla Trini-
tà! Ecco, è un mistero meraviglioso
e questo mistero ha coinvolto
tutta la vita di Gesù, tutto il suo
vivere, quindi nel Getsemani an-
che la Trinità è presente nella
storia di Cristo e mai come sulla
Croce la Trinità è insieme con
Gesù per cui Gesù sulla croce è
inchiodato dalla volontà del Pa-
dre e lo Spirito Santo era anche
lui nel Getsemani e fu Lui il pri-
mo a tirare fuori dal cuore di Cri-
sto quel grido "Abbà, come vuoi
tu non come voglio io; sia fatta
la tua volontà!" . Sull’esempio di Gesù, quindi,
dobbiamo tornare a pregare in-
cessantemente e a pregare nello
Spirito, se vogliamo rinnovare la
nostra preghiera. Pietro ricorda,
ed è la prima cosa che si riserva
nel suo inizio della vita della
Chiesa : "Noi ci dedicheremo alla
preghiera e al ministero della
Parola. Dobbiamo tornare alla preghiera
incessante, alla preghiera nello
Spirito, personale che tanti tra-
scurano e se vediamo affievolirsi
gli entusiasmi, vediamo che il
nostro Gruppo "arranca", è per-
ché manca la preghiera persona-
le.
Dobbiamo quindi tornare alla
preghiera "personale", questo è
importante : dobbiamo ridare il
potere a Dio perché Dio deve
stare al centro della nostra vita e
dobbiamo noi ruotare attorno a
Lui; vedremo allora che le cose
cominceranno ad andare per il
giusto verso; veramente vedre-
mo che proseguiremo in un cam-
mino più spedito e cominceremo
a crescere nella santità.
Pagina 5 CI TT A DI NI DE LLO S PI R IT O
Dal Catechismo della Chiesa Cattolica ( compendio)
Messaggio del 2 AGOSTO 2017
I nostri appuntamenti
Lunedi ore 20,30 Preghiera di lode
Giovedì ore 10,30 Adorazione (Sorriso)
Domenica 11 ottobre ore 18 RnS in concerto
Chiesa di SS.Ippolito e Lucia Fiumicino
Domenica 22 ottobre Convegno Regionale
Come si è comportato Gesù verso la Legge di Israele?
Gesù non ha abolito la Legge data a Mosè sul Sinai, ma l’ha portata a compimento dandone
l’interpretazione definitiva. E’ il Legislatore divino che esegue integralmente questa Legge.
Inoltre egli, il Servo fedele, offre con la sua morte espiatrice il solo sacrificio capace di redime-
re tutte “le colpe commesse dagli uomini sotto la prima Alleanza”(Eb 9,15).
"Cari figli, per volontà del Padre Celeste, come Madre di Colui che vi ama,
sono qui con voi per aiutarvi a conoscerlo, a seguirlo. Mio Figlio vi ha lasciato le
impronte dei suoi passi, perché vi fosse più facile seguirlo. Non temete, non siate
insicuri. Io sono con voi! Non fatevi scoraggiare, perché sono necessari molta
preghiera e sacrificio per quelli che non pregano, non amano e non conoscono
mio Figlio. Aiutateli vedendo in loro dei vostri fratelli. Apostoli del mio amore,
prestate ascolto alla mia voce in voi, sentite il mio materno amore. Perciò pre-
gate: pregate operando, pregate donando. Pregate con amore, pregate con le
opere e con i pensieri, nel nome di mio Figlio. Quanto più amore darete, tanto
più ne riceverete. L’amore scaturito dall’Amore illumina il mondo. La redenzio-
ne è amore, e l’amore non ha fine. Quando mio Figlio verrà di nuovo sulla terra, cercherà l’amore nei
vostri cuori. Figli miei, lui ha fatto per voi molte opere d’amore. Io vi insegno a vederle, a comprenderle e
a rendergli grazie amandolo e perdonando sempre di nuovo il prossimo. Perché amare mio Figlio vuol
dire perdonare. Non si ama mio Figlio, se non si riesce a perdonare il prossimo, se non si riesce a cercare
di capire il prossimo, se lo si giudica. Figli miei, a cosa vi serve la preghiera, se non amate e non perdo-
nate?
Vi ringrazio! "
BENEDIZIONI a… Anna Maria 8/9
Luana 13/9
Patrizia 29/9
Stefano 26/10
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“Non desiderare la roba del tuo prossimo” Cagliari, 28 giugno 2013 – Arena , S. Elia
Dagli Scritti della beata Giuseppina Nicoli, della beata Maria Gabriella Sagheddu, della serva
di Dio Edvige Carboni.
“Non desiderare la roba degli altri”
Noi riconosciamo che Dio è amore e che mai arriveremo a capire abbastanza il suo amore. Un
amore che arde, incendia, che sempre infonde conforto e speranza. Noi apparteniamo a Dio.
Per questo, se non indirizziamo a Dio i nostri pensieri, i nostri desideri, i nostri affetti, noi ru-
biamo ciò che gli appartiene.
“Non desiderare la roba degli altri”
La pratica delle piccole virtù ci libera dall’orgoglio, dalla pigrizia , dall’ambizione. Il vero va-
lore delle nostre azioni è dato dall’intenzione e dall’affetto del cuore, e si riconosce in quella
semplicità che non cerca i motivi del comando, in quella generosità che non fa distinzione tra
comando e desiderio, in quell’umiltà che non ha riguardo se non per Dio.
“Non desiderare la roba degli altri”
Noi navighiamo contro la corrente di un fiume. Se non riesci ad andare avanti, non dire: “Non
faccio niente”. Se non facessi niente saresti trasportato dalla corrente. Se sei sempre lì, è perché
lotti contro la corrente e ti arricchisci di meriti. Non lasciamoci abbattere. Le stesse nostre de-
bolezze e miserie debbono accrescere la nostra fiducia in Dio. Fai quello che puoi, con gioia e
tranquillità.
“Non desiderare la roba degli altri”
Tutto passa, si lasciano persone e luoghi, ma Dio è dappertutto! Chi confida in Dio, chi si ab-
bandona alla Provvidenza, non è mai deluso. Diffidare di noi e confidare in Dio: ecco il segreto
per riuscire bene. E poiché Dio ci ha amato senza misura, non mettiamo limiti alla carità verso i
nostri fratelli: l’amore di Dio è misura dell’amore del prossimo; e l’amore del prossimo è misu-
ra di quello di Dio. La carità ci fa volare, giubilando.
MIRACOLI EUCARISTICI: Il miracolo di Sant’Antonio (1227)
Sant’Antonio coinvolto in una disputa con eretici che negavano la Presenza Reale di gesù
nell’Eucarestia e che pretendevano di vederne una prova inconfutabile, promise un miracolo: la
mula di uno di loro dopo tre giorni di digiuno alla biada avrebbe preferito inginocchiarsi davan-
ti all’Ostia consacrata, riconoscendovi il Corpo di Cristo. Per tre giorni, Antonio si ritirò nel
suo convento a pregare e digiunare. Il giorno stabilito il miracolo si realizzò e il padrone della
mula si convertì.
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Carissimi fratelli eccoci oggi a parlare della co-
scienza, una dimensione della persona che i testi
antichi chiamano "CUORE" .
Il cuore della persona non è semplicemente l'ani-
mo o la sede dei sentimenti, essa è il centro dove
percepiamo il mondo e il centro dove elaboriamo
tutti i messaggi che ci arrivano sia da dentro di noi
interni che dall’esterno ed è il centro di decisione
e di avvio di tutti i comportamenti della persona, è
il luogo dove diamo il permesso o meno a fare o
non fare qualcosa.
Il cuore è la coscienza dunque: in essa ognuno
costruisce la propria identità e da essa ognuno è
chiamato a realizzare tale identità attraverso i pro-
pri comportamenti.
Uno dei capolavori che il Concilio Vaticano II ha
prodotto è il documento pastorale sulla Chiesa nel
mondo, Gaudium et Spes (le gioie e le speranze)
che è, come scrive il Vescovo don Tonino Bello,
una poesia d’amore …. della Chiesa verso l’uma-
nità: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le ango-
sce degli uomini di oggi, dei poveri soprattutto e
di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le
speranza, le tristezze e le angosce dei discepoli di
Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che
non trovi eco nel loro cuore». Con questo grandio-
so avvio della costituzione pastorale, spiega don
Tonino «la Chiesa planava dai cieli della sua di-
sincarnata grandezza e sceglieva di collocare defi-
nitivamente il suo dominio sul cuore della terra.
E’ come se avesse annullato di colpo la barriera
di secolari distanze, accettando di diventare coin-
quilina degli stessi condomini abitati dai comuni
mortali. Ha rinunciato spontaneamente per sem-
pre a quella zona di rispetto creatale da antichi
prestigi: non per timore della sua solitudine, ma
preoccupata della solitudine degli uomini. La
Chiesa sembra dire al mondo così: d’ora in poi, le
tue gioie saranno le mie; spartirò con te il pane
amaro delle identiche tristezze, mi lascerò coin-
volgere dalle tue stesse speranze, e le tue angosce
stringeranno pure a me la gola con l’identico
groppo di paura». Che bello sentire queste parole,
sembrano parole detta da una madre ad un figlio,
parole di una madre che dice al figlio io cammino
insieme a te, io soffro e gioisco con te e ti aiuterò
a crescere.
E questo aiuto la madre Chiesa ce lo dà con le pa-
role dei padri conciliari in quali hanno detto co lo
stesso amore ….. nell'intimo della coscienza l'uo-
mo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla
quale invece deve obbedire.
Questa voce, che lo chiama sempre ad amare, a
fare il bene e a fuggire il male, al momento op-
portuno risuona nell'intimità del cuore: fa que-
sto, evita quest'altro. (Gaudium et Spes nr. 16)
L'uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro
al cuore; obbedire ad essa è la dignità stessa
dell'uomo, e secondo questa egli sarà giudicato.
La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario
dell'uomo, dove egli è solo con Dio, la cui voce
risuona nell'intimità, il giudizio ultimo che sug-
gerisce a ogni singola persona se la sua azione
concreta è buona oppure cattiva, se si deve
compiere o evitare.
La coscienza ci consente di emettere un giudizio
pratico circa la moralità dei suoi atti individuali, è
nella coscienza che facciamo l’esperienza morale,
la coscienza morale è come una "voce interiore",
che esorta e incoraggia, inquieta e interroga,
rimprovera e accusa, approva e loda.
In poche parole la coscienza fa sentire la soddisfa-
zione per il bene compiuto, e il rimorso per il ma-
le fatto.
« Liberarsi la coscienza di un peso »; « Avere, la
coscienza a posto »; « Agire secondo coscienza »;
« Avere uno scrupolo di coscienza», «avere la co-
scienza sporca»: sono tutte espressioni che indica-
no che c’è qualcosa interiore, capace di «sentire e
valutare» la qualità morale di ogni nostra azione.
È importante sottolineare tre cose circa la co-
scienza.
1. essa non crea la legge morale, che già esiste, la
deve solo applicare;
2. è fondamentale che applichi la legge morale in
modo corretto. Non è esatto usare il termine co-
scienza retta per indicare la buona fede di una per-
sona che oggettivamente sbaglia, ma è nella con-
vinzione di agire bene, in questo caso si dovrebbe
parlare di buona coscienza. 3. La coscienza può essere erronea e quindi può
sbagliare
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Arriviamo al dunque! questo sentire e valutare,
deve essere formato rettamente, deve essere una
coscienza non negligente nella ricerca della volon-
tà di Dio. Non dimentichiamo che il bene, per me
è vincolante nella misura in cui lo percepisco e ne
vengo a conoscenza: si afferma così il primato del-
la coscienza retta.
È importante la formazione di una coscienza retta
perché altrimenti risulta irrealizzabile la costruzio-
ne dell’uomo. L’obiettivo di avere una coscienza
retta coinvolge tutta la persona, perché implica
l’intera condotta di vita. È un traguardo che si ot-
tiene solo se si possiede una volontà inclinata ad
attuare il bene. Il fatto che l’uomo abbia una co-
scienza retta è molto importante. Porsi il proble-
ma di cosa sia gradito al Signore è già un atto
buono al cospetto di Dio. È questo il primo e radi-
cale atteggiamento di disponibilità nei confronti
della verità, perché la ricerca è già una scelta che
ha valore morale.
La formazione della coscienza morale è un per-
corso che ognuno è chiamato a compiere essa si
forma insieme con la comunità di appartenenza,
attraverso il dialogo ed il confronto, l'apertura alla
crescita comunitaria.
Bisogna assolutamente evitare di fare della propria
coscienza un oracolo interiore, privato, incomuni-
cabile, chiuso ad ogni dialogo. La formazione del-
la coscienza costituisce anche una importante re-
sponsabilità sia dal punto di vista dei formatori
(educatori, famiglia, scuola), sia del singolo sog-
getto che deve avere cura di questa formazione.
Naturalmente la formazione della coscienza passa
anche attraverso il rispetto della coscienza, altrui,
che tuttavia non esclude un dovere di collabora-
zione all’azione maturante della coscienza nella
verità (aiutiamo chi ne ha bisogno a maturare la
coscienza in modo retto!). Non va dimenticato
che il rispetto della coscienza non è assoluta-
mente in antitesi con la proclamazione della ve-
rità. Questo è il senso di quella che si può definire
correttamente libertà di coscienza.
La coscienza matura è quindi quella coscienza che
ricerca e agisce secondo la volontà di Dio, anche
nella prospettiva della propria formazione. Questa
maturità di coscienza l’uomo può acquisirla attra-
verso l’ascolto e l’obbedienza alla voce dello Spi-
rito: è lui il vero maestro nelle vie del bene (“Il
consolatore vi ricorderà ogni cosa che vi ho detto e
vi guiderà alla verità tutta intera”). Ma facilmente
l’uomo rischia di non cogliere la vera voce dello
Spirito, viste le tante voci che raccoglie. Per que-
sto l’uomo ha bisogno di strumenti e di guide che
lo aiutino in questo cammino di discernimento del-
la voce di Dio. I principali maestri ‘esterni’ sono la
Divina Rivelazione (Scrittura, Tradizione, Magi-
stero) e l’esperienza umana in cui lo Spirito si
esprime .
Il compito di guidare il comando della coscienza
in modo retto è affidato alla virtù della prudenza,
un retto ragionamento sulle azioni da compiere, il
primo dovere morale a cui la coscienza ci invita è
il discernimento. Agire senza discernimento è
sempre un male morale. La previsione delle conse-
guenze delle nostre azioni fa parte del discerni-
mento.
Questa semplice riflessione ci porta a dire che il
discernimento, l'interpretazione della situazio-
ne in cui siamo chiamati ad agire in rapporto al
senso della nostra vita, la valutazione delle con-
seguenze delle nostre scelte, è indispensabile per
raggiungere un retto giudizio di coscienza.
Cari fratelli ci fermiamo qui per ora arrivederci al
prossimo appuntamento
In Gesù e Maria
Cono