LA FONTE DEL MINISTERO PREGHIERA · colarmente ci fa cogliere Gesù immerso nella preghiera. Scrive...

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Alla scuola di Gesù ...con Maria Carissimi, siamo giunti alla fine del nostro itinerario. Abbiamo ripercorso il progetto “10 piazze x 10 comandamenti”, in modo molto ridotto e semplice per non dimenti- care quella bellissima esperienza vissuta per grazia di Dio da tanti di noi. DECIMO COMANDAMENTO: NON DESIDERARE LA ROBA D'AL- TRI Il decimo Comandamento ci proibisce la sfrenata cupidigia generata dalla brama smodata delle ricchezze e del potere insito in esse e l’invidia è la tristezza che si prova davanti ai beni altrui, è l'irresistibile desi- derio di appropriarsene. Questo orribile sentimento, direi peccato, si combatte con la benevolenza, l'umiltà e l'abbandono alla Provvidenza di Dio. Per entrare nel regno dei Cieli è indispensabile il distacco dalle ricchezze: «Beati i poveri in spirito» (Mt 5, 3). Il vero desiderio dell'uomo deve essere quello di vedere Dio. La sete di Dio è estinta dall'acqua della vita eterna. Gisella Cittadini dello Spirito MENSILE DEL GRUPPO DEL RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO GESU’MISERICORDIOSO” DI LADISPOLI, PARROCCHIA S.M. DEL ROSARIO Numero 83 Settembre/Ottobre "Chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti" (Mc 10,43) Iniziamo questo nostro cammino an- nuale accogliendo l’invito del Santo Padre Giovanni Paolo II che nella lette- ra "Novo millennio ineunte" inviata do- po la chiusura del grande Giubileo del 2000 ci esortava ad impegnarci ad una Pastorale che dia tutto il suo spazio alla preghiera personale e comunitaria rispettando così il principio essenziale della visione cristiana della vita e del primato della grazia. Quando questo principio non è rispettato non c’è da meravigliarsi se i progetti pastorali vanno incontro al fallimento e lasciano nell’animo un avvilente senso di fru- strazione. Allora facciamo l’esperienza dei primi discepoli, naturalmente nell’episodio della pesca miracolosa, che dicono "abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla"; è quello il momento della fede, è quello il momento della preghiera, è quello il momento del dialogo con Dio che ci ricorda costantemente il primato di Cristo nella nostra vita ed in rapporto a Lui anche il primato della vita interiore, della santità, del nostro agire, del no- stro servizio che abbiamo da svolgere per la causa del Regno. E’ necessario, allora, imparare a pre- gare! Vi chiederete "Forse non sappia- mo pregare?” Dobbiamo sempre e nuovamente apprendere quest’arte dalle labbra del Maestro, giorno dopo giorno; nessuno si illuda che ha impa- rato a pregare! Abbiamo bisogno sem- pre di tornare nuovamente al Signore e chiedere come i primi discepoli "Signore, insegnaci a pregare". Quindi comprendiamo bene che nella preghiera si sviluppa quel rapporto di intimità con il Signore il quale ci rende suoi intimi quando ci dice "rimanete in me ed io in voi". Ecco, questa recipro- cità diventa il segno concreto, la condi- zione di ogni autentica vita pastorale ministeriale; è il segreto di un cristia- nesimo veramente vitale ed è il segre- to anche del nostro zelo, del nostro entusiasmo; occorre che la preghiera diventi per noi, in maniera del tutto singolare, il punto qualificante di ogni iniziativa, di tutta quanta la nostra vita ministeriale, pastorale, di ogni cosa, deve tornare ad essere prima in asso- luto. Nei Vangeli troviamo un Gesù pubblico e un Gesù direi, intimo. Il Gesù pubbli- co è quello che storicamente svolge la sua attività in favore degli ultimi, dei poveri; istruisce, ammaestra, libera, LA FONTE DEL MINISTERO PREGHIERA Da una catechesi di P. Enzo Romano

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Alla scuola di Gesù ...con Maria

Carissimi, siamo giunti alla fine del nostro

itinerario. Abbiamo ripercorso il progetto

“10 piazze x 10 comandamenti”, in modo

molto ridotto e semplice per non dimenti-

care quella bellissima esperienza vissuta

per grazia di Dio da tanti di noi.

DECIMO COMANDAMENTO:

NON DESIDERARE LA ROBA D'AL-

TRI

Il decimo Comandamento ci proibisce la

sfrenata cupidigia generata dalla brama

smodata delle ricchezze e del potere insito

in esse e l’invidia è la tristezza che si prova

davanti ai beni altrui, è l'irresistibile desi-

derio di appropriarsene. Questo orribile

sentimento, direi peccato, si combatte con

la benevolenza, l'umiltà e l'abbandono alla

Provvidenza di Dio. Per entrare nel regno

dei Cieli è indispensabile il distacco dalle

ricchezze: «Beati i poveri in spirito» (Mt

5, 3).

Il vero desiderio dell'uomo deve essere

quello di vedere Dio. La sete di Dio è

estinta dall'acqua della vita eterna.

Gisella

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L

RO

SA

RI

O

Numero 83

Settembre/Ottobre

"Chi vuol essere il primo tra voi

sarà il servo di tutti" (Mc 10,43)

Iniziamo questo nostro cammino an-

nuale accogliendo l’invito del Santo

Padre Giovanni Paolo II che nella lette-

ra "Novo millennio ineunte" inviata do-

po la chiusura del grande Giubileo del

2000 ci esortava ad impegnarci ad una

Pastorale che dia tutto il suo spazio

alla preghiera personale e comunitaria

rispettando così il principio essenziale

della visione cristiana della vita e del

primato della grazia. Quando questo

principio non è rispettato non c’è da

meravigliarsi se i progetti pastorali

vanno incontro al fallimento e lasciano

nell’animo un avvilente senso di fru-

strazione. Allora facciamo l’esperienza

dei primi discepoli, naturalmente

nell’episodio della pesca miracolosa,

che dicono "abbiamo faticato tutta la

notte e non abbiamo preso nulla"; è

quello il momento della fede, è quello

il momento della preghiera, è quello il

momento del dialogo con Dio che ci

ricorda costantemente il primato di

Cristo nella nostra vita ed in rapporto a

Lui anche il primato della vita interiore,

della santità, del nostro agire, del no-

stro servizio che abbiamo da svolgere

per la causa del Regno.

E’ necessario, allora, imparare a pre-

gare! Vi chiederete "Forse non sappia-

mo pregare?” Dobbiamo sempre e

nuovamente apprendere quest’arte

dalle labbra del Maestro, giorno dopo

giorno; nessuno si illuda che ha impa-

rato a pregare! Abbiamo bisogno sem-

pre di tornare nuovamente al Signore

e chiedere come i primi discepoli

"Signore, insegnaci a pregare". Quindi comprendiamo bene che nella

preghiera si sviluppa quel rapporto di

intimità con il Signore il quale ci rende

suoi intimi quando ci dice "rimanete in

me ed io in voi". Ecco, questa recipro-

cità diventa il segno concreto, la condi-

zione di ogni autentica vita pastorale

ministeriale; è il segreto di un cristia-

nesimo veramente vitale ed è il segre-

to anche del nostro zelo, del nostro

entusiasmo; occorre che la preghiera

diventi per noi, in maniera del tutto

singolare, il punto qualificante di ogni

iniziativa, di tutta quanta la nostra vita

ministeriale, pastorale, di ogni cosa,

deve tornare ad essere prima in asso-

luto. Nei Vangeli troviamo un Gesù pubblico

e un Gesù direi, intimo. Il Gesù pubbli-

co è quello che storicamente svolge la

sua attività in favore degli ultimi, dei

poveri; istruisce, ammaestra, libera,

LA FONTE DEL MINISTERO PREGHIERA

Da una catechesi di P. Enzo Romano

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guarisce, ma c’è un Gesù che

poche righe del Vangelo descri-

vono. Essi parlano di un Gesù

che prega, di un Gesù intimo: è il Gesù nascosto. Ma sono questi

spiragli che ci parlano di questo

dialogo di Gesù con il Padre, spi-

ragli che si aprono e subito si

chiudono e ci presentano questo

Gesù che prega, ma tante volte

noi leggendo il Vangelo più facil-

mente facciamo attenzione ai

discorsi e agli insegnamenti e

sorvoliamo tanto spesso su que-

sto Gesù che prega, anche per-

ché le descrizioni sono così bre-

vi, contenute in poche righe, che

forse per questo passiamo oltre. Noi oggi vogliamo proprio getta-

re lo sguardo su questi "spiragli"

del Vangelo di Luca che notoria-

mente è l’evangelista che parti-

colarmente ci fa cogliere Gesù

immerso nella preghiera. Scrive Luca : "Mentre Gesù , ri-

cevuto anche Lui il Battesimo,

stava in preghiera, il cielo si

aprì, scese su di Lui lo Spirito

Santo". Per Luca, si direbbe, fu

la preghiera di Gesù a squarcia-

re i cieli e a far discendere lo

Spirito Santo su di Lui. Proseguendo, sempre al cap.5 di

Luca, leggiamo ancora: "Folle

numerose venivano per ascoltar-

lo e farsi guarire da Lui da ogni

infermità, ma Gesù si ritirava in

luoghi solitari e là pregava". Tro-

viamo questo "ma", questo av-

versativo che è veramente im-

pressionante e significativo per-

ché crea questo contrasto: da

una parte le folle che vengono

da Gesù per farsi guarire e

dall’altra Lui che si ritira in di-

sparte, non si lascia travolgere

dalla folla, riacquista questo suo

spazio per il dialogo con il Padre.

Un’altra volta, dice ancora lo

stesso Luca, Gesù se ne andò

sulla montagna e passò tutta la

notte in orazione, quando fu

giorno chiamò a sé i discepoli e

ne scelse dodici. Vediamo che è come se Gesù di

notte pregasse e di giorno faces-

se tutto quello che ha visto du-

r a n t e l a n o t t e .

Ogni sua azione, ogni sua attivi-

tà è sempre mossa da questa

preghiera continua che c’è in

Lui, questa preghiera che, come

dire, diventa il sottofondo di tut-

ta quanta la vita di Cristo e an-

che la Trasfigurazione di cui ci

parla il Vangelo, come il Battesi-

mo di cui ci parla S. Luca, è un

mistero della preghiera di Gesù :

"Gesù salì sul monte Tabor non

certamente per essere trasfigu-

rato, era salito lì solo per prega-

re, quella fu la sorpresa dello

Spirito, la sorpresa del Padre

che gli riservò in quel momento

la trasfigurazione, ma la motiva-

zione che sta alla base è che

Gesù è salito sul monte per rac-

c og l i e r s i i n p r e gh i e ra .

Così possiamo fare un’ analogia

tra questo Gesù che viene trasfi-

gurato sul monte e Gesù che va

nel deserto; noi pensiamo che

Gesù andò nel deserto per esse-

re tentato dal diavolo, ma nes-

suno andrebbe nel deserto pre-

sentato dal diavolo, Lui era an-

dato nel deserto per pregare,

per digiunare e approfondire la

Rivelazione del Padre e per com-

prendere la missione che Il Pa-

dre gli affidava, per prepararsi a

questa missione.

Diremmo noi oggi: andare nel

deserto, farsi un periodo di de-

serto per iniziare un nuovo cam-

mino, per riprendere il nostro

cammino; il ritirarci per rinvigo-

rire le forze e riprendere il no-

stro camminare. E’ molto bello riprendere questi

brani di Gesù che prega perché

è talmente straordinario quello

che avviene nella vita di Gesù,

nel volto di Gesù, nella persona

di Gesù che i discepoli vengono

colpiti da questa particolarità;

colgono Gesù che prega e lo col-

gono in una maniera talmente

straordinaria che si dicono l’un

l’altro: Ma noi fin’ora che cosa

abbiamo fatto? Non abbiamo

mai pregato! Se preghiera è

questa noi finora non abbiamo

mai pregato! Al punto che gli

chiedono: "Signore, insegnaci a

pregare!" E’ questo che nasce

come desiderio, come ardore nel

cuore dei discepoli e Gesù inse-

gnò loro la grande preghiera del

Padre Nostro, questa, direi, è un

fiotto, una vena di preghiera che

scaturisce dal cuore di Cristo e

viene consegnata ai discepoli e

quindi alla Chiesa. Il Gesù che prega è lo stesso

Gesù che illumina la scena del

Getsemani. Dice il racconto del

Vangelo: "Inginocchiatosi prega-

va"; una parola che descrive l’e-

sterno di Gesù

(inginocchiatosi) , un’altra che

descrive l’interno di Gesù

(pregava).La Tradizione si è

preoccupata di tramandare a noi

questa preghiera spontanea e

personale di Gesù, ma tutto

quanto lascia credere che Gesù

in questa preghiera della notte

aveva anche la preghiera di ogni

pio israelita cioè la preghiera tre

volte al giorno: al mattino al le-

var del sole, poi al pomeriggio

per il sacrificio che si innalzava

al tempio e la sera prima di ad-

dormentarsi.Indubbiamente Ge-

sù ha partecipato a questa pre-

ghiera liturgica del pio israelita,

a questa preghiera pubblica e

noi qui possiamo concludere che

se già a questi tre momenti della

sua giornata aggiungiamo le

notti in preghiera, quindi una

preghiera continua, troviamo un

Gesù che è immerso completa-

mente e continuamente nella

preghiera.

Possiamo, quindi, affermare che

nella vita di Gesù la preghiera è

il sottofondo che caratterizza la

sua vita.

E se a questo aggiungiamo i 30

anni di vita nascosta a Nazareth,

l’immagine che ne viene fuori è

l’immagine di un contemplativo

che ogni tanto viene fuori con

l’azione, piuttosto che quella di

un uomo di azione che ogni tan-

to si concede gli spazi di pre-

ghiera e di contemplazione. Credo che da questa prima parte

dobbiamo apprendere una gran-

de cosa: la nostra vita deve es-

sere permeata dalla preghiera

continua, non soltanto fissarci

qualche momento particolare,

ma tutto il nostro vivere deve

essere immerso nella preghiera

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a imitazione del nostro Maestro;

dobbiamo tornare a questa pre-

ghiera, alla preghiera continua,

sollecita come quella di Gesù.

Ecco, notte e preghiera, molto

spesso le troviamo associate nel-

la vita del Maestro; possiamo

dire con quelle parole di un poe-

ta che parla della notte "E’ la

notte che è continua e sono i

giorni ad essere discontinui, so-

no questi giorni che rompono la

notte mentre sono le notti ad

essere continue ".

Queste parole li possiamo appli-

care benissimo a Gesù, a chi più

di Lui e meglio di Lui si possono

applicare? L’attività, il servizio è questo ve-

nir fuori, di tanto in tanto, da

questo essere immerso nella

preghiera ma poi si ritira di nuo-

vo nella preghiera con il Padre,

come direbbe Ignazio di Antio-

chia: è la Parola uscita dal silen-

zio della Trinità col Padre.

Gesù nella sua predicazione, nel-

la sua attività taumaturga, esce

fuori da questa intimità, da que-

sta preghiera continua che ha

con il Padre e questa Parola, al-

lora, quando viene fuo-

ri opera perché è una Parola

creatrice; basta leggere il libro

della Genesi per sentire che que-

sta Parola esce dal silenzio di Dio

e crea; la Genesi così parla :

"Dio disse: E sia la luce!" e la

luce fu. E’ la Parola che esce dal

silenzio, dalla comunione, e Ge-

sù, che è in comunione con il Pa-

dre e con lo Spirito, quando

esce, col suo parlare opera e

quel suo agire immancabilmente

realizza.

Adesso entriamo in quello che è

il mistero della preghiera di

G e s ù . Cosa diceva Gesù quando pre-

gava? Noi siamo abituati a ve-

derlo così, ma notiamo una cosa

sorprendente da parte degli stu-

diosi della Bibbia cioè gli esegeti:

loro attestano che ogni volta che

Gesù pregava, ogni sua preghie-

ra conteneva al centro l’invoca-

zione di Dio come Padre, preci-

samente quella parolina aramai-

ca "Abbà", eccetto il momento

della croce quando lo sentiamo

gridare :"Dio mio, Dio mio, per-

ché mi hai abbandonato", lì sta

pregando con il salmo 22 ed è

l’unica volta in cui non trapela

questo "Abbà". Questa parola, che proviene pro-

prio dalla forma originale e che

gli stessi testi della Scrittura ri-

portano così senza cambiamenti,

è familiare ed è la lingua che Ge-

sù parlava nel suo quotidiano, è

quella che ha appreso fin dalla

tenera età. Questo vocabolo in-

fantile era tollerabile soltanto

sulla bocca di un bambino, in

nessuna parte della Tradizione

giudaica troviamo questa parola

utilizzata nei riguardi di Dio.

Gesù per la prima volta ci pre-

senta questa bellissima parola; è

la novità sconvolgente questa

preghiera di Gesù. Novità che

dipende anche dal fatto che chi

prega, questa volta, non è qual-

siasi uomo, ma è il figlio di Dio

stesso che, oltre a essere figlio

di Dio, si rivolge a Dio come al

papà "Babbino o Papino" , come

oggi i piccoli gridano al papà.

Oggi noi sappiamo che a guidare

questo grido nel cuore di Gesù è

lo Spirito Santo: "in quello stes-

so istante Gesù esultò nello Spi-

rito e disse "Io ti rendo lode, Pa-

dre, Signore del cielo e della ter-

ra" e qui "Padre" è la traduzione

d a l l ’ a r a m a i c o " A b b à " .

L’apostolo Paolo, in maniera lu-

minosa, conferma che è lo Spiri-

to Santo a suscitare nel cuore di

Gesù questo grido che riassume

tutta la sua preghiera che è det-

ta a volte in forma di invocazio-

ne, a volte di lode, a volte come

adesione, a volte come abbando-

n o .

Perché Paolo conferma questo?

Perché ci dice che quando lo Spi-

rito Santo sarà inviato da Gesù

su ogni cristiano ci farà gridare

"Abbà" e ce lo ricorda nella lette-

ra ai Galati: "Che voi siete figli

ne è prova il fatto che Dio ha

mandato nei nostri cuori lo spiri-

to del suo figlio che grida "Abbà

papà".

S. Agostino nota che lo Spirito

Santo non potrebbe gridare Abbà

perché lo Spirito Santo non è

figlio del Padre, procede dal Pa-

dre; se, dunque, lo Spirito Santo

può gridare "Abbà" è perché lo

spirito del Figlio nei giorni terreni

spingeva Gesù a pregare cioè

creava la preghiera dentro di Lui;

con un’altra espressione direm-

mo che lo Spirito Santo si è abi-

tuato a pregare in Gesù per po-

ter pregare poi dentro il cuore. Lo Spirito Santo voi sapete che è

Dio, purissimo spirito e nessun

uomo lo poteva ricevere, nessun

uomo potrebbe, infatti, contene-

re Dio né ricevere Dio nella sua

pienezza perché Dio ci sfugge;

direi quasi che l’incarnazione che

cosa è stata se non questo Dio

che si è voluto fare simile a noi,

eccetto il peccato, per abituare la

stessa divinità, lo stesso Spirito

Santo a vivere nel cuore di

ognuno di noi , a pregare e a

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A noi uomini viene concessa

questa grazia , di poter essere

luogo, abitazione di Dio, il Tem-

pio, come viene ricordato dalla

Scrittura "noi siamo tempio di

Dio", dimora , tabernacolo di

Dio. Lo Spirito Santo, quindi, deter-

minava questa preghiera dentro

Gesù e ogni volta che noi udiamo

il grido "Abbà" e questo grido è

veramente sincero, è all’opera lo

Spi ri to Santo dentro di

noi.Diceva ancora S. Agostino

che senza di Lui grida a vuoto

chiunque grida Abbà; noi lo pos-

siamo dire tante volte, come an-

che le nostre preghiere, se non

sono animate dallo Spirito di Cri-

sto noi diremo tante parole ma

non saremo ascoltati; siamo co-

me muti dinnanzi a Dio. Nella circostanza citata sopra

sentiamo dire a Gesù "Io ti rendo

lode, Padre, Ti benedico, Signore

del cielo e della terra", ma non

sempre fu così; la preghiera di

Gesù a volte non fu di esultanza,

fu a volte preghiera di angoscia

ed io credo che quelle notti, di

cui il Vangelo ci parla che Gesù

passava in orazione, fossero

molte più vicine alla notte del

Getsemani che a quella della Tra-

sfigurazione dove , il Vangelo ci

dice, Gesù fu felice sul Tabor e la

sua felicità trapelava dalla sua

persona rendendolo luminoso.

Ci sono state altre notti in cui

Gesù lottava, lottava per la no-

stra salvezza, lottava per fare il

volere del Padre; lo troviamo

proprio in quei giorni della Pas-

sione quando la lettera agli Ebrei

ci richiama il passo dei giorni

della sua vita terrena: "Gesù

compì preghiere e suppliche con

forti grida e lacrime. In quel mo-

mento si trova dinnanzi alla vo-

lontà di Dio e Gesù prega e pre-

ga come sentiamo con forti grida

e lacrime perché questo volere

del Padre si compia in Lui e an-

che lì vediamo ancora una volta

che lo Spirito Santo prega in Cri-

sto con "gemiti inesprimibili" ; è

una preghiera di lotta; è come

dire che lo Spirito Santo era con

Gesù nel Getsemani. Dobbiamo abituarci a vedere la

SS.ma Trinità nella nostra storia,

nel nostro vivere quotidiano, an-

che perché noi iniziamo la nostra

vita già immersi in questo miste-

ro sublime dell’Amore Trinitario,

cominciamo la nostra vita già

con quel primo segno del Batte-

simo. Quando il sacerdote viene

a imporre sul nostro capo e sulla

nostra fronte questo triplice se-

gno, il segno della croce, siamo

già consacrati, entriamo in que-

sta comunione ineffabile di Dio;

siamo abituati a guardare a que-

sto mistero trinitario come mi-

stero che riguarda i teologi, di-

ciamo: "Sì, ci credo, però poi mi

viene la confusione" ecc. e non

sempre lo vediamo all’opera in-

vece dobbiamo vedere questo

Dio all’opera che coinvolge il no-

stro vivere. Pensate: tutti i sacramenti sono

dati nel Nome del Padre, del Fi-

glio e dello Spirito Santo. Nel

Battesimo noi rinasciamo a vita

nuova nel nome della Trinità, nel

matrimonio inizia la vita di amo-

re nel nome del…..; il sacerdote

viene consacrato…; riceviamo

l’unzione nella Cresima che ci

abilita ad essere testimoni nel

nome del …

Tutta la nostra vita si svolge alla

luce della SS.ma Trinità e conclu-

diamo la nostra vita (quando ab-

biamo la fortuna di avere un sa-

cerdote o qualcuno che prega)

…."Parti anima cristiana da que-

sto mondo verso il Padre che ti

ha creato, verso il Cristo che ti

ha redenta, verso lo Spirito San-

to che ti ha santificato"; per cui

usciamo dalla Trinità, viviamo

nella Trinità e torniamo alla Trini-

tà! Ecco, è un mistero meraviglioso

e questo mistero ha coinvolto

tutta la vita di Gesù, tutto il suo

vivere, quindi nel Getsemani an-

che la Trinità è presente nella

storia di Cristo e mai come sulla

Croce la Trinità è insieme con

Gesù per cui Gesù sulla croce è

inchiodato dalla volontà del Pa-

dre e lo Spirito Santo era anche

lui nel Getsemani e fu Lui il pri-

mo a tirare fuori dal cuore di Cri-

sto quel grido "Abbà, come vuoi

tu non come voglio io; sia fatta

la tua volontà!" . Sull’esempio di Gesù, quindi,

dobbiamo tornare a pregare in-

cessantemente e a pregare nello

Spirito, se vogliamo rinnovare la

nostra preghiera. Pietro ricorda,

ed è la prima cosa che si riserva

nel suo inizio della vita della

Chiesa : "Noi ci dedicheremo alla

preghiera e al ministero della

Parola. Dobbiamo tornare alla preghiera

incessante, alla preghiera nello

Spirito, personale che tanti tra-

scurano e se vediamo affievolirsi

gli entusiasmi, vediamo che il

nostro Gruppo "arranca", è per-

ché manca la preghiera persona-

le.

Dobbiamo quindi tornare alla

preghiera "personale", questo è

importante : dobbiamo ridare il

potere a Dio perché Dio deve

stare al centro della nostra vita e

dobbiamo noi ruotare attorno a

Lui; vedremo allora che le cose

cominceranno ad andare per il

giusto verso; veramente vedre-

mo che proseguiremo in un cam-

mino più spedito e cominceremo

a crescere nella santità.

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Pagina 5 CI TT A DI NI DE LLO S PI R IT O

Dal Catechismo della Chiesa Cattolica ( compendio)

Messaggio del 2 AGOSTO 2017

I nostri appuntamenti

Lunedi ore 20,30 Preghiera di lode

Giovedì ore 10,30 Adorazione (Sorriso)

Domenica 11 ottobre ore 18 RnS in concerto

Chiesa di SS.Ippolito e Lucia Fiumicino

Domenica 22 ottobre Convegno Regionale

Come si è comportato Gesù verso la Legge di Israele?

Gesù non ha abolito la Legge data a Mosè sul Sinai, ma l’ha portata a compimento dandone

l’interpretazione definitiva. E’ il Legislatore divino che esegue integralmente questa Legge.

Inoltre egli, il Servo fedele, offre con la sua morte espiatrice il solo sacrificio capace di redime-

re tutte “le colpe commesse dagli uomini sotto la prima Alleanza”(Eb 9,15).

"Cari figli, per volontà del Padre Celeste, come Madre di Colui che vi ama,

sono qui con voi per aiutarvi a conoscerlo, a seguirlo. Mio Figlio vi ha lasciato le

impronte dei suoi passi, perché vi fosse più facile seguirlo. Non temete, non siate

insicuri. Io sono con voi! Non fatevi scoraggiare, perché sono necessari molta

preghiera e sacrificio per quelli che non pregano, non amano e non conoscono

mio Figlio. Aiutateli vedendo in loro dei vostri fratelli. Apostoli del mio amore,

prestate ascolto alla mia voce in voi, sentite il mio materno amore. Perciò pre-

gate: pregate operando, pregate donando. Pregate con amore, pregate con le

opere e con i pensieri, nel nome di mio Figlio. Quanto più amore darete, tanto

più ne riceverete. L’amore scaturito dall’Amore illumina il mondo. La redenzio-

ne è amore, e l’amore non ha fine. Quando mio Figlio verrà di nuovo sulla terra, cercherà l’amore nei

vostri cuori. Figli miei, lui ha fatto per voi molte opere d’amore. Io vi insegno a vederle, a comprenderle e

a rendergli grazie amandolo e perdonando sempre di nuovo il prossimo. Perché amare mio Figlio vuol

dire perdonare. Non si ama mio Figlio, se non si riesce a perdonare il prossimo, se non si riesce a cercare

di capire il prossimo, se lo si giudica. Figli miei, a cosa vi serve la preghiera, se non amate e non perdo-

nate?

Vi ringrazio! "

BENEDIZIONI a… Anna Maria 8/9

Luana 13/9

Patrizia 29/9

Stefano 26/10

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NU M ER O 8 3 Pagina 6

“Non desiderare la roba del tuo prossimo” Cagliari, 28 giugno 2013 – Arena , S. Elia

Dagli Scritti della beata Giuseppina Nicoli, della beata Maria Gabriella Sagheddu, della serva

di Dio Edvige Carboni.

“Non desiderare la roba degli altri”

Noi riconosciamo che Dio è amore e che mai arriveremo a capire abbastanza il suo amore. Un

amore che arde, incendia, che sempre infonde conforto e speranza. Noi apparteniamo a Dio.

Per questo, se non indirizziamo a Dio i nostri pensieri, i nostri desideri, i nostri affetti, noi ru-

biamo ciò che gli appartiene.

“Non desiderare la roba degli altri”

La pratica delle piccole virtù ci libera dall’orgoglio, dalla pigrizia , dall’ambizione. Il vero va-

lore delle nostre azioni è dato dall’intenzione e dall’affetto del cuore, e si riconosce in quella

semplicità che non cerca i motivi del comando, in quella generosità che non fa distinzione tra

comando e desiderio, in quell’umiltà che non ha riguardo se non per Dio.

“Non desiderare la roba degli altri”

Noi navighiamo contro la corrente di un fiume. Se non riesci ad andare avanti, non dire: “Non

faccio niente”. Se non facessi niente saresti trasportato dalla corrente. Se sei sempre lì, è perché

lotti contro la corrente e ti arricchisci di meriti. Non lasciamoci abbattere. Le stesse nostre de-

bolezze e miserie debbono accrescere la nostra fiducia in Dio. Fai quello che puoi, con gioia e

tranquillità.

“Non desiderare la roba degli altri”

Tutto passa, si lasciano persone e luoghi, ma Dio è dappertutto! Chi confida in Dio, chi si ab-

bandona alla Provvidenza, non è mai deluso. Diffidare di noi e confidare in Dio: ecco il segreto

per riuscire bene. E poiché Dio ci ha amato senza misura, non mettiamo limiti alla carità verso i

nostri fratelli: l’amore di Dio è misura dell’amore del prossimo; e l’amore del prossimo è misu-

ra di quello di Dio. La carità ci fa volare, giubilando.

MIRACOLI EUCARISTICI: Il miracolo di Sant’Antonio (1227)

Sant’Antonio coinvolto in una disputa con eretici che negavano la Presenza Reale di gesù

nell’Eucarestia e che pretendevano di vederne una prova inconfutabile, promise un miracolo: la

mula di uno di loro dopo tre giorni di digiuno alla biada avrebbe preferito inginocchiarsi davan-

ti all’Ostia consacrata, riconoscendovi il Corpo di Cristo. Per tre giorni, Antonio si ritirò nel

suo convento a pregare e digiunare. Il giorno stabilito il miracolo si realizzò e il padrone della

mula si convertì.

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Carissimi fratelli eccoci oggi a parlare della co-

scienza, una dimensione della persona che i testi

antichi chiamano "CUORE" .

Il cuore della persona non è semplicemente l'ani-

mo o la sede dei sentimenti, essa è il centro dove

percepiamo il mondo e il centro dove elaboriamo

tutti i messaggi che ci arrivano sia da dentro di noi

interni che dall’esterno ed è il centro di decisione

e di avvio di tutti i comportamenti della persona, è

il luogo dove diamo il permesso o meno a fare o

non fare qualcosa.

Il cuore è la coscienza dunque: in essa ognuno

costruisce la propria identità e da essa ognuno è

chiamato a realizzare tale identità attraverso i pro-

pri comportamenti.

Uno dei capolavori che il Concilio Vaticano II ha

prodotto è il documento pastorale sulla Chiesa nel

mondo, Gaudium et Spes (le gioie e le speranze)

che è, come scrive il Vescovo don Tonino Bello,

una poesia d’amore …. della Chiesa verso l’uma-

nità: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le ango-

sce degli uomini di oggi, dei poveri soprattutto e

di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le

speranza, le tristezze e le angosce dei discepoli di

Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che

non trovi eco nel loro cuore». Con questo grandio-

so avvio della costituzione pastorale, spiega don

Tonino «la Chiesa planava dai cieli della sua di-

sincarnata grandezza e sceglieva di collocare defi-

nitivamente il suo dominio sul cuore della terra.

E’ come se avesse annullato di colpo la barriera

di secolari distanze, accettando di diventare coin-

quilina degli stessi condomini abitati dai comuni

mortali. Ha rinunciato spontaneamente per sem-

pre a quella zona di rispetto creatale da antichi

prestigi: non per timore della sua solitudine, ma

preoccupata della solitudine degli uomini. La

Chiesa sembra dire al mondo così: d’ora in poi, le

tue gioie saranno le mie; spartirò con te il pane

amaro delle identiche tristezze, mi lascerò coin-

volgere dalle tue stesse speranze, e le tue angosce

stringeranno pure a me la gola con l’identico

groppo di paura». Che bello sentire queste parole,

sembrano parole detta da una madre ad un figlio,

parole di una madre che dice al figlio io cammino

insieme a te, io soffro e gioisco con te e ti aiuterò

a crescere.

E questo aiuto la madre Chiesa ce lo dà con le pa-

role dei padri conciliari in quali hanno detto co lo

stesso amore ….. nell'intimo della coscienza l'uo-

mo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla

quale invece deve obbedire.

Questa voce, che lo chiama sempre ad amare, a

fare il bene e a fuggire il male, al momento op-

portuno risuona nell'intimità del cuore: fa que-

sto, evita quest'altro. (Gaudium et Spes nr. 16)

L'uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro

al cuore; obbedire ad essa è la dignità stessa

dell'uomo, e secondo questa egli sarà giudicato.

La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario

dell'uomo, dove egli è solo con Dio, la cui voce

risuona nell'intimità, il giudizio ultimo che sug-

gerisce a ogni singola persona se la sua azione

concreta è buona oppure cattiva, se si deve

compiere o evitare.

La coscienza ci consente di emettere un giudizio

pratico circa la moralità dei suoi atti individuali, è

nella coscienza che facciamo l’esperienza morale,

la coscienza morale è come una "voce interiore",

che esorta e incoraggia, inquieta e interroga,

rimprovera e accusa, approva e loda.

In poche parole la coscienza fa sentire la soddisfa-

zione per il bene compiuto, e il rimorso per il ma-

le fatto.

« Liberarsi la coscienza di un peso »; « Avere, la

coscienza a posto »; « Agire secondo coscienza »;

« Avere uno scrupolo di coscienza», «avere la co-

scienza sporca»: sono tutte espressioni che indica-

no che c’è qualcosa interiore, capace di «sentire e

valutare» la qualità morale di ogni nostra azione.

È importante sottolineare tre cose circa la co-

scienza.

1. essa non crea la legge morale, che già esiste, la

deve solo applicare;

2. è fondamentale che applichi la legge morale in

modo corretto. Non è esatto usare il termine co-

scienza retta per indicare la buona fede di una per-

sona che oggettivamente sbaglia, ma è nella con-

vinzione di agire bene, in questo caso si dovrebbe

parlare di buona coscienza. 3. La coscienza può essere erronea e quindi può

sbagliare

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Arriviamo al dunque! questo sentire e valutare,

deve essere formato rettamente, deve essere una

coscienza non negligente nella ricerca della volon-

tà di Dio. Non dimentichiamo che il bene, per me

è vincolante nella misura in cui lo percepisco e ne

vengo a conoscenza: si afferma così il primato del-

la coscienza retta.

È importante la formazione di una coscienza retta

perché altrimenti risulta irrealizzabile la costruzio-

ne dell’uomo. L’obiettivo di avere una coscienza

retta coinvolge tutta la persona, perché implica

l’intera condotta di vita. È un traguardo che si ot-

tiene solo se si possiede una volontà inclinata ad

attuare il bene. Il fatto che l’uomo abbia una co-

scienza retta è molto importante. Porsi il proble-

ma di cosa sia gradito al Signore è già un atto

buono al cospetto di Dio. È questo il primo e radi-

cale atteggiamento di disponibilità nei confronti

della verità, perché la ricerca è già una scelta che

ha valore morale.

La formazione della coscienza morale è un per-

corso che ognuno è chiamato a compiere essa si

forma insieme con la comunità di appartenenza,

attraverso il dialogo ed il confronto, l'apertura alla

crescita comunitaria.

Bisogna assolutamente evitare di fare della propria

coscienza un oracolo interiore, privato, incomuni-

cabile, chiuso ad ogni dialogo. La formazione del-

la coscienza costituisce anche una importante re-

sponsabilità sia dal punto di vista dei formatori

(educatori, famiglia, scuola), sia del singolo sog-

getto che deve avere cura di questa formazione.

Naturalmente la formazione della coscienza passa

anche attraverso il rispetto della coscienza, altrui,

che tuttavia non esclude un dovere di collabora-

zione all’azione maturante della coscienza nella

verità (aiutiamo chi ne ha bisogno a maturare la

coscienza in modo retto!). Non va dimenticato

che il rispetto della coscienza non è assoluta-

mente in antitesi con la proclamazione della ve-

rità. Questo è il senso di quella che si può definire

correttamente libertà di coscienza.

La coscienza matura è quindi quella coscienza che

ricerca e agisce secondo la volontà di Dio, anche

nella prospettiva della propria formazione. Questa

maturità di coscienza l’uomo può acquisirla attra-

verso l’ascolto e l’obbedienza alla voce dello Spi-

rito: è lui il vero maestro nelle vie del bene (“Il

consolatore vi ricorderà ogni cosa che vi ho detto e

vi guiderà alla verità tutta intera”). Ma facilmente

l’uomo rischia di non cogliere la vera voce dello

Spirito, viste le tante voci che raccoglie. Per que-

sto l’uomo ha bisogno di strumenti e di guide che

lo aiutino in questo cammino di discernimento del-

la voce di Dio. I principali maestri ‘esterni’ sono la

Divina Rivelazione (Scrittura, Tradizione, Magi-

stero) e l’esperienza umana in cui lo Spirito si

esprime .

Il compito di guidare il comando della coscienza

in modo retto è affidato alla virtù della prudenza,

un retto ragionamento sulle azioni da compiere, il

primo dovere morale a cui la coscienza ci invita è

il discernimento. Agire senza discernimento è

sempre un male morale. La previsione delle conse-

guenze delle nostre azioni fa parte del discerni-

mento.

Questa semplice riflessione ci porta a dire che il

discernimento, l'interpretazione della situazio-

ne in cui siamo chiamati ad agire in rapporto al

senso della nostra vita, la valutazione delle con-

seguenze delle nostre scelte, è indispensabile per

raggiungere un retto giudizio di coscienza.

Cari fratelli ci fermiamo qui per ora arrivederci al

prossimo appuntamento

In Gesù e Maria

Cono