La Finanza Islamica : quadro storico e prospettive in Italia · 2016-02-16 · 3 1. D EFI NIZIONE E...

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Università della Calabria Dipartimento di Scienze Aziendali e Giuridiche Corso di Laurea in Economia Aziendale Tesi di Laurea Magistrale La Finanza Islamica: quadro storico e prospettive in Italia Relatore Candidato Prof. Renato Sansa Youssef Anis Anno Academico 2013/14

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Università della Calabria

Dipartimento di Scienze Aziendali e Giuridiche

Corso di Laurea in Economia Aziendale

Tesi di Laurea Magistrale

La Finanza Islamica: quadro storico e prospettive in

Italia

Relatore Candidato

Prof. Renato Sansa Youssef Anis

Anno Academico 2013/14

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INDICE

INTRODUZIONE………………………………………………………………………………………..…..1

1.DEFINIZIONE E STORIA DELLA FINANZA ISLAMICA………………………………………….….......3

1.1 Premessa al capitolo primo……………………………………………...........................3

1.2. Storia e sviluppo della finanza islamica…………………………………..………...4

1.3 Le grandi date significative della finanza islamica contemporanea….......5

1.4. Le principali fonti della finanza islamica………………………………..................8

2. I PRINCIPI FONDAMENTALI DELLA FINANZA ISLAMICA……………………….....16

2.1.Introduzione……………………………………………………………………….………....16

2.2. Ricchezza lavoro e proprietà……………………………………………….…………17

2.3. Una visione etica del mondo………………………………………………….……….18

2.4. L’impresa e le politiche di massimizzazione di profitto…………..………..19

2.5. Ruolo della moneta nella finanza Islamica……………………………….……..21

2.6. Al Halal e Al Haram (lecito e illecito………………………………………….…….23

2.7. Al Riba (proibizione dell’interesse)……………………………………….…….....24

2.8. Al Gharar……………………………………………………………………………………...28

2.9. Al Mayssir…………………………………………………………………………………….31

2.10. Al Zakat (l’elemosina rituale)………………………………………………………32

3.I PRODOTTI FINANZIARI ISLAMICI…………………………………………………….…….36

3.1. Tecniche finanziarie equity-based………………………………………………...36

3.1.1. Al Mudarabah………………………………………………………………..………36

3.1.2. Al Musharakah……………………………………………….……………..……….37

3.1.3. Differenze fra il contratto di Musharakah e Mudarabah………....39

3.2 Tecniche finanziarie debt-based…………………………………………………….40

3.2.1 Al Murabahah………………………………………………………………….……40

3.2.2 Contratto Salam………………………………………………………………….....41

3.2.3. Contratto di Istisna……………………………………………………………….42

3.2.4. Il contratto di leasing…………………………………………………………….43

3.3. I Sukuk…………………………………………………………………………………….…..45

3.4. Funzionamento dei Sukuk……………………………………………………....….....48

3.5. Tipologia di Sukuk ………………………………………………………………….…...48

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3.5.1. L’istisna sukuk…………………………………………………………….………..48

3.5.2. Sukuk Ijarah…………………………………………………………………………49

3.5.3. Sukuk Mudarabah, Musharakah, Murabaha………………………..…..49

3.6. Il contratto assicurativo: Takaful…………………………………………………51

3.6.1 Introduzione all’assicurazione islamica Takaful………………….…51

3.6.2 Lo sviluppo dell’assicurazione Islamica…………………………………52

3.6.3 L’operatività globale dell’assicurazione takaful……………………...52

3.6.4. Schema operativo dell’assicurazione takaful……………….……...…53

3.7 Confronto fra il modello occidentale e islamico………………………..…….54

4. LA GLOBALIZZAZIONE DELL’ISLAMIC BANKING E DEL SISTEMA FINANZIARIO

ISLAMICO………………………………………………………………………………….……….………59

4.1 Sviluppo globale………………………………………………………...……..………….59

4.2 Le banche e finanza islamica……………………………………………...………….62

4.2.1 I Casi di successo…………………………………………………………………….62

4.2.1.1 Arabia Saudita……………………………………………………..……………….62

4.2.1.2 Bahrain……………………………………………………….……………………….64

4.2.1.3 Iran……………………………………………………………..………...…………….67

4.2.1.4 Pakistan ………………………………………………………………………………68

4.2.1.5 Sudan…………………………………………………………………………………..69

4.3 Islamic Banking e finanza nel nord Africa……………….…………….….…… 70

4.4 Islamic banking e finanza in Europa…………………………………........…….. 73

4.4.1 Il Regno Unito………………………………………….................................………75

4.4.2 Francia…………………………………………………………………………...………80

4.4.3 Germania……………………………………………………………………..…………82

4.4.4. Spagna ………………………………………………………………………………….84

4.5 Performance delle istituzioni di finanza islamica per l’anno 2013.

Un esempio dagli Stati Uniti ………………………………………..……..…………85

5. LA FINANZA ISLAMICA IN ITALIA…………………………………………………….………88

5.1. Istituzioni finanziarie islamiche e ordinamento italiano……….…...…..93

5.2. La finanza islamica: una soluzione possibile alla crisi……………..…….97

CONCLUSIONI……………………………………………………………………………………...…….100

GLOSSARIO……………………………………………………………………………………….…...103 Bibliografia………………………………………………………………………………………….…106 Sitografia…………………………………………………………………………………….……….…109

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INTRODUZIONE

Nello stesso momento in cui l’economia occidentale affronta una delle crisi più

devastanti della storia recente, nata come crisi dei “subprimes”, il sistema finanziario

detto “sistema islamico” continua a realizzare un tasso di crescita molto importante e

sembra essere immunizzato contro questo virus di “crisi generale” che si sta

diffondendo in tutto il mondo. In effetti, dalla caduta del muro di Berlino fino ai giorni

d’oggi, “il capitalismo occidentale” sembrava un mito indistruttibile: il trionfo

incontestabile di un sistema economico perfetto presentato al mondo come invincibile.

La crisi del 2008 ha dimostrato che la stessa “mano invisibile” di Adam Smith

e i diversi meccanismi del sistema finanziario attuale, hanno contribuito a causare il

fallimento di un intero stato come la Grecia. Dopo il fallimento di alcuni fondi di

investimento, poi successivamente quello delle banche internazionali e infine il

fallimento di alcuni Stati, oggi è il turno dell’economia reale che subisce le conseguenze

di un sistema finanziario che sembra aver perso la ragione. La crisi dei subprimes ha

messo in evidenza un’assenza di moralità e la finanza islamica potrebbe avere un

opportunità di sviluppo in questo ambiente, mettendo appunto l’accento sugli aspetti

religiosi morali ed etici.

La finanza islamica sembra essere, in effetti, l’unico modello finanziario

alternativo che esiste e che potrebbe affiancarsi al sistema capitalista. Il sistema

islamico presenta elementi innovativi e una certa flessibilità che purtroppo il sistema

occidentale ha perso. Tuttavia, malgrado l’interesse crescente dedicato al sistema

finanziario islamico, quest’ultimo rimane in buona parte sconosciuto agli individui

comuni, ma anche ai professionisti della finanza, soprattutto italiani.

Il presente lavoro di tesi è articolato su tre punti principali:

Nella prima fase verrà fatta una presentazione generale della finanza

islamica, con una breve proiezione storica sulla nascita e i contesti di sviluppo storico.

Punteremo l'attenzione sulle fonti principali della finanza islamica essa e sui suoi

fondamenti religiosi e economici.

Nella seconda fase, definiremo i principi generali della finanza islamica

trattando gli aspetti più tecnici. Saranno quindi presentati i contratti e gli strumenti

finanziari della finanza islamica. Sarà, poi, analizzata, in maniera dettagliata, la

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diffusione geografico del sistema finanziario islamico, prendendo come riferimento i

Paesi del Medio Oriente in cui sono nate le prime strutture finanziarie, conformi alla

legge islamica detta "Sharia". Si osserverà in seguito la crescita di questo strumento sia

in Nord Africa che in Europa e gli ostacoli che si oppongono a una sua globalizzazione.

Infine affronteremo il caso dell’Italia, analizzando il ruolo che potrebbe

giocare un sistema etico, nella fase di ricostruzione dell’economia del Paese, in questo

momento di crisi di “fiducia “.

La finanza islamica è considerata un’industria relativamente giovane, con

elevato tasso di crescita, condizione che ha permesso di attirare l’attenzione di molti e di

farne un soggetto comunemente discusso. Le sfide e le opportunità che presenta un tale

sistema finanziario, ha fatto sì che, negli ultimi anni, la presenza delle banche islamiche

sui mercati europei sia diventato un fenomeno molto diffuso.

Malgrado il fatto che in tutta l’Europa l’adozione di questo sistema si sta

ampiamente confermando, in Italia si sta ancora discutendo sulla possibilità di stabilire

sul territorio, una prima banca islamica, malgrado le molte dichiarazioni degli

investitori favorevoli a una finanza etica e religiosa. In Italia, persiste una visione

negativa della finanza islamica, considerata esclusivamente riservata ai musulmani,

allorché la comunità islamica è considerata una minoranza sul territorio italiano.

Dell’altro canto, quello che impedisce l’entrata della finanza islamica nel

sistema finanziario italiano, è la forte e ristretta lobby bancaria italiana con una forte

posizione di monopolio delle banche convenzionali e l’assenza di un intervento

legislativo che servirebbe a introdurre sul mercato gli strumenti fondamentali del

sistema finanziario islamico, come è successo nel passato in UK.

L’Italia, caratterizzata anche da una piccola rete di istituzioni finanziarie a

vocazione etica su tutto il territorio. Quest’ultime sembrano essere un candidato naturale

per lo sviluppo del settore islamico. La sua posizione geografica, tra l’altro, le potrebbe

permettere di giocare un ruolo importante che consiste in una finestra di apertura dell'

Occidente, sul Nord Africa e il Medio Oriente e instaurare in questo modo una nuova

era economico-finanziaria.

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1. DEFINIZIONE E STORIA DELLA FINANZA ISLAMICA

1.1 Premessa al capitolo primo

La finanza islamica è in continua e rapida crescita: in particolare si registra un

tasso di crescita annuo per gli attivi bancari islamici del 24% rispetto ad un 15% di

crescita totale. La ricchezza di questo sistema è stimata in 1.7 miliardi di dollari e conta

circa 400 istituti e uffici che ne costituiscono il tessuto economico. In 70 paesi in tutto il

mondo il sistema islamico è già operativo. Il Pil musulmano è pari a circa il 7,4%,

mentre l’attività bancaria rappresenta l' 1% degli attivi bancari globali.

Per questi dati molto significativi e altri (settore in rapida espansione con

recenti tassi di crescita tra il 10% e il 15% annuo), la finanza islamica attira l’intenzione

di tanti economisti. Nel 2008, all’inizio della crisi economica, si è parlato spesso della

“mancanza di adeguate regole” come una delle cause che hanno contribuito a scatenare

la crisi. La finanza islamica invece sembra averle trovate e le sue istituzioni sono

riuscite a stare in piedi mentre l’uragano della crisi ha colpito pienamente l’intera

economia mondiale.

Alcuni economisti musulmani, si dimostrano ottimisti e pensano che in un

futuro recente quasi la metà del pianeta sarà sotto la direzione della finanza islamica. Un

progetto molto ambizioso ma non impossibile, se studiamo da vicino i passi da gigante

che ha realizzato fino ad oggi il sistema islamico. Infatti, dai primi anni ‘70, quando fu

creata la prima banca islamica, la finanza islamica è stata in perpetua trasformazione: da

semplici banche commerciali, prive di interesse, a una nuova generazione di istituti

finanziari islamici, più innovativi, che rispondono in modo più efficace alle sfide

economiche e sociali dell’attualità. La BID (Islamic Development Bank) creata nel

1975, rappresenta la prima istituzione internazionale, che ha l’obiettivo di controllare e

aiutare i paesi membri a sviluppare la loro economia. L’istituzione conta oggi 56 paesi

membri.

La finanza islamica sembra poter contenere tutti, poveri e ricchi deboli e forti,

e operare per il bene globale dell’economia. Questa affermazione sembra essere

paradossale, soprattutto quando si sentono le dichiarazioni dei politici che affermano

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che l’Islam è incompatibile con il nuovo ordine mondiale emerso dopo la guerra fredda.

Poiché la domanda principale è: come un sistema medievale potrà essere decisivo in un

epoca rivoluzionaria e di high-tech? Come un sistema basato sulla proibizione degli

interesse sarà in grado di competere con un altro che si basa sugli interesse?

1.2. Storia e sviluppo della finanza islamica

Contrariamente a quello che si immagina, le prime basi della finanza islamica

risalgono al tempo del profeta Muhammad (pace e benedizione su di lui). Infatti sin da

subito, dopo essere immigrati dalla Mecca1 alla Medina

2, i musulmani hanno creato il

loro proprio mercato in modo tale da poter dare un’autonomia economica alla loro

società. La legislazione “sacra” contribuì a rafforzare questa autonomia, dettando alcune

pratiche come Al Azzakat (l’elemosina o tassa islamica) che svolse un ruolo importante

nella circolazione della moneta e nella diffusione di principi di giustizia sociale e di

cooperazione comunitaria. La proibizione del prestito a interesse impedì l’accumulo di

capitali nelle mani di una minoranza di individui, uno degli obiettivi della legislazione

musulmana.

In seguito, nei quattro secoli che separano la morte di Maometto (632 d.C), la

prima generazione dei seguaci del profeta (pace e benedizione su di Lui) (chiamati Al

Sahaba cioè i compagni del profeta) continuò ad applicare queste regole nei loro

rapporti commerciali. Le generazioni successive, in risposta alla complessità dei

rapporti commerciali sempre in estensione, svilupparono le loro attività in conformità

con la Sharia (legislazione musulmana). In questo modo furono definiti i primi principi

delle operazioni finanziarie che sarebbero poi diventate la spina dorsale del concetto di

economia Islamica contemporanea.

Nel corso dei secoli, diversi studiosi affrontarono le difficoltà che si erano

manifestate nello svolgimento delle attività economiche, cercando sempre di proporre

1 La Mecca è una città dell’Arabia Saudita Occidentale, situata nella regione dell’Hegiaz.

2 Medina è una città dell'attuale regione saudita del Hijāz, nella penisola araba. Il trasferimento di

Maometto e dei suoi fedeli a El Madiana, si realizzò a partire dal 16 luglio 622, data ricordata

dai musulmani come inizio dell’”Egira”, perciò i musulmani la chiamarono Madīnat al-Nabī, la città del

Profeta.

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soluzioni in conformità con la legge islamica. I loro lavori di ricerca furono per la prima

volta pubblicati, alla fine del X secolo, e costituirono le primi fonti di riferimento per la

finanza islamica; tali libri trattavano l’economia di Stato, il modo di ottenere e spendere

il denaro. Inoltre, gli studiosi hanno cercato di definire ciò di cui le persone avevano

bisogno nei loro rapporti economici, stabilendo quelle che poteva essere considerato

lecito e illecito.

Lo studio delle transizioni finanziarie nello Stato islamico, permette di

constatare un grande sviluppo e una grande varietà di operazioni che lo caratterizzano,

sin dall’inizio dell’espansione della società araba, come la vendita, i contratti, il

trasferimento di depositi, le fonti della tesoreria statale , etc. La proibizione dell’usura

resta una delle caratteristiche rilevanti dei commercianti musulmani che, insieme alla

loro generosità, ha permesso loro di interagire, con popolazioni locali di un impero

esteso dalla Spagna all’India.

A partire dal ‘700, il declino dell’influenza politica del mondo musulmano e la

debolezza dell’impatto economico dei musulmani hanno prodotto cambiamenti

strutturali; i paesi colonizzati furono indotti ad adottare il modello economico

occidentale.

1.3. Le grandi date significative della finanza islamica contemporanea

La finanza islamica come è conosciuta oggigiorno ha visto la luce nel 1970.

Infatti, nel 1963 nacque la prima cassa di risparmio islamica. Questo avvenne nella città

egiziana di Mit Ghamr, grazie all’opera dell’economista egiziano Ahmad El Naggar. La

popolazione locale, molto religiosa, aveva espresso sfiducia nei confronti delle banche

convenzionali. Per questo si decise di formare un sistema di supporto creditizio

musulmano per soddisfare le loro esigenze. Inizialmente, non era considerato come un

sistema islamico nel senso proprio della parola, ma solo un gruppo di agricoltori che

intendevano unire le loro risorse finanziarie. La cassa di risparmio, che era la prima del

suo genere nel mondo musulmano, beneficiò di una grande parte del reddito degli

abitanti del villaggio. Fedeli ai loro principi, non praticavano tasse di usura su nessuna

pratica di prestito o di deposito effettuata, favorendo invece gli investimenti di capitale e

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i finanziamenti diretti. In questo senso possiamo dire che sono stati definiti i primi

pilastri della finanza islamica moderna. Malgrado il successo di questa esperienza, essa

fu fermata per motivi politici dopo solo quattro anni di vita. Questa iniziativa ha ispirato

la creazione dei primi veri modelli di finanza islamica.

Nel 1969, La Malaysia creò un fondo di supporto islamico chiamato Tabung

Haji. Questo fondo è ancora attivo e gioca un ruolo importante nel finanziamento dei

pellegrini in Malaysia. Nello stesso 1969, fu creato il Dallah Albaraka Group. Un

assieme di aziende potente di cui fa parte Albaraka Banking Group specializzato nel

retail banking e nell’investment banking. Nel 1970, data ritenuta molto significativa,

l’Egitto partecipò alla conferenza dei ministeri degli affari esteri arabi, tenuta nel marzo

dello stesso anno a Djedda, città dell’Arabia Saudita; in questa circostanza si propose la

creazione del Segretariato Generale dell’Organizzazione della Conferenza Islamica

(OCI). Durante un secondo incontro tenutosi a Karatchi nel Pakistan nel dicembre 1970,

l’Egitto propose per la prima volta la creazione di una banca islamica o una federazione

di banche islamiche.

Nel 1972, assistiamo alla creazione della Nacer Social Bank, si tratta della

prima banca destinata alla classe povera in Egitto. L’idea era di proporre dei servizi

bancari diversi: servizi relativi alla classica banca convenzionale insieme a uno sportello

per servizi riguardanti operazioni relativi alla finanza islamica. I primi servizi islamici

offerti erano la distribuzione della Zakat (tassa islamica) e il finanziamento dei

pellegrini.

In sintesi si può dire che le prime pratiche finanziarie conformi alla

giurisprudenza islamica, sono state avviate nei primi anni ‘70. Questa iniziativa

dell’OCI ha stimolato nel 1973 la fondazione della Islamic Development Bank che

iniziò la sua attività durante l’anno successivo. Nel 1975 seguirono nascite di altre

banche islamiche come la Kuwait Finance House , la Dubai Islamic Bank e la Bharein

Islamic Bank. Negli anni Ottanta e dopo il crollo delle borse asiatiche del 1997,

continuarono a fiorire numerose iniziative che hanno portato fino all’islamizzazione

totale dei sistemi finanziari di alcuni paesi. Il primo ministro della Malesia Mohamad

Mahathir rifiutò l’intervento del Fondo Monetario Internazionale e si impegnò a

costruire un sistema finanziario alternativo ispirato alla Sharia. Il Pakistan nel 1979

decise di assoggettare il suo sistema bancario alle regole della finanza islamica. Nel

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1983, i poteri pubblici del’IRAN in concordanza con gli obiettivi della rivoluzione del

1979, annunciarono l’adozione del modello Islamico in tutti i settori anche nell’ambito

finanziario e bancario. Numerosi sono stati i paesi che hanno successivamente seguito

queste iniziative (Arabia Saudita, Indonesia, Malaysia).

Negli anni novanta l’interesse per la finanza islamica coinvolse anche le

istituzioni e i mercati dei paesi occidentali: alcune banche convenzionali inaugurarono

sportelli islamici all’interno dei proprie sussidiarie operanti nell’area o costituirono

delle filiali interamente sharī‘ah-compliant3. Le autorità monetarie delle due principali

piazze finanziarie mondiali (Federal Reserve e Bank of England) iniziarono ad

occuparsi del fenomeno, così come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca

Mondiale. Nel 1995 vennero lanciati i primi due indici di borsa relativi a strumenti

finanziari sharī‘ah-compliant (il Dow Jones Islamic Index e il Financial Times Islamic

Index). Il dibattito si estese anche al mondo accademico occidentale: nei primi anni ’90

l’università di Harvard (USA) costituì l’Islamic Finance Forum dedicato allo studio e

alla riflessione sulla finanza islamica, seguita in Europa da un’iniziativa simile della

London School of Economics.

In quegli anni il mercato iniziò ad avvertire l’esigenza di una maggiore

regolamentazione delle istituzioni finanziarie islamiche, soprattutto in materia contabile.

Come prima risposta a questa esigenza nel 1991 venne creato in Bahrein l’Accounting

and Auditing Organization for Islamic Institutions (AAOIFI), con l’obiettivo di

sviluppare regole contabili e di governance compatibili con la finanza islamica.

Nell’ultimo decennio, in corrispondenza con l’accelerazione della crescita del settore,

sono state costituite numerose istituzioni sovranazionali. Un ruolo di primo piano tra

queste è svolto dall’Islamic Financial Services Board (IFSB), istituito nel 2002 in

Malaysia: esso rappresenta il principale organismo di coordinamento, regolamentazione

e definizione di standard, con funzioni analoghe a quelle del Comitato di Basilea per il

sistema bancario convenzionale. La prima banca islamica in Europa è nata in Inghilterra

nel 2004 ed è stata chiamata l’Islamic Bank of Britain.

3 In conformità con la legge islamica,usato per descrivere le attività finanziarie e gli investimenti che

rispettano la legge islamica, che vieta l’imposizione di interessi e di coinvolgimento in qualsiasi impresa

associata attività o prodotti vietati dalla legge islamica.

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L’attentato dell’11 settembre ha giocato un ruolo cruciale nel favorire lo

sviluppo della finanza islamica: le restrizioni sui visti, la congelazione dei beni per

misure antiterroristiche e il rimpatrio di tante famiglie e persone hanno spinto gli

investitori musulmani ha cominciare a rivolgersi ai paesi che offrivano i prodotti della

finanza islamica. La Malesia, disponendo di una grande gamma di servizi bancari

islamici, ha vissuto da allora un vero e proprio boom.

Oggi il settore della finanza islamica manifesta un dinamismo davvero

notevole. La finanza islamica è molto innovativa e potenzialmente molto redditizia. “I

sostenitori dello scontro di civiltà forse non sanno che le loro banche si stanno

riorganizzando in base alla legge islamica. Dovrebbero riflettere sulla lezione che ci

viene dalla finanza internazionale: di fronte al denaro siamo tutti uguali”. ( Loretta

Napoleone, 2006 ).

1.4. Le principali fonti della finanza islamica

L’islam si caratterizza rispetto alle altre religioni monoteiste, per una stretta

relazione tra la dimensione teologica, morale e quella sociale, politica ed economica.

L’elemento caratterizzante la finanza islamica è il suo esplicito richiamo ai precetti della

legge religiosa islamica. L’analisi dell’economia e della finanza islamica non può

ignorare la conoscenza dei contenuti religiosi dell’islam, della sua storia e delle sue

fonti:

Il Corano:

si tratta del libro sacro ai musulmani e rappresenta la parola di Dio detta

letteralmente da Dio al suo Profeta Muhammad (pace e benedizione su di lui) attraverso

l’angelo, che l’ortodossia identifica come l’Arcangelo Gabriele.Il libro sacro è diviso in

centoquattordici capitoli, dette “Sure”4. Il corano tratta tre argomenti principali:

L’unicità di Dio (AL TAWHID).

Racconti sui i popoli e profeti che hanno preceduto Maometto (PBSL) (Akhbar).

Le regole e le legge che regolano la vita del uomo virtuoso (Adiyana).

4. I 114 capitoli del Corano, a loro volta divisi in versetti.

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Le sure rivelate a Mecca affrontano temi più spirituali, che riguardano i pilastri

della fede, del credo e del culto islamico. Le sure “medinesi”, invece, si concentrano su

ambiti più politico-sociali e rappresentano una risposta alle necessità organizzative della

nuova società islamica. In queste sure vengono trattate i temi relativi alla morale, alla

famiglia, all’economia, al commercio e alle sue regole.

Le specificità del testo coranico sono molteplici:

Il Corano è riferito direttamente a Dio essendo le Sue parole; Quindi

viene negato in questo senso ogni singolo intervento umano nella

formulazione dei versetti che lo costituiscono. È il libro sacro di cui

Allah dice:

Lo giuro per il declino delle stelle

e questo è giuramento solenne, se lo sapeste -

che questo è in verità un Corano nobilissimo,

[contenuto] in un Libro custodito*

che solo i puri toccano.

È una Rivelazione del Signore dei mondi.

*[in un Libro custodito”: “fi kitâbin maknûn”, allusione all'archetipo celeste

del Corano]

(Surat Al-Waqi’a versetto 75-80)

È un testo privo di difetti ed è completo in termine di linguistico e del

significato poiché questa è una caratteristica direttamente legata alla

prima specificità menzionata in alto.

In verità essi non credono al Monito che giunse loro, eppure questo è

davvero un Libro venerato,

non lo tange la falsità in niuna delle sue parti. È una rivelazione da

parte di un Saggio, Degno di lode.

(Surat Fussilat, versetto 41-42)

È un testo chiaro non ambiguo:

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Così lo* facemmo scendere dal cielo in versetti espliciti. In verità,

Allah guida chi vuole!

[*Il pronome si riferisce al Corano]

(Surat Al-Hajj, versetto 16)

Il Corano tratta tutto ciò che riguarda la vita di un fedele in tutti gli

ambiti; sociali , politici , spirituali , relazionali , economico-finanziari

… contiene quello che gli serve nella vita e nel aldilà:

Non abbiamo dimenticato nulla nel Libro.

(Al-Ana’am, versetto 38)

L’equilibrio: il Corano è un testo molto equilibrato . Questo equilibrio

si presenta nella diversità dei soggetti discussi in essa; tra tutto ciò che

riguarda la parte spirituale e quella materiale, di riflessione o

sentimentale, che riguarda i diritti e anche i doveri etc. L’islam è una

religione che equilibra, tramite il suo testo sacro, tra la vita terrena e

quella dei celi.

La praticità: gli insegnamenti di esso sono suscettibili di essere eseguiti

in qualsiasi epoca e in qualsiasi località geografica.

Miracoli scientifici nel Corano: il Corano che fu rivelato quattordici

secoli fa, menziona fatti che solo recentemente sono stati scoperti o

provati dagli scienziati con attrezzature avanzate e metodi sofisticati. I

Musulmani considerano questo come prova che il Corano è il Verbo di

Dio e che il corano non è frutto di Maometto (pace e benedizione su di

Lui) (http://www.islam-guide.com/it/ch1-1.htm).

La Sunna:

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La Sunna rappresenta l’insieme degli insegnamenti, azioni e detti del profeta

Maometto (pace e benedizione su di Lui) tramandati attraverso i suoi compagni per via

orale inizialmente e raccolti in manoscritti in un secondo passo.

La Sunna tira la sua importanza dal fatto che permette, tramite le azioni e

parole del profeta (pace e benedizione su di Lui), di completare e di spiegare il testo

della prima fonte (il Corano). In alcuni casi, la Sunna ha l’esclusività di definire quello

che magari il Corano non ha dettagliato per questo motivo viene considerata come una

seconda fonte nella giurisprudenza islamica: “Egli è Colui che ha inviato tra gli

illetterati un Messaggero della loro gente, che recita i Suoi Versetti, li purifica e insegna

loro il Libro e la Saggezza” (62:2) . Nel nostro caso di finanza islamica, la maggioranza

dei principi vengono della Sunna in quanto questa fonte ha trattato tutto ciò che riguarda

la pratica nella quotidianità del musulmano. La Sunna condivide con il Corano un

assieme di caratteristiche specialmente quelle generali, in quanto anch’essa è

considerata un testo di provenienza divina. Nel Corano viene spiegato questo principio:

[e neppure parla d'impulso

non è che una Rivelazione ispirata] (Surat An-Najm, versetti 3-4)

I musulmani per assicurare l’autenticità di ogni singola narrazione contenuta

nella collezione della Sunna del profeta, hanno fondato una scienza intera che esamina

la catena dei narratori, la validità dei contenuti e provarne l’autenticità di uno per uno.

Questa particolarità di avere un testo con legame diretto all’origine (in questo caso il

profeta pace e benedizione su di lui) è quello che riflette l’importanza di questa fonte. I

Musulmani hanno avuto il dovere di proteggere questi testi, perché solo tramite questi

testi veniva protetta tutta la religione in quanto la Sunna spiega il Corano e lo completa

e in quanto ci trovavano illustrata la vita sociale, economica, spirituale, Un’altra

particolarità considerata, è il fatto che per i musulmani tutti i testi che sono provati che

derivano dal profeta sono considerati sacri e quindi non soggetti a debolezze nel

contenuto o nel significato. In fine, resta da concludere che il Corano e la Sunna del

Profeta (pace e benedizione su di lui) dell’Islam sono complementari, non apposti l’uno

all’altro.

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Il Corano e la Sunna rappresentano la base della Sharia; la legge islamica che

regola ogni azione pratica e si divide in:

Sharia Al Akida: regole e principi della fede e della credenza islamica;

Sharia Al Ibadat: ovvero la legge che riguarda la devozione e che concerne

principalmente i cinque pilastri dell’Islam;

Sahada: testimoniare che non c’è altro Dio al di fuori di Allah e che il

Profeta Muhammad (PBSL) è il suo messaggero;

Salat: le orazioni quotidiane e sono cinque: Salat al Fajr (preghiera

della mattina prima dell’alba), Al Dhouhr (la preghiera di

mezzogiorno), Al Asr (preghiera del pomeriggio), Al Maghrib

(preghiera dopo il tramonto) e Al Isha (preghiera della sera);

Al Zakat: elemosina annuale che ciascun musulmano deve pagare per

aiutare i meno abbienti;

Al Sawm: il digiuno che consiste nel fatto di astenersi dal bere, dal

mangiare,dal fumare e dall’avere rapporti sessuali dall’alba fino al

tramonto durante tutto il mese di ramadan;

Al Haj: compiere il pellegrinaggio ai luoghi santi della Mecca al meno

una volta nella propria vita per coloro che sopportano economicamente

e fisicamente le difficoltà di compierlo;

Sharia Al Mu’amalat: ovvero la parte che regolamenta la parte economico-

sociale della vita regola la produzione, lo scambio, la distribuzione delle risorse; il

consumo ma anche la proprietà privata. Essa è divisa in azioni che sono proibite della

legislazione islamica chiamate Haram e vice versa quelle che sono non sono proibite

vengono chiamate Halal.

Al Ijmaa: Il consenso degli Ulema (giurisperiti).

Si tratta della terza fonte del diritto islamico. I giurisperiti, dottori della legge,

detti Ulema, sono gli unici deputati allo studio ed eventuale applicazione e

interpretazione della legge islamica. Se dunque in un ambito islamico ci si trovasse di

fronte a un silenzio del testo coranico, della pratica consuetudinaria ovvero l’insieme

delle azioni e parole del Profeta, a garantire legittimità a una fattispecie giuridica

provvederà il consenso, chiaro e ininterrotto, dei dotti giurisperiti musulmani. Quindi se

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gli “Ulema” non riescono a trovare una risposta diretta nel Corano e nella Sunna,

devono compiere la cosiddetta Al ijtihad, ovvero una forma di inferenza giuridica che

porta a un’interpretazione ottenuta tramite canoni stringenti dei testi sacri. La

giurisprudenza cui si giunge attraverso l’inferenza giuridica può essere ottenuta tra gli

Ulema, assumendo in tale caso il nome di Ijmaa.

Al Qiyas. La deduzione per analogia.

Il Qiyas nella giurisprudenza islamica è il ragionamento deduttivo che gli

giurisperiti sono chiamati a esercitare qualora il disposto nelle fonti precedenti non

forniscano una risposta chiara a un determinato dilemma giurisprudenziale. L’istituto è

dunque praticamente identico al concetto romanistico dell’analogia iuris .

Possiamo riassumere quanto detto osservando la seguente figura:

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Inoltre esistono diverse scuole d’interpretazione delle fonti. Le più importanti

sono le scuole Sunnite. Prima di discutere delle “scuole coraniche” è utile delineare le

caratteristiche e le distinzioni tra i due più importanti gruppi di fedeli musulmani: gli

Sciiti e i Sunniti.

I Sunniti rappresentano la maggior parte (circa 90%) dei musulmani; il termine

“sunnismo” deriva della Sunna, ovvero “la consuetudine”. I paesi a maggioranza

sunnita sono quelli appartenenti al Golf Cooperation Cuncil , ovvero i paesi del Glofo

Arabo, poi la Malesia, il Pakistan e il Sudan.

La culla dello sciismo è l’Iran dove è nato e si è sviluppato, ma anche l’Iraq , il

Bahrain sono paesi a maggioranza sciita. Alte percentuali di sciiti si trovano in Libano,

nello Yemen e nel Pakistan e in Kuwait. Forti minoranza sono presenti anche in Arabia

Saudita e Siria, mentre negli atri paesi arabi gli sciiti sono fortemente minoritari.

Le scuole sunnite più importanti sono:

La scuola Hanafita, che deriva il suo nome dal giurista musulmano Ibn

Hanifa (morto nell’anno 150 dell’Egira 767 dopo cristo). Questa scuola coranica sorse a

Kufa, nel sud del Irak. La scuola Hanifita si basa sulle sentenze dei primi giuristi

musulmani e su metodi di interpretazione che tengono conto di ragioni equitative nella

scelta tra una fonte e un’altra. Abu Hanifa è considerato insieme alla sua scuola il più

liberale nell’interpretazione del Corano e della Sunna, così tanto liberale che la gente

del Hadith (coloro che compilarono e riunirono l’Hadith) chiamarono i seguaci hanafiti

“persone dell’opinione”, in opposizione “alle persone della tradizione”. Predomina

soprattutto nei paesi non arabi: in India, Pakistan, Afghanistan, Turchia e presso i

musulmani Russi.

La scuola Hanbalita. La scuola Hanbalita fu fondata da Ahmad Ibn Hanbal,

difensore della tradizione morto nell’anno 241 dell’Egira, ovvero 855 dopo cristo.

L’Imam Ahmad era un dottore della legge di grande fama. Predomina nei paesi del

Golfo Perisco ed è la scuola più comune in Arabia Saudita.

La scuola Malikita. La scuola di Medina da cui il nome deriva dal grande

giurisperito Malik Ibn Anas morto nell’anno 159 dell’Egira ovvero 776 dopo cristo.

L’Imam Malik era conosciuto per la sua narrazione del Hadith (i detti del Profeta PBSL)

e uno come i migliori esperti della materia. L’approccio giurisprudenziale dell’Imam

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Malik è di seguire la pratica delle genti della Medina che lui considera le più fedeli alla

Sunna originale del Profeta, essendo la città il centro del sapere e della pratica islamica.

La maggior parte dei discepoli dell’Imam Malik si trasferì nell’Africa del Nord, la

Spagna e più al Sud il Sudan che seguono tutti il Malikismo.

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2. I PRINCIPI FONDAMENTALI DELLA FINANZA ISLAMICA

2.1. Introduzione

Il sistema finanziario Islamico si riferisce principalmente alle transazioni del

mercato, operazioni e servizi che sono gestite e organizzate grazie alle regole islamiche

e con i codici e principi relativi all’etica islamica. Infatti per poter governare Medina,

Muhammad (PBSL) e i suoi compagni (i primi musulmani) ebbro ruoli politici, oltre

che religiosi. La particolarità della religione musulmana è che all’interno del Corano

vengono trattati aspetti economici, politici, e sociali vasti e complessi come il

commercio, la successione, la famiglia, la morale, l’uso della proprietà. I fedeli

musulmani devono dunque, adeguarsi nel loro agire, in qualsiasi situazione della vita,

alle regole coraniche. La logica conseguenza è che tutta la vita ha una dimensione

spirituale. L’Islam è dunque una visione del mondo completa e complessa che trova la

sua guida e il suo perimetro nel Corano ma anche nella Sunna.

L’Islam non nega l’economia del mercato ma pone freno alle conseguenze

negative che possono derivare dal libero gioco delle forze economiche. Secondo gli

economisti islamici, le regole del mercato hanno permesso la creazione dell’interesse,

della speculazione, dell’azzardo, pratiche economiche che tendono a concentrare la

ricchezza nelle mani di pochi (Usmani, 2002). Solo la sottomissione alle regole

religiose, perfette ed immutabili, permette di evitare le conseguenze negative dei

comportamenti economici, perché in fondo le proibizioni e le raccomandazioni della

Shariaa, ovvero della legge economica, è quella di mantenere la giustizia distributiva e

l’uguaglianza di opportunità. Le basi dell’economia islamica possono essere sintetizzate

in un richiamo costante alla giustizia, alle pari opportunità e a un’equa ripartizione della

ricchezza, a cui devono poter partecipare i poveri, i malati e anche gli orfani. I due

concetti chiave per comprendere l’economia islamica sono la giustizia e l’equità (Ikbal e

Mirakhor, 2007) «la giustizia ha il proprio fulcro nella giustizia sociale e l’equità si

manifesta rimozione di quelli ostacoli che non permettono la creazione di pari

opportunità all’interno del contesto economico. Da un punto di vista macroeconomico il

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sistema islamico si propone la piena occupazione associata ad un tasso di crescita

positivo e del valore stabile della moneta» (Chapra, 1985, p. 75-81).

2.2. Ricchezza lavoro e proprietà

L’Islam incoraggia l’uomo a utilizzare tutte le risorse che Dio ha messo a sua

disposizione; uno scarso utilizzo corrisponderebbe a un comportamento ingrato nei

confronti del creatore. La ricchezza, e il profitto che ne consegue, non dovendo

rappresentare per il musulmano un fine o un obiettivo, sono solamente uno scopo per

raggiungere obiettivi più alti: la continuità della specie umana, la diffusione della

religione, l’autonomia economia e la dignità sociale. Il lavoro alla base della ricchezza

deve essere in grado di apportare beneficio all’intera società. La ricchezza che si ottiene

dal lavoro rappresenta l’anima della società e deve essere sempre utilizzata per creare

ulteriore lavoro e ricchezza, in modo da creare all’interno dell’economia un circolo

virtuoso. L’eccessiva accumulazione di ricchezza senza beneficio per l’intera società

rappresenta una pratica non consentita. «Alla tesaurizzazione è legato, in un modo

indiretto, uno dei cinque pilastri dell’Islam, la Zakat. Questa tassa religiosa, di tipo

patrimoniale, viene imposta solo alle persone abbienti e rappresenta la parte del reddito

annuale che deve essere devoluta in opere caritatevoli, per aiutare i fratelli poveri”

(Ikbal e Mirakhor). Il concetto su cui si basa la Zakat lo si ritrova in un versetto del

sacro Corano, nel quale Dio disse: «Non avrete la vera pietà, finché non sarete generosi

con ciò che più amate. Tutto quello che donate, Allah lo conosce» (Sura III Âl 'Imrân -

La Famiglia di Imran, versetto 9).

Chi possiede la ricchezza deve essere cosciente che sia la sua creazione, sia il

suo utilizzo devono rispettare le regole dette della Sharia. Alla ricchezza è legato, in

maniera diretta, il concetto di lavoro: il Corano esalta il lavoro produttivo e lo considera

come un elemento imprescindibile per una pratica corretta della fede. L’ozio e lo spreco

del tempo viene condannato come un comportamento inadatto per un uomo di fede.

Chiunque possa lavorare deve farlo, non è accettabile una volontaria disoccupazione che

faccia gravare il peso di un individuo sulla famiglia (El-Gamal Mahmoud. 2006).

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Nella legge islamica, oltre all’obiettivo della tutela della collettività, è

assicurata la remunerazione degli individui che esprimono nel lavoro il proprio talento,

così come gli è stato donato dal Creatore. Nulla può portare a pensare che uguaglianza

nelle opportunità significhi uguaglianza nella ricchezza o nella povertà. I diritti di

proprietà sono riconosciuti a chiunque si impegni nel lavoro. Oltre a questo, ogni bene e

considerato proprietà di Dio e l’uomo è depositario e usufruttario e deve usare i beni

secondo la destinazione per la quale Dio li ha creati.

2.3. Una visione etica del mondo

La sovrapposizione tra religione, etica ed economia rende i sistemi economici

islamici del tutto differenti rispetto a quelli occidentali. Da molti anni l’etica la religione

e l’economia appartengono a binari separati. Storicamente, non è stato sempre cosi;

l’economia fu concepita all’interno della filosofia morale: fino alla fine dell’Ottocento

le materie economiche venivano insegnate nelle Università nell’ambito delle cattedre di

filosofia morale. Le scuole di pensiero successivamente, negli ultimi due secoli, sono

giunte alla visione dell’economia come una scienza teorica e neutrale, sino alla

teorizzazione dell’economia come una scienza libera da valori al pari di una scienza

pura. La Scuola neoclassica, a partire della seconda metà del secolo, teorizza la

completa emancipazione dell’economia dall’etica. Alcuni economisti affermarono che

l’analisi matematica è lo strumento più adatto per lo studio dei fenomeni economici. E

poiché la modellizzazione dei fenomeni economici deriva delle idee della scuola

neoclassica, gli orientamenti attuali tendono a ritornare, in alcuni casi, verso il passato.

«L’economia è una scienza che utilizza gli strumenti matematici, numerici. Ma è anche,

una scienza morale, di etica e di valori umani» (Zamagni, 2001).

L’Islam ha da sempre fatto propria la considerazione per cui non esiste

un’economia che sia priva di criteri di valutazione etica. «Potremo dire che l’homo

islamicus, guidato dalla sharia si sovrappone e si fonde con l’homo economicus in un

paradigma che non guarda solo al risultato economico ma include nei criteri di

valutazione di una operazione economica fini di utilità religiosa» (Miglietta, 2004).

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Secondo Hamaui e Mauri «la funzione di utilità (islamica) include l’aldilà» e

come conseguenza si ha un’opposizione con la definizione classica della funzione di

utilità (Hamaui, Mauri, 2009 ). Essa viene definita dai classici come l’insieme dei flussi

di consumo che un individuo si aspetta di poter godere nell’arco della sua vita. Si

ipotizza, inoltre, che il nostro consumatore preferisca consumare nel presente piuttosto

che in futuro. La teoria islamica invece, mette in discussione questa impostazione e

parla del concetto di buon musulmano; in questo caso si simbolizza nella persona che

non si occupa solo e esclusivamente del suo benessere ma anche di quello dei suoi

fratelli. A questo si aggiunge un’attenzione e una cura per la sua futura esistenza

nell’aldilà. In altri termini la felicità e utilità di un buon musulmano sono strettamente

legate a quelle degli altri e devono essere guidate da comportamenti che gli permettano

di massimizzare il suo benessere non solo su questa terra ma anche nell’aldilà. Il buon

musulmano deve pensare, tra l’altro, a devolvere parte del suo reddito in beneficienza,

naturalmente dopo aver pagato al Zakat. Un tale atto che consiste nello spostamento di

una parte del reddito verso la popolazione più povera che fatica a risparmiare, tende ad

aumentare i consumi complessivi. Le regole in base alle quali l’onestà viene premiata e

i comportamenti disonesti puniti nella vita oltre la morte, potrebbe rappresentare un

potente incentivo non economico a favore dei comportamenti onesti nel mondo degli

affari (Sarker 1999). Spingendosi ancora oltre, Bashir trae «dall’islamicità» dei

comportamenti economici un’idea di market discipline conforme all’Islam. Secondo la

sua interpretazione se le relazioni economiche sono basate sulla condivisione e sulla

società e le interazioni ripetute, l’interazione tra imprenditori onesti e disonesti spingerà

i secondi fuori competizione (Bashir, 1990).

2.4. L’impresa e le politiche di massimizzazione di profitto

La teoria neoclassica ipotizza che l’impresa sia un’entità che ha come unico

scopo la massimizzazione del profitto, definito come la differenza tra ricavi e costi. In

più, nei recenti modelli manageriali d’impresa gli amministratori possono gestire

l’impresa avendo altri obiettivi che a volte riflettono i loro obiettivi personali: la

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dimensione dell’impresa, prestigio personale, stabilità d’impresa, immagine e classe

sociale etc. Tuttavia nell’economia Islamica, l’obiettivo ultimo del management non

deve essere esclusivamente il benessere degli azionisti o degli amministratori, ma anche

quello dell’intera comunità. Per questo fine, lo Stato può intervenire in qualsiasi

momento per tutelare gli interessi della comunità, qualora siano messi in discussione. In

altri termini la libertà di impresa è garantita ma non incondizionata. Il profitto è un fine

importante ma non essendo l’unico valore, lo sono anche i mezzi per raggiungerlo.

Tutto ciò significa introdurre un filtro morale nei comportamenti e negli obiettivi degli

individui ma anche delle imprese. Nella logica islamica l’uomo deve essere il

beneficiario ultimo, a cui deve essere indirizzato il frutto della produzione. Pertanto i

lavoratori vanno tutelati in modo adeguato cosi come gli altri attori del processo

produttivo.

La maggioranza delle imprese nel mondo utilizza il debito, accanto al capitale,

per finanziare sia la produzione corrente che gli investimenti. La lettura economica

fornisce diverse spiegazioni circa i vantaggi dall’indebitamento, anche se non mancano

elementi di preoccupazione. Pertanto l’assenza di qualsiasi forma di debito non

dovrebbe, per obbligo, ridurre il valore di un’impresa cioè le sue potenzialità. Infatti, le

imprese più indebitate hanno una maggiore volatilità dei profitti e quindi presentano

maggiori rischi di finire in bancarotta. Inoltre esse finiscono anche per avere maggiori

costi derivanti dal debito. Queste considerazioni, insieme ad altri motivi, sembrerebbero

deporre a favore di un’impresa islamica priva di debiti, poiché essa avrebbe maggiore

capacità di resistere alle crisi (Modigliani e Miller, 1958).

Il mondo del mercato è più complicato di quello ipotizzato da Modigliani e

Miller. Tuttavia esistono molti casi nei quali il debito risulta inadatto a finanziare le

aziende. Per esempio quando i risultati di un investimento sono molto incerti,

l’indebitamento finisce per fare aumentare la volatilità dei profitti con conseguente

possibilità di fallimento dell’impresa. Il debito, infatti, non facilita la gestione delle fasi

di difficoltà di un progetto. Molto spesso, poi, ai debitori vengono chieste garanzie che

certo rassicurano la banca ma finiscono per produrre un’allocazione non ottimale delle

risorse. Infatti le imprese più piccole e più giovani spesso non sono in grado di offrire

questo tipo di garanzie, pur avendo progetti molto interessanti. Per questi casi complessi

e apparentemente inevitabili, la finanza islamica ha cercato di proporre alcune soluzioni.

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Nella logica islamica, la condivisione dei profitti e delle perdite permette, invece,

all’imprenditore di allocare a terzi parte dei rischi, che altrimenti non sarebbe stato in

grado di assumere, cercando un vero rapporto di partnership con l’investitore. Gli

economisti islamici ritengono che la migliore difesa da comportamenti opportunistici

siano criteri etici che devono guidare le azioni di un buon musulmano. Anche questo

elemento concorre a enfatizzare quanto la teoria economica e l’etica islamica ritengono

molto rilevante ai fini di un corretto funzionamento del mercato dei capitali: la coesione

sociale.

2.5. Ruolo della moneta nella finanza Islamica

Abbiamo cercato di definire, nel capitolo precedente, l’idea centrale che

caratterizza l’economia islamica e che la distingue dai paradigmi dell’economia di

mercato, cioè il ruolo fondamentale dell’etica e i valori morali basati sulla religione. Da

un punto di vista teorico, questo fa che ci sia una divergenza fra l’economia islamica e

quella del sistema convenzionale. Una delle divergenze più notevoli e quella che

riguarda il ruolo della moneta nell’economia.

Accordiamo, comunemente, alla moneta tre ruoli fondamentali :

Unità di misura

La moneta è considerata come unità di misura dei prezzi, strumento di misura

dei valori oppure un’unità di conteggio. Con l’introduzione della moneta si è reso

possibile misurare e comparare beni e servizi differenti. Quindi si tratta di un’unità di

conteggio che permette di stabilire il prezzo di ogni bene. La moneta, di fatto, determina

una scala generale dei prezzi di tutti i beni. La moneta funziona come un equivalente

generale che rende tutte le operazioni economiche comparabili. Da questo punto di

vista, permette anche di eliminare i costi di transazione che sarebbero legati a un

economia senza moneta. Questa funzione della moneta viene condivisa anche dalla

finanza islamica.

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Intermediario per gli scambi

I prodotti vengono scambiati contro questo bene particolare chiamato moneta.

Quest’ultimo, permette in seguito di comprare ulteriori beni. La moneta è dunque un

bene particolare, riconosciuto e accettato da tutti, destinato a rendere più facili gli

scambi. In assenza della moneta, la transazione prenderebbe la forma di un baratto.

Anche questo funzione della moneta è condiviso dalla teoria islamica.

Riserva di valore

La moneta può essere conservata al fine di post-porre nel tempo l’atto di

acquisto un bene o servizio. Riconoscere alla moneta il suo ruolo di riserva di valore

significa considerare la moneta come bene in sé, che può essere conservato e quindi che

contiene un valore intrinseco. L’economia islamica rifiuta di considerare la moneta

come bene in sé e rigetta ogni singola idea d’interesse associato al prezzo della moneta.

Questo punto è un elemento centrale nella finanza islamica.

Nella finanza islamica la moneta viene considerata principalmente un valore di

misura dei beni e servizi. Per poter assicurare perfettamente questa funzione, la moneta

deve disporre di tre requisiti essenziali:

1- La stabilità: se paragoniamo la moneta a uno strumento di misura

lineare, se la lunghezza di questa misuratore cambiasse ogni volta che lo si utilizza, è

evidente che la sua capacità di misurare sarebbe inefficace.

2- La durabilità: la moneta deve essere in grado di conservare intatto per

un lungo periodo il risparmio maturato da un’attività lavorativa oppure da un’attività

commerciale.

3- Il valore intrinseco: il valore della moneta deve essere riconosciuto

indipendentemente dal potere di una legislatura. La ricchezza, nell’Islam è un bene di

Dio e solo a lui è data la possibilità di concederla o di privare di essa. Nulla ha il diritto

di svalutare la ricchezza che Dio ha dato senza commettere un’ingiustizia nei confronti

degli uomini.

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2.6. Al Halal e Al Haram (lecito e illecito)

Halal è una parola araba che significa “lecito”. In Occidente si riferisce

principalmente al cibo preparato in modo accettabile per la legge islamica. In arabo la

parola intende tutto ciò che è permesso secondo l’Islam, in contrasto con Haram che

significa proibito. Il concetto include dunque il comportamento, il modo di parlare,

l’abbigliamento, la condotta e le norme in materia di alimentazione.

Nella tradizione del profeta, ovvero la Sunna, questi concetti vengono spiegati

spesso: Hadith di Nu'man bin Bashir (radi Allaahu 'anhu): 2- «Il Halaal (le cose non

proibite, non vietate) è chiaro e, il Haraam (ciò che è vietato) è chiaro, tra loro ci sono

questioni dubbiose in merito alle quali le persone non sanno se sono halaal o haraam.

Colui che li evita avendo come scopo la salvaguardia della sua religione e il suo onore è

sicuro, mentre se qualcuno si impegna in una parte di essi può fare qualcosa di haram,

come uno che pascola i suoi animali nei pressi della Hima (terreni che sono riservati

agli animali appartenenti al Re, che sono proibiti per gli altri animali); è quindi molto

probabile che alcuni dei suoi animali andarono in esso (nel terreno). In verità, ogni re ha

un Hima, e la Hima di Allah è quello che Egli ha proibito. Quindi state attenti, nel corpo

vi è un pezzo di carne; se esso è buono, tutto il corpo è buono, - se esso è corrotto, tutto

il corpo è corrotto, danneggiato, ed esso è il cuore». (Bukhari;. Muslim; Abu Dawud;

Tirmidhi, Nasai; Ibn Majah, Ahmad)

Il Corano stesso spiega ai fedeli tante nozioni riguardo a quanto sia lecito

(Halal) e illecito (Haram): sono vietati gli animali morti, il sangue, la carne di porco e

ciò su cui sia stato invocato altro nome che quello di Allah; l’animale soffocato, quello

ucciso a bastonate, quello morto per una caduta, incornato o quello che sia stato

sbranato da una belva feroce, a meno che non l'abbiate sgozzato [prima della morte] e

quello che sia stato immolato su altari [idolatrici] e anche [vi è stato vietato] tirare a

sorte con le freccette. Tutto ciò è iniquo. Oggi i miscredenti non sperano più di

allontanarvi dalla vostra religione: non temeteli dunque, ma temete Me» (Sura V Al-

Mâ'ida versetto 3).

«Oggi vi sono permesse le cose buone e vi è lecito anche il cibo di coloro ai

quali è stata data la Scrittura, e il vostro cibo è lecito a loro. [Vi sono inoltre lecite] le

donne credenti e caste, le donne caste di quelli cui fu data la Scrittura prima di voi,

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versando il dono nuziale - sposandole, non come debosciati libertini! Coloro che sono

miscredenti vanificano le opere loro e nell'altra vita saranno tra i perdenti» (Sura V Al-

Mâ'ida versetto 5).

2.7. Al Riba (proibizione dell’interesse)

Etica e religione per un’economia senza interesse. Nella Grecia Antica,

Aristotele non apprezzava la pratica del prestito a interesse, poiché consisteva nel creare

moneta dalla moneta stessa. Questo meccanismo era contrario alla visione che egli

aveva della moneta: oggetto e mezzo di scambio e non un mezzo per crearne dell’altra.

La tradizione ebrea condannava il prestito a interesse tra persone del popolo ebraico e lo

consentiva se veniva applicato a persone non appartenenti alla religione ebraica. La

chiesa Cattolica, seguendo la tradizione ebraica del primo testamento e le prescrizioni di

Gesù, era anche essa contraria all’applicazione dell’interesse. Possiamo leggere, infatti,

passi dell’Esodo dedicati a come comportarsi con i poveri in questo caso: «Se tu presti

del denaro a qualcuno del mio popolo, al povero che è presso di te, non ti comporterai

con lui di usuraio; non gli imporrai interesse (Esodo 22:25). Lo stesso esempio, sempre

riferito ai poveri, ritorna nel Levitico: «Non prendere da lui interesse, ne usura; ma temi

il tuo Dio e il tuo prossimo viva presso di te. Non Gli presterai il tuo denaro a interesse,

né gli darai i tuoi viveri per ricavarne un’usura» (Levitico 25:36,37).

Infine del Deuteronomio, il quinto libro della Torah, ci sono passi che indicano

come comportarsi con gli stranieri: «Non farai al tuo prossimo prestito a interesse, né di

denaro, né di viveri, né di qualsiasi cosa che si presta a interesse .Allo straniero potrai

prestare a interesse, ma non al tuo prossimo, affinché il Signore, il tuo Dio, ti benedica

in tutto ciò che metterai mano nel paese dove stai per entrare per prenderne possesso»

(Deuteronomio 23:19-20).

Abbiamo visto come le religioni in passato abbiano proibito la pratica

dell’interesse. Oggi invece l’Islam sembra essere l’unica religione monoteista che sia

rimasta proibirlo. Il termine usura è la traduzione della parola araba Riba.

Il termine arabo Riba letteralmente significa “incremento”, “eccesso”,

“crescita”. Nel Corano vi è una ferma condanna del riba, senza dare alcuna spiegazione

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dettagliata. Infatti, l’imposizione di tasso di interesse viene citato in tre Sure coraniche

differentemente da altri argomenti sui i quali il libro sacro si concentra con maggiore

dettaglio: “Dio ha permesso la compravendita e ha proibito il riba … Ma Dio

distruggerà il riba e moltiplicherà il frutto delle elemosine … O voi che credete! Temete

Dio e lasciate ogni resto d’usura, se siete credenti!” (Corano, II, 275-280).

E se non lo fate, ascoltate la dichiarazione di guerra da parte di Dio e del suo

messaggero; … Se il vostro debitore si trova in difficoltà, gli sia accordata una dilazione

fino a che una facilità gli si presenti; ma se rimetterete il debito, sarà meglio per vuoi se

sapete» (Sura II Al-Baqara - La Giovenca). «O voi che credete! Non praticate il riba;

doppiando e raddoppiando, e temete Dio si che possiate essere felici» (Sura III Âl

'Imrân - La Famiglia di Imran). «Quel che vuoi prestate a riba perché aumenti sui beni

degli altri, non aumenterà, presso Dio. Ma quello che date in elemosina, bramosi del

Volto di Dio, quello vi sarà raddoppiato» (Sura XXX Ar-Rûm - I Romani)

Alcuni studiosi sostengono che ciò sia da attribuirsi al fatto che tale termine era

ampiamente diffuso all’epoca della Rivelazione. Interpretato inizialmente come divieto

della pratica dell’usura, oggi il consenso prevalente tra i musulmani è che il Riba

includa qualsiasi forma di interesse. Tutti i credenti musulmani sono consapevoli che il

Riba, ovvero l’interesse, imposto o subito è severamente condannato e proprio il

binomio islam - divieto del tasso di interesse restituisce alla finanza islamica quella

definizione di finanza basata sulle proibizioni.

Ci si interroga sul significato di Riba, su come sia possibile, cioè, tradurre in

termini economici moderni il divieto. Gli studiosi argomentano che già ai tempi del

Profeta esistevano prestiti destinati al consumo, distinti dai prestiti a fini produttivi e nel

Corano non si è ritenuto necessario fare una distinzione. L’interesse è dunque, secondo

le loro argomentazioni, vietato, a prescindere dalla ragione per la quale venga calcolato.

«Il termine riba comprende l’interesse in tutte le sue manifestazioni senza distinzioni tra

prestiti per obiettivi di consumo o di produzione, di natura personale o commerciale, se

il debitore è un utente pubblico o privato, se il tasso di interesse è basso o alto»

(Pakistan Council of Islamic Ideology).

Nella Sharia, ovvero la giurisprudenza islamica, il concetto del Riba, per

esprimerlo in un modo più chiaro, viene diviso in più categorie. Infatti, distinguiamo

due tipologie principali di Riba:

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1. Riba al-nasi’a: detto anche riba pre-islamico. Esso è legato all’interesse

imposto su un debito monetario ovvero, all’aumento qualsiasi del

denaro preso a prestito. In termini moderni, si tratta dell’interesse sul

debito. La proibizione di questo tipo di interesse riguarda

principalmente il fatto di fissare in anticipo un interesse o un premio sul

prestito come ricompensa monetaria legata al tempo che è concesso al

debitore. La legge islamica vieta la pratica di fissare un ritorno positivo

ovvero un incremento sul capitale prestato, giustificandolo solo per

l’attesa tra l’istante in cui il prestito è concesso e l’istante in cui viene

restituito. I giuristi islamici hanno sempre considerato la moneta come

mezzo di scambio e unità di conto, rifiutando invece la sua funzione di

riserva di valore; la moneta genera valore e ricchezza non per sé ma se

impiegata in un processo produttivo o in una transizione. La proibizione

del Riba al-nasi’a e la sua severa condanna nascono da un uso

commerciale in vigore ai tempi del Profeta, in base al quale, alla

scadenza del debito non ripagato, il creditore richiedeva un aumento

ulteriore del debito (sino al doppio) per compensare l’estensione dei

termini.

Se da un lato l’Islam ha proibito l’interesse, dall’altro ha riconosciuto la

legittimità della compravendita, riservandosi però di delimitare gli

ambiti di liceità. È in questa esigenza che si inserisce la proibizione del

Riba al-fadl.

2. Riba al-fadl: definito come interesse nello scambio. Riba al-fadl vieta

ogni incremento rispetto a quanto sarebbe giustificato dal controvalore

dell’oggetto della transazione. Lo scambio di medesime merci (tra cui è

compresa anche la moneta) deve avvenire nella stessa specie, nello

stesso ammontare e contestualmente; qualora vengano scambiate merci

di diversa specie ciò deve comunque avvenire contestualmente. Negli

insegnamenti del Profeta troviamo questa proibizione: «Vendi oro per

oro, argento per argento, grano per grano, orzo per orzo; dattero per

dattero, sale per sale, nella stessa specie, nella stessa quantità, faccia a

faccia (contestualmente); se le merci differiscono, puoi vendere come

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desideri, purché lo scambio sia contestuale. Chi paga di più o riceve di

più cade nel riba. Chi prende e chi riceve è uguale (nella colpa)»

(riportato da Muslim). Tale divieto stabilisce che in uno scambio nulla è

dovuto in più del valore dei beni e che non è consentito fissare oggi il

prezzo e le condizioni per uno scambio futuro, perché ciò potrebbe non

essere equo per le parti coinvolte. Tale principio, per esempio, è alla

base del divieto degli strumenti finanziari derivati.

La causa del divieto sull’interesse, in generale, può essere espressa nelle

seguenti forme:

1. Riba rafforza la tendenza di accumulare ricchezza nelle mani di poche

persone, creando un disequilibrio sociale nelle società.

2. L’Islam non accetta il guadagno da un’attività finanziaria, altrimenti

entrambi le parti, debitore e creditore, sono soggetti al rischio sia di

perdita sia di guadagnare.

3. L’Islam considera l’accumulo di ricchezza attraverso interesse o usura,

come una forma di egoismo rispetto all’acquisire ricchezza tramite il

lavoro e l’attività personale.

4. La regola dice che il denaro non può assolutamente creare denaro.

5. Considerare l’interesse come una ricompensa derivante dal fatto di

depositare soldi, può essere giustificato nel caso in cui quest’ultimi

sono oggetto di reinvestimento e quindi una crescita del capitale, ma

non al rinvio di consumo.

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Tabella: paragone fra Riba e profitto

Riba Profitto

Quando la moneta aumenta di valore con

un tasso prestabilito il risultato è Riba.

Quando la moneta è utilizzata in

un’attività produttiva (commercio,

progetti…) il risultato è Profitto.

Per definizione, Riba è il premio pagato

dal mutuatario al mutuante sul capitale

come condizione per il prestito.

Per definizione, il profitto è la differenza

tra i ricavi totali generati dalla

produzione e il costo di essa.

Riba è prefissato, e quindi non vi è alcuna

incertezza da parte sia dei donatori o dei

prenditori di prestiti.

Anche se un rapporto di condivisione

viene concordato in anticipo, il profitto è

ancora incerto, in quanto il suo importo

non è noto fino a quando l’attività è stata

completa.

La percentuale di Riba non può essere

negativa, ma può al massimo essere

molto bassa o nulla.

Il profitto invece, può essere negativo o

positivo o anche uguale a 0.

Riba è considerato dalla Sharia come

Haram (proibito).

Profitto è considerato dalla Sharia come

Halal (lecito).

2.8. Al Gharar

La giurisprudenza commerciale islamica pone moltissima attenzione alla

strutturazione dei contratti e al modo in cui sono redatti, dal momento che qualsiasi

incertezza può rendere nullo il contratto. Un contratto valido ai fini della sharia, dunque,

deve esprimere con chiarezza la quantità del bene, la sua esistenza e l’effettivo essere in

possesso del bene presso colui che vende (Fadeel, 2002). Questa ultima prescrizione

deve essere rispettata in tutti i contratti. Quindi è chiaro che la “chiarezza” rappresenta

uno dei cardini di un contratto valido e ben scritto: ai contraenti viene chiesto

esplicitamente di evitare l’incertezza, conosciuta con il termine Gharar. Questo divieto

rappresenta uno dei pilastri della finanza islamica.

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Il Gharar viene definito come un attività che comporta elementi di incertezza,

ambiguità o inganno. In una transizione commerciale, che contenga elementi di

incertezza relativamente alla quantità e matura dei beni e del loro valore, ingannando

l’acquirente sul prezzo delle merci, i termini di pagamento non sono specificati in

dettaglio, tutto questo è considerato Gharar.

La condanna del Gharar ha un fondamento equitativo; si cerca, cioè di evitare

che una delle parte possa trarre un ingiusto profitto da elementi contrattuali che danno

adito a incertezza (De Lorenzo, 2002). La raccomandazione relativa alla chiarezza

discende direttamente dal Corano, ove Dio raccomanda di stipulare contratti in presenza

di testimoni. La proibizione del Gharar eccessivo e la conseguente nullità dei contratti,

rappresentano un pressante invito a documentare in un modo completo i contratti e a

concludere la due deligence prima di concludere una transizione. Questa attenzione alla

chiarezza non permette ai contraenti di stipulare contratti con una forte presenza di

asimmetria informativa.

Uno degli esempi di Ghara nel mercato finanziario contemporaneo, è

rappresentato nel contratto di assicurazione convenzionale. I studiosi di Sharia sono del

parere che l’assicurazione convenzionale non è conforme alla Sharia a causa del grande

elemento di incertezza ovvero Gharar. Questo perché il contraente conclude un accordo

di pagare una certa somma di premio e, a sua volta, la compagnia di assicurazione si

impegna a versare una certa somma di risarcimento in caso di incidenti. Tuttavia,

l’importo del risarcimento che la ditta assicurativa pagherà è incerto ed è anche

dipendente da eventi specifici, nel futuro insicuri.

Gli altri insiemi di contratti in cui sono rintracciabili forme di Gharar sono:

I contratti derivati: per quanto riguarda i forward e futures la loro

proibizione è giustificata dal fatto che al momento in cui lo scambio è

eseguito i prodotti sottostanti, possono non esistere. Analizzeremo più

avanti, i contratti Salame s Istisna che permettono sotto certe

condizioni di procedere a scambi assimilabili ai forward e ai futures5;

5 Un contratto finanziario di tipo future è un accordo, stabilito oggi, per comperare o vendere un bene, in

corrispondenza di una data futura, pagando (o incassando) una somma di denaro prestabilita. Un contratto

forward presenta numerose analogie con un contratto future in quanto prevede un accordo per l’acquisto o

la vendita di un bene in corrispondenza di un’epoca temporale futura e a un prezzo concordato fra le parti.

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Transizioni dove l’oggetto della vendita non può essere

immediatamente precisato (acquistato);

Transizioni dove il venditore non è in grado di consegnare i beni

all’acquirente;

Investimenti speculativi come l’acquisto o la vendita di futures ma

anche atteggiamenti speculativi nelle trasazioni di borsa;

Transazioni nelle quali l’acquirente non ha la possibilità di

ispezionare i beni prima di comprarli;

È ovvio che qualunque contratto nasconda al suo interno un minimo

d’incertezza, condizione inevitabile in ogni atto della vita e quindi anche in ogni

contratto. È da notare che la giurisprudenza Islamica indica tuttavia alcune

raccomandazioni per cercare di eliminare grandi incertezze, segnalando i casi in cui le

incertezze sono accettabili secondo i principi della Sharia:

I beni o servizi oggetto dello scambio esistono;

Le caratteristiche dei beni o del servizio sono conosciute;

La parti del contratto devono essere sicure che lo scambio avrà luogo;

Se la transizione o lo scambio avrà luogo in futuro allora la data in cui

avrà luogo deve essere certa;

L’obiettivo della legge Islamica6 anche qui è chiaro: essa tende a prevenire

quegli scambi per i quali una parte si avvantaggia ingiustamente a svantaggio dell’altra.

La legge Islamica intuisce che un agente razionale non si espone a un rischio

sconsiderato, salvo che non sappia prima cosa guadagnerà o cosa rischia di perdere.

Sapendo ciò, la Sharia censura questo comportamento con la proibizione del Gharar,

caratterizzato appunto da una azione con risultati incerti.

6 Testo della Sunna riguarda il Gharar: «Il Profeta ha vietato l'acquisto di un animale non ancora nati nel

grembo di sua madre, la vendita del latte nella mammella senza misura, l'acquisto di bottino di guerra

prima della loro distribuzione, l’acquisto di beneficenza prima della loro ricezione, e l'acquisto della

cattura di un subacqueo» (raccontato da Ahmad e Ibn Majah).

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2.9. Al Mayssir

Letteralmente, la parola Mayssir in arabo significa il gioco d’azzardo. In un

modo generale si tratta di un’attività che comporta due parti, ciascuna delle quali

assume il rischio di una perdita considerata un guadagno per l’altro come è comune per

il gioco d’azzardo. Il guadagno maturato da questi giochi è illecito nell’Islam, in quanto

distoglie l’attenzione del giocatore da un’occupazione produttiva e gli permette di

accumulare ricchezza senza sforzo. È considerato un incentivo immorale da parte della

persona che cerca di trarre profitto a spese di un’altra parte. In conseguenza, ai

musulmani è anche vietato prendere parte sotto qualunque forma ad attività di

partecipazione, investimenti o finanziamenti di un business legato o associato

all’industria del gioco d’azzardo.

Al Mayssir ovvero il gioco d’azzardo è proibito nell’Islam in tutte le sue forme,

però per quanto riguarda gli investimenti operati nel mercato azionario, molti studiosi

concordano sul principio che se i guadagni sono consentiti (Halal) è lecito investire nel

mercato azionario. Gli studiosi specificano che alcune condizioni devono essere

rispettate in questo caso escludendo elementi illeciti (Haram): divieto di coinvolgimento

nelle banche convenzionali (a causa dell’utilizzo del tasso di interesse), nelle

assicurazioni, nelle aziende che producono alcoolici (essendo una bevanda proibita),

prodotti a base di maiale (essendo pure proibito il suo consumo), tabacco,

intrattenimento per adulti, gioco d’azzardo, le armi. Inoltre l’Islam vieta qualsiasi

finanziamento o transazione commerciale che non sono in linea con i principi etici.

Il versetto del Corano che giustifica questa proibizione è: «O voi che credete,

in verità il vino, il gioco d'azzardo, le pietre idolatriche, le frecce divinatorie, sono

immonde opere di Satana. Evitatele, affinché possiate prosperare. In verità col vino e il

gioco d'azzardo, Satana vuole seminare inimicizia e odio tra di voi e allontanarvi dal

Ricordo di Allah e dall'orazione. Ve ne asterrete?» (Sura V Zl-Mâ’ida - La tavola

imbandita, versetto 90 /91).

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2.10. Al Zakat (l’elemosina rituale)

L’elemosina rituale costituisce il terzo pilastro dell’Islam e fra i più importanti

doveri religiosi. L’imposta o Zakat è, in un certo modo, il debito verso Dio che il

musulmano deve saldare per ciò che Egli ha dato: per il fedele quest’atto lo purifica e

rende legale e benedetto tutto quello che possiede.

Il termine coranico Zakat non trova nessun equivalente in nessun’altra lingua.

Veramente non si tratta di elemosina o di carità, né una mera tassa o imposta, né si tratta

semplicemente di una manifestazione di benevolenza: è tutte queste cose combinate

insieme ed è molto di più. Non si tratta semplicemente della detrazione di una certa

percentuale dalle proprie sostanze, ma di un investimento spirituale. Non è solo un

contributo volontario a favore di qualcuno o di una data causa, né una tassa governativa

che un individuo furbo possa evadere o evitare. È invece un dovere prescritto da Dio e

accettato dai Musulmani nell’interesse della comunità nel suo complesso.

Al Zakat, come altri doveri, è citata nel Corano, ma dettagliata dagli “hadith”

del Profeta dalla legge. L’ordine è chiaro in proposito: «Eseguite la preghiera, date in

elemosina» (Sura II ver 43). Il Profeta disse: «La carità è un obbligo per ogni

musulmano, e colui che non ne avesse i mezzi faccia una buona azione o eviti di

commetterne una sbagliata. Questa è la sua carità» (Surat , 43).

Al Zakat gioca un ruolo molto importante in ambito sociale e economico.

Alcuni studiosi sottolineano il ruolo del Zakat nella redistribuzione della ricchezza

verso i poveri e che questo strumento aiuta a mantenere la giustizia e l’equilibrio

sociale. Siccome tutte le risorse sono considerate un dono proveniente da Dio all’intera

umanità, non ci sono motivi per i quali tutta la ricchezza debba rimanere nel possesso di

una minoranza. In questo modo, la Zakat riduce al minimo le sofferenze dei membri

poveri e bisognosi della comunità. Essa è una consolazione che conforta gli individui

meno “fortunati” e purifica il cuore del contribuente dell’egoismo e dall’amore per la

ricchezza. Inoltre purifica il cuore di colui che riceve dall’invidia e dalla gelosia, dal

risentimento e dal rancore; pone nel cuore di quest’ultimo benevolenza e simpatia per il

contribuente. Ne risulta che tutta quanta la società si purifica e si libera dall’odio di

classe e dal sospetto, dai cattivi sentimenti e dalla mancanza di fiducia, dalla corruzione

e dalla disintegrazione sociale: mali che stiamo riscontrando nella società di oggi.

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Come si calcola il tasso della Zakat? Ogni Musulmano, maschio o femmina,

che alla fine dell’anno sia in possesso di circa quindici dollari o più, in contanti o in

articoli di commercio, deve versare la zakat al tasso minimo del 2,5%. Nel caso in cui la

somma sia in contanti, la cosa è facile. Ma se uno possiede ricchezza in merce o in

materiale commerciabile, allora deve valutare la propria ricchezza al termine di ogni

anno e versare la zakat al medesimo tasso del 2,5% sul valore totale della ricchezza. Se

il suo denaro è investito in immobili che siano fonte di reddito, la zakah va calcolata sul

totale netto del reddito, non sul valore totale della proprietà. Se invece costruisce case e

edifici per poi venderli, la zakat deve essere calcolata sul valore totale della proprietà.

Se uno è creditore e il debitore è solvibile, il creditore deve pagare la zakat anche sulla

cifra che gli spetta, perché essa fa parte della sua ricchezza. In ogni caso, bisogna

ricordare che si paga la zakat soltanto sul bilancio netto. Le spese personali, le spese

familiari, le spese necessarie, il pagamento dei debiti: tutto ciò viene prima e la zakat

viene calcolata sul bilancio netto. Bisogna anche ricordare che il tasso del 2,5% è solo

un minimo. In periodo di emergenza o di necessità impellenti, non c'è limite al tasso;

più uno è disposto a versare, meglio è per tutti quanti. La distribuzione della zakat serve

tutti gli scopi per cui vengono lanciate numerose campagne di finanziamento. Il fondo

della zakat sostituisce tutte le altre tasse. Alcune fonti riportano che vi furono tempi

nella storia dell’amministrazione islamica in cui non si trovava nessuno che avesse i

requisiti per ricevere la zakat; ogni suddito (musulmano, cristiano o ebreo) del vasto

impero islamico aveva abbastanza per soddisfare i propri bisogni e i governanti

dovevano depositare il denaro raccolto nella cassa del tesoro pubblico. Ciò dimostra che

quando la legge della zakat è mandata in vigore come si deve, le necessità dei cittadini

sono ridotte al minimo e il tesoro dello Stato si trova talmente arricchito che non ci sono

più né poveri né bisognosi, mentre sono disponibili ingenti quantità di denaro. La

grande efficacia di questa misura d'interesse comune deriva dal fatto che essa nasce da

un comando divino, da un ordine che viene da DIO stesso. Non si tratta di una faccenda

personale o di un contributo volontario; si tratta invece di un obbligo del cui

adempimento l’individuo è responsabile direttamente nei confronti di Dio. Siccome la

zakat è una legge di DIO che va applicata nell’interesse comune, nessun Musulmano ha

il permesso di trascurarla. Quando non viene osservata nella maniera giusta, le legittime

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autorità dello Stato devono intervenire a vantaggio della comunità per mandare in

vigore questa istituzione.

Chi sono i legittimi destinatari della zakat? Il Santo Qur'an classifica nel modo

seguente i legittimi destinatari della zakat:

1. i Musulmani poveri, affinché siano alleviati i loro bisogni;

2. i Musulmani bisognosi, affinché siano loro forniti dei mezzi con cui

possano procacciarsi da vivere;

3. i neofiti, affinché siano messi in grado di far fronte alle loro nuove

necessità;

4. i prigionieri di guerra musulmani, affinché vengano liberati grazie al

pagamento del riscatto;

5. i Musulmani che hanno debiti, affinché siano liberati da una condizione

di dipendenza economica;

6. i funzionari musulmani nominati da un ministro musulmano per la

raccolta della zakah, in modo che possano pagare le loro spese;

7. i Musulmani al servizio della causa di DIO, nella ricerca, nello studio,

nella propagazione dell'Islam, affinché possano coprirsi le spese e

possano continuare a svolgere il loro servizio;

8. i viaggiatori musulmani che si trovano in terra straniera e hanno

bisogno di aiuto.

Il legittimo destinatario della zakat è uno che non ha nulla con cui far fronte

alle proprie necessita o possiede poco denaro (meno di 15 dollari) alla fine dell'anno. Se

uno ha circa 15 dollari o più, allora è contribuente, e non destinatario di zakat. Se un

destinatario riceve la parte che gli spetta e trova che essa è sufficiente per i suoi bisogni

immediati, con un bilancio di circa 15 dollari, non deve accettare più nulla, Dovrà

restituire tutto quanto eventualmente gli sarà stato offerto ad altri destinatari. La zakat

può essere distribuita direttamente a persone di una o più delle categorie suddette

oppure a organismi che si occupino di tali categorie. Può anche essere distribuita sotto

specie di borse di studio a studenti e ricercatori Musulmani brillanti e promettenti,

ovvero come garanzia a organismi e istituzioni di pubblico servizio che tutelino tali

cause. Un Musulmano povero inabile e invalido è preferibile a un altro che invece sia

abile e capace di procurarsi qualche guadagno. Il contribuente deve far uso del proprio

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giudizio nel modo migliore, al fine di trovare i beneficiari più qualificati. Le tasse che

paghiamo ai governi attuali non sostituiscono questo dovere religioso; quest’ultimo

deve essere considerato un obbligo speciale e pagato separatamente, oltre alle tasse

governative. Comunque, i Musulmani del Nordamerica possono trarre vantaggio dalla

legislazione fiscale che consente certe deduzioni giustificate dalla beneficenza. Essi

devono pagare la loro zakat ai beneficiari qualificati e poi reclamare le quote versate

come deduzioni legali. Il contribuente non deve cercare di far bella figura, adempiendo

a questo dovere. Deve compierlo nella maniera più riservata possibile, per non cadere

preda dell’ipocrisia o della vanità, difetti che annullano tutte le buone opere. Comunque,

se la pubblicità data al suo nome o l’annuncio del suo contributo può incoraggiare altri e

stimolarli, allora è giusto farlo. La zakat è obbligatoria anche per il bestiame e i prodotti

agricoli. I1 tasso da pagare varia qui da caso a caso e dovrebbe essere discusso in

maniera minuziosa, si rimanda perciò alle elaborate fonti della legge e della religione

(http://www.sufi.it/islam/zakat.htm).

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3. I PRODOTTI FINANZIARI ISLAMICI

3.1. Tecniche finanziarie equity-based

3.1.1. Al Mudarabah

Il contratto di Mudarabah è un contratto associativo misto, di lavoro e capitale,

che assolve a una duplice funzione:

Far fruttare i capitali attraverso operazioni commerciali.

Procurare adeguati finanziamenti alle imprese.

In base al contratto di Mudarabah la banca conferisce il capitale all’impresa

che lo impiega per un dato investimento o progetto. La banca partecipa al progetto

apportandovi il capitale, mentre l’imprenditore vi partecipa con la propria attività; il

progetto deve essere realizzabile e avere una previsione di rendita economica

favorevole. La banca partecipa ai profitti e alle perdite e l’imprenditore partecipa ai soli

profitti, ma non ha diritto ad alcuna remunerazione per il proprio lavoro nel caso di

perdita. Quindi le perdite vengono superate solo dal finanziatore (la banca) e la perdita

dell’imprenditore è limitata al suo sforzo lavorativo.

Attraverso tale contratto la banca fornisce al richiedente il capitale necessario

alla realizzazione del progetto. Di questa somma, una parte è destinata all’acquisizione

di capitale fisso per il progetto e una parte è impiegata per le esigenze operative

dell’affare (capitale d’esercizio). In generale, è possibile che il finanziatore imponga dei

limiti all’attività dell’imprenditore oppure che lo lasci libero di proseguire un profitto

contando sulle sue capacità imprenditoriali. Queste due possibilità, date

all’imprenditore, permettono di configurare due tipi di contratti:

Vincolato, detto anche con mandato limitato: in tal caso il

finanziatore pone dei limiti all’attività dell’imprenditore. Nel caso in

cui l’agente violi le norme del contratto, egli diviene responsabile di

qualsiasi perdita e il mandante può richiedere il rimborso dei danni

finanziari causati.

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Non vincolato, in cui solo le percentuali di divisione del profitto

devono essere determinate a priori. In questo caso, l’imprenditore non

incontra limiti al suo operato

In entrambi i casi, le percentuali di divisione dei profitti prodotti dall’affare

devono essere definiti a priori. Le scuole hanafita e hanbalita permettono i contratti

vincolati, mentre la malikita e quella shafita considerano come validi solo quelli non

vinco

3.1.2. Al Musharakah

Si tratta di un contratto di finanziamento intitolato profit-loss sharing7. Nel

contratto Musharakah, la banca e l’imprenditore costituiscono una società (con la

possibilità di partecipazione di altri soci finanziatori). Il contratto può prevedere il

potere di voto e di partecipazione alla gestione da parte dei finanziatori, i quali

comunque partecipano ai profitti (in base alla percentuale contrattualmente stabilita) e

alle perdite (in base alla quota detenuta nell’affare). L’imprenditore in questo caso,

apporta non solo la propria capacità organizzativa, ma anche una quota di capitali

investita e partecipa sia agli utili che alle perdite. Si tenga presente che tale figura

contrattuale viene utilizzata per finanziare progetti a lungo termine o di rilevo

internazionale.

A seconda dei casi, lo scopo può essere :

Il finanziamento di una data impresa (già esistente o da costruire).

Il credito all’importazione o all’esportazione di merci mediante

un’associazione tra banca e commerciante.

In quest’ultimo caso le parti procedono all’apertura di un conto presso la banca

nel quale depositano ciascuno la propria parte di capitale e dove saranno versati

proventi delle vendite, che saranno successivamente divisi in base alle quote fissate nel

contratto proporzionalmente alle quote di capitale conferito. La merce viene venduta da

7 Profit and Loss Sharing è un metodo utilizzato nel sistema bancario islamico per rispettare il principio

di proibizione dell’interesse. Una delle base della finanza islamica, che si riferisce al concetto di Profit

and Loss Sharing, raccomanda principi di egualità nel condividere i profitti e i rischi tra le parti coinvolte

in una transazione finanziaria.

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cliente-socio della banca che provvederà anche a fornire rendiconti periodici della

situazione.

In questa forma la Musharakah è applicata in modo particolare alle pratiche di

commercio internazionale, contesto in cui si innestano attività che il diritto musulmano

circonda di particolare cautele, perché presentano elementi di illiceità che potrebbe

contaminare l’integrità morale del contratto.

Più complessa risulta la struttura della Musharakah per il finanziamento delle

imprese: l’alto livello di rischio, incontrato in queste operazioni, fa sì che la

Musharakah e le operazioni di finanziamento in conto capitale che ne derivano, trovino

spazio operativo soprattutto a livello internazionale, nel settore della cooperazione

commerciale, tecnico-economica allo sviluppo.

Il contratto di Musharakah può essere utilizzato in operazioni di venture

capital8.Nei paesi musulmani l’attenzione è concentrata sugli artigiani e le piccole

industrie, finanziate attraverso la cosiddetta Musharaka mutanaqisa, che permette alla

banca di recuperare progressivamente i suoi fondi, grazie ai profitti realizzati, e uscire

gradualmente dal progetto, mentre il cliente riacquista man mano la titolarità del

capitale d’impresa.

Con la Musharakah i finanziatori acquistano una quota anche rilevante (tra il

50 e il 65%) dell’impresa emergente, riservandosi di trasferire i titoli nuovamente

all’impresa dopo un certo lasso di tempo o di collocarli sul mercato. Nonostante il

contratto preveda la gestione congiunta dell’operazione , e nonostante l’acquisizione di

quote spesso maggioritarie da parte dei finanziatori, questi ultimi affidano nella maggior

parte dei casi la gestione all’imprenditore, conservando un ruolo di consulenza,

supervisione e monitoraggio dello sviluppo dell’operazione.

Il contratto di Musharakah può essere sciolto in uno dei seguenti casi:

Se uno dei soci vuole uscire della società e gli altri vogliono

continuare, è sufficiente che il socio lo comunichi agli altri. Se il

conferimento era stato fatto in forma monetaria, la parte del capitale

di sua spettanza gli viene restituita e gli utili divisi pro quota. Nel

caso di conferimento di beni, invece, essi vengono venduti sul

8 Il venture capital è l’apporto di capitale di rischio da parte di un investitore per finanziare l’avvio o la

crescita di un’attività in settori ad elevato potenziale di sviluppo.

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mercato e i proventi divisi a meno che gli altri soci vogliono

mantenere nel patrimonio i beni. In tale caso, il socio uscente può

ottenere solo una remunerazione monetaria.

Se uno dei partner muore durante la società, agli eredi è data la facoltà

di decidere di continuare la Musharakah oppure uscire della società,

chiedendo la liquidazione della propria quota.

Se uno dei soci perde la capacità legale (per esempio perché diventa

legalmente incapace), allora la società deve essere sciolta.

Quando uno solo dei soci voglia uscire della compagine societaria l’accordo

deve essere ottenuto secondo il mutuo consenso. I soci possono acquistare la quota del

socio che vuole liquidare la propria partecipazione, sempre che si riesca ad attribuire

alla partecipazione stessa un valore che soddisfi tutti i soci. Se non si raggiunge

l’accordo, il socio uscente potrebbe, in teoria, obbligare gli altri soci a liquidare la

società e a dividere quanto ottenuto. Ma poiché la liquidazione obbligatoria per

soddisfare un socio può mettere in difficoltà gli altri soci, i giuristi negano la possibilità

di vendita coatta. Raccomandano, anzi, di mettere per iscritto le condizioni di

liquidazione nel momento della costituzione della società stessa.

3.1.3. Differenze fra il contratto di Musharakah e Mudarabah

In un contratto Mudarabah, l’agente di gestione (beneficiario o il mutuatario,

chiamato mudarib) non ha alcuna partecipazione finanziaria. In un contratto

Musharakah, l’agente è un partner finanziario con il fornitore del fondo (Rabb-al-Mal di

appalto Mudarabah), che condivide l’utile o la perdita nel rapporto designato con

margini di rischio sicuramente maggiori rispetto a un contratto Mudarabah. Così,

mentre nel Mudarabah, l’agente agisce come un partner di lavoro che non sopporta le

perdite e semplicemente gestisce il fondo (il progetto in cui il fondo è investito), nel

Musharakah, invece, tutte le parti sono soci nell'impresa .

Per entrambi i contratti Mudarabah e Musharakah, la redditività delle banche

islamiche è direttamente legata ai loro investimenti fisici. Questa è la differenza

principale rispetto alle banche convenzionali che guadagnano interessi sui prestiti che

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forniscono indipendentemente dalla redditività. Pertanto, le banche islamiche sono più

propense a chiedere un flusso continuo e completo di informazioni dalla loro

controparte, condizione che potrebbe portare a una maggiore trasparenza e stabilità. In

genere esse tendono a essere più interessate a relazioni stabili a lungo termine con i loro

clienti (Mirakhor e Zaidi 2007). Secondo Iqbal, queste forme di finanziamento azionario

favorisce una migliore comprensione del business e un maggiore controllo dei rischi per

la banca (Iqbal M. e Molyneux, 2007). Tuttavia Gassner e Wackerbeck sostengono che

l'attuale utilizzo di forme di capitale della finanza islamica è molto bassa, circa il 5%

delle attività delle banche islamiche (Gassner e Wackerbeck, 2009).

3.2 Tecniche finanziarie debt-based

3.2.1 Al Murabahah

Il contratto di Murabahah si configura come una doppia vendita con pagamento

differito. Si tratta di uno dei contratti maggiorenti utilizzati dalle banche islamiche per

operazioni di finanziamento alle imprese (acquisto di materie prime o semilavorati), per

operazioni di credito al consumo e per operazioni di investimento della liquidità.

Banca Islamica

Venditore Acquirente

(3)

Prezzo (P)

Consegna

del bene

(2) L’acquirente

e la banca

islamica

stipulano una

Murabaha

fissando (K) Consegna

del bene

(4)

Prezzo (P+k)

pagamento

dilazionato

(1)

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Un soggetto (l’acquirente) intende acquistare un determinato bene. Egli

individua con il venditore le caratteristiche del bene e il prezzo di vendita (1). Poiché

l’acquirente non ha a disposizione l’intera somma necessaria, si rivolge a una banca

islamica stipulando un contratto Murabahah al fine di ottenere un finanziamento (2).

L’acquirente comunica alla banca le condizioni individuate con il venditore e in tale

sede le parti stabiliscono il guadagno della banca per il servizio offerto nella forma di

margine di profitto (k), che costituisce un elemento essenziale, pena la nullità del

contratto. In base a tale schema contrattuale la banca islamica acquista la proprietà del

bene dal venditore pagando un prezzo (3). Successivamente la banca islamica trasferisce

la proprietà del bene all’acquirente (cliente-finanziato) al prezzo (P + k) stabilito in sede

di stipula del contratto (4). Il pagamento di tale somma può essere differito e/o

dilazionato nel tempo. In questo modo la banca ha effettuato un’operazione di

finanziamento a beneficio dell’acquirente senza prestare una somma di denaro a

interesse ma attraverso una doppia vendita il cui regolamento può avvenire a rate o in

un momento successivo alla consegna del bene. Il passaggio di proprietà del bene

avviene al pagamento del prezzo o dell’ultima rata. Di norma la banca si fa rilasciare

dall’acquirente una promessa di pagamento. La banca infatti non può prendere

automaticamente alcuna penale (perché viene considerato riba) ma può farsi rilasciare

una promessa unilaterale.

3.2.2 Contratto Salam

Il contratto Salam ha analogie con un contratto a termine convenzionale in cui

le parti si accordano sul prezzo di vendita di un bene la cui consegna è differita nel

tempo. Tuttavia il contratto Salam si distingue da un contratto a termine, poiché mentre

in quest’ultimo il prezzo è regolato alla consegna del bene, nel contratto islamico il

prezzo è pagato alla stipula del contratto. La giurisprudenza islamica ritiene che il

contratto Salam sia può equo di un contratto a termine convenzionale, poiché entrambe

le parti ricevono un contestuale beneficio: l’acquirente elimina il rischio legato

all’incertezza futura del prezzo del bene da acquistare, mentre il venditore riceve il

prezzo che può investire nel processo produttivo. Si tratta di un contratto che è spesso

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utilizzato nel finanziamento alle piccole e medie imprese, poiché, vendendo in anticipo

il prodotto finito, consente loro di raccogliere il necessario capitale per comprare le

materie prime e finanziare il processo produttivo.

È importante sottolineare che il contratto Salam è un’eccezione alla regola

generale che proibisce le vendite a termine, poiché queste violano due delle più

importanti condizioni di validità di un contratto coerente con i principi islamici:

l’esistenza del bene e l’effettiva proprietà del venditore. Infatti al momento della stipola

del contratto l’oggetto può non esistere o il venditore non averne la proprietà. Data la

natura del contratto, la giurisprudenza commerciale richiede che, per la validità del

contratto, siano verificate alcune condizioni. In particolare il contratto deve avere a

oggetto beni standardizzati, di facile individuazione nella qualità e quantità. Ciò esclude

beni pregiati come opere artistiche o pietre preziose. Data e luogo di consegna del bene

devono essere specificati in modo chiaro e il prezzo necessariamente pagato alla stipula

del contratto.

3.2.3. Contratto di Istisna

Il contratto di Istisna il bene è compravenduto prima di essere prodotto, in

questo caso, quindi ci si riferisce principalmente a beni che devono essere costruiti su

misura. Questo tipo di contratto è utilizzato nelle operazioni di project “financing” per

la realizzazione di infrastrutture (ponti, strade, scuole, ecc.). La caratteristica principale

è la flessibilità nella modalità del pagamento. A differenza di un contratto Salam non è

infatti richiesto che il prezzo venga interamente anticipato alla stipula del contratto.

Il contratto Istisna viene usato principalmente per acquistare abitazioni in

costruzione (sostituendo dunque un mutuo immobiliare). Il finanziatore, secondo il

contratto Istisna, può costruire l’immobile oppure può, stipulando un contratto Istisna

parallelo, ordinare a una terza persona di costruire un determinato immobile. In questo

caso il cliente ordina ala banca l’immobile e la banca aggiunge un margine di profitto al

prezzo pagato al costruttore prima di rivenderlo al cliente. Una volta stipulato il

contratto, il cliente inizia a pagare le rate del proprio debito alla banca, finché

l’immobile non sarà ultimato e consegnato alla parte acquirente. Allo stesso modo lo

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schema può essere utilizzato per ordinare la costruzione di manufatti, aerei, navi e

macchinari pesanti.

3.2.4. Il contratto di leasing

Le banche islamiche possono stipulare con i propri clienti contratti di locazione

(Ijarah) di beni mobili o immobili: il godimento di un bene dietro pagamento di un

canone a titolo corrispettivo è disciplinato anche nei codici vigenti nei paesi musulmani.

Nella prassi bancaria si distingue tra Ijarah, in cui il locatore ha solo l’uso del

bene, e Ijarah wa Iqtinah, in cui all’uso del bene si associa per il locatore la possibilità

di divenire proprietario; l’Ijarah wa Iqtinah è dunque equivalente al leasing finanziario,

mentre l’Ijarah semplice è di norma ricondotta al leasing operativo9.

L’Ijarah wa Iqtinah richiama alcuni conrtatti tipici, tra cui soprattutto il bay al-

wafa, vendita con patto di riscatto: essa consente al venditore di ricevere il corrispettivo

del bene venduto, mantenendo in genere la disponibilità (mediante locazione o oltre

forme di cessione dell’uso), mentre il compratore ne percepisce i frutti in attesa del bene

e della restituzione per intero del prezzo pagato inizialmente. Questo contratto

rappresenta un mezzo per eludere le restrizioni della proibizione del riba (interesse),

mascherando un prestito a interessi attraverso una doppia vendita e pertanto è spesso

rigettato come illecito, mentre alcuni preferiscono considerarlo una sorta di pegno in cui

il “compratore” tiene la proprietà come garanzia del suo debito (il prezzo di vendita).

Perché il contratto di leasing sia conforme alla shariah è necessario che siano

rispettate alcune condizioni. Il bene oggetto del contratto deve essere un uso reale e da

esso deve derivare un beneficio: aerei, attrezzature industriali e naturalmente gli

immobili. L’oggetto non deve rientrare tra quelli proibiti della Shariah e non deve essere

utilizzato in un modo illecito: è perciò escluso il leasing di attrezzature per il gioco

d’azzardo, di fabbriche di alcolici. La rendita deve essere fissa, stabilita in anticipo ed

escludere elementi speculativi; può essere determinata sulla base di tabelle che tengono

9 L’Ijarah è anche definita come il trasferimento dell’usufrutto o manfa’a (l’uso di un oggetto o i servizi

di una persona) dietro un corrispettivo. Può essere di due tipi: a tempo o per la realizzazione di un

compito. Si richiama altresì l’attenzione sul gu’l (cottimo), istituto utilizzato per giustificare il pagamento

di commissioni per i servizi della banca islamica.

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conto della capacità, della possibilità e dei bisogni del settore in cui opera l’impresa. La

durata del contratto è quella della vita economica del bene, dunque una durata

intermedia tra quella dell’ammortamento e quella del bene.

Nella prassi bancaria islamica, l’Ijarah wa Iqtinah (leasing finanziario) si è

diffuso come strumento di finanziamento caratterizzato da un rapporto trilaterale tra il

produttore-venditore, il finanziatore-locatore (muajjir) e l’utilizzatore-locatario

(musta’jjir). In particolare, un finanziatore (banca o società di investimento) concede al

futuro locatore il mandato per scegliere, in nome e per conto del finanziatore, il bene

oggetto del contratto, stabilendone le caratteristiche ed il prezzo.

Il contratto di locazione vero è proprio è stipulato tra il finanziatore, che

acquista i beni, e l’utilizzatore che ne diviene locatario dietro pagamento di un canone.

Al fine di rispettare il divieto coranico di riba, la conclusione del contratto di locazione

deve avvenire nel periodo compreso tra il momento dell’acquisto e quello della

consegna del bene al locatario. In particolare, se la stipula avvenisse in un momento

anteriore, la banca finanziatrice concederebbe in locazione beni che non sono ancora

entrati nella sua disponibilità; se, invece, fosse successiva alla consegna, il locatario

godrebbe dei beni senza averne titolo, traendone un illecito arricchimento. Gli obblighi

della banca finanziatrice consistono nel consegnare il bene oggetto del contratto, nel

garantire la cosa contro l’evizione e i difetti e nel rispettare l’eventuale impegno di

vendere la cosa locata. Il locatario è tenuto a pagare il canone e a conservare la cosa

secondo la sua destinazione; i rischi dell’utilizzazione sono a carico del locatario che

risponde del normale deterioramento del bene.

La risoluzione del contratto presuppone il mancato adempimento degli obblighi

delle parti e, nella maggior parte dei casi, è richiesta dal finanziatore in seguito a

inadempimenti del locatario. Tra le cause di risoluzione previste nei contratti si trovano:

il mancato pagamento di una rata del canone, la sublocazione del materiale a un terzo, il

pegno o la cessione del bene. A parte la risoluzione, che rappresenta una conclusione

anomala e prematura del contratto, la restituzione e infine l’acquisto del bene.

Con la proroga, le parti negoziano un nuovo accordo, stabilendo la scadenza e

il canone (inferiore al precedente), mentre con la restituzione del bene al finanziatore

terminano i rapporti tra le due parti. La restituzione non è frequente perché, in ragione

dell’esiguità del prezzo, il locatario ha tutto l’interesse ad acquistare il bene. Ciò pone

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pero il problema della determinazione del prezzo di vendita, risolto essenzialmente in

due modi. Nel caso di concessione di un’operazione d’acquisto, in genere non è previsto

il pagamento dell’eventuale prezzo residuo dei beni al momento della cessione, ma

viene pagato il profitto spettante alla banca per l’operazione di leasing, determinato di

stipulazione del contratto. Nel caso in cui, invece, il profitto è già sommato al costo

totale dell’operazione e ripartito in canoni periodici, si ricorre al trasferimento dei beni a

titolo di donazione il locatario non ha in questo casi il diritto di rifiutare il trasferimento.

3.3. I Sukuk

Il termine sukuk è il plurale della parola araba sakk che significa certificato e

ricorda la parola chèque, l’assegno. L’esistenza di un mercato obbligazionario è un

elemento fondamentale in un’economia, poiché da un lato costituisce un importante

“canale di trasmissione” della politica monetaria e dall’altro consente di aumentare il

grado di trasparenza, liquidità e trasferibilità del rischio di interesse e di credito. Il

divieto del riba ha effetti non solo sull’attività bancaria di prestito, ma anche

sull’utilizzo degli strumenti di mercato quali titoli di stato o le obbligazioni societarie

(corporate bonds) che, in quanto strumenti basati sul tasso di interesse, non sono

accettati secondo la legge islamica.

La finanza islamica ha superato tale limite elaborando strumenti che, nel

rispetto della sharia, riproducono gli stessi flussi di cassa di un bond: il pagamento

periodico di cedole e il rimborso del capitale a scadenza.

I sukuk fanno riferimento alla legge islamica che vieta l’interesse, l’incertezza

contrattuale, la speculazione rendendo questo investimento sicuro e lontano dalle

incertezze finanziarie. Sono simili alle obbligazioni tradizionali garantite da attività,

invece di basarsi su un tasso di interesse fisso, il ricavo degli investitori deriva

dall’affitto e della vendita di attività tangibili come per esempio i beni immobili. Inoltre,

mentre l’obbligazionista ha il diritto di ricevere il pagamento degli interessi a scadenze

predeterminate, chi detiene i sukuk ha invece il diritto di partecipare sia ai profitti

generati dalle attività sottostanti, sia ai ricavi derivanti dal realizzo di tali attività.

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Dall’inizio del 2000, i Sukuk sono diventati importanti strumenti

finanziari islamici nella raccolta di fondi per il finanziamento di un progetto a lungo

termine. Il primo sukuk è stato emesso dalla Malesia nel 2000, seguito dal Bahrain nel

2001. Da allora i sukuk sono stati utilizzati sia nel settore societario e dagli Stati per la

raccolta di finanziamenti alternativi.

Fondi Sukuk in moneta locale sono stati emessi, per la prima volta, in Malesia

alla metà degli anni Novanta; nel 2001, nel Bahrain sono apparsi i primi sukuk (sukuk

ijara ) in dollari con un’emissione di 100 milioni a cinque anni. Da allora, moltissimi

paesi, soprattutto del golfo e del sud-est asiatico (Malesia, Pakistan, Brunei) hanno

emesso Sukuk; il loro esempio è stato anche da istituti come la banca mondiale e da

stati occidentali. In effetti, nel 2004 , il Land tedesco dell’Alta Sassonia ha emesso

sukuk ijara , quotati nella borsa del Lussemburgo , per 100 milioni di euro per la durata

di cinque anni. I fondi sono serviti per una riqualificazione di immobili di proprietà del

Ministero delle finanze. Resta a notare che i Sukuk non sono del tutto assimilabili ai

titoli obbligazionari.

Nella seguente tabella, troveremo un confronto fra obbligazioni convenzionali

e Sukuk in modo tale da capire le differenze e similitudini.

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3.4. Funzionamento dei Sukuk

Nella pratica un’emissione di sukuk è molto simile a un’operazione di

cartolarizzazione (securitization). Viene infatti creato un veicolo (Special purpose

vehicle, Spv) dotato di propria soggettività giuridica e di norma domiciliato in un paese

con un regime fiscale favorevole. Tale Spv riceve dall’originator dell’operazione (colui

che ha bisogno di fondi) gli asset a fronte dei quali emetterà dei certificati (sukuk notes)

che verranno sottoscritti dagli investitori. I fondi raccolti serviranno a finanziare i

progetti shari‘a compliant. Gli investitori sono i proprietari pro quota degli asset e

l’Spv, per loro conto, stipula un contratto islamico (mudàraba, mushàraka,ijàra, ecc.)

con l’originator. Sulla base della struttura contrattuale islamica utilizzata si hanno

diverse categorie di sukuk.

Alla scadenza del sukuk la proprietà del bene sottostante verrà trasferita

nuovamente all’originator e gli investitori riceveranno il rimborso del capitale ad un

prezzo precedentemente stabilito. Quest’ultima è una questione delicata e controversa

che ha portato l’Aaoifi nel febbraio del 2008 a disciplinare e omogeneizzare il rimborso

a scadenza dei sukukin modo tale da essere pienamente coerenti con i principi islamici.

3.5. Tipologia di Sukuk

3.5.1. L’istisna sukuk:

Sono molto in uso specialmente per la costruzione di beni di rilevanti

dimensioni o infrastrutture. L’istisna sukuk prevede la cessione al veicolo di un pool di

beni di futura costruzione (in ottica assimilabile al project financing). L’originator

(assimilabile al developer/costruttore che nell’istisna sukuk può anche essere una banca)

cede i beni di futura costruzione al veicolo emittente i titoli; i titoli rappresentativi della

proprietà di un bene futuro vengono sottoscritti dagli investitori che versano il relativo

valore nelle casse sociali del veicolo emittente i titoli; in un secondo momento il veicolo

versa il denaro derivante dalle sottoscrizioni al developer/costruttore (o alla banca) per

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la realizzazione dell’opera mentre l’acquirente dell’opera versa al veicolo le rate in base

allo stato avanzamento lavori; la funzione del veicolo e propriamente quella della

gestione dei flussi soprattutto quando sono previste più emissioni di titoli e più

pagamenti. Il profitto viene realizzato tramite lo spread esistente tra il prezzo dell’opera

o dell’infrastruttura versato dall’acquirente ed il prezzo di realizzazione della stessa.

3.5.2. Sukuk Ijarah

Ijara Sukuk, sono simili a quelle delle obbligazioni convenzionali ma con un

sottostante formato da un contratto di leasing immobiliare. Ijara in arabo vuol dire “dare

qualcosa in affitto” e tecnicamente si collega al trasferimento dell’usufrutto di una

particolare proprietà che resta al locatore. E’, quindi, un contratto che nasce per l’uso di

uno specifico asset e che trova il suo maggiore utilizzo nel Regno Unito.

Per la conformità alla Sharia, questo tipo di contratto deve rispettare due

condizioni, ossia, che l’attività sia Halal e che gli oneri d’affitto siano conosciuti dalle

parti e coprano l’intero periodo del leasing. In merito alle responsabilità derivanti dalla

proprietà e dal diritto a gestire le attività, spettano entrambe al locatore. Simile a questa

tipologia è Ijara pur strutturandosi prevalentemente come un finanziamento a leasing.

La durata dell’affitto, in questo caso, è sufficiente ad ammortizzare

l’investimento. E’ previsto, inoltre, un elemento di profitto, per la verità molto simile ad

un tasso di interesse, ma permesso dai giuristi islamici in quanto è legittimo un ricarico

fisso collegato ad attività tangibili, visto che convertendo attività finanziari in reali, il

finanziatore assume rischi, per i quali è chiaramente permessa una remunerazione.

Questa metodologia spesso presenta alla fine del periodo d’affitto o una

opzione o una obbligazione di acquisto.

3.5.3. Sukuk Mudarabah, Musharakah, Murabaha

Il Mudarabah sukuk è un accordo tra due parti in cui la prima parte mette il

capitale (100%) e gli altri apportano il management e la gestione d’impresa. Inoltre solo

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chi apporta il capitale risponde delle perdite, mentre in caso di utile entrambe le parti

guadagnano in base a quote prestabilite. Il Musharakah sukuk è una partnership tra

banca e cliente, entrambi contribuiscono al conferimento di capitali (beni, liquidità). Le

parti concordano in anticipo con un contratto i profitti, mentre le perdite sono diverse in

base alle quote portate. Il Murabahah sukuk è un contratto diviso in due parti. La prima

dice che un cliente chiede alla banca di acquistare un bene al suo posto, mentre la

seconda parte dice che dopo un certo periodo deve ricomprarlo con una maggiorazione

di prezzo e a rate.

Lo sviluppo dei Sukuk

L’emissione di Sukuk non ha subito, come la maggiorità dell’economia

mondiale, un diminuzione della crescita durante il periodo di crisi del 2008 e 2009 che

hanno registrato i valori corrispondenti a 18.8 miliardi e 25.6 miliardi di dollari

rispettivamente.

Invece, l’anno 2010 fu caratterizzato da una rinascita dei mercati internazionali

e ciò grazie agli interventi governativi . Esso ha avuto une ripercussione positiva sulla

finanza islamica. Stesso in quest’anno, il livello di emissione dei Sukuk ha riguadagnato

il suo livello iniziale quello di prima della crisi con un valore globale di 43.6 miliardi di

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dollari causato principalmente dell’emissione di Sukuk domestici nel Malaysia.

Secondo alcune fonte ufficiali di finanza, nel 2011 l’emissione di Sukuk raggiunse il

livello più alto ossia 85.5 miliardi di dollari. Un rapporto pubblicato da un centro di

statistica finanziaria prevede che nel 2015 l’industria bancaria islamica dovrebbe

raggiungere 990 miliardi di dollari.

3.6. Il contratto assicurativo: Takaful

3.6.1 Introduzione all’assicurazione islamica Takaful

Per lungo tempo il contratto assicurativo ha rappresentato un tabù nel mondo

musulmano. Per i fedeli musulmani, ogni accadimento della vita umana è opera del

valore di Allah. Secondo questa logica, assicurare qualcuno o qualcosa non aveva un

senso se quello che accadrà non potrà essere spinto o cambiato se non con la volontà di

Allah. Pero, l’Islam non vieta in modo assoluto di proteggersi dai rischi. Se da un lato il

fedele musulmano è esortato ad accettare le sfortune della vita, perché scendono del

volere di Allah, dall’altro non gli è vietato prendere le misure necessarie per cercare di

evitarle. La legge islamica contiene, inoltre, i divieti di incertezza (Gharar) e

speculazione (Maysir), sulla base dei quali la giurisprudenza commerciale islamica ha

dichiarato l’attività assicurativa convenzionale incompatibile con i principi della Sharia.

Infatti, in un’assicurazione convenzionale l’assicuratore riceve una somma di

denaro dall’assicurato, nella speranza di conseguire un profitto. In particolare, egli

confida che l’ammontare dei sinistri rimborsati durante un esercizio commerciale sia

inferiore ai premi incassati generando così, un surplus. Ciò si configura come

speculazione (Maysir). Inoltre l’assicurato paga un premio certo per un beneficio incerto

che può essere nullo o superiore al premio pagato. Ciò si configura come incertezza

(Gharar). L’assicurazione convenzionale ha, quindi, nella sua natura elementi che non

sono compatibili con i principi islamici.

La giurisprudenza commerciale islamica ha così elaborato l’assicurazione

islamica (takaful) nella forma di mutua assicurazione o cooperativa. Il contratto

Takaful, si basa sul principio seguente; i partecipanti scelgono di proteggersi

collettivamente da alcuni rischi definiti, conferendo le proprie risorse in un fondo

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collettivo. Questo tipo di assicurazione, basata sulla mutualità e sulla solidarietà, si è

sviluppata rapidamente e ha dato origine a differenti formule organizzative.

Il primo modello, definito Mudarabah, si basa su uno schema di condivisione

dei profitti e delle perdite; il secondo si chiama wakalah, ha per base il modello di

agenzia. Esiste un terzo modello, chiamato misto raccomandato dall’AAOIFI ed

accettato come unica alternativa in paesi come il Bahrein. La letteratura

sull’assicurazione islamica si è occupata ampiamente della rispondenza di questi

modelli alla legge coranica (Archer, Karim e Al-Deehani, 1998; Kassim, 2005; (Tolefat,

2006; Jaffer, 2007).

3.6.2 Lo sviluppo dell’assicurazione Islamica

La storia recente dell’assicurazione islamica risale alla seconda metà del

Novecento quando un gruppo di giuristi musulmani inizia a dibattere

sull’incompatibilità dell’assicurazione convenzionale con i principi della legge islamica.

Nel 1985, il Grande Consiglio dei giuristi islamici della Organization for the Islamic

Conference (Oic) in Arabia Saudita dichiara ufficialmente bandita l’assicurazione

convenzionale e approva il sistema takaful come sistema alternativo, basato sulla

cooperazione e mutua assistenza, sull’uso e la donazione (tabaru’) senza tuttavia

pronunciarsi sui modelli organizzativi, lasciando tale scelta agli operatori.

La prima assicurazione islamica fu la Islamic Insurance Company of Sudan

istituita nel 1979. Nel 1984, viene fondata la Syarikat Takaful Malaysia, oggi quotata in

borsa. Tale società mantenne il monopolio dell’assicurazione islamica in Malaysia fino

alla metà degli anni Novanta. Un significativo sviluppo si è avvenuto solo negli anni

Duemila con un incremento del numero degli operatori, la comparsa di dipartimenti

all’interno di assicurazioni convenzionali (islamic windows), la nascita di società di

riassicurazione islamiche re-takaful.

3.6.3 L’operatività globale dell’assicurazione takaful

Nell’assicurazione islamica gli assicurati cooperano tra loro, contribuendo alla

creazione di un fondo dal quale si trae il necessario per il pagamento dei rimborso

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erogati a coloro che hanno subito un danno o sinistro (Clark Johnson, Mumford Brown

e Smith, 2007). Non vi è quindi una compravendita di garanzia, come nell’assicurazione

convenzionale, poiché il proprietario del fondo e l’assicurato sono la stessa persona e

ogni surplus o deficit del fondo va a beneficio o intacca gli stessi assicurati e non

rappresenta un profitto o una perdita per gli azionisti della società di assicurazione. Non

esiste un rapporto assicurato-assicuratore, bensì entrambi partecipano al fondo.

Nell’assicurazione takaful, il versamento del premio assicurativo si configura

giuridicamente come una donazione alla mutua assicurazione in modo tale che il

pagamento dell’indennizzo, al verificarsi di un sinistro, abbia un elemento intenzionale

di donazione da parte degli assicurati.

Un elemento cruciale di distinzione tra l’assicurazione islamica e quella

convenzionale riguarda la politica d’investimento. Infatti, di norma, le assicurazioni

convenzionali investono i premi raccolti in strumenti a reddito fisso più un tasso di

interesse. Poiché la legge islamica prescrive il divieto del riba (l’usura), l’assicurazione

takaful, investe, invece, in attività conforme alla sharia, che non pagano un interesse, e

non raccoglie risorse finanziarie a titolo di debito oneroso.

3.6.4. Schema operativo dell’assicurazione takaful

L’assicurazione islamica può essere organizzata nella forma di società no-

profit o nella forma di società commerciale. Nel primo caso l’attività viene svolta su una

base puramente mutualistica senza distinzione tra partecipanti al fondo (assicurati) e

società che lo gestisce. La gestione di quest’ultimo avviene, così, per conto degli

assicurati, nel loro esclusivo interesse e fornendo loro servizi assicurativi a basso costo.

Tali assicurazioni takaful possono essere anche di natura pubblica.

Nel caso di società commerciali l’obiettivo è il conseguimento di un profitto e

di norma l’attività assicurativa è basta su due entità: il gestore takaful (generalmente una

società commerciale), con capitale proprio, che svolge attività di gestione e

investimento dei premi raccolti e il fondo takaful (il fondo che raccoglie i premi degli

assicurati). Il gestore svolge anche una funzione di prestatore di ultima istanza fornendo

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prestiti privi di interesse (Qard hasan) quando il fondo presenta una situazione di deficit

dovuta a una dinamica premi incassati- sinistri pagati non favorevole.

Di norma nell’assicurazione islamica si distingue tra general takaful e family

takaful. La prima si riferisce all’assicurazione contro i danni a persone e cose mentre la

seconda è una combinazione tra piano di risparmio e copertura di rischio di

premorienza. La causa di morte, se naturale, accidentale o violenta, poco conta

nell’assicurazione islamica poiché la morte è volere di Allah. Ciò comporta che anche

nel caso di suicidio i familiari del defunto hanno diritto a una prestazione

dall’assicurazione (Kassim 2007). Ciò è in contrasto con quanto avviene nella

assicurazioni vita convenzionali. La family takaful include anche le assicurazioni

mediche, i piani pensionistici e piani per la generazione di un fondo per l’educazione

dei figli.

I principali flussi dello schema di takaful:

3.7 Confronto fra il modello occidentale e islamico

Dopo la descrizione del sistema finanziario islamico e degli strumenti a

disposizione degli intermediari finanziari, un’analisi delle analogie e delle differenze tra

i due modelli in discussione servirà a chiarirne i relativi punti di forza e debolezza.

Contrariamente all’opinione generale, l’interesse nel valore temporale del denaro

costituisce un’analogia, non una differenza, tra le banche islamiche e quelle tradizionali.

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Non esiste, infatti, un principio a sostegno del pensiero corrente secondo il quale la

Sharia non consentirebbe il collegamento del valore monetario al tempo nello scambio

dei contratti. È solo nel prestito che la Sharia esige che non venga considerato il valore

temporale del denaro (Shirkah, 2006)

Ulteriori analogie sono riscontrabili in diverse tipologie operative, tra queste,

assumono rilievo particolare le operazioni con alla base il concetto di profit loss

sharing, ossia di condivisione tra finanziatore e gestore dei fondi, di profitti e perdite

derivanti da un’iniziativa imprenditoriale, in base a predeterminate percentuali. Tale

modalità operativa, sebbene si differenzi in base alla tipologia di strumento a cui è

collegata, porta le istituzioni finanziarie musulmane ad allontanarsi dalla figura di debt

holder, propria del modello convenzionale, per avvicinarsi di più a quella di equity

investor, spingendole così ad assumere caratteristiche più simili alle merchant bank. In

generale, questa tipologia contrattuale basata sulla condivisione essendo mediamente

meno standardizzata e più complessa, presenta una maggiore incidenza dei costi

operativi. Inoltre, non utilizzando garanzie, crea particolari problemi anche in termini di

moral hazard, che risultano più accentuati nella forma della Mudaraba, in cui

l’imprenditore non assume alcuna obbligazione o rischio di perdita finanziaria.

Dal punto di vista del passivo, lo strumento più interessante sono i depositi di

investimento, una forma ibrida tra strumenti di debito e di capitale, gestiti

completamente dalla banca, senza diritto di voto da parte di chi deposita il capitale, con

rendimento variabile e rimborso del capitale non garantito. Alla luce di queste

caratteristiche, i titolari di tali depositi non presentano nessun potere di controllo

interno. L’unica possibilità di cui dispongono è una forma di controllo tipica del

mercato denominata voting with their feet, ossia il diritto di prelevare le somme

depositate per esprimere il loro dissenso verso il management, impiegandole altrove. La

discrezionalità del management derivante dalla gestione congiunta dei fondi sia di

proprietà della banca che del depositante favorisce potenziali meccanismi di azzardo

morale. Tale discrezionalità si concretizza nella scelta dei criteri di allocazione del

capitale, nel diritto di modificare nel tempo la quota dei profitti a titolo di compenso per

l’attività svolta come gestore e soprattutto nella scelta fra le diverse possibilità di

coperture delle perdite.

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Per quanto riguarda il rischio di liquidità, ossia la possibilità che la banca non

abbia abbastanza fondi per far fronte a tutti i suoi impegni, è evidente come il trade-off

tra il livello ottimale di liquidità da detenere e l’andamento degli indicatori di

profittabilità sia simile in entrambi i modelli. In generale, comunque, si nota come le

istituzioni islamiche decidano di optare per un più alto livello di liquidità a disposizione.

Questa considerazione scaturisce alla luce della forte relazione tra islamic banking e

attività reali e dal limitato sviluppo dei tradizionali strumenti di aggiustamento degli

shock di liquidità come il mercato interbancario. In passato, infatti, le banche islamiche

che operavano nel sistema convenzionale, non permettevano la negoziabilità degli

strumenti di tesoreria, con conseguenze negative per la possibilità di canalizzare

l’eccesso di fondi verso le altre banche islamiche. Ciò ha sicuramente influito sullo

sviluppo potenziale delle istituzioni bancarie, costringendole a detenere maggiori riserve

liquide ma soprattutto ha limitato le autorità preposte a condurre operazioni di politica

monetaria (IMF Working Paper, n° 07/175, Washington international Monetary Found,

2007). Il primo e più importante tentativo per colmare questo vuoto è stato quello della

Malesia che dal 1994 dispone di un mercato monetario interbancario islamico. Critico

resta, inoltre, il contesto legale, visto che in realtà non esiste un modello unico di banca

islamica e diversi risultano gli orientamenti adottati nei vari paesi.

Per le banche islamiche oltre a quelli tradizionali esiste un ulteriore rischio

definito rischio di inosservanza della Sharia, ossia che i prodotti non siano conformi alla

fede musulmana. Al riguardo, tali istituzioni finanziarie incorporano all’interno della

struttura aziendale uno Sharia Board, come prova del loro forte ruolo sociale che si

sostanzia in varie attività redistributive (Ahmad , Hassan, 2007). Tra queste, in

particolar modo la raccolta e la distribuzione della Zakat, strumento islamico

redistributivo per antonomasia, si pongono come le attività principali atte ad alleviare le

situazioni di difficoltà della popolazione indigente. Questa importante attività sociale

sembra comportare ricadute, anche se minime, in termini di profittabilità, ricadute però,

ampliamente ricompensate dalla più vigorosa attività redistributiva svolta.

In assoluto, quindi, le banche islamiche risultano essere sufficientemente

competitive in termini di redditività riuscendo a compensare alcuni svantaggi in materia.

Tra questi, oltre le già citate maggiori esigenze di liquidità e i più alti costi operativi,

rilievo significativo assumono i limiti dimensionali delle istituzioni finanziarie, che

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comportano una minore capacità attrattiva e una conseguente minore quantità dei fondi

gestiti. Altre limitazioni scaturiscono da una più scarsa diversificazione degli

investimenti e dalla consequenziale minor possibilità di scelta offerta all’investitore.

Infine, anche la giovane vita dell’islamic banking e il conseguente minore expertise da

parte dei gestori, sicuramente non ne favoriscono la competitività.

In termini di efficienza un altro fattore che limita la competitività delle banche

nel sistema islamico, è costituito dai costi operativi, in media leggermente più bassi nel

sistema convenzionale grazie al maggior grado di standardizzazione delle operazioni

tradizionali. Gli intermediari islamici sono in genere relativamente meno efficienti,

anche se un miglioramento significativo in questi termini si è avuto recentemente grazie

alla crescita del business islamic banking a livello internazionale e grazie all’utilizzo

sempre più massiccio della tecnologia, che, comportando un aumento dell’efficienza

operativa, porta a una diminuzione dei costi operativi. Anche l’ingresso di istituzioni

straniere nei mercati islamici con la conseguente maggiore concorrenza sui mercati ha

influito in questo senso, consentendo la crescita del numero dei prodotti e dei servizi

offerti, con risvolti positivi anche in termini di tecnologia. D’altra parte l’ingresso di

istituzioni straniere potrebbe costituire un elemento sfavorevole se considerato nei

termini di perdita di potere da parte dell’autorità di controllo ( Brown, Hassan, Skully,

2007).

Infine, la maggiore stabilità dei depositi riscontrabile nel modello islamico è

basata sulla fidelizzazione della clientela, dovuta soprattutto a considerazioni di natura

etico-religiose e sul vantaggio avuto per decenni dalle istituzioni islamiche nell’operare

in un regime quasi monopolistico nei relativi paesi di appartenenza. Queste

caratteristiche, insieme al maggior collegamento tra finanza islamica ed economia reale,

hanno favorito la stabilità delle singole istituzioni finanziarie islamiche e del sistema nel

complesso tenendo lontano l’islamic banking dalle varie recenti crisi dovute

all’eccessiva speculazione e finanziarizzazione dell’economia.

In sintesi, le maggiori differenze tra i due modelli sono riscontrabili in termini

di caratterizzazioni dei rischi reputazionali e di business e per una maggiore incidenza

dei rischi operativi, legali e di impresa nel settore islamico. All’interno del rischio di

mercato, il rischio di interesse diventa irrilevante mentre acquista notevole importanza

quello di prezzo di acquisto dei beni, vista l’abitudine delle istituzioni islamiche a

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detenere nell’attivo un ammontare superiore di attività reali. Risulta a questo punto

chiaro, come la vera natura dell’islamic banking con alla base il concetto di

condivisione sia alquanto diversa da quella del prestito nel conventional.

Due modelli a confronto

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4. LA GLOBALIZZAZIONE DELL’ISLAMIC BANKING E DEL SISTEMA

FINANZIARIO ISLAMICO

4.1 Sviluppo globale

L’Islam conta oggi circa 1.57 miliardi di fedeli nel mondo, cioè circa il 24%

della popolazione globale. I musulmani costituiscono la maggioranza della popolazione

in più di 40 paesi: Malesia, Indonesia, Arabia Saudita, Bahrain , ecc. Solo in Europa, ci

sono circa 18 milioni di musulmani (Lewis and Algaoud 2001). La popolazione

islamica, tra l’altro, sta crescendo al tasso del 18‰ all’anno, in una maniera più rapida

se paragonata alle altre popolazioni (Walker et al 2007).

La popolazione Islamica nel mondo, proiezione per gli anni 1990-2030 (Pew

Reaserch Center)

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La popolazione musulmana per regione, 1990-2030 (Pew Reaserch Center)

Proiezione della popolazione mondiale, Musulmani e altri gruppi

(Fonte: Rapporto della banca Monte dei Paschi di Siena)

Queste cifre da sole potrebbero spiegare la crescente attenzione nei confronti

della finanza islamica. Infatti la finanza islamica come disciplina, data da più di quattro

decenni. La maggior parte delle banche islamiche sono apparse a partire degli anni

1970: la Nasser Social Bank Cairo (1972), la Kuwait Finance House (KFH) (1977), la

Faisal Islamic Bank of Sudan (1977) e la Dar Al-Maal Al-Islami (1980). All’inizio degli

anni ‘80, la finanza islamica fece parlare di sé quando tre paesi, cioè Iran, Pakistan e

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Sudan, decisero di trasformare le loro economie e il settore finanziario in conformità

alle leggi islamiche della Sharia. Da allora le banche islamiche e il corrispettivo sistema

finanziario, continuarono a crescere, cercando di innovare e diversificare sempre di più i

loro prodotti, clienti e mercati. Attualmente, le attività del sistema islamico si

raggruppano in tre parti del mondo; Il Medio Oriente, Il Sud dell’Asia, e Il Sud-Est

dell’Asia.

(Fonte: rapporto Deloitte, Finanza islamica niente interesse ma grandi interessi)

Il Medio Oriente, è la zona più popolata da musulmani e costituisce la culla

delle iniziative finanziarie islamiche. In effetti, il sistema bancario islamico gode di un

supporto particolare da parte dei governi, imprenditori e istituzioni finanziarie della

zona del Medio Oriente. La maggioranza degli organismi di controllo e di supporto

della finanza islamica si localizzano nel Medio Oriente. Una decisione di grande

impatto sul futuro della finanza islamica, cioè l’unione delle banche centrali della zona

del Medio Oriente, è stata prevista già durante l’anno 2010.

Per quanto riguarda il sud dell’Asia, la struttura della finanza islamica è stata

ultimamente ristrutturata nel Pakistan sotto forma di dualità del sistema bancario

(convenzionale e islamico). Invece, Il Bangladesh sta seguendo, sempre in un modo

rigoroso, le legge della finanza islamica sotto la pressione della domanda che proviene

dal mercato. L’India e l’Afghanistan potrebbero adottare il sistema islamico a breve nel

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futuro. Indonesia, Malaysia e Singapore stanno promuovendo il sistema più avanzato

della finanza islamica in tutta la regione. Questo implica una capacità attrattiva sempre

maggiore di questi paesi per i finanziamenti e i progetti provenienti dal Medio Oriente.

Infine, il governo del Sudan ha recentemente adottato, misure per promuovere il sistema

bancario e la finanza islamica nella regione.

Ruolo dei diversi Stati sul totale delle attività bancarie islamiche

(Fonte: Ernest & Young, les échos)

4.2 Le banche e finanza islamica

4.2.1 I Casi di successo

4.2.1.1 Arabia Saudita

La finanza islamica si è radicata positivamente in Arabia Saudita. Esistono due

maggiori operatori sul mercato della finanza islamica in Arabia: Al Rajhi Banking and

Investment Corporation (1957) e Bank Al Jazira (1975). Anche le banche convenzionali

offrono ai clienti i servizi di finanza islamica tramite l’apertura di specifici sportelli

dedicati a queste operazioni. Il tessuto finanziario dell’Arabia è composto da quattordici

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banche finanziarie, cinque cooperative di credito che detengono beni dal valore di oltre

20 miliardi di dollari statunitensi. Le operazioni delle banche islamiche raggiungono il

64% della totalità delle operazione finanziarie. In più, esiste una notevole crescita dei

prodotti finanziari conformi alla Sharia e un grande numero di banche stanno

ristrutturando le loro operazioni secondo le legge islamiche. Ultimamente la banca Al

Jazira ha completato la sua mutazione graduale verso lo status di banca islamica. Anche

la National Commercial Bank ha deciso di trasformarsi in una banca islamica nella

totalità delle sue attività nei prossimi cinque anni. Saudi Investment Bank ha

recentemente aperto dieci nuove filiali completamente dedicate alla finanza islamica,

corrispondenti al 50% per cento del totale delle operazioni. Al Bilad è il nuovo arrivato

nel settore islamico nell’Arabia Saudita. Almlak Finance e Dallah Al Baraka of Saudi

Arabia hanno stabilito un organismo finanziario di controllo per vegliare sulla salute del

settore islamico. La prima agenzia assicurativa islamica, SAAB Takaful Company, è

emersa di recente (2007) sul mercato assicurativo. In effetti, è previsto che fra quindici

anni, il settore assicurativo realizzerà una crescita pari al 15%, cioè una crescita

reddituale uguale a 3 milliardi di dollari. Gli indicatori rivelano una crescita

esponenziale degli attivi islamici per gli anni a venire (Al-Humaidi, 2006)

Proiezione dell’evoluzione della crescita degli attivi islamici in miliardi di

dollari

(2015) (Fonte: Ernest&Young, les échos)

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Con 291 milliardi di dollari , l’Arabia Saudita è in prima posizione per la

proiezione delle realizzazioni degli attivi nel 2015. Infine la Islamic Development Bank

ha giocato un ruolo cruciale nella promozione delle banche islamiche sia in Arabia che

in tutti gli altri paesi dove vivono musulmani.

4.2.1.2 Bahrain

Il Bahrain sta al vertice della gerarchia degli affari delle banche islamiche nel

mondo. Esso costituisce il domicilio della finanza islamica, poiché lì si svolgono

tantissime attività di accompagnamento e servizi annessi alla finanza islamica:

legislatura, ricerca, regolamentazioni, innovazioni e controllo. Il Bahrain contiene,

inoltre, il numero più elevato di istituzioni islamiche e organismi di supporto alla

finanza. Nel 1978, fu creata la prima banca islamica in Bahrain, la Bahrain Islamic

Bank. Ci sono più di quattrocento istituzioni finanziarie nel Bahrain, di cui trentatre

sono islamiche con un capitale totale valutato pari a 2.24 miliardi di dollari. Tutte le

operazioni delle banche islamiche sono gestite da banche commerciali a tutti gli effetti,

unità bancarie offshore e unità di investimenti bancari. Un numero significativo di

banche islamiche usa il Bahrain come una “base” per operare in tutti i paesi del Golfo,

nell’Unione Europea e nel nord America. Il Bahrain ospita la più grande industria

assicurativa islamica in tutto il mondo, che conta più di ventisei agenzie assicurative.

Uno dei progetti più grandi che intende instaurare il governo dello Stato del Bahrain

consiste nell’avviamento del più grande centro di scambio di Sukuk a livello regionale e

internazionale: il Sukuk Exchange Center. L’obiettivo sarebbe di aumentare gli

investimenti e soprattutto la liquidità per le istituzioni finanziarie del Medio Oriente ma

anche fuori la penisola araba. Al fine di un consolidamento della positiva reputazione

del paese come centro finanziario internazionale, il Bahrain Monetary Agency, ha

raccomandato alle banche islamiche operanti nel paese di aderire agli standard

determinati dall’Accounting and Auditing Organization for Islamic Financial Institution

(AAOIFI). Il Bahrain è uno dei due paesi che adottano gli standard AAOIFI, insieme al

Sudan. Il trattato che regola il sistema finanziario islamico determinato da AAOIFI è

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l’equivalente del trattato di Basilea per la vigilanza bancaria per le banche

convenzionali. AAOIFI è stata fondata nel 1991, ha la sua sede nel Bahrain ed è

composta da 71 membri che sono banche islamiche, banche convenzionali con sezioni

deputate alla finanza islamica, società internazionali di revisione di 17 Paesi. A

conferma del ruolo di preminenza del Bahrain nel mondo finanziario arabo si sottolinea

come esso sia stato scelto come sede per ospitare una nuova istituzione denominata

Islamic Agency for Credit Rating. Compito di questa nuova agenzia è quello di

determinare le potenzialità delle istituzioni finanziarie islamiche e valutare il loro livello

di rischio nell’ambito del mercato monetario, è indubbio che ciò contribuirà a

incrementare la fiducia negli investitori, rafforzando il mercato finanziario islamico

nell’ambito dello sviluppo dell’intero sistema economico islamico. Infine, il paese ha

assunto un ruolo importante nello sviluppo della finanza islamica in ambiti che

riguardano la sicurezza, sindacati finanziari e di credito, sistemi collettivi di

investimenti, Sukuk, Takaful. Le istituzioni finanziarie del Bahrain si avvalgono di un

riconoscimento e supporto “comunitario”, per esempio il 91% degli impiegati nei nuovi

reclutamenti vengono fatti presso i cittadini del Bahrain.

4.2.1.3 Iran

In Iran il processo di islamizzazione del sistema bancario e finanziario si è

compiuto, dalla rivoluzione islamica del 1979, in tre fasi distinte:

La prima fase è stata caratterizzata dalla nazionalizzazione e dalla

progressiva ristrutturazione del sistema bancario, attraverso alcuni interventi legislativi

e di politica economica che hanno gettato le basi per le successive modificazioni in

conformità con i principi islamici.

La seconda fase, partita nell’agosto del 1983, con l’emanazione della Legge

sulle operazioni bancarie senza interessi (Law for Usury-Free Banking Operation) ha

rappresentato l’adozione del sistema islamico nel settore bancario e finanziario. Questa

legge ha concesso alla banca centrale iraniana una vasta autonomia economica, di

controllo e di regolamentazione sull’esercizio delle nuove operazioni da parte delle

singole banche.

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La terza fase, iniziata nel 1896, pur mantenendosi nei limiti posti dalla legge

del 1983, ha teso sempre più a inserire il settore bancario nell’ambito della struttura

economica del governo.

Nel 1997 la banca centrale dell’Iran, Bank Markaz, ha emesso tre diverse

tipologie di depositi: depositi qrd al hasan, depositi di investimento generici vincolati e

depositi di investimento vincolati per progetti specifici. Caratteristica del sistema

bancario iraniano è che le banche sono obbligate a stanziare parte delle loro risorse per

le concessioni di qard al hasan, mutui senza interessi, in modo da favorire il

raggiungimento degli obiettivi socio economici indicati al momento della costituzione

del Paese e attuati mediante direttive redatte dalla banca centrale e approvate dal

governo.

Le banche sono inoltre autorizzate a fornire la loro assistenza finanziaria a

imprese produttive secondo il sistema della ripartizione degli utili e delle perdite, in

conformità ai principi di mudaraba e musharaka. Possono inoltre fornire finanziamenti a

titolo di capitale circolante a unità produttive, tramite l’acquisto di materie prime, pezzi

di ricambio, macchinario attrezzature e altri beni, dietro relativa richiesta di

vendita,inoltrata sulla base di un pagamento rateale. In aggiunta alle operazioni di

finanziamento, viene consentito alle banche di acquistare titoli di debito con una

scadenza inferiore a un anno, purché emessi a fronte di beni reali. Oltre alle banche un

certo numero di organizzazioni di beneficenza, operanti sotto il patrocinio del governo,

concedono qard al hasan.

L’Iran ha emesso nel 2001 il suo primo prestito obbligazionario in euro sul

mercato internazionale dei capitali. L’obbligazione paga un corrispettivo dovuto per un

leasing immobiliare sottostante all’obbligazione. Lo Stato ha venduto una proprietà a

una società veicolo che, per pagarlo, ha emesso un bond e lo ha riaffittato allo Stato

stesso che con i canoni periodici pagherà i sottoscrittori. Questa emissione ha avuto

comunque una valenza più politica che finanziaria, dato che l’Iran è un paese

parzialmente chiuso all’estero, che si autofinanzia quasi integralmente con le

esportazioni di petrolio. La posizione debitoria estera dell’Iran non è rilevante, in

conseguenza anche dell’aumento dei profitti derivanti dalla vendita del petrolio e di una

amministrazione fiscale molto prudente. L’Iran ha voluto dimostrare che è in grado di

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confrontarsi anche con la comunità finanziari istituzionale pur mantenendo i suoi rigidi

dettami religiosi.

4.2.1.4 Pakistan

Il processo di islamizzazione del sistema bancario in Pakistan è stato avviato

nel febbraio del 1979 dall’allora Presidente della Repubblica, generale Mohammed Zia,

che chiese al Consiglio dell’Ideologia Islamica di preparare un progetto volto a

eliminare l’interesse dal sistema economico nazionale. Tale progetto costrinse alcune

istituzioni finanziarie ad approntare in tempi piuttosto rapidi le misure necessarie per

riorientare le proprie attività verso modalità non basate sull’interesse. Il passaggio al

nuovo sistema si dimostrò più difficile per le banche commerciali.

Nel gennaio del 1981, in tutte le filiali delle cinque banche commerciali

nazionali, venne avviata la creazione di servizi di sportello per l’accettazione di depositi

in base al sistema di ripartizione degli utili e delle perdite. A partire dal luglio del 1985

nessun istituto bancario pakistano ha più potuto accettare depositi a interesse e tutti i

conti di risparmio, indipendentemente dalla loro data di apertura, dovevano basarsi sulla

partecipazione ai profitti e alle perdite della banca. Si è provveduto poi a eliminare

l’interesse da tutte le operazioni nazionali che ora si basano esclusivamente sulla

partecipazione degli utili o sul prestito senza interesse.

La Banca Centrale pakistana ha emesso alcune disposizioni volte a

regolamentare le modalità di finanziamento attraverso le quali possono essere impegnati

i fondi immobilizzati nelle banche. Queste modalità possono essere divise in tre gruppi:

finanziamenti tramite prestito, modalità di finanziamento di tipo commerciale,

finanziamenti sotto forma di investimento. Il primo prevede sia prestiti qard al hasan,

offerti su base caritatevole che non danno diritto ad interessi (il mutuatario potrà

restituirli se e quando ne avrà la possibilità), sia prestiti ordinari che comportano il

pagamento di commissioni il importo deve essere proporzionato al costo

dell’operazione.

Le modalità previste nel secondo tipo di finanziamento sono le seguenti:

acquisto di prodotti da parte delle banche e successiva vendita al cliente con pagamento

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rateale con l’applicazione di un ricarico, acquisto di cambiali commerciali, acquisto da

parte delle banche di proprietà mobili e immobili dei propri clienti con accordo di

riacquisto da parte di questi ultimi, leasing, vendita con pagamento rateale e

finanziamento per lo sviluppo di una proprietà in base alle relative spese. Infine, le

modalità di finanziamento sotto forma di investimento comprendono: musharaka,

partecipazione azionaria e acquisto di azioni, acquisto di certificati mudaraba, acquisto

di partecipation term certificate (titoli di credito negoziabili).

4.2.1.5 Sudan

Nel Paese il processo di islamizzazione del sistema bancario è stato piuttosto

discontinuo. Il primo tentativo in tal senso è stato compiuto nel 1984 con l’emanazione

di un decreto presidenziale rivolto alle banche, affinché interrompessero le transazioni

basate sull’interesse e negoziassero dei propri depositi e prestiti fruttiferi in formule

compatibili con la sharia; solo le transazioni estere potevano continuare a svolgersi nella

maniera convenzionale per qualche tempo.

Questo “esperimento” di islamizzazione del sistema bancario si è concluso nel

1985 per poi essere ripreso dopo cinque anni, nel 1990. Nel 2005, a seguito degli

accordi di pace tra il governo centrale e l’Esercito Popolare di Liberazione del Sudan,

sono state bandite nel sud del Paese, a maggioranza cristiana, le banche islamiche, salvo

la conversione alle regole delle banche convenzionali interested based.

Il governo per reperire risorse ha istituito due fondi pubblici basati sul principio

del musharaka. Il primo è il Government Musharaka Certificate (GMC), strumento che

consente al governo di raccogliere fondi attraverso l’emissione di titoli che garantiscono

agli investitori un rendimento negoziabile, connesso alla crescita delle entrate statali

derivanti dall’investimento di fondi raccolti nei servizi pubblici. L’altro, il Certificate

Bank Musharaka Certificate (CMC), è uno strumento basato sul capitale azionario

emesso a fronte delle quote delle banche commerciali detenute dal governo (o dalla

banca centrale). Con il CMC, la banca centrale diviene partner degli investitori nella

ripartizione degli utili prodotti dalla banche controllate. La ripartizione degli utili tra la

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69

banca centrale e gli investitori è negoziabile e il certificato può essere venduto sul

mercato secondario a un’altra banca o alla stessa banca centrale.

4.2.1.6 Malesia

La Malesia costituisce un esempio paradigmatico di paese nel quale convivono

due sistemi bancari: quello convenzionale e quello islamico.

Nell’aprile del 1983, con l’Islamic Banking Act (IBA), è stata dettata la base

legale per la costituzione di banche fondate sull’osservanza dei precetti islamici e si

sono devoluti alla banca centrale malese i poteri di regolamentazione e vigilanza sulle

banche islamiche. Nell’agosto del 1983 è stata fondata la prima banca islamica nel

Paese, la Bank Islam Malaysia Berhad (BIMB). Nello stesso anno entrò in vigore il

Government Investment Act, con il quale il governo malese autorizzò l’emissione di

Government Investment Certificate (GIC), titoli di stato basati sulla sharia. I GIC

vengono considerati attività liquide e utilizzabili dalle banche islamiche per soddisfare i

bisogni di liquidità e investire i propri fondi in eccedenza. L’obiettivo della banca

centrale malese, dagli anni ’80 a oggi, è stata la creazione di un sistema bancario

islamico parallelo a quello convenzionale. La banca centrale malese ha adottato un

approccio graduale: da una parte si è impegnata nell’apertura di nuovi istituti bancari

islamici nel Paese e dall’altra ha autorizzato gli statuti bancari già esistenti a offrire con

le proprie infrastrutture e filiali servizi bancari islamici. In tal senso è rilevante la

presentazione, nel 1993, del programma “Skim Perbanham Tanpa Faedah” (Programma

bancario senza interessi) volto a dotare tutte le banche convenzionali pakistane di

sportelli islamici. Nel luglio del 2007 è stato inaugurato il primo sistema di pagamento

islamico elettronico regolato dalla sharia. L’Islamic Payment Switch (IPS) prevede

l’emissione di carte di credito e carte pre-pagate destinate a essere usate nel Paese e in

Arabia Saudita, facilitando così i centomila malesi che ogni anno si recano in

pellegrinaggio alla Mecca.

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70

4.3 Islamic Banking e finanza nel nord Africa

Nonostante la finanza islamica sia nata in Egitto con la creazione nel 1963

della Ghamr Saving Bank, la prima banca islamica, essa non ha finora avuto successo

nel Nord Africa. Solo il 4,9 % degli attivi finanziari in Egitto sono legati alla finanza

islamica, appena il 2,2% in Tunisia e il 1,1% in Algeria. In Marocco ed in Libia non ci

sono banche islamiche contro, solo a titolo di esempio, il 100% in Iran e il 61% nei

paesi del Golfo.

Le ragioni del ritardo dello sviluppo della finanza islamica nei paesi del nord

Africa sono molteplici; la mancanza di conoscenza della finanza islamica nel nord

Africa è senz’altro un tema. I governi locali non hanno mai seriamente supportato lo

sviluppo della finanza islamica al contrario dei governi dei paesi del Golfo e della

Malesia. Altro fattore importante è la normativa su prodotti bancari islamici che è del

tutto assente o insufficiente. I regimi fiscali in molti casi disincentivano i prodotti Sharia

(per esempio, il Marocco e stamp duty sui mutui). L’assenza di remunerazione dei

depositi costituisce senz’altro un fattore di svantaggio competitivo importante in paesi

dove la competizione per la raccolta è alta, anche in virtù della presenza di molte

istituzioni europee (importante la presenza delle banche francesi in Tunisia, Algeria e

Marocco).

Marocco e Tunisia hanno autorizzato le prime istituzioni di finanza islamica

solo nel 2007, al fine di incentivare e intercettare flussi di investimenti provenienti dai

paesi del Golfo, dove la finanza islamica rappresenta più del 40% della quota di mercato

degli attivi bancari. In questo senso appare importante il progetto, pari a un controvalore

di 3 miliardi di dollari, per la costruzione di un centro finanziario in Tunisia finanziato

della banca islamica del Bahrain.

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71

(Fonte: Rapporto della banca Monte dei Paschi di Siena)

Contrariamente a quello che si potrebbe pensare, la penetrazione della finanza

islamica nei paesi del Nord Africa è a tutt’oggi molto limitata. Solo il 4,9% degli attivi

finanziari in Egitto sono legati alla finanza islamica, appena il 2,2% in Tunisia e l’1,1%

in Algeria.

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(Fonte: Rapporto della banca Monte dei Paschi di Siena)

Le maggiori Banche Islamiche sono player relativamente modesti nel

panorama bancario nordafricano. Faisal Islamic Bank si posiziona infatti solo al 43°

posto della classifica delle banche locali in Egitto con attivi che rappresentano una

frazione di quelli del principale player locale. Resta da sottolineare, che il cambiamento

del clima politico in seguito alle rivoluzioni della primavera araba, hanno incentivato

l’elaborazione di piani di studio ma anche di progetti di adozione della finanza islamica

e di alcune delle sue forme di maggior successo: i Sukuk.

In Marocco una legge sulla finanza islamica è stata presentata al parlamento il

18 gennaio 2014. La legge, se adottata, permetterà alle istituzioni bancarie di proporre

prodotti finanziari conformi alla religione islamica. Già nel 2007, il paese aveva

conosciuto una timida apertura alla finanza islamica con l’emissione di tre prodotti detti

islamici: Musharaka, Ijara, Murabaha.

In Tunisia, dopo tre anni di attività, la prima banca islamica, Zitouna Bank, ha

dichiarato di avere raggiunto un capitale sociale uguale a 100 milioni di dinari con un

aumento di 30 milioni di dinari nel 2013. La banca promette l’apertura di 13 sedi

regionali e di raddoppiare il totale degli addetti da 416 a circa 900 nel 2017.

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73

Classifica dei paesi del Nord Africa in funzione degli attivi conformi alla Sharia

(Fonte: Rapporto della banca Monte dei Paschi di Siena)

4.4 Islamic banking e finanza in Europa

La finanza islamica è un fenomeno che non è possibile circoscrivere ai soli

paesi di religione islamica, specie in considerazione del crescente numero dei

musulmani in Occidente. Le comunità musulmane in contesti non islamici si

caratterizzano per essere molto frammentate in termini di lingua, status socio-

economico ed etnia, ma in costante ascesa dal punto di vista reddituale .

In Europa, ci sono circa 17 milioni di musulmani. L’istituto Pew prevede che la

popolazione musulmana aumenterà di un terzo in venti anni, passando da 44,1 milioni

di abitanti, ossia il 6% degli abitanti della regione, a 58,2 milioni, ossia l’8%. Alcuni

paesi europei vedranno i musulmani raggiungere una percentuale a due cifre come il

Belgio, la cui popolazione musulmana passerà dal 6% al 10,2 % in vent’anni, e quella

della Francia che raggiungerà il 10,3% nel 2030 contro il 7,5% di oggi, afferma

l’istituto americano. In Svezia la parte dei musulmani salirà a circa il 10% contro il 5%

di oggi. In Gran Bretagna i musulmani raggiungeranno l’8,2% della popolazione (il

4,6% oggi) e in Austria il 9,3% contro il 6%. Tutti questi dati, testimoniano in favore

all’interesse sempre crescente, in Europa, nei confronti della finanza islamica.

Nell’Unione europea, nota la Banca centrale europea, “la finanza islamica è

ancora allo stato embrionale, ma una serie di fattori ne fanno immaginare un ulteriore

sviluppo”. Per quanto in fase embrionale, tuttavia, l’Europa si classifica ai primi posti

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quanto ad area geografica di destinazione degli investimenti di fondi, assicurazioni e

banche islamiche, sebbene ancora molto al di sotto degli Usa.

Nel Regno Unito, dove c’è una consolidata presenza musulmana, gli islamici

stanno alimentando una domanda crescente di servizi finanziari in linea con la sharia.

Otre al Regno Unito, tentativi di diffusione delle banche islamiche sono stati fatti

soprattutto in Germania e Danimarca. La Francia, nonostante la rilevante presenza di

immigrati musulmani, ha iniziato con consapevole ritardo a interessarsi del fenomeno

della finanza islamica.

Attualmente la maggior parte dei musulmani europei gestisce le proprie attività

finanziarie attraverso le banche convenzionali, perché i principali fornitori di servizi

finanziari islamici non sono presenti nel mercato al dettaglio. La maggior parte si serve

di grandi istituzioni anziché utilizzare piccole banche e solo pochi utilizzano le filiali

europee delle banche islamiche. Gli accordi raggiunti permettono l’uso delle carte di

credito emesse dalle banche del mondo islamico, ma questo non risponde pienamente

alle esigenze della clientela, che spesso trova a sua disposizione una gamma limitata di

servizi automatizzati e soggetta a un costo aggiuntivo se preleva contante in banche

diverse dalla propria. Per andare incontro alle esigenze della clientela di fede

musulmana e per vincere la concorrenza delle banche islamiche, negli ultimi anni, le

banche occidentali hanno cominciato a offrire servizi conformi alla sharia. La maggior

parte delle grandi istituzioni finanziarie occidentali, sul modello della Citibank, che nel

1996 ha aperto una propria filiale islamica nel Barhein, sono ormai impegnate in questo

tipo di attività sotto forma di filiali, di sportelli islamici o di prodotti finanziari. Tra

queste vi sono, oltre a Citibank, HSBC Bank Plc, BNP Paribas, ABN Amro, Société

Générale, UBS, Pictet & Cie, Barclays. Sulla loro scia, la finanza internazionale ha

avviato interessanti esempi di fusione tra capitali occidentali e islamici, come ad

esempio la Samba-Saudi American Bank.

La domanda di servizi finanziari della comunità musulmana europea, per

alcuni aspetti, rispecchia le richieste della più estesa società non musulmana, ma è

anche influenzata dalla posizione socio-economica della comunità musulmana stessa.

Per esempio, nel Regno Unito, dove la maggior parte dei cittadini vive in case di

proprietà, molte famiglie musulmane pagano dei mutui, mentre in Germania, dove

l’affitto è più diffuso, la domanda di mutui è relativamente bassa. Visto che l’importo

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dei mutui è una delle componenti fondamentali della spesa delle famiglie nei paesi dove

il tasso di proprietà degli immobili è elevato, la concessione dei mutui costituisce una

parte importante del business di una banca. La sfida per le banche islamiche e quelle

convenzionali che offrono prodotti islamici è di fornire mutui accettabili in base alla

sharia, e allo stesso tempo commercialmente convenienti e competitivi.

In Europa, fin dagli anni ’80 sono stati offerti fondi di gestione islamica anche

se non sempre con esiti positivi: Kleinwort Benson è stato il primo a introdurli, seguito

negli anni ’90 dal Flemings Oasis Fund. La maggior parte di questi fondi sono stati

concepiti per ricchi investitori, soprattutto abitanti del Golfo più che per i musulmani

europei.

Probabilmente il campo d’azione più ampio per i sistemi bancari islamici al

dettaglio è il credito al consumo, un settore che si è rivelato di successo in Arabia

Saudita e in Malesia. Molti musulmani europei usano prestiti personali, spesso ad alti

tassi di interesse, per l’acquisto di veicoli e articoli di arredamento. Gli schemi di

leasing per automobili che utilizzano l’ijara o le vendite con pagamento rateale

potrebbero rivelarsi convenienti. Per quanto riguarda il finanziamento a breve termine

dell’acquisto di beni per la casa, la murabaha si dimostra un metodo adatto. Dato che

molti musulmani europei gestiscono piccole imprese, esiste una domanda costante di

servizi bancari per gli affari o il commercio, come i finanziamenti commerciali, gli

anticipi sull’acquisto delle materie prime e il leasing di attrezzature.

4.4.1 Il Regno Unito

La piazza finanziaria di Londra si sta sempre più affermando come pioniere

europeo nel processo di apertura alla finanza islamica. Tale orientamento è stato al

centro del discorso pronunciato il 13 giugno del 2006 dall’allora ministro del tesoro del

Regno Unito Gordon Brown in occasione dell’Islamic Finance and Trade Conference

tenutosi a Londra. Il Ministro prospettò anche possibili normative fiscali per agevolare

lo sviluppo della finanza islamica. Nel gennaio del 2007 il governo inglese ha

annunciato l’intenzione di dare un quadro giuridico alla finanza islamica e di

provvedere a modulare il sistema fiscale affinché non penalizzi i prodotti conformi alla

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sharia. A tal fine, il Ministero del Tesoro ha costituito un gruppo di lavoro incaricato di

coordinare e sorvegliare l’introduzione delle norme a favore della crescita della finanza

islamica.

Londra presenta una serie di vantaggi competitivi rispetto ad altre piazze

finanziarie europee :

2.4 milioni di musulmani presenti in UK (circa il 2,8% della popolazione) di

cui il 70% ha un’età inferiore ai 35 anni;

Il mercato finanziario islamico in UK è attivo con cinque banche interamente

dedite all’erogazione di prodotti e servizi shari’ah compliant e 20 banche miste che

coprono anche questa fetta di mercato;

una tradizione di contatti con il mondo islamico, una comunità islamica

ampia ed integrata, un mercati finanziario molto sviluppato con banche e società

insediate in molti paesi musulmani;

L’importanza di Londra nel settore della finanza islamica è stata di recente

confermata dalla creazione dell’Islamic Bank of Britain (IBB) (la sede principale è a

Birmingham, dove si trova una delle più grandi comunità islamiche del Regno Unito; la

banca ha sei filiali distribuite sul territorio inglese) e la decisione del governo, nel

febbraio del 2008, di emettere, per la prima volta sul mercato inglese, obbligazioni di

Stato conformi alla sharia (Financial Services Authority 2007).

La IBB rappresenta la prima banca islamica pura (stand alone) costituita in

Europa. L’iniziativa della costituzione della banca è partita nel 2002 da un gruppo di

investitori del Golfo, che hanno ottenuto nell’agosto del 2004 l’autorizzazione

all’esercizio dell’attività dall’autorità britannica di vigilanza (la Financial Services

Authority – FSA). La clientela alla quale si rivolge l’Islamic Bank of Britain è

principalmente la comunità musulmana, che risiede in Gran Bretagna; tuttavia la banca,

nella sua strategia di comunicazione, sostiene una visione “inclusiva” della società

attraverso l’apertura verso i non musulmani.

Nel 2007 la Lloyds Tsb, quinta banca britannica per capitalizzazione, ha

annunciato il lancio nel Paese di un conto corrente bancario destinato alle imprese

musulmane sul territorio inglese. Il conto sarà accessibile grazie alle duemila filiali di

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cui dispone l’istituto e andrà a completare l’offerta della Lloyds sul versante islamico.

La banca, un anno prima, aveva lanciato sul mercato il primo conto bancario per

studenti musulmani compatibile con la sharia (Plews 2005; Wilson 2000).

Nel Paese è inoltre in corso la costituzione dell’European Islamic Investment

Bank, si tratta di una banca d’investimento promossa da finanzieri provenienti dai paesi

del Golfo con l’intervento finanziario anche di investitori istituzionali britannici. La

banca, che opererà secondo i canoni della finanza islamica, si propone di sfruttare il

vantaggio di poter operare su tutto il mercato europeo, senza il bisogno di chiedere

ulteriori autorizzazioni, grazie al meccanismo del passaporto unico europeo.

L’HSBC rappresenta, almeno sino al 2006, la banca britannica maggiormente

in grado di fornire servizi finanziari islamici alla comunità musulmana locale. Il

vantaggio dell’HSBC è quello di avere, dal 1998, una divisione (l’HSBC Amanah)

dedicata alla finanza islamica e una grossa esperienza grazie alle svariate operazioni

condotte nel mondo in questo campo. Esiste poi un Global Sharia Board (GSB) che

sovrintende all’attività complessiva della banca e che svolge soprattutto una funzione di

ricerca e studio per sviluppare ed implementare nuove tecniche e nuovi servizi

compatibili con la sharia. Tra i prodotti finanziari islamici rivolti alla comunità

musulmana del Regno Unito troviamo il piano manzil (abitazione) per l’acquisto della

casa. Lo schema originale, introdotto nel 1997, fornisce prodotti finanziari murabaha

attraverso un contratto di acquisto e vendita con ricarico. Il piano viene gestito

dall’Islamic Investment Banking Unit.

Di recente, nell’ottobre 2013, il primo ministro David Cameron, ha affermato

che la Gran Bretagna punta a diventare il primo paese occidentale a emettere Sukuk

sovrani ovvero titoli di Stato che siano conformi alla Sharia. Londra che punta a

contendere alla Malesia e ai paesi del Medio Oriente la palma di principale hub della

finanza islamica, inizierà con un’emissione di bond da 200 milioni di sterline l’anno

prossimo, concretizzando così un piano annunciato cinque anni fa. I destinatari

dell’operazione sono le banche islamiche attive nel paese.

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L’offerta di prodotti conformi alla Sharia Compilant nell’UK.

Sportelli e Banche islamiche nell’ UK

Tabelle relative alle performance di Banche Islamiche dell’UK

(Fonte: Rapporto della banca Monte dei Paschi di Siena)

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79

(Fonte : Rapporto della banca Monte dei Paschi di Siena)

Nonostante una crescita importante degli attivi, la IBB non ha mai riportato

utili negli ultimi sei anni. Il risultato è negativo anche prima delle rettifiche.

(Fonte : Rapporto della banca Monte dei Paschi di Siena)

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4.4.2 Francia

La popolazione musulmana in Francia è stimata a circa 6 milioni, cioè il 10%

della popolazione totale. Nel 2007 le autorità annunciarono delle riforme per adattare il

sistema bancario alle legge della Sharia in modo tale da poter introdurre sul mercato

prodotti islamici. Nell’aprile del 2008 il governo chiese al Paris Europlace, l’organismo

di organizzazione del mercato finanziario in Francia, di elaborare un’analisi completa in

merito alle misure necessarie per rendere il mercato francese uno dei mercati più

competitivi per l’introduzione dei prodotti e servizi della finanza islamica. Nel Maggio

del 2008, il parlamento francese ha messo la questione della finanza islamica sul tavolo

della discussione con politici, banchieri e istituzioni Sharia. L’intenzione era ormai

chiara: il cambiamento della legislazione finanziaria francese in modo tale da poter

adottare la finanza islamica. Nel corso del 2009 sono stati introdotti normative,

principalmente di natura fiscale, per alcune tipologie contrattuali conformi alla Sharia in

particolare per i Sukuk. Nel 2010 è stato firmato un accordo tra Paris Europlace e

l’AAOIFI per promuovere lo sviluppo della finanza islamica. Inoltre, una primaria

banca islamica di un paese del Golfo ha firmato un protocollo d’intesa (Memorandum

of Understanding) con un primario gruppo bancario francese per l’accesso al meracto

retail e SME. Oltre a questo, a partire dal 2010 fu aperto il primo conto bancario

conforme alla Sharia e il lancio sul mercato di un nuovo prodotto di finanziamento

immobiliare sotto forma di Murabaha dal Gruppo 570 e la banca Chaabi (del Marocco).

Si tratta di una tappa maggiore nell’evoluzione della finanza islamica in Francia. Alcuni

studi hanno mostrato che la finanza islamica porterà i seguenti vantaggi al sistema

finanziario francese:

Accesso a una nuova fonte di liquidità;

Stimoli all’integrazione della comunità islamica nella Francia;

Una prova delle capacità della Francia in termini di modernizzazione e di

adattazione;

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Fra gli attori finanziari francesi, alcuni possiedono un portafoglio di clienti

arabi tramite le filiali impiantate nei paesi musulmani. Solo qualche banca francese

come la Société Générale o la BNP e la sua suddivisione BNP Paribas Najmahis offrono

dei prodotti islamici basati sulla Murabaha.

Tabella Solow corrispettiva all’offerta di prodotti Sharia in Francia

Forze Debolezze

- La più importante popolazione di

musulmani in Occidente

- Tendenza della società ad agire

secondo l’etica morale e

convinzioni religiose

- Segni positivi delle autorità che

hanno dimostrato la capacità di

accogliere gli attori della finanza

islamica in Francia

- Rete di professionisti, giuristi,

banchieri familiarizzati con la

finanza islamica

- Immagine dell’Islam in Francia

- Quadro legislativo e fiscale da

modificare

- Mancanza di esperienza nel settore

della finanza islamica

- Mancanza di visibilità sulla

prospettive della domanda del

servizio

Opportunità Minacce

- Tasso alto di risparmio

- Clientela molto esigente in termine

dei servizi

- Una grande parte degli imprenditori

alla ricerca delle soluzioni

alternative di finanziamenti

- Possibilità di convincere i referenti

della comunità

- Nuovi concorrenti europei

- Nuovi operatori nel Medio Oriente

- Compatibilità giuridica e

conformità etica

- Predominanza dell’Inghilterra nel

settore

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Nonostante tutte le iniziative private, la finanza islamica in Francia è ancora in

una fase embrionale. L’arrivo promettente dei primi conti Sharia, offerti da Chaabi

Bank , insieme ad altri tentativi non sono riusciti a dinamizzare il settore. Le banche

rimangono scettiche rispetto a tale esperienza, timorose delle possibili reazioni negative

all’arrivo di prodotti islamici da parte dei clienti tradizionali. Nel 2009, l’università

Paris Dauphine ha inaugurato la prima formazione specializzata nella finanza islamica

segno di vero interesse del mondo accademico nei confronti della formazione di

professionisti in uesto ambito. Alla fine del 2013, sono stati incentivati alcuni progetti

come l’emissione di Sukuk Al Farooj.

4.4.3 Germania

In Germania è presente una popolazione musulmana di circa 4 milioni di

individui, di cui 2,8 milioni sono turchi e 75.000 di origine irachena, pari al 4,4% della

popolazione. Il 77% della popolazione musulmana ha un’età compresa tra i 14 e i 49

anni. Contrariamente a quello francese, il governo tedesco non ha intrapreso alcuna

strategia di adattamento del regime finanziario e fiscale alle norme della finanza

islamica. Per spiegare ciò due fattori entrano in gioco: il primo riguarda la politica del

paese che non ha manifestato nessun supporto ai prodotti Sharia; il secondo è relativo ai

caratteri culturali dei cittadini musulmani, maggiormente turchi, che non hanno

dimostrato un vero interesse nei confronti dei servizi delle banche islamiche. La

Bundesbank ha affermato che esistono ancora barriere da superare per l’espansione

della finanza islamica in Germania. Un fattore significativo che tocca in maniera diretta

la Germania e la sua capacità di promuovere prodotti Sharia compliant va individuato

nella attuale concentrazione geografica della loro offerta. Questo rende difficile ai

tedeschi musulmani l’ingresso nella rete di questi servizi. L’espansione dei prodotti

islamici è ancora limitata a una nicchia composta da privati ricchi e investitori

istituzionali.

La maggior parte delle istituzioni tedesche che offrono prodotti islamici, non

adottano strategie di comunicazione e le informazioni riguardo i prodotti non sono

scritte in lingua nazionale ma in inglese visto che provengono da istituzioni finanziarie

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stabilite nei paesi arabi. Ciononostante alcune iniziative sono state avviate: nel 2004, il

Land della Sassonia-Anhalt ha emesso un bond islamico Sukuk del valore di 100

milioni per gli investitori istituzionali e anche per attirare gli investitori arabi. Il bond

era strutturato dal gruppo Citigroup ed era convalidato dal ministero della finanza. La

Sassonia-Anhalt è diventato il primo Land tedesco a emettere obbligazioni governative

conforme ai principi islamici.

Alcune banche in provenienza dei paesi islamici, come la Iran Bank Sepah, si è

già installata in Germania e ha conquistato una parte importante del mercato.

Ultimamente, la KuveytTurk bank ha annunciato il suo interesse a stabilire una filiale in

Germania all’inizio del 2013 con l’intenzione di soddisfare i bisogni dei musulmani

tedeschi. Tra le banche commerciali convenzionali, la Commerzbank, la Deutsche Bank

e la Dresdner Bank hanno acquisito esperienza, offrendo prodotti e servizi islamici.

Tuttavia, esse sono maggiormente concentrate a rafforzare le relazioni con i paesi arabi.

I servizi della Deutsche Bank sono offerti grazie a un accordo con la National

Commercial Bank of Saudia Arabia, che le permette di offrire un’unica classe di

prodotti di investimento: gli Islamic Equity Builder Certificates. Nel 2008, la Deutsche

Bank ha ricevuto il permesso della banca Bank Negara della Malaysia per aprire una

filiale dedicata alla finanza islamica in Malysia. Invece la Commerzbank si è dedicata ai

prodotti islamici di investimento, offrendo prodotti Murabaha sulle piazze di Dubai,

Cairo, Beirut e Singapore.

Il nucleo della finanza islamica sul territorio tedesco, è rappresentato da

KuveytTurk bank, la filiale turca del gruppo Kuwait Finance House. Insediatasi a

Mannheim nel 2010, ha iniziato a crescere in maniera significativa già nel corso del

2011. Per diventare la prima banca islamica della Germania KuveytTurk ha dovuto

estendere la sua licenza di intermediazione dei depositi a una licenza bancaria completa.

Resta da sottolineare che la congiuntura legislativa tedesca non favorisce una reale

espansione del mercato islamico. Per discutere le soluzioni da adottare per ridurre questi

ostacoli, il Federal Financial Supervisory Authority (BaFin) ha organizzato nel maggio

2012 una conferenza sulla finanza islamica. Iniziative di questo tipo dovrebbero favorire

l’inserimento della questione della finanza islamica tra le cose da trattare nell’agenda

politica nazionale tedesca.

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4.4.4. Spagna

Il Banco De España ha dichiarato in un rapporto sulla “Stabilità finanziaria”

che il sistema islamico offre un’opportunità chiara per il settore bancario spagnolo. Per

superare la crisi attuale, il governo spagnolo intende sfruttare le sue relazioni con i paesi

del nord Africa che presentano capacità di integrazione con il sistema finanziario

internazionale. Questi paesi, uscendo con nuove aspettative e piani finanziari dopo i

cambiamenti vissuti all’indomani della primavera araba, potrebbero offrire nuove

prospettive finanziarie per lo Stato spagnolo. Inoltre, la Spagna è stata sempre un paese

di accoglienza degli immigrati provenienti dai paesi del Maghreb, circostanza che

stimola i rapporti fra i differenti paesi del Mediterraneo. Le istituzioni finanziarie

contano estendere la loro clientela se riescono a soddisfare le esigenze di queste

popolazioni. L’autorità Islamica nazionale della Spagna, la Junta Islamica, ha avviato il

processo di creazione di una banca islamica. La prima fase di questo processo consiste

nell’apertura di sportelli detti “islamici” nella banca spagnola Bancorreos, per vendere

prodotti finanziari islamici come i conti correnti e i mutui.

Recentemente, le banche stanno offrendo informazioni a proposito dei prodotti

che potrebbero essere commercializzati dalla finanza islamica, usando brochures e altri

mezzi di comunicazione nell’intenzione di educare il pubblico e i clienti potenziali

riguardo questi prodotti. Alcune banche come la Santander e la Caixa hanno annunciato

la loro intenzione di entrare nel mondo della finanza islamica.

La situazione attuale si potrebbe riassumere nei seguenti punti:

La finanza islamica è vista come un veicolo per promuovere investimenti

generatori di lavoro da parte dei paesi musulmani;

Una conferenza è stata organizzata nel 2010 dal Madrid Stock Exchange

nell’intento di esplorare la finanza islamica;

Esplorazione particolare dei Sukuk come possibile alternativa per il

finanziamento dei progetti aziendali e infrastrutturali;

Nel Novembre 2011, è stato creato il centro di Islamic Economics and

Finance (CIEF) dall’Istituto de Empresa business school e dall’università

del Re Abdulaziz dell’Arabia Saudita;

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Cooperazione di Dubai International Financial Center (DIFC) con Madrid

Financial Center (MCF) per la promozione degli investimenti.

Ancora non ci sono istituzioni islamiche attive nell’emissione di Sukuk;

Problemi di razzismo e di Islamofobia;

4.5 Performance delle istituzioni di finanza islamica per l’anno 2013. Un

esempio dagli Stati Uniti

Nell’Aprile del 2013 a New York il Global finance magazine ha annunciato i

risultati della gara intitolata: World’s Best Islamic Financial Institutions. Nel giugno

dello stesso anno è stato pubblicato un rapporto completo in merito alla gara. I vincitori

di quest’anno sono state le banche che hanno contribuito alla crescita della finanza

islamica e che hanno soddisfatto nel miglior modo le esigenze dei loro clienti con

prodotti Sharia compilant. Tutte le selezioni sono state fatte da una team del Global

finance magazione dopo aver eseguito parecchi colloqui con i banchieri, finanziari e

ricercatori di tutto il pianeta. Secondo quanto dichiarato da Joseph D. Giarraputo del

Global finance magazine “la finanza islamica, rimane il settore finanziario con la più

grande crescita in tutto il mondo, con più di 500 istituzioni finanziarie che sono a volte

totalmente islamica o anche offrendo prodotti islamici alla loro clientela. Oltre a questo,

ci sono un migliaio di banche di investimento islamiche oltre alle compagnie di

assicurazione o Takaful”. Quanto al concorso, si affermava che “tutti i vincitori avevano

in comune una caratteristica cioè il dedicarsi a soddisfare i loro clienti, sempre più

esigenti, con prodotti della finanza islamica innovativi”. Una cerimonia è stata

organizzata in onore dei vincitori nell’ottobre del 2013 al National Press Club di

Washington. I risultati sono riportati nelle tabelle seguenti:

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(Fonte: sito Global Finance; World’s Best Islamic Financial Istitutions 2013)

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5. LA FINANZA ISLAMICA IN ITALIA

La storia dell’Islam in Italia ha radici profonde che risalgono all’inizio del IX

secolo, quando la Sicilia per oltre due secoli divenne un emirato arabo. Oggi, il nostro

paese ospita più di un milione e mezzo di musulmani che rappresentano, oltre il 30%

della popolazione straniera residente e quasi il 3% dell’intera popolazione nazionale.

In termini di rilevanza economica, si noti, inoltre, come il 6% del prodotto

interno lordo italiano sia prodotto esclusivamente da immigrati e come le necessità

finanziarie della popolazione islamica residente si siano evolute, parallelamente al più

alto livello di integrazione raggiunto, verso più sofisticate tecniche economiche. Da

bisogni finanziari base come le rimesse degli emigranti o i servizi di pagamento, si è

passati a necessità di più lungo periodo, tipiche di una popolazione di seconda

generazione che continua a crescere anche in termini di disponibilità economiche. Con

il consolidamento della presenza sul territorio, la comunità islamica ha avviato

operazioni di acquisto di proprietà immobiliari, sia private che commerciali, finanziate

tramite strumenti bancari convenzionali o attraverso rare soluzioni mirate offerte da

istituti di credito nazionali. A livello imprenditoriale, inoltre, nel territorio italiano si

contano circa settantamila imprese avviate da cittadini musulmani che necessitano di

una maggiore innovazione finanziaria.

Gli immigrati si sono inseriti nel tessuto economico e sociale italiano a tal

punto che rappresentano un segmento di mercato assai rilevante. Le abitudini finanziarie

degli stranieri in Italia variano a seconda del Paese di provenienza:

oltre l’80% degli albanesi utilizza il bancomat. Il campione preso in

considerazione tiene conto di una elevata incidenza dei giovani studenti;

quasi il 50% dei cittadini del Bangladesh utilizza il bancomat;

quasi un quinto della comunità egiziana rilevata nel campione risiede in Italia

da più di dieci anni. Il 74,73% degli egiziani utilizza il bancomat ma il grado di utilizzo

degli altri strumenti finanziari risulta essere ancora immaturo;

per i ghanesi elevato è il ricorso al credito (mutui e prestiti personali);

per la popolazione marocchina il credito è uno strumento finalizzato all’avvio

di un’attività produttiva e all’integrazione in Italia;

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per i senegalesi il rapporto con le banche risulta essere dinamico: l’incidenza

dei prestiti in corso per l’acquisto di beni durevoli è molto alta.

(Fonte : Rapporto della banca Monte dei Paschi di Siena)

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Lo sviluppo della finanza Shariah-compliant in Italia risponde, dunque, sia a

esigenze di investimento sia a quelle di risparmio da parte della collettività islamica

presente nel nostro paese.

Nonostante tali connessioni sia storiche che attuali, l’Italia resta, tra i principali

paesi europei, un caso in cui manca l’implementazione di un sistema finanziario

islamico, diffuso ormai in tutte le principali piazze finanziarie globali.

La distribuzione della popolazione musulmana in Italia

(Fonte: Rapporto della banca Monte dei Paschi di Siena)

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Le previsioni in quanto riguarda la crescita della popolazione musulmana in

Italia e in Europa si traduce nella tabella seguente :

(Fonte: Pew Reaserch Center)

Ultimamente in Italia si nota però, un maggiore interesse nei confronti del tema

della finanza islamica sia del mercato sia da parte del sistema politico. Il quotidiano del

Vaticano, l’Osservatore romano, nel marzo del 2009 pubblicava la seguente riflessione:

“pensiamo che la finanza islamica potrà contribuire alla rifondazione de nuove regole

per la finanza occidentale, visto che stiamo affrontando una crisi che, superati gli

iniziali problemi sulla liquidità, ora è diventata eminentemente una crisi di fiducia verso

il sistema. Il sistema bancario internazionale ha bisogno di strumenti che riportino al

centro l’etica del business, strumenti che permettano di raccogliere liquidità e aiutare a

ricostruire la reputazione di un modello capitalistico che ha fallito”.

Nel 2008, durante un workshop a Milano sul tema “Le banche italiane e

l’Islamic Banking“ , il signor Hatem Abu Said della banca Al Baraka Bankin Group

(Bahrain) affermò che “potrebbe essere utile aiutare la PME che hanno un accesso

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limitato a un credito tramite il sistema tradizionale (convenzionale) per il loro processo

di internazionalizzazione. Sarebbe anche utile attirare, dal mio punto di vista,

l’attenzione della finanza islamica per aiutare le compagnie italiane che potrebbero

essere attive nel rilascio dell’economia e i rapporti con il mediterraneo”. Il signor Abu

Said continuava affermando che “la finanza islamica è determinata a offrire l’aiuto

necessario per i paesi europei in difficoltà economica. Ho solo paura che gli italiani

abbiano una idea errata sugli strumenti della finanza islamica che sono destinati a tutti

non solo ai musulmani”. In quello stesso contesto, il responsabile delle relazioni

internazionali dell’Associazione bancaria italiana, Pierfrancesco Gaggi, sostenne che

“qualche cambiamento in questo senso si sta sentendo da pochi anni qui in Italia”.

Le banche italiane stanno, infatti, lentamente prendendo coscienza delle

opportunità che l’implementazione del settore islamico offre in termini competitivi, tra

le quali una maggiore raccolta bancaria, le potenziali sinergie con l’intero mondo arabo,

la maggiore capacità di internazionalizzazione delle imprese e il forte messaggio di

integrazione sociale.

In questa direzione si colloca la firma a Roma, nel settembre del 2007, di un

memorandum di intesa tra l’Associazione Bancaria Italiana (ABI) e l’Unione delle

Banche Arabe (UAB) con lo scopo di rafforzare la cooperazione economica, politica e

sociale tra l’Italia e i paesi arabi. Nelle intenzioni dei promotori, il passo successivo

dovrebbe essere la creazione di una vera e propria federazione bancaria italo-araba, che

funga da modello anche per altri paesi dell’Unione Europea.

Nell’occasione, il presidente dell’Unione delle Banche Arabe, Adnan Yousif,

ha annunciato l’apertura a Roma, nel corso del 2008, di una banca islamica italiana con

l’intento di orientare gli investimenti che la finanza islamica ha già fatto in Italia,

direttamente o tramite banche italiane. L’Italia sarebbe dunque il secondo paese scelto

in Europa, dopo la Gran Bretagna (sede dell’Islamic Bank of Britain), per ospitare la

sede di un nuovo istituto di credito islamico. In Italia è presente attualmente una sola

banca islamica privata, la iraniana Bank Sepah, con sede a Roma e nel 1972 è stata

costituita l’Arab Italian Bank S.p.A. con lo scopo di incrementare le relazioni

finanziarie, commerciali, industriali tra l’Italia e i paesi arabi.

L’UBAE (Unione delle Banche Arabe ed Europee) - che opera secondo il

modello bancario convenzionale - svolge il suo ruolo di intermediario attraverso

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l’offerta di servizi in campo commerciale e finanziario e con attività di consulenza e

collaborazione alle imprese italiane nei paesi arabi e a soggetti arabi con interessi nel

nostro Paese. Proprio in ragione dell’interesse verso il suo territorio economico di

riferimento e per cogliere le opportunità di lavoro che si formano in seno alla comunità

araba, la UBAE ha maturato conoscenza delle caratteristiche distintive delle operazioni

di finanza islamica e ha partecipato anche ad alcune operazioni internazionali conformi

alla Sharia.

La stessa costituzione dell’ASSAIF (Associazione per lo Sviluppo di Strumenti

Alternativi e di Innovazione Finanziaria ) è una prova ulteriore del tangibile interesse

verso la finanza islamica. Tale associazione nasce con lo scopo di creare progetti

alternativi di finanziamento che siano immediatamente utilizzabili all’interno del

sistema legale e fiscale italiano da investitori medio orientali e dalla comunità di

immigrati residente in Italia. Proprio grazie al lavoro di questa associazione, è stata

conclusa, nel 2006, la prima operazione finanziaria islamica in Italia, una Murabaha

applicata a una operazione immobiliare a Pavia. Nonostante l’indubbio valore

simbolico, tale operazione si è rivelata per la verità molto costosa, visto il permanere in

Italia, della doppia imposta di registro sulla Murabaha, a causa del fittizio doppio

trasferimento di proprietà dell’immobile. Problematica fiscale, questa, comune ad altri

paesi europei.

La seconda iniziativa italiana nel settore islamico, riguarda l’implementazione

di una transazione Ijara Wa Iqtina e sta richiedendo diversi mesi di analisi giuridica e

fiscale per riuscire a soddisfare sia le esigenze della Sharia che quelle del codice civile

italiano.

5.1. Istituzioni finanziarie islamiche e ordinamento italiano

L’offerta di finanza islamica in Italia potrebbe avvenire secondo diverse

modalità: l’insediamento di una filiale di banca islamica, con sede principale all’estero;

l’offerta di prodotti finanziari islamici da parte di banche con sede legale in Italia e

l’istituzione di appositi fondi comuni di investimento.

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Con riferimento alla prima ipotesi, dovrebbero essere rispettate le norme

previste in generale per lo stabilimento in Italia di una filiale di banca non appartenente

a paesi dell’Unione Europea (UE). Si tratta di norme emanate in coerenza con la II

direttiva di coordinamento bancario e con le regole vigenti negli altri Paesi dell’UE. In

particolare, l’apertura in Italia di una filiale di una banca non europea è sottoposta

all’autorizzazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze, d’intesa con il

Ministero degli Affari Esteri, sentita la Banca d’Italia. La concessione

dell’autorizzazione è subordinata al rispetto di diverse condizioni tra le quali troviamo:

l’esistenza di un fondo di dotazione non inferiore a 6,3 milioni di euro, la presentazione

di un “programma di attività” iniziale, il possesso di requisiti di professionalità e

onorabilità da parte dei responsabili della filiale.

Nell’ambito dell’istruttoria, la Banca d’Italia valuta inoltre l’esistenza di

adeguate regole di vigilanza nel paese di origine della banca, l’assenza di ostacoli allo

scambio di informazioni con le autorità di vigilanza dell’altro paese coinvolto e il

sussistere di condizioni di reciprocità. L’Autorità di vigilanza del paese straniero dovrà

preventivamente dare il proprio consenso all’operazione di apertura della filiale ed

esprimersi sulla solidità patrimoniale della banca e dell’eventuale gruppo di

appartenenza. Per una banca islamica, al fine di evitare l’opacità della governante

dell’istituto, è necessario definire con precisione il ruolo e le responsabilità dello Sharia

Board, al quale comunque non possono essere attribuite alcune delle funzioni che nelle

banche convenzionali svolgono gli organi preposti alla gestione e al controllo

dell’istituzione.

Il Testo Unico bancario prevede che anche le filiali di banche non UE

autorizzate in Italia debbano aderire a un “sistema di garanzia dei depositanti” italiano,

salvo che partecipino a un sistema di garanzia estero equivalente. Tale previsione

potrebbe comportare qualche problema per le banche islamiche, in quanto – considerata

la particolare natura della raccolta di fondi effettuata da tali intermediari – sembra

potersi escludere l’esistenza di un sistema di garanzia dei depositanti del paese di

origine.

D’altra parte, il regolamento del “Fondo interbancario di tutela” esistente in

Italia prevede l’ammissione al rimborso esclusivamente dei “fondi acquisiti con

l’obbligo di restituzione”; ne potrebbe conseguire, da un lato, che le banche islamiche

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autorizzate in Italia, avrebbero comunque l’onere di iscriversi al sistema di garanzia

italiano, sia pure versando la sola quota di adesione, dall’altro che i risparmi da esse

raccolti non avrebbero le caratteristiche per essere garantiti dal Fondo.

Per quanto attiene ai controlli di vigilanza, cui verrebbero assoggettate le filiali

islamiche, non sembrerebbe che la peculiare operatività di tali istituti modifichi

sostanzialmente i diversi profili di rischio insiti nell’attività di qualsiasi intermediario

bancario. Le banche islamiche sarebbero quindi sottoposte alla medesima

regolamentazione di vigilanza prevista per tutte le filiali di banche non UE insediate in

Italia. La legge bancaria italiana – coerentemente con quanto previsto dalla normativa –

non ammette, infatti, eccezione per quanto concerne l’applicazione delle regole di

vigilanza, anche nel caso di succursali estere “specializzate” o che operino soltanto in

particolari segmenti dell’attività bancaria.

Le disposizioni di vigilanza applicabili alle filiali di banche non UE insediate

in Italia contengono regole puntuali, che abbracciano aspetti strutturali, operativi e

organizzativi. Rilievo centrale assumono le c.d. norme di vigilanza prudenziale, che

prevedono una specifica dotazione patrimoniale a fronte di ciascuna delle differenti

tipologie di rischio (di solvibilità, di concentrazione, di trasformazione delle scadenze,

di variazione del tasso d’interesse). Rivestono importanza anche le regole in materia di

controlli interni, che individuano con chiarezza ruoli e responsabilità dei diversi organi

aziendali, e le disposizioni in materia di riciclaggio e di trasparenza delle operazioni e

dei servizi bancari.

L’esigenza di poter offrire in Italia servizi e prodotti finanziari islamici

potrebbe essere soddisfatta anche con modalità alternative a quella dello stabilimento di

una filiale di banca non UE. Servizi e prodotti finanziari conformi alla Sharia

potrebbero essere offerti, sulla base di appositi accordi commerciali, da una banca

italiana già operante, ovvero mediante la costituzione di una filiazione di una banca

islamica (vale a dire di una banca di diritto italiano controllata, per esempio, da una

banca islamica estera).

In quest’ultimo caso, la procedura autorizzativa è del tutto simile a quella per

l’insediamento della prima filiale di una banca non UE, con qualche ulteriore

condizione quale, per esempio, la necessità che i partecipanti al capitale della banca-

filiazione siano dotati di determinati requisiti. Occorre inoltre precisare che qualora il

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paese di origine della banca che controlla la filiazione non assicuri condizioni di

reciprocità la Banca d’Italia è tenuta a trasmettere la domanda di insediamento al

Ministero dell’Economia e delle Finanze, su proposta del quale il Presidente del

Consiglio dei Ministri può vietare l’autorizzazione.

Sul piano della regolamentazione di vigilanza, le filiazioni, in quanto banche

italiane, sarebbero sottoposte a un regime di controlli più stringente rispetto a quello

previsto per le filiali, che ricomprende, in primo luogo, la c.d. separatezza a monte. In

base a tale principio, i soggetti operanti nel settore industriale non possono detenere,

singolarmente, quote superiori al 15% del capitale della banca. Ciò al fine di evitare che

la selezione delle domande di credito possa essere influenzata da azionisti che, in quanto

possibili beneficiari dei finanziamenti, si trovino in una situazione di conflitto di

interessi. Specifici controlli sono previsti, inoltre, sugli assetti proprietari, sugli statuti e

sugli aumenti di capitale.

Infine, l’ingresso in Italia di una banca islamica come succursale di una banca

comunitaria è piuttosto semplice e rapido poiché si basa sulla notificazione da parte

dell’autorità di vigilanza del paese di origine. Tale procedimento è espressione dei

principi del “passaporto unico” e del riconoscimento della vigilanza del paese di

provenienza. Occorre però osservare che le autorità di vigilanza non consentono a una

banca appena costituita di espandersi immediatamente all’estero. La motivazione di tale

prassi si basa su ragioni relative alla stabilità e alla sana e prudente gestione della banca

appena costituita.

Ogni impresa ha infatti un suo sviluppo fisiologico e per espandersi, soprattutto

al di fuori del mercato nazionale, una banca deve godere di una situazione patrimoniale

e di un assetto organizzativo e dei controlli interni coerenti con il programma di

inserimento dei mercati esteri. L’autorità di vigilanza del paese d’origine può, dunque,

opporsi al progetto notificato, ancor prima di quella del paese in cui mira a insediare la

filiale estera, laddove ravvisi rischi per la sana e prudente gestione.

Qualora una banca islamica, al pari di ogni altra, si fosse consolidata sotto tutti

i profili tecnici in un paese dell’Unione Europea si potrebbe espandere in altri, senza

che a ciò abbiano motivo di opporsi le autorità di vigilanza degli stati membri ospitanti.

Per quanto concerne l’offerta in Italia di prodotti finanziari islamici potrebbero

essere presi anche in considerazione modelli di intermediari diversi da quelli bancari,

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che svolgono un’attività in parte riconducibile a quella delle banche islamiche. Si tratta

dei fondi comuni di investimento, dei quali i risparmiatori possono sottoscrivere quote

con una remunerazione correlata alle performance degli investimenti effettuati dal fondo

stesso. Il limite principale di tale modello, rispetto all’operatività della banca islamica,

risiede nella circostanza che i fondi depositati non possono essere ritirati “a vista”, bensì

dopo un breve periodo di preavviso.

La diffusione di strumenti finanziari Sharia-compliant in Italia rappresenta

sicuramente un’esigenza per la competitività del paese e di adeguamento al trend

internazionale, ma la loro introduzione e il loro utilizzo richiedono una adeguata

gestione e supervisione per le molteplici difficoltà connesse sia alla loro interpretazione

che alla loro implementazione.

A una prima analisi delle condizioni esistenti ritengo che l’implementazione di

una banca islamica in Italia, obiettivo di tutte le iniziative elencate, possa largamente

favorire il paese, quale ulteriore canale di sviluppo economico-finanziario a

disposizione della popolazione nello sviluppo dei suoi rapporti economici con il vicino

mondo arabo. Sembra necessario, infatti, vista la globale crisi di liquidità, promuovere

investimenti nelle due direzioni e intercettare una parte di surplus di risparmio

proveniente dal mondo islamico. Ma la tesi più importante che possa sostenere a favore

dell’adozione della finanza islamica, è la suo capacità di far uscire il paese dello stato di

crisi.

5.2. La finanza islamica: una soluzione possibile alla crisi

Questi ultimi anni di crisi economica e finanziaria che hanno tormentato

l’Europa e buona parte del mondo occidentale, hanno reso più evidente il fallimento

globale del sistema capitalistico ed economico che si è imposto nel mondo occidentale a

partire della seconda metà del secolo scorso.

Tante sono le alternative proposte, ma quelli che sperano in una finanza

alternativa dovrebbero rivolgere più di intenzione alla finanza islamica. Nella finanza

islamica, infatti, l’attenzione è concentrata sulla relazione fra debitore e creditore.

Questo sembra essere un concento primordiale nell’ottica islamica, a cui si collega per

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esempio il principio della condivisione del rischio, e quindi dei profitti e delle perdite,

degli investimenti.

Al contrario, il modello convenzionale, nel corso degli anni, ha sempre e di più

allentato fino ad annullare questa relazione. Il rischio naturale nella relazione debitore-

creditore nel modello tradizionale, è stato sempre sottoposto a tentativi di annullamento

impacchettandolo in strumenti derivati per provare di smentire il fatto che il credito è

rischioso. Nel sistema islamico, invece, è talmente reale la relazione fra debitore-

creditore che essa costituisce un pilastro portante degli strumenti finanziari islamici.

Questa relazione, ha condotto alla realizzazione di una stabilità che ha permesso al

sistema sharia-board (conforme alla sharia) di proporsi, in tempi record, come

interlocutore del sistema finanziario globale.

Proprio questo dilemma che il banchiere malese, Zeti Akhtar Aziz, governatore

della banca centrale malese, ha affrontato durante un congresso tenuto a Jeddah il 27

novembre 2013, all’inizio del suo intervento: “cinque anni dopo la crisi, la sfida più

pressante dell’economia globale è su come assicurare la stabilità finanziaria e insieme

generare crescita e sviluppo”. Sono state fatti progressi sul versante della regolazione,

spiega, ma la crescita stenta ancora a ripartire.

Inoltre, la crisi ha permesso anche la constatazione di alcuni difetti di cui la

finanza islamica sta cercando di offrirne alternative e soluzioni. Uno di questi è che

l’espansione esponenziale dei sistemi finanziari non è commisurata a quella dell’attività

economica. Esiste una profonda disconnessione fra il settore finanziario e il suo ruolo di

servire l’economia. La deregolamentazione ha aperto nuove opportunità alle istituzioni

finanziarie, ma il legame con le attività economiche è rimasto debole. Poiché il ruolo

dell’indebitamento è stato determinante per l’esplosione della crisi, alcuni report

calcolano nel 300% del Pil il livello di debito pubblico privato delle economie avanzate.

A fronte di questa situazione, la finanza islamica si propone innanzitutto di

riassociare la finanza all’economia reale , al fine di creare un ambiente finanziario

sostenibile e insieme le condizioni per una crescita equilibrata. In merito a questi

propositi, commenta l’economista, Loretta Napoleoni che “la finanza islamica è il

settore più dinamico della finanza globale ed è innovativa, flessibile e potenzialmente

molto redditizia. Anche perché ci sono più di un miliardo di musulmani al mondo e

quindi di potenziali clienti”. (Moody’s (2008), Bouslama.G (2008), Drown.C (2009).

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L’esperta mondiale di terrorismo e di economia internazionale ricorda che

“l’economia secondo l’etica islamica si poggia sulla compartecipazione del rischio tra

l’investitore e chi concede il prestito. Il sistema finanziario è legato alla realtà e il

denaro un mezzo o uno strumento di produttività, le obbligazioni islamiche devono

sempre essere legate a investimenti reali, mentre la speculazione è proibita”. Secondo

l’economista l’Africa e il Medio Oriente forniranno le risorse necessarie alla nuova

leadership economica globale del prossimo futuro. Napoleoni conclude “la finanza

islamica con il suo sistema di valori codificato, limiterà e poi schiaccerà definitivamente

il potere fuorilegge della globalizzazione. La natura dell’economia sarà imbrigliata nella

Sharia”.

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CONCLUSIONI

Nonostante la finanza islamica la cresca con un ritmo superiore del 50%

rispetto al settore bancario tradizionale, e malgrado le stime relative agli investimenti

per il 2014 indicano il raggiungimento della soglia dei 1.585 miliardi di euro

(http://www.linkiesta.it/sukuk-gran-bretagna-italia), esistono ancora moltissime sfide e

barriere da superare per la sua globalizzazione.

Volendo riassumere i fattori che potrebbero favorire l’espansione della finanza

islamica, si possono individuare alcuni punti principali:

- I due sistemi finanziari, islamico e tradizionale possono coesistere. Infatti,

l’obiettivo principale della Sharia è la promozione della giustizia sociale. Un settore

finanziario costruito sul rispetto della Sharia non minaccia il mondo occidentale, né

cerca di mettere in difficoltà la strutture finanziarie tradizionali.

- La moderna industria finanziaria islamica è cresciuta con un ritmo

esponenziale in questi ultimi anni, coinvolgendo nuovi mercati e attraendo molti clienti

anche non islamici. L’industria finanziaria islamica sembra essere pronta per la crescita

e si stima che questa crescita continuerà per molti anni. Il valore globale del settore nel

2011 è stato stimato pari a 1000 miliardi di dollari. Entro il 2016 alcuni esperti stimano

che la somma passerà a 5000 miliardi di dollari. Le previsioni sulla crescita delle

istituzioni finanziari islamiche stimano una crescita dal 10 al 15% annuo nel prossimo

decennio.

- Un fattore chiave che potrebbe influenzare questa crescita è la ricchezza

concentrata nei paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo. Quasi la metà del

petrolio mondiale e le riserve di gas sono nella regione del Golfo, e anche se molti

governi stanno attivamente cercando di ridurre la loro dipendenza dal petrolio e dal gas,

i progetti di energia alternativa su larga scala richiederanno molto tempo per

svilupparsi. Quindi, questi paesi ricchi e i loro investitori sono alla ricerca di prodotti

conformi alla Sharia in cui investire.

- Un altro fatto che potrebbe essere decisivo è la continua crescita demografica

dei paesi arabi. La popolazione musulmana è cresciuta da 1300 a 1600 milioni di

persone dal 2008 al 2010. Le previsioni indicano una ulteriore crescita del 35% entro il

2030, a un ritmo quasi due volte più veloce della popolazione non musulmana (Fonte:

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Associazione bancaria italiana). Nel prossimo futuro un numero considerevole di

persone cercherà prodotti finanziari conformi alla Sharia, creando una forte domanda

per l’industria finanziaria islamica. I musulmani hanno il divieto di partecipare a

operazioni basati sugli interessi, gioco d’azzardo, consumazione e investimenti nei

prodotti a base di carne di maiale e alcool, ecc. Tenendo conto di questi divieti è facile

farsi un’idea della ragione per cui i musulmani possono scegliere di non mettere il loro

denaro nelle banche tradizionali o acquistare strumenti di investimento tradizionali. I

musulmani vogliono e hanno bisogno di prodotti finanziari che offrono gli stessi tipi di

ricompense che tutti cercano senza compromettere il loro codice morale.

- Gli investimenti islamici sono più sicuri per gli investitori che naturalmente

cercano di ridurre il rischio, pur garantendosi un profitto. Gli investimenti islamici si

basano su contratti aziendali che aumentano la trasparenza e riducono le speculazioni, in

modo che tutti i partner contrattuali sappiano cosa aspettarsi e a quali rischi sono

esposti.

- La Sharia promuove la giustizia sociale, e gli investimenti conformi alla

Sharia sono un sottoinsieme di una tendenza più ampia. Social Risponsible Investments

(SRI) è una definizione ampio che si riferisce alla facoltà di operare scelte di

investimento a sostegno delle imprese, la cui attività coincide con i valori sociali

islamici. Proprio perché i valori sociali islamici sono condivisibili con le altre religioni e

morali, la finanza islamica può anche sotto questo versante interessare musulmani e non

musulmani.

- L’impegno di una potenza mondiale come l’Inghilterra nell’accettazione

all’interno del proprio sistema finanziario di pratiche e attori della finanza islamica

costituisce un esempio di notevole significato. Attualmente 24 banche britanniche

forniscono servizi di finanza islamica, che hanno fruttato nel 2011 circa 19 miliardi di

attivi. Nel 2013 David Cameron ha pronunciato a Londra il discorso di inaugurazione

del World Islamic Economic Forum, ospitato per la prima volta in un paese non

islamico.

- Il sistema di informazioni internazionale, l’uso delle carte bancarie, internet e

tutti i prodotti tecnologici, permettono alle aziende di tutte le dimensioni di cercare

clienti in tutto il mondo. Le società finanziarie occidentali sicuramente riconoscono la

necessità di attingere ai mercati globali; la tecnologia consente il trasferimento di

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attività in modo rapido tra istituzioni poste a migliaia di chilometri di distanza. Le

istituzioni finanziarie che avranno successo nella nuova economia saranno soggetti

globali, che soddisfano le esigenze dei clienti in tutti i principali mercati, molti di questi

clienti saranno musulmani alla ricerca di prodotti conformi alla Sharia.

In Italia la questione della finanza islamica è ancora poco conosciuta. Mancano

strumenti in grado di attirare i risparmi degli immigrati islamici. Bernardo Bortolotti,

professore associato di Economia presso l’Università di Torino e direttore del Sovereign

Investment Lab presso il Centro Paolo Baffi sulle Banche Centrali e sulla

Regolamentazione Finanziaria dell’Università Bocconi, sull’argomento si esprime nei

seguenti termini: “la finanza islamica è ancora molto marginale in Italia. Sicuramente

siamo alla fase di avvio”. La ragione di questo è da addebitarsi al più generale ritardo

del settore bancario nazionale, dovuto a un forte conservatorismo non necessariamente

legato a pregiudizi religiosi. L’Italia è indietro rispetto ai paesi anglosassoni, ma anche

rispetto alla Germania. Questo divario, afferma Bortolotti, “dovrebbe essere colmato,

vista la presenza di molte persone di religione islamica nel nostro paese” . Un paese con

un dato molto noto: il tasso di conversione all’islam degli italiani. Secondo l’Ucoi sono

70.000 gli italiani convertiti all'Islam, al ritmo di 4.000 all'anno, come in Gran Bretagna.

"Un vero e proprio boom di conversioni accentuato dalla crisi dei valori, ma anche

economica che sta attraversando l'Italia", ha detto Elzir Izzedine intervenuto al

programma KlausCondicio, che sta realizzando una inchiesta sugli italiani che

abbracciano la fede musulmana.” (Intervista tratta dal sito:

http://notizie.virgilio.it/cronaca/e--boom-di-italiani-che-si-convertono-all-islam-4mila-

ogni-anno_166816.html).

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GLOSSARIO

Bai Salam

È un contratto tramite il quale il compratore paga in anticipo i beni

commissionati al produttore. Viene utilizzato soprattutto per lavorazioni su commessa

specifica. Il produttore beneficia del pagamento anticipato e il compratore di una

riduzione di prezzo.

Fatwah

Editto irrevocabile emesso da un’autorità religiosa.

Fiqh

Giurisprudenza islamica. La conoscenza della legge permette una corretta

interpretazione della volontà divina.

Gharar

È una frode derivante da un contratto stipulato con il vizio dell’ignoranza. I

principali casi di gharar sono: la vendita di beni che l’imprenditore non può consegnare;

la vendita di oggetti imprecisati (o dei quali non vengono comunicate le caratteristiche),

o con un prezzo incerto, o ad una scadenza incerta; la vendita di merce fornendo false

descrizioni o senza permettere all’acquirente di esaminare quanto messo in vendita.

Hadit

I detti del profeta, trasmessi oralmente e poi trascritti. Fanno parte della Sharia.

Halal

Tutto ciò che è ammissibile. In Islam vi sono attività, professioni, tipi di

contratti e transazioni che sono esplicitamente vietate. Con la loro eccezione tutte le

altre attività, professioni, contratti e transazioni sono Halal.

Haram

Tutte le attività, professioni, tipi di contratti e transazioni esplicitamente vietate

dall’Islam.

Ijara

Contratto tramite il quale una banca affitta dei beni all’imprenditore dietro un

compenso predeterminato e per una durata stabilita. La proprietà dei beni resta alla

banca finanziatrice.

Ijara wa Iqtina

Contratto simile al precedente ma che prevede l’acquisto dei beni da parte

dell’imprenditore alla fine del periodo di affitto. Molto usato nel finanziamento delle

compravendite immobiliari.

Istisna

Contratto di acquisto di un bene con pagamento a stato avanzamento lavori.

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Quard Hasan

Prestito a scopo benefico, chi lo riceve restituisce solo il capitale senza

interessi.

Riba

Proibito dall’Islam è l’interesse a tasso prefissato e pagato in base al tempo.

Sharia

La legge islamica.

Le fonti sono:

il Corano il libro sacro dell’Islam che contiene le rivelazioni che il profeta

Maometto

ha ricevuto da Dio;

i Detti del Profeta;

la Sunna, la Tradizione. Sono insegnamenti desunti dal comportamento del

Profeta;

Murabaha

Contratto di vendita tra la banca e un suo cliente per la vendita di beni a un

prezzo più un margine di profitto stabilito. Non potendo prestare il denaro richiedendo

un tasso di interesse, perché proibito dalla Shariah, la banca acquista il bene che il

cliente avrebbe comprato con il denaro ricevuto in prestito e glielo rivende a un prezzo

più alto concordato tra le parti. Secondo gli economisti islamici questa tecnica è

ammissibile in quanto la banca acquistando il bene sopporta un rischio, dovuto al tempo

in cui il bene rimane di sua proprietà. Il pagamento può avvenire anche ratealmente. Il

rimborso è solitamente rateale.

Mudaraba

Accordo tra due parti delle quali la banca, finanzia completamente il progetto

di un imprenditore e l’altra, indicata come il “mudarib”, conduce l’affare usando le sue

capacità. L’imprenditore non apporta capitali propri, ma solamente capacità

manageriali, egli non può chiedere una remunerazione per il proprio lavoro ma

partecipa ai profitti dell’affare distribuiti secondo percentuali stabilite in anticipo. Le

perdite sono sopportate solamente dal finanziatore. La perdita dell’imprenditore è,

invece, limitata esclusivamente al suo sforzo lavorativo. Il “mudarib” non partecipa alle

perdite per la semplice ragione che, secondo la finanza islamica, una controparte non

può perdere denaro se non ne ha contribuito all’apporto. La gestione dell’affare è

rimessa alla libertà assoluta del “mudarib”, senza ingerenze da parte del finanziatore.

La Mudaraba è di solito usato per il finanziamento di progetti a breve termine o

del commercio.

Musharaka

In tale contratto la banca e l’imprenditore costituiscono una partnership

contribuendo entrambe al finanziamento di un affare. Tale contratto, strutturandosi

come un classico accordo di compartecipazione, può prevedere un potere di voto e di

partecipazione alla gestione da parte dei finanziatori. Le parti concordano in anticipo la

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percentuale dei profitti mentre le perdite sono divise in base alla quota detenuta di

partecipazione al progetto. L’imprenditore in questo caso apporta, oltre alle proprie

capacità organizzative, anche capitali. Il management dell’impresa può essere costituito

da tutti, da alcuni o solo da uno dei compartecipanti.

La Musharaka viene di solito utilizzata per finanziare investimenti a lungo

termine.

Sure

capitoli del Corano, a loro volta divise in versetti.

Sukuk

Prestito obbligazionario conforme alla legge islamica. L’investitore riceve un

guadagno legato ai profitti dell’attività sottostante finanziata.

Takaful

Mutua assicurazione tra i contraenti. Lo scopo è quello di far fronte in modo

solidale e congiunto ai rischi. Forme assicurative come concepite in Occidente sono

vietate dalla Legge islamica in quanto legate ad una forma di incertezza che è vietata

(gharar).

Zakat

Fondo di solidarietà, detto decima legale, formato dai contributi che tutti i

musulmani versano a favore dei poveri e che vengono gestiti dalle banche per conto

delle comunità locali o dei governi.

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Ringraziamenti

Innanzittutto, ringrazio il Signore per averMi aiutato in tutti questi anni fino

raggiungere finalmente l’obiettivo di laurearmi. Ovviamente inizio con i miei

genitori , Dalenda e Hbib, che ringrazio per tutto e soprattutto, per aver

sopportato la lontananza di un figlio. Ringrazio tutta la mia famiglia che amo

molto; i miei fratelli Ahmed e Muhamed, mia cognata Ines e il mio carissimo

nipotino Medi. Ringrazio specialmente Francesca Scirchio di essermi stata

vicino nel bene e nel male in tutti questi anni, di avermi aiutato e dato del suo

tempo, la sua salute, il suo affetto. Grazie Ba. Ringrazio tutta la famiglia

Scirchio che mi ha trattato come un figlio, ringrazio Gino e Angela e la Soso

Mariagiovanna, grazie dal profondo del cuore. I mei ringraziamenti vanno a tutti

gli amici del centro residenziale (i tunisini in particolare), tutti senza eccezione e

soprattutto il mio conquilino Nureddine, per la pazienza che ha avuto nei miei

confronti in tutti questi anni, Carterina, Gloria, Eka, Mustain… Ogni angolo

dell'Unical mi ricorda qualcosa, ogni singola persona ha contribuito a ciò che

sono diventato oggi. L’esperienza è iniziata un paio di anni fa, ho imparato

molto ed ho ancora tantissime cose da imparare. Se ne valeva la pena ? Direi

assolutamente di si, è una pagina della mia vita di cui sono orgoglioso e che ho

impregnato nel cuore per sempre.