La figura di Nelson Mandela riporta d attualità...

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52 DI REPUBBLICA 52 GIOVEDÌ 12 DICEMBRE 2013 DI A R I O DI REPUBBLICA discesa agli inferi prima del- l’accesso al cielo. Di una cadu- ta nella polvere prima della sa- lita agli altari, come se appun- to la Storia pretendesse non solo le proprie vittime sacrifi- cali per emendarsi dalla pro- pria miseria, ma anche i sim- boli viventi della propria mu- tevole (ma alla fine in qualche caso trionfante) Giustizia. Sot- to questo aspetto l’esempio di Nelson Mandela è perfetto: terrorista, proscritto, galeotto, prima di diventare materia di orazione funebre dei cosiddet- «B eati i po- poli che non han- no biso- gno di eroi…». Anzi, per usare l’e- spressione originale, «Sventu- rato quel popolo che ha biso- gno di eroi». È la frase che Ber- told Brecht, nella Vita di Gali- leo, fa dire al grande scienziato – uno dei padri della nostra modernità – , subito dopo l’u- miliante abiura di fronte al Tri- bunale dell’Inquisizione, in ri- sposta all’“ingenua” osserva- zione del suo interlocutore, Andrea Sarti, il quale, deluso, aveva definito «sventurata la terra che non produce eroi». E non è una semplice autodifesa. È, in fondo, una delle più fic- canti rivelazioni della natura nuova dell’“eroe moderno”. Il quale, a differenza dell’eroe antico, o dell’eroe “classico” che con l’assurgere all’eternità della gloria rivelava un pieno della storia, ne mostra invece un vuoto. Non un punto alto (di apoteosi), ma un punto basso (di caduta). Portando alla luce una doppia infelicità. O una doppia miseria. Un’infelicità storica, in pri- mo luogo, come rivela il senso più esplicito dell’osservazione (un po’ banale) di Andrea, che intendeva alludere, evidente- mente, a una condizione qua- si disperata se solo un “eroe” – una figura straordinaria – può «riscattare l’umanità umilia- ta». E in effetti, disperata dove- va essere la condizione del po- polo nero del Sudafrica, se fu necessaria la forza morale e fi- sica di un Mandela per trarlo dal pozzo in cui giaceva. Così come disperata doveva essere la condizione della Roma pa- palina cinquecentesca, se fu necessario il rogo di Giordano Bruno – quello che, contraria- mente a Galileo, non abiurò – per dare il segno di una rivolu- zione mentale. E, per venire al- la nostra storia nazionale, ben infelice doveva essere la condi- zione nell’Italia pre-risorgi- mentale, se furono necessari uomini che offrirono le pro- prie sofferenze e la propria stessa vita in “sacrificio” per di- sincagliare la Storia che si era arrestata (tali sono gli eroi del nostro Pantheon, da Amatore Sciesa ai Martiri di Belfiore, dai fratelli Bandiera a Carlo Pisa- cane, fino a Mazzini e a Gari- baldi, che se non morirono co- munque patirono). L’“eroe moderno”, prima di diventare tale, è stato un reiet- to. La sua biografia narra di una ti Grandi della Terra. Figura terribilmente “divisiva”, di- remmo oggi, prima di unire nel proprio nome i rappresentan- ti di quelle stesse Cancellerie che fino a un ventennio prima l’avevano classificato tra i peg- giori nemici pubblici. Vi è poi, però, un secondo ti- po di “infelicità” pubblica che l’eroe moderno è chiamato a rivelare. Un’infelicità – meglio una “miseria” – che potremmo definire morale perché quasi sempre queste figure dell’ec- cezionalità finiscono per mo- strare – e misurare –, con le pro- prie virtù solitarie, l’estensio- ne dei vizi collettivi. Sono uo- mini – e donne – che marciano “in direzione ostinata e con- traria” (come canta De André) rispetto ai loro compatrioti. Questa è in fondo la sciagura delle terre che “hanno bisogno di eroi”: la mediocrità morale del conformismo di massa, re- sa visibile dalla testimonianza delle poche mosche bianche. Ed in ciò esemplare è la nostra vicenda nazionale. Pressoché tutti gli eroi nazionali nove- centeschi appartengono alla striminzita schiera dei “pochi pazzi” che devono, in modo ri- corrente, rimediare ai guasti dei “troppi savi”, come scrisse Francesco Ruffini, uno dei 12 OMERO Iliade Einaudi 2012 Odissea Bur 2012 NELSON MANDELA Lungo cammino verso la libertà Feltrinelli 2013 SCOTT TUROW Eroi normali Mondadori 2010 MATTEO NUCCI Le lacrime degli eroi Einaudi 2013 ANGELO BRELICH Gli eroi greci Adelphi 2010 M. VARGAS LLOSA L’eroe discreto Einaudi 2013 KÁROLY KERÉNYI Gli dei e gli eroi della Grecia Il Saggiatore 2009 FABIO MINI Eroi della guerra Il Mulino 2011 RODDY DOYLE Una vita da eroe Guanda 2010 ERNESTO SABATO Sopra eroi e tombe Einaudi 2009 LIBRI L’ eroe è un individuo eccezionale che possiede un’autorità sull’uomo comune. Quest’auto- rità può essere di tre generi: etica, estetica e re- ligiosa. L’eroe etico è colui che in ogni momento riesce a capire più degli altri. L’eroe estetico è l’uomo cui la for- tuna ha concesso doni eccezionali. L’eroe religioso si dedica a qualcosa che per lui è la verità assoluta. L’eroe si riconosce in base all’interesse che suscita nello spet- tatore o nel lettore. Uno studio comparativo dei diversi tipi di individuo che scrittori di vari periodi hanno scel- to come eroe offre spesso degli utili indizi sugli atteggia- menti e le preoccupazioni di ciascuna epoca. Perché l’interesse dell’uomo si focalizza sempre, consciamen- te o inconsciamente, su ciò che gli sembra il problema più importante e ancora irrisolto. L’eroe e la sua storia sono al tempo stesso una formulazione e una soluzione del problema. SILLABARIO EROI W. H. AUDEN La figura di Nelson Mandela riporta d’attualità la questione dell’influenza delle singole personalità sul corso degli eventi storici Le loro biografie narrano delle discese agli inferi prima dell’ascesa al cielo, delle cadute nella polvere prima della salita agli altari Personaggi che con le loro straordinarie virtù individuali mostrano l’estensione dei vizi collettivi. E finiscono così per rappresentare l’infelicità pubblica Vizi e virtù MARCO REVELLI LOTTA Achille ed Ercole, olio su tela di Sascha Schneider (1923). Sotto, Re Artù di Charles E. Butler (1903). A sinistra, manifesto in onore di Lord Kitchener e una copertina dedicata alla famiglia Garibaldi, “tre generazioni di eroi” © RIPRODUZIONE RISERVATA Perché il mondo ha bisogno di quegli uomini speciali EROI Biografie

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la Repubblica

DI REPUBBLICA

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GIOVEDÌ 12 DICEMBRE 2013

la Repubblica

DIARIODI REPUBBLICA

discesa agli inferi prima del-l’accesso al cielo. Di una cadu-ta nella polvere prima della sa-lita agli altari, come se appun-to la Storia pretendesse nonsolo le proprie vittime sacrifi-cali per emendarsi dalla pro-pria miseria, ma anche i sim-

boli viventi della propria mu-tevole (ma alla fine in qualchecaso trionfante) Giustizia. Sot-to questo aspetto l’esempio diNelson Mandela è perfetto:terrorista, proscritto, galeotto,prima di diventare materia diorazione funebre dei cosiddet-

«Beati i po-poli chenon han-no biso-gno di

eroi…». Anzi, per usare l’e-spressione originale, «Sventu-rato quel popolo che ha biso-gno di eroi». È la frase che Ber-told Brecht, nella Vita di Gali-leo, fa dire al grande scienziato– uno dei padri della nostramodernità – , subito dopo l’u-miliante abiura di fronte al Tri-bunale dell’Inquisizione, in ri-sposta all’“ingenua” osserva-zione del suo interlocutore,Andrea Sarti, il quale, deluso,aveva definito «sventurata laterra che non produce eroi». Enon è una semplice autodifesa.È, in fondo, una delle più fic-canti rivelazioni della naturanuova dell’“eroe moderno”. Ilquale, a differenza dell’eroeantico, o dell’eroe “classico”che con l’assurgere all’eternitàdella gloria rivelava un pienodella storia, ne mostra inveceun vuoto. Non un punto alto (diapoteosi), ma un punto basso(di caduta). Portando alla luceuna doppia infelicità. O unadoppia miseria.

Un’infelicità storica, in pri-mo luogo, come rivela il sensopiù esplicito dell’osservazione(un po’ banale) di Andrea, cheintendeva alludere, evidente-mente, a una condizione qua-si disperata se solo un “eroe” –una figura straordinaria – può«riscattare l’umanità umilia-ta». E in effetti, disperata dove-va essere la condizione del po-polo nero del Sudafrica, se funecessaria la forza morale e fi-sica di un Mandela per trarlodal pozzo in cui giaceva. Cosìcome disperata doveva esserela condizione della Roma pa-palina cinquecentesca, se funecessario il rogo di GiordanoBruno – quello che, contraria-mente a Galileo, non abiurò –per dare il segno di una rivolu-zione mentale. E, per venire al-la nostra storia nazionale, beninfelice doveva essere la condi-zione nell’Italia pre-risorgi-mentale, se furono necessariuomini che offrirono le pro-prie sofferenze e la propriastessa vita in “sacrificio” per di-sincagliare la Storia che si eraarrestata (tali sono gli eroi delnostro Pantheon, da AmatoreSciesa ai Martiri di Belfiore, daifratelli Bandiera a Carlo Pisa-cane, fino a Mazzini e a Gari-baldi, che se non morirono co-munque patirono).

L’“eroe moderno”, prima didiventare tale, è stato un reiet-to. La sua biografia narra di una

ti Grandi della Terra. Figuraterribilmente “divisiva”, di-remmo oggi, prima di unire nelproprio nome i rappresentan-ti di quelle stesse Cancellerieche fino a un ventennio primal’avevano classificato tra i peg-giori nemici pubblici.

Vi è poi, però, un secondo ti-po di “infelicità” pubblica chel’eroe moderno è chiamato arivelare. Un’infelicità – megliouna “miseria” – che potremmodefinire morale perché quasisempre queste figure dell’ec-cezionalità finiscono per mo-strare – e misurare –, con le pro-prie virtù solitarie, l’estensio-ne dei vizi collettivi. Sono uo-mini – e donne – che marciano“in direzione ostinata e con-traria” (come canta De André)rispetto ai loro compatrioti.Questa è in fondo la sciaguradelle terre che “hanno bisognodi eroi”: la mediocrità moraledel conformismo di massa, re-sa visibile dalla testimonianzadelle poche mosche bianche.Ed in ciò esemplare è la nostravicenda nazionale. Pressochétutti gli eroi nazionali nove-centeschi appartengono allastriminzita schiera dei “pochipazzi” che devono, in modo ri-corrente, rimediare ai guastidei “troppi savi”, come scrisseFrancesco Ruffini, uno dei 12

OMEROIliadeEinaudi2012

OdisseaBur2012

NELSONMANDELALungocammino verso la libertàFeltrinelli2013

SCOTTTUROWEroi normaliMondadori2010

MATTEONUCCILe lacrimedegli eroiEinaudi2013

ANGELOBRELICHGli eroi greciAdelphi2010

M. VARGASLLOSA L’eroe discretoEinaudi2013

KÁROLYKERÉNYIGli dei e gli eroi della GreciaIl Saggiatore2009

FABIO MINIEroi dellaguerraIl Mulino2011

RODDYDOYLE Una vita da eroeGuanda2010

ERNESTOSABATOSopra eroi e tombeEinaudi2009

LIBRI

L’eroe è un individuo eccezionale che possiedeun’autorità sull’uomo comune. Quest’auto-rità può essere di tre generi: etica, estetica e re-

ligiosa. L’eroe etico è colui che in ogni momento riescea capire più degli altri. L’eroe estetico è l’uomo cui la for-tuna ha concesso doni eccezionali. L’eroe religioso sidedica a qualcosa che per lui è la verità assoluta. L’eroesi riconosce in base all’interesse che suscita nello spet-tatore o nel lettore. Uno studio comparativo dei diversitipi di individuo che scrittori di vari periodi hanno scel-to come eroe offre spesso degli utili indizi sugli atteggia-menti e le preoccupazioni di ciascuna epoca. Perchél’interesse dell’uomo si focalizza sempre, consciamen-te o inconsciamente, su ciò che gli sembra il problemapiù importante e ancora irrisolto. L’eroe e la sua storiasono al tempo stesso una formulazione e una soluzionedel problema.

SILLABARIOEROI

W. H. AUDEN

La figura di Nelson Mandela riporta d’attualitàla questione dell’influenzadelle singolepersonalità sul corso degli eventi storici

Le loro biografie narranodelle discese agli inferi primadell’ascesa al cielo, dellecadute nella polvere primadella salita agli altari

Personaggi che con le lorostraordinarie virtù individualimostrano l’estensione dei vizicollettivi. E finiscono così perrappresentare l’infelicità pubblica

Vizi e virtù

MARCO REVELLI

LOTTAAchille ed Ercole, olio su tela di SaschaSchneider (1923). Sotto, Re Artù di Charles E.Butler (1903). A sinistra, manifesto in onore di LordKitchener e una copertina dedicata alla famigliaGaribaldi, “tre generazioni di eroi”

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Perché il mondo ha bisognodi quegli uomini speciali

EROI

Biografie

Page 2: La figura di Nelson Mandela riporta d attualità EROIdownload.repubblica.it/pdf/diario/2013/12122013.pdf · ANGELO BRELICH Gli eroi greci Adelphi 2010 M. VARGAS LLOSA L eroe discreto

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L’ANTICHITÀDa Gilgamesh all’Iliade e l’Odissea, il mitodell’“eroe” si sviluppanella mitologia greca e nella civiltà classica

professori che nel 1931 rifiuta-rono il giuramento di fedeltà alfascismo, salvando così alme-no un brandello di dignità del-l’Università italiana.

Si pensi, a questo proposito,a un titolo come L’intellettualecome eroe (di Marco Gervaso-

Quando gli eroiabbandonano il palco,ecco che arrivano i clownIdee: Il libro di Le Grand, 1827

Heinrich Heine

Più si invecchia,più è difficile avere eroiMa è qualcosa di necessarioNew Yorker 13/05, 1950

Ernest Hemingway

È più facile essere un eroe che ungalantuomo. Eroi si può essere una volta tanto; galantuomini, sempreIl piacere dell’onestà, 1917

Luigi Pirandello

Le tappe

Gli autori

IL SILLABARIO di Wystan Hugh Au-den è tratto da Gli irati flutti (Fazi). Lostorico Marco Revelliè autore de I de-moni del potere (Laterza). Il libro più re-cente del filologo Maurizio Bettini è Ilmito di Enea. Immagini e racconti dallaGrecia a oggi (Einaudi).

I Diari online

TUTTI i numeri del “Diario” di Repub-blica, comprensivi delle fotografie e deitesti completi, sono consultabili su In-ternet in formato pdf all’indirizzo webwww.repubblica.it. I lettori potrannoaccedervi direttamente dalla homepa-ge del sito, cliccando sul menu “Sup-plementi”.

OGGIIl 5 dicembre muoreNelson Mandela, l’expresidente sudafricanoprotagonista della lottacontro l’apartheid

GARIBALDIIl patriota italiano è stato sempre chiamato“l’eroe dei due mondi”,per le sue imprese inEuropa e America Latina

SIMÓN BOLÍVARUno degli “eroi” politicipiù sfruttati di recente è Simón Bolívar, semprecitato da Chávez alla stregua di un dio

CORRADOSTAJANOUn eroeborgheseEinaudi2005

JACQUES LE GOFFEroi e meraviglie del MedioevoLaterza2005

BERTOLTBRECHTVita di GalileoEinaudi2005

RAYMONDCARVERPer favore, non facciamogli eroiMinimum Fax2002

NATHANIELHAWTHORNE Il libro degli eroiTagete2006

ROBERTGRAVES I miti greciLonganesi1983

GUIDOPADUANOLa nascitadell’eroeBur2008

THOMASCARLYLEGli eroi e il culto degli eroiTea1990

AGOSTINOLOMBARDOL’eroe tragicomodernoDonzelli2005

I.MONTANELLIM. NOZZAGaribaldiBur2007

LIBRI

La funzione sociale del mito nella tradizione classica

Quando parlavano di eroi, iGreci li inserivano in una sca-la discendente: prima veniva-no gli dèi, poi gli eroi, infine gli

uomini. Li definivano anche “semi-dei”, proprio per sottolineare questaloro posizione né divina né umana: avolte erano figli di un dio e di una don-na, altre volte erano semplicementeuomini (guerrieri, fondatori) che do-po la morte erano assurti al rango dieroi per una certa comunità. Ad essi sidedicava un culto, come agli dèi, an-che se ricorrendo a rituali diversi daquelli usati per onorare la divinità. Maqual era il ruolo esercitato dagli eroi? Ingenere avevano connessione con unasfera particolare della cultura: eranolegati al combattimento e all’atletica,si occupavano di divinazione e di me-dicina, sovraintendevano ai passaggid’età degli adolescenti; oppure aveva-no fondato città, rappresentavanomestieri e professioni, erano caposti-piti di famiglie illustri. Questa era lafunzione sociale degli eroi, per dir co-

sì. Ma che genere di personaggi erano?Si potrebbe pensare che incarnas-

sero un ideale di assoluta perfezione –erano eroi dei Greci, i creatori della“kalogathía”, l’unione fra bellezza ebontà: che altro avrebbero potuto es-sere se non splendidi esempi di virtù ebellezza? Così in effetti hanno volutovederli generazioni di studiosi e culto-ri dell’Ellade, e così essi continuano adapparire nella percezione comune.Eppure già Angelo Brelich, straordi-nario studioso, aveva dimostrato chele cose stavano diversamente. Provia-mo a prendere il più celebre fra gli eroigreci, Eracle. Egli fu certo un civilizza-tore, che con le sue leggendarie faticheripulì il mondo dai mostri che ancoralo infestavano: ma fu anche noto peressere un mangione, un ubriacone, unviolentatore di donne, e infine un paz-zo che, nella sua follia, distrusse la pro-pria famiglia. E Teseo? Anche lui ucci-sore di mostri e fondatore di una cittàcome Atene, anche lui però tutt’altroche irreprensibile: visto che abban-donò su un’isola deserta Arianna, ladonna che tradendo patria e famiglialo aveva fatto uscire dal labirinto. Pernon parlare di Giasone, il quale non sifece scrupolo di abbandonare Medea(anche lei sua salvatrice) semplice-mente per contrarre un matrimoniomigliore; o di Issione, che tentò di vio-lentare una dea, Era, o di Tieste cheviolentò direttamente la propria figlia.E questo per quanto riguarda la virtù.Se si passa al piano della bellezza, poi,

MAURIZIO BETTINI

si scopre che gli eroi greci non sonotutti belli come Achille, ma possonoessere affetti da gravi difetti fisici. Vene sono di giganteschi, e fin qui nientedi strano, ma anche di nani. Lo stessoEracle a volte è rappresentato alto “co-me un dito”. C’erano poi eroi zoppi,come Edipo, il “piede gonfio” che pergiunta aveva i capelli rossi, un tratto fi-sico poco apprezzato dai Greci. Altrisono invece caratterizzati dall’averemembra di animali – come Cecrope,per metà serpente – oppure dal soffri-re di sessualità smodata o di impoten-za, così come sono esistiti eroi balbu-zienti, gobbi, senza testa, perfino conil cuore peloso. Troppo spesso lontanida quei canoni di perfezione a cuispontaneamente vorremmo riferirli,gli eroi greci costituiscono una vera epropria sfida alla nostra comprensio-ne.

Impossibile negare, infatti, che a di-spetto di un’inarrestabile tendenza al-la violenza – e nonostante le propriedeformità fisiche o morali – gli eroi co-

stituiscono una presenza fondamen-tale all’interno della cultura greca. Es-si non sono soltanto i meravigliosi per-sonaggi dei racconti mitologici, mastavano alle base della pratica religio-sa, e quindi della vita sociale, di mol-tissime comunità, che attorno al pro-prio eroe si raccoglievano per onorar-lo e chiederne la protezione. Perchédunque rappresentarlo a quel modo?Che cosa staranno a “significare” queiconnotati mitici di violenza, prevari-cazione, deformità? Per trovare una ri-sposta a questa domanda occorre evi-tare di concentrarsi su questo o queltratto dell’eroe, per osservare piutto-sto il complesso della sua carriera. Cheè marcata sì dall’omicidio o da altreazioni riprovevoli, ma anche da provedi carattere sovrumano, che egli supe-ra accrescendo così i propri meriti e lapropria gloria - salvo restarne a volteschiacciato, suscitando all’oppostodolore e compassione. Soprattuttoperò è sulla conclusione della sua car-riera che deve cadere il nostro sguar-do: una fine tragica, attraverso la qua-le si realizza l’effettivo passaggio allacondizione “eroica”. Ci accorgeremocosì che personaggi come Eracle oEdipo ci mettono di fronte a un’espe-rienza ambigua e complessa, marcatada gloria e dolore, grandezza e mise-ria: proprio come avviene in qualsiasivicenda umana che abbia i caratteridell’eccezionalità. O almeno, questosembrano aver pensato i Greci.

© RIPRODUZIONE RISERVATA© RIPRODUZIONE RISERVATA

ni), riferito a Piero Gobetti, in-terprete esemplare di questoruolo rivelativo dell’“eccezio-ne”. E a quel vero e proprio te-stamento precoce gobettianoche è l’Elogio della ghigliottina(1922) dove l’allora ventunen-ne torinese destinato alla mor-

te in esilio scriveva: «siamo sin-ceri fino in fondo, io ho attesoansiosamente che venissero lepersecuzioni personali perchédalle nostre sofferenze rina-scesse uno spirito». O si legga-no, le pagine splendide di Uneroe borghese, l’onore reso daCorrado Stajano alla memoriadell’avvocato Giorgio Ambro-soli, il silenzioso servitore del-lo Stato chiamato a liquidare labanca di Michele Sindona e as-sassinato dalla mafia political’11 luglio del 1979. Appartene-va alla piccola schiera di quelliche continuano testardamen-te a tener fermo il proprio do-vere in un contesto di diffusa eprevalente corruzione, servili-smo, illegalità. Come, dopo dilui, faranno (e pagherannonello stesso modo) i giudiciFalcone e Borsellino o il gene-rale Dalla Chiesa, per fare soloi casi più ricordati.

A ben guardare, pressochétutti gli “eroi civili” della nostrastoria repubblicana sono mor-ti in solitudine. Anzi, sonomorti di solitudine. Ed è questala ragione per cui la “figuraeroica” dovrebbe, presso dinoi che ci portiamo addossoquesto peso, più che stucche-voli esercizi di retorica, solleci-tare penosi esami di coscienza.

A essi si dedicava un culto come agli dei. Erano legatiad attività come il combattimento, la medicina, l’atleticala divinazione. Sovrintendevano al passaggio di etàdegli adolescenti, rappresentavano mestieri e professioni

Simbolo

VITE SOSPESETRA CIELO E TERRA