La doppia emme di Girolimoni - Il Corpo · Il ‘mostro’ e il fascismo, Cappelli, Bologna 1972;...

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66 Quattro violenze Tutto inizia il 4 giugno 1924 1 . La piccola Bianca Carlieri, detta nel suo rione ‘la Biocchetta’, gioca vicino alla propria abitazione. Le si avvici- na un uomo alto e vestito di grigio che le rivolge qualche parola e la porta via con sé. Un’amica, vedendola allontanarsi con uno sconosciuto, la chia- ma. La piccola risponde che sta andando con lo zio a comprare le caramel- le. È l’ultima volta che la Biocchetta viene vista viva. Quando non torna a casa, la madre corre a cercarla e allarma tutto il rione, ma non si trovano tracce della Biocchetta e del misterioso accompagnatore. La mattina dopo, una donna che coglieva cicoria sui prati oltre la basilica di S. Paolo scopre vicino a un fossato il corpo ormai senza vita della piccola Bianca, strangolata; sono evidenti i segni della violenza carnale. Ampiamente riportata dai giornali, la notizia provoca orrore e panico. Un maniaco si aggira fra i vicoli della capitale e la polizia sembra impotente. Dopo una settimana, il caso lascia intravedere una soluzione: un poliziotto privato accusa tale Francesco Imbardelli di essere l’autore dell’o- micidio. In questura, pressato dagli interrogatori, Imbardelli confessa. L’esultanza dei giornali e dell’opinione pubblica avrà tuttavia breve durata. G si accorge presto che l’uomo è un innocuo psicopatico il quale si è auto- suggestionato: non è lui il maniaco. Altri casi di suggestione si verificheran- no in seguito, a testimonianza della tensione altissima. Cinque mesi dopo, una nuova apparizione del ‘mostro’. Una bimba di appena due anni, Rosina Pelli, gioca con altre amiche presso il colonna- to di S. Pietro, a pochi passi dalle mamme. Queste ultime notano un uomo con cappotto marrone e cappello che osserva la scena da poco distante, ma non danno molta importanza alla cosa. Ad un certo punto, la mamma di Resina volta lo sguardo e non vede più la figlia, né l’uomo. Anche questa volta le ricerche sono vane; la piccola è ritrovata il giorno dopo in una zona campestre — il Prataccio della Balduina — da un muratore che si reca al cantiere. Il corpicino è nudo ed insanguinato, come quello della Biocchetta. La doppia emme di Girolimoni di FOLCO CIMAGALLI IL CORPO - I, 3, dicembre 1994 1 Per una ricostruzione e un parziale commento si veda: D. Damiani, G. Strazzulla, Girolimoni. Il ‘mostro’ e il fascismo, Cappelli, Bologna 1972; G. Dosi, II mostro e il detective, Vallecchi, Firenze, 1973; L'Europeo, 19 agosto 1956 e segg.; La Fiera Letteraria, 28 marzo 1971.

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Quattro violenze

Tutto inizia il 4 giugno 1924 1. La piccola Bianca Carlieri, detta nelsuo rione ‘la Biocchetta’, gioca vicino alla propria abitazione. Le si avvici-na un uomo alto e vestito di grigio che le rivolge qualche parola e la portavia con sé. Un’amica, vedendola allontanarsi con uno sconosciuto, la chia-ma. La piccola risponde che sta andando con lo zio a comprare le caramel-le. È l’ultima volta che la Biocchetta viene vista viva. Quando non torna acasa, la madre corre a cercarla e allarma tutto il rione, ma non si trovanotracce della Biocchetta e del misterioso accompagnatore.

La mattina dopo, una donna che coglieva cicoria sui prati oltre labasilica di S. Paolo scopre vicino a un fossato il corpo ormai senza vita dellapiccola Bianca, strangolata; sono evidenti i segni della violenza carnale.Ampiamente riportata dai giornali, la notizia provoca orrore e panico. Unmaniaco si aggira fra i vicoli della capitale e la polizia sembra impotente.

Dopo una settimana, il caso lascia intravedere una soluzione: unpoliziotto privato accusa tale Francesco Imbardelli di essere l’autore dell’o-micidio. In questura, pressato dagli interrogatori, Imbardelli confessa.L’esultanza dei giornali e dell’opinione pubblica avrà tuttavia breve durata.G si accorge presto che l’uomo è un innocuo psicopatico il quale si è auto-suggestionato: non è lui il maniaco. Altri casi di suggestione si verificheran-no in seguito, a testimonianza della tensione altissima.

Cinque mesi dopo, una nuova apparizione del ‘mostro’. Una bimbadi appena due anni, Rosina Pelli, gioca con altre amiche presso il colonna-to di S. Pietro, a pochi passi dalle mamme. Queste ultime notano un uomocon cappotto marrone e cappello che osserva la scena da poco distante, manon danno molta importanza alla cosa. Ad un certo punto, la mamma diResina volta lo sguardo e non vede più la figlia, né l’uomo. Anche questavolta le ricerche sono vane; la piccola è ritrovata il giorno dopo in una zonacampestre — il Prataccio della Balduina — da un muratore che si reca alcantiere. Il corpicino è nudo ed insanguinato, come quello dellaBiocchetta.

La doppia emme di Girolimonidi FOLCO CIMAGALLI

IL CORPO - I, 3, dicembre 1994

1 Per una ricostruzione e un parziale commento si veda: D. Damiani, G. Strazzulla, Girolimoni.Il ‘mostro’ e il fascismo, Cappelli, Bologna 1972; G. Dosi, II mostro e il detective, Vallecchi, Firenze,1973; L'Europeo, 19 agosto 1956 e segg.; La Fiera Letteraria, 28 marzo 1971.

Fig. 2: « ...le sue pupille strane dallo sguardo atroce che non potremo mai dimenticare »,Il Giornale d’Italia, 10 maggio 1927.

Il terzo delitto avviene l’anno seguente, il 30 maggio. Ne è vittimauna bambina di sei anni, Elsa Berni, del rione di Borgo. Identiche le carat-teristiche del rapimento e le modalità della violenza. Ancora una volta, lapolizia non ha un indizio o una benché minima direzione d’indagine: sicomprende che il maniaco non è un vagabondo, un criminale abituale, maun uomo apparentemente normale e ben vestito, che percorre indisturba-to grandi tratti di strada per mano alle sue vittime. Si offre un premio dicinquantamila lire per chi fornisca informazioni attendibili sul mostro, masenza risultati.

L’omicida rimane inattivo per quasi due anni, finché nel 1927, il 12marzo, scompare un’altra bambina, Armanda Leonardi, di cinque anni.Come negli altri casi, il giorno dopo viene rinvenuto, in un prato, il picco-lo cadavere straziato e strangolato. Alla notizia del nuovo crimine delmaniaco, un oste, Giovanni Massaccesi, testimonia in questura di aver vistola piccola Armanda nel suo locale, il pomeriggio del rapimento, in compa-gnia di un uomo. Costui avrebbe ordinato qualcosa per entrambi e poi sisarebbe allontanato porgendo la mano alla bimba. L’oste e altri tre testimo-ni si dichiarano sicuri di poter riconoscere fra mille il presunto assassino.

Le indagini convergono su un individuo, Gino Girolimoni, che èstato visto più volte aggirarsi nelle zone dove sono stati commessi i rapi-menti. L’uomo ha 36 anni, è distinto, possiede una Peugeot verde. Gli inve-stigatori ne sorvegliano i movimenti. Un giorno viene visto parlottare conuna ragazzina e poi allontanarsi da lei in automobile, in gran fretta: pur nonavendo ascoltato la conversazione, la scena appare ai poliziotti come unevidente tentativo di rapimento, e il 2 maggio l’uomo viene arrestato,

Sottoposto ad estenuanti interrogatori, Girolimoni nega ogniresponsabilità. Ma l’oste Massaccesi e gli altri testimoni del suo locale rico-noscono in lui l’individuo che quella sera aveva con sé la piccola Armanda.Vedendo quell’uomo, anche una bambina che pochi mesi prima era statasul punto di essere portata via non esita ad incolparlo, DI fronte a tantepersone che lo accusano, Girolimoni continua a negare ogni responsabili-tà cercando di non perdere il controllo dei nervi.

Ecco come l’agenzia Stefani — il 9 maggio — comunica la notiziadell’arresto:

« Le incessanti, febbrili indagini per la scopetta dell’autore degli assassinii diLeonardi Armanda e di altre bambine, condotte silenziosamente ma tenacemente sotto lapersonale direzione del Questore di Roma, sono state coronate da pieno successo. Dopouna lunga serie di appostamenti ed osservazioni, l’assassino, raggiunto da un cumulo diprove, che appaiono irrefragabili, è stato identificato ed arrestato. Egli è il mediatoreGirolimoni Gino, nato il 1° ottobre 1889 a Roma, dove ha vari appartamenti.Precedentemente ha dimorato nei distretti di Borgo e di Ponte, vale a dire nella zona deidelitti. Vero tipo di degenerato, si è potuto accertare, durante il periodo in cui è stato sot-

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toposto a pedinamento, che ha un’abilità davvero eccezionale nell’eclissarsi dopo tentati-vi di adescamento, ricorrendo anche a travestimenti, come risulta da numerose fotografietrovate in uno dei suoi appartamenti. Procedutosi al suo arresto, l’assassino, sottoposto astringenti interrogatori, ha mostrato il più ributtante cinismo, negando sempre e rivelan-do quell’audacia e quella scaltrezza che aveva già dimostrato nei suoi orribili delitti; macontro di lui stanno prove schiaccianti raccolte, e particolarmente gli atti di ricognizioneeseguiti con le numerose persone che lo avevano precedentemente veduto e che lo hannoriconosciuto senza possibilità di equivoco e di inganno ».

L’abitazione di Girolimoni viene perquisita e vi si trovano moltiabiti e alcune foto di bambina. Le testimonianze della sua colpevolezzasembrano aumentare; si scava nella sua vita privata, Io si disegna come un« perfetto degenerato ».

È significativo, nei giorni successivi all’arresto, l’atteggiamento deigiornali romani e, in parte, nazionali: al di là dell’usuale sovraccarico reto-rico della stampa fascista, sorprendono il tono ed i contenuti delle descri-zioni. La ricostruzione dei fatti e la raffigurazione dell’individuo fermatodalla polizia sono privi di qualsiasi cautela. Tutte le tensioni così a lungoaccumulate trovano ora una direzione ed una possibilità di scaricarsi. Lerappresentazioni del mostro elaborate dall’immaginario collettivo vengonofinalmente espresse. Esse confluiscono nella costruzione di un personag-gio-tipo scarsamente umano, incarnazione di un incubo.

La figura di Girolimoni condensa significati e temi che rispecchia-no e risolvono almeno parzialmente angosce presenti nell’immaginario.Questo uomo non può essere un criminale comune:

« Certamente l’arrestato è una delle più sinistre e spaventose figure di delinquenti che l’u-manità ricordi, ed è con terrore e raccapriccio infiniti che questo viene constatato » 2.

Egli non è una creatura comune, la sua pericolosità appare quasisoprannaturale: Girolimoni si situa oltre le regole della convivenza civile, aldi là del consorzio umano, e non solo per i reati ascrittigli. Girolimoni nonè un uomo come gli altri.

Una campagna di stampa violenta viene organizzata nei suoi con-fronti. Immediatamente viene invocata la pena di morte. La necessità socia-le di trovare un colpevole produce le percezioni necessarie: tutti i testimo-ni si dicono certi del loro riconoscimento.

Di fronte alle loro dichiarazioni, un giorno Girolimoni sbotta a dire:

« — Io non risponderò più... fate di me ciò che volete; preferisco affogare in un mare gran-de — e scoppiò in una risata » 3.

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2 Il Messaggero, 11 maggio 1927.3 Il Giornale d’Italia, 10 maggio 1927.

L’indagine però non si chiude. Alcune ricostruzioni iniziano a vacil-lare: un operaio, lette le notizie e le descrizioni dei fatti sui quotidiani, nonesita a presentarsi in questura per assicurare che era lui l’uomo dell’osteriadi Massaccesi, e che la bimba in sua compagnia era la propria figlia.Tuttavia, posto a confronto con i quattro testimoni, non è riconosciuto:ormai il colpevole socialmente costruito, dunque riconoscibile, èGirolimoni.

* * *

Ma Girolimoni era innocente. Non era lui il ‘mostro di Roma’, né siè mai saputo chi fosse: si sono potute fare soltanto alcune ipotesi (proba-bilmente un abitante di Borgo, un conoscente delle vittime, tre delle quali,fra l’altro, erano imparentate). La vita dell’infelice accusato, dopo il rico-noscimento della sua estraneità ai delitti e la scarcerazione, fu marchiatadall’errore della polizia fascista: non si sposò, stentò a trovare nuovamenteun lavoro. Dopo una così roboante campagna di denigrazione, i giornaliparvero non accorgersi dell’assoluzione completa di Gino Girolimoni: sol-tanto un quotidiano, fra le brevi di cronaca, segnalò:

« È stata depositata presso la cancelleria della Sezione d’Accusa della nostraCorte di Appello la sentenza della Sezione di Accusa che chiude l’istruttoria a carico diGino Girolimoni. La sentenza - - dopo le richieste del P.M. comm. Mariangeli che già asuo tempo pubblicammo — assolve il Girolimoni per i reati a lui attribuiti per non avercommesso il fatto. Egli dovrà rispondere al reato di oltraggia al pudore. Il Girolimoni èstato difeso, durante tutto il periodo istruttorio, dall’avv. Ottavio Libotte » 4.

Girolimoni morì, povero e solo, nel 1961.

L’Orco della fiaba

Ma c’è un altro individuo che invade — scomodo e ingombrante —cronache e immaginario di quel periodo. La crisi politica e sociale del paesedopo la guerra ha trovato una soluzione extraparlamentare e apparente-mente ‘rivoluzionaria’. Due anni prima dell’apparizione del mostro il re haconferito a Mussolini la carica di capo del governo.

L’ascesa politica del maestro elementare romagnolo procede di paripasso con la sua rappresentazione come personaggio. Si pubblicano bio-grafie, diari, profili vari: la soluzione personalizzata del nodo politicorichiede un processo di costruzione e socializzazione del leader come capocarismatico.

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4 La Tribuna, 10 marzo 1928.

Il Mussolini immaginario 5 delle rappresentazioni appare ‘altro’. Il Capo hauna missione divina da svolgere e si pone « al di fuori dei vincoli di questomondo » 6. Egli è separato — sanctus — dagli altri uomini e se ne differen-zia per origine, compito e destino. Dopo un’«infanzia selvaggia» 7

Mussolini vaga come un randagio per paesi stranieri e per luoghi d’Italia;non può impiantarsi in un posto ed accettare la ‘borghese’ vita quotidianache gli si prospetta. Esce dal suo partito perché espulso, incontenibile in unsistema organizzativo orientato alla razionalità burocratica.

Così, « uomo solo », partecipa alla guerra quasi vegliando gli altridall’alto del suo carisma e senza essere mai totalmente coinvolto nei quoti-diani rituali dei commilitoni. Il ferimento per l’esplosione accidentale diuna granata appare poi, nelle ricostruzioni del Mito, come il momentodecisivo e doloroso in cui l’Uomo vince - solo, ancora una volta — anchela battaglia con la morte ed è ormai pronto a realizzare la sua missione. IlDux della Sarfatti è « destinato a salire e perciò alieno dall’ambiente in cuivive » 8, e ancora « esule, solitario e selvaggio » 9.Viene in mente il ganz anderes di Otto come cifra della natura sacrale delpotere di Mussolini, non propriamente uomo, ma Genio, Mago, Titano,Messia.

Non si tratta di una mera questione termine-logica. L’intera impal-catura simbolica del fascismo poggia sulla rappresentazione carismatica delvincolo individuo-leader politico: si pensi all’importanza delle adunateocea-niche e delle parate come forma nuova del rapporto cittadino-comu-nità, caratterizzata dalla fusione e da un rapporto sacrale-liturgico con ilpotere. Si pensi a come in queste occasioni fosse importante poter vedereo addirittura toccare il Capo, quasi a ricavarne, per trasmissione diretta (omagia simpatica), chissà quali benefici10. Leggiamo da una biografia:

« II Capo appena giunge inizia il suo giro d’osservazione percorrendo il padiglio-ne di patologia medica, seguito dal gruppo dei presemi. Cerco di farmi largo ed essere inprima fila, dietro il Duce, ma non riesco, coloro che mi precedono difendono gelosamen-te quella poca distanza che li separa dal Capo. [...] Ma io bramo di essergli ancora unavolta a contatto, di potere ancora una volta tuffare il mio sguardo nel suo. Cerco affanno-samente un espediente per riuscire a ciò. [...] Torno indietro, imbocco il primo corridoioche mi capita e lo supero di corsa, ne abbordo un altro, orientandomi a caso, lo percorrorapidamente, ma appena svolto debbo frenare di scatto il mio slancio e fare uno sforzo

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5 F. Ciarlantini, Mussolini immaginario, Sonzogno, Milano, 1933.6 M. Weber, Economia e società, Comunità, Milano 1968, v. 1, p. 423.7 N. Ventura, Mussolini vertice e luce, Arti grafiche Filippini Pellegrini, Catania, 1937.8 M.S. Sarfatti, Dux, Mondadori, Verona 1932, p. 97.9 G. Pini, Benito Mussolini, Cappelli, Bologna 1926, p. 83.10 Stesso schema, del resto, osservabile oggi durante i viaggi del papa o nei concerti rock nei

quali il Pontefice o il divo costituiscono un alter rispetto alla comunità dei fans.

sovrumano per non com-niere un acrobatico capitombolo che mi avrebbe scaraventato trai piedi... del luce il quale percorreva in quel momento, col seguito, il medesimo corridoio.Egli mi fissa, comprende il mio piccolo... dramma e passandomi accanto sorride bonaria-mente con quel sorriso dolce, umano e paterno che lascia indelebile nell’animo un solcoprofondo di commozione e letizia. Ho il fiato grosso, vorrei parlare, balbettare qualcheparola, ma non riesco. Un nodo alla gola mi strozza la voce » 11.

L’imbarazzo, il tremore, il palpito ricordano uno stato di innamora-mento (l’autore è uno stimato professionista).

Un convulso legame emozionale lega il Capo alle masse. Il momen-to della fascinazione non esaurisce il rapporto: la natura altra del sacro creasensazioni ambivalenti. Nelle descrizioni osannanti di Mussolini trasparel’aspetto complementare del sacro, il mysterium tremendum.

Oggetto d’amore, Mussolini terrorizza. Talvolta nelle sue rappre-sentazioni sociali si intravede la contraddittorietà delle sensazioni provate,si scorge l’orrore che suscita una creatura super-umana. Mussolini è anchebestia, che mal sopporta di stare in vincoli troppo angusti (incontenibile, siè detto). Tale è « l’ansia della belva in trappola, la belva che teme l’aggua-to » 12. O, ancora, la celebre mascella volitiva impressiona, incute soggezio-ne, è una «mandibola... come di bestia».

Questo malcelato terrore ci ricorda le descrizioni di un altro indivi-duo. Seppure vengano usati toni ed argomenti simmetricamente opposti, sidelinea un’analogia singolare tra le rappresentazioni di Girolimoni e diMussolini. Entrambi sono fuori dal contratto sociale e dal consesso umano,sono figure inquietanti e spaventose. Entrambi suscitano ansia, riempionodi emozioni le pagine delle biografie o dei giornali. Forse i mostri sono due.

* * *

Altro sangue scorre in quel periodo. L’omicidio riempie le cronachedel 1924, due mesi dopo l’uccisione della Biocchetta e qualche mese primadi quella della Pelli. Il 3 gennaio del 1925 Mussolini, conscio dei rapportidi forza favorevoli, potrà — nel celebre discorso alla Camera — assumeresu di sé « la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avve-nuto ». E aggiungerà: « Se il fascismo è stato un’associazione a delinquere,io sono il capo di questa associazione a delinquere». Simbolicamente, assu-me su di sé il sacro dell’assassino.

Intanto ricompare il maniaco, che uccide altre due volte. Dopo due

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F. Cimagalli, La doppia emme di Girolimoni

11 P. Modica, Genio e fascino di Mussolini, Edizioni ‘Impero’, Palermo, 1938. 12 M.S. Sarfatti, op. cit., p. 66.

anni, l’arresto di Girolimoni e l’inizio del delirio collettivo che lo colpevo-lizzerà fino a chiederne — da subito — la morte. Eppure la compresenzadi due figure così dichiaratamente anormali nell’organismo sociale fo con-tro di esso?) induce a singolari suggestioni.

Forse non è Girolimoni il mostro che inquieta l’Italia degli anniVenti. O meglio, forse dietro la maschera di quel malcapitato si cela un’al-tra figura, ben più terrificante. Potremmo pensare a Girolimoni come allarappresentazione visibile, concreta e praticabile dell’aspetto tremendum delpotere di Mussolini. Girolimoni come l’altra faccia del duce, l’ombra deltiranno.

Non è forse Mussolini che agita i sogni di tranquille signore perbe-ne, non è lui la creatura che tutto vede, tutto sa, tutto dispone? Si cela inquesta onnipotenza del duce l’immagine dell’ipermaschio insaziabile,dell’Under stupratore e violento. La stessa natura sessuale dei reati delmaniaco ci indica una possibile strada interpretativa. I legami libidici su cuisi impernia il rapporto Capo-masse trovano, in questa luce, un accessibilepercorso di scissione e spostamento dei loro aspetti meno tollerabili.

In questo senso, la parte mostruosa (nel senso di terrorizzante, ano-mala, imprevedibile, non ancorata ad un sistema di regole) del patere diMussolini subisce un processo di occultamento e successiva proiezionenella creazione del maniaco. L’angoscia prodotta dalla invadenza fantasma-tica di Mussolini dittatore incontra un’opportuna deviazione: viene assem-blato un mostro perfetto, definibile e stereotipato che, nella sua accessibi-lità cognitiva e punibilità pratica, diventa paradossalmente rassicurante.Gruppi estesi della società italiana si scagliano contro l’orrenda creatura ebonificano il rapporto capo-massa dalla sua dimensione più angosciante,lasciandolo però intatto. Anzi, poiché la paura del mostro riproduce l’an-goscia che placa, questo rapporto ne esce rilanciato e rafforzato. Il cerchiosi chiude.

Girolimoni, strepita un giornalista, è « l’orco della favola, è l’uomonero » 13. Metafora illuminante. Vengono evocate figure fobiche ancestrali,di cui il mostro sarebbe l’incarnazione. Eppure altri uomini neri da anniimperversano per strade e piazze d’Italia ostentando gagliardetti con tibiee teschi, revenants in nero che con compattezza militare bastonano, ucci-dono, distruggono Case del popolo e sedi di giornali.Un altro articolista, il giorno dopo la diffusione della notizia dell’arresto diGirolimoni, potrà scrivere, presumibilmente soddisfatto, che la faccenda èchiusa e che ora si possono dormire sonni tranquilli.

« Quale volto avrà quest’uomo che da anni tiene in iscacco l’intera Polizia? Qualesarà la sua vita tenebrosa? Da quale angolo della terra sarà egli piovuto a portare la male-dizione sulla nostra città? Ed ecco che ora il mistero è svelato! Ecco che improvvisamen-

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13 L’Impero, 12 maggio 1927.

te la luce vivida della verità ha squarciato i suoi occhi, le sue pupille strane dallo sguardoatroce che non potremo mai dimenticare [...] Non vedete la gioia su tutti i volti? Nonvedete il sorriso dei bambini più puro, quasi essi comprendessero che l’Orco della fiaba èstato atterrato e disfatto dalla giustizia vendicatrice? [...] Un cantico di ringraziamento,nella purissima mattina di maggio, si leva solenne dal popolo intero di questa generosaRoma »14.

Ma chi è quest’uomo dallo sguardo atroce? Non è poi così certo chesi trovi in condizione di non nuocere dietro le sbarre di Regina Coeli.Siamo sicuri che I bimbi di Roma — gli ingenui italiani del ventennio? —si siano liberati dal loro incubo?Forse allora la fiaba — la fiaba vera—è il fascismo e quell’Orco che tantosi teme non è stato ancora « atterrato e disfatto ».

Gli occhi del maniaco

Qualche osservazione. La cattura di Girolimoni è la liberazione daun incubo. Per anni il mostro di Roma ha tenuto nel panico la gente deiborghi, e in scacco gli investigatori. Sconosciuta la sua identità, irrazionaleil suo movente. Un maniaco non è un comune deliquentc: probabilmenteconduce un’esistenza del tutto normale, tra gente ‘perbene’. Non lasciaindizi, non tradisce la sua identità: rapisce, stupra, uccide rimanendo per-fettamente anonimo. La presenza di un individuo simile all’interno del tes-suto sociale introduce un caos indicibile, perché segnala il limite dell’ordi-ne della realtà.Il terrore che il maniaco ispira non è proporzionato al pericolo ogget-tivoche costituisce. Il crimine specifico esprime solo un aspetto in fondo mar-ginale del mostro. La sua mostruosità sta soprattutto nell’ansia cognitivadel non trovare definizioni appropriate, del constatare che le categorie uti-lizzate non spiegano, non classificano, non ordinano tutta la realtà.Non è dato prevedere quando e dove il mostro colpirà, quando egli com-pirà il suo efferato crimine, quale impossibile congiunzione carnale con unabambina che precede l’assassinio; la natura sua e delle sue azioni è incom-prensibile e sparge su ogni cosa e persona il dubbio della incomprensibili-tà: chiunque può essere il mostro. Di qui l’angoscia collettiva. Il giorno incui un uomo viene tratto in arresto, l’angoscia può acquietarsi. Il mostro haora un nome, un volto, una storia. La béance di senso dell’anonimato lasciaspazio al pieno di un nome: senza dubbio quest’uomo è il colpevole.La notizia dell’arresto del reo (presunto?) delle infami violenze invade —si è detto — le cronache del giorno dopo. Assieme alle vere e proprie noti-

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14 Il Giornale d'Italia, 10 maggio 1927, corsivo mio.

zie (lo stato delle indagini, le testimonianze, le cosiddette ‘prove’) vengonodate — immediatamente — le descrizioni. Subito si pubblicano le foto, cisi affretta a fornire puntigliosi resoconti del suo aspetto fisico, delle sue abi-tudini. Ora che il maniaco è scoperto, occorre vederlo, conoscerlo perrestaurare gli schemi cognitivi di interpretazione. Tuttavia, la mostruosità(in senso fisico) dell’uomo non è poi così evidente, anzi.

« Abbiamo visto alcune fotografie del bruto arrestato ieri. Ha un aspetto tran-quillo e, quasi, blando. Non si direbbe a guardarlo che in lui possa celarsi la spaventevo-le brutalità che gli ha fatto commettere i suoi raccapriccianti delitti. Il violento contrastoche c’è tra il suo viso, di buon giovane con qualche pretesa di eleganza, e il suo tempera-mento accresce ancora di più il senso di orrore e di repulsione che la sua figura ispira. [...]Se la sua figura fosse stata più rude e grossolana il senso di raccapriccio che essa ha desta-to sarebbe minore. Molti immaginavano che si trattasse di un vagabondo, un malato, senzaoccupazione, tagliato assolutamente fuori dal mondo, che viveva una sua bestiale vitanascosta e assurda. Veniva fatto di pensare che si trattasse di una belva, una specie diuomo delle caverne, che usciva di tanto in tanto dal suo covo isolato e deserto per com-piere uno di quei terribili misfatti, dopo i quali si rifugiava nuovamente nella sua tana lon-tana dagli uomini e dalla vita. Un essere anormale insomma che per la sua natura di belvanon poteva vivere come gli altri » 15.

E invece no. Gino Girolimoni era inserito nella società civile, avevacontatti umani, seppure rari e poco approfonditi. Egli poteva mescolarsi almondo e poi colpire, dal di dentro, indisturbato e cinico.

Girolimoni è la personificazione dell’impuro, della destrutturazio-ne di un ordine simbolico: saperlo irriconoscibile, davvero uguale agli altri,rappresenta una sfida costante all’equilibrio cognitivo. Per queste ragioni,il sociale inventa la sua risposta: vengono individuati tratti fisici che testi-mo-nino l’abietta natura dell’assassino, che consentano di scorgere elemen-ti, seppure pochi, seppure in qualche modo occultati, capaci di garantire— pena un intollerabile panico conoscitivo — la riconoscibilità del mostro.

Innanzitutto, la natura di Girolimoni si rende completamente mani-festa quando egli sta per compiere uno dei suoi ratti. Sono significative ledescrizioni fornite ai cronisti dai poliziotti che a lungo lo hanno pedinato,cogliendolo anche nel presunto tentativo di adescamento di una nuova vit-tima:

«Aveva un aspetto oltremodo turbato: arrossiva ed impallidiva continuamente,era agitato da un notevole tremito nervoso » 16.

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15 Il Tevere, 20 maggio 1927.16 L’Impero, 10 maggio 1927.

Ad un certo punto:

« Il mostro cominciò a far cenni alla bambina, che fingeva di passeggiare. Discesequindi dall’automobile per avvicinarla e cercò di ghermirla, ma ella ancora ali sfuggi. IlGirolimoni, contrariato, si era come trasformato in viso: aveva gli occhi iniettati di sangue,il viso paonazzo. Fallito ancora una volta il tentativo e spettando forse di essere spiato losconosciuto rimontò in macchina e scomparve » 17.

Oppure, in modo simile, al momento dell’arresto:

« — Venga con noi. All’ingiunzione l’uomo impallidì. Sbarrò gli occhi — duestranissimi occhi sfuggenti ed obliqui — ed il suo corpo fu scosso da un tremore invinci-bile. Smarrito, balbettò alcune parole che gli uscivano rauche dalle labbra illividite. —Che volete? Chi siete? — Siamo funzionar! di P.S. Divenuto un miserabile straccioumano, l’uomo sembrò cadere di schianto a terra privo di sensi. SI lasciò afferrare e tra-scinare su di una automobile, che in tutta velocità si diresse alla volta del Commissariatodi Borgo. La scena si svolse rapida senza che i presenti potessero notarla. [...] Si iniziavacosì l’interrogatorio. L’uomo veniva identificato per Gino Girolimoni, di padre ignoto e diAssunta Girolimoni, di anni 36, romano. Alle accuse del Comm. Cesario, il Girolimoninegò, dichiarandosi innocente, dimostrando un cinismo veramente ributtante » 18.

Ormai è preso. È lui il mostro di Roma, il seviziatore delle bambi-ne. Finalmente si può tracciare di lui un identikit completo.

« Descriviamo la figura dell’immondo essere che la Polizia ha tolto finalmentedalla circolazione. Gino Girolimoni è il classico tipo del degenerato. È esattamente altoun metro e settantatré centimetri, ha il volto sbarbato, i capelli divisi con la scriminaturaed è un po’ calvo in mezzo alla testa. Ha due occhi stranissimi, dal taglio quasi mongoli-co; lo sguardo è obliquo, falso, sfuggente. Quando parla strizza l’occhio sinistro, partico-lare che era già stato notato all’osteria dai quattro testimoni ».

Così lo descrive un altro foglio:

« Alto un metro e settanta, un po’ più della media normale, dai capelli castani pretenzio-samente lisciati e divisi in mezzo alla fronte ma radi sul vertice del capo, gli zigomi pro-nunciati e prominenti, le orecchie dai padiglioni distaccati, la bocca tesa in un sorrisoduro, cattivo, forzato. Ma la parte che maggiormente si impone alla attenzione di chi liguarda, sono gli occhi di questo individuo: occhi sfuggenti, obliqui, con una delle palpe-bre agitata da una specie di tic nervoso che lo costringe ad abbassarla frettolosamente,come per uno spasmodico tiramento. Dimostra, press’a poco, i suoi quarant’anni, e, cometutti i ‘parvenu’, è ricercato ma piuttosto volgare nel suo vestire di cattivo gusto: ha l’ariadi un manovale arricchito » 19.

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F. Cimagalli, La doppia emme di Girolimoni

17 Il Corriere della sera, 10 maggio 1927. 18 Il Messaggero, 10 maggio 1927. 19 L’Impero, 11 maggio 1927.

Dunque soprattutto nello sguardo e nella conformazione degliocchi sta la stranezza del maniaco. Il suo è uno « sguardo che non si dimen-tica » 20, egli ha « uno sguardo strano, tra lo stupefatto e il penetrante, chenon poteva essere dimenticato » 21; più di una volta è appellato come « l’uo-mo dallo sguardo eccezionale » 22.

Subito ci vengono in mente altri occhi indimenticabili, ancora oggiprofondamente impressi nell’immaginario popolare. Mussolini ha «fulmi-nei occhi bovini» 23, grandi occhi magnetici 24, «grandi, neri, abitualmentesbarrati. Guardano in fondo. Penetrano, colpiscono» 25, «occhioni difuoco» 26. Un magnetismo inquietante che rivela la sua alterità.

Nella descrizione di Girolimoni affiora in filigrana — nella sua fisi-cità — il mostro vero, la belva violenta, Mussolini.

Sottintesa nelle descrizioni dell’arrestato 27, la contrapposizione frai due personaggi è solo apparente: un espediente, una scorciatoia cognitivaper capire senza capire, per ripristinare un ordine che non può esseredetto. Tra le due figure si instaura un gioco di rimandi simbolici e di reci-proca influenza in una sorta di compossibilità degli opposti: è proprio il fattoche essi abbiano una stessa natura, una stessa ‘prodigiosa’ origine che con-sente Il successivo processo di individuazione e di opposizione.

Questa dialettica si manifesta nel contatto emblematico fra i dueprotagonisti diretti della vicenda; il valente investigatore che ha curato leindagini e l’assassino degenerato erano stati commilitoni in guerra, i due siconoscevano:

« Per una serie di inesplicabili circostanze che sono nella vita dell’uomo, GinoGirolimoni — il bruto indegno — e Giovanni Giampaoli, l’audace e tenace agente che neha scoperto le tracce e provocato l’arresto, sono stati militari insieme ed insieme hannoindossato la gloriosa e balda uniforme dei bersaglieri, l’arma che vanta tra le sue file BenitoMussolini » 28.

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20 Il Giornale d’Italia, 10 maggio 1927.21 Ibidem.22 Ibidem.23 In L. Passerini, Mussolini immaginaria: storia di una biografia, 1915-1939, Laterza, Roma-

Bari, 1991, p. 71.24 A. Beltramelli, L’uomo nuovo, Mondadori, Verona, 1933, p. 100.25 E. Settimelli, Benito Mussolini, Soc. Tipografico editoriale Porta, Piacenza, 1925, p. 44.26 P. Valera, Mussolini, Casa editrice ‘La Folla’, Milano, 1924, p. 5.27 Per esempio, quando si cita direttamente Mussolini che rabbrividisce « nel suo tenerissimo

cuore di padre », in opposizione diretta con « l’immondo bruto », L’Impero, 10 maggio 1927.28 L’Impero, 11 maggio 1927.

È il cortocircuito: anche Girolimoni un bersagliere; la stessa unifor-me, la stessa vita di trincea con l’uomo che lo arresterà (una articolazionedi Mussolini, potremmo dire, una protesi). Qui sta la drammaticità: nelcoesistere (insopportabile per gli umani) di puro e impuro in un unicofuoco, prodigioso e accecante. Così, se Mussolini ha anche una natura dibelva, come si è visto sopra, Girolimoni il bruto, il mostro infame, destaegli stesso una forma di rispetto, suscita un fascino sinistro.

Scrive Durkheim:

« c’è dell’orrore nel rispetto religioso, soprattutto quando è molto intenso; e il timore cheispirano le potenze maligne non è generalmente privo di qualche carattere reverenziale »29.

In questo senso possiamo mantenere nello stesso campo cognitivoil terrore indotto dal fascismo (« Il fascismo, che oggi contiene tutto ciò cheè spurio, ha preso il sopravvento. È superiore a tutti. Terrorizza30»), maanche quelle descrizioni di Girolimoni che oscillano fra il timore cieco euna qualche perversa suggestione:

« Non valeva cercarlo, non valeva porre sulla sua persona ‘taglie’ ragguardevoli:era un essere satanico, munito di intelligenza finissima e di poteri eccezionali, con cuiriusciva a sfuggire ad ogni più accanita caccia, ad ogni più diligente indagine » 31.

Il fatto è che entrambi si situano fuori dal consesso degli uomini,sono ambedue animali randagi.

Già dal giorno della notizia dell’arresto di Girolimoni campeggianella prima pagina di cronaca de Il Giornale d’Italia una serie di fotografieche mostrano i vari ‘travestimenti’ dell’individuo arrestato (fig. 1). È singo-lare l’insistenza con cui egli viene rappresentato come un trasformista.Questo uomo ha più di una abitazione: segno che

« lo strano individuo amava far perdere le sue tracce ed aveva la tendenza a nascondere lasua indefinibile esistenza » 32.

Interessanti, poi, gli oggetti ritrovati in uno dei suoi alloggi.

« Nell’armadio è stata rinvenuta una quantità considerevole di fotografie. Moltedi esse sono fotografie di bambine e ben 35 sue. L’assassino si è fatto fotografare in posediverse e con abiti e truccature differenti, ciò che dimostra la sua tendenza alla simulazio-ne» 33.

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29 E. Durkheim, Le forme elementari della vita religiosa, Comunità, Milano, 1963,p. 430.30 P. Valera, op. cit., p. 80.31 Il Giornale d’Italia, 10-5-1927.32 Il Messaggero, 10 maggio 1927. 33 Ibidem.

Egli possiede undici vestiti, segno non già di ricercata eleganza o diagiatezza economica, ma di una spiccata vocazione al mimetismo:

«Il Sensi [un suo conoscente] ci ha pure accennato alle continue trasformazionidel turpe uomo nell’abbigliamento, ora con un berretto calato sugli occhi e trasandato nelvestito, ora con i cappelli di feltro, dai differenti colori, con solino inamidato ed abito ele-gante. Tutto ciò ad arte, si da mutare aspetto e sfuggire a vaghi dubbi che potevano nutri-re quanti lo avevano intravisto, nei giorni passati allorché aveva rapito una bimba» 34.

Riassumendo,

« cambia sovente di casa, se ne crea quindi due; vive enigmaticamente, dorme poco, nonfrequenta donne, di cui ha anzi una spiccatissima soggezione, conserva nel segreto dellasua torbida esistenza il ricordo delle nefandezze compiute, forse segue sui giornali le accu-rate ricerche della Polizia, sventando con la sua intelligenza ogni sospetto sulla sua perso-na, non ha amici; i pochi che, per ragioni di affari, lo frequentano, parlano di lui come diun essere strano ed ambiguo; nessuno conosce le sue precise abitudini, nessuno è entratomai nella sua casa, ove conserva le tracce dei suoi delitti; nemmeno le padrone di casa pos-sono dire molto di lui, all’infuori di questo: ‘È un tipo strambo, che però paga puntual-mente l’affitto» 35.

Anche Mussolini è un ‘trasformista’; il politico in marsina e cilindroe il capopopolo in maniche di camicia, aviatore e contadino, tenero padredi famiglia, suonatore di violino e arringatore di folle, nuotatore e alpinista.Abbiamo già visto il duce rappresentato come « solitario e selvaggio »36,con « la faccia di chi è solo » 37: in breve « egli è un solitario, è un aposto-lo » 38. Così Girolimoni, dal canto suo, quantunque costantemente mesco-lato, infiltrato fra le altre persone, rimane irriducibilmente altro, « un soli-tario, tetro e cogitabondo » 39. Persino l’attività lavorativa del maniaco lo faapparire come un essere viscido e contaminato: egli agisce da mediatoreper conto di alcuni avvocati procurando loro la clientela, ovvero operaiincorsi in infortuni sul lavoro.

« Professione veramente strana, figlia di una novissima e non bella evoluzioneprofessionale assunta dall’avvocatura. [...] Il Girolimoni esercitò proprio questo mestieredi sensale fra avvocati e clienti — e pare che il mestiere fruttasse bene » 40.

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34 Il Giornale d’Italia, 11 maggio 1927.35 Il Giornale d’Italia, 10 maggio 1927.36 G. Pini, Benito Mussolini, op. cit., p. 83.37 E. Settimelli, Benito Mussolini, op. cit., p.38 A. Beltramelli, op. cit., p. 79.39 La Tribuna, 10 maggio 1927.40 Ibidem.

In pratica,

« questo sciacallo della sventura si aggirava famelico fra quanti potessero metterlo sulla viadelle disgrazie. Avute le informazioni, la sua piccola Peugeot correva alle case degl’infor-tunati e quivi gettava la rete, nel nome e per conto dei difensori, più o meno speculatori,del pupillo e della vedova. Tirata la rete, consegnava la preda e riscuoteva i suoi trentadenari, per preparare la soddisfazione delle sue brame oscene, ributtanti di degeneratocriminale sul candore tenero di piccole vittime. Orrore! » 41.

Il fulcro rimane la natura infida e metamorfica di Girolimoni, il suoessere sempre fra una cosa e un’altra e mai completamente definibile. Altriepisodi rafforzano questo discorso. Alcuni lo avrebbero visto addirittura alfunerale di una delle sue vittime:

« In via Marsala, innanzi alla Chiesa del Sacro Cuore, dopo che era stata impar-tita la estrema benedizione all’angioletto salito in cielo ed accolto in grembo dallaMadonna, ecco il mostro avvicinarsi, con fare premuroso e viso contrito, alla madre dellaPelli. La misera donna, straziata profondamente, vacillava. Il Giro-limoni fu si audace daporgere il braccio alla sventurata ed aiutarla a salire nella carrozza, che si mosse poi die-tro il carro funebre, il quale si avviò verso il Verano» 42.

Un attore, Gino Girolimoni, onnipresente, ubiquo. Un altro testi-mone ha raccontato:

« che nello scorso marzo, all’indomani dell’eccidio della piccola Leonardi, il Girolimoni sipresentò alla Morgue, col pretesto di raccogliere informazioni di un infortunato la cuisalma vi era stata trasportata. In quel momento il giudice istruttore comm. Marsciano e iperiti [...] stavano in camera operatoria per l’autopsia della piccola Leonardi. IlGirolimoni si atteggiò a commiserazione e, da abile commediante, a coloro che commise-ravano la sventurata piccolina, esclamò: ‘Che peccato che non si riesca ad acciuffare quelfarabutto!’. L’assassino aveva trovato la battuta della pietà e della esecrazione in presenzadel cadaverino della sua vittima innocente! Quanto cinismo ributtante! Quale anima diperfetto sciacallo, seppure con tale comparazione, non si fa torto allo sciacallo! »43.

« A pochi passi stava il cadaverino della vittima, della meschina che aveva subitol’orrendo martirio. E l’assassino col suo contegno calmo, impassibile, dimostra di non pro-vare nessun sentimento di orrore di se stesso. Una depravazione senza limiti » 44.

Molto si potrebbe dire su Mussolini nomade ed ubiquo: le sue pere-grinazioni giovanili, l’impossibilità di chiuderlo in una forma data o di

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41 Ibidem.42 Il Giornale d’Italia, 11 maggio 1927.43 La Tribuna, 10 maggio 1927. 44 L’Impero, 11 maggio 1927.

legarlo a un luogo specifico. È nota, poi, la sua «ossessione ubiquitaria» 45.Scriveva uno stupefatto visitatore straniero in Italia negli anni Venti:

« Impossibile trovate un luogo appartato, un angolo discreto dove il viso imper-vio del dittatore non vi osservi... » 46.

Mussolini « sa tutto e vede tutto » 47, ti osserva, onnipresente eimmenso:

« Non c’è contrada italiana dove qualcuno non dica di aver visto passare a velocità fanta-stica o un’automobile o una motocicletta con su Mussolini che si riconosce appena per isuoi grandi occhi e lo sguardo... » 48.

Il mostro e l’altro sfuggono ad ogni definizione (per sua natura restrittiva esemplificatoria), rimangono in perenne equilibrio fra uno stato e l’altro,contaminati e contaminanti: di qui la loro potenza e la loro pericolosità.Addirittura il mostro sembra provenire dall’oscurità dell’indeterminato,del caos primordiale: un uomo che non ha radici, non ha un’origine e unacollocazione definibile. Girolimoni — significante strano, tortuoso — forsenon è neanche il suo nome 49, forse è uno dei modi con coi cela la vera iden-tità, se mai essa esiste. Egli sembra scaturito da incubi cognitivi.

« Gino Girolimoni di padre ignoto? Sopra questa eventualità sono sorti deidubbi che sembrano fondati. Ha detto il suo vero nome, questo delinquente? O meglio,il nome sotto il quale viveva e conduceva quella tal vita che sappiamo, è proprio il suo, onon lo ha modificato, storpiato per delle ragioni note a lui solo? Ha conosciuto un padre,o non ha avuto mai altro nome che quello di una madre sedotta e abbandonata? Sono tuttedomande queste, alle quali si incaricherà di rispondere, a suo tempo, l’autorità inquiren-te. Le risposte a queste domande, d’altra parte, non hanno che una importanza molto rela-tiva: certi individui — che sono fortunatamente una rarissima e paurosa eccezione — nonhanno famiglia-non hanno affetti, non hanno sentimenti figliali: sono rami malati e infettidell’albero sociale, che bisogna recidere e gettare sul fuoco, senza indugi e senza esitazio-ni » 50.

L’essere al di fuori del sociale (e cioè di un sistema consolidato dicategorie conoscitive e di norme) è di per sé ansiogeno: alla natura incom-prensibile del sacro è intrinseco questo rapporto concitato e doloroso congli umani. Fra Genio e Mostro non corre tanta differenza. Girolimoni

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45 L. Passerini, op. cit., p. 76. 46 In L. Passerini, op. cit., p. 133.47 F. Ciarlantini, op. cit., p. 73. 48 Ibidem, p. 75.49 Su un conto in banca egli pare segnalato come Cirolimoni, La Tribuna, 10 maggio 1927.50 L’Impero, 11 maggio 1927.

diviene un artificio per normalizzare entro uno schema comprensibile l’ir-raggiungi-bilità cognitiva del Capo, addomesticandone la dimensioneangosciarne.

Girolimoni — e con lui ogni mostro, ogni serial killer, ogni indivi-duo che nella sua anormalità dichiarata sfida un ordine di certezze — è unaastuzia con cui il sociale riafferma un orizzonte simbolico, ristabilisce l’e-quilibrio del puro.

Gli isterismi provocati dai tanti Girolimoni sociali sono dati dalfatto che essi impersonano il caos latente in ogni sistema di regole. Questovulnus mina alla base gli ordini della conoscenza e della convivenza umana,questo stesso vulnus consente al sociale di erigere un controfuoco di cer-tezze e riconfermare l’apparente solidità metastorica delle costruzioni sim-boliche.

Si tratta quindi di provocazioni di attori in un gioco che il sociale facon se stesso e il cui vincitore è conosciuto in partenza. I mostri in fondosono creature rassicuranti.

Nel caso Girolimoni la presenza del dittatore pone con forza intol-lerabile il problema di un ordine simbolico sconvolto dal duce. Diventaperciò necessario scovare un mostro perfetto, che si faccia carico delle ango-sce che turbano l’immaginario sociale, semplificandone la portata e con-sentendone il superamento.

E mostro perfetto è Girolimoni nella costruzione esemplare fattanedai giornali: descrivono non un uomo, ma un tipo, il Mostro, le cui conno-tazioni seguono schemi simbolici ricorrenti 51. Il duce — seppure strana-mente somigliante a quelle descrizioni — può così rimanere nell’ombra,oggetto rimosso di quelle attenzioni e di quelle angosce. Bonificato, puòerigersi come autorità positiva, garante dell’ordine sociale, politico e mora-le.

Il sacrificio

L’arresto del mostro ha consentito di strappate quella creaturaall’indifferenziato, trascinandolo in un sistema di identità. Lo si ispeziona,gli si puntano contro i riflettori degli interrogatori, a Regina Coeli è con-trollato a vista giorno e notte quasi che possa riscomparire nell’anonimato.

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51 È curioso, per esempio, l’interesse per la mano sinistra del maniaco. Una bambina aggredi-ta dal bruto (e poi fortunosamente salvatasi) ha raccontato che il suo aguzzino l’aveva singolarmen-te rattrappita. I giornali, poi, riportano — a proposito di Girolimoni — che «ha una mano, la sini-stra, che il destino, in seguito ad un infortunio, ha reso adunca, rapace, quasi l’artiglio di unabelva!», Il Giornale d’Italia, 10 maggio 1927. Anche un altro sospettato — un prete anglicano — hala stessa caratteristica mano adunca, ed in un libro dedicato al caso dei mostro di Roma e alle inda-gini svolte dal commissario Dosi è riportata addirittura la foto della mano del religioso, quale ‘prova’della sua colpevolezza, G. Dosi, op. cit.

Ma non basta. L’angoscia che Girolimoni ha permesso di scoprite faesigere al sociale una riparazione. Gli accorati fondi di cronaca e i titolicubitali, e più ancora la gogna delle foto e dei minuziosi reportages sulla suavita privata sono già una forma rituale di purificazione; mediante questepratiche si opera una esposizione del carnefice che ne esorcizza la pericolo-sità. Ma l’ansia non è ancora placata, queste azioni non sono sufficienti:Girolimoni deve morire.

Il coro forcaiolo è quasi unanime fin dal giorno seguente la notiziadell’arresto del presunto colpevole. Il desiderio di riparazione è fortissimo;la necessità di cancellare l’impuro è un bisogno quasi fisico. Così, già daltitolo della Tribuna del 10 maggio si afferma la sentenza:

« Il martirio di quattro piccine non ammette pietà per l’assassino: bisogna fuci-larlo ».

E poi, nel fondo:

« L’inesorabile giustizia di Dio ha colpito l’uomo le cui mani grondano di sangueinnocente: colui che sembrava protetto da una demoniaca potenza è caduto nella rete chesicuramente attorno a lui aveva disteso la Polizia. Dominato dalla sua stessa degenerazio-ne l’assassino di quattro bimbe aveva continuato anche dopo l’ultimo misfatto nella meto-dica ricerca delle sue vittime; tutto egli aveva saputo ordinare e predisporre per sfuggiread ogni indagine. Le due abitazioni, i travestimenti a lui consueti, l’automobile che in que-sti ultimi tempi aveva acquistato dimostrano senza possibilità di equivoco la colpa dell’in-dividuo e la piena responsabilità sua. [...] La legge non può essere indulgente: l’uomo cheha stroncato l’esistenza di quattro bimbe deve morire. [...] L’assassino non può godereancora del sole e della luce: deve essere soppresso così come è necessario sopprimere lecose infette, le cose che diffondono la morte e l’orrore. Nessuno potrà per lui chiedereindulgenza e nessuno ne chiederà. Non sarebbe questo concepibile pei colui che non hatremato nel compimento di tanto obbrobrio » 52.

L’esecuzione appare così come un gesto di liberazione dell’organi-smo sociale dal morbo che lo minaccia.

« Per questo mostro, per questo immondo degenerato, non può esserci avveniredi sorta: i suoi torvi occhi non potranno posarsi più, biechi e concupiscenti, su quei tene-ri fiori di umanità, su quelle fragili creaturine che eccitavano i suoi bestiali istinti. Univoca,plebiscitaria, inesorabile la pubblica opinione invoca e reclama per lui quella pena dimorte che la legge commina per i reati di eccezionale efferatezza » 53.

Sembra che non ci sia altra scelta, che la gravita del caso imponga tale solu-zione. Non importa che il codice non commini più la pena di morte: lo sipuò e lo si deve modificare.

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52 La Tribuna, 10 maggio 1927.53 L’Impero, 10 maggio 1927.

« Il mostro infame non può avere che un castigo: la forca o la fucilazione. La legge sullapena capitale non prevede una punizione sommaria per questo genere di delitti. Ma il sen-timento di tutto il popolo di Roma, anzi di tutta l’Italia, nolentemente offeso da questacontaminazione del bruto silenzioso, domanda che ne sia fatta giustizia sommaria, perlavare con la sua morte la macchia che egli ha lasciato nella onesta vita del popolo lavora-tore di Roma. Si può credere che l’assassino sia un malato psichico, un irresponsabile: manon per questo egli merita più pietà. Egli non ha soltanto stroncalo barbaramente dellegiovani vite pure, ma ha lordato tutta una città, seminando nelle famiglie il terrore, fra lemadri una disperata ansia per il pericolo sempre presente di un suo rinnovalo delitto. Egliè un miserabile senza pari. Non ha sentito il pianto implorante delle piccole martiri, per-dute nelle sue mani brute, né lo strazio urlante dei genitori orrendamente colpiti, né laprotesta umana di tutti i cittadini. Silenzioso, tranquillo, indifferente a tante sciagure, egliha continuato a meditare e preparare uno dopo l’altro, con cinica freddezza, sei delitti.Quattro bambine egli ha ucciso. Questo sangue di innocenti grida vendetta. E la vendet-ta non potrà essere che la morte del bruto immondo, il quale deve inesorabilmente scom-parire, perché l’aria di Roma ritorni pura e sia restituito un sereno sorriso alle madri e alleloro piccole figlie.

Queste parole noi scriviamo nella ferma persuasione di interpretare il pensiero ditutta la cittadinanza. Giustizia, ne siamo certi, sarà fatta » 54.

Attraverso il sacrificio di Girolimoni — secondo lo schema consue-to del capro espiatorio — si può porre rimedio ad una impasse cognitiva diincerta soluzione e scaricare, come nel fuoco di un prisma deformante, suun costrutto simbolico (in questo caso lo sfortunato ‘mediatore’) angosce efantasmi.

Il sacrificio espiatorio viene realmente consumato. Lo dimostra ladinamica successiva degli eventi: lo stemperarsi dell’attenzione pubblicaattorno al problema del mostro (divorato ormai dalla macchina sociale), ilrafforzarsi del regime in termini sia politici che di consenso e, non da ulti-mo, la vicenda privata dello stesso Girolimoni (inesistente ormai, letteral-mente bruciato dagli eventi).

FOLCO CIMAGALLI si è laureato in sociologia a Roma con una tesi sulle funzionipolitiche delle categorie simboliche analizzando in particolare le rappresentazioni delpuro e dell’impuro nel fascismo. Attualmente sta collaborando ad una ricerca promossadal CNR sull’impatto sociale della comunicazione del rischio tecnologico.

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54 Il Giornale d’Italia, 10 maggio 1927.