LA DISTRIBUZIONE DEGLI AGGETTIVI NELLA LINGUA DEI SEGNI...

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UNIVERSITÀ CA’ FOSCARI DI VENEZIA FACOLTÀ DI LINGUE E LETTERATURE STRANIERE CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN SCIENZE DEL LINGUAGGIO PROVA FINALE DI LAUREA LA DISTRIBUZIONE DEGLI AGGETTIVI LA DISTRIBUZIONE DEGLI AGGETTIVI NELLA LINGUA DEI SEGNI ITALIANA: NELLA LINGUA DEI SEGNI ITALIANA: UN'ANALISI QUANTITATIVA UN'ANALISI QUANTITATIVA Relatore Ch.mo Prof. Carlo Geraci Correlatore Ch.mo Prof. Guglielmo Cinque Laureanda Lara Mantovan Matricola: 824989 ANNO ACCADEMICO 2009 – 2010

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UNIVERSITÀ CA’ FOSCARI DI VENEZIAFACOLTÀ DI LINGUE E LETTERATURE STRANIERECORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN SCIENZE DEL LINGUAGGIO

PROVA FINALE DI LAUREA

LA DISTRIBUZIONE DEGLI AGGETTIVILA DISTRIBUZIONE DEGLI AGGETTIVINELLA LINGUA DEI SEGNI ITALIANA:NELLA LINGUA DEI SEGNI ITALIANA:

UN'ANALISI QUANTITATIVAUN'ANALISI QUANTITATIVA

RelatoreCh.mo Prof. Carlo Geraci

CorrelatoreCh.mo Prof. Guglielmo Cinque

LaureandaLara Mantovan

Matricola: 824989

ANNO ACCADEMICO 2009 – 2010

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I N D I C EI N D I C E

Ringraziamenti

Introduzione

Capitolo 1: LA SINTASSI DELLA LIS

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1

5

1.1 Introduzione 5

1.2 Le lingue dei segni dispongono di sintassi? 5

1.3 Il contesto frasale in LIS 8

1.3.1 Il parametro testa-complemento 9

1.3.2 Sequenzialità e simultaneità 12

1.3.3 La struttura del CP 14

1.4 Il sintagma determinante in LIS 16

1.4.1 Le proiezioni interne al DP 18

1.4.2 La struttura del DP 20

1.5 Conclusione 21

Capitolo 2: APPROCCIO CARTOGRAFICO 23

2.1 Introduzione 23

2.2 Il Progetto Cartografico 24

2.2.1 Gli assunti 25

2.2.2 La metodologia 26

2.3 La grammatica degli aggettivi 28

2.3.1 Universale 20 di Greenberg e struttura del DP 30

2.3.2 La modificazione sul nome 34

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2.3.3 L'ordine degli aggettivi in modificazione diretta 37

2.4 Gli aggettivi in italiano e in LIS: uno studio comparativo

39

2.4.1 La posizione dell'aggettivo rispetto al nome 40

2.4.2 Universale 20 di Greenberg e struttura del DP 43

2.4.3 La modificazione sul nome 44

2.4.4 L'ordine degli aggettivi in modificazione diretta 47

2.5 Conclusione 50

Capitolo 3: APPROCCIO QUANTITATIVO 51

3.1 Introduzione 51

3.2 La sociolinguistica 51

3.2.1 La variazione sociolinguistica 53

3.2.2 La variabile sociolinguistica 57

3.2.3 La sociolinguistica quantitativa 58

3.3 La sociolinguistica applicata alle lingue dei segni 59

3.3.1 Studi sociolinguistici in riferimento all'ASL 61

3.3.2 Studi sociolinguistici in riferimento alla LIS 63

3.4 La distribuzione degli aggettivi in LIS: uno studio quantitativo

68

3.4.1 La costruzione del corpus di dati 68

3.4.2 L'annotazione e la codifica dei dati: ELAN 73

3.4.3 L'indice dei dati: Excel 81

3.4.4 La distribuzione dei dati 86

3.4.5 L'analisi quantitativa dei dati: VARBRUL 88

3.4.6 Considerazioni sui risultati 95

3.5 Conclusione 98

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Capitolo 4: UNA VISIONE D'INSIEME 99

4.1 Introduzione 99

4.2 Confronto tra approccio cartografico e quantitativo 99

4.3 Proposte per la teoria linguistica 100

4.3.1 Le variabili indipendenti extralinguistiche 101

4.3.2 Le variabili indipendenti linguistiche 102

4.3.3 La frequenza 108

4.4 Prospettive future di ricerca 109

Bibliografia 111

Sitografia 116

iii

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R I N G R A Z I A M E N T IR I N G R A Z I A M E N T I

Questo lavoro è l'ultimo tassello del percorso che sin qui ho avuto la possibilità di

compiere all'interno dell'affascinante mondo delle scienze del linguaggio. Il lungo

viaggio che ho intrapreso in questo ambito accademico è sempre stato alimentato dalla

mia voglia di scoprire, dalla passione trasmessa da professori illuminati e dagli

incoraggiamenti di affettuosi compagni di studio. Mi ritengo fortunata ad avere avuto

l'opportunità di vivere questa esperienza e sono profondamente grata a tutte quelle

persone che hanno reso possibile tutto questo.

Un sincero ringraziamento è doveroso nei confronti di tutti i professori che ho

incontrato nelle aule di Ca' Foscari perché, attraverso la loro professionalità e

disponibilità, mi hanno trasmesso conoscenze e competenze che mi hanno arricchito e

che mi accompagneranno nella vita futura. Inoltre, desidero manifestare un profondo

senso di gratitudine nei confronti di tutti coloro che hanno saputo infondere in me la

passione per una lingua che si ascolta con gli occhi e si parla con le mani.

In merito alla preparazione di questa tesi di laurea non posso fare altro che esprimere

un ringraziamento speciale al mio relatore, Prof. Carlo Geraci, che con estrema pazienza e

dedizione mi ha guidato lungo ogni singola fase del lavoro. Lo ringrazio in modo

particolare per avere sempre prestato ascolto alle mie domande e per avere dato

instancabilmente risposta ai miei dubbi. I suoi preziosi suggerimenti e il suo costante

entusiasmo mi sono stati indispensabili per acquisire un nuovo metodo di ricerca e per

portare a termine l'intero lavoro.

Un altro ringraziamento particolare spetta al mio correlatore, Prof. Guglielmo Cinque,

che si è sempre dimostrato disponibile ad offrire la sua utile collaborazione. Gli sono

molto grata poiché durante il percorso intrapreso ha saputo offrirmi motivazione e

commenti pregnanti.

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Chi in un modo chi in un altro, molte sono le persone che hanno creduto in me e che

per il loro affetto meritano la mia più sincera gratitudine. Per il loro costante supporto e

conforto dedico un pensiero particolare ai miei amici più cari, tra cui Tiziana Stefanizzi,

Amy Riley e la famiglia Boycott. Vorrei ricordare anche tutti coloro che ho incontrato sin

qui nell'ambiente lavorativo perché mi hanno offerto gli stimoli giusti per crescere anche

dal punto di vista professionale. Un ringraziamento speciale è per Matteo Bosi per il suo

amore, per la stima e per la pazienza. Senza il suo costante incoraggiamento

probabilmente non sarei stata in grado di superare ostacoli e difficoltà.

Infine, un grazie carico di riconoscenza è indirizzato alla mia famiglia per il sostegno

che mi ha offerto negli anni recenti e meno recenti. Grazie a tutti coloro che, mossi da

affetto incondizionato nei miei confronti, mi hanno sempre permesso di guardare avanti

con fiducia e serenità. Sono grata specialmente a mia mamma per il suo forte esempio di

umanità senza il quale non potrei essere quello che sono.

vi

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I N T R O D U Z I O N EI N T R O D U Z I O N E

“Abbiamo bisogno di persone brave,

non solo di brave persone”

(Henry Ford)

Il celebre aforisma attribuito all’industriale statunitense Henry Ford pone in risalto

l’aggettivo sia per la sua complessità sia per l’importante ruolo che riveste all’interno del

contesto frasale. Dall'etimologia della parola (dal tardo latino “adiectivum”, derivato da

“adiectus”, participio passato del verbo “adicere”, che significa aggiungere) si deduce che

l'aggettivo svolga la funzione di aggiungere informazioni: il come ciò avvenga non è

oggetto di comprensione immediata, come dimostrato dal cospicuo numero di studi di

letteratura.

Personalmente ho maturato un certo interesse nei confronti di questo argomento

grazie ad un corso di Linguistica Generale tenuto dal Prof. Guglielmo Cinque

all'Università Ca' Foscari nell'anno accademico 2009/2010. In questo ambito di studio ho

scoperto che dati linguistici quali le proprietà semantiche e distribuzionali degli aggettivi

possono rivelarsi importanti indicatori della struttura sintattica sottostante, vera essenza

di ciascuna lingua. Sin dalle prime lezioni del corso è nato in me il desiderio di

rapportare quanto appreso nell'ambito della teoria linguistica con l'osservazione di una

lingua da me utilizzata quotidianamente in ambito accademico e professionale, la Lingua

dei Segni Italiana (d'ora in poi LIS).

Questa lingua, ormai riconosciuta come tale grazie ad almeno tre decenni di ricerca

(Caselli et al., 1994 per una rassegna), dispone di un’organizzazione fonologica,

morfosintattica e semantica analoga, per livello di complessità e ricchezza, a quella delle

lingue vocali. In primo luogo la LIS, così come qualsiasi altra lingua, dispone di un

inventario finito di unità fonologiche minime (dette “cheremi”) in grado di generare un

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numero infinito di elementi linguistici indipendenti dotati di significato, i cosiddetti

“segni”. I quattro parametri formazionali (configurazione, luogo, movimento ed

orientamento), che sono responsabili della formazione dei segni, vengono articolati non

in senso sequenziale, bensì simultaneamente. Per quanto riguarda la trasmissione di

informazioni di natura morfosintattica, tre sono i meccanismi fondamentali da tenere in

considerazione: il particolare utilizzo dello spazio, la modulazione di movimento e luogo

di articolazione ed, infine, la produzione di componenti non manuali (Volterra, 2004).

La discussione intende porre sotto un'immaginaria lente d'ingrandimento un

particolare aspetto della sintassi della LIS, ovvero la distribuzione degli aggettivi e le

interrelazioni di questi con gli altri elementi della frase. Tale oggetto di indagine potrebbe

essere studiato ed analizzato secondo molteplici prospettive, ognuna delle quali a sua

volta potrebbe fornire alla ricerca il proprio contributo specifico. Ipotizzando che

l'apporto di diversi approcci teorici potesse rivelarsi non solo positivo ma addirittura

vantaggioso per la comprensione del fenomeno, mi è sembrato opportuno considerare

l'argomento da due diversi punti di vista. I quadri teorici di riferimento che sono stati

coinvolti ai fini dell'indagine sono il Progetto Cartografico (Cinque e Rizzi, 2010) e la

Sociolinguistica quantitativa (Young e Bayley, 1996). Dapprima è emersa la necessità di

addentrarsi nella struttura della lingua cercando di cogliere la sua complessità ed

eventuali punti di incontro con la struttura di altre lingue. Il passo successivo ha

comportato lo studio dei dati relativi all'uso vero e proprio della LIS e soprattutto alle

persone che la utilizzano per comunicare. Grazie alla supervisione del Prof. Geraci ho

affrontato un lavoro di tipo empirico che, facendo uso di metodologie sperimentali e

strumenti tecnologici, ha reso possibile il calcolo statistico di regolarità, base per

confermare o screditare le considerazioni teoriche già avanzate.

Prima di approfondire nel dettaglio le tappe del percorso intrapreso si coglie

l'occasione per ribadire il duplice obiettivo (linguistico e metodologico) del presente

lavoro:

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• Indagare i meccanismi che regolano il processo di aggettivazione in LIS sulla base

della distribuzione degli stessi aggettivi.

• Presentare il fenomeno oggetto di studio secondo una doppia prospettiva teorica

nel tentativo di integrare i differenti esiti in un'ottica collaborativa e costruttiva.

Il lavoro è organizzato come segue.

Il primo capitolo offre una panoramica generale sugli studi di sintassi sinora

pubblicati nell'ambito della linguistica della LIS. Dopo avere appurato che questa lingua

dispone di una struttura sintattica profonda gerarchicamente strutturata parimenti a

qualsiasi altra lingua, l'argomentazione dedica un approfondimento particolare alla

struttura frasale e alla struttura del determinante (rispettivamente CP e DP).

Il secondo capitolo presenta il quadro teorico di riferimento relativo al Progetto

Cartografico. Sulla base di questo vengono illustrati gli aspetti di maggiore salienza

relativi alla grammatica degli aggettivi. Infine, la sezione si conclude con una

comparazione di tipo interlinguistico e intermodale che pone a confronto gli aggettivi

della LIS e dell'italiano.

Il terzo capitolo assume il punto di vista della Sociolinguistica quantitativa al fine di

valorizzare il rapporto di interdipendenza che esiste tra la lingua e la corrispettiva

comunità linguistica. Una volta riassunti i punti cardine dell'approccio teorico in

questione, la trattazione apre una parentesi sullo stato dell'arte circa gli studi

sociolinguistici applicati alle lingue dei segni, inclusa la LIS. Infine, la sezione si conclude

con la presentazione dello studio quantitativo da me condotto che, sulla base di un

corpus di dati e alla successiva elaborazione degli stessi, mi ha permesso di cogliere

nuovi aspetti relativi alla distribuzione degli aggettivi in LIS.

Infine, il quarto capitolo della tesi costituisce un tentativo di sintesi tra le intuizioni

avanzate in ambito cartografico e i dati statistici offerti dallo studio di tipo quantitativo.

La visione d'insieme presentata in questa sezione conclusiva da una parte conduce alla

formulazione di nuove proposte per la teoria linguistica, dall'altra rinvia a considerazioni

che, in prospettiva futura, meritano di essere ulteriormente attenzionate e approfondite.

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C a p i t o l o 1

L A S I N TA S S I D E L L A L I SL A S I N TA S S I D E L L A L I S

1.1 Introduzione

L'argomento trattato nella presente tesi è di ambito prettamente sintattico. Per questa

ragione appare indispensabile dedicare alcune pagine all'introduzione di alcuni aspetti

sintattici relativi alla LIS.

Il paragrafo 1.2 porta prove a sostegno del fatto che le lingue dei segni, al pari delle lingue

vocali, possiedono una propria grammatica. In tal modo vengono screditate le false credenze

secondo le quali i Sordi1 utilizzerebbero segni giustapposti uno dopo l’altro per formare così

sequenze scevre di precise regole combinatorie.

Una volta appurato che la LIS dispone di una propria grammatica, l'indagine viene

ristretta al campo della sintassi, una delle più importanti, se non la principale, proprietà del

linguaggio umano. Nel paragrafo 1.3 si offre una panoramica generale della struttura della

frase nella quale un ruolo fondamentale è svolto non solo dalle relazioni d'ordine tra i segni

ma anche dalle componenti non manuali.

Infine, con il paragrafo 1.4, si esplora il sintagma determinante, inteso come proiezione

estesa e massimale della testa lessicale del nome. Grazie ad opportuni esempi si presenta la

struttura del DP in LIS e delle principali proiezioni funzionali contenute in esso.

1.2 Le lingue dei segni dispongono di sintassi?

Una delle principali proprietà del linguaggio umano è la sintassi: grazie ad essa è

possibile, in qualsiasi lingua del mondo, creare un numero illimitato di enunciati a partire da

un numero limitato di elementi. Tra coloro che non si occupano di linguistica sembrerebbe

1 Il presente lavoro, in linea con altre ricerche sulle lingue de segni, opera una distinzione tra “sordo” e “Sordo”. Il primo dei due termini indica semplicemente una persona priva di udito. Il secondo termine, grazie alla convenzione ortografica della lettera iniziale maiuscola, rientra in una sfera linguistico-culturale poiché fa riferimento ad un sordo segnante.

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esserci la convinzione secondo la quale i Sordi con le loro mani producono semplici stringhe

di segni senza attenersi a particolari regole combinatorie. Il luogo comune induce a pensare

che la LIS non sia altro che la trasposizione delle parole lessicali dell'italiano in forma visivo-

gestuale. Infatti, parole funzionali come articoli e preposizioni non sembrano avere dei

corrispettivi in segni. A causa di questa serie di false convinzioni potrebbe sorgere l'equivoco

per cui la LIS, essendo priva della ricchezza sintattica dell'italiano, è da considerarsi una

lingua di serie B o, peggio ancora, una non-lingua.

Questa interpretazione errata, in realtà, è stata corretta da molto tempo grazie ai frutti

della ricerca linguistica. Per capire come ciò sia avvenuto occorre tornare indietro nel tempo

di circa una trentina di anni. Nell'articolo di Sandler e Lillo-Martin (2003) è citato il lavoro di

Thompson che, nel 1977, decise di indagare a fondo i meccanismi della subordinazione della

lingua dei segni americana (d'ora in poi ASL). In particolare si mise alla ricerca di

complementatori realizzati esplicitamente e di altri indizi grammaticali che lasciassero

presupporre l'esistenza di completive, relative e quant'altro. Tuttavia i dati che raccolse non

soddisfarono le sue aspettative. Eccone un esempio (cit. in Sandler e Lillo-Martin, 2003: 537

esempio (5))2.

1) Frase target in inglese I regret that Asa had to leave.

Risposta in ASLMUST ASA MUST GO / SORRY

(= Asa must go. I’m sorry)

Non trovando elementi equivalenti alla congiunzione subordinante “that” dell'inglese,

Thompson concluse che nelle frasi segnate i meccanismi di subordinazione non fossero

disponibili e mise in dubbio lo status linguistico stesso dell'ASL. Circa tre anni più tardi nella

discussione intervenne Liddell, il quale affermò che la lacuna non era da registrarsi nella

lingua in sé quanto piuttosto nei metodi di investigazione. Infatti, secondo la sua prospettiva,

Thompson non aveva saputo cercare i giusti elementi. Liddell spiegò che le frasi relative non

2 Trad. it.Frase target in inglese: Mi dispiace che Asa sia dovuto partire.Risposta in ASL: DEVE ASA DEVE ANDARE / DISPIACE (= Asa deve andare. Mi dispiace)

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sono marcate attraverso particolari segni manuali, equivalenti alle parole funzionali

dell'inglese. Così come qualsiasi altra lingua, anche l'ASL ha accesso ai meccanismi di

subordinazione ma, per marcare questi, utilizza alcuni strumenti peculiari della modalità

visivo-gestuale, ovvero le componenti non manuali. Nello specifico delle frasi relative,

Liddell individuò almeno tre marcatori non manuali in cooccorrenza con i segni manuali: il

sollevamento delle sopracciglia, una leggera inclinazione della testa all'indietro e la tensione

del labbro superiore. Questi elementi sarebbero così equivalenti funzionali del pronome

relativo “that” dell'inglese o “che” dell'italiano. Si veda a questo riferimento l'esempio in (2),

tratto da Sandler e Lillo-Martin (2003: 537 esempio (6))3.

2) Frase relativa in inglese

The dog that chased the cat came home.

Frase relativa in ASL

_______________________rc

RECENTLY aDOG CHASE bCAT aCOME HOME

Così come Thompson fallì rimanendo ancorato al bagaglio di conoscenze linguistiche

relative all'inglese, allo stesso modo il giudizio errato di molti altri è motivato dal fatto che

nel valutare la grammatica delle lingue dei segni spesso rimane il retaggio degli studi

grammaticali sulle lingue vocali. In realtà, lingue in modalità visivo-gestuale e acustico-

vocale, per raggiungere un fine espressivo comune, utilizzano strumenti diversi e la causa di

ciò è da rintracciare proprio nel diverso canale di articolazione. Tale considerazione è

riassumibile in una frase inclusa nello stesso articolo di Sandler e Lillo-Martin (2003: 534):

“Sign language can do everything that spoken language can”4. Nei paragrafi successivi si

dimostrano brevemente le modalità attraverso le quali la grammatica della LIS trova

realizzazione.

3 Trad. it.Frase relativa in inglese: il cane che inseguì il gatto tornò a casa.Frase relativa in ASL: ________________________________frel

RECENTEMENTE aCANE INSEGUIRE bGATTO aTORNARE CASA4 Trad. it.

La lingua dei segni ha le stesse potenzialità/possibilità della lingua vocale.

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1.3 Il contesto frasale in LIS

Riprendendo le argomentazioni del paragrafo precedente si ribadisce il fatto che “le varie

comunità di Sordi hanno sviluppato sistemi linguistici basati sui segni e che questi sistemi

sono indipendenti dalle rispettive lingue vocali” (Geraci e Chesi, 2009: 59). Pertanto, proprio

in virtù dell'autonomia della LIS rispetto all'italiano, occorre sempre ricordare che le

grammatiche delle due lingue non sono equivalenti né tanto meno sovrapponibili.

Una conferma di quanto appena affermato è costituita dall'ordine frasale. Da questo

punto di vista l'italiano e la LIS, sebbene condividano più o meno gli stessi confini geo-

politici, non si assomigliano. Quanto all'italiano, le parole inserite in una frase dichiarativa

non marcata seguono l'ordine SVO (Soggetto Verbo Oggetto). La LIS, invece, opta per

un'altra scelta, ossia l'ordine SOV (Soggetto Oggetto Verbo). Si riporta, a titolo

esemplificativo, un paio di frasi citate in Geraci e Chesi, 2009: 79 esempio 15).

3) Frase dichiarativa in italiano

SVO Gianni ama Maria

Frase dichiarativa in LIS

SOV aGIANNI bMARIA aAMAREb

Occorre precisare che gli ordini sopra indicati, benché rintracciati nel maggior numero di

contesti, non sono gli unici ammessi. Entrambe le lingue ammettono, infatti, ordini

alternativi con un grado di marcatezza variabile. Per quanto concerne l'italiano, facendo uso

di particolari curve intonative, si può pensare a ordini quali OSV (“Il tradimento il marito

non le ha mai perdonato”) e VOS (“Prepara il pasticcio la zia”). Quanto alla LIS, secondo

Laudanna (Volterra, 2004), un altro ordine molto utilizzato è SVO (MAMMA PETTINARE

BAMBINA, “La mamma pettina la bambina”), specialmente quando non sono coinvolti

classificatori oppure particolari relazioni spaziali. Altri ordini ritenuti accettabili

costituiscono casi di topicalizzazione: VO,S che prevede lo spostamento del soggetto a destra

e O,SV che mette in posizione di rilievo l'oggetto. Quest'ultima costruzione, oltre a richiedere

una breve pausa a seguito dell'elemento anteposto, sarebbe corredata da una specifica

marcatura sovrasegmentale (Brunelli, 2006).

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1.3.1 Il parametro testa-complemento

Dalle considerazioni di un linguista ed antropologo statunitense, Joseph Greenberg (1963),

è emerso che la maggioranza delle lingue del mondo si ripartisce in tre grandi categorie:

• lingue SVO (es. italiano, francese);

• lingue SOV (es. LIS, giapponese);

• lingue VSO (es. danese, lingue celtiche).

Ciò che accumuna i tre gruppi è il fatto che il soggetto precede sempre l'oggetto. Lo stesso

Greenberg si accorse di un'ulteriore suddivisione con importanti implicazioni per l'ordine

frasale: da una parte gli ordini SVO e VSO in cui il verbo precede l'oggetto (VO); dall'altra

l'ordine SOV nel quale il verbo segue l'oggetto (OV).

Nell'ambito della linguistica generativa i fatti di ordine tra verbo e oggetto sono stati

allargati in una prospettiva che tiene conto in maniera sistematica delle relazioni di ordine a

livello sintagmatico. Per una maggiore chiarezza espositiva è opportuno illustrare

brevemente quale sia la struttura interna del sintagma, inteso come unità sintattica costituita

da una o più parole. Ciascun sintagma, qualsiasi sia la sua natura, è organizzato secondo un

unico tipo di struttura gerarchica. Il suo nucleo centrale è costituito da una testa (X°), ovvero

un elemento in grado di proiettare il suo status categoriale ai livelli successivi della struttura

(Haegeman, 1996). Per esempio, se la testa è un nome (N°) il sintagma corrispondente sarà di

tipo nominale (NP, Nominal Phrase), se la testa è una preposizione (P°) il sintagma sarà

preposizionale (PP, Prepositional Phrase) e così via. L'elemento selezionato da una testa al

fine di costruire un struttura sintattica più complessa è un ulteriore sintagma ed è detto

complemento (YP).

Per ritornare all'intuizione di Greenberg precedentemente esposta è stato notato che

regolarità di ordine quali VO e OV possono essere estese anche ad altre categorie

grammaticali. Al fine di esplicitare tale argomentazione si può pensare ad una lingua in cui

la testa verbale precede l'oggetto selezionato: la scelta di seguire un ordine testa-

complemento è probabile che venga estesa anche ad altri tipi di sintagmi. Nelle varie lingue

del mondo è stata osservata una tendenza ad essere coerenti, cioè a fissare il parametro testa-

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complemento in modo tale che la stessa struttura sia mantenuta in tutti i tipi di sintagmi. Le

regolarità sintattiche osservabili sono esemplificate nella tabella in (4), che propone due

diversi tipi di possibili scenari.

4) TESTA – COMPLEMENTO

(Lingue VO)

COMPLEMENTO – TESTA

(Lingue OV)

Struttura sintagmatica esemplificativa:

XP

ZP X'

X° YP

Struttura sintagmatica esemplificativa:

XP

ZP X'

YP X°

Implicazioni d'ordine:

• Verbo + Complemento

• Ausiliare + Verbo

• Negazione + Verbo

• Nome + Genitivo

• Verbo + Frase subordinata

• Congiunz. sub. + Frase sub.

Implicazioni d'ordine:

• Complemento + Verbo

• Verbo + Ausiliare

• Verbo + Negazione

• Genitivo + Nome

• Frase subordinata + Verbo

• Frase sub. + Congiunz. sub.

In ogni caso, una volta stabilito se una lingua è a testa iniziale o finale, la

parametrizzazione non è rigida e nulla vieta che si verifichino eventuali incoerenze interne.

Per esempio, l'olandese contempla diversi ordini in termini di parametro testa-complemento

a seconda della tipologia di sintagma: il VP è a testa finale, il PP è solitamente a testa iniziale

ed, infine, il CP è sempre a testa iniziale.

Per quanto concerne la LIS, come già assodato in (3), si ricorda che nelle produzioni non

marcate la testa verbale segue l'oggetto (OV). A partire da questo dato è ipotizzabile che

10

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questa lingua tenda ad utilizzare l'ordine complemento-testa e che, pertanto, sia classificabile

come lingua a testa finale (Cecchetto, Geraci, Zucchi, 2006). Tale assunzione, per essere

corroborata, ha necessitato di alcuni test di verifica sulla posizione di alcuni elementi. Gli

esempi sotto riportati sono tratti da Geraci (2007 e 2009).

5) GIANNI FARE‐RICHIESTA POTERE Verbo + Modale (possibilità)

GIANNI BIGLIETTO COMPRARE DOVERE Verbo + Modale (necessità)

GIANNI CASA COMPRARE FATTO Verbo + Aspetto

GIANNI CONTRATTO FIRMARE NEG Verbo + Negazione

GIANNI ARRIVARE PUNTUALE Verbo + Avverbio di modo

CASA COMPRARE CHI ? Frase + Elemento WH-

STUDENTI TRE ARRIVARE

(Oppure: TRE STUDENTI ARRIVARE)

Nome + Numerale

(Oppure: Num. + Nome)

STUDENTI TUTTI ARRIVARE FATTO

(Oppure: TUTTI STUDENTI ARRIVARE FATTO)

Nome + Quantificatore

(Oppure: Quant. + Nome)

In base ai dati riportati in tabella sembra possibile confermare l'idea per cui la LIS è una

lingua che aderisce al parametro complemento-testa. Geraci (2007), inoltre, propone la

specificazione di “lingua a testa finale flessibile” per rendere conto del fatto che a volte il

verbo può precedere l'oggetto nominale (es. GIANNI PENSARE MARIA). L'idea di fondo

rimane la generazione originaria a testa finale; una volta assodato questo è possibile

ipotizzare movimenti sintattici successivi che determinano un ordine superficiale testa-

complemento (Cecchetto, Geraci, Zucchi, 2006).

11

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1.3.2 Sequenzialità e simultaneità

La trascrizione in glosse fornita in precedenza potrebbe alimentare l'equivoco per cui una

frase in LIS si traduce solamente in una stringa ordinata di segni. In realtà, sarebbe un errore

pensare che l'organizzazione frasale di questa lingua si realizzi soltanto sequenzialmente.

Come sottolinea Geraci (2009), allo stesso modo della fonologia e della morfologia, anche la

sintassi presenta aspetti di simultaneità e questo è motivato dalla particolarità del canale

visivo-gestuale attraverso cui la LIS viene prodotta e recepita. In riferimento a tale

simultaneità è possibile osservare, parallelamente all'articolazione di segni manuali, la

produzione di marche non manuali realizzate tramite espressioni facciali, la direzione dello

sguardo e particolari posizioni di testa e corpo. Gli elementi appena elencati non assolvono

una funzione ti tipo psicologico-emotivo ma sono portatori di precisi significati linguistici. La

loro presenza in fase di produzione di enunciati è fondamentale affinché chi guarda possa

comprendere correttamente gli enunciati stessi.

Al fine di esplicitare concretamente quanto appena asserito, si presenta in (6) una

carrellata di specifiche strutture sintattiche della LIS con i corrispettivi tratti non manuali 5.

Naturalmente non si pretende che questo elenco sia esaustivo di tutti i casi di simultaneità

tra componenti manuali e non manuali, anche perché questo non costituisce il tema centrale

della discussione.

6) STRUTTURA SINTATTICA

COMPONENTI

MANUALI

COMPONENTI

NON MANUALI

Interrogative

wh

___________________________

CONTRATTO FIRMARE CHI ?

(= Chi firma il contratto?)

Inclinazione della testa, corrugamento della fronte e delle sopracciglia.

5 L'estensione delle componenti non manuali è segnalata con una linea in apice alle glosse relative alle componenti manuali. Le immagini sono tratte da Bernstein Fant, Miller e Fant (2008).

12

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Interrogative sì/no

______________________

CINEMA ANDARE TU ?

(= Vai al cinema?)Inclinazione della testa e delle spalle in avanti, sollevamento delle sopracciglia.

Imperative

____________________________

DOMANI 2pTELEFONARE1p !

(= Domani chiamami!)

Corrugamento della fronte e sbarramento degli occhi.

Negative

_______

NOI PENNA ROMPERE NON

(= Noi non rompiamo/abbiamo rotto la penna) Leggera inclinazione del capo,

spostamento delle spalle all'indietro, inarcamento delle labbra verso il basso.

Ipotetiche

_________________________

(TU) 2pSPIEGARE1p NON, (IO) CAPIRE IMPOSSIBILE

(= Se tu non mi spieghi, io non posso capire)

Inclinazione in avanti della testa, sollevamento delle sopracciglia e abbassamento del mento.

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Topicalizzazioni

_______________

LIBRO QUESTO IERI IO LEGGERE

(= Questo libro l'ho letto ieri)

Sollevamento delle sopracciglia, apertura degli occhi (nel caso di elemento nuovo) oppure strizzatura degli occhi (nel caso di elemento già discusso in precedenza).

Relative

_____________________________

VOLPEi LEPRE STROZZARE PEi NASCONDERE

(= La volpe che ha strozzato la lepre si è nascosta)

Sollevamento delle sopracciglia, apertura degli occhi e tensione delle guance.

Temporali

____________________

TU STUDIARE FATTO, FUORI GIOCARE POTERE

(= Dopo aver finito di studiare puoi uscire a giocare) Inclinazione del busto e

sollevamento delle sopracciglia.

1.3.3 La struttura del CP

La dimostrazione che ha permesso di appurare che la LIS di fatto è una lingua a testa

finale (cfr. par. 1.3.1) non è sufficiente per stabilire l'esatta struttura frasale. Per esempio

sapere che la negazione, il modale, la marca aspettuale FATTO, gli avverbi di modo e gli

elementi wh- seguono il verbo non aiuta a comprendere l'esatta gerarchia degli elementi

appena menzionati. Per cogliere questo aspetto può rivelarsi utile considerare le restrizioni

di cooccorrenza, ovvero testare la distribuzione degli elementi postverbali gli uni rispetto

agli altri.

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7) GIANNI ARRIVARE PUNTUALMENTE NON Avv. modo > Neg

GIANNI CONTRATTO FIRMARE PUÒ NON Modale > Neg

DOLCE MANGIARE NEG CHI Neg > WH

ARRIVARE IN-TEMPO CHI Avv. Modo > WH

CASA COSTRUIRE FATTO CHI Aspetto > WH

STUDENTI 3/TUTTI ARRIVARE FATTO

3/TUTTI STUDENTI ARRIVARE FATTO

Nome > Num/Quantif.

Num/Quantif. > Nome

Lasciando in sospeso il sintagma nominale al quale la trattazione si dedicherà in seguito,

si nota che la posizione più periferica è occupata dall'elemento interrogativo. Per quanto

riguarda la marca aspettuale ed il modale si presuppone vengano coinvolte le proiezioni

della flessione verbale (rispettivamente, accordo e tempo). Nel caso all'interno della frase

venga prodotto anche un avverbio di modo la posizione più indicata per questo elemento è

quella di aggiunto a VP, poco sopra il verbo. Infine, tra i nodi IP e CP si trova la proiezione

intermedia del sintagma negativo e alla testa di quest'ultimo si colloca il segno di negazione.

Il quadro complessivo della struttura frasale della LIS, dominata dalla proiezione del

complementatore (CP), viene visualizzato nella seguente rappresentazione ad albero, tratta

dal lavoro di Geraci (2009: 83).

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8)

1.4 Il sintagma determinante in LIS

La discussione riguardante la struttura sintattica della LIS riduce ora il proprio campo di

osservazione. Il presente paragrafo, infatti, si focalizza non più sull'ampio contesto frasale,

bensì sul sintagma determinante che non è altro che la proiezione massimale funzionale della

proiezione nominale. L'introduzione a questo ambito di studio getta le basi per meglio

cogliere gli aspetti sintattici legati alla distribuzione degli aggettivi, trattata nei capitoli

successivi.

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Grazie al lavoro di Abney (1987) si è compreso che la struttura sintattica del contesto

nominale in realtà non si discosta molto da quella del contesto frasale. In altre parole è stato

dimostrato che, così come il VP è dominato da proiezioni funzionali (AgrP, TP, CP), lo stesso

accade per il NP. A tal proposito Abney ha avanzato l'ipotesi di una proiezione funzionale

(DP) che funga da estensione del nome e che sia responsabile dell'interpretazione semantica

del nome stesso. Negli anni successivi, studi che hanno approfondito l'argomento sulla base

di lingue diverse hanno permesso di aggiornare e raffinare la rappresentazione sintattica del

DP.

Per quanto riguarda la LIS, la ricerca che ha affrontato questo ambito d'indagine nel

dettaglio è quella condotta da Bertone (2007). Sulla base della sua trattazione, si propongono

di seguito le principali caratteristiche linguistiche connesse alla produzione del DP in LIS.

• La presenza di tratti sovrasegmentali specifici (denominati “tratti DP”).

Ciò che permette di assegnare più segni ad uno stesso sintagma determinante è

proprio la marcatura prosodica comune, a conferma che le componenti non manuali

sono alla base della grammatica delle lingue dei segni (cfr. par. 1.2). Gli specifici tratti

sovrasegmentali che occorrono sull'intera proiezione del DP potrebbero essere

costituiti da lievi espressioni facciali o dal sollevamento del mento. Tuttavia, per ora

non sembra possibile stabilire un'unica tipologia di componenti non manuali che

ricorrono in modo omogeneo e uniforme tra i segnanti.

• La presenza di tratti spaziali.

Questi ultimi si possono concretizzare con l'articolazione del nome e degli elementi

ad esso correlati in un punto specifico dello spazio (per un esempio si rimanda alla

sezione successiva).

• La possibilità di pause prosodiche non all'interno del costituente, bensì alla

conclusione dello stesso.

• L'assenza di un elemento realizzato foneticamente con una funzione equivalente

all'articolo della lingua italiana.

In LIS il sintagma determinante appare come una categoria funzionale lessicalmente

vuota che, come già affermato, è marcato da tratti di tipo sovrasegmentale.

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Per una maggiore chiarezza espositiva si riporta in (9) un esempio tratto dal lavoro di

Bertone (2007: 60), espresso in glosse.

9)

DP in LIS

________________tratti DP

MOBILEi ANTICO IXi ROTTO

(= Il mobile antico è rotto)

1.4.1 Le proiezioni interne al DP

Prima di procedere oltre in questo breve percorso nel campo della sintassi della LIS, è

doveroso precisare che i lavori di Geraci sulla sintassi della frase e di Bertone sulla sintassi

del sintagma determinante seguono lo stesso orientamento generativista. Le differenze in

termini di rappresentazione strutturale dipendono dal fatto che Geraci, diversamente da

Bertone, non assume l'assioma di corrispondenza lineare6 (Kayne, 1994).

Nella presentazione della struttura del CP (cfr. par. 1.3.3), l'albero segue uno schema X-

barra in cui il complemento precede la testa e lo specificatore si trova a destra. Questa visione

riesce a rendere conto della posizione degli elementi wh alla fine della frase (cfr. par. 1.3.1)

poiché lo specificatore di CP, essendo rappresentato all'estrema destra, in prospettiva lineare

ottiene realizzazione fonetica come ultimo elemento.

Per quel che concerne il DP, qui presentato secondo il punto di vista di Bertone, la

rappresentazione strutturale segue lo schema X-barra con lo specificatore a sinistra e la testa

prima del complemento. Per ottenere l'ordine lineare della LIS, che vede la realizzazione

fonetica del nome all'inizio del sintagma determinante, la studiosa contempla una serie di

movimenti che portano il sintagma nominale a risalire nella struttura. La trattazione non

vuole entrare nel dettaglio presentando le argomentazioni a sostegno di questa proposta

teorica, in ogni caso presenta di seguito un sunto, utile per cogliere alcuni aspetti generali

relativi alla struttura del DP. 6 L'assioma di corrispondenza lineare, conosciuto con l'acronimo LCA, e la proposta del c-comando

antisimmetrico per derivare l'ordine superficiale implicano un unico tipo di ordine strutturale: specificatore-testa-complemento. Pertanto, secondo la proposta di Kayne (1994), le differenze tra le lingue SVO e lingue SOV sarebbero non il frutto di scelte di tipo parametrico bensì la conseguenza dell'operazione di movimento sintattico.

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Secondo la teoria, la testa del DP controlla i tratti di caso assegnati all’NP, mentre la

posizione dello specificatore è responsabile dell'interpretazione in forma logica (Bertone,

2007). Innanzitutto Bertone propone che in LIS la testa del sintagma (ovvero D°) ospiti i tratti

di spazio, in quanto realizzazione morfologica di caso. Infatti, l'articolazione di più segni

correlati tra di loro nello stesso punto dello spazio rappresenta una forma di accordo tra i

segni stessi. A tal proposito si pone all'attenzione del lettore un esempio che illustra come la

condivisione dei medesimi tratti di spazio (j) sia un indicatore di accordo all'interno del DP

(Bertone, 2007: 67).

10)DP in LIS

AUTOj BLUj IXj

(= Quell'auto blu)

Ciò che viene proposto circa lo specificatore [Spec, DP] è che qui si collochi l'NP che si

sposta dalla sua posizione originaria tramite movimento sintattico.

“In tal senso l’NP si solleva per controllare i suoi tratti morfologici di spazio in DP,

prima dello spell-out (Chomsky 2005). Spec DP riempito dall’NP rende visibili i tratti

dello spazio e conferisce referenzialità al nome” (Bertone, 2007: 166).

Riprendendo l'esempio citato in (10), appare lecito chiedersi quale sia la natura

dell'indicazione (IX) che accompagna il nome AUTO e dove venga collocata all'interno della

struttura. Secondo Bertone, il pointing non sarebbe un articolo, bensì un vero e proprio

dimostrativo che conferisce al sintagma nominale un'interpretazione definita. Quanto

all'aspetto più esplicitamente strutturale, la proiezione del dimostrativo (DimP) si colloca

nella posizione dello specificatore all'interno di una proiezione funzionale AgrP, la quale si

trova immediatamente sotto al DP. La proposta teorica formulata prevede che il nome si

sollevi dalla sua posizione bassa nel DP per scavalcare il dimostrativo e collocarsi nello

specificatore del DP, come già detto in precedenza. In questo modo si riesce a rendere conto

dell'ordine lineare delle produzioni in LIS, nelle quali per l'appunto l'indicazione segue il

nome e non viceversa.

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La sintesi generale della struttura interna del DP si ferma qui. Per approfondimenti sulla

posizione dei classificatori determinanti si consiglia di attingere direttamente al lavoro di

Bertone (2007). Infine, per ottenere informazioni circa la posizione strutturale di numerali ed

aggettivi si rimanda all'ampio approfondimento contenuto nel secondo capitolo della

presente tesi.

1.4.2 La struttura del DP

Il quadro complessivo della struttura del sintagma determinante in LIS viene visualizzato

nella seguente rappresentazione ad albero. L'esempio sottostante, tratto dal lavoro di Bertone

(2007: 168), focalizza l'attenzione sul soggetto della frase, qui evidenziato in grassetto.

11) [PRESIDENTE REPUBBLICA XI]j [PRIMO MINISTRO]i jNOMINAREi FATTO

(= Il presidente della repubblica ha nominato il primo ministro)

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1.5 Conclusione

Questo primo capitolo ha cercato di fornire elementi per cogliere alcuni aspetti sulla

sintassi della LIS. Al fine di affrontare nel dettaglio il contesto frasale e il sintagma

determinante, la trattazione ha riassunto i dati e i risultati delle ricerche condotte soprattutto

da Geraci e Bertone. Il primo immagina una struttura frasale nella quale il complemento

precede la testa e propone l'idea che la LIS sia una lingua a testa finale flessibile. La seconda,

seguendo la proposta di Kayne (1994), ipotizza la sequenza testa-complemento e una serie di

movimenti sintattici per poter rendere conto dell'ordine superficiale delle produzioni in LIS

all'interno del DP.

In questo capitolo introduttivo l'intento principale è stato quello di proporre una

panoramica sui risultati sinora raccolti nell'ambito della sintassi della LIS: in particolare si è

tentato di offrire il maggiore numero di elementi possibili che possano servire per meglio

inquadrare quanto descritto nei capitoli successivi circa la distribuzione degli aggettivi.

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C a p i t o l o 2

A P P R O C C I O C A RT O G R A F I C OA P P R O C C I O C A RT O G R A F I C O

2.1 Introduzione

In questo capitolo viene presentato il primo dei due diversi approcci teorici attraverso i

quali si intende analizzare la sintassi che regola la produzione degli aggettivi in LIS. Si tratta

del Progetto Cartografico, un'evoluzione del modello dei Principi e dei Parametri.

Il quadro teorico in questione è approfondito nel paragrafo 2.2. In particolare, la

trattazione si sofferma sui seguenti aspetti: i propositi e gli assunti principali, alcuni brevi

cenni storici e la metodologia operativa.

Il paragrafo 2.3 restringe l'indagine al campo degli aggettivi: una volta chiarito lo status di

questa specifica categoria linguistica, si tenta di stabilire la posizione del sintagma

aggettivale (AP) all'interno del sintagma del determinante (DP) seguendo la proposta di

Greenberg (1963) e una sua successiva rivisitazione presentata in Cinque (2000). Inoltre, sulla

base di osservazioni di tipo semantico e sintattico, viene operata una distinzione tra due

diversi tipi di modificazione aggettivale non predicativa (diretta e indiretta) e tra le due

rispettive posizioni all’interno del DP.

Infine, il paragrafo 2.4 si occupa di verificare se e come sia possibile usare la

classificazione proposta per le lingue vocali anche per le lingue dei segni. L'approccio teorico

seguito per la comparazione è quello cartografico. Il confronto tra la LIS e la lingua italiana

verte sugli aspetti evidenziati nel paragrafo precedente, ovvero l'Universale 20 di Greenberg,

la modificazione diretta e indiretta ed, infine, la gerarchia delle classi semantiche degli

aggettivi attributivi.

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2.2 Il Progetto Cartografico

Al fine di offrire una contestualizzazione teorica alle considerazioni riportate nei paragrafi

successivi, si offre qui una sintetica presentazione della ricerca condotta all'interno del

quadro teorico della cartografia, includendo un accenno ai suoi assunti principali e alla

metodologia adottata.

Il cosiddetto Progetto Cartografico (Cinque e Rizzi, 2010) è un'evoluzione del modello dei

Principi e dei Parametri (Chomsky, 1981) risalente agli inizi degli anni novanta. Tale campo

d'indagine costituisce il tentativo di realizzare una mappa il più esaustiva e precisa possibile

in grado di render conto della complessità della struttura sintattica delle lingue umane.

L'impulso ad analizzare in dettaglio la struttura è stato offerto da alcuni studi sulla

sintassi, che hanno postulato l'esistenza di nuove proiezioni funzionali al fine di rendere

conto di differenze sistematiche nell'ordine delle parole tra lingue diverse. A tal proposito, si

ricordi l'ipotesi di split-INFL elaborata da Pollock (1989), il quale sottolineò l'esigenza di

dividere IP in due proiezioni funzionali, ovvero AgrP e TP. Il linguista, per giustificare i dati

risultanti dai movimenti dei verbi in inglese e francese, optò per l'estensione della gerarchia

nel rispetto dello schema X-barra. Come lui, altri seguirono questa scia, suggerendo altre

proposte teoriche quali la scomposizione del DP, l'individuazione di proiezioni massimali

funzionali per render conto delle configurazioni sintattiche degli avverbi e l'esistenza di

determinate categorie funzionali nell'estrema periferia sinistra della frase.

Il lavoro dei cartografici si è evoluto parallelamente ad un'altra rivisitazione del modello

dei Principi e dei Parametri, ovvero il Programma Minimalista (Chomsky, 1995). Se la ricerca

da una parte si è focalizzata sulla complessità delle mappe strutturali, dall'altra ha indagato i

meccanismi elementari e le operazioni computazionali che determinano le configurazioni

sintattiche delle lingue. Tuttavia, a differenza di quanto si potrebbe pensare in un primo

momento, ciò non implica che tra i due approcci vi siano irrisolvibili contraddizioni o

incompatibilità. Viceversa, l'approccio cartografico e quello minimalista, poiché si dedicano a

due campi di ricerca ben distinti, rappresentano due facce della stessa medaglia, dove l'una

non necessariamente esclude l'altra. Addirittura sembra che i principi di economia, di località

e di interfaccia possano costituire una base comune per i linguisti di entrambe le correnti

(Cinque e Rizzi, 2010).

24

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2.2.1 Gli assunti

Il Progetto Cartografico, scelto qui come modello di riferimento, poggia sull'assunto

secondo il quale tutte le possibili realizzazioni linguistiche documentabili nel mondo sono

riconducibili ad un'unica macrostruttura gerarchica, costruita sulla base della teoria X-barra

(Cinque e Rizzi, 2010: 5). Viene scardinata, così, l'ipotesi dello strutturalista Joos secondo il

quale le lingue variano senza limiti e in modo impredicibile.

Il nuovo approccio potrebbe essere sintetizzato attraverso l'iscrizione inserita nel becco

dell'aquila al centro del Grande Sigillo degli Stati Uniti d'America, che ricorda :

“E pluribus unum”7

Il motto americano sopra riproposto si riferisce all'integrazione delle tredici Colonie

indipendenti sotto un'unica bandiera, simbolo di nazione unita. Questo significato può

essere trasposto nell'ambito dei cartografici i quali, nonostante tutte le possibili variazioni

interlinguistiche, si impegnano a rintracciare una struttura uniforme e universalmente

valida. Tale concezione, che nega il variare anarchico e senza limiti delle lingue e che postula

l'esistenza di un'unica lingua astratta, è stata formulata da Chomsky (2001) attraverso il

7 Si tratta di una locuzione latina (traducibile come “da molti, uno”) probabilmente apparsa per la prima volta nel poema “Moretum”, attribuito a Virgilio.

25

Illustrazione 1-2: Dettaglio del Grande Sigillo degli Stati Uniti d'America. La foto è tratta dal sito internet http://www.gretaseal.com.

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cosiddetto “Uniformity Principle”. Le lingue naturali, partendo quindi da una struttura

uniforme e comune, si differenziano predicibilmente tra di loro per il modo in cui i

costituenti si muovono (movimento A, movimento A-barra e movimento testa a testa) e sulla

realizzazione più o meno “overt” di teste e specificatori. Inoltre, il fatto di disporre di una

gerarchia unica e di proprietà sintattiche universali agevolerebbe il processo di acquisizione

linguistica da parte dei bambini ai quali sarebbe risparmiata l'elaborazione di un numero

illimitato di combinazioni possibili (Cinque e Rizzi, 2010).

Un altro assunto da tenere in considerazione per questo tipo di analisi riguarda la

relazione univoca tra tratti morfosintattici e corrispettivi strutturali. In altre parole, “one

(morphosyntactic) property – one feature – one head” (Cinque e Rizzi, 2010: 11): ovvero,

ciascuna proprietà viene rappresentata all'interno della gerarchia attraverso una singola

testa. L'obiettivo è quello di sistematizzare nel modo più accurato possibile tutti i fenomeni

di ordine rilevanti delle lingue naturali attraverso una struttura sintagmatica ricorsiva che

generi sequenze di specificatore-testa-complemento, secondo la proposta di Kayne (1994).

2.2.2 La metodologia

Una volta illustrati quali siano il punto di partenza e il punto di arrivo della ricerca

cartografica, restano da chiarire alcuni aspetti relativi alla metodologia. Al fine di mappare la

gerarchia universale delle proiezioni funzionali il procedimento da seguire è di tipo

comparativo. Infatti, una volta appurato che esiste un certo numero di possibili realizzazioni

linguistiche, i dati raccolti devono essere comparati tra di loro con l'obiettivo di ricavarne un

minimo comune denominatore. Una fonte utile per trarre informazioni di questo tipo, come

sottolineato da Cinque e da Rizzi (2010), è costituita dalle differenze interlinguistiche

sistematiche che riguardano l'ordine delle parole. A tal riferimento si pensi

all'argomentazione di Pollock che, sulla base delle diverse posizioni dei verbi finiti in inglese

e di quelli in francese, ha permesso di postulare l'esistenza di una testa non lessicale e

strutturalmente più alta di VP.

1) √ Je comprends bien le poin...

* I understand well the point...

→ FRANCESE (√ V Adv Compl)

→ INGLESE (* V Adv Compl)

26

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Un'altra fonte di informazioni è rappresentata dalle differenze nell'ordine relativo dei

morfemi funzionali realizzati (morfemi verbali, suffissi indicanti domande sì/no, avverbi,

verbi funzionali senza funzione lessicale, ecc.). Laddove si registrano ordini diversi, tale

differenza non è detto che sia dovuta ad una riorganizzazione della gerarchia universale, ma

potrebbe essere giustificata dall’operazione di movimento sintattico. Per esempio, l'ordine di

morfemi realizzati in qualità di prefissi alla sinistra di una determinata categoria lessicale

può essere analizzato come l'immagine speculare di suffissi realizzati alla destra della stessa

categoria lessicale in altre lingue. Quanto appena affermato è sintetizzato nello schema in (2),

in cui viene presa come esempio la categoria lessicale del verbo.

2) Prefissi:

Particelle libere:

Suffissi:

A – B – C – V

A B C V

V – C – B – A

Tabella 1-2: A, B e C costituiscono etichette arbitrarie a titolo puramente esemplificativo. Qualora i

tre elementi siano uniti tra di loro mediante il trattino allora si tratta di morfemi legati; nel caso in cui

siano divisi da una semplice spaziatura sono da considerarsi morfemi liberi. V rappresenta il verbo.

Nello schema appena riportato, gli ordini ABC e CBA non sembrano essere così differenti.

Se si postula il “Mirror Principle” (Baker, 1985) e il movimento della testa verbale ad una

posizione strutturale più alta nel caso dei suffissi, allora è possibile giungere alla conclusione

che la struttura ad un livello più astratto è una e una sola.

Studi comparativi di questo tipo, attraverso l'analisi dei dati raccolti, si prefiggono

l'obiettivo di porre in evidenzia le regolarità che condividono tutte le lingue nella loro

struttura profonda.

27

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2.3 La grammatica degli aggettivi

Il presente paragrafo apre una parentesi sulla categoria grammaticale dell'aggettivo.

Prima di addentrarsi in approfondimenti di tipo sintattico, supportati dalla letteratura

specifica, si ritiene opportuno offrire un breve scorcio relativo alla natura stessa

dell'aggettivo. Infatti, comprendere lo statuto categoriale di questo elemento grammaticale

costituisce la base per cogliere la sua distribuzione all'interno di un più ampio contesto

sintattico.

Nella tradizione degli studi linguistici è ricorrente il riferimento alla distinzione tra parole

di classe chiusa e parole di classe aperta.

• Parole di classe chiusa

A questo gruppo appartengono gli elementi funzionali o grammaticali. Se si

volesse stilare un elenco di questi ultimi si dovrebbero citare numerosi

elementi: determinanti, complementatori, congiunzioni, preposizioni,

morfemi verbali, ausiliari, copule, pronomi, dimostrativi, indefiniti,

quantificatori, numerali, classificatori, morfemi di numero, morfemi di genere

e molti altri ancora.

• Parole di classe aperta

In questo gruppo rientrano le categorie lessicali. Gli elementi che solitamente

vengono attribuiti a questa classe sono i nomi, i verbi, gli aggettivi e gli

avverbi. Tuttavia, per una serie di obiezioni, per le quali si rimanda nello

specifico al lavoro di Cinque e Rizzi (2010), sembra che gli unici a rientrare a

pieno titolo nella classe aperta siano i nomi, e che gli altri elementi siano

classificabili diversamente.

Poiché il campo d'indagine del presente lavoro riguarda espressamente gli aggettivi,

appare qui necessario restringere l'analisi a questa specifica categoria al fine di stabilire se si

tratti o meno di una classe aperta. Alcuni dati rilevanti provengono da una lingua africana, lo

Yoruba, i cui aggettivi contemplano solamente l'uso attributivo non potendo essere utilizzati

come predicati. Gli esempi, qui sotto riportati, sono tratti da Cinque (2010: cap.3, es. (51)).

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3) a - √ Mo rí [ajá ńlá]

io vedo [cane grande]

(= Vedo un cane grande)

√ Uso attributivo: aggettivo

b - *Ajá ńlá

cane grande

(= Il cane è grande)

* Uso predicativo: aggettivo

Riprendendo l'esempio in (3b), si osserva che l'aggettivo in funzione predicativa risulta

agrammaticale; come strategia linguistica alternativa in questo contesto particolare i parlanti

di Yoruba utilizzano un verbo intransitivo di stato, ovvero “tóbi” nel significato di essere

grande similmente al verbo italiano “torreggiare”. In (4) si riporta l'esempio corrispondente,

tratto da Cinque (2010: cap.3, es. (52)).

4) √ Ajá tóbi

cane torreggia

(= Il cane è grande)

√ Uso predicativo: verbo

Inoltre, in Yoruba, gli aggettivi non sembrano essere molto numerosi, anzi, similmente

agli elementi funzionali, potrebbero costituire una classe chiusa (probabilmente con non più

di dieci elementi). Questo non rappresenta un caso isolato in quanto dati simili sono stati

segnalati anche per altre lingue: otto aggettivi per l'Igbo, una dozzina di aggettivi per

l'Hausa e sette aggettivi per il Malak Malak (Dixon, 1982, cit. in Scott, 2002). Un aspetto

interessante è che i pochi aggettivi registrati appartengono ad un numero circoscritto di

classi semantiche (solitamente si tratta di dimensione, età e colore).

Tuttavia qualcuno potrebbe obiettare che, contrariamente a quanto appena discusso, altre

lingue danno l'impressione di disporre di un numero rilevante di aggettivi. In realtà, Cinque

e Rizzi (2010) fanno notare che questa apparente abbondanza potrebbe avere una duplice

motivazione. In primo luogo, si può pensare all'esistenza di una classe predicativa parallela:

si anticipa qui l'ipotesi secondo la quale, al limitato gruppo degli aggettivi attributivi, si

aggiungerebbero gli aggettivi originati da frase relativa ridotta (cfr. par. 2.3.2). In secondo

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luogo, un cospicuo numero di aggettivi è risultato di derivazioni morfologiche a partire da

altre categorie grammaticali, quali nomi e verbi.8

Tenendo in considerazione le osservazioni appena esposte si approfondiscono nelle

sezioni successive alcuni aspetti sintattici della grammatica degli aggettivi.

2.3.1 Universale 20 di Greenberg e struttura del DP

Una volta appurato che gli aggettivi possono essere considerati per certi versi parole di

classe chiusa, appare legittimo chiedersi quale posizione occupino gli stessi all'interno di un

contesto gerarchico più ampio.

Secondo l'ipotesi di Abney (1987), già citata nel paragrafo 1.4, il sintagma nominale

costituisce il complemento di una proiezione superiore, la cui testa è occupata da D, una

categoria funzionale. Gli aggettivi descrittivi, oltre ai dimostrativi e ai numerali, rientrano tra

quegli elementi che modificano il nome e che sono collocati all'interno del DP. Le tre

categorie appena menzionate non sembrerebbero essere teste di una proiezione funzionale

indipendente (X°), bensì specificatori di proiezioni funzionali che si sviluppano nella dorsale

del DP.

Prima di tentare di stabilirne un ordine relativo è utile fare riferimento a una nozione

peculiare della linguistica tipologica. In quest'ambito le deduzioni relative all’ordine lineare

assumono la forma di implicazioni, ovvero di affermazioni costruite sulla base di una precisa

struttura logica: “if a language has some word order P, then it will also have word order Q”9

(Hawkins, 1983: 4). È redatta in forma di implicazione la maggior parte dei 45 universali

elencati nell'articolo di Greenberg “Some Universals of Grammar with Particular Reference

to the Order of Meaningful Elements" (1963). Lo scopo principale di questo lavoro fu di

individuare correlazioni tra diversi fenomeni linguistici e di poter, così, avanzare predizioni

in merito all'organizzazione strutturale delle lingue. L'Universale che qui assume maggiore

8 In italiano, si potrebbero citare molti esempi di aggettivi derivati:- Aggettivi derivati da nomi: “centrale” (derivato da centro); “solare” (derivato da sole);

“nucleare” (derivato da nucleo).- Aggettivi derivati da verbi: “tagliente” (derivato da tagliare), “abbagliante” (derivato

da abbagliare), “ordinato” (derivato da ordinare).9 Trad. it.

“Se una lingua ha un ordine di parole P, allora avrà anche l'ordine di parole Q.”La corrispondente formulazione logico-matematica è: P ⊃ Q (se P, allora Q).

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rilevanza è il ventesimo: quest'ultimo, riportato integralmente in (5) (Greenberg, 1963: 87),

espone implicazioni d'ordine relative alla distribuzione di aggettivi descrittivi, dimostrativi e

numerali.

5) Universal 20

When any or all of the elements (demonstrative, numeral

and descriptive adjective) precede the noun, they are always

found in that order. If they follow, the order is either the

same or its exact opposite.10

Dall'osservazione in (5) è possibile dedurre un ordine prenominale e due ordini

postnominali. Queste tre implicazioni sono presentate di seguito sia linearmente sia nella

loro rappresentazione ad albero.

6) Modificatori prenominali

Ordine lineare: Dem > Num > A > N

10 Trad. it.“Universale 20: Si prendano in considerazione i dimostrativi, i numerali e gli aggettivi descrittivi. Se tali elementi precedono il nome, allora compaiono nell'ordine appena citato; se lo seguono, l'ordine è lo stesso oppure l'esatto contrario.”

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DemP

NumP

AP NP

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7) Modificatori postnominali

Ordine lineare: N > Dem > Num > A

8) Modificatori postnominali

Ordine lineare: N > A > Num > Dem

Questi tre ordini sono solo apparentemente tre generazioni diverse e indipendenti; in

realtà, potrebbero essere varianti di un'unica struttura. Ricordando gli assunti del Progetto

Cartografico (cfr. par. 1.2), l'analisi dovrebbe mirare a massimizzare le caratteristiche comuni

delle varie lingue per indicare un'unica struttura di base che possa avere valenza universale.

Cinque (2000) propone che se non accade nulla sul piano sintattico allora emerge l'ordine

stabilito nella generazione di base, ovvero: Dem > Num > A > N (cfr. (6)). D'altro canto i due

ordini postnominali, (7) e (8), vengono presentati come risultati di derivazione sintattica. Per

ottenere l'ordine N > Dem > Num > A, Cinque ipotizza la risalita del sintagma nominale (NP)

lungo la dorsale del DP: in particolare, come semplificato in (9), si tratta di un movimento da

specificatore a specificatore attraverso le proiezioni di accordo che ospitano le proiezioni

funzionali relative a aggettivi, numerali e dimostrativi.

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DemP

NumP AP

NP

DemP

NumP

APNP

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9) Movimento senza pied-piping

Ordine lineare: N > Dem > Num > A

Per derivare, invece, l'ordine N > A > Num > Dem, Cinque postula un movimento

particolare denominato “pied-piping”, il quale prevede che il sintagma nominale trascini i

nodi che direttamente lo dominano nelle posizioni superiori della struttura rovesciando così

l'ordine lineare dei modificatori (“roll-up movement”). Quest'ultimo tipo di derivazione

sintattica è illustrato in (10).

10) Movimento con pied-piping

Ordine lineare: N > A > Num > Dem

Nelle lingue del mondo i tre ordini appena analizzati non sono gli unici possibili. Da un

punto di vista probabilistico, combinando in vari modi i quattro elementi presi in

considerazione (nome, aggettivo, numerale e dimostrativo) attraverso la formula 1x2x3x4 , il

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risultato indica un totale di 24 possibili ordini. Tuttavia, di questi solo 14 sono stati

effettivamente attestati (Cinque, 2000) e sono qui di seguito riportati.

11) √ Dem > Num > A > N

√ Dem > Num > N > A

√ Dem > A > N > Num

√ Dem > N > Num > A

√ Dem > N > A > Num

√ A > N > Dem > Num

√ A > N > Num > Dem

√ N > Dem > Num > A

√ N > Dem > A > Num

√ N > Num > A > Dem

√ N > A > Dem > Num

√ N > A > Num > Dem

√ Num > N > A > Dem

√ Num > A > N > Dem

Questi dati non minacciano la validità dell'ipotesi dello stesso Cinque, al contrario la

rinforzano. Infatti l'ordine con i modificatori prenominali, evidenziato in tabella, costituisce

la generazione di base, mentre i vari ordini con uno o più modificatori postnominali sono

ottenuti grazie al movimento del sintagma nominale (con o senza pied-piping, totale o

parziale, opzionale od obbligatorio).

2.3.2 La modificazione sul nome

Sulla base di quanto detto in precedenza riguardo allo statuto categoriale degli aggettivi è

possibile inferire che gli stessi quando si trovano all'interno del sintagma nominale non sono

tutti dello stesso tipo. A partire dai dati provenienti dalle varie lingue del mondo sono stati

rilevati due distinti gruppi, ciascuno con specifiche caratteristiche semantiche e sintattiche.

Le tabelle riprodotte di seguito le riassumono in breve (per confrontare i dati dell’italiano e

della LIS si rimanda al par. 2.4.3).

12) Aspetti

SemanticiStage-level

L’aggettivo esprime una proprietà temporanea, transitoria.

Individual-level

L’aggettivo esprime una proprietà stabile, permanente.

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Interpretazione restrittiva

L’aggettivo fa riferimento ad un sottogruppo ristretto, limitato.

Interpretazione non restrittiva

L’aggettivo si riferisce all’intero gruppo di elementi senza restrizione di alcun genere.

Interpretazione come relativa implicita

L’aggettivo proviene da una frase relativa implicita che ha subito l’eliminazione dell’antecedente.

Interpretazione modale

L’aggettivo è inteso come modificatore in posizione attributiva.

Interpretazione intersettiva

L’aggettivo interseca la sfera della proprietà che identifica con la sfera del referente.

Interpretazione non intersettiva

L'aggettivo, in qualità di modificatore ha un'interpretazione avverbiale.

Interpretazione relativa

L'aggettivo esprime una caratteristica che instaura un confronto con una categoria di riferimento.

Interpretazione assoluta

L'aggettivo identifica una proprietà in senso assoluto.

Interpretazione comparativa

(superlativi)

L'aggettivo, al grado superlativo, opera un confronto con altri elementi della stessa categoria.

Interpretazione assoluta

(superlativi)

L'aggettivo, al grado superlativo, esprime un valore in senso assoluto.

Lettura non specifica

L'aggettivo non rende specifico un DP indefinito.

Lettura specifica

L'aggettivo rende specifico un DP indefinito.

Lettura deittica

L'aggettivo riceve un'interpretazione deittica poiché si collega ad un preciso dato di riferimento.

Lettura generica

L'aggettivo ha un'interpretazione generica.

Interpretazione letterale

L'aggettivo non può attingere a letture idiomatiche.

Possibile interpretazione idiomatica

L'aggettivo può attingere a una possibile lettura idiomatica.

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13)

Aspetti

Sintattici

Meno vicino rispetto al nome

La posizione dell’aggettivo è più lontana rispetto al nome.

Più vicino rispetto al nome

La posizione dell’aggettivo è più vicina rispetto al nome.

Ordine non rigido

La produzione di due o più aggettivi non è vincolata da implicazioni d'ordine.

Ordine rigido

La produzione di due o più aggettivi è vincolata da implicazioni d'ordine.

Uso predicativo possibile

L’utilizzo dell’aggettivo è possibile anche in posizione predicativa.

Uso predicativo impossibile

L’utilizzo dell’aggettivo è impossibile in posizione predicativa.

Questi due gruppi di proprietà semantiche e sintattiche identificano due diversi tipi di

modificazione:

• Aggettivi in modificazione diretta

Proprietà: individual-level, non restrittivi, modali, non intersettivi, assoluti (inclusi

i superlativi), con lettura specifica, generici, con possibile interpretazione idiomatica,

vicini rispetto al nome, ordinati rigidamente, impossibili in posizione predicativa.

• Aggettivi in modificazione indiretta

Proprietà: stage-level (o individual-level), restrittivi, derivati da frase relativa

implicita, intersettivi, relativi, comparativi (con i superlativi), con lettura non specifica

(o specifica), deittici, con interpretazione letterale, lontani rispetto al nome, ordinati

non rigidamente, possibili in posizione predicativa.

È opportuno notare che gli aggettivi in modificazione indiretta condividono le stesse

proprietà semantiche e sintattiche degli aggettivi predicativi inseriti nelle frasi relative

ridotte.

Secondo quanto suggerito da Cinque (2010), tale distinzione avrebbe un corrispettivo

strutturale. Ossia, le due fonti della modificazione aggettivale occuperebbero due posizioni

distinte all’interno del DP: quella diretta si troverebbe in prossimità del sintagma nominale,

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mentre quella indiretta sarebbe in una posizione gerarchica superiore. A scopo chiarificatore

si presenta in (14) una rappresentazione strutturale.

14)

Lo stesso autore, a sostegno di questa possibile distinzione, evidenzia l’esistenza di lingue

che non contemplano una delle due possibilità sintattiche sopra illustrate:

• Lingue prive di aggettivi in modificazione diretta:

Slave (lingua del Canada settentrionale), Lango (lingua dell'Africa centrorientale),

Hixkaryana e Tiriyó (due lingue parlate in Brasile).

• Lingue prive di aggettivi in modificazione indiretta:

Yoruba (cfr. par. 2.3), Gbaya Mbodómó (lingua dell'Africa centroccidentale).

2.3.3 L'ordine degli aggettivi in modificazione diretta

Nel paragrafo precedente gli aggettivi in modificazione diretta sono stati rappresentati

nella struttura come XP inseriti nella posizione di specificatore all'interno di proiezioni

funzionali. Queste ultime, come sottolineato da Scott (2002), riflettono diverse categorie

semantiche secondo le quali è possibile fissare un determinato ordine. A tal proposito si

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ricordi quanto affermato poco fa, ovvero che gli aggettivi in modificazione diretta sono quelli

vincolati ad un preciso ordine. La proposta di Cinque (1994), citata in Svenonius (2008), è la

seguente:

15) Ordine prenominale

(generazione di base)

A quantità > A qualità > A dimensione > A forma >

A colore > A nazionalità > ... N

Così come quanto discusso per i modificatori all'interno del DP, allo stesso modo gli

aggettivi in modificazione diretta presentano un'unica generazione di base (cfr. (15)) che può

essere derivata mediante movimento, con o senza pied-piping (rispettivamente (16b) e (16a)).

16) Ordine postnominale (a)

(movimento senza

pied-piping)

N ... > A dimensione > A colore > A nazionalità

(es. Irlandese)

Ordine postnominale (b)

(movimento con

pied-piping)

N .... > A nazionalità > A colore > A dimensione

(es. Yoruba)

L'ordine degli aggettivi, secondo l'ipotesi di Cinque, è solo apparentemente libero. In

realtà la successione che determina l'ordine più naturale e meno marcato appare rigida. Per

riportare un esempio dall'inglese, la frase “I want a big black dog”11, dove la dimensione

precede il colore, segue la generazione di base vista in (15) e rappresenta l'ordine non

marcato. L'apparente violazione nella frase “I want a black big dog”12 è giustificata come

produzione marcata dove l'aggettivo di colore, non più in modificazione diretta bensì in

modificazione indiretta, si è inserito in una frase relativa ridotta.

11 Trad. it.“Vorrei un cane nero grande”.

12 Trad. it.“Vorrei un cane grande nèro” (ovvero “vorrei un cane grande che sia nero”).

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La proposta di Cinque (1994) è stata oggetto di successive rivisitazioni ed espansioni. In

(17) è riassunta l'idea di Scott (2002: 114) il quale, dopo aver eseguito una serie di test

linguistici, propone l'inserimento di nuove proiezioni funzionali arricchendo ulteriormente

la struttura.

17) Determinante > Numero ordinale > Numero cardinale >

Commento soggettivo > Evidenziale > Dimensione >

Lunghezza > Altezza > Velocità > Profondità > Larghezza >

Peso > Temperatura > Umidità > Età > Forma > Colore >

Nazionalità > Materiale > Nome

2.4 Gli aggettivi in italiano e in LIS: uno studio comparativo

Il presente paragrafo offre un’analisi di tipo comparativo tra l'italiano e la LIS. Per

ciascuna lingua sono presentati esempi concreti e riflessioni teoriche per far sì che, a partire

dalle singole differenze, sia possibile corroborare quanto sinora assunto (“E pluribus unum”,

cfr. par. 1.2).

Il raffronto operato tra le due lingue si è concentrato negli aggettivi di tipo attributivo e ha

potuto contare su dati di natura eterogenea. Per l'italiano sono stati presi in considerazione le

osservazioni di Cinque (2010) e i giudizi di grammaticalità espressi da tre parlanti nativi. Per

quanto riguarda la LIS sono stati raccolti dati provenienti dalla letteratura (in particolare

Bertone, 2007 e Brunelli, 2006), i giudizi di grammaticalità espressi da tre segnanti nativi e

alcune produzioni spontanee registrate.13

Lo studio comparativo ha esaminato gli aggettivi focalizzandosi in particolare su quattro

aspetti, già affrontati dal punto di vista della teoria nel paragrafo 2.3. Questi, per ragioni di

chiarezza espositiva, sono di seguito elencati:

13 Sono state visionate registrazioni reperite per lo più nel sito internet a cura di Lorenzo Laudo (http://www.vlog-sordi.com). Si tratta di interventi prodotti da alcuni sordi in riferimento a vari temi di discussione.

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• la posizione dell'aggettivo rispetto al nome;

• l'Universale 20 di Greenberg e la struttura sintattica del DP;

• la distinzione tra modificazione diretta e modificazione indiretta;

• l'ordine degli aggettivi in modificazione diretta.

2.4.1 La posizione dell'aggettivo rispetto al nome

Il presente paragrafo riporta i dati osservati nelle due lingue e propone alcune

considerazioni teoriche; per ulteriori approfondimenti si rimanda ai paragrafi successivi.

Nella lingua italiana l’aggettivo può occupare “sia una posizione prenominale che

postnominale” (Holtus, Metzeltin, Schmitt, 1988). Gli stessi autori propongono alcuni

esempi, qui riportati in (18).

18)A N

■ Ha dipinto un bel quadro.

■ L'ampio dibattito che si è avuto...

N A ■ Mi piacciono i libri vecchi.

■ È scappato il gatto nero.

La diversa posizione nell'ordine lineare non induce a postulare l'esistenza di due diverse

strutture in quanto, seguendo l'ipotesi di Cinque (2010), si assume che la generazione di base

sia una e universalmente valida. Determinante risulta il tipo di movimento del SN a seconda

che quest'ultimo scavalchi o meno l'aggettivo. Il fatto che l'aggettivo si trovi prima o dopo il

nome ha una motivazione sintattica e comporta conseguenze in termini semantici (par. 2.3.2).

Per quanto concerne la LIS, l'analisi appare un po' controversa. L'idea generale per cui gli

aggettivi in LIS tendono a comparire in posizione postnominale sembra trovare conferma

nelle riflessioni di Bertone:

“A differenza di molte lingue (ad esempio italiano, ASL, inglese) in cui la posizione

degli aggettivi rispetto al nome opera una distinzione tra predicativi ed attributivi, in

LIS tutti i tipi di modificazione seguono il nome” (Bertone, 2007: 69).

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Tuttavia considerando i dati raccolti in produzione spontanea sembra che la situazione sia

più eterogenea e complessa. Innanzitutto durante l'osservazione del materiale video a

disposizione è stata operata una scrematura al fine di ignorare gli aggettivi inseriti in

strutture copulative. Secondo Bertone (2007) gli aggettivi predicativi sono caratterizzati da

un inarcamento più marcato delle sopracciglia e possono contemplare subito dopo una

pausa oppure un segno in configurazione 5 o F. L'analisi dei soli aggettivi attributivi ha

evidenziato che la maggioranza di questi segue il nome corrispondente, tuttavia ciò non

rende conto di tutti i possibili casi. Nello specifico, le possibili combinazioni sono: aggettivi

postnominali (schema: N A), aggettivi prenominali (schema: A N), aggettivi che modificano

un nome ripetuto (schema: N A N), aggettivi ripetuti prima e dopo il nome (schema: A N A)

ed infine aggettivi incorporati al nome (schema: A/N).

Per meglio chiarire le categorie appena elencate, in (19) si presentano alcune frasi

esemplificative accompagnate da glosse e traduzione corrispondenti.

19)

N A

■ SUO CANZONE ESPRESSIONE STILE MOVIMENTO DOLCE

(= La sua canzone ha un'espressione, uno stile, un movimento dolci)

■ IX_6-DUE SOGNARE FUTURO COSA FIGLIO SORDO

(= Loro due sognano di avere in futuro un figlio sordo)

PE IX_1 VEDERE MAI, ARGOMENTO ■ NUOVO

(= Questo non l'ho mai visto, è un argomento nuovo)

A N

■ IX_3 (segno nome) VUOLE DARE COME RAGIONAMENTO, COME PICCOLO PROVOCAZIONE

(= La persona X vuole offrire una sorta di ragionamento, di piccola provocazione)

IX_1 VEDERE: ■ BELLA IDEA

(= Ho visto, è una bella idea!)

■ ELENA CARA AMICA MIA

(= Elena è una mia cara amica)

41

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N A N

(reduplicazione del nome)

■ IO VEDERE VESTITO TIPO FASCISTA NERO VESTITO

(= Ho visto un vestito nero in stile fascista)

A N A

(reduplicazione dell'aggettivo)

■ ROTONDO DOLCE ROTONDO IO PRENDERE BUTTARE

(= Ho afferrato un dolce rotondo e l'ho buttato lontano)

A/N

(incorporazione dell'aggettivo nel

nome)

■ APPLAUSI, PUBBLICO-VASTO MOLTO, LUCE-INTENSA MOLTO

(= Ci sono stati applausi, il pubblico era molto vasto e le luci erano molto intense)

Il caso degli aggettivi incorporati ai nomi costituisce una peculiarità delle lingue dei segni,

le quali permettono di modificare la forma citazionale del nome aggiungendo una

particolarità al parametro del movimento o alle componenti non manuali. A tal proposito si

ricorda, come sottolinea Lerose (2009), che le espressioni del viso sono elementi dotati di

valore a livello morfologico, sintattico e semantico.

Ciò che rimane da chiarire è che cosa distingua l'ordine prenominale da quello

postnominale. Per esempio il fatto che il nome scavalchi o meno l'aggettivo nella struttura

potrebbe comportare una differenza in termini di modificazione diretta/indiretta; tuttavia

per prendere in considerazione ed eventualmente avallare tale ipotesi sono necessari ulteriori

test che esulano dal presente studio comparativo. Per il momento, limitandosi ad una

superficiale osservazione degli esempi estrapolati in (19), pare che l'aggettivo prenominale, a

differenza di quello postnominale, assuma una connotazione enfatizzata, quasi poetica. Un

esempio analogo in italiano potrebbe essere costituito dalla seguente costruzione (citata in

Cinque, 2010: cap. 6, es. (10a)): “Le verdi colline della Toscana”. In questo caso, il fatto che il

nome non scavalchi l'aggettivo di colore, come ci si aspetterebbe nello stile colloquiale, è

giustificato da una precisa scelta di registro. Una seconda ipotesi che possa giustificare la

produzione in LIS di aggettivi in posizione prenominale potrebbe consistere nell'influenza

da parte della lingua italiana, alla quale hanno accesso i sordi per lo meno in forma scritta.

42

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2.4.2 Universale 20 di Greenberg e struttura del DP

Ciò che si intende indagare in questa sezione è l'ordine all'interno del DP alla luce delle

indicazioni fornite da Greenberg nel suo Universale 20 (cfr. par. 2.3.1).

In presenza di tre informanti di madrelingua italiana, sono state testate diverse possibilità

di cooccorrenza di dimostrativi, numerali e aggettivi descrittivi; gli ordini che risultano più

naturali sono illustrati in (20).

20) a - Questi due grandi cani

ITALIANO: Dem > Num > A > N

b - Questi due cani bianchi

ITALIANO: Dem > Num > N > A

Ciò che distingue (20a) da (20b) è la tipologia dell'aggettivo e del movimento sintattico.

Nel primo caso il nome non si muove e pertanto non scavalca l'aggettivo di dimensione

(grandi cani); nel secondo caso, invece, il nome si muove verso una posizione

strutturalmente più alta rispetto a quella dell'aggettivo di colore (cani bianchi).

D'altro canto, in LIS (così come in arabo), l'ordine non marcato dei quattro elementi presi

in considerazione appare speculare a quello appena visto (Brunelli, 2006; Bertone, 2007).

21) CANE GRANDE DUE QUESTO

LIS: N > A > Num > Dem

Riassumendo, l'ordine non marcato dell'italiano con i suoi modificatori prenominali

combacia con quello di generazione di base ipotizzato da Greenberg, esemplificato in (6) nel

par. 2.3.1. L'ordine non marcato della LIS, che contempla modificatori postnominali in

sequenza speculare, è ottenuto per derivazione grazie alla progressiva risalita del nome con

pied-piping.

L'esistenza di altri possibili ordini necessita di specifici tratti sovrasegmentali che

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determinano una lettura interpretativa particolare. Un esempio di ordine marcato è il

seguente: ? CANE DUE GRANDE QUESTO (N > Num > A > Dem). Da un punto di vista

strutturale, il nome si muove oltre l'aggettivo e oltre il numerale per poi sollevarsi con pied-

piping intorno al dimostrativo.

2.4.3 La modificazione sul nome

In precedenza è stato stabilito che gli aggettivi che modificano il nome non sono di un

unico tipo, bensì si suddividono in due gruppi distinti: quelli in modificazione diretta e

quelli in modificazione indiretta.

Per comparare i dati dell'italiano e della LIS sono state selezionate tre delle proprietà

semantiche viste nel paragrafo 2.3.2, ovvero: individual e stage level, aggettivi restrittivi e

non restrittivi ed infine superlativi in senso assoluto e comparativo.

A tre segnanti e tre parlanti nativi sono state proposte alcune frasi e per ognuna di queste

è stata fornita una possibile contestualizzazione. I giudizi di grammaticalità e le intuizioni

dei soggetti intervistati hanno permesso di ricavare i dati sintetizzati in (22) e (23). Con i

risultati alla mano risulta interessante chiarire se e come l'italiano e la LIS operano una

distinzione tra la modificazione diretta e quella indiretta.

22) Le vuote strade della città sono controllate dalla polizia.

Le strade vuote della città sono controllate dalla polizia.

INDIVIDUAL-LEVEL

(ambiguo: INDIVIDUAL-LEVEL o STAGE-LEVEL)

Il direttore vende gli importanti libri della biblioteca.

Il direttore vende i libri importanti della biblioteca.

NON RESTRITTIVO

(ambiguo: NON RESTRITTIVO o RESTRITTIVO)

Chi ha costruito il più alto grattacielo?

Chi ha costruito il grattacielo più alto?

SUPERLATIVO ASSOLUTO

(ambiguo: SUPERL. ASSOLUTO o SUPERL. COMPARATIVO)

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Per quanto riguarda la lingua italiana, in base ai dati raccolti in (22), è possibile affermare

che, qualora l'aggettivo occupa la posizione prenominale, l'interpretazione non risulta mai

ambigua (individual-level, non restrittiva, assoluta per i superlativi). D'altro canto la

posizione postnominale è sistematicamente ambigua tra i due valori di ciascuna proprietà

semantica. Pertanto, da ciò si deduce che la modificazione indiretta necessariamente segue il

nome, mentre quella diretta può occupare una posizione prenominale o postnominale.

Ricordando che gli aggettivi derivati da frase relativa ridotta si trovano più lontani rispetto al

nome (cfr. par. 2.3.2), ecco lo schema definitivo:

23) ITALIANO:

A. in modific. diretta - NOME – A. in modific. diretta – A. in modific. indiretta

Per giustificare questi dati dal punto di vista teorico, Cinque (2010) parte dalla

generazione di base universale (cfr. par. 2.3.2), e ipotizza particolari movimenti, alcuni

obbligatori e alcuni facoltativi. Nel caso specifico dell'italiano, l'NP salirebbe oltre gli

aggettivi in modificazione diretta (per capire in quali contesti obbligatoriamente e in quali

facoltativamente si rimanda al capitolo 6 di Cinque, 2010) e insieme a questi scavalcherebbe

obbligatoriamente gli aggettivi derivati da frase relativa ridotta.

24) √ CITTÀ (STRADA VUOTA), POLIZIA CONTROLLARE

* CITTÀ (VUOTA STRADA), POLIZIA CONTROLLARE

INDIV-LEV./STAGE-LEV.

-

√ BIBLIOTECA (LIBRI IMPORTANTI), DIRETTORE VENDERE

* BIBLIOTECA (IMPORTANTI LIBRI), DIRETTORE VENDERE

NON RESTRITTIVO / RESTRITTIVO

-

√ (GRATTACIELO ALTO PRIMO), COSTRUIRE CHI?

* (ALTO PRIMO GRATTACIELO), COSTRUIRE CHI?

SUP.ASSOL./SUP.COMP.

-

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A differenza dell'ordine in italiano, l'ordine in LIS non sembra essere determinante in

termini di modificazione diretta/indiretta, anzi tutti gli aggettivi testati sono grammaticali

dal punto di vista degli informanti solamente se seguono il nome. Secondo la letteratura

specifica, ciò che distingue i due diversi gruppi di proprietà semantiche è la marcatura

prosodica. In particolare, la modificazione diretta “è caratterizzata dall’estensione dello

stesso tratto sovrasegmentale, senza interruzioni, su tutto il dominio di c-comando di una

proiezione funzionale che domina il nome e il suo modificatore” (Bertone, 2007: 71). D'altro

canto la modificazione indiretta è marcata attraverso l'intensificazione del tratto

sovrasegmentale (sopracciglia più inarcate e/o occhi strizzati). Quest'ultima marcatura

prosodica, non a caso, sarebbe la stessa che caratterizza la frase relativa.

Per approfondire la distribuzione dei tratti sovrasegmentali dei due tipi di aggettivi si

considerino i due esempi riportati da Bertone (2007: 81), indicati qui in (25).

25) ____________________tratto DP

a - GELATO ITALIANO BUONO COSTARE PIÙ

(= Un buon gelato italiano costa di più)

Ordine non marcato

______________________ tratto DP __occhi strizzati

b - GELATO BUONO, ITALIANO, COSTARE PIÙ

(= Un buon gelato, italiano, costa di più)

Ordine marcato

Nella prima frase, i due aggettivi compaiono in ordine non marcato: i tratti

sovrasegmentali lasciano intendere che per entrambi si tratta di modificazione diretta con

l'aggettivo di nazionalità a precedere quello di qualità. La seconda frase presenta un ordine

marcato, testimoniato dalla marcatura prosodica e dalla sovversione dell'ordine rigido

nazionalità > qualità (cfr. par. 2.3.3). Si intuisce che dei due aggettivi quello di nazionalità,

che presenta un tratto sovrasegmentale marcato simile a quello delle frasi relative ridotte, si

trova in una posizione più lontana rispetto al nome. Lo schema riassuntivo che si ottiene è il

seguente:

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26) LIS:

NOME – A. in modificaz. diretta – A. in modificaz. indiretta

Per la LIS è pertanto ipotizzabile una derivazione mediante movimenti con pied-piping

che porta il nome a sollevarsi dapprima oltre gli aggettivi in modificazione diretta e

successivamente, insieme a questi ultimi, oltre gli aggettivi in modificazione indiretta.

2.4.4 L'ordine degli aggettivi in modificazione diretta

Nel paragrafo 2.3.3 è stato messo in luce l'ordine degli aggettivi in modificazione diretta

così come sono generati all'interno della struttura.

Al fine di analizzare l'ordine dell'italiano e della LIS non sono state prese in esame

produzioni spontanee in quanto nei dati a disposizione non era rintracciabile un numero

sufficientemente rappresentativo di costruzioni con almeno due aggettivi attributivi.

Pertanto, per questo specifico aspetto, è stato proposto un test di grammaticalità da

sottoporre a tre parlanti di madrelingua italiana e a tre segnanti di madrelingua LIS. I

sintagmi di interesse per l'indagine sono stati inseriti in frasi di senso compiuto e i giudizi

espressi dagli informanti sono stati poi confrontati tra di loro.

I dati e i risultati raccolti per l'italiano sono riassunti nella tabella in (27).

27) √ Un aereo tedesco giallo

? Un aereo giallo tedesco

√ NAZIONALITÀ > COLORE

? COLORE > NAZIONALITÀ

√ Un piatto bianco ovale

? Un piatto ovale bianco

√ COLORE > FORMA

? FORMA > COLORE

√ Un tavolo rotondo minuscolo

? Un tavolo minuscolo rotondo

√ FORMA > DIMENSIONE

? DIMENSIONE > FORMA

√ Un cane piccolo brutto

? Un cane brutto piccolo

√ DIMENSIONE > QUALITÀ

? QUALITÀ > DIMENSIONE

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ITALIANO:

N > A nazionalità > A colore > A forma > A dimensione > A qualità

L'ordine appena evidenziato è stato ottenuto sulla base dei giudizi dei parlanti intervistati

e in virtù della proprietà transitiva. Tale risultato, derivato attraverso movimento con pied-

piping e assimilabile all'ordine (16b) del par. 2.3.3, è in linea con la proposta di Cinque (1994).

Nel sottoporre il test ai segnanti, le frasi in LIS da giudicare sono state leggermente

modificate per tener conto di alcune particolarità messe in evidenza da Bertone (2007) in

relazione a dimensione e forma. Infatti, la prima può risultare incorporata al nome (es.

ALBERO-ALTO) oppure incorporata alla forma attraverso l'uso di un unico classificatore (es.

CARAMELLA ROTONDA-PICCOLA) o, infine, può apparire come un elemento lessicale

indipendente (es. GIARDINO GRANDE). Quest'ultima opzione non sembrerebbe

disponibile per la forma, che costituirebbe sempre un tratto modificatore incorporato dal

classificatore nella sua risalita verso posizioni più alte nella struttura.

Pertanto, per i giudizi di grammaticalità, sono stati proposti quegli aggettivi per cui erano

disponibili forme lessicali indipendenti, ovvero: nazionalità, colore, qualità e dimensione.

28) √ AEREO TEDESCO GIALLO

? AEREO GIALLO TEDESCO

√ NAZIONALITÀ > COLORE

? COLORE > NAZIONALITÀ

√ CASA GIALLO GRANDE

? CASA GRANDE GIALLO

√ COLORE > DIMENSIONE

? DIMENSIONE > COLORE

√ CANE PICCOLO/BASSO BRUTTO

? CANE BRUTTO PICCOLO/ BASSO

√ DIMENSIONE > QUALITÀ

? QUALITÀ > DIMENSIONE

LIS:

N > A nazionalità > A colore > A dimensione > A qualità

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Per determinare l'ordine relativo tra dimensione e forma è possibile considerarle entrambe

incorporate in un classificatore. Ovviamente, trattandosi di un unico segno in cui le

componenti sono simultaneamente realizzate, non è possibile sequenzializzarlo. In ogni caso,

ai fini dell'indagine, occorre sottolineare un fatto: “il classificatore viene selezionato sulla

base della forma che eventualmente viene successivamente modificata dai tratti di

dimensione” (Bertone 2007: 88), ovvero se viene realizzato un classificatore vengono

incorporati sempre i tratti di forma (la superficie, il perimetro, il tipo di presa, il volume) ma

non è detto che altrettanto accada per i tratti della dimensione.

29)√ CARAMELLA CL (rotonda)

√ Incorporazione dei soli tratti di forma

* CARAMELLA CL (piccola)* Incorporazione dei soli tratti di dimensione

√ CARAMELLA CL (rotonda+piccola)

√ Incorporazione dei tratti di forma e dimensione

Ciò lascia presupporre che la forma occupi una posizione strutturale più bassa e vicina al

nome rispetto alla dimensione.

I dati classificati con un punto interrogativo in (27) e in (28) possono essere considerati

grammaticali ma con un'interpretazione specifica. Per esempio, con il sintagma “un cane

brutto piccolo” si vuole intendere che all'interno di un gruppo di cani brutti se ne considera

espressamente uno di taglia piccola. Come ipotizzato da Cinque (2010), queste variazioni di

ordine con letture particolari, in realtà, coinvolgono entrambi i tipi di modificazione.

Nell'esempio appena menzionato, l'aggettivo “piccolo” non è in modificazione diretta come

“brutto”: la sua posizione più distante dal nome è dovuta al fatto che proviene da una frase

relativa ridotta. Comparando i simili risultati raccolti per l'italiano e per la LIS, è possibile

concludere che l'ordine non marcato delle diverse classi semantiche di aggettivi in

modificazione diretta sia derivato dalla risalita del nome attraverso pied-piping a posizioni

progressivamente più alte, così come illustrato in (16b) nel par. 2.3.3.

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2.5 Conclusione

Il percorso intrapreso nel secondo capitolo è iniziato delineando cosa si intenda per

Progetto Cartografico per concludere presentando un'analisi comparativa tra l'italiano e la

LIS. Il quadro generale di riferimento oltre alle argomentazioni presentate ha dimostrato

come sia possibile, a partire da produzioni espresse in due modalità sensoriali diverse,

arrivare a convalidare un'unica spiegazione teorica.

Nell'ambito dello studio comparativo tra le due lingue, l'obiettivo è stato quello di

verificare se la struttura universale proposta congiuntamente alle possibili derivazioni

sintattiche potesse rendere conto di tutte le differenze interlinguistiche emerse. Sulla base

delle ipotesi teoriche presentate, per entrambe le lingue, è stato possibile giustificare l'ordine

degli elementi modificatori del nome all'interno del DP, la distinzione semantica e sintattica

tra aggettivi in modificazione diretta e indiretta ed, infine, l'ordine delle diverse categorie

semantiche di aggettivi presenti nella parte più bassa dell'albero sintattico.

Nelle sezioni relative all'osservazione dei dati linguistici in LIS è stato dato particolare

risalto alla posizione postnominale degli aggettivi. Tenendo conto delle conclusioni tratte

all'interno del paragrafo 2.4, la gerarchia complessiva è così formulabile:

Nome > Aggettivo [ modificazione diretta ( nazionalità > colore > forma >

dimensione > qualità) > modificazione indiretta ] > Numerale > Dimostrativo

Tuttavia, sarebbe auspicabile indagare anche la funzione linguistica della posizione

prenominale, sinora trascurata o addirittura ignorata dalla letteratura. Attraverso ulteriori

indagini si potrebbe accertare se differenze in termine di ordine siano determinate dalla

grammatica della lingua, da precise scelte stilistiche o, ancora, da fenomeni di interferenza

dall'italiano alla LIS.

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C a p i t o l o 3

A P P R O C C I O Q U A N T I TAT I V OA P P R O C C I O Q U A N T I TAT I V O

3.1 Introduzione

Rispetto al secondo capitolo, il presente cambia decisamente prospettiva in quanto, pur

mantenendo lo stesso campo d'indagine, definisce un nuovo quadro teorico di riferimento.

La distribuzione degli aggettivi in LIS diventa qui oggetto di uno studio che sposa i

presupposti teorici e metodologici della sociolinguistica quantitativa.

Il paragrafo 3.2 presenta il quadro di riferimento illustrando i pilastri teorici della

sociolinguistica, disciplina nata negli Stati Uniti circa mezzo secolo fa e ormai entrata

nell'ambito delle scienze del linguaggio. Dopo averne delineato le principali aree d'interesse,

la trattazione si addentra in alcuni concetti chiave, quali la variazione sociolinguistica, i

diversi tipi di variabili e il metodo quantitativo.

Il paragrafo 3.3 riguarda l'applicazione della sociolinguistica alle lingue dei segni. Una

volta presentate le principali peculiarità, l'attenzione si sposta sulle pubblicazioni apparse in

letteratura, sia in contesto americano che italiano. Riguardo a quest'ultimo un accenno

particolare è dedicato alla nascita e all'evoluzione del “Progetto Corpus LIS”.

Nel paragrafo 3.4, infine, sono descritte nel dettaglio le fasi di lavoro che hanno permesso

di studiare la distribuzione degli aggettivi in LIS secondo una prospettiva quantitativa. I

risultati ricavati dall'analisi definiscono quali sono i fattori linguistici ed extralinguistici che

influenzano maggiormente il fenomeno considerato.

3.2 La sociolinguistica

La lingua non rappresenta un blocco monolitico, ovvero non appare come un’entità

astratta e indipendente dalle persone che ne fanno uso. Se così fosse ciascuna comunità

linguistica dovrebbe esprimersi sempre allo stesso modo e non sarebbe immaginabile alcun

tipo di cambiamento nel tempo e nello spazio. In realtà, gli studiosi di una disciplina nata

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negli anni ’60, la sociolinguistica, attraverso i loro studi hanno dimostrato il contrario: poiché

la società cambia, anche la lingua inevitabilmente cambia.

L’idea basilare è che i fattori responsabili delle variazioni linguistiche non siano solo

intrinseci alla lingua in sé ma siano rintracciabili anche all’interno della società. La comunità

linguistica e la lingua risultano pertanto due concetti interdipendenti tra di loro: l’una

esercita influenza sull’altra e se una non esistesse anche l’altra non avrebbe ragione d’essere. I

meccanismi d’interazione che si instaurano tra questi due poli sono al centro dell’interesse

della sociolinguistica.

Mentre alcuni linguisti nei loro studi fanno riferimento ad una comunità astratta e quasi

ideale, i sociolinguisti dedicano la loro attenzione alle comunità linguistiche reali, fatte di

persone esistite o esistenti. In particolare, si propongono di indagare se e come la lingua sia

condizionata dalla società e allo stesso tempo tentano di trovare risposte a molte altre

domande: per esempio, in che modo le persone utilizzano il linguaggio? Quali strategie

adottano? Quali scopi perseguono? Quali sono i fattori che influiscono maggiormente sul

loro modo di esprimersi?

Si tratta di una disciplina appartenente al filone delle scienze del linguaggio tantoché i

sociolinguisti vengono considerati più verosimilmente linguisti e non sociologi (Berruto,

1997). Questi ricercatori, infatti, osservano i fenomeni linguistici sotto la lente dei fattori

sociali e allo stesso tempo non disdegnano un approccio di tipo interdisciplinare che

coinvolge oltre alla linguistica e alla sociologia, anche l'antropologia e la psicologia.

All'interno della sociolinguistica, così, si possono individuare molteplici ambiti di studio

(Johnston, 2010), in particolare:

1. il multilinguismo;

2. il bilinguismo;

3. le variazioni sociolinguistiche;

4. l'analisi del discorso;

5. le strategie comunicative e le norme di cortesia.

Come già accennato in precedenza, il presente lavoro si sofferma sulle variazioni

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sociolinguistiche con l'obiettivo di indagare in che modo fattori linguistici e non possono

incidere sulle varietà di un sistema linguistico.

Infine, è doverosa una breve parentesi sulle due principali correnti che negli anni si sono

formate in seno alla sociolinguistica: da un lato i correlativisti rappresentati

emblematicamente da Labov, dall'altro i funzionalisti ispirati ai lavori di Gumperz. I primi si

prefiggono l'obiettivo di trovare correlazioni tra aspetti linguistici e aspetti sociali; tuttavia,

questi ultimi, essendo assunti come variabili indipendenti, non rientrano tra gli oggetti di

studio. I funzionalisti, d'altro canto, pongono l'accento sulla dimensione etnografica della

funzione comunicativa e riflettono in egual misura sui fatti linguistici e su quelli sociali senza

dare una priorità specifica né agli uni né agli altri (Berruto, 1997). Il presente lavoro, in

particolare l'analisi quantitativa sulla distribuzione degli aggettivi in LIS presentata al par.

3.4, segue il modello di ricerca delineato da Labov e dai correlativisti.

3.2.1 La variazione sociolinguistica

Il fatto che le lingue siano suscettibili a variazioni non significa che l'utilizzo di forme

linguistiche diverse sia un fenomeno totalmente caotico, casuale ed imprevedibile. A tal

proposito, quando si parla di “eterogeneità ordinata”, espressione coniata da Weinreich,

Labov e Herzog (1968), si vuole intendere che le opzioni a disposizione della comunità

linguistica non sono infinite, al contrario sono limitate da precisi vincoli e parametri.

L'utilizzo di realizzazioni diverse può dipendere da fattori inerenti al sistema linguistico o

estranei da esso. Per quanto riguarda i fattori linguistici, tutti i diversi aspetti del linguaggio

umano possono essere coinvolti: si pensi, solo per menzionarne alcuni, alla fonologia, alla

sintassi e al lessico. Anche i fattori di variabilità extralinguistici, presenti in seno alla società,

sono molteplici: l'età, la classe sociale, la provenienza geografica, la provenienza etnica,

l'orientamento sessuale, il titolo di studio e così via.

Di conseguenza anche la variazione assume un carattere eterogeneo e dinamico in quanto

può interessare diverse dimensioni. Generalmente i sociolinguisti sono concordi

nell'affermare l'esistenza di diversi assi di variazione e condividono la classificazione sotto

riportata (D'Achille, 2003). Per una maggiore esaustività ogni tipo di variazione è affiancato

da esempi concreti, tratti dalla lingua italiana.

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1. Variazione diacronica

Questa variazione è legata alla dimensione temporale. Si tratta di mutamenti linguistici

che con il passare del tempo si propagano, generalmente prima nel parlato e dopo anche in

forma scritta. Tale variazione può essere causata sia da fattori interni alla lingua

(grammaticalizzazione e lessicalizzazione) sia da fattori esterni (prestiti ed interferenze da

altre lingue). Sembra opportuno operare un ulteriore distinguo: infatti, i fenomeni appena

menzionati non si sviluppano tutti nello stesso arco di tempo. Per esempio, pensando alla

rapidità della diffusione di alcuni prestiti, è possibile affermare che la variazione legata al

lessico non richiede tempi lunghi; viceversa fenomeni responsabili di modifiche nella

grammatica si verificano tra una generazione e l'altra, se non addirittura in tempi superiori.

GrammaticalizzazioneIl verbo “venire” in taluni casi diventa ausiliare del passivo sostituendo così il verbo essere (es. la bambina viene pettinata dalla nonna).

Lessicalizzazione

Alcune parole perdono il loro significato originario e assumono nuove forme sviluppando nuovi significati (es. “affresco” derivato dall'espressione dipingere a fresco).

PrestitiAlcune parole provenienti da lingue straniere vengono introdotte senza essere adattate alla lingua d'arrivo (es. single, trend, cocktail, ecc.).

Tabella 2-3: La variazione diacronica

2. Variazione diatopica

Questa variazione è legata alla dimensione geografica. Essa può determinare differenze

appena percettibili oppure cambiamenti molto sensibili sino al punto di compromettere

l'intercomunicabilità tra parlanti di una stessa lingua ma di due provenienze geografiche

diverse.

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Nordes. attaccapanni, appendiabiti, omino, ometto

Toscana

e alcune zone del Centro-Sud

es. gruccia

Roma

e alcune zone del Nord e Centro-Sud

es. stampella

Sud es. croce, crocetta, appendino

Tabella 3-3: La variazione diatopica

3. Variazione diastratica

Questa variazione è legata ai fattori sociali che caratterizzano i partecipanti all'evento

comunicativo. Tra questi si ricordino: la posizione sociale, la condizione economica, il livello

d'istruzione, il genere e l'età. All'interno del contesto sociale ognuno presumibilmente è

inserito in una sorta di rete di relazioni all'interno della quale vengono condivisi tratti

comuni.

Scritto Parlato

Italiano standardes. anno (cronolog.), la radio, cielo, scelta

es. persuadére, centrìfuga, psicologo

Italiano popolare

(o dei semicolti)

es. hanno (cronolog.), l'aradio, celo, scielta

es. persuàdere, centrifùga, pissicologo

Tabella 4-3: La variazione diastratica

4. Variazione diafasica

Questa variazione è legata al contesto comunicativo, all'argomento trattato, ai destinatari

coinvolti. In base al tipo di situazione la comunicazione può essere caratterizzata da un

registro formale, piuttosto che informale. Inoltre, per precisi obiettivi professionali, possono

essere impiegati anche particolari sottocodici e linguaggi settoriali.

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Registro alto es. timore, spavento

Registro neutro es. paura

Registro basso es. fifa, strizza

Tabella 5-3: La variazione diafasica

5. Variazione diamesica

Questa variazione è legata al mezzo che veicola la comunicazione. Infatti lo strumento

utilizzato può essere responsabile di alcune peculiarità in termini di contenuto e di forma.

Tradizionalmente le categorie contemplate sono due: lo scritto e il parlato. A queste è stato

aggiunto un canale intermedio, quello del trasmesso: quest'ultimo è caratterizzato dal fatto

che il messaggio, sia esso in forma parlata o scritta, viene comunicato a distanza.

Parlato Esempi: te come stai? lui/lei, loro, questo ...qui, 'sera, 'nsomma, son partito, meteorologia, areoporto, non sapevo chi era, ha nevicato, non fa niente

ScrittoEsempi: tu come stai? egli/ella, essi, questo, buonasera, insomma, sono partito, meteorologia, aeroporto, non sapevo chi fosse, è nevicato, non ha importanza

Tabella 6-3: La variazione diamesica

Il tipo di canale comunicativo utilizzato naturalmente si rivela influente anche nell'ambito

delle lingue dei segni. Allo stadio attuale, poiché la forma scritta è limitata solamente al

contesto accademico e sperimentale, i canali a disposizione della maggior parte dei Sordi

sono quello “parlato” (in questo caso orale, ovvero in presenza di segnante e

interlocutore/interlocutori) e quello trasmesso. Quest'ultimo, grazie anche alle recenti novità

in campo tecnologico, sta riscuotendo un interesse sempre maggiore da parte della comunità

di segnanti, basti pensare al telegiornale segnato da giornalisti Sordi o da interpreti LIS, alle

videochattate mediante la webcam e all'utilizzo del videotelefonino per la comunicazione

quotidiana.

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3.2.2 La variabile sociolinguistica

La variabile sociolinguistica, come afferma Berruto (1997), è definibile come “ogni insieme

di modi alternativi di dire la stessa cosa”. In altre parole, si tratta dell'astrazione di un

fenomeno linguistico che tende a realizzarsi attraverso forme diverse, dette appunto

“varianti” (una variabile è pertanto un insieme di varianti). Queste differenze nella

realizzazione possono avere precise motivazioni linguistiche e sociali. La ricerca

sociolinguistica si prefigge l’obiettivo di analizzare i vari contesti in cui il fenomeno

linguistico presenta variazione. Studiando la distribuzione di queste forme diverse si tenta

così di scoprire se si tratta di equivalenza funzionale oppure di vere e proprie differenze

nell’uso.

Le variabili sociolinguistiche non vengono fissate ad libitum, al contrario devono

sottostare a precise restrizioni. Così come sostenuto da Labov (cit. in Berruto, 1997), tutte le

variabili sociolinguistiche devono:

• ricorrere con una frequenza elevata;

• sfuggire al controllo conscio dei soggetti intervistati;

• inserirsi all'interno di una struttura linguistica più ampia;

• essere quantificabili su scala lineare.

C’è un aspetto ulteriore che in origine non era menzionato ma su cui oggi si discute molto:

si tratta della consapevolezza. Una volta descritto il fenomeno la comunità dovrebbe essere

in grado di riconoscerlo come tratto distintivo. Ciò dovrebbe costituire una sorta di verifica

ulteriore dello studio sociolinguistico.

Dopo aver stabilito cosa si intende per variabile, è opportuno qui ripercorrere le fasi

salienti di uno studio sociolinguistico al fine di chiarirne il processo metodologico (cfr.

Tagliamonte, 2006). Innanzitutto occorre identificare due o più espressioni che, pur avendo

una comune forma sottostante, variano nell’uso della lingua. Successivamente si prendono in

esame tutti i contesti in cui tali varianti compaiono nel tentativo di notare differenze nel

significato e nella funzione linguistica, malgrado queste differenze possano sembrare molto

fini. L’intero campione di dati deve essere preso in considerazione, pertanto il linguista non

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può escludere a priori alcune realizzazioni della variante studiata. Infine, l'applicazione di

metodi di calcolo statistico possono porre a confronto dati provenienti da contesti diversi,

soppesare l'influenza esercitata da uno o più fattori linguistici e non e, infine, tracciare

proiezioni utili per la ricerca futura.

3.2.3 La sociolinguistica quantitativa

All'inizio del presente capitolo sono state introdotte le due principali correnti sviluppatesi

all'interno della sociolinguistica: il correlativismo e il funzionalismo. Questi due diversi

approcci si distinguono non solo per i presupposti teorici ma anche per la metodologia

operativa. Secondo quanto descritto da Berruto (1997) la prospettiva funzionalista predilige

un lavoro di tipo qualitativo, volto a ricostruire i meccanismi di interazione verbale e le

strategie attraverso le quali gli individui attribuiscono significato alle produzioni linguistiche

contestualizzandole alla situazione comunicativa. L'altra prospettiva, quella correlativista,

opera con metodi quantitativi, ovvero analizza i dati linguistici autentici tentando di

individuare correlazioni tra variabili linguistiche e sociali attraverso precisi metodi statistici.

A tal proposito si fa spesso riferimento al concetto di “sociolinguistica quantitativa” per

indicare l'analisi di campioni di dati sufficientemente rappresentativi e il correlato studio

statistico di distribuzioni e frequenze (Vietti, 2005). Il punto di partenza di un'indagine di

questo tipo è sempre costituito dal “corpus” (corpora al plurale), ossia la raccolta del

materiale linguistico autentico che si intende analizzare. Le diverse realizzazioni linguistiche,

che come visto prima non sono mai casuali, costituiscono alternative discrete che possono

essere inserito all'interno di un modello quantitativo. In base all'osservazione dei dati a

disposizione il sociolinguista tenta di verificare se la presenza o assenza di determinati fattori

possa esercitare un'influenza sulla variazione linguistica presa in considerazione. Una

distinzione concettuale che occorre tenere a mente anche in vista dei paragrafi successivi è la

seguente:

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• Variabile dipendente

Rappresenta l'oggetto di studio dell'analisi quantitativa. Si tratta di un

parametro linguistico il quale può indurre un soggetto ad utilizzare una

variante piuttosto che un'altra (Lucas, 2001). In questo caso si parla anche di

“restrizione interna” in quanto l'aspetto coinvolto è di natura strettamente

linguistica e può riguardare un suono, una configurazione, una struttura

sintattica, ecc.

• Variabile indipendente

Consiste in un fattore di tipo linguistico oppure sociale che può esercitare una

qualche influenza sulla realizzazione della variabile dipendente. Può essere

chiamata anche “restrizione esterna”.

Infine, è opportuno sottolineare che il dato numerico e i valori statistici non sono l’oggetto

finale dello studio, bensì costituiscono la base per una successiva interpretazione di fenomeni

linguistici.

3.3 La sociolinguistica applicata alle lingue dei segni

Le prime pubblicazioni sulla linguistica delle lingue dei segni risalgono agli anni sessanta

negli Stati Uniti (Stokoe, 1960) e agli anni ottanta in Italia (Volterra, 1987). Gli studi sulle

lingue dei segni secondo approcci quantitativi costituiscono un ambito di ancor più recente

applicazione. Il ritardo nella ricerca su questo fronte non implica un limitato campo

d'indagine, anzi. Così come le lingue parlate, anche le lingue dei segni mostrano al loro

interno molteplici fenomeni di variazione sociolinguistica. Per citare solo alcuni esempi

concreti si fa qui riferimento ai punti delineati da Johnston (2010):

• Variazione fonologica. Esempio: la variazione nel parametro del luogo relativo al

segno NAME nella lingua dei segni australiana (AUSLAN).

• Variazione lessicale. Esempio: le diverse realizzazioni lessicali per indicare il nono

numero cardinale nella lingua dei segni neozelandese (NZSL).

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• Variazione sintattica. Esempio: l'utilizzo del pronome soggetto nullo o realizzato nella

lingua dei segni inglese (BSL).

• Variazione di codice. Esempio: lo studio sulla commistione di diversi codici linguistici

all'interno di enunciati nella lingua dei segni americana (ASL).

Per un dettagliato confronto sulle unità di variazione riscontrabili nelle lingue parlate e

segnate si rimanda alla lettura del lavoro di Conte (2009: 20-29).

Così come avviene per le lingue parlate, anche coloro che si dedicano alla ricerca sulle

variazioni sociolinguistiche delle lingue dei segni prendono in considerazione possibili

fattori linguistici e sociali. Volendo aprire una breve parentesi sui primi si può pensare, per

esempio, di analizzare fenomeni di assimilazione o coarticolazione osservando come

vengono realizzati i segni contestuali (precedenti o susseguenti la variabile in esame). Altri

fattori che potrebbero risultare influenti sono la frequenza lessicale, la classe grammaticale, la

posizione di un elemento all'interno dell'enunciato, la presenza di impersonamento e cambi

di referenza.

Per quanto concerne i fattori sociali si pensi alla provenienza geografica, all'età, al genere e

a tutti gli altri aspetti valutati anche per le lingue parlate (cfr. par. 3.2.1). Tuttavia in questa

categoria vengono contemplati anche alcuni aspetti extralinguistici che valgono solamente

per il contesto specifico delle lingue dei segni. Per esempio è importante conoscere il contesto

familiare in cui il Sordo è cresciuto: il fatto di avere genitori o parenti stretti segnanti può

essere indicatore di un segnato fluido, spontaneo e ricco dal punto di vista strutturale e

lessicale. Rilevante è anche il tipo di educazione scolastica ricevuta (istituti residenziali per

sordi, progetti di bilinguismo, inserimento in scuole pubbliche): il fatto di essere o non essere

stati a contatto quotidianamente con coetanei segnanti può indicare il livello di competenza

linguistica della persona intervistata. Pertanto, informazioni relative al contesto familiare e

scolastico risultano variabili specifiche per i Sordi in quanto sono fondamentali per

individuare l'età di acquisizione della lingua dei segni ed il livello di competenza raggiunto.

Nelle sezioni successive si riepiloga brevemente uno studio americano su un fenomeno di

variazione sintattica e si fa il punto della situazione sulla ricerca sociolinguistica in Italia

riassumendo i risultati sinora pubblicati.

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3.3.1 Studi sociolinguistici in riferimento all'ASL

Gli studi precedenti relativi ai pronomi nulli

Nel libro intitolato “Sociolinguistic Variation in American Sign Language” (2001), Lucas e

colleghi riportano le principali considerazioni fatte nell'ambito della sociolinguistica

dell'ASL, a partire dalle prime osservazioni sulla variazione lessicale sino alle più recenti

novità pubblicate in riviste specializzate. Ciò che risulta più interessante riportare in questo

paragrafo è la sezione dedicata alla variazione sintattica, in particolare ai pronomi nulli

(Lucas et al, 2001: cap.7). Per approfondire questo aspetto linguistico gli autori introducono la

tradizionale suddivisione dei verbi dell'ASL, qui descritti in breve:

• verbi piani: utilizzano lo spazio per scopi non grammaticali bensì articolatori;

• verbi direzionali: a seconda della direzione del loro movimento forniscono

informazioni sul soggetto e sull'oggetto coinvolti nell'azione;

• verbi locativo-spaziali: generalmente denominati verbi classificatori, fanno uso

di una configurazione che rappresenta alcuni aspetti della forma e della

dimensione dell'oggetto coinvolto e di un movimento che viene realizzato

nello spazio neutro tridimensionale.

Tale classificazione verbale è stata presa in considerazione dai linguisti che negli anni

precedenti si sono dedicati alla disamina dei pronomi nulli in ASL. Nella letteratura è emerso

che nel caso dei verbi direzionali la presenza dei pronomi non realizzati fonologicamente è

motivata da relazioni di accordo verbale, esattamente come in italiano e in spagnolo. Con i

verbi piani la situazione è apparsa controversa per il fiorire di diverse ipotesi e

considerazioni teoriche. Lillo-Martin (1986) ha proposto che i pronomi nulli in ASL,

similmente a quelli in cinese, siano legati alla presenza di topic. Questa visione ha lasciato

perplesso Bahan (1996), il quale ha ipotizzato un accordo marcato da un opzionale torsione

del busto del segnante in direzione del referente coinvolto nell'azione. Una terza opzione è

offerta dallo stesso autore e consiste nell'assegnare ad un lieve movimento della testa la

funzione di marcatore di accordo sintattico nei confronti del soggetto dell'enunciato.

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Lo studio variazionista di Lucas e colleghi

Prima dello studio condotto da Lucas e colleghi, la differenza nell'uso di pronomi

realizzati e di pronomi nulli nell'ASL non è mai stata esaminata da un punto di vista

quantitativo-variazionista. Il primo passo è stato quello di raccogliere i dati per ottenere un

corpus linguistico sufficientemente significativo: sono stati selezionati i filmati di 19 sordi

americani caratterizzati da eterogeneità nell'età, nel genere, nella provenienza geografica ed

etnica e nella classe sociale. L'analisi si è concentrata sulle loro produzioni individuali,

ovvero narrazioni libere senza un argomento preconcordato. Per ciascun filmato il gruppo di

ricerca ha estratto i primi 15 casi di pronomi realizzati e pronomi nulli. I fattori assunti come

variabili indipendenti extralinguistiche e linguistiche sono riassunti nei seguenti elenchi.

Variabili extralinguistiche:

1. Età (valori: da 15 a 25 anni, da 26 a 54 anni, da 55 anni in poi).

2. Genere (valori: maschile, femminile)

Variabili linguistiche:

1. Coreferenza con il soggetto della frase precedente (valori: coreferente o non

coreferente).

2. Persona (valori: prima, seconda, terza).

3. Numero (valori: singolare, plurale).

4. Forza della frase (dichiarativa, interrogativa del tipo sì/no, interrogativa del

tipo wh, condizionale, ecc.).

5. Impersonamento (valori: assenza o presenza di impersonamento).

6. Influenza della lingua inglese, lingua che non ammette pronomi nulli (valori:

assenza o presenza di influenza da parte dell'inglese).

I risultati

Dallo studio variazionista è risultato che nel corpus a disposizione solo il 35% dei soggetti

pronominali è realizzato con segni manuali. Grazie al programma di analisi statistica

VARBRUL (per approfondimenti cfr. par. 3.4.5) è emerso che la presenza del pronome

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soggetto in concomitanza con i verbi piani è determinata da tutti fattori sopra elencati, sia

linguistici che non. La forza della frase non è stata inclusa in questa fase dell'analisi a causa

della quasi totalità di frasi dichiarative. In base ai risultati ottenuti gli autori hanno concluso

che i fattori che più incoraggiano la produzione di pronomi soggetto sono: l'influenza

dell'inglese, il cambiamento di referenza tra una frase e l'altra, l'utilizzo del pronome di

prima persona singolare (tale forma, infatti, non è generalmente sostituibile con full NP),

l'assenza di impersonamento, il genere femminile e l'ultima fascia di età (dai 55 anni in poi).

Esplorare le variabili responsabili della variazione nell'utilizzo di pronomi realizzati e

nulli ha permesso a Lucas e colleghi di concludere che tale fenomeno linguistico si verifica in

modo sistematico. Inoltre, mentre i fattori linguistici rintracciati appaiono simili a quelli

emersi negli studi variazionisti sulle lingue vocali, i fattori sociali trovano una motivazione

specifica nel contesto socioculturale della comunità Sorda americana.

3.3.2 Studi sociolinguistici in riferimento alla LIS

Il “Progetto Corpus LIS”

Come specificato in precedenza, al fine di poter intraprendere l'indagine da un punto di

vista quantitativo è necessario disporre di una grande quantità di dati. In altre parole, il

primo passo da fare è ottenere un corpus sufficientemente ampio che consenta di analizzare

statisticamente il fenomeno preso in considerazione nelle sue variazioni linguistiche,

geografiche e sociali.

I dati utilizzati per lo studio descritto nell'ultimo paragrafo del presente capitolo

provengono da un più ampio progetto di ricerca, denominato “Progetto Corpus LIS”, che

mira ad indagare la variazione sociolinguistica all'interno della comunità Sorda italiana. Tale

iniziativa, sostenuta dai fondi del PRIN (Programmi di ricerca di Rilevante Interesse

Nazionale), ha avuto inizio nell'ottobre del 2008 grazie ad un team di ricercatori udenti e

sordi. Il lavoro nel suo complesso risulta coordinato da tre università italiane, ovvero:

• Università “La Sapienza” di Roma, facoltà di Scienze della Comunicazione

(investigatore principale: Caterina Donati);

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• Università “Bicocca” di Milano, facoltà di Psicologia

(investigatore principale: Carlo Cecchetto);

• Università “Ca’ Foscari” di Venezia, facoltà di Lingue e Scienze del Linguaggio

(investigatore principale: Anna Cardinaletti).

All'interno del progetto è stato coinvolto anche l'Ente Nazionale Sordi (d'ora in poi ENS),

che ha messo a disposizione i locali di numerose sedi provinciali (Bari, Bologna, Brescia,

Catanzaro, Firenze, Milano, Ragusa, Roma, Salerno, Torino). In queste dieci città italiane,

grazie alla collaborazione di persone sorde locali, sono stati intervistati circa 180 segnanti,

nativi o tardivi. Questi sono stati sottoposti ad alcune attività da svolgere individualmente, a

coppie e a gruppi di tre persone. Nello specifico, di seguito viene illustrato in dettaglio il

programma previsto da ciascuna sessione sperimentale:

Intervista

individuale

Per la durata di circa cinque minuti il segnante intervistato è libero di raccontare una propria esperienza personale legata alla scuola, alla famiglia, al lavoro o quant'altro. Altrimenti può optare per la descrizione di un fatto di qualsiasi altra natura.

Denominazione

di immagini

Al soggetto viene chiesto di produrre i segni corrispondenti a 42 immagini. Le entrate lessicali elicitate appartengono a diversi campi semantici: i colori, i mesi, i componenti della famiglia, i classificatori, i segni con inizializzazione, quelli corrispondenti a parole in dattilologia, i segni composti e quelli sensibili a cambiamenti diacronici.

Elicitazione

domanda-risposta

Tale compito mira a testare in particolare la costruzione di strutture interrogative e si avvale dell'utilizzo di materiale visivo con scarsa presenza di italiano scritto. A uno dei due segnanti coinvolti viene mostrata la scena di un incidente stradale, mentre all'altro viene chiesto di raccogliere le informazioni necessarie per ricostruire l'incidente e per compilare una sorta di constatazione amichevole.

Conversazione

libera

A tre persone del medesimo gruppo di età viene chiesto di dialogare senza specifiche consegne per circa 45 minuti. Ciascun partecipante viene registrato con una videocamera a lui/lei dedicata.

Tabella 7-3: Fasi della sessione sperimentale di lavoro ideata per il "Progetto Corpus LIS"

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Tutte le interviste effettuate nell'ambito del progetto sono state registrate con videocamere

digitali e, di conseguenza, sono stati ottenuti video in formato mpg2.

L'intera sessione sperimentale, dalla durata media di circa tre ore, oltre a prevedere la

successione delle quattro attività appena esposte, ha contemplato anche alcuni intervalli che

sono serviti per somministrare ai partecipanti dei questionari. Grazie a questi ultimi sono

state raccolte informazioni di tipo biografico sui segnanti, ovvero i dati extralinguistici utili ai

fini dell'indagine sociolinguistica.

Il processo che ha previsto la raccolta dei dati e la trascrizione degli stessi ricalca studi

precedenti sulla variazione linguistica dell'ASL (Lucas, Bayley e Valli 2001) e dell'AUSLAN

(Johnston e Schembri 2006), anche se si sono resi necessari accorgimenti per adattare il lavoro

al contesto italiano (Geraci et al, 2010).

Aspetti metodologici e risultati preliminari

L'esperienza del progetto appena descritto, che si è conclusa con la creazione di un corpus

di dati in LIS, è stata riepilogata in un articolo in lingua inglese (Geraci et al, 2010). Questa

pubblicazione, oltre a divulgare informazioni generali relative al lavoro svolto, ha segnalato

l'introduzione di alcuni particolari aspetti innovativi. Tra questi si citano l'utilizzo di una

videocamera per registrare le produzioni di ogni singolo partecipante, la programmazione di

sessioni sperimentali maggiormente strutturate con l'obiettivo di elicitare particolari

costruzioni linguistiche ed, infine, l'organizzazione del lavoro in diverse fasi grazie

all'utilizzo di ELAN quale software di annotazione (cfr. par. 3.4.2).

Inoltre lo stesso articolo introduce alcuni risultati preliminari ottenuti nell'ambito della

distribuzione dei pronomi interrogativi. Altri campi esplorati con lo stesso approccio teorico

e con la stessa metodologia operativa sono: la variazione fonologica dei segni con

configurazione G, la distribuzione del sollevamento delle sopracciglia e la variazione

lessicale. Di seguito sono presentate brevemente le indagini quantitative appena menzionate.

Tuttavia, per accedere a informazioni più dettagliate, a risultati più precisi e alle conseguenti

implicazioni linguistiche, si suggerisce di attingere direttamente alle fonti originali.

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• La distribuzione dei pronomi interrogativi (Geraci et al, 2010)

Per questo studio è stata utilizzata l'elicitazione domanda-risposta, compito che ha

permesso di analizzare il maggior numero di strutture interrogative. Dopo aver segmentato

le unità frasali presenti nel corpus, gli annotatori hanno trascritto in glosse l'enunciato

contenente l'elemento wh-, l'enunciato precedente e l'eventuale risposta dell'interlocutore.

Ciascun token è stato associato con le corrispondenti informazioni linguistiche (posizione del

pronome interrogativo nella frase, tipo di frase, funzione grammaticale e tipologia

dell'elemento wh) ed extralinguistiche.

Dal confronto dei risultati provenienti da tre città italiane (Torino, Bologna e Bari) è

emerso che la tendenza generale è quella di collocare il pronome interrogativo alla fine della

frase, ossia nella periferia destra. Un fattore sociale che si è rivelato statisticamente

significativo è stato quello relativo all'età: infatti, dagli anziani ai giovani passando per i medi

si assiste ad un progressivo decremento di elementi wh- in posizione preverbale. Questo

fenomeno di riduzione sembra essere compensato dall'aumento dei pronomi interrogativi in

posizione postverbale e in posizione reduplicata nel gruppo dei giovani.

• La distribuzione del sollevamento delle sopracciglia (Conte et al, 2010)

Il compito ritenuto utile per indagare la distribuzione delle marche non manuali nella

fattispecie del sollevamento delle sopracciglia è stato il racconto individuale. I partecipanti

selezionati dalla banca dati sono stati sedici segnanti torinesi distribuiti omogeneamente per

genere ed età. Il lavoro svolto grazie ad ELAN è constato di diverse fasi: identificazione ed

annotazione dei sollevamenti delle sopracciglia, trascrizione delle frasi di riferimento,

selezione della funzione linguistica esercitata delle marche non manuali precedentemente

individuate e assegnazione di glosse ai singoli segni prodotti all'interno delle frasi.

Una prima analisi dei risultati ha permesso di osservare che il sollevamento delle

sopracciglia è maggiormente utilizzato dai segnanti anziani e dai segnanti di sesso maschile.

Per quanto riguarda le funzioni linguistiche, i dati dimostrano che queste marche sono state

prodotte dagli intervistati per esprimere soprattutto focus e topic. Inoltre, dalla successiva

analisi quantitativa è emerso che il fattore relativo all'età risulta influente sulla variazione

presa in esame: da una parte i giovani sollevano le sopracciglia con maggiore frequenza per

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marcare informazioni di focus, dall'altra gli anziani si distinguono dagli altri due gruppi di

età per un maggior utilizzo del sollevamento delle sopracciglia come marcatore di attitudine.

• La variazione fonologica dei segni con configurazione G (Geraci et al, 2010)

Le particolarità di questo studio consistono nell'organizzazione gerarchica dei livelli di

annotazione e nella costruzione di un vocabolario controllato. I primi due livelli sono

dedicati alla trascrizione del segno con la configurazione G, del segno precedente e di quello

successivo. Tre livelli sottostanti e dipendenti forniscono informazioni fonologiche circa la

mano dominante e l'articolazione del segno precedente e di quello successivo. In un ulteriore

livello viene esplicitata la classe grammaticale del segno oggetto d'indagine. Questa codifica

particolareggiata ha il vantaggio, già in fase di annotazione, di predisporre i dati ad essere

estratti ed analizzati secondo un approccio quantitativo.

Risultati relativi alla variazione fonologica dei segni con configurazione G sono attesi in

quanto non ancora disponibili.

• La variazione lessicale (Battaglia et al, 2010)

Il corpus costruito con l'obiettivo di studiare la variazione lessicale nella LIS ha visto la

partecipazione di 95 soggetti provenienti da sei città italiane (Brescia, Bologna, Firenze,

Roma, Salerno e Ragusa). Il compito selezionato è stato quello di denominazione di

immagini: in particolari sono stati presi in considerazione nove item (BRAVO, CAFFÈ,

CAPIRE, CASA, COMPLEANNO, DONNA, FORMAGGIO, INTELLIGENTE e VEDERE).

I dati raccolti hanno dimostrato che “le varianti a diffusione nazionale sono ben

rappresentate nel repertorio lessicale dei segnanti e che le varianti locali rappresentano una

piccola minoranza”. La successiva analisi quantitativa, evidenziando la significatività di

fattori diacronici e diatopici quali l'età e la provenienza geografica, ha posto le basi per

ipotizzare un graduale fenomeno di standardizzazione lessicale. Nello specifico le varianti

locali tendono a resistere maggiormente nei segnanti anziani mentre i giovani sembrano

favorire le varianti nazionali. Dal punto di vista geografico, invece, i segnanti del Nord e del

Sud prediligono in misura maggiore le proprie varianti locali, mentre nelle zone centrali

vengono utilizzate più frequentemente le varianti a diffusione nazionale.

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3.4 La distribuzione degli aggettivi in LIS: uno studio quantitativo

Con il presente paragrafo la trattazione entra nel vivo della fase sperimentale che, sulla

base dei presupposti teorici e delle pubblicazioni finora esposti, vuole analizzare e descrivere

la distribuzione degli aggettivi in LIS seconda una prospettiva quantitativa.

La presentazione del lavoro, per ragioni di chiarezza espositiva, è qui suddivisa nei

seguenti punti chiave:

• La costruzione del corpus dei dati

• L'annotazione e la codifica dei dati: ELAN

• L'indice dei dati: Excel

• La distribuzione dei dati

• L'analisi quantitativa dei dati: VARBRUL

Infine, la presentazione dei risultati statistici offre lo spunto per alcune considerazioni

conclusive sulla variazione sociolinguistica oggetto di studio.

3.4.1 La costruzione del corpus di dati

Come prima più volte accennato, la materia prima che permette di studiare un fenomeno

linguistico secondo una prospettiva quantitativa è costituita da un corpus di dati da

analizzare. Il presente studio sfrutta parte del materiale linguistico messo a disposizione dal

“Progetto Corpus LIS” (cfr. par. 3.3.2).

In particolare dalla banca dati sono stati scelti 49 segnanti provenienti da tre città collocate

nel territorio in modo tale da offrire una panoramica il più rappresentativa possibile del

Paese:

• Torino per il settentrione;

• Firenze per il centro;

• Salerno per il meridione.

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Tuttavia l'eterogeneità dei partecipanti non si limita alla sola provenienza geografica. Con

l'obiettivo di controllare tutti quei fattori sociali non linguistici che possono influenzare la

variazione sociolinguistica sono state considerate le informazioni ricavate dai questionari che

ciascun segnante ha compilato. Nel sottoparagrafo successivo verranno approfondite le

variabili in questione e le motivazioni che hanno portato alla selezione delle stesse.

Per ciascun segnante non è stato preso in considerazione l'intero protocollo sperimentale

comprendente quattro diverse attività (cfr. par. 3.3.2), bensì soltanto quel compito che potesse

garantire il massimo grado di libera espressione, ovvero l'intervista individuale.

I filmati ottenuti, originariamente in formato video mpeg2, sono stati tutti convertiti in

formato Flash Video File per avere una migliore compatibilità con il sistema operativo in uso

e per consentire una corretta visualizzazione fotogramma per fotogramma. Per eseguire tale

operazione è stato utilizzato un programma di conversione gratuito e scaricabile dalla rete,

Any Video Converter.

Al fine di rendere più agevole il recupero di informazioni sui segnanti è stato necessario

attribuire ai file degli pseudonimi (Tagliamonte, 2006). Così, ogni video è stato intitolato con

una sigla che, attraverso pochi caratteri, ha permesso di risalire immediatamente ad

informazioni quali la provenienza geografica, il gruppo di età e l’ordine di registrazione: per

esempio, al primo segnante anziano di Torino è stata associata l’etichetta “TO A 1”. Questo

sistema di pseudonimi si è rivelato utile in quanto ha permesso, durante le varie fasi di

lavoro, di identificare in breve tempo tutti i filmati.

Variabili indipendenti extralinguistiche

• Genere : maschile, femminile.

I partecipanti risultano piuttosto omogeneamente suddivisi tra i due generi. Il fatto di

registrare comportamenti linguistici diversi a seconda del genere dell'intervistato può variare

da cultura a cultura. Per esempio, all'interno della comunità Sorda, è possibile registrare una

variazione sociolinguistica sensibile tra uomini e donne qualora nello stesso territorio la

popolazione femminile e quella maschile abbiano frequentato istituti diversi e siano pertanto

entrati in contatto con microcomunità linguistiche differenti.

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• Età : giovani (dai 18 ai 30 anni), medi (dai 31 ai 54 anni) e anziani (dai 55 anni in poi).

Questi gruppi di età presumibilmente riflettono le politiche educative per i sordi adottate

negli ultimi 70 anni in Italia. Un importante spartiacque è costituito dal 1977, anno nel quale

è entrata in vigore la legge n. 517/77 che ha consentito ufficialmente l’ammissione dell’alunno

sordo o con altra disabilità all'interno delle classi comuni. Di fronte alla possibilità di

scegliere per il proprio figlio molte famiglie hanno optato per la scuola pubblica non-

residenziale condannando, così, la maggior parte degli istituti speciali a chiudere per

mancanza di iscrizioni. Pertanto il fattore dell'età può determinare variazione

sociolinguistica: il gruppo degli anziani ha frequentato le scuole residenziali, quello dei medi

era in età scolare durante il periodo di transizione tra i due sistemi educativi ed, infine, il

gruppo dei giovani è costituito da sordi che per lo più hanno frequentato la scuola pubblica.

• Provenienza geografica : Torino (nord), Firenze (centro) e Salerno (sud).

I partecipanti selezionati provengono dal settentrione, dal centro e dal meridione per

offrire la possibilità ad eventuali variazioni diatopiche di emergere nell'analisi. Inoltre, la

scelta di Torino, Firenze e Padova è sostenuta dal fatto che queste tre città hanno ospitato o

tuttora ospitano scuole residenziali per sordi. Infatti, secondo le fonti del sito internet sulla

storia dei sordi14 a cura di Franco Zatini, alcuni istituti hanno cessato ogni attività didattica

mentre altri sono attualmente ancora operativi:

TO

RIN

O Istituto dei

sordomuti in

Torino

(fondato nel 1816)

La prima scuola per sordi a Torino applicò il metodo mimico-gestuale sposando la visione dell'abate Ottavio Assarotti e successivamente dovette inserire nella didattica anche il metodo orale per le decisioni approvate al Congresso degli Educatori di Milano (1880).

Il 1965 ha segnato il trasferimento delle attività nella sede di Pianezza, struttura tuttora in attività.

14 www.storiadeisordi.it

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Educatorio

Lorenzo Prinotti

(fondato nel 1881)

Questo secondo istituto di Torino sorse grazie all'opera del sacerdote Lorenzo Prinotti. Il metodo educativo era misto in quanto all'oralismo veniva affiancato il metodo mimico-gestuale.

Il calo di affluenza di alunni costrinse l'istituto a cessare le attività didattiche nel 1993 ma il Comune acconsentì a cedere una parte dell'immobile alla sezione provinciale dell'ENS di Torino che, nel 2000, riorganizzò le attività attraverso il “Village Prinotti Deaf”.

Istituto

Professionale di

Stato

“A. Magarotto”

(fondato nel 1954)

Per volere del cav. Giuseppe Granaglia fu aperta una scuola professionale, dapprima ad indirizzo solo meccanico poi anche amministrativo-commerciale. L'approccio adottato è quello della comunicazione totale (oralismo, lingua dei segni, gestualità, ecc.).

A partire da settembre 2000, l’I.P.S.I.A. di Torino assieme all'I.T.C.G. di Padova e all'I.P.S.I.A. di Roma fa parte dell’I.S.I.S.S., Istituto Statale di Istruzione Specializzata per Sordi.

FIR

EN

ZE

Istituto Nazionale

per i sordomuti in

Firenze

(fondato nel 1882)

Il primo istituto per sordi di Firenze fu fondato dalle autorità locali e da un gruppo di nobili; nei primi tempi fu diretto dal prof. Francesco Mangioni, amico di padre Tommaso Pendola.

Alla fine degli anni Sessanta l'istituto fu arricchito con la sezione femminile e con la scuola materna ma da lì a qualche anno tutte le attività didattiche cessarono a causa della diminuzione delle iscrizioni.

Istituto Gualandi

per i sordomuti e le

sordomute in

Firenze (fondato

nel 1885)

Il sacerdote Giuseppe Gualandi assieme al fratello Cesare fondò a Bologna nel 1849 un istituto per sordi con l'intento di creare una comunità all'interno della quale diffondere i valori cristiani. Grazie al sostegno di molti benefattori sorsero nuove sedi: a Roma nel 1884, a Firenze nel 1885, a Giulianova (Teramo).

Gli anni '90 segnarono la graduale riduzione delle attività all'interno degli istituti. Nel 2003 l'IPAB "Istituto Gualandi per sordomuti e sordomute" fu trasformato in Fondazione privata per poter continuare a lavorare a fianco delle persone sorde promuovendone una migliore qualità di vita.

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SA

LE

RN

OIstituto Filippo

Smaldone per

sordomuti in

Salerno (fondato

nel 1907)

Grazie al sacerdote Filippo Smaldone e alla Congregazione delle Suore Salesiane dei Sacri Cuori fu fondata una scuola per educare le ragazze sorde del territorio attraverso il metodo oralista. L'istituto, arricchito di numerosi laboratori per l'insegnamento professionale, accolse anche ragazzi sordi aprendo una sezione maschile.

L'istituto Smaldone è ancora in attività e nelle due sedi a disposizione ospita circa 200 alunni sordi (dalla scuola dell'infanzia a quella superiore di secondo grado).

Tabella 8-3: Rassegna degli istituti per sordi costruiti nelle città di Torino, Firenze e Salerno.

• Essere urbano : residente in città, residente fuori città.

Il fatto di abitare in un contesto urbano o meno può esercitare un'influenza linguistica sul

segnante. È diffusa la convinzione per cui ambienti rurali o comunque lontani dai grandi

centri abitati siano più conservatori mentre negli ambienti urbani, caratterizzati da maggiore

circolazione di persone, idee e merci, ci si aspetta maggiore propensione ad accogliere tratti

linguistici innovativi.

• Provenienza familiare : genitori sordi, parenti sordi, genitori udenti.

È doveroso includere questa variabile in quanto può essere indicativa del tipo di

acquisizione linguistica (segnante nativo o tardivo). A differenza delle lingue parlate, le

lingue dei segni non vengono spesso trasmesse all'interno del contesto familiare in quanto

soltanto il 5-10% dei bambini sordi nasce da genitori sordi e ha quindi la possibilità di

acquisire la lingua in un contesto naturale sin dai primissimi giorni di vita.

• Titolo di studio : scuola elementare, scuola media, scuola superiore o università.

Anche il titolo di studio e il livello culturale sono fattori che possono incidere sulla

produzione linguistica dei segnanti. Infatti, il fatto di possedere un determinato titolo di

studio comporta la condivisione di un certo bagaglio di esperienze, conoscenze e competenze

che a sua volta può trasparire nella lingua d'uso.

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• Classe lavorativa : operaio, impiegato, professionista, disoccupato.

Informazioni relative all'impiego professionale possono essere indicative dello status

socioeconomico dell'intervistato e conseguentemente di alcuni tratti linguistici. Nel gruppo

dei professionisti sono inclusi anche gli educatori e gli insegnanti di LIS, ovvero quelle figure

professionali che utilizzano la lingua dei segni anche in ambito lavorativo e che quindi con

una certa probabilità esercitano un maggiore controllo conscio sulle loro produzioni e sono

più propensi a scegliere varianti prestigiose.

• Esposizione a registri alti : altamente esposto, mediamente esposto, non esposto.

Questo parametro riguarda l'esposizione ai registri alti della lingua e conseguentemente il

loro utilizzo. Un'informazione ritenuta rilevante è quella riguardante eventuali incarichi

all'interno dell'ENS (presidente, vicepresidente, consigliere, responsabile, segretario, ecc.). In

fase di candidatura, per ottenere queste cariche, si presuppone che i sordi utilizzino un

registro linguistico formale al fine di esporre in segni le proprie idee e i propri progetti per il

futuro. Un altro fattore che può incrementare l'esposizione a registri alti è la visione di

telegiornali interpretati simultaneamente da interpreti LIS professionisti.

3.4.2 L'annotazione e la codifica dei dati: ELAN

Il software

Una volta generato un campione significativo di dati linguistici, il passo successivo è stato

quello di annotare le informazioni d'interesse al fine di rendere queste immediatamente

rintracciabili e utilizzabili per ricerche sempre più raffinate e precise. Tenendo in

considerazione che il corpus in questione è costituito da file video, lo strumento reputato più

adatto alla codifica di informazioni veicolate attraverso il canale visivo-gestuale è ELAN

(Linguistic Annotator).

Questo software, creato in Olanda all’istituto di psicolinguistica Max Planck di Nijmegen,

è gratuitamente scaricabile dal sito internet http://www.latmpi.eu/tools/elan/download.

L'obiettivo principale dei suoi ideatori è stato quello di offrire uno strumento funzionale a

quei ricercatori interessati di lingue dei segni o di gestualità in genere. Si tratta di un

software che permette non solo di creare annotazioni associate a file multimediali ma anche

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di operare modifiche, effettuare comparazioni ed eseguire ricerche.

La schermata principale del programma è così strutturata: nella sezione superiore appare

la finestra video che permette di visualizzare il filmato, nella sezione inferiore si vede il

pannello dedicato al visore di densità, alla timeline e alle annotazioni ed, infine, di lato è

possibile accedere al pannello tabs contenente il controllo delle velocità di riproduzione, il

controllo del volume oltre a varie modalità di visualizzazione delle annotazioni.

Protocollo di analisi

Prima di poter procedere all'annotazione vera e propria è stato necessario costruire un

protocollo di analisi specifico per il tema di ricerca prescelto: infatti, non esiste un unico

protocollo da manuale che possa essere valido per qualsiasi tipo di studio. Per il presente

lavoro è stato studiato un protocollo di ricerca da parte della sottoscritta, segnante udente

non-nativa, e del prof. Geraci, segnante udente nativo esperto di linguistica e di ELAN. Tale

supervisione si è resa indispensabile poiché ha permesso di intervenire in caso di lacune o

controversie di vario genere. Il protocollo elaborato contempla sia la variabile dipendente sia

una serie di variabili indipendenti che possono esercitare una qualche influenza sul

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Figura 1-3: Segnante TO M 1

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fenomeno preso in esame (cfr. par. 3.2.3). Inoltre viene stabilito a priori se è necessario o

meno escludere alcuni dati dall'analisi.

Variabile dipendente

• La posizione dell'aggettivo rispetto al nome : aggettivo prenominale (schema: AN),

aggettivo postnominale (schema: NA), aggettivo reduplicato (schema: ANA), nome

reduplicato (schema: NAN).

Variabili indipendenti linguistiche

• La distanza tra il nome e l'aggettivo : nome e aggettivo adiacenti, nome e aggettivo

divisi da un segno interposto, nome e aggettivo divisi da due o più segni interposti.

Si tratta di un parametro di tipo lineare che si limita a quantificare i segni prodotti tra le

due classi grammaticali prese in esame.

• Il valore predicativo dell'aggettivo : aggettivo predicativo, aggettivo non predicativo.

A differenza del punto precedente, tale parametro fornisce un'informazione strutturale in

quanto determina se l'aggettivo è inserito in una struttura copulativa (funzione predicativa)

oppure se lo stesso si trova all'interno del sintagma nominale (funzione attributiva o non

predicativa).

• Il tipo di frase : frase principale, frase subordinata, frase completiva.

L'informazione relativa alla tipologia frasale può essere d'aiuto per capire meglio il più

ampio contesto linguistico che comprende l'aggettivo.

• Il numero di aggettivi presenti all'interno del sintagma : un solo aggettivo, due o più

aggettivi.

La variabile che riguarda il numero di aggettivi nello stesso sintagma potrebbe rivelare

differenze di tipo linguistico. Inoltre, nel caso di aggettivi multipli, è possibile ricavare

informazioni sull'ordine interno degli aggettivi non predicativi.

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• La classe semantica dell'aggettivo : qualità, numero, possesso, misura, forma, colore,

nazionalità, materia.

Questo dato consente di verificare la distribuzione di aggettivi appartenenti a classi

semantiche diverse e conseguentemente di notare analogie e differenze.

• Il grado dell'aggettivo : grado positivo, grado comparativo, grado superlativo.

Anche la gradazione secondo la misura o l'intensità della qualità posseduta potrebbe

risultare rilevante nell'analisi della posizione dell'aggettivo.

Il template

I punti stilati secondo una prospettiva teorico-progettuale sono stati successivamente

trasformati in un template, ovvero una sorta di modello che funga da base comune per tutti i

file di annotazione. Il template, costruito in un linguaggio riconosciuto da ELAN, è un file

con estensione .etf.

Al suo interno sono compresi i seguenti elementi:

• “lynguistic types”, ovvero le impostazioni (proprietà e vincoli) relative ai vari

livelli di annotazione.

• “controlled vocabulary”, ovvero uno specifico inventario di annotazioni. Qualora

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Figura 2-3: A sinistra l'aggettivo GRANDE (grado positivo), a destra l'aggettivo GRANDISSIMO (grado superlativo).

L’immagine è tratta dal sito internet: http://www.grandionline.net/nicola/linguistica_generale/28ott_2nov.pdf

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venga impiegato un numero limitato di valori da immettere è conveniente inserire

nel vocabolario controllato questi stessi valori in modo sistematico e predefinito.

Una volta impostato tale inventario le opzioni possibili compaiono all'interno di

una tendina a scorrimento agevolando così le operazioni di annotazione.

• “tiers”, ovvero i livelli di annotazione, i quali possono essere sia del tutto

indipendenti che dipendenti da altri livelli.

Le fasi del lavoro di annotazione

La raccolta di dati multimediali utili per il corpus e la creazione del template hanno

gettato le basi per il lavoro con ELAN. Per ciascun segnante è stato deciso di individuare i

primi dieci aggettivi prodotti e di codificare le corrispondenti informazioni linguistiche.

Questo numero stabilito ha permesso di lavorare su un corpus sufficientemente ampio

rispettando così il criterio di frequenza (Tagliamonte, 2006): infatti, soltanto per due segnanti

sono stati individuati meno di dieci aggettivi lungo tutta la durata dell'intervista personale.

L'intero lavoro di annotazione ha seguito fasi omogenee:

1. Timeline: identificazione dei primi dieci aggettivi prodotti da ciascun segnante.

Grazie agli strumenti offerti dal programma, nella barra temporale, è stato segmentato lo

spazio compreso tra l’aggettivo e il relativo nome. Nel caso di aggettivi con nomi sottintesi, i

segni sono stati comunque identificati, segmentati e glossati; tuttavia non sono stati presi in

considerazione nel conteggio dei dieci aggettivi per segnante.

2. Livello Partecipant: trascrizione corrispondente all’aggettivo, al nome ed

eventualmente ai segni interposti.

3. Livello Glossa: segmentazione e trascrizione del solo aggettivo.

4. Livelli sottostanti dipendenti: analisi più fine delle informazioni linguistiche relative

all'aggettivo, che include sia la variabile dipendente (la posizione dell’aggettivo nei

confronti del nome) sia le variabili indipendenti, alcune delle quali di tipo macrostrutturale

(il numero di segni compresi tra l’aggettivo e il nome, il valore predicativo o non

predicativo, il tipo di frase e il numero di aggettivi), altre di tipo microstrutturali (la classe

semantica e il grado dell’aggettivo).

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Per una maggiore chiarezza espositiva si presenta di seguito la tabella che riassume

l'organizzazione gerarchica dei livelli di annotazione multipli utilizzati nel presente studio.

La trascrizione

Durante il lavoro di annotazione si è reso indispensabile lasciare tracce scritte che

potessero rimandare rapidamente ai corrispettivi segni. Tale operazione, denominata

“trascrizione”, determina una serie di implicazioni teoriche e pratiche, che conviene

considerare prima di procedere oltre.

Nello specifico, trascrivere segnali linguistici significa fornire una rappresentazione scritta

che sia sufficientemente descrittiva e quanto più fedele possibile rispetto all'input di partenza

(Mantovan, Celo, 2007). Non esiste un sistema di trascrizione che sia a priori classificabile

come il sistema migliore e che possa essere adottato all’unanimità dall’intera comunità

scientifica. Infatti, ogni ricerca è definita all'interno di determinati parametri e persegue

specifici obiettivi: pertanto, a seconda dell’oggetto di studio (aspetti fonologici, morfologici,

sintattici, testuali, pragmatici, ecc.), i linguisti potranno esprimere la loro preferenza per

alcuni piuttosto che per altri metodi di trascrizione. In Tagliamonte (2006) si pongono in

evidenza i due fini verso cui ciascun sistema di trascrizione dovrebbe tendere: da una parte

fornire un numero di informazione sufficientemente dettagliate per poter condurre

efficacemente l’indagine, dall’altra offrire un alto grado di accessibilità sia a chi trascrive sia a

chi legge.

Il presente lavoro, mirando alla disanima di un fenomeno prettamente sintattico, non ha

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Figura 3-3: Gerarchia dei livelli utilizzati per l'annotazione

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necessitato di trascrizioni particolareggiate dal punto di vista fonologico. Il metodo prescelto

è quello delle glosse e consiste nell’associare ad ogni segno prodotto una parola scritta di una

lingua vocale. In questo caso l’annotazione non ha lo scopo di far risalire alla corretta

esecuzione dei segni in questione, anche perché la glossa è sempre correlata alla porzione di

filmato che comprende il segno glossato.

Per convenzione sono state adottate glosse semanticamente neutre, ovvero declinate al

maschile singolare nel caso di nomi e aggettivi e coniugate all’infinito nel caso dei verbi. Nel

caso specifico degli aggettivi, l’adozione di forme neutre ha agevolato l’analisi sulla

frequenza delle singole entrate lessicali poiché ha interdetto qualsiasi influenza da parte

della morfologia flessiva dell’italiano. Al fine di far risaltare gli aggettivi sulle altre categorie

grammaticali è stato scelto di glossarli con caratteri maiuscoli.

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Figura 4-3: Segnante FI G 2

Glosse: DIFFICOLTÀ QUI MOLTO (= Le difficoltà qui sono molte)

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In breve si elencano di seguito le altre convenzioni grafiche adottate:

- le parentesi tonde indicano nomi sottintesi (es. PRIMA (volta));

- il trattino serve a segnalare che la trascrizione in italiano comprende due distinte

parole mentre il corrispondente segno in LIS è uno singolo (es. SEMPRE-UGUALE).

Un altro utilizzo del trattino suggerisce la presenza di un classificatore (es. CL-

FORMA);

- il simbolo IX rappresenta un indicale con funzione di pronome personale (IX_1

corrisponde alla prima persona, IX_2 alla seconda e così via);

- il punto interrogativo segnala un segno non identificato (?).

Inoltre, non sono stati adottati segni di interpunzione in quanto né la prosodia frasale né

tantomeno la distribuzione delle pause sono state ritenute rilevanti ai fini dell’indagine.

L'esclusione di dati

Nelle sezioni precedenti sono state illustrate le fasi che hanno portato all'analisi sistematica

delle diverse forme che possono dare origine a variazione sociolinguistica. Ciononostante

non sempre tutto il materiale identificato può essere esaminato ed analizzato. Un altro

compito dell'annotatore consiste nell'estromettere dall’indagine quei particolari contesti che

possono compromettere l'individuazione della variabile in esame (Tagliamonte, 2006).

I contesti che non hanno permesso di individuare informazioni utili o univoche sono

elencati ed esemplificati nell'elenco qui sotto riportato; inoltre, vengono offerte delucidazioni

in merito alle motivazioni che hanno portato alla loro esclusione.

1. Esclusione di elementi D-like. Gli aggettivi dimostrativi, a causa della loro possibile

omofonia con altre categorie grammaticali, quali pronomi personali e avverbi locativi,

avrebbero potuto rendere l’investigazione più complicata (es. bambino

QUELLO/lì/lui). Anche gli aggettivi interrogativi sono stati esclusi in quanto

coinvolgono strutture interrogative particolari che potrebbero incidere in modo

determinante sull'ordine dei segni (es. lavoro QUALE).

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2. Esclusione di aggettivi ripetuti in successione (es. IX1 PRECISO PRECISO PRECISO):

in questi casi l'aggettivo considerato è sempre stato il primo della serie. L'inclusione

delle forme ripetute avrebbe potuto compromettere l'analisi sulla frequenza.

3. Esclusione delle esitazioni e delle riformulazioni (es. FI M 6:

TREDICI/QUATTORDICI anno). L'elemento considerato è sempre stato il primo

prodotto.

A parte sono stati considerati gli aggettivi con nome sottinteso (es. PRIMO (volta)). In

questi casi non c'è stata un'esclusione a priori: i segni sono stati comunque annotati in ELAN

con l'obiettivo di individuare aspetti relativi alla frequenza delle entrate lessicali. Tuttavia,

poiché dagli aggettivi con nome sottinteso non è possibile ottenere informazioni sulla

posizione dell'aggettivo nei confronti del nome, l'annotazione non è stata considerata ai fini

dell'analisi statistica successiva (cfr. par. 3.4.5).

3.4.3 L'indice dei dati: Excel

Quando i dati vengono analizzati e codificati si ottiene un corpus annotato il quale

presenta il vantaggio di essere accessibile a vari software informatici (Tagliamonte, 2006).

Prima di intraprendere l'analisi quantitativa si è ritenuto opportuno registrare in una lista

le glosse di tutti gli aggettivi individuati, sia quelli associati a nomi realizzati sia associati a

nomi sottintesi. Per creare il cosiddetto indice, tutti i dati annotati nel livello Glossa in ELAN

sono stati esportati in file txt e questi, a loro volta, sono stati trasferiti in file Excel. Questo

programma ha reso possibile registrare le occorrenze degli aggettivi prodotti dai segnanti

intervistati e osservare la frequenza d’uso di ogni singolo elemento. Secondo Tagliamonte

(2006), l'incremento o il decremento dei valori relativi alla frequenza possono essere

indicativi rispetto a cambiamenti linguistici.

La frequenza

Nella tabella sottostante sono riportati i 24 aggettivi annotati con maggiore frequenza.

Accanto a ciascuna entrata lessicale compaiono le rispettive occorrenze, espresse con il

rispettivo dato numerico assoluto (N) e percentuale (%).

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Tot. Agg. = 715 N %

SORDO 63 8.81

MIO 63 8.81

UNO 38 5.31

PICCOLO 23 3.22

DUE 18 2.52

BELLO 18 2.52

PRIMO 16 2.24

CINQUE 15 2.10

UDENTE 13 1.82

NORMALE 12 1.68

TRE 10 1.40

DIVERSO 10 1.40

CONTENTO 10 1.40

SEI 9 1.26

UGUALE 8 1.12

IMPOSSIBILE 8 1.12

BUONO 8 1.12

SUO 7 0.98

SOLO 7 0.98

QUATTRO 6 0.84

GIOVANE 6 0.84

FORTE 6 0.84

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ELEMENTARE 6 0.84

BRAVO 6 0.84

Tabella 9-3: La frequenza delle entrate lessicali degli aggettivi in LIS

Volendo mettere per un attimo da parte gli aggettivi di tipo numerale e possessivo, dalla

tabella si evince che l'aggettivo maggiormente prodotto dai partecipanti è SORDO (63

occorrenze). Tale dato è probabilmente dovuto al tipo di popolazione intervistata e al tipo di

compito assegnato: infatti, dovendo raccontare qualcosa di sé e del proprio vissuto, molti

hanno detto di essere sordi, di avere la famiglia sorda, di frequentare amici sordi e così via.

Anche per PICCOLO (23 occorrenze) si potrebbe pensare ad un'interpretazione simile dato

che molti nel loro racconto hanno fatto riferimento ai tempi dell'infanzia. Neppure per

quanto riguarda BELLO l'alto numero di occorrenze (18) non appare sorprendente in quanto

questo risulta essere l'aggettivo qualificativo più frequente anche all'interno della

popolazione di madrelingua italiana (cfr. corpus LIP15).

Tot. Agg. = 34646 N %

BELLO 519 1.5

GRANDE 429 1.2

VERO 322 0.9

CERTO 321 0.9

BUONO 302 0.9

Tabella 10-3: La frequenza delle entrate lessicali degli aggettivi in italiano

15 Il corpus LIP (Lessico di frequenza dell'Italiano Parlato) è nato grazie al supporto della Fondazione IBM Italia con l'obiettivo di costruire un corpus di dati autentici relativi all'italiano parlato contemporaneo. La ricerca è stata coordinata dal linguista Tullio de Mauro ed è stata realizzata grazie all'OLCI (Osservatorio Linguistico e Culturale Italiano) presso il Dipartimento di Scienze del Linguaggio dell'Università di Roma “La Sapienza”. La costruzione del corpus, comprendente 469 testi diversi, ha richiesto poco più di un anno e mezzo (dal novembre 1990 al luglio 1992). Complessivamente le parole raccolte in 60 ore di registrazione audio sono circa 490.000.

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Ritornando ad osservare la tabella sulla frequenza lessicale ottenuta per la LIS, un altro

dato che vale la pena commentare è quello relativo alle occorrenze di UNO. Appare evidente

che questo si collochi nella prima posizione nella virtuale classifica degli aggettivi numerali.

Ovvero, mentre DUE, TRE, QUATTRO, CINQUE e SEI si attestano tra le 6 e le 18 occorrenze,

l'aggettivo UNO ricorre ben 38 volte. Per approfondire ulteriormente tale fenomeno, grazie

alle opzioni di ricerca offerte da ELAN, è stato interessante incrociare i dati di frequenza dei

primi sei numerali cardinali con i gruppi provenienti dalle tre città e con i gruppi di età.

Giovani

(Tot. Agg. = 192)

Medi

(Tot. Agg. = 250)

Anziani

(Tot. Agg. = 273)

N % N % N %

UNO 6 3.1 11 4.4 21 7.7

DUE 6 3.1 4 1.6 9 3.3

TRE 3 1.6 2 0.8 5 1.8

QUATTRO 1 0.5 4 1.6 2 0.7

CINQUE 8 4.2 2 0.8 5 1.8

SEI 2 1.0 3 1.2 4 1.5

Media da 2 a 6 4 2.1 3 1.2 5 1.8

Tot. numeri da 1 a 6 26 13.5 26 10.4 46 16.8

Tabella 11-3: La variabile diacronica per i primi sei aggettivi numerali

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Torino

(Tot. Agg. = 242)

Firenze

(Tot. Agg. = 228)

Salerno

(Tot. Agg. = 245)

N % N % N %

UNO 13 5.4 20 8.8 5 2.0

DUE 8 3.3 5 2.2 5 2.0

TRE 8 3.3 0 0 2 0.8

QUATTRO 2 0.8 4 1.7 0 0

CINQUE 9 3.7 3 1.3 3 1.2

SEI 2 0.8 7 3.1 0 0

Media da 2 a 6 5.8 2.4 3.8 1.7 2 0.8

Tot. numeri da 1 a 6 42 17.4 39 17.1 15 6.1

Tabella 12-3: La variabile diatopica per i primi sei aggettivi numerali

Dalle tabelle appena riportate, si evince che i segni relativi ai numeri cardinali dal due al

sei seguono un andamento piuttosto omogeneo. In questi casi, infatti, non si segnala né

variazione diacronica né variazione diatopica.

Interessante risulta invece la contrapposizione che emerge tra questo gruppo di numerali

ed il segno UNO. Per quest'ultimo l'analisi statistica ha rivelato la presenza di un pattern di

variazione diacronica e diatopica sufficientemente forte da risultare significativo. Infatti,

confrontando i tre gruppi di età, si osserva che nel dominio degli anziani UNO viene

utilizzato in misura maggiore (7.7% di occorrenze rispetto al 4.4% e al 3.1% di medi e

giovani). Dalla comparazione dei dati raccolti nelle tre città, spiccano i risultati di Firenze:

qui, UNO viene prodotto nell'8.8% dei casi (a differenza del 5.4% e del 2.0% di Torino e

Salerno).

La variazione in senso diacronico che è appena stata presentata supporta un'ipotesi di

progressivo cambiamento linguistico. L'evoluzione sembra spingere sempre più verso

l'abbandono di un utilizzo specifico del segno UNO: probabilmente ciò che si sta perdendo è

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la produzione dell'articolo indeterminativo, possibile influenza dell'italiano, lingua con la

quale tutti i sordi entrano in contatto seppur a diversi livelli. L'utilizzo che d'altra parte

potrebbe essere mantenuto anche nelle fasce più giovani della popolazione è quello di UNO

in qualità di puro aggettivo numerale.

Per quanto riguarda la variazione diatopica vale la pena evidenziare i dati dei segnanti

fiorentini, contrapposti a quelli di torinesi e salernitani. Partendo dall'ipotesi presentata

poc'anzi circa le tre fasce d'età, si potrebbe ipotizzare che l'innovazione linguistica relativa al

progressivo abbandono dell'articolo indeterminativo abbia riscosso maggiore diffusione nelle

aree più periferiche del Paese. Un più alto grado di conservatorismo linguistico sarebbe,

invece, da attribuire a Firenze e probabilmente ad altre zone dell'Italia centrale.

3.4.4 La distribuzione dei dati

Alla costruzione del corpus di dati utilizzati per il presente studio hanno contribuito 49

sordi, scelti in modo tale da presentare un quadro più eterogeneo possibile della comunità

Sorda italiana.

A conferma di quanto appena affermato si presentano i dati relativi alla provenienza

geografica, all'età e al genere dei partecipanti.

Provenienza

geografica

Torino Firenze Salerno

N % N % N %

16 32.6% 17 34.7% 16 32.6%

Età

Giovani Medi Anziani

N % N % N %

14 28.6 17 34.7 18 36.7

Genere

Femminile Maschile

N % N %

26 53.0 23 46.9

Tabella 13-3: La distribuzione dei dati secondo provenienza geografica, età e genere dei partecipanti

86

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Sulla base del corpus di dati a disposizione, il lavoro di annotazione svolto con ELAN ha

permesso di individuare un totale di 715 aggettivi.

Per le motivazioni espresse nel paragrafo 3.4.2, si è rivelato necessario non considerare gli

aggettivi per i quali non fosse rintracciabile il nome correlato. Inoltre, in qualche file di

annotazione, il limite di dieci aggettivi per segnante è stato superato di una o due unità: in

questi pochi casi i dati in eccesso sono stati eliminati. In seguito a quest'operazione di

scrematura, il numero complessivo di aggettivi utilizzati per operare l'analisi quantitativa è

risultato 483.

Poiché l'interesse principale nel presente studio è quello di analizzare la distribuzione

degli aggettivi, per ciascuno di essi è fondamentale individuarne innanzitutto il valore

rispetto alla variabile linguistica dipendente. In altre parole, il primo dato da studiare con

attenzione risulta la posizione dell'aggettivo nei confronti del nome.

Tot. Agg. = 483 N %

Aggettivi postnominali N A 357 73.9

Aggettivi prenominali A N 109 22.6

Aggettivo reduplicato A N A 9 1.9

Nome reduplicato N A N 8 1.7

Tabella 14-3: La distribuzione degli aggettivi

A prima vista, il dato di spicco è quello relativo agli aggettivi postnominali che ottengono

la maggioranza assoluta. Un numero inferiore, seppur considerevole, è quello raggiunto

dagli aggettivi che precedono il nome. Infine, a livelli tutt'altro che rilevanti si attestano gli

aggettivi reduplicati e quelli che si relazionano ad un nome reduplicato. Si anticipa qui che

questi ultimi due dati non risultano utilizzabili in un'analisi quantitativa più fine.

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3.4.5 L'analisi quantitativa dei dati: VARBRUL

Il software

In un ulteriore file Excel sono stati riportati i 483 aggettivi ritenuti validi ai fini dell'analisi

quantitativa. Per completare il quadro complessivo, oltre alle informazioni linguistiche

relative a ciascun aggettivo, nella tabella sono stati inseriti anche i valori legati alle variabili

extralinguistiche.

I dati così raccolti nella tabella Excel costituiscono la base per uno studio di tipo

quantitativo, che persegue l'obiettivo di segnalare relazioni statistiche tra fenomeni

misurabili. Il programma in grado di compiere quest'operazione è VARBRUL (VARiaBle

RULle program). Occorre subito precisare che questo software di analisi statistica non va

oltre la manipolazione matematica dei dati. Quando ci si riferisce a VARBRUL, pertanto,

bisogna pensare ad uno strumento che si limita a calcolare: in altre parole, fornisce risultati

numerici ma non li accompagna ad interpretazioni teoriche perché di questo si occupano

successivamente i sociolinguisti (Tagliamonte, 2006). Il programma fu progettato dal

matematico canadese David Sankoff nel 1975 e fu rivisto da collaboratori quali Don Hindle,

Susan Pintzuk e Pascale Rousseau. Attualmente è scaricabile gratuitamente al seguente

indirizzo internet: http://individual.utoronto.ca/tagliamonte/Goldvarb/GV_index.htm.

La principale utilità di VARBRUL consiste nel fatto che permette di individuare i fattori

linguistici e sociali responsabili di una variazione sociolinguistica. Inoltre, associa a ciascuna

variabile risultata significativa un determinato indice di probabilità, il cosiddetto factor

weight. Grazie a questo dato è possibile stilare una graduatoria di fattori che consente di

capire meglio cosa sia veramente influente in termini di variazione linguistica. All'atto

pratico, il factor weight è un valore numerico compreso tra 0 e 1: quanto più il numero che si

ottiene è vicino a 1 tanto maggiore è la probabilità che il fenomeno in esame si verifichi,

quanto più il numero si avvicina allo 0 tanto minore è la probabilità che il fenomeno si

verifichi. Qualora il valore ottenuto si attestasse attorno allo 0,5 l'influenza del fattore

esaminato sarebbe neutrale e quindi non significativa.

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Prima analisi con VARBRUL

Rimozione dei fattori “Nome reduplicato” e “Aggettivo reduplicato”

Qualora la presenza di un fattore non sia stata registrata all'interno del corpus, allora il

fattore stesso viene automaticamente scartato dal programma di calcolo statistico il quale

non considera i valori nulli. È questo il caso della classe semantica corrispondente alla

materia: non avendo annotato alcuna occorrenza il fattore non è rientrato nelle varie fasi

dello studio quantitativo.

Ad un primo stadio dell'analisi eseguita grazie al software VARBRUL è stata incrociata la

variabile dipendente con ciascuna delle variabili indipendenti, sia linguistiche sia

extralinguistiche. Ciò che si è notato sin da un'osservazione superficiale dei dati complessivi

(cfr. par. 3.4.4) è che i valori corrispondenti alla reduplicazione del nome e dell'aggettivo

(rispettivamente 8 e 9 occorrenze) risultano marginali e pertanto statisticamente non

significativi. Come è già stato anticipato in precedenza, si è reso necessario escludere

dall'analisi quantitativa entrambi i fattori. A seguito di questa operazione i fattori disponibili

per la variabile dipendente si sono ridotti così a due: la posizione preverbale e quella

postverbale. Pertanto, l'eliminazione dei 17 casi di reduplicazione ha fatto scendere il numero

complessivo di aggettivi da 483 a 466.

Tot. Agg. = 466 N %

Aggettivi postnominali N A 357 76.6

Aggettivi prenominali A N 109 23.4

Tabella 15-3: La distribuzione degli aggettivi dopo l'esclusione dei casi di reduplicazione

Rimozione dei fattori “Colore” e “Forma”

In questo stadio dell'analisi occorre circoscrivere il più possibile il campo d’indagine

eliminando quelle produzioni in cui la variazione linguistica non sembra essere un’opzione

disponibile. Per questo motivo è stata effettuata un'altra rimozione di dati: nello specifico

sono state escluse dall'analisi le classi semantiche corrispondenti al colore e alla forma.

Quest'operazione è dovuta al fatto che entrambe esercitano un’influenza categoriale sulla

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variazione della variabile dipendente. Infatti, come si può vedere nella tabella sottostante,

dopo aver rimosso i valori relativi alla reduplicazione del nome e dell'aggettivo, il colore e la

forma sono risultati sempre associati alla posizione postnominale (100.0%). Tale contesto

particolare si definisce categoriale in quanto non offre opzioni di scelta.

Posizione dell'aggettivo rispetto al nome

Tot. Agg. = 466 A N N A Totale

Classe semantica

dell'aggettivo

A di qualità24

9.0%

242

91.0%

266 (57.1%)

A numerali62

67.4%

30

32.6%

92 (19.7%)

A possessivi19

28.8%

47

71.2%

66 (14.2%)

A di misura2

6.7%

28

93.3%

30 (6.4%)

A di colore0

0.0%

4

100.0%

4 (0.9%)

A di forma0

0.0%

4

100.0%

4 (0.9%)

A di nazionalità

2

50.0%

2

50.0%

4 (0.9%)

Tabella 16-3: Tabella incrociata posizione del nome/classe semantica

Si presentano brevemente alcuni suggerimenti per una lettura agevole delle tabelle

incrociate: i dati relativi alla variabile dipendente sono collocati sempre in alto, i

dati relativi alla variabile indipendente compaiono sulla sinistra, i dati incrociati

risultanti dall'interazione delle due variabili sono osservabili nel mezzo.

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In questa fase dell'analisi, a seguito dell'esclusione dei due fattori, il numero complessivo

di aggettivi calcolati dal software è ulteriormente sceso, da 466 a 458.

Seconda analisi con VARBRUL

Fattori significativi

Una volta esclusi i dati non interessanti ai fini del calcolo statistico (i due casi di

reduplicazione, il colore e la forma) il software si è soffermato sull'interazione determinata

dall'incrocio tra variabile dipendente e variabili indipendenti.

Il programma ha soppesato l'influenza di ogni singolo fattore e ha stabilito che non tutte

le quattordici variabili indipendenti (sei linguistiche ed otto extralinguistiche) sono

statisticamente significative. È emerso, infatti, che ad esercitare una certa influenza nei

confronti della posizione degli aggettivi intervengono complessivamente tre variabili, due di

tipo linguistico ed una di tipo extralinguistico:

1) La classe semantica dell'aggettivo

2) Il valore predicativo dell'aggettivo

3) L'esposizione a registri linguistici alti

Tabella 17-3: I fattori linguistici ed extralinguistici risultati significativi in base all'analisi condotta da

VARBRUL

Secondo quanto appena affermato, ognuna delle tre variabili appena evidenziate incide

sulla posizione dell'aggettivo nei confronti del nome. Per osservare come ciò avvenga è

necessario, attraverso tre tabelle, incrociare i valori di ciascuna variabile indipendente con i

valori della variabile dipendente presa in esame.

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Posizione dell'aggettivo rispetto al nome

Tot. Agg. = 458 A N N A Totale

Classe semantica

dell'aggettivo

A di qualità24

9.0%

242

91.0%266 (58.1%)

A numerali62

67.4%

30

32.6%92 (20.1%)

A possessivi19

28.8%

47

71.2%66 (14.4%)

A di misura2

6.7%

28

93.3%30 (6.6%)

A di nazionalità

2

50.0%

2

50.0%4 (0.9%)

Tabella 18-3: Tabella incrociata posizione del nome/classe semantica dopo l'eliminazione dei dati

categoriali

La tabella incrociata (17-3) dimostra che anche la classe semantica dell'aggettivo influisce

sulla posizione dello stesso. In precedenza si è sostenuto che gli aggettivi si trovano sempre

dopo il nome qualora la loro classe semantica sia forma o colore; in quanto contesti

categoriali, tali dati non presenziano a questo livello di indagine. Nel caso di misura e

qualità, gli aggettivi si trovano quasi sempre in posizione postnominale (rispettivamente con

il 93.3% e il 91.0% di occorrenze). Per quanto riguarda gli aggettivi prenominali se ne segnala

un numero cospicuo nella classe dei possessivi, sebbene il valore si attesti comunque al di

sotto della media (28.8%). Un risultato in direzione opposta rispetto ai precedenti è quello

relativo agli aggettivi numerali che, nel 67.4% dei casi, sembrano privilegiare la posizione

prenominale e non quella postnominale.

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Posizione dell'aggettivo rispetto al nome

Tot. Agg. = 466 A N N A Totale

Valore predicativo

dell'aggettivo

Aggettivo predicativo

10

4.8%

198

95.2%208 (44.6%)

Aggettivo non

predicativo

99

38.4%

159

61.6%258 (55.4%)

Tabella 19-3: Tabella incrociata posizione del nome/valore predicativo

Come era prevedibile supporre, la tabella che incrocia la variabile dipendente con il valore

predicativo o non predicativo (18-3) mostra un maggiore utilizzo degli aggettivi prenominali

a scapito di quelli postnominali. Ciononostante che l'aggettivo in questione sia predicativo o

non predicativo determina un diverso comportamento linguistico nei segnanti intervistati.

Nello specifico, gli aggettivi prenominali se non predicativi raggiungono il 38.4% di

occorrenze, se predicativi contano solo 10 casi nell'intero corpus (4.8%). Questi ultimi

saranno esaminati a parte nel par. 3.4.6.

Posizione dell'aggettivo rispetto al nome

Tot. Agg. = 466 A N N A Totale

Esposizione ai registri

alti

Altamente esposto

25

21.9%

89

78.1%114 (24.5%)

Mediamente esposto

52

21.4%

191

78.6%243 (52.1%)

Non esposto32

29.4%

77

70.6%109 (23.4%)

Tabella 20-3: Tabella incrociata posizione del nome/esposizione ai registri alti della lingua

93

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La terza ed ultima tabella incrociata dimostra che chi è stato altamente o mediamente

esposto a registri alti e formali ha un comportamento linguistico simile. Da questi si

discostano leggermente i segnanti che hanno avuto rare occasioni per entrare in contatto con

la LIS degli interpreti televisivi o dei rappresentanti dell'ENS: rispetto ai primi due gruppi,

tali soggetti risultano fare un maggior uso di aggettivi in posizione prenominale (29.4%

rispetto a 21.9% e 21.4% delle altre due categorie).

Terza analisi con VARBRUL

In quest'ultimo stadio dell'analisi quantitativa si è voluto verificare quando esattamente

l'aggettivo si colloca in posizione prenominale. Pertanto il software ha contrapposto i casi in

cui la variabile dipendente assume il valore corrispondente alla posizione prenominale e i

casi in cui ciò non accade.

Per ragioni statistiche e linguistiche il modello di riferimento è stato sottoposto ad alcune

semplificazioni.

1. Nel gruppo riguardante la classe semantica aggettivale è stato eliminato il fattore

della nazionalità in quanto i dati raccolti sono troppo esigui per poter costituire

significative prove linguistiche. Inoltre, i valori della qualità, della misura e dei

possessivi sono stati accorpati per poter essere contrastati ai valori dei numerali

(gli unici ad andare in direzione opposta come osservato poc'anzi).

2. Nel gruppo della variabile extralinguistica relativa all'esposizione ai registri alti

della lingua sono stati accorpati i valori dei segnanti mediamente esposti e quelli

dei segnanti altamente esposti. Questi sono stati poi contrapposti ai risultati

numerici ottenuti con i segnanti non esposti a registri alti.

Dal modello statistico così ricavato VARBRUL ha permesso di risalire ai factor weight,

ovvero agli indici che stabiliscono in che misura ciascun fattore o gruppo di fattori incide

sulla posizione prenominale dell'aggettivo.

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Classe semantica Factor weight

Agg. numerale 0.844

Agg. non numerale 0.394

Valore predicativo Factor weight

Agg. predicativo 0.273

Agg. non predicativo 0.687

Esposizione a registri alti Factor weight

Altamente e mediamente esposti

0.463

Non esposti 0.618

I valori di solidità del modello di regressione preso in considerazione sono i seguenti:

Total Chi-square = 2.1558

Chi-square/cell = 0.2156

Log likelihood = -182.471

3.4.6 Considerazioni sui risultati

Nella sezione precedente sono state presentate le tre variabili che sono risultate

significative nel calcolo statistico eseguito con il software VARBRUL. Grazie all'ultimo stadio

dell'analisi, che ha posto l'accento su sei diversi factor weight (FW), è possibile valutare con

esattezza quanto ciascun fattore o gruppo di fattori rende probabile la collocazione

dell'aggettivo prima del nome.

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Numerale e non numerale

Ciò che favorisce maggiormente la posizione prenominale è la classe

semantica numerale (FW: 0.844). Il fatto che l'aggettivo non sia numerale, d'altro

canto, non favorisce una sua collocazione prima il nome (FW: 0.394). Questo

dato verrà ripreso nel capitolo successivo per essere confrontato con le

considerazioni operate in ottica cartografica. L'interazione tra i due approcci

potrebbe proiettare nuova luce sulle nozioni relative all'ordine degli elementi

all'interno del DP in LIS.

Predicativo e non predicativo

Il factor weight più vicino allo zero è quello associato al valore predicativo

(FW: 0.273): se l'aggettivo svolge questa funzione grammaticale, pertanto, avrà

scarse probabilità di essere prenominale. D'altra parte, il fattore opposto, quello

non predicativo (FW: 0.687), favorisce la posizione dell'aggettivo prima del

nome. Il divario espresso tra i due risultati numerici ottenuti ha spinto ad

indagare ulteriormente i casi particolari di aggettivi prenominali con valore

predicativo. Si ricorda, così come riportato dalla tabella (18), che le occorrenze

segnalate a tal proposito sono di numero limitato: 10 elementi prenominali,

corrispondenti al 4.8% di tutti gli aggettivi predicativi rinvenuti. Recuperando le

produzioni originali è stato facile osservare come questi aggettivi siano sempre

accompagnati da nomi un po' speciali: si tratta di indicali singoli o di indicali

accompagnati da nomi. Un approfondimento nel prossimo capitolo entrerà nello

specifico di questi particolari contesti linguistici nel tentativo di chiarire il ruolo

degli indicali rintracciati e degli aggettivi prenominali a loro legati (cfr. par.

4.3.2).

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Essere o non essere esposti a registri alti

Infine, prendendo in considerazione la variabile indipendente extralinguistica

riguardante il registro, ci si accorge che tale fattore, sebbene risulti significativo,

esercita un'influenza leggera in entrambe le direzioni: i segnanti tendono ad

utilizzare un maggior numero di aggettivi prenominali se non sono esposti a

registri alti (FW: 0.618), probabilmente ne producono meno se tale esposizione si

verifica (FW: 0.463). Questa variazione di tipo diafasico, ovvero legata al

contesto situazionale, potrebbe indicare che la posizione postnominale

dell'aggettivo, a differenza di quella prenominale, è assunta come variante di

maggiore prestigio all'interno della comunità Sorda. Tale fenomeno sarebbe

incoraggiato sia dalle produzioni segniche dei rappresentanti dell'ENS sia da

quelle degli interpreti professionisti che lavorano in televisione e a stretto

contatto con i sordi durante la loro vita quotidiana.

Si presenta, infine, una gerarchia di incisività in modo da visualizzare con maggiore

chiarezza quali siano i fattori che esercitano una maggiore o minore influenza sulla posizione

prenominale dell'aggettivo.

Influenza positiva

sulla posizione preverbale

FW: 0.844 Essere numerale

FW: 0.687Essere non predicativo

FW: 0.618Non essere esposti a

registri alti

Influenza negativa

sulla posizione preverbale

FW: 0.463Essere mediamente o altamente esposti a

registri alti

FW: 0.394 Non essere numerale

FW: 0.273 Essere predicativo

Tabella 21-3: Gerarchia di incisività dei fattori risultati significativi

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3.5 Conclusione

Il terzo capitolo ha introdotto i principi cardine della sociolinguistica, intesa come studio

delle interazioni tra lingua e società. Successivamente è stato illustrato lo scenario nazionale

ed internazionale relativo alle ricerche sociolinguistiche orientate verso lo studio delle lingue

dei segni e delle comunità di Sordi.

Sulla base di queste premesse è stato presentato il lavoro empirico da me condotto sotto la

supervisione del Prof. Geraci al fine di indagare la distribuzione degli aggettivi in LIS.

Potendo contare su un corpus di dati linguistici sufficientemente ampio è stata effettuata

un'analisi sistematica dei dati stessi attraverso l'ausilio di ELAN, applicazione informatica

specifica per l'annotazione in questo campo. Il calcolo statistico effettuato mediante

VARBRUL ha indicato che per il tema di studio la variazione è determinata dall'influenza di

tre specifici fattori: la classe semantica dell'aggettivo, il suo essere predicativo o meno ed

infine l'esposizione del segnante a registri alti della lingua. Infine, grazie allo studio sulla

frequenza delle entrate lessicali, è emerso un aspetto interessante relativo al numerale UNO

che, durante un processo di evoluzione linguistica, nel tempo potrebbe aver subito una

riorganizzazione categoriale.

Per un maggiore approfondimento sui risultati ottenuti si rimanda al capitolo successivo,

inteso come tentativo di ottenere una visione d'insieme tra le conclusioni tratte in ambito

cartografico e sociolinguistico.

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C a p i t o l o 4

U N A V I S I O N E D ' I N S I E M EU N A V I S I O N E D ' I N S I E M E

4.1 Introduzione

Scopo di questo lavoro è indagare la distribuzione degli aggettivi. Inizialmente, al fine di

inquadrare meglio l'argomento preso in esame, sono state ritenute necessarie

un'introduzione su alcuni aspetti sintattici e una breve sintesi dei lavori già pubblicati sulla

linguistica della LIS. Successivamente, nei due capitoli centrali, è stato dedicato ampio spazio

alla presentazione dei due quadri teorici di riferimento, quello cartografico e quello

quantitativo. Per quanto riguarda quest'ultimo è stato presentato un lavoro empirico che ho

svolto attraverso l'analisi di un corpus di dati. Questa analisi ha portato al calcolo statistico di

regolarità di tipo linguistico.

In questo capitolo conclusivo si tenta di trarre una visione d'insieme sulla grammatica che

regola la distribuzione degli aggettivi. In particolare, il paragrafo 4.2 intende stabilire un filo

rosso che possa condurre ad aspetti convergenti rispetto ai due quadri teorici di riferimento.

Nel paragrafo 4.3 vengono discussi gli elementi di maggiore interesse emersi nei capitoli

precedenti e in base a questi vengono avanzate ipotesi per la teoria linguistica. Infine, il

paragrafo 4.4 presenta le questioni rimaste irrisolte o non approfondite dettagliatamente

aprendo così nuovi spiragli per la ricerca futura.

4.2 Confronto tra approccio cartografico e quantitativo

Nel campo della linguistica, così come in qualsiasi altro campo scientifico, convivono e

hanno possibilità di collaborare tra di loro esponenti provenienti da diverse scuole. Anche

all'interno di una stessa corrente di pensiero è possibile trovare punti di vista diversi: per

esempio, per riprendere quanto già esposto nelle pagine precedenti, si pensi a minimalisti e

cartografici nell'ambito della linguistica generativa e a correlativisti e funzionalisti

nell'ambito della sociolinguistica.

99

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Il presente lavoro poggia sulla convinzione che integrare due diversi approcci teorici offre

la possibilità di cogliere le migliori intuizioni dell'uno e dell'altro e di farle fruttare al meglio.

Un altro vantaggio di prendere in considerazione due o più punti di vista consiste nel

cogliere i limiti e le criticità di uno per esplorarli sfruttando l'altro. Il quadro cartografico e

quello quantitativo, presentati rispettivamente nei paragrafi 2.2 e 3.2, contemplano assunti e

metodologie operative diverse. Ciononostante, nell'ambito di uno studio come questo,

focalizzato su un aspetto di natura sintattica, le due prospettive possono permettere di

accedere ad una visione più completa ed esaustiva: nello specifico, il fenomeno qui preso in

esame è stato indagato tenendo conto sia della complessità della struttura linguistica sia delle

possibili interazioni sociolinguistiche. Entrambi gli aspetti sono di grande rilevanza in

quanto il linguaggio umano da una parte è una facoltà specifica della specie umana,

biologicamente radicata e caratterizzata da peculiarità valide universalmente, dall'altra è una

componente rilevante del nostro vivere in società e come tale è influenzata dalle persone che

ne fanno uso.

A conclusione del percorso sin qui intrapreso è possibile affermare che il lavoro dei

cartografici e quello dei linguisti quantitativisti, pur presentando specificità attinenti a

ciascuno dei due ambiti, non sono né diametralmente opposti né incompatibili. Anzi, le due

linee di indagini condividono l'idea generale per cui le lingue non variano in modo

impredicibile. La variazione intralinguistica ed interlinguistica (all'interno della stessa lingua

e tra lingue diverse) non è casuale, è bensì soggetta a parametrizzazione e a precise

restrizioni, anche se non operano necessariamente in maniera categoriale.

4.3 Proposte per la teoria linguistica

Questo paragrafo intende porre in evidenza gli aspetti più rilevanti che sono emersi dallo

studio quantitativo sulla distribuzione degli aggettivi in LIS (cfr. par. 3.4). Le conclusioni più

rilevanti riguardano le variabili indipendenti di tipo extralinguistico e linguistico ed infine la

frequenza.

100

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4.3.1 Le variabili indipendenti extralinguistiche

Un primo dato importante è quello relativo alle variabili indipendenti extralinguistiche.

Diversamente da quanto si poteva prevedere, i fattori sociali esercitano una scarsa influenza

contribuendo a classificare il fenomeno in termini prettamente linguistici. L'elenco

sottostante presenta i fattori extralinguistici che non sono risultati significativi alla luce

dell'analisi quantitativa.

• Il genere: non si registra alcuna differenza rilevante tra segnanti uomini e donne.

• L'età: i segnanti anziani, medi e giovani dimostrano un comportamento linguistico

simile in riferimento alla distribuzione degli aggettivi.

• La provenienza geografica: la variazione diatopica, molto studiata per quanto

riguarda il lessico della LIS, non è attestata in questo ambito sintattico.

• L'essere urbano: il fatto di abitare in un contesto urbano o extraurbano non comporta

scelte linguistiche differenti.

• La provenienza familiare: questo è un possibile indicatore del livello di competenza

linguistica in LIS. Secondo i risultati ottenuti, la distribuzione degli aggettivi non

registra particolari differenze tra il gruppo dei segnanti nativi e quello dei segnanti

non nativi.

• Il titolo di studio: segnanti con un basso, medio o alto livello di istruzione dimostrano

un comportamento linguistico simile in riferimento alla distribuzione degli aggettivi.

• La classe lavorativa: il riferimento all'occupazione dei segnanti non è influente.

L'unico fattore extralinguistico che VARBRUL ha indicato come significativo è quello

relativo all'esposizione ai registri alti. In particolare, chi segue regolarmente i telegiornali in

LIS e chi ha rivestito un certo incarico all'interno dell'ENS tende ad utilizzare aggettivi in

posizione prenominale con minore frequenza. Probabilmente tale risultato è indicativo del

fatto che la posizione postnominale dell'aggettivo sia assunta dalla comunità Sorda come

variante di maggiore prestigio. Occorre comunque precisare che l'incisività di questa

variabile è da considerarsi inferiore rispetto all'influenza esercitata da fattori di tipo

linguistico (cfr. par. 3.4.6).

101

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4.3.2 Le variabili indipendenti linguistiche

Alcune riflessioni interessanti per la teoria possono essere ricavate incrociando le proposte

avanzate in ambito cartografico con i risultati dell’analisi quantitativa relativa alle variabili

indipendenti linguistiche. Per comodità si ripropone in (1) la mappa sintattica ottenuta alla

fine del percorso intrapreso nel secondo capitolo.

1) Nome > Aggettivo [ modificazione diretta

( nazionalità > colore > forma > dimensione > qualità)

> modificazione indiretta ] > Numerale > Dimostrativo

L’ordine lineare appena descritto, secondo l’approccio teorico proposto nel secondo

capitolo, è ricavabile grazie all’operazione del movimento sintattico con pied-piping. Infatti,

così come indicato dalle frecce in (2), il sintagma nominale sale lungo la dorsale del DP

mediante roll-up movement.

102

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2)

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In primo luogo, un’importante indicazione fornita da VARBRUL è quella relativa al fattore

della classe semantica la quale, secondo i risultati, esercita una certa influenza sulla posizione

dell’aggettivo rispetto al nome. Dal quadro ottenuto grazie all'analisi quantitativa (cfr. par.

3.4.5) spicca il caso di due classi semantiche categoriali, che offrono cioè una sola opzione in

termini di realizzazione linguistica. Si tratta degli aggettivi di colore e forma, i quali

all’interno del corpus a disposizione sono sempre stati rintracciati in posizione postnominale

(100%). Questo dato induce ad ipotizzare che il nome si sollevi sempre obbligatoriamente

oltre le proiezioni che ospitano colore e forma. Inoltre, vista la distribuzione categoriale, è

possibile pensare per queste due classi semantiche una posizione bassa nell’albero sintattico,

a conferma di quanto già esposto in (2).

Altre due tipologie di aggettivi da considerare sono la misura o dimensione e la qualità.

Nel corpus di dati analizzato la maggior parte di questi aggettivi si trova dopo il nome. Le

percentuali rilevate per la posizione postnominale, rispettivamente 93% e 91%, indicano che

la risalita del sintagma nominale oltre le proiezioni di dimensione e qualità è quasi sempre

obbligatoria. La piccola differenza tra i due dati potrebbe confermare quanto evidenziato

nella mappa, nello specifico la posizione gerarchica superiore della proiezione di qualità

rispetto a quella di dimensione.

Una discussione a parte spetta alla classe semantica della nazionalità o provenienza. I

risultati elaborati da VARBRUL offrono un quadro misto: su quattro aggettivi rintracciati due

sono prenominali e due sono postnominali. Ciò lascerebbe immaginare un movimento

facoltativo al 50% del nome oltre la proiezione in questione. Tuttavia, questa sarebbe una

conclusione disattesa dalla mappa delineata in precedenza dove, similmente alla lingua

Yoruba, il sintagma relativo alla nazionalità in LIS è previsto in una posizione molto bassa

della gerarchia. In realtà, per molteplici motivi, non sembra opportuno ipotizzare variazioni

nella struttura gerarchica: in primo luogo gli aggettivi di nazionalità individuati non

costituiscono un campione sufficientemente ampio per stabilire una direzione specifica (solo

quattro token). Inoltre i dati non sono rappresentativi di tutte le città esaminate in quanto

tutti i token provengono dalla sola area salernitana. Infine potrebbe essere aperta una

104

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discussione sulla vera natura di uno dei due aggettivi prenominali, annotato e glossato

insieme al nome corrispondente come ITALIANO PERSONE16. Ad un’analisi più

approfondita questa costruzione non pare costituita da due singoli segni (A N), bensì da una

composizione morfemica dove il suffisso PERSONE aggiunge al segno precedente

informazioni quali animatezza e pluralità. Pertanto, per giungere a conclusioni più affidabili

rispetto alla posizione della proiezione di nazionalità, converrebbe disporre di un maggior

numero di dati, possibilmente provenienti da aree geografiche diverse.

Seguendo le percentuali dei restanti dati si è notato che la tipologia aggettivale dei

possessivi è per la maggior parte postnominale (71.2%). Anche se questa proiezione non è

stata presa in considerazione ai fini della costruzione della mappa cartografica vista in (1), è

possibile supporre che i possessivi si trovino al di sopra degli aggettivi in modificazione

diretta e indiretta e che la risalita del NP oltre tale proiezione sia molto favorita, anche se non

sempre obbligatoria.

Infine, un risultato interessante per la teoria è quello relativo agli aggettivi numerali.

Sorprendentemente da quanto ipotizzato nel secondo capitolo sulla base delle informazioni

disponibili in letteratura, gli esiti di VARBRUL indicano che i numerali si trovano spesso

prima del nome (67.4% delle occorrenze). Ciò indica che NP riesce a muoversi oltre il

numerale solo in un caso su tre e preferibilmente rimane al di sotto di tale proiezione. Tale

comportamento linguistico potrebbe essere giustificato dal fatto che il movimento in

questione è molto costoso dal punto di vista computazionale.

Un’altra variabile di tipo linguistico che si è rivelata fonte di importanti osservazioni è

quella relativa al valore predicativo dell’aggettivo. Tra gli aggettivi non predicativi è stato

individuato un numero cospicuo di prenominali, sebbene questi non raggiungano la

maggioranza assoluta (38.4%). La discussione sulle classi semantiche appena proposta

suggerisce che si tratti per lo più di aggettivi numerali, possessivi e di qualità e che occupino

pertanto proiezioni alte nell'albero sintattico. Queste posizioni della gerarchia vengono 16 Trad. it.

“Gli italiani”

105

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scavalcate dal movimento del sintagma nominale solo facoltativamente e qualora ciò non

avviene l'ordine risultante è appunto aggettivo-nome.

Un dato che desta curiosità è quello relativo ai dieci casi di aggettivi predicativi

prenominali. Le opzioni di ricerca offerte dal software ELAN hanno permesso di indagare

meglio la natura di questi segni e dei contesti linguistici in cui sono stati realizzati. Il quadro

ottenuto è sorprendente in quanto nove casi su dieci sono aggettivi di qualità seguiti non da

un vero e proprio elemento nominale, bensì da un indicale o pointing. Questa particolare

costruzione richiama la cosiddetta frase copulare inversa, caratterizzata dal fatto di avere

l'elemento predicativo anteposto all'elemento nominale (es. “Bello è lui”, anziché “Lui è

bello”). Ciò che resta da chiarire è quale sia la vera natura dell'indicale.

In Bertone (2007) si trova un'ampia discussione circa le caratteristiche di questi segni

particolari e viene sostenuta la tesi per cui “le indicazioni non sono tutte uguali ma variano

in relazione ad alcuni tratti prosodici costituiti principalmente dalla durata di articolazione

dell’indicazione” (Bertone 2007: 182). L'autrice, analizzando la produzione dei pointing

attraverso il software di glossatura SignStream, ha rilevato la durata di questi segni in

produzioni spontanee. La sua conclusione indica che la stessa durata può essere considerata

come un parametro prosodico che permette di distinguere le tre classi pronominali, ovvero

clitici, deboli e forti.

• Pronomi clitici: durata inferiore a 1/12 di secondo (< 0,08 sec.)

• Pronomi deboli: durata inferiore a 1/6 di secondo (< 0,16 sec.)

• Pronomi forti: durata superiore a 1/6 di secondo (> 0,16 sec.)

Bertone avverte che i riferimenti da lei presentati sono da considerarsi indicativi in

quanto, di volta in volta, il numero dei fotogrammi è stato proporzionato a valori temporali

approssimativi. Questa metodologia operativa è stata riportata allo studio sulla distribuzione

degli aggettivi in LIS al fine di verificare la durata degli indicali rilevati e trarre eventuali

conclusioni sulla loro natura.

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3) Segnanti

(provenienza e gruppo d'età)

GlosseDurata del pointing

FI, anziano BELLO IX_3 ISTITUTO ~ 0,15 sec.

FI, medio PASSATO GIOVANE IX_1 ~ 0,20 sec.

FI, giovane SORDO IX_3 ~ 0,10 sec.

SA, medio VIZIATO IX_6 ~ 0,25 sec.

SA, giovane ADESSO DIVERSA ETÀ No pointing

TO, anziano APERTO IX_3 ~ 0,25 sec.

TO, anziano (PIÙ) SEVERO IX_3 ~ 0,50 sec.

TO, medio MA... SORDO IX_2? ~ 0,10 sec.

TO, giovane CORNUTO IX_3 PERSONA ~ 0,10 sec.

TO, giovane INNOCENTE IX_1 ~ 0,45 sec.

Come dimostrato dalla prima colonna della tabella in (3), i dati raccolti sono eterogenei e

pertanto risultano rappresentativi dell'intero corpus. Analizzando i pointing prodotti si

osserva che questi segni non sono separati dal predicato aggettivale che li precede, non

registrano particolari pause intonative e alcuni ammettono coarticolazione con il segno

precedente. Visto il particolare contesto linguistico, l'ipotesi più probabile spinge a trattare

questi indicali come pronomi clitici. Per quanto riguarda la durata si nota la tendenza a

produrre segni brevi (la maggioranza oscilla tra 0,10 e 0,25 sec.); tuttavia, tali riferimenti

temporali farebbero slittare i pointing in esame nelle classi dei deboli o dei forti. La proposta

di Bertone (2007), che appare rigorosa in termini di durata, induce a rivalutare la questione

con ulteriori test e dati. Occorre, tuttavia, tener conto anche di fattori linguistici e non che

possono esercitare una certa influenza sulla durata dei segni: per esempio, particolari aspetti

caratteriali o fisiologici potrebbero spingere un segnante ad esprimersi più lentamente

rispetto ad altri (così come avviene per gli udenti nelle lingue vocali).

107

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4.3.3 La frequenza

Un’ulteriore riflessione sollecitata dallo studio quantitativo verte sulla natura linguistica

di UNO. I dati ottenuti circa la frequenza delle entrate lessicali (cfr. tabella (9-3)) hanno

subito posto in evidenza una produzione abbondante di questo segno (38 token, ossia il 5.3%

del corpus). Ad un esame più approfondito è emerso un ulteriore aspetto interessante: in

alcune varianti, ovvero quella degli anziani (cfr. tabella (11-3)) e quella dei segnanti fiorentini

(cfr. tabella (12-3)), UNO appare in evidente sovraproduzione. In questi particolari contesti, il

dato statistico induce a considerare UNO diversamente rispetto agli altri numerali, proprio

in virtù del netto divario percentuale che li divide. Le sue numerose occorrenze potrebbero

rivelare una duplice funzione: si avanza l’ipotesi che il segno UNO sia utilizzato sia in

qualità di aggettivo numerale (come l’inglese “one”), sia in qualità di articolo

indeterminativo (come l’inglese “a”). In (4) si riportano due frasi ricavate dal corpus di dati.

4) Segnanti(provenienza e gruppo d'età)

Glosse Funzione di UNO

FI, anzianoIO NASCERE UNO PAESE C*** PROVINCIA PERUGIA LÀ

Articolo

FI, giovaneLÀ PADOVA UNO ANNO RIMANERE LÀ

Numerale

In riferimento alla variazione diacronica della lingua si potrebbe ipotizzare che la

sovraproduzione di UNO registrata tra i partecipanti anziani sia dovuta all'utilizzo del segno

sia come numerale sia come articolo: quest'ultima funzione sarebbe determinata

dall'influenza della lingua italiana. Viceversa, osservando i dati riguardo alla produzione di

UNO da parte dei segnanti medi e giovani si registra una frequenza minore di occorrenze,

del tutto simile a quella degli altri aggettivi numerali. Sulla base di quanto analizzato si

potrebbe supporre un utilizzo sempre minore di UNO in funzione di articolo: il fenomeno di

contatto che piano piano sta scomparendo indica pertanto un'evoluzione linguistica in atto.

A fronte di tale cambiamento linguistico, le popolazioni che si dimostrano maggiormente

conservatrici sono proprio quella degli anziani e quella dei fiorentini.

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4.4 Prospettive future di ricerca

La ricerca condotta nell'ambito della distribuzione degli aggettivi in LIS, durante il suo

svolgimento, ha sollevato alcuni quesiti che meritano considerazione in vista di studi futuri.

Si elencano di seguito i cinque punti che potrebbero essere ulteriormente sviluppati ed

approfonditi.

1. Se, come ipotizzato in Bertone (2007), la durata costituisce un parametro prosodico

e fornisce informazioni di tipo linguistico, allora sarebbe opportuno registrare i

riferimenti temporali relativi agli aggettivi annotati. Gli studi riportati in Mac

Laughlin (1997) hanno dimostrato che in ASL gli aggettivi postnominali possono

essere distinti tra modificazione diretta e indiretta in base alla loro durata (i primi

sarebbero più brevi, mentre i secondi sarebbero più lunghi). Grazie alle funzioni

del software ELAN, che permettono di ottenere i riferimenti temporali dei segni in

esame, potrebbe essere condotto anche per la LIS uno studio sistematico sulla

durata offrendo così l'opportunità di nuove discussioni teoriche.

2. Un altro elemento interessante è rappresentato dalle componenti non manuali

associate agli aggettivi. A tal proposito, nel template di ELAN, si potrebbe

aggiungere un nuovo tier o livello di annotazione dove segnalare eventuali

sollevamenti di sopracciglia, strizzate d'occhio o altre espressioni facciali. Le

marche non manuali potrebbero essere responsabili di variazioni nell'ordine

sintagmatico ovvero di produzione di ordini marcati; inoltre, come già accennato

in precedenza nel presente lavoro, potrebbero fornire informazioni linguistiche

specifiche in termini di modificazione diretta e indiretta. Uno studio sistematico

sulle componenti non manuali sarebbe pertanto auspicabile per verificare se le

osservazioni qui riportate trovano conferma nei dati reali.

3. In futuro sarà d'uopo intraprendere nuove ricerche al fine di esaminare nel

dettaglio l'incorporazione dell'aggettivo nel movimento e nelle componenti non

manuali del nome. Questo fenomeno, qui solo parzialmente accennato, è stato

notato in correlazione con la morfologia superlativa; forse ciò potrebbe spiegare lo

scarso numero di aggettivi al grado superlativo rinvenuti all'interno del corpus. In

109

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particolare, in ottica cartografica, sarebbe interessante proporre anche per l'aspetto

dell'incorporazione, peculiare delle lingue dei segni, un corrispettivo nella

struttura sintattica.

4. Una volta appurato che la proiezione relativa agli aggettivi numerali è

facoltativamente scavalcata dal sintagma nominale, ciò che si potrebbe verificare è

se la stessa opzionalità coinvolge anche la posizione superiore, ovvero quella del

dimostrativo. Questo elemento, qui intenzionalmente escluso dall'indagine, merita

maggiore attenzione in quanto potrebbe aggiungere nuovi dettagli alle ipotesi

sinora avanzate.

5. Sarebbe interessante approfondire ulteriormente la funzione linguistica del segno

UNO, tema d'indagine inaspettatamente emerso grazie allo studio sulla frequenza

delle entrate lessicali. In particolare, per avere un quadro più completo

dell'evoluzione linguistica in atto, si potrebbero confrontare i dati già ricavati per

Torino, Firenze e Salerno con i dati provenienti dalle altre città incluse nel Progetto

Corpus LIS.

110

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S I T O G R A F I AS I T O G R A F I A

http://www.storiadeisordi.it

Link che contiene informazioni sulla storia degli istituti per sordi (sito a cura di

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http://www.vlog-sordi.com

Link che raccoglie numerosi vlog della comunità Sorda italiana.

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Link relativo al Progetto Corpus LIS.

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Link che offre accesso al Corpus LIP (Lessico di frequenza dell'Italiano Parlato).

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Link che permette di scaricare gratuitamente il software ELAN.

http://www.bu.edu/asllrp

Link all'ASLLRP, progetto di ricerca linguistica sull'ASL (Università di Boston).

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Link che permette di scaricare gratuitamente il software VARBRUL.

http://www.any-video-converter.com

Link che permette di scaricare gratuitamente il software AnyVideoConverter.

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ESTRATTO PER RIASSUNTO DELLA TESI DI LAUREA EDICHIARAZIONE DI CONSULTABILITA'(*)

Il sottoscritto/a

Matricola n. Facoltà

iscritto al corso di laurea laurea magistrale/specialistica in:

Titolo della tesi (**):

DICHIARA CHE LA SUA TESI E':

Consultabile da subito Consultabile dopo mesi Non consultabile

Riproducibile totalmente Non riproducibile Riproducibile parzialmente

Venezia, Firma dello studente

(spazio per la battitura dell'estratto)

(*) Da inserire come ultima pagina della tesi. L'estratto non deve superare le mille battute

(**) il titolo deve essere quello definitivo uguale a quello che risulta stampato sulla copertina dell'elaborato

consegnato al Presidente della Commissione di Laurea

Università Ca' Foscari - Venezia

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