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la crisi di fiducia degli investitori addio vecchio John il bilancio di genere

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  • la crisi di fiducia degli investitori

    addio vecchio John

    il bilancio di genere

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    SOMMARIOn. 5 maggio2006

    EDITORIALELegge Biagi: flessibilità ma non precarietà

    di Maria Francesca Furfaro

    La crisi di fiducia degli investitori ed il sistemadell’informazione esterna d’impresa

    di Francesco Marescalco

    La bolla speculativa immobiliare:un pericolo o un vantaggio per le banche?

    di Oscar Margaira

    Addio vecchio Johndi Paolo Lazzaretto

    A Budapest il Comitato Europeo delle Donnedi Bianca Desideri

    A Ginevra la seconda Conferenza mondialedi UNI Finanzadi Manlio Lo Presti

    Un pensiero sulla Falcri grazie al ricordo di un amicodi Aleardo Pelacchi

    FalcriDonnaIl bilancio di genere nel settore bancario

    di Chiara Bruni

    Come gestire la responsabilità sociale dell’impresadi Chiara Bruni

    LAVORO & PREVIDENZAApprendistato professionalizzante

    a cura di Fabrizio Gosti

    LO SPAZIO DI FERRIChe differenza c’è tra una banca e una canoa?

    SALUTE & SICUREZZALa 626 nella contrattazione collettiva:

    CCNL e integrativia cura di Francesca del Conte

    SCAFFALE & WEBa cura di Orsola Grimaldi

    FRANCOBOLLI CHE PASSIONE!Storia e francobolli

    di Salvatore Adinolfi

    DIRETTORE RESPONSABILEBianca Desideri

    COMITATO DI DIREZIONESalvatore AdinolfiMariangela ComottiRoberto FerrariGiuseppe FrignatiMaria Francesca FurfaroMichele InturriAleardo Pelacchi

    HANNO COLLABORATOA QUESTO NUMEROSalvatore AdinolfiChiara BruniFrancesca del ConteFerriFabrizio GostiOrsola GrimaldiPaolo LazzarettoManlio Lo PrestiFrancesco MarescalcoOscar MargairaAleardo Pelacchi

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    Finito di stampare nel maggio 2006

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    LEGGE BIAGI:FLESSIBILITÀ MA NON PRECARIETÀ

    Con l’insediamento del nuovo governo, insieme alle varie questioni urgenti da affrontare, si è giu-stamente concentrata l’attenzione sulla legge Biagi e sulla imprescindibile necessità di rivederneprincipi e norme e di dare finalmente attuazione alla riforma degli ammortizzatori sociali.Il dibattito si è velocemente infervorato e sono numerose e diversificate le indicazioni su comeintervenire su quella legge che ha ridisegnato le regole del mondo del lavoro rimettendo giusta-mente in discussione quella sempre più diffusa quanto pericolosa teoria che individua la stradaper una maggiore occupazione solo attraverso maggiore flessibilità.Il problema sta, però, nel fatto che al concetto di flessibilità si sta impropriamente abbinandoquello di precarietà con inevitabili e frequenti abusi da parte delle imprese che, grazie ai minoricosti, ricorrono sempre più spesso e reiteratamente alle nuove tipologie di lavoro.Il tema, come noto, al momento dell’approvazione della legge, ha determinato opinioni discordi,anche all’interno del fronte sindacale.Sin da allora, la Falcri si è fatta promotrice, attraverso alcune sue importanti Associazioni, di una

    petizione popolare finalizzata ad una modifica sostanziale della legge richiedendo la eliminazione di alcune tipologie dirapporto di lavoro quali, ad esempio, lo staff leasing e il job on call, una significativa riduzione dei sei anni previsti nelladurata del contratto di apprendistato professionalizzante - decisamente troppo lungo quale periodo di addestramento e diformazione - il rafforzamento complessivo delle tutele e delle garanzie nei contratti di lavoro a tempo determinato. Tutterichieste che oggi sono al centro del dibattito sulla revisione della legge Biagi. Il neoeletto Presidente del Consiglio ha esplicitamente parlato della necessità di una modifica della legge “all’interno diun’analisi complessiva che regola il mercato del lavoro e attraverso lo strumento della concertazione con le parti sociali”.La finalità è quella di arginare la flessibilità di lunga durata, finalmente intesa come rischio di precarizzazione permanen-te e che ha finito per impoverire il sistema nel suo complesso. Da qui l’ipotesi di abolire quelle forme di lavoro più pre-carizzanti come appunto lo staff leasing o il job on call, di introdurre causali precise per le assunzioni a temine, di aumen-tare i costi degli atipici, di incentivare chi assume in via definitiva e, soprattutto e finalmente, di riformare il sistema degliammortizzatori sociali con l’estensione di tutele di base, anche per assicurare continuità nella contribuzione pensionistica.Delicato e centrale è senza dubbio questo ultimo punto che è rimasto allo stadio di una dichiarazione di intenti ma chenon ha fino ad oggi avuto una concreta realizzazione, nonostante rappresentasse l’altra parte importante per il completa-mento e l’equilibrio della riforma del mercato del lavoro. Una legge, quindi, ulteriormente appesantita dal fatto di non aversaputo o potuto dare risposte stabili e riequilibranti ai forti elementi di flessibilità introdotti nel mercato del lavoro.Proprio su quest’ultimo argomento si stanno concentrando le analisi e le discussioni su come intervenire in tema di am-mortizzatori sociali e sono frequenti i richiami alle normative di altri Paesi, quali ad esempio la Spagna o alcuni Paesi delNord Europa. Si tratta indubbiamente di esperienze innovative e interessanti ma che riflettono ovviamente contesti artico-lati di realtà significativamente diverse da quella italiana. Per cui, se da una parte l’ipotesi spagnola di incentivare le im-prese che assumono a tempo indeterminato o di vietare la reiterazione di un contratto a tempo determinato è certamen-te condivisibile, così come lo è quella danese di aumentare le indennità di disoccupazione, dall’altra, bisogna valutare lacontestuale realtà di quegli stessi Paesi di una maggiore facilità nel licenziamento individuale. Inoltre, a differenza dell’Italia,il sistema di formazione e di reinserimento professionale è assai ben strutturato, dinamico e aggiornato alle diverse esigen-ze professionali del momento. Nel rivedere, quindi, i principi e le norme della legge Biagi risulterebbe sterile quanto inu-tile e pericoloso un rinnovato tentativo di riformularel’articolo 18 sui licenziamenti individuali, come altrettanto insufficien-te sarebbe definire una riforma importante sugli aspetti quantitativi e temporali delle indennità di disoccupazione senzaaver contestualmente avviato una seria e concreta riforma degli aspetti formativi e di riconversione professionale dei lavo-ratori in mobilità. E’ infatti ampiamente dimostrato che i periodi di astensione dal lavoro, se non accompagnati da una for-mazione adeguata al contesto di riferimento, continuamente attualizzata alle mutevoli esigenze del mercato del lavoro eprontamente adattata ai ruoli professionali più innovativi, rischia di emarginare progressivamente il lavoratore e di render-ne impossibile il suo reingresso nel mondo del lavoro.C’è bisogno di un sistema di formazione efficiente, dinamico e modulato che renda realmente possibile l’incrocio di do-manda e di offerta, la formazione specialistica, la continua ricerca nell’alveo dell’innovazione. Si tratta, certamente, del pas-saggio più delicato e complesso, senza il quale è difficile pensare di poter trovare quel giusto pur se difficile equilibrio traflessibilità, occupazione, salvaguardia delle tutele e delle garanzie. In caso contrario c’è il rischio di costruire un percorsoin cui per far quadrare i conti tra le aspettative degli imprenditori e delle parti sociali, si proverà ad aggiungere qualcosaper togliere da un’altra parte con il risultato di un precario e formale equilibrio esclusivamente politico che non risolve ilproblema del conseguimento di una maggiore occupazione, sì flessibile ma non per questo precaria e priva di tutele.

    Francesca Furfaro

    Editoriale

  • Gli analisti che hanno esaminato ilfenomeno ritengono che tale pa-tologico allontanamento dai mer-cati di valori mobiliari sia collega-to (almeno in parte) ai recenti scandali fi-nanziari che hanno provocato perdite (tal-volta consistenti) in conto capitale a caricodei risparmiatori e degli investitori istituzio-nali.Un fenomeno certamente non nuovo, chesia pure a fasi alterne, ha storicamente inte-ressato diversi Paesi. Questa crisi però è di-versa dalle precedenti. E’ diversa non soloper la sua pervasività trasversale (di carattereglobale) ma, soprattutto, per la sua inusitatadimensione internazionalistica. Quasi tutti icontinenti sono stati in qualche modo coin-volti. A titolo esemplificativo: l’America, (conil caso Enron); l’Asia (con il caso Yamaichi,in Giappone); l’Australia (con il caso BondSpedley Securities), l’Europa (con i casi:Maxwell, nel Regno Unito; Credit Lyoannais,in Francia; Schneider, in Germania; Parma-lat e Cirio, in Italia).Il punto nodale, ritengono gli analisti chepiù direttamente si sono interessati del feno-meno, è quello della individuazione dellecause.Uno studio pubblicato nel luglio dell’anno2003 (ma ancora oggi ritenuto di grandissi-ma attualità) dalla International Federationof Accountants, intitolato “Rebuilding PublicConfidence in Financial Reporting” si è oc-cupata ex professo del problema. In partico-lare, si ritiene che le cause che hanno deter-minato il progressivo sgretolamento della fi-ducia degli investitori ed il conseguente spo-stamento dei patrimoni, siano almeno tre: a)i fallimenti di tipo gestionale; b) i fallimentidi governance; c) i fallimenti di reporting.Ovviamente il tema può essere trattato sottomolteplici prospettive, ed in particolare: a)quella politica; b) quella strettamente econo-mica; c) quella sociologica ed antropologica;d) quella giuridica.Ciascuna di queste è collegata alle altre dauna fitta trama di intrecci e ciò per il fatto(più o meno ovvio) che il sapere non può

    essere relegato in singoli compartimenti sta-gni.Per evidenti ragioni di brevità, ma soprattut-to per le specifiche competenze tecnicheche richiederebbe ciascuno dei segmenti ri-chiamati, esamineremo solo il fenomenodalla prospettiva giuridica, facendo ampi ri-ferimenti a problemi di carattere economico(in particolare: macro-economico), sociologi-co ed antropologico. In relazione alla prima causa esaminata (i fal-limenti gestionali) si ritiene che questi sianoin realtà legati al contesto macroeconomicoin cui la vita aziendale si svolge. Si è affer-mato che “il fallimento della informazionecontabile (…) si sostanzia generalmente inuna mancata o insufficiente denuncia delledifficoltà gestionali delle aziende (sul puntoin particolare: Roberto Tizzano, Crisi di fidu-cia e mercati finanziari, in La vigilanza sulmercato finanziario, Milano, 2005, p. 83).Questo tipo di fallimento è strettamente col-legato al secondo: anzi, si potrebbe dire chene costituisce la causa. Il fallimento di cor-porate governance altro non è che l’espres-sione di comportamenti dei responsabili del-le aziende che in qualche modo hanno cer-cato di salvaguardare la propria posizione. Ilmeccanismo però ha prodotto un effetto alribasso: non solo i vertici hanno fallito, maanche tutti i soggetti che attorno ad essi ruo-tavano. Si è mostrato fallimentare il sistemadelle deleghe interne; si sono mostrati ina-deguati i controlli interni; si è manifestata lainconsapevolezza delle aree di rischio (delgiuridicamente rilevante); ma soprattutto èemersa la inesistenza di un codice etico edeontologico.Il terzo tipo di fallimento (i.e.: di reporting)costituisce una ulteriore conseguenza deiprimi due. La necessità di trasmettere dellefalse informazioni relative allo stato di salutedi un’azienda, è il precipitato del fatto chel’azienda non versa in floride condizionieconomiche e che gli esponenti della gover-nance non sono riusciti a fare di meglio.Tutto questo può essere mascherato solocon l’assenza di trasparenza, o peggio, conla immissione nel mercato di false informa-zioni.Da queste brevi considerazioni si desumedunque che il tema della informazione ester-na d’impresa non può essere esaminato iso-latamente, ma deve invece essere riguardatoattraverso l’intero processo che la genera edin relazione ai soggetti coinvolti nella catenainformativa.Lo studio richiamato risale al luglio 2003, magià nel 2001, il legislatore italiano ha cercatodi porre un argine al fenomeno, partendoda quello che abbiamo definito “fallimentogestionale”. Con il decreto legislativo 8 giu-

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    LA CRISI DI FIDUCIADEGLI INVESTITORIED IL SISTEMADELL’INFORMAZIONEESTERNA D’IMPRESAdi Francesco Marescalco

    Negli ultimianni si è

    verificata unasignificativa

    riduzionedel numero e

    del valore delletransazioninei mercati

    di capitali edun conseguente

    spostamentod’interesse dei

    risparmiatoriverso forme

    alternatived’investimento:

    innanzituttoverso il settore

    immobiliare

    AvvocatoEsperto in

    Diritto Europeo

  • gno 2001, n. 231 sono state dettate normevolte a disciplinare la responsabilità ammini-strativa delle persone giuridiche, delle socie-tà e delle associazioni, anche prive di perso-nalità giuridica.In particolare, l’art. 5 stabilisce che l’ente èresponsabile per i reati commessi nel suointeresse o a suo vantaggio: a) da personeche rivestono funzioni di rappresentanza, diamministrazione o di direzione dell’ente odi una sua unità organizzativa dotata di au-tonomia finanziaria e funzionale, nonché dipersone che esercitano, anche di fatto, lagestione ed il controllo dello stesso; b) dapersone sottoposte alla vigilanza di uno deisoggetti indicati sub a). Il successivo art. 6precisa, però, che se il reato è stato com-messo dalle persone innanzi indicate, l’entenon risponde se prova tra l’altro, che l’orga-no dirigente ha adottato ed efficacementeattuato, prima della commissione del fatto,modelli di organizzazione e di gestione ido-nei a prevenire reati della specie di quelloverificatosi.La scelta normativa, quantunque apprezzabi-le sul piano delle intenzioni, deve, però, ri-tenersi ancora inadeguata. Sono i dati empi-rici che confermano questa conclusione. Il provvedimento richiamato risale all’anno2001; lo studio richiamato (in prospettiva iinternazionalistica) è dell’anno 2003; ed oggila situazione, non solo non è migliorata, maaddirittura sembra essersi aggravata.Da una piana lettura del provvedimento nor-mativo richiamato, si trae la sensazione che

    il legislatore italiano si sia posto in otticastrettamente nazionalistica, obliterando cheoggi l’economia è globale.E’ stato efficacemente affermato (da Tizzano,o.l.u.c.) che “di fronte ai global player, ipunti debolezza della catena non si rafforza-no intervenendo in un unico sistema Paese”.Da ciò ne deriva, pertanto, che le soluzioniadottate nei singoli Stati non potranno maidimostrarsi adeguate a reprimere possibilicomportamenti di soggetti che non sono sot-toposti a quella specifica lex terrae. Insomma, i responsabili della catena infor-mativa, devono orientarsi verso approcciampi e globali, tesi alla definizione di solu-zioni internazionalmente condivise, o quantomeno non divergenti.In tal senso, una strada proficuamente prati-cabile, potrebbe essere quella di predisporreuna piattaforma contenente dei principi con-tabili uniformi applicabili alle aziende ed ailoro revisori (c.d. accounting standard).Questa piattaforma di principi comuni do-vrebbe costituire la base di comportamentiuniformi idonei a superare, nel medio perio-do, la fase di stallo che i mercati finanziaristanno attraversando, di guisa tale da avviareun percorso di recupero del sistema della in-formazione esterna d’azienda. In particolare, attraverso la ricostituzione diun complesso rapporto fiduciario, potrebbeverificarsi l’effetto (tanto agognato) di orien-tare nuovamente flussi consistenti di rispar-mio verso i prodotti finanziari e quindi versoil mondo della produzione.

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  • te, i mutui sottoscritti aumentano magari uni-tariamente per capitale ma diminuisconosensibilmente per numero.Chi sottoscrive un mutuo d’altronde si impe-gna per decine di anni ed in una simile con-giuntura per impegnarsi bisogna avere dellecertezze che almeno per il momento parenon ci siano più.D’altronde c’è un altro dato essenziale: chicompra un alloggio magari per darlo in loca-zione non realizza più una percentuale nettamaggiore a quella dei famosi titoli di Statoed allora, perché impelagarsi in atti, registra-zioni, inquilini che non pagano o che allameglio spesso trattano l’immobile come fosseuna stalla?Ecco che il rallentamento del mercato si fapiù evidente, al mare ed in montagna, maanche nelle grandi città spuntano cartelli“vendesi” in ogni dove, ognuno cerca di rea-lizzare, adesso, prima che i prezzi scendano,anche se in fondo non è una vera esigenzaeconomica a spingere alla vendita. Si tratta inpratica solo di una forma di capitalizzazionedel guadagno, di una speculazione. Ma i sol-di mancano, i prezzi non scendono, i localirestano spesso invenduti.E’ a questo punto che la storia si intrica. Sìperché cosa fa lo Stato in una simile situazio-ne? Potrebbe aiutare i più bisognosi a com-prarsi un modesto alloggio, favorendo nelcontempo i costruttori onesti. Potrebbe legi-ferare per evitare le numerose truffe nel set-tore, aiutando l’edilizia popolare con mutui abasso tasso. Oppure potrebbe aumentare letasse sulle seconde case (ma qui già ci pen-sano i singoli comuni) indirizzando gli introi-ti verso l’edilizia popolare. Potrebbe avviarela demolizione delle case abusive che detur-pano centinaia di luoghi turisticamente rile-vanti, in genere seconde case tirate su allameglio, ciò almeno favorirebbe il turismo edil rispetto della legalità… Invece fino ad oranon si è fatto nulla di tutto questo, ci si èpreoccupati solo di “condonare” e subito do-po attuare la revisione degli estimi catastali.In pratica ci si è preoccupati di incassare ilmassimo dalle tasse sulla compravendita edai trasferimenti di proprietà. La cosa è giàgrave perché così non si attua una qualcheforma di redistribuzione dei redditi, aiutandochi ha bisogno di una casa, non si migliora ilpatrimonio architettonico, non lo si valorizza.L’immobile diviene un peso, spesso insoste-nibile, poco appetibile, specie se si tratta dilocali datati, che spesso vengono valutati dalcatasto come fossero nuovi.Ma non è finita, purtroppo. La revisione de-gli estimi che aumenta il valore fiscale degliimmobili produce altre due conseguenze: laprima è che l’ICI comunale è calcolata suquesti nuovi estimi, la seconda è che tasse di

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    Finito il tempo del Bot people si sonoriversate nel mercato immobiliare, nelmattone, seconde case in particolare,una miriade di miliardi investiti conla scusa che nel mattone erano al riparo daperdite repentine delle borse, recuperandol’inflazione tanto galoppante quanto nascostadai numeri irrealistici dell’Istat.Per il mercato bancario questo fatto è statopositivo nella misura in cui le strutture centralihanno ricominciato, finalmente credendo nellatenuta del settore immobiliare, a sviluppare lesezioni mutui e prestiti immobiliari. Si sa d’al-tronde che dopo i disguidi dovuti ai primimutui indicizzati all’Euro, il mercato si è stabi-lizzato, abbassando i tassi, proprio in conse-guenza dell’entrata in funzione della monetaeuropea. Tassi relativamente bassi, mercatoimmobiliare in grado di soddisfare tutte le esi-genze, stipendi di coppie di impiegati e liqui-dazioni dei neopensionati da investire, hannoaiutato il fenomeno, che comunque duravagià da un po’, in fondo anche questo mercatosegue in qualche modo la moda.Non che tutti possano permettersi una casa,ma in compenso molti altri, più fortunati, sisono premurati di acquistare la prima abita-zione o di ampliarla. Altri ancora, hanno sco-perto l’investimento al mare, nelle montagneolimpiche, nelle città d’arte, o addirittura al-l’estero. Insomma il settore “tira”, o almeno,diciamo meglio, tirava. Sì, perché dopo anni di crescita anche unpoco irrazionale, nel senso che tra i prezzi dicostruzione e di vendita talvolta c’era un sur-plus del 100%, qualcuno ha cominciato a do-mandarsi se l’investimento a quei prezzi po-teva essere ancora “sicuro”.La “moda” è cambiata, i liquidi disponibilisempre meno, la cassa integrazione più vici-na, i prezzi al consumo cresciuti, i risparmidiminuiti, i nuovi pensionati ridotti di nume-ro. Tutto ciò ha spinto i “consumatori di im-mobili” a maggior cautela. Nonostante la mole di nuove costruzioni pa-re che da alcuni mesi il mercato ristagni, an-che se i prezzi ancora non ne hanno risenti-to. In ogni caso le transazioni sono diminui-

    LA BOLLA SPECULATIVAIMMOBILIARE: UN PERICOLOO UN VANTAGGIOPER LE BANCHE?di Oscar Margaira

    DirigenteSindacale

    Falcri SanPaolo IMI

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    compravendita più alte, ICI alle stelle, bloc-cheranno il mercato progressivamente, la-sciando invenduti gli immobili che quindidovrebbero presto scendere di prezzo. Se ladiscesa farà sgonfiare la bolla facendo ripren-dere le vendite sarà un bene ma potrebbedarsi che prima di riprendersi il mercato cimetta anni, si sa come vanno queste cose. Aparte casi di un’esigenza urgente della primacasa, negli altri la cosa migliore da fare inmancanza di certezze sarebbe aspettare (ma-gari che i prezzi degli immobili scendano an-cora), anche perché intanto l’ICI tutti gli annisarebbe da pagare, cara, aumentata, quasicome un affitto. Piuttosto che comprarsi unaseconda casa, meglio affittarla per i mesi incui serve. Ci sarà da scegliere ed i prezzinon potranno essere altissimi.Concludendo c’è da preoccuparsi forse unpochino di una tale situazione che condizio-nerebbe probabilmente anche il mercato deimutui e l’occupazione nell’edilizia (uno deipochi settori economici finora ancora reatti-vi), le conseguenze minori come sempre lesubirebbero gli immobili di alto pregio ocentrali nelle città, per gli altri c’è il rischio dipagare tasse alte, basate su una rivalutazionecatastale eccessiva ed un poco abbozzata,con la conseguenza che molti immobili resti-no invenduti per anni, condizionando ancheil resto del mercato immobiliare.In tutta questa faccenda c’è da fare forse an-cora un accenno al valore al quale vengonocalcolati gli immobili delle aziende nei lorobilanci. C’è da credere che dove la valutazio-ne fosse attualizzata ai valori odierni, bilancitraballanti diverrebbero buoni, al contrariobilanci ottimi, in caso di sottovalutazione de-gli immobili, sarebbero poveri.Tutto ciò per annotare come possa davverorivelarsi problematico investire sia in immo-bili che in società ricche di immobili, ancorapiù difficile fare previsioni in questa situazio-ne sui fondi immobiliari.C’è chi ricorda come la grande crisi di WallSteet del ‘29 abbia preso il via da una so-pravvalutazione immobiliare in Florida, va ri-cordato che ormai da decine di anni il valoredegli immobili cresce, sia a causa dell’infla-zione, che per la volontà dei risparmiatori dimettere al riparo i loro capitali dai crolli dellaborsa e da investimenti ormai ritenuti rischio-si, in Italia o all’estero, vedi le azioni Parma-lat, i Bond argentini, o magari per i francesie gli inglesi, le azioni dell’Eurotunnel (tutto ilmondo è paese). Come se non bastasse tuttociò, per legge saremo obbligati a capire cosafare dei nostri TFR ed anche in questo casobisognerà sapere bene dove “investire” o“depositare” i soldini che dovrebbero garan-tirci una pensione decente.Per finire osservando il settore che ci interes-

    sa, non va taciuto il forte potere condizionan-te che i grossi istituti bancari ed assicurativi,grandi proprietari immobiliari, possono eser-citare sul mercato sia vendendo gli immobili,sia al contrario non alienandoli e tenendolimagari vuoti per condizionare parzialmente iprezzi degli affitti, oppure affittandoli a prezzisuperiori alle medie di mercato. Per adessouna pace sui prezzi sembra tenere anche inquesto settore, ma come agiranno, e quali al-leanze potrebbero nascere nel caso di grosseconcentrazioni bancarie, e come influirannosu tutto il settore immobiliare?

    Il mercato immobiliare subisce troppe interfe-renze, interessi, condizionamenti perché sipossa parlare per adesso di trasparenza suiprezzi. D’altro canto almeno sulla scelta, oggise si dispone del capitale necessario, proprionon c’è problema, talmente è alta l’offerta.Certo è che il settore immobiliare sembra pro-prio una giungla, anche perché lo Stato fino-ra non è parso interessato a semplificarlo. Ciònon aiuta il risparmio ma la speculazione el’estate scorsa ne abbiamo avuto un esempio.Ciò nuoce fortemente all’immagine di tutto ilPaese ed anche al “Libero Mercato” di cui lebanche dovrebbero essere l’espressione. Insomma, il bello viene adesso!

  • PROFESSIONE BANCARIO8

    Di solito non si è teneri con i “guru” del-l’economia. Riteniamo, come molti, che gliscienziati economici siano molto bravi aspiegare domani perché quello che avevanoprevisto ieri, oggi non si è verificato.Ma John era diverso.Nell’olimpo degli economisti si vocifera chenon abbia mai preso il Nobel perché un po’povero nella teoria: balle! Si può affermare,invece, che era uno che aveva il coraggio didire le proprie opinioni anche se scomode.Collaborò con molti presidenti americani daRoosveelt a Kennedy, ma non ebbe esitazionia porsi contro la guerra del Vietnam rompen-do con l’allora presidente Lyndon Johnson. Isuoi studi sui riflessi economici dei terribilibombardamenti alleati della seconda guerramondiale su Germania e Giappone (constatòche erano nulli gli effetti sulla produzione mi-litare!) gli costarono il posticipo per un paio

    di anni dalla cattedra di economia di Harvard,che tenne poi dal 1948 fino al 1975: mettersicontro la lobby americana degli armamenti èmooolto pericoloso!Ma forse quello che dava più fastidio eral’onesta ammissione che nelle teorie econo-miche di lungo periodo non vi è assoluta-mente nulla di scientificamente provabile.Sono quindi tutte assolutamente aleatorie,viste le numerose variabili incontrollabili!! I“guru” questo non lo perdonano.Il vecchio Galbraith ha sempre posto moltaattenzione al mondo dell’impresa e del lavo-ro arrivando a segnalare l’illusorietà dell’im-portanza della “domanda” nel mercato, com-pletamente soggetta e pilotata da pubblicitàe condizionamenti esterni. La parte più interessante riguarda sicuramen-te il lavoro con la chiara denuncia della “dit-tatura” del management nelle grande azien-de (corporation).La constatazione che ormai in queste azien-

    de gli azionisti contano quasi nulla e che ilpotere viene gestito dalla burocrazia dei ma-nager: “nelle società di capitale il potere èdel management; una burocrazia che ha ilcontrollo dei suoi compiti e dei suoi com-pensi. Compensi al limite del furto” (dal li-bro “‘L’economia della truffa”).Ci vengono in mente le stock option segnala-te in questi giorni da vari giornali sui topmanager (bancari e non). Milioni di euro,solo per il 2005. Cifre che un impiegato nonprenderà mai in tutta la vita lavorativa.

    MUORE A 97 ANNI L’ECONOMISTAJOHN KENNET GALBRAITHADDIOVECCHIO JOHNdi Paolo Lazzaretto

    “Le retribuzionibasse sonoper coloro

    che svolgonocompiti ripetitivi,

    noiosi, pesanti.Quelli che meno

    hanno bisognodi essere

    ricompensatiper ciò

    che fanno,e che meglio

    sopravvivrebberoanche con meno,

    sono pagatidi più”

    DirigenteSindacale

    Falcri Carive

  • PROFESSIONE BANCARIO 9

    Scusateci: un vero schifo (forse troppo pocosottolineato e condannato dalle organizza-zioni sindacali)!! Poi nelle riunioni, nei corsi,un grande impegno per convincerci che sia-mo una grande famiglia, che “loro” sonobuoni. Come può esserci una famiglia conuno che prende 30.000 euro l’anno e l’altro3 milioni!? Cento volte tanto. Forse anche aitempi del capitalismo mercantile venezianoc’era questa disparità tra paron e servidor,ma la differenza è che “el paron” era il pro-prietario dell’impresa, questi sono anche lo-ro dei dipendenti!! Incredibile, ma vero! Ecome dice sempre il vecchio John: “… sia-mo indotti ad associare un livello di intelli-genza non comune con la direzione di im-portanti istituzioni finanziarie... In realtà, gliindividui ai vertici di quelle istituzioni occu-pano quei posti perché, come succede dinorma nelle grandi organizzazioni, le lorofacoltà mentali erano le più prevedibili e, inconseguenza, dal punto di vista burocratico,le meno ostili per il rivale. Essi sono dunquedotati dell’autorità che incoraggia l’acquie-scenza dei loro subalterni e il plauso degliaccoliti, e che esclude critiche e opinioni di-verse. Sono perciò gelosamente protetti inquella che può essere considerata una fortecoazione all’errore” (dal libro “Breve storiadell’euforia finanziaria”).Queste parole non vi ricordano qualcosa? (Oqualcuno?).Si legge ancora in “L’economia della truffa”:“… il lavoro è ciò che si deve fare, diciamopure, ciò che si è obbligati a fare, per per-mettersi i vari aspetti di una esistenza deco-rosa. Procura i piaceri del vivere e tiene lon-tani i suoi dispiaceri, o peggio. Anche se ri-petitivo, stancante e privo di stimoli intellet-tuali, il lavoro è sopportato per disporre delnecessario, di qualcosa di gradevolmente su-perfluo e di una certa considerazione socia-le. Ma per assaporare davvero la vita biso-gna aspettare il fine settimana, i momenti aldi fuori dell’orario di lavoro. Allora, e soloallora, si è liberi dalla fatica, dalla noia, dalladisciplina della macchina produttiva, del po-sto di lavoro in genere, dei rapporti con isuperiori”.E ancora:“Le retribuzioni basse sono per coloro chesvolgono compiti ripetitivi, noiosi, pesanti.Quelli che meno hanno bisogno di essere ri-compensati per ciò che fanno, e che megliosopravviverebbero anche con meno, sonopagati di più”. Non è necessario alcun commento a questeparole, ma sarebbe auspicabile che tuttiprendessero atto di queste palesi ingiustizieed iniquità, riflettendoci e adeguando la pro-pria attività lavorativa. Addio vecchio John e... grazie ancora.

    Dipartimento InternazionaleA BUDAPESTIL COMITATO EUROPEO DELLE DONNEdi Bianca Desideri

    Nuovo appuntamento del Comitato Europeo delle Donne di UniFinanza il 26 e 27 giugno prossimi. Sarà Budapest ad ospitarele rappresentanti del Comitato che si rivedono dopo il proficuoe denso programma di lavori portato avanti nella riunione diLussemburgo del novembre scorso. La rappresentanza della Falcri sarà presente a questo importante appun-tamento nel corso del quale saranno discusse problematiche e specifi-cità femminili nel panorama di un mondo del lavoro in continua evo-luzione in Europa. L’incontro rappresenta un momento importante per un fattivo confron-to delle diverse esperienze delle organizzazioni del vecchio continentenel quale sempre più i temi della rappresentanza femminile nella nego-ziazione collettiva, per la verità assai scarsa, della sindacalizzazione (an-che questa non ancora particolarmente elevata fra le donne), dell’ugua-glianza delle remunerazioni e della possibilità di conciliare vita lavora-tiva e vita familiare rappresentano i punti sui quali si incentrano e siscontrano lavori e discussioni dei governi e delle organizzazioni sinda-cali sia a livello nazionale che europeo.Il problema della discriminazione, in particolare sul versante delle retri-buzioni, delle lavoratrici in un mondo sempre più globalizzato è, insie-me al tema delle Pari Opportunità, ed a quelli citati, fra gli argomentidi approfondimento del Comitato Europeo delle Donne di Uni Finanza.Nel panorama di un generale deterioramento rispetto al passato dell’at-tenzione ai diritti ed alla dignità dei lavoratori, purtroppo, non può nonessere la componente femminile del mondo del lavoro a rappresentarela “zona d’ombra”, la fascia più debole e discriminata e percentualmen-te ancora meno professionalizzata. In preparazione della prossima Conferenza europea del 2007 nel car-net di lavoro del Comitato e delle Commissioni saranno anche presen-ti i temi dell’occupazione nel settore dei servizi con particolare attenzio-ne all’outsourcing, al salario minimo, alla presenza delle donne nelleposizioni di vertice e alla battaglia per l’inserimento del “punto di vistadelle donne” quale contribuito al modello sociale europeo. Traguardi difficili da raggiungere, potrà obiettare qualcuno? Ma non im-possibili, ci sentiamo di rispondere come donne e come dirigenti sin-dacali!

    A GINEVRA LA SECONDACONFERENZA MONDIALE DI UNI FINANZAdi Manlio Lo Presti

    L’importante appuntamento di Ginevra dal 23 al 25 maggio ha pre-visto un fitto ordine del giorno, con temi principali i seguenti: 1)creazione di una strategia per l’affermazione di un lavoro digni-toso all’interno di un comparto in vorticosa trasformazione; 2) le sfidedella globalizzazione e le future azioni delle multinazionali; 3) la valen-za dei fondi pensione e il peso delle società di rating; 4) gli accordi glo-bali e le possibili future alleanze ed assetti organizzativi del movimentosindacale internazionale.Gli argomenti sono rilevanti sia per i contenuti che per le implicazioniche riguarderanno gli assetti del mondo sindacale italiano.Nel prossimo numero di Professione Bancario sarà pubblicato un reso-conto dettagliato dei lavori e delle strade che il sindacato mondiale delsettore riterrà di intraprendere per la tutela dei lavoratori e per la promo-zione di una migliore qualità della vita nel mondo del lavoro.

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    Ripercorrere la mia storia mi porta a rivisitarele cose fatte, sia quelle fatte bene sia quelleconcluse con minore successo, cercando dinon dimenticare alcuna esperienza e di trarneinsegnamento, nel desiderio di non ripeteregli errori già commessi, se ci sono stati, o ri-percorrere situazioni già vissute, per affronta-re quelle a venire con maggiore consapevo-lezza.Stiamo attraversando un momento molto dif-ficile e complesso. Spesso mi domando qua-le sia la strada migliore, la strada da seguire,stretti come siamo tra il raggiungimento deigrandi obiettivi aziendali e le grandi difficoltàlavorative che incontriamo.E nel percorrere questi ragionamenti, mi sonotrovato a ricordare dei discorsi che facevocon un amico, un amico con cui mi confron-tavo sempre nei momenti più difficili.Un amico che adesso non c’è più, a cui devoancora molto, un amico che nella nostra or-ganizzazione ha contribuito a costruire un im-portante pezzo di storia.Un amico che mi ha convinto, piano piano econ semplicità, sull’importanza del ruolo sin-dacale partendo da quelle che sembrano pic-cole cose, quelle cose che impattano con lavita concreta di tutti i giorni. Cose che posso-no fare di una persona che lavora, una lavo-ratrice o un lavoratore sereni o, diversamen-te, una lavoratrice o un lavoratore infelici edin sofferenza, se si sforzano per alzarsi ognimattina e per iniziare a lavorare in un modoed in un ambiente che crea loro disagio.E mi sono trovato a ricordare anche quantediscussioni abbiamo fatto sul ruolo delSindacato e sul ruolo della Falcri in particola-re, di come è nata – prima nelle Casse diRisparmio – e di quali erano i valori su cui siè consolidata e di come quei valori sianosempre attuali.“La persona al centro della nostra attività sin-dacale, la persona con tutte le sue particolari-tà, la persona nella sua interezza: il Sindacatodeve operare perché la persona si trovi me-glio possibile nel suo luogo di lavoro”.Nella nostalgia di questo ricordo, osservandola realtà di oggi, mi colpisce come uno schiaf-fo capire che i grandi obiettivi non sono nul-la se sacrificano il benessere delle Persone.Ed al tempo stesso è gratificante e consolan-te capire come questo messaggio sia ancoraattuale, come la Falcri possa e debba conti-nuare a svolgere un ruolo importante nel pa-norama sindacale del Settore perseguendocon tenacia questo obiettivo, valorizzando lesue radici.Ed è importante proprio in questo momento,in cui altri importanti Sindacati autonomi spo-sano la scelta della confederalità, che rispettoprofondamente, ma che non è la mia né lanostra scelta, sapere che il nostro obiettivo è

    Adistanza di pochi mesi dal nostroingresso nel Gruppo, debbo direche le speranze si sono trasforma-te in illusioni e che molte sono ad-dirittura svanite, di fronte ai comportamenti diun Gruppo che mostra di avere come primoe spesso come unico pensiero il raggiungi-mento del profitto e che alla sua principale ri-sorsa – le Persone che ci lavorano – non ri-serva la dovuta considerazione.E’ spiacevole dover fare queste riflessioni do-po aver assaporato la sensazione di essereapprodati in un qualcosa di importante, dopoaver pensato di far parte di un qualcosa che,si distingueva da altri, anche e soprattuttoperché sembrava molto attento alla squadracon cui giocava la partita nel nostro comples-so scenario.Parliamo di un Gruppo che ha realizzato im-portanti investimenti, sia in termini di imma-gine che di risorse, negli ambiti dellaResponsabilità Sociale dell’Impresa, con laCarta di integrità, nella ricerca di migliorare irapporti con la clientela, nella ricerca di unmaggior coinvolgimento e rapporto con i col-leghi.Ma capita ogni giorno che colleghi, in diffi-coltà per le pressioni commerciali cui sonosottoposti, per ritmi e carichi di lavoro sem-pre più pesanti e pressanti, per orari che col-piscono le loro condizioni di vita e di lavoro,si rivolgano al Sindacato per lamentare chevivono una vita che si discosta molto da cer-ti progetti e per chiedere di trovare soluzioni.Capita ogni giorno che il Sindacato si interro-ghi su come intervenire e su come trovare so-luzioni equilibrate in questo mercato semprein movimento. Dove “chi si ferma è perduto”,dove le Persone vengono sempre e comun-que prese in considerazione solo successiva-mente all’azienda ed al raggiungimento delsuo profitto.Capita ogni giorno che il cosiddetto mercato,il sistema, autoalimentino la convinzione chesia giusto così, che non bisogna mai fermarsie guardare indietro, che bisogna fare sempredi più.Io, invece, voglio guardarmi indietro.

    UN PENSIERO SULLA FALCRIGRAZIE AL RICORDODI UN AMICOdi Aleardo Pelacchi

    Quando,come Bancadell’Umbria,

    radicatarealtà locale,

    siamoapprodati

    nel GruppoUnicredito,le speranze

    di migliorarela nostra vita

    lavorativae di essere

    tenuti inmaggiore

    considerazionecome persone,

    erano tante

  • attuale e dà un senso importante e qualifican-te alla nostra esistenza.E’ importante anche tornando nell’ambito del-le problematiche del Gruppo Unicredito, ilcui atteggiamento credo sia cambiato negli ul-timi tempi.L’operazione con HVB sta prendendo il so-pravvento su tutto, quello che aveva valoreprima sembra lo abbia di meno adesso, ilcompletamento di quella operazione rischiadi sacrificare cose importanti che non posso-no restare subordinate.E si pone forte il problema su cosa si può fare.E riaffiorano i ricordi di prima.Ricordando quella importante testimonianzadi vita vissuta, credo che proprio in questomomento di grande incertezza generale e didifficoltà, quel messaggio sia ancora del tuttoattuale e ci possa aiutare a capire meglio.Anche se tutto corre in avanti a velocità verti-ginosa, dobbiamo continuare a guardare in-dietro per non dimenticare la nostra storia;cercare di fare il possibile, ma cose concretee tangibili.Non dobbiamo mai perdere di vista la perso-na che lavora.Non dobbiamo mai credere che esiste qualco-sa di più grande che può farla rinunciare alsuo diritto di vivere il lavoro con dignità esoddisfazione.Perché non ci deve essere chi si alza al mat-tino con la preoccupazione di andare a lavo-rare.Non si deve accettare che vengano sacrificatecose importanti nella unica ricerca del profit-to – che va ricercato sì, ma con maggioreequilibrio –.Non si può non denunciare la differenza chesi nota troppo spesso tra i principi enunciatidall’azienda e la loro applicazione concreta.In più, con coraggio, se vogliamo veramentesvolgere fino in fondo la nostra funzione, co-me sindacato, ed essere attori protagonisti elasciare segni concreti, dobbiamo prestaregrande attenzione nelle operazioni che nontengano nella dovuta considerazione le con-dizioni di vita delle Lavoratrici e deiLavoratori del Gruppo, o quando queste ven-gano sacrificate in nome della ricerca solo diun maggior profitto o solo della distribuzionedi un maggior dividendo tra gli azionisti.Se vogliamo svolgere fino in fondo la nostrafunzione, dobbiamo sfidare il nostro Grupposul piano delle cose anche a suo dire impor-tanti, come quello della ResponsabilitàSociale dell’Impresa e della Carta di integrità,perché non è possibile che gli unici portatoridi interessi siano gli azionisti ed i clienti, enon anche le Lavoratrici ed i Lavoratori che cioperano, come noi riteniamo che siano a pie-no diritto.Un ultimo pensiero.

    Cerchiamo di non accettare mai la logica disentirci cosa altra rispetto a chi ci sta vicino,solo perché abbiamo ruoli diversi o viviamorealtà lavorative diverse.I nostri problemi possono diventare i proble-mi di chi ci sta vicino.I problemi di chi ci sta vicino possono diven-tare nostri problemi.Cerchiamo invece di essere uniti nel sentire enel pensare, nel rispetto delle diversità, per-ché solo così potremo riuscire a tutelare me-glio la nostra vita.

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    La FALCRI sin dal 2004 si è interessata a te-mi di responsabilità sociale pubblicando unaricerca sullo spaccato dei bilanci sociali pre-disposti dalle banche italiane per l’esercizio20021. Pur essendosi dimostrato un settoreparticolarmente sensibile e anticipatore ri-spetto a tali tematiche, il mondo bancario,già in quella ricerca ma anche da monitorag-gi più recenti, ancora non si è avvicendatonel terreno inesplorato del bilancio di gene-re. Questo processo è pressoché sconosciutoal settore privato; qualche sporadica applica-zione si registra, invece, soltanto nel panora-ma pubblico.Ciò giustifica l’opportunità di una ricercache, in coerenza con le finalità del genderauditing, sia rivolta a misurare la spesa pub-blica dello Stato Italiano, dal dopoguerra adoggi, destinata esclusivamente alle donne2.Posto che le banche hanno un’alta percen-tuale di presenza femminile, avrebbe sensoallora parlare di bilancio di genere? Da quil’idea di dare un breve excursus per definirequesto documento e per inquadrarlo in uncontesto storico e geopolitico allargato.

    Che cos’è il bilancio di genereIl bilancio di genere o gender budgeting ogender auditing report è uno strumento diprogrammazione dei servizi degli enti pub-blici che tiene in considerazione le esigenzedelle diverse categorie sociali, con particola-re riferimento ai bisogni “di genere”, cioèquelli connessi agli specifici caratteri essen-ziali e distintivi delle diverse categorie disoggetti. Il presupposto è che i bilanci deglienti pubblici non sono dei documenti eco-nomici neutri: le scelte delle amministrazio-ni, infatti, hanno un impatto diverso sugliuomini e sulle donne. Definire la domandapotenziale di servizi in un’ottica di genereed evidenziarne le differenze attraverso unpreciso lavoro di analisi permette di riformu-lare le voci di spesa di un bilancio e di di-stribuire le risorse in un modo più attentoalle necessità dei cittadini.Con il bilancio di genere si intende innanzi-tutto costruire una metodologia per innesca-re un processo di indagine partecipata cheindividui un set di indicatori che permetta dileggere in maniera obiettiva, quantitativa-mente e qualitativamente dimostrabile, l’im-patto delle politiche pubbliche su uomini edonne in un’ottica di genere.L’analisi di genere si concretizza in un docu-mento di bilancio, riclassificato e rianalizzatoper passare dai criteri contabili e amministra-tivi a criteri di trasparenza e di consapevo-lezza delle azioni politiche rispetto alle di-sparità di genere. Gli amministratori avrannoquindi a disposizione una sorta di bilanciosociale incentrato su uomini e donne, che

    potranno utilizzare per meglio comprenderele conseguenze delle proprie scelte. La citta-dinanza avrà invece uno strumento in piùper valutare l’azione dell’ente pubblico.In base a questa prospettiva, nessuna deci-sione di politica economica si può definireneutrale rispetto al genere: ciò deriva dalfatto che donne e uomini hanno bisogni di-versi e occupano ruoli diversi all’interno delsistema economico; le donne, per esempio,oltre ad essere impiegate nell’ambito del-l’economia retribuita, dedicano buona partedel proprio tempo ad attività (produzione dibeni e servizi per la famiglia, lavoro di cura)che rientrano nell’ambito dell’economia nonretribuita. Si tratta quindi di valutare attenta-mente l’interazione fra i due sottosistemi(economia retribuita/non retribuita) nel mo-mento in cui si prendono decisioni di politi-ca economica.Il bilancio di genere è un documento che siaffianca e non sostituisce il bilancio tradizio-nale delle cifre. Si chiama bilancio, ma èuna relazione, frutto di un processo interno,che si differenzia dal bilancio tradizionaleper contenuti (i fatti realizzati ed i valori as-sunti e non solo le cifre) e destinatari (chesono rappresentati da tutta la platea di stake-holder con una lente di genere).Gli obiettivi alla base del bilancio di generesono:• equità: superare l’apparente neutralità del-

    le decisioni di bilancio a sostegno di unaazione politica più equa rispetto ai generi;

    • trasparenza: evidenziare nel quadro delbilancio complessivo le aree di interventomaggiormente interessate dalle disparità digenere e i margini di discrezionalità dellestesse;

    • efficienza: migliore conoscenza delle real-tà del territorio e quindi migliore impiegodelle risorse;

    • consapevolezza: per gli amministratori si-gnifica aggiungere la prospettiva di generetra gli strumenti di decisione e program-mazione della loro azione politica.

    Il bilancio di genere si inserisce tra gli stru-menti di accountability e come tale è in gra-do di motivare pubblicamente le ragioni del-le azioni intraprese, dei costi sociali prodotti,dei vantaggi sociali realizzati.

    Le esperienze internazionaliIl bilancio di genere si può individuare co-me uno degli ultimi passi compiuti in unprocesso di sensibilizzazione che si è via viaevoluto con alcune Conferenze mondiali(Città del Messico 1975, Copenaghen 1980,Nairobi 1985, Pechino 1995) che sono statesia la cassa di risonanza dei mutamenti incorso, sia anche un elemento catalizzatore edi crescente comunicazione tra Paesi del

    IL BILANCIODI GENERE

    NEL SETTOREBANCARIO

    ChiaraBruni

  • mondo molto diversi dal punto di vista dellacondizione femminile.A livello internazionale il primo paese a speri-mentare la metodologia di gender budgetingè stata l’Australia, che nel 1985 ha condottouna prima analisi di genere sul bilancio sta-tale. Successivamente altri Paesi si sono im-pegnati in iniziative simili, ne sono stati sti-mati circa una quarantina, tra i più attivi sicitano: il Canada, il Sudafrica, la GranBretagna, la Francia, Israele, la Svezia, laSvizzera, la Svezia, la Norvegia, la Danimar-ca, i Paesi Baschi, etc.Il successo di questo strumento di analisi èdovuto al riconoscimento da parte della co-munità internazionale della sua efficacia ri-spetto all’attuazione delle politiche di mainstreaming.

    Le prime applicazioni interneNel Fondo Sociale Europeo l’attenzione almainstreaming e alle pari opportunità è unapriorità espressamente citata in tutte le di-sposizioni comunitarie e quindi viene ripresotra le priorità e scelte strategiche dei docu-menti regionali che le recepiscono nei varimomenti programmatori, pianificatori, di ge-stione e di verifica ex post.Nel tentativo di rendere concretamente rea-lizzabile tale principio, lo Stato Italiano, po-nendo in essere una iniziativa innovativa ri-spetto agli altri paesi dell’Unione, attraversoil Dipartimento per le Pari Opportunità(DPO), ha predisposto le Linee Guida VISPO(Valutazione Impatto Strategico PariOpportunità), poi riprese e ampliate dagli in-dirizzi operativi, attraverso le quali è statoofferto uno strumento alle regioni e alle am-

    ministrazioni coinvolte per orientare le pro-prie scelte in una logica di parità e pari op-portunità, con una azione traversale rispettoa tutte le misure, e non solo a quelle specifi-catamente rivolte alle donne.In Italia la prima esperienza di bilancio digenere è stata condotta in via sperimentalenel Comune di Sestri Levante nel 2002 e nel2003; a questa hanno fatto seguito l’analisidi genere dei bilanci del Comune diGenova, della Provincia di Genova, dellaProvincia di Modena e del Comune diPinerolo. In Valle d’Aosta con il progettoBI.G (Bilancio di genere) finanziato dalFondo Sociale Europeo è stata sperimentatal’analisi di genere dei bilanci della ComunitàMontana Monte Cervino e della Città diAosta (2004) applicando la metodologia giàsperimentata con successo per l’analisi digenere del bilancio di Sestri Levante. Semprecon un progetto finanziato dal FondoSociale Europeo è stato inoltre realizzato ilGender Auditing della Regione EmiliaRomagna e del Servizio Artigianato eCommercio della Provincia di Modena. Parallelamente al diffondersi di queste inizia-tive, le Province di Genova, Modena e Sienahanno promosso un Protocollo d’Intesa sullePari Opportunità con l’obiettivo di “qualifica-re e promuovere lo sviluppo di tutte le risor-se femminili per una effettiva realizzazionedelle pari opportunità” attraverso lo scambiodi esperienze e buone prassi che riguardino“modelli e strumenti di programmazione eduso dei bilanci pubblici al fine di costruirepari opportunità di sviluppo e benessere trauomini e donne”. Il protocollo è stato in se-guito sottoscritto dalle Province di

    PROFESSIONE BANCARIO 13

    THE GENDER GAP RANKINGS

    Tutte le percentualisono riportate in scalada 1 a 7, con 7 cherappresenta il massimodi “gender equality”.

    Fonte: Women’s Empowerment: Measuring the Global Gender Gap (Svizzera, 2005)

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    Alessandria, Parma, Ferrara, Firenze, LaSpezia, Milano, Torino e dai comuni diGenova, Milano, Torino e Rimini; questi ulti-mi invitano il Sindaco e gli Assessori a inse-rire nel processo di costruzione del bilanciola prospettiva di genere.

    L’attuale scenario mondialeAl Women’s Empowerment: Measuring theGlobal Gender Gap (Svizzera, 2005) è statopresentato un rapporto del World EconomicForum (Wef) che ha illustrato l’attuale sce-nario mondiale.Il Wef ha utilizzato per la classifica cinque cri-teri: la partecipazione economica e la parità diremunerazione tra i due sessi; le opportunitàdi accesso a tutti i tipi di lavoro; la rappresen-tatività nelle strutture decisionali dei paesi;l’accesso all’educazione e l’assistenza alla salu-te e alla maternità. La classifica è stata compi-lata calcolando i dati forniti da statistiche na-zionali, organizzazioni mondiali (tra le qualil’Onu) e ricerche compiute dallo stesso Wef.Il risultato è una “bocciatura” senza appello. Il “Gender gap index” (indice delle differen-ze uomo-donna) pubblicato dal Wef nell’am-bito del Programma globale per la competiti-vità, relega l’Italia al 45esimo posto, dietro aPaesi come la Colombia, l’Uruguay, ilBangladesh, lo Zimbawe e la Thailandia. Ilrapporto annuale dell’organizzazione inter-nazionale indipendente prende in esame 58Paesi: all’ultimo posto della classifica ci sonoPakistan, Turchia ed Egitto, il primo tra iPaesi non europei è la Nuova Zelanda, se-sta, gli Stati Uniti sono undicesimi. [...]”3

    Uno degli economisti autori del rapporto,Saadia Zahidi, commenta: “Il dato davverosconcertante è che nessuna nazione è riusci-

    ta ad eliminare completamente le discrimina-zioni”4.Ci si augura, pertanto, unitamente a SaadiaZahidi5, che le prime pennellate della rendi-contazione sociale possano concretizzarsi eche questo dipinto, in continuo divenire, de-finisca al più presto i contorni di genere delmondo bancario, che si è sempre mostratoparticolarmente sensibile a tali tematiche.L’auspicio è quello di continuare e, soprattut-to, di non sedersi su ciò che è stato già fatto.Il bilancio di genere, come quello sociale,non è un bilancio tout court, ma è un atto dicreatività ed il nemico più grande della crea-tività da sempre è “la scimmia del manieri-smo” o la “cultura del precedente”. Il segre-to, quindi, è continuare a innovarsi, a creare,ad osservare che cosa fanno gli altri, anchein altri comparti ed in altre nazioni.

    1 “Banche e la Responsabilità Socialedell’Impresa. Bilanci Sociali: esito di una ricer-ca sul campo”, in Rivista Professione Bancario,anno XVI, n. 7-8, luglio-agosto 2004, FALCRIEditore.

    2 “Il Bilancio di Missione dello Stato Italiano ver-so lo stakeholder donna (1948-2004). La spesadello Stato per i diritti delle donne” presentato aRoma il 10 novembre 2005 dalla FondazioneRisorsa Donna con il patrocinio del Ministeroper le Pari Opportunità.

    3 CRISTINA NADOTTI “Donne e pari opportunitàL’Italia peggio dello Zimbawe - In una classificadi 58 paesi siamo 45esimi, il top è la Svezia”,La Repubblica.

    4 SAADIA ZAHIDI, ibidem.

    THE GENDER GAP RANKINGS

    Adattato da L. Hinna (a cura di), Il bilancio sociale, Il Sole 24 Ore, Milano, 2002.

  • Con il manuale “Come gestire la re-sponsabilità sociale dell’impresa”,Luciano Hinna, docente straordina-rio di programmazione e controllonelle Pubbliche Amministrazioni presso laFacoltà di Economia dell’Università TorVergata di Roma, torna ad occuparsi, con undiverso taglio e muovendo da altre angola-zioni, di un tema già trattato nel precedentelibro “Il bilancio sociale”, edito negli stessi ti-pi de “Il Sole 24 Ore” nell’agosto del 2002,tempo che l’Autore definisce ormai“lontano”, attese le notevoli evoluzioni e lerilevanti esperienze nel frattempo maturatein materia di responsabilità sociale dell’im-presa.Lo stesso Autore, infatti, avverte nelle pre-messe che “Il bilancio sociale, che solo treanni fa era “il quadro”, oggi è diventato latessera di un mosaico più grande e più com-plesso, un particolare nel dipinto che non ri-mane più fisso, ma che, come un ologram-ma, muta al cambiare delle esigenze, dei li-velli culturali e delle attese degli stakeholder,spiazzando modelli e standard preconfezio-nati... Con questo libro non si vuole afferma-re che il bilancio sociale non serve più, mache, certamente, non serve più da solo”.Questa nuova opera, dunque, nasce dall’esi-genza di aggiornamento ed approfondimen-to di argomenti solo in parte già trattati nelprecedente volume, verificando ed anche ri-meditando taluni risultati già raggiunti, non-ché introducendo nuove prospettive di stu-dio di una ricerca lunga ed affascinante, ne-cessariamente “ancora intrisa di incertezza elontana dall’essere conclusa, ma carica diopportunità, possibilità ed aspettative”, cheLuciano Hinna intende condividere con di-verse tipologie di lettori, dichiarando espres-samente il proposito di rendere il volume“multistakeholder”, ed infatti si rivolge con-sapevolmente non solo agli “addetti ai lavo-ri”, ma a tutti i possibili protagonisti varia-mente coinvolti al tema per qualsiasi qualifi-ca, competenza e potenzialità, compresi glistudenti e senza dimenticare “i politici di-stratti”, attendendosi da tutti un contributo.

    Il primo obiettivo del volume,in ossequio alla forma pre-scelta del “Manuale”, è quel-lo di ordinare i concetti e glistrumenti della materia, peragevolarne innanzitutto lacomprensione, e quindi laapplicazione pratica; il se-condo fine è quello di de-scrivere in particolare co-me e perché l’impresa siorganizza per rendereconto del proprio ope-rato nel settore della re-sponsabilità socialedell’impresa; il terzoobiettivo, infine, èquello rivolto a porretalune basi, e specieinterrogativi, volti aifuturi ulteriori svi-luppi non solo della ricerca maanche dello stesso fenomeno che ne è adoggetto, che coinvolge interessi comuni atante discipline.Il taglio del volume è didattico ed illustrati-vo: nulla è dato per scontato, né vi sono so-luzioni “pre-confezionate”, in tal modo il let-tore più inesperto potrà giovarsi di una pun-tuale e rigorosa spiegazione della materia,mentre quello più preparato troverà numero-si stimoli critici, cosicché ciascuno è messoin condizione di trovare da sé le soluzionipreferite.Una menzione particolare merita lo stile,esemplarmente chiaro e scorrevole, nono-stante la complessità e la densità dei con-cetti e delle numerose fonti considerate,nonché caratterizzato non solo dal consue-to ausilio di utili rappresentazioni graficheche agevolano la comprensione, ma soprat-tutto dalla ricchezza di piacevoli ed effica-ci figure retoriche che catturano ed ali-mentano l’attenzione, sebbene l’Autore ri-veli il proprio timore di avere abusato diimmagini e metafore, autorizzando il letto-re “a saltarle e a fuggire al capoverso suc-cessivo se le trova ridondanti”: ciò che, anostro avviso, certamente non sarà.

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    COME GESTIRELA RESPONSABILITÀ SOCIALEDELL’IMPRESAdi Chiara Bruni

    A PROPOSITO DI MOBBING

    Il 16 giugno alle ore 15.30 presso ilSalone delle Assemblee della Carispaqin Corso Vittorio Emanuele n. 48 si te-rà il convegno “A proposito di mob-bing” organizzato dalla FALCRI e dalCentro Studi di Diritto del Lavoro “D.Napolitano” sezione di L’Aquila.

  • PROFESSIONE BANCARIO16

    APPRENDISTATOPROFESSIONALIZZANTE

    L’istituto dell’apprendistatoè stato profondamente mo-dificato dal D.Lgs. 10 set-tembre 2003, n. 276 attua-tivo della legge delega 14febbraio 2003, n. 30 cheha introdotto tre diverse ti-pologie di contratto di ap-prendistato, applicabili intutti i settori di attività:• contratto di apprendistato

    per l’espletamento del dirit-to-dovere di istruzione eformazione;

    • contratto di apprendistatoprofessionalizzante;

    • contratto di apprendistatoper l’acquisizione di un di-ploma o per percorsi di al-ta formazione.

    Nel settore del credito, però,il CCNL 12 febbraio 2005 haprevisto la possibilità di utiliz-zare il solo contratto di ap-prendistato professionaliz-

    zante, avendo le parti rinvia-to la regolamentazione dellealtre tipologie di apprendista-to ad un successivo momento.FinalitàL’apprendistato professio-nalizzante è finalizzato alconseguimento di una qua-lificazione corrispondenteai profili professionali rien-tranti nella 3° area profes-sionale, attraverso l’acquisi-zione di competenze di ba-se, trasversali e tecnico-pro-fessionali, che determininol’accrescimento delle capa-cità tecniche dell’individuoal fine di farlo diventare unlavoratore qualificato.SoggettiPossono essere assunti sog-getti d’età compresa tra i 18ed i 29 anni o che hannocompiuto i 17 anni d’età pur-ché in possesso di una quali-fica professionale conseguitaai sensi della legge 28 marzo2003, n. 53.Forma e contenutidel contrattoIl contratto di apprendistatoprofessionalizzante dovrà es-sere stipulato in forma scrittaed a questo dovrà essere al-legato il piano formativo indi-viduale, contenente la descri-zione del percorso di forma-zione specifico da seguire. Ilcontratto può essere a tempopieno o a tempo parziale,ma, in quest’ultimo caso, nonpuò avere una durata inferio-re a 25 ore settimanali alloscopo di garantire una ade-guata attività formativa.

    Durata ed inquadramentoIl contratto ha una durata di4 anni e prevede l’inquadra-mento, per il primo biennio,al secondo livello retributivoimmediatamente inferiore ri-spetto a quello previsto per laqualifica professionale cheverrà conseguita al terminedel periodo di apprendistato,per il secondo biennio, nel li-vello retribuito immediata-mente inferiore.Computo del periododi apprendistato,malattia ed infortunioNell’ipotesi in cui il rapportoprosegua con un contratto atempo indeterminato al termi-ne del contratto di apprendi-stato tale ultimo periodo ver-rà computato integralmenteai fini della maturazione del-l’anzianità di servizio (es. fe-rie) e, limitatamente ad unbiennio, per la maturazionedegli scatti di anzianità e de-gli automatismi.Per quanto riguarda il regimedel comporto, è prevista laconservazione del posto el’intero trattamento economi-co, qualora si abbia superatoil periodo di prova, per unperiodo di 3 mesi in caso dicomporto c.d. secco (assenzacontinuativa dal lavoro) e di4 mesi in caso di comportoc.d. per sommatoria.Profili formativiLa formazione prevista perl’apprendista dovrà essere ri-volta a fare acquisire le com-petenze relative ai seguentiprofili:

    Area Commerciale:1) Addetto Operativo.2) Addetto all’attività com-

    merciale.3) Operatore di Banca

    Telefonica.4) Assistente Operativo

    Clientela Imprese.5) Assistente Operativo

    Private.Area di staff:6) Addetto alle attività di

    supporto alla gestionedell’azienda.

    7) Addetto alle attività disupporto aree specialisti-che di business.

    Area di supporto esecutivo:8) Addetto ad attività ammi-

    nistrative e/o contabili.9) Addetto ad attività infor-

    matiche e/o di telecomu-nicazioni.

    Libretto formativodel cittadinoLa formazione ricevuta dal-l’apprendista e le competen-ze acquisite saranno registra-te nel libretto formativo delcittadino, mentre l’aziendadovrà attestare con dichiara-zione formale le caratteristi-che della formazione svolta. Contratto di apprendistatoe contratto di inserimentoAl fine di evitare un uso stru-mentale dei contratti in og-getto, le aziende non potran-no ricorrere, nei confrontidello stesso lavoratore/lavo-ratrice, al contratto di ap-prendistato dopo avere utiliz-zato il contratto di inserimen-to e viceversa.

    ! ?a cura di Fabrizio Gosti

  • PROFESSIONE BANCARIO 17

    CHE DIFFERENZA C’ÈTRA UNA BANCAE UNA CANOA?

    Una Società italiana ed unagiapponese decisero di sfi-darsi annualmente in unagara di canoa, con equi-paggio di otto uomini. Entrambe le squadre si alle-narono e quando arrivò ilgiorno della gara ciascunasquadra era al meglio dellaforma, ma i giapponesi vin-sero con un vantaggio di ol-tre un chilometro. Dopo la sconfitta il moraledella squadra italiana era aterra.Il Top management deciseche si sarebbe dovuto vince-re l’anno successivo e istituìun Gruppo di Progetto perinvestigare il problema.Il Gruppo di Progetto scoprìdopo molte analisi, che igiapponesi avevano sette uo-mini ai remi ed uno che co-mandava, mentre la squadraitaliana aveva un uomo cheremava e sette che comanda-vano. In questa situazione dicrisi il management dette unachiara prova di capacità ge-stionale: ingaggiò immedia-tamente una Società diConsulenza per investigaresulla struttura della squadraitaliana.Dopo molti mesi di duro la-voro, gli Esperti giunsero aduna conclusione che nellasquadra c’erano troppe per-sone a comandare e troppo

    poche a remare. Con il sup-porto del rapporto degliEsperti e l’avvallo delGruppo di Progetto, fu deci-so di cambiare immediata-mente la struttura dellasquadra! Ora ci sarebberostati quattro comandanti,due supervisori dei coman-danti, un capo dei supervi-sori e uno ai remi. Si introdusse inoltre una se-rie di punti per motivare ilrematore: “Dobbiamo am-pliare il suo ambito lavorati-vo e dargli più responsabili-tà…”.L’anno successivo i giap-ponesi vinsero con unvantaggio di due chilo-metri! La Società italiana li-cenziò in tronco il re-matore a causa degliscarsi risultati e pagòun bonus al Gruppo diComando come ricom-pensa per il grande im-pegno che la squadraaveva dimostrato.La Società di Consu-lenza preparò unanuova analisi, dove sidimostrò che erastata scelta lagiusta tatti-ca, cheanche lamotiva-z i o n ee r ab u o n a ,ma che ilm a t e r i a l eusato doveva es-

    sere migliorato...Al momento la Società ita-liana e’ impegnata a pro-gettare una nuova canoache preveda la fusione dipiù canoe in una sola in mo-do da creare delle sinergiecapaci di rendere più effica-ce ed efficiente la remata inun contesto dove l’aumentodella massa critica vada aconiugarsi con le diversespecificità…

    Lo Spazio di Ferri

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  • PROFESSIONE BANCARIO18

    LA 626 NELLACONTRATTAZIONECOLLETTIVA:CCNL E INTEGRATIVI

    Il Sindacato, a parere di chiscrive, non ha ancora com-piutamente compreso come itemi della salute e della sicu-rezza sul luogo di lavoro, fi-nora esclusi per l’oggetto tu-telato dalla negoziazione edalla monetizzazione, pos-sano invece diventare a pie-no titolo, materie con una lo-ro collocazione specifica nel-le fasi di contrattazione ne-goziale, dal momento chequesta risulta essere la sedeprivilegiata in cui si manife-sta il potere di tutela, di pro-mozione e di indirizzo del-l’autonomia collettiva.In tal senso sembra opportu-no enfatizzare come alcunipossibili elementi promozio-nali, definiti proprio in sedenegoziale, possano assurge-

    re al rango più elevato difonte legislativa, in quanto ingrado di ricoprire un ruolo diprimo piano all’interno dellalegislazione cogente di tute-la.Sarebbe opportuno che lafunzione promozionale eser-citata dall’autonomia colletti-va, in sede di contrattazionein materia di sicurezza e sa-lute, non venisse più sottova-lutata, ma anzi, una voltaapprofondita e condivisa alivello sindacale, dovrà esse-re sempre meglio considera-ta come strategica per le sueamplissime potenzialitàesplicative e ricadute. L’ambito negoziale dellacontrattazione, sia nella fasecollettiva nazionale sia inquella integrativa aziendale,rappresenta senza dubbio illuogo più idoneo a definirein modo consensuale i livellidi tutela del lavoratore real-mente applicabili ad ognispecifica unità produttiva, te-nendo in debito conto sia gliinteressi categoriali sia il rea-le contesto operativo. Senza nulla togliere al poteredi intervento e tutela spettan-te per legge al singolo lavo-ratore in forza del contrattodi lavoro, il Sindacato, omeglio le associazioni sinda-cali di categoria, quali grup-pi organizzati, possono e de-vono svolgere in sede di con-trattazione, sia a livello na-zionale che aziendale, lamissione loro affidata con laforza dei poteri e dei dirittisanciti con la Legge 300 del1970.È necessario sottolineare co-me il must di parte aziendaleossia la riduzione dei costi,non sempre confligge conl’obiettivo etico irrinunciabiledella salute e sicurezza del-l’ambiente di lavoro, ma an-

    zi questi sono obiettivi chepossono ed anzi dovrebberotrovare nella contrattazionela sede più efficace a mode-rare le loro intrinseche diver-sità.C’è, purtroppo, da dire chel’individuazione dei poten-ziali sviluppi della funzionepromozionale esercitata dal-l’autonomia collettiva in sededi contrattazione non è im-presa da poco, visto che rin-vii normativi espliciti in talsenso sono molti esigui. La contrattazione collettiva,infatti, viene richiamataesplicitamente solo in alcuniarticoli del D.Lgs. 626/94,quelli, per esempio, riguar-danti le rappresentanze deilavoratori per la sicurezza, esolo per definire “il numero,le modalità di elezione o de-signazione” ed “il tempo dilavoro retribuito e gli stru-menti per l’espletamento del-le funzioni”. Alla contratta-zione, inoltre, viene riservatala determinazione della mo-dalità e dei contenuti dellaformazione del rappresen-tante come pure le modalitàdi esercizio delle attribuzionidi sua competenza (art. 18al comma 3, 5, 7; vedi ancheper i videoterminalisti art. 54comma 2). Si scopre quindi che, in ma-teria di sicurezza e salute, ilriconoscere all’autonomiacollettiva quel potere promo-zionale avviene proprio gra-zie alla progressiva identifi-cazione delle rappresentan-ze dei lavoratori per la sicu-rezza, quelle già previstedall’art. 9 della L. 300, con lerappresentanze sindacaliaziendali. Questa assimila-zione, operata inizialmenteda dottrina e giurisprudenzae successivamente perespressa affermazione al-

    l’art. 20 nella legge di rifor-ma sanitaria (L. 833/78),troverà, infatti, anch’essa co-dificazione normativa nelD.Lgs. 626/94 (art. 18 - 19).L’importanza di questa ope-razione giurisprudenziale diidentificazione è facilmenteintuibile: essendo stata attri-buita alle rappresentanze, exart. 9 dello Statuto, unespresso ed esclusivo poteredi controllo, quindi di inter-vento preventivo in materiadi sicurezza e salute, edavendo assimilato per leggenel D.Lgs. 626/94 questerappresentanze a quelle sin-dacali aziendali si arriva ine-vitabilmente a sostenere co-me: l’esercizio dell’interessecollettivo alla sicurezza sia diregola affidato per legge alSindacato.Anche, il rinvio implicito allafonte negoziale all’internodella 626 (ex art. 20 comma2) in merito agli organismiparitetici, istituiti come notocon compiti promozionali epara-giurisdizionali conl’obiettivo primario di ac-compagnare e sostenere leaziende e gli RLS nella com-plessa e difficile prima appli-cazione del modello parteci-pativo di gestione dei rischi,si appalesa come un pienoriconoscimento della funzio-ne promozionale esercitatadall’autonomia collettiva, vi-sto che, come ben sappiamo,la contrattazione collettivanazionale è la sede naturaledove istituire e regolamenta-re detti Organismi. Essenziale, come sempre, ri-ferirsi a quanto già al mo-mento formalizzato e con-cordato tra ABI e Sindacato,richiamando ogni volta chece ne fosse bisogno gli ac-cordi per così dire cogenti: ilnuovo CCNL del febbraio

    ! ?a cura di Francesca del Conte

  • PROFESSIONE BANCARIO 19

    Storia e francobolli

    Se il primo francobollo fosse comparsoduemila anni fa anziché nel 1840, lafilatelia avrebbe avuto modo di rac-contare avvenimenti di cui oggi si èperso ormai il ricordo. Avrebbe offertoil racconto storico più completo ed af-fascinante, avrebbe narrato la gran-dezza e la decadenza dell’impero ro-mano e illustrato, se pur rari, i baglio-ri dell’oscurantismo e del medioevo, lascoperta dell’America e di tanti altriavvenimenti.Tutto ciò conferma che la filatelia è sto-ria e di conseguenza, si potrebbe affer-mare, che il collezionista è, quasi, unostorico.Il collezionismo è nato con l’uomo e daallora i suoi adepti hanno seguito duefiloni spesso contrastanti: il primo, cheforse è quello che ne conta di più, al-lo stato embrionale si può denominare“raccolta, il secondo, che rappresenta il“collezionismo” vero e proprio, è an-dato evolvendosi sempre di più, perraggiungere una struttura organica,moderna e rispondente allo sviluppoglobale della società. Il primo, la raccolta, risponde adun’esigenza un po’ egoistica e di lucro,il secondo più ad un bisogno intellet-tuale ed estetico, ma sia nell’uno chenell’altro si manifestano spesso casiche contrastano con uno sviluppo orga-nico del collezionismo. Capita, infatti,di trovare collezionisti che tendono adisolarsi nel loro egoismo come dei verie propri eremiti.Questo scritto nasce dalla voglia di sti-molare i nostri amici collezionisti sicu-ramente numerosi, ma che per uno

    strano motivo tendono ad isolarsi.Sono molto pochi, infatti, i colleghi, cheinteragiscono attraverso questa rubrica(scrivete a [email protected]) nata pro-prio per mettere in contatto i collezio-nisti tra di loro.Piacerebbe poter scrivere che il colle-zionista “pinco pallo” cerca per la suaraccolta il francobollo che gli manca edaiutarlo a trovare il pezzo. Si potreb-bero compensare le mancanze ed eva-dere le mancoliste, ci si potrebbe diver-tire a chiedere e scambiare, ma forsenon è ancora maturo il tempo. Per sti-molare i lettori in questo senso eccouna richiesta di mancolista: cercasi dalcatalogo Sassone della Repubblica 10pezzi del n. 10, congruo scambio; fran-cobolli nuovi e/o usati dellaRepubblica dal 1946 al 1961, e fran-cobolli del Regno e delle Colonie, tuttida scambiare cedendo alla pari lo stes-so tipo di materiale.

    di Salvatore Adinolfi

    Rapporto 2005sulla formazione continuaRubettino, 2006, pp. 164

    Il volume edito dalla Rubettino racco-glie il Rapporto 2005 sulla formazionecontinua presentato al Parlamento aisensi della legge 144/99 dal Ministrodel Lavoro e delle Politiche Sociali. Ilrapporto analizza in maniera completagli investimenti in capitale umano pro-mossi e realizzati da lavoratori ed im-prese. Redatto dal gruppo di lavoro co-ordinato da Montanino del Ministerodel Lavoro e delle Politiche Sociali ildocumento rappresenta un utile stru-mento di lavoro per chi opera nel cam-po della formazione fornendo utili in-formazioni sulle politiche pubblicherealizzate anche con il supporto delFondo Sociale Europeo. Partendo dal-l’analisi del contesto europeo, il lavoroevidenzia le motivazioni dei ritardi delnostro Paese nel settore rispetto ad al-tri aderenti all’Unione europea e scen-de più nel particolare delle politicheper la formazione dei lavoratori.Ampio spazio è lasciato ai FondiInterprofessionali e ai bandi emanatidai fondi stessi tra cui quello che ri-guarda il settore del terziario For.Te.che prevede come prossima scadenzaper la presentazione dei progetti daparte delle Aziende il 16 giugno. Laformazione continua è uno temi fonda-mentali dell’Agenda di Lisbona e cometale va curato a livello nazionale edeuropeo.

    2005, i contratti integrativigià stipulati ed in corso dirinnovo presso ciascunaazienda bancaria, il proto-collo per lo sviluppo banca-rio sostenibile sottoscritto il16 giugno 2004.Data l’importanza dei poteririconosciuti dalla legge airappresentati per la sicurez-za e, come abbiamo avutomodo di constatare, di fattoal Sindacato nonché grazieal richiamo espressamentesancito dalla 626 alla con-trattazione collettiva, sembraancora una volta opportunosottolineare come l’azionecontrattuale sia rilevante inmateria di sicurezza e salutesui luoghi di lavoro soprattut-to riguardo alla definizionedi cosa debba intendersi permassima sicurezza tecnolo-gicamente fattibile (mstf).La connessione tra questoprincipio-guida e l’azionecontrattuale, nasce propriodall’interesse specifico deldatore a che venga definita,in sede convenzionale, cosasi intenda per mstf, di conse-guenza, eleggendo la con-trattazione collettiva come illuogo più idoneo per la suadefinizione “convenzionale”,essendo questo lo spazio piùadatto a contemperare l’in-teresse del datore e quellodei lavoratori.In conclusione quale auspicioper gli operatori del settorechiamati ad interrogarsi sulcome operare: chiarezza suipoteri attribuiti e sulla legali-tà dei mezzi a disposizione,poi soluzioni efficaci e pro-duttive si trovano sempre, ba-sta sedersi coscienti dei pro-pri ruoli, diritti e doveri al ta-volo delle trattative a cui ilSindacato sarà chiamato apartecipare.

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    a cura di Orsola Grimaldi

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