La creatività scientifica

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Marcello Cesa-Bianchi - Carlo Cristini Edoardo Giusti M. CESA-BIANCHI LA CREATIVITÀ SCIENTIFICA

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L’analisi della creatività e alcune forme di espressione di genialità sono descritte da studiosi e docenti di psicologia per comprendere l’essenza della scoperta e del funzionamento del processo creativo scientifico e collettivo. Le caratteristiche di alcuni tratti di personalità di soggetti creativi sono rivisitati per scoprire attitudini, inclinazioni personali e metodologiche per guardare alle esperienze di vita in modo nuovo.

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Marcello Cesa-Bianchi - Carlo CristiniEdoardo Giusti

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L’analisi della creatività e alcune forme di espressione

di genialità sono descritte da studiosi e docenti

di psicologia per comprendere l’essenza

della scoperta e del funzionamento del processo

creativo scientifico e collettivo.

Le caratteristiche di alcuni tratti di personalità

di soggetti creativi sono rivisitati per scoprire attitudini,

inclinazioni personali e metodologiche per guardare

alle esperienze di vita in modo nuovo.

Euro 25,00

Marcello Cesa-Bianchi, Fondatore dell’Istituto di Psicologia e delleScuole di Specializzazione in Psicologia e in Psicologia Clinica, FacoltàMedica, Università di Milano. Autore di 52 volumi e di oltre 900 articoliscientifici in varie aree della psicologia.

Carlo Cristini, insegna Psicologia Generale presso la Facoltà Medicadell’Università di Brescia. Autore di venti volumi e numerosi articoli scien-tifici in varie aree della psicologia.

Edoardo Giusti, Presidente dell’ASPIC e direttore della Scuola di specia-lizzazione in Psicoterapia Integrata autorizzata con Decreto Ministeriale.È professore a contratto presso la Scuola di specializzazione in PsicologiaClinica dell’Università degli Studi di Padova. Svolge attività di ricerca cli-nica e di supervisione didattica per psicoterapeuti. Autore di 90 volumi.

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collana Psicoterapia & Counselingdiretta da Edoardo Giusti

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Centro Europeo di Ricercheper lo Studio delle Psicoterapie

Integrate e Comparate

PSICOTERAPIA

COUNSELING

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Marcello Cesa-Bianchi - Carlo CristiniEdoardo Giusti

LA CREATIVITÀSCIENTIFICA

Il processo che cambia il mondo

OVERA EDIZIONI

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Indice

Cap. 1. Descrizione di creatività e del processo creativo 13

Cap. 2. Longevità creativa e ultima creatività 89

Cap. 3. La creatività scienti ca e il processo creativo scienti co 115

Cap. 4. La creatività scienti ca nella vita individuale 141

Cap. 5. La creatività scienti ca nella vita collettiva 193

Cap. 6. I creativi della scienza 211

Cap. 7. Gestalt e creatività 259

Postfazione 273

Questionario per misurare il potenziale creativo 275

Risolviamo qualche enigma… 278

Bibliogra a 283

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Ringraziamo Annalaura Pugliese Sestito per il suo contributo nell’or-ganizzazione della parte editoriale del testo e per la correzione delle bozze de nitive.

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Sommario

Presentazione di ASSUNTO QUADRIO I

Introduzione III

1. Descrizione di creatività e del processo creativo 131.1 Che cosa è la creatività 131.2 La creatività secondo la loso a e la storia 16

– Da Aristotele a Nietzsche, dalla ragione all’impulso creativo 16– La creatività nella storia 21

1.3 La creatività e la scienza nell’antichità (Alessandro Porro) 25– Premessa 25– L’Antico Testamento 26– La Grecia e Roma: loso , medici, matematici, creativi 32– Tradizione e innovazione: Isidoro di Siviglia 36– Conclusione 39

1.4 Il processo creativo 40– Le fasi del processo creativo 44– Il pensiero laterale 46

1.5 Neuro siologia della creatività. Cenni sul funzionamentodel cervello 46– Cervello e sistema nervoso centrale 48– Neuroscienze e creatività 50– L’attività corticale nella creatività 52

1.6 I diversi generi della creatività: arte, scienza e creativitàquotidiana 54– Creatività artistica 55– Creatività letteraria 56– Creatività scienti ca 56– Creatività quotidiana 58– Aree della creatività quotidiana 58

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1.7 La rappresentazione della creatività (Paola Pizzingrilli eAlessandro Antonietti) 60– Introduzione 60– Teorie implicite sulla creatività 62– La creatività: il punto di vista degli insegnanti 64– Teorie implicite e cultura 71– Fattori che in uiscono sullo sviluppo della creatività a scuola 76– Come misurare la creatività 81– Conclusioni 86

2. Longevità creativa e ultima creatività 892.1 Longevità creativa 89

– Premessa 89– Arte e vecchiaia 91– Note conclusive 98

2.2 L’ultima creatività 100– Introduzione 100– Verso il nire creando 101– Ri essioni conclusive 109

3. La creatività scienti ca e il processo creativo scienti co 1153.1 Lo studio della creatività scienti ca 1153.2 Il pensiero analogico 1173.3 Problem solving 119

– Problem solving: creatività all’occidentale 1203.4 La scoperta scienti ca 121

– I tempi della scoperta 123– Distribuzione geogra ca della scoperta 125

3.5 Emisfero destro o emisfero sinistro? 1273.6 Innovazione e conformismo scienti co 1283.7 Gli antidoti contro il conformismo scienti co 132

– La contaminazione fra le scienze 132– Flessibilità 133– Tolleranza dell’ambiguità 134– Reattanza 134

3.8 Metodi di ricerca sulla creatività 135

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4. La creatività scienti ca nella vita individuale 1414.1 Intelligenza e creatività 141

– Quoziente di intelligenza e sua misurazione 144– Problematiche legate al QI 146– Rapporto fra quoziente di intelligenza e creatività 149– L’intelligenza multidimensionale e la creatività 151– Intelligenza Arti ciale 153

4.2 Pensiero, stili di pensiero e creatività 156– I “cappelli” per pensare 157

4.3 Capacità di apprendimento 160– Istruzione scolastica 161– Dalla scuola al lavoro 164– L’apprendimento tra veglia e sonno 165

4.4 Personalità: i tratti caratteristici del creativo 166– Apertura mentale e disinibizione 168– Autonomia e indipendenza 168– Dedizione e perseveranza 169– Anticonformismo e originalità 170– Curiosità e attrazione per la complessità e il nuovo 172– Capacità di sopportare la frustrazione 173

4.5 Creatività e disturbi psichici 175– Causa o conseguenza? 175– Gli studi sul rapporto fra psicosi e creatività 177– Quando la malattia mentale attiva la creatività 179– Quando la malattia mentale blocca la creatività 180– Demenza e creatività 182

5. La creatività scienti ca nella vita collettiva 1935.1 Lo scienziato, la società, la famiglia 193

– Il lavoro d’équipe e il ruolo della comunità scienti ca 193– Ambiente creativo 195– La scoperta multipla e lo spirito dei tempi 197– Lo scienziato e la famiglia 200– Apprendistato 201

5.2 La creatività scienti ca e la legge 203– La proprietà intellettuale e le sue problematiche 203– Brevetti 206

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– Copyright 207– Marchio d’impresa 208

6. I creativi della scienza 2116.1 Le caratteristiche del genio scienti co 211

– Coltivare un hobby 212– Produttività 212– Coraggio di rischiare 213– Mettere in atto strategie ef caci 213– Ricorso a immagini e sensazioni 214– Serendipità 215– La motivazione 217

6.2 Leonardo da Vinci 218– Indole stravagante 218– Servitore di molti padroni 221– Lo scienziato 223– Ingegnere, architetto, inventore 226

6.3 Albert Einstein 229– I primi anni 230– Gli studi universitari 232– Il periodo bernese e l’annus mirabilis 233– Le cattedre in Europa, la teoria della relatività generale

e il Nobel 234– Scienziato, losofo, uomo del suo tempo 235

6.4 Charles Robert Darwin 237– Infanzia e adolescenza 237– Cambridge 239– Il viaggio del Beagle 240– I “Taccuini” 242– Origine della specie 243– I lavori successivi 244– Darwin e la religione 245

6.5 Sigmund Freud 2466.6 Galileo Galilei 2506.7 Giovanni Battista Morgagni (Alessandro Porro e

Valentina Gazzaniga) 254

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7. Gestalt e creatività 2597.1 Cenni storici 259

– Psicologia della Gestalt 259– Terapia della Gestalt 262

7.2 La creatività nella psicoterapia della Gestalt 264– L’adattamento creativo: l’organismo, le funzioni del Sé

e il ciclo del contatto 266– Gestalt interrotte e disadattamento 269

7.3 L’evoluzione della psicoterapia della Gestalt 271

Postfazione di CARLO CIPOLLI 273

Questionario per misurare il potenziale creativo 275

Risolviamo qualche enigma… 278

Bibliogra a 283

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I

Presentazione

Il volume intitolato “La creatività scienti ca” di Cesa-Bianchi, Cristini e Giusti, è particolarmente interessante non solo per il tema ma per il modo in cui lo affronta.

Particolarmente interessante è la considerazione della creatività scienti ca non più, come tradizionalmente era intesa, una sorta di dono “eccezionale” degli individui geniali, ma come un prodotto ad un tempo individuale e sociale.

Il sociale infatti non ha solo il compito di riconoscere la validità di un comportamento creativo, ma anche quello di stimolarlo e renderlo possibile.

La creatività quindi viene descritta come l’effetto ultimo non solo di doti intellettuali ed affettive dell’individuo, ma anche di un’armo-nica convivenza dell’individuo con il suo contesto culturale.

Nel volume non mancano riferimenti storici ai prodotti culturali e ai personaggi creativi del passato, né un puntuale aggiornamento sul contributo che le neuroscienze contemporanee possono dare allo studio della creatività.

Il pregio del volume non sta solo nelle tematiche e nelle modalità di trattazione, ma anche nelle modalità espressive che appaiono chia-re ed esaustive.

In conclusione il mio parere è pienamente positivo.

ASSUNTO QUADRIOProfessore Emerito di Psicologia Sociale

dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Milano

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III

Introduzione

La storia della scienza si è articolata nei secoli attraverso una serie di atti creativi, emersi dall’intuizione di un singolo studioso o dalla collaborazione di un gruppo mono o multidisciplinare e ha designato l’evoluzione della cultura umana.

La creatività, un’attitudine ritenuta in passato come prerogativa dell’infanzia e di personaggi eccezionali, è stata oggetto negli ultimi anni di numerosi approfondimenti di cui il volume si propone di dare testimonianza.

E poiché la psicologia è la disciplina che più di ogni altra si è im-pegnata nel comprendere l’essenza e il funzionamento della creativi-tà, sono studiosi e docenti di psicologia gli autori di questo testo.

In esso assume una particolare rilevanza l’analisi della creatività scienti ca, documentata anche dalle biogra e di persone famose ed esaminata nei suoi presupposti neuropsicologici, sociali e culturali, nelle sue fasi, nella sua peculiarità a confronto con le altre forme ed espressioni di creatività.

Il volume fornisce una serie di nozioni che consentono al lettore di comprendere il signi cato e il valore della creatività scienti ca e i suoi vari settori di applicazione – educativo, lavorativo, clinico – e potrà stimolare in ogni persona, indipendentemente dall’età, la ricerca delle proprie potenzialità creative.

Ne è derivato un racconto rigoroso, ma entusiasmante, dalla lettura del quale potrà scaturire una maggiore consapevolezza dell’apparte-nenza a una specie ricca di possibilità espresse da grandi personaggi, ma nobilitante l’intera umanità.

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Capitolo 1Descrizione di creatività e del processo creativo

1.1 Che cosa è la creatività

Fino a non molto tempo fa era diffusa la convinzione che la crea-tività fosse una dote innata, caratteristica solo di alcuni individui, una sorta di dono della natura, impossibile da ritrovare in chi ne fosse naturalmente sprovvisto. L’innovazione era considerata il frutto di un’illuminazione improvvisa e imprevedibile che accadeva a indivi-dui eccezionali, i geni, naturalmente dotati di capacità straordinarie.

Da qualche decennio le neuroscienze, le scienze cognitive e la psi-cologia, in tutte le sue molteplici diramazioni, stanno dedicando una sempre maggiore attenzione all’argomento, ridimensionando molto questa concezione di creatività come fatto che riguarda solo poche menti eccezionali e considerandola invece la caratteristica distintiva del pensiero umano.

Oggi tutti gli studiosi di creatività, qualsiasi sia il loro settore di specializzazione, sono concordi nel ritenere che il processo creativo è tipico del cervello umano e che il cervello umano è naturalmen-te strutturato per pensare creativamente. Certo, non tutte le persone manifestano abilità creative, ma questo non dipende da differenze ge-netiche o innate, dall’avere o non avere un dono di natura, ma dalla concomitanza di fattori diversi.

Secondo lo psicologo Mihaly Csikszentmihalyi (1996), uno dei maggiori esponenti dell’approccio interazionistico nello studio della creatività, la creazione è il prodotto dell’interdipendenza fra tre diver-si fattori fondamentali: l’individuo, con il suo bagaglio di conoscenze e il suo metodo di lavoro; il campo culturale in cui l’individuo opera,

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con i suoi modelli e le sue prescrizioni; l’ambiente sociale, che offre gli strumenti e le esperienze educative per impegnare le proprie ca-pacità, e successivamente giudica i meriti di una persona e del suo operato. Vi è creatività quando un prodotto individuale o di gruppo, generato in un certo campo, è giudicato innovativo dai più insigni esponenti di quell’area e comincia prima o poi (spesso anche a distan-za di moltissimi anni, purtroppo!) a esercitare un’in uenza autentica e rilevabile sulle opere successive in quel settore.

La creatività, peraltro, oggi non è più vista solo come innovazio-ne scienti ca, artistica o tecnologica, ma anche come una qualità umana fondamentale per la vita di tutti i giorni, espressione genuina e naturale dell’interiorità dell’individuo, che dà un senso alla propria vita e la trasforma in sintonia con se stesso. La creatività è un modo di guardare le cose, uno stile di vita che permette all’uomo di adat-tarsi, di improvvisare e di cercare nuove soluzioni ai problemi più svariati. Questa idea di creatività come capacità di miglioramento e di adattamento è sostenuta da parecchi studiosi, come Daniel Gole-man (Goleman, Ray e Kaufman, 1999), che afferma: «Non importa chi siate: lo spirito creativo può comunque entrare nella vostra vita. Esso è alla portata di chiunque si senta spinto a provare a migliora-re le cose, di chiunque voglia esplorare nuove possibilità». Anche Mark A. Runco, uno dei maggiori studiosi di creatività, condivide questa visione, individuando inoltre nella essibilità il più impor-tante elemento della creatività (Runco e Thurston, 1999): essa dà modo di escogitare nuove soluzioni, vedere la stessa cosa da un più favorevole punto di vista, confrontarsi con i cambiamenti di tutti i giorni. Questo è ancor più vero se applicato alla creatività scienti ca o artistica. Per esempio, nella scienza la essibilità permette di pra-ticare un pensiero “contaminato” e non autarchico: tanti progressi scienti ci, rileva Runco, sono il risultato della contaminazione fra scienze diverse.

Inoltre, molte correnti di pensiero sostengono che la creatività può essere migliorata, aumentata, incrementata, e sono stati messi a punto strumenti speci ci per accrescerla. In effetti, una volta superata la te-oria del “dono di natura”, gli studiosi hanno concentrato i loro sforzi nell’individuare le caratteristiche speci che del processo creativo, e nello stabilire tecniche e modalità per sviluppare la creatività dell’in-

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dividuo e della collettività. In questo senso, particolare successo han-no avuto gli studi “aziendalisti” di Edward De Bono (1968, 1973, 1996), che ha applicato al mondo degli affari l’idea della creatività come facoltà generalizzabile che può essere rapidamente incrementa-ta e dare positivi risultati nel quadro produttivo di un’azienda.

La creatività, nel campo scienti co, nelle arti o nelle attività quoti-diane, può essere de nita come la capacità di inventare idee o oggetti, scoprire nuove prospettive per interpretare la realtà, concepire solu-zioni originali e innovative, o semplicemente trovare modi migliori di fare le cose. O ancora, è la capacità di connettere idee e piani di ragionamento diversi tra loro, collegare ciò che di solito è separato, o produrre nuovi punti di vista.

Un contributo essenziale nello studio della creatività viene dalla psicoanalisi. Nella prospettiva psicoanalitica la creatività è il processo attraverso cui l’uomo realizza i suoi desideri inconsci. Con la creatività si può dare corpo alle proprie fantasie, alimentate da aggressività, ses-sualità, paura. O ricreare uno stato di benessere memorizzato dall’in-conscio. Un po’ come nei sogni, la fantasia è un potente strumento della mente umana che proietta l’individuo in mondi inesistenti dove tutto è possibile, e spesso suggerisce come risolvere i problemi. Però, a differenza di quanto avviene nei sogni notturni, dove c’è un totale sconvolgimento dei nessi logici, i sogni ad occhi aperti vengono pro-dotti a mente consapevole e quindi sono più aderenti alla realtà. Solo questo permette l’avviarsi del processo creativo, inteso come capacità di trasformare la fantasia in realtà. In sostanza, per la psicoanalisi la creatività è espressione dell’inconscio: gli impulsi creativi rispondono alla necessità di farlo emergere, dando forma ai suoi traumi e ai suoi con itti, ma anche tentando di riprodurre stati di benessere. E anche qui il “dono di natura” è categoricamente escluso: l’individuo non cre-ativo è semplicemente vittima di un blocco dell’inconscio, che può essere rimosso, ridando impulso alla creatività.

È grazie alla creatività che l’essere umano può immaginare e co-struire il suo futuro. Dai più piccoli dubbi quotidiani alle grandi que-stioni della scienza, l’uomo riesce a trovare soluzioni concrete grazie alla creatività, che ha un ruolo fondamentale nel guidare le scelte e le relazioni umane. La creatività è in de nitiva uno strumento di adat-

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tamento, senza il quale l’uomo non potrebbe concepire alternative al presente, pre gurare scenari futuri o rileggere il passato.

Viene da sé che la creatività ha anche un aspetto trasgressivo e deviante. L’atto creativo supera la realtà organizzata e può scardinare opinioni e convinzioni, cambiare stili di vita e modi di pensare, met-tere la realtà in una nuova prospettiva, offrendone un’interpretazio-ne inedita. Illuminante a riguardo la de nizione di pensiero creativo come pensiero laterale, uno dei grandi meriti di De Bono, che sul pensiero laterale e i suoi meccanismi ha fondato tutta la sua teoria. Sinteticamente, il pensiero laterale è per De Bono la capacità di mu-tare d’abito, di cambiare cornice, di trovare una quantità di ingegnose soluzioni inaspettate a un dilemma. Ma già un secolo prima di De Bono, William James (1890) parlò di creatività in termini di “pensiero divergente”, volendo indicare il percorso del processo creativo che lascia il tracciato logico-razionale, convergente, quello della consue-tudine e delle regole del pensiero abitudinario, sovvertendo il solito tran-tran mentale e dando vita a un’inedita combinazione di elementi. A De Bono va comunque il merito di aver creato un modello del pen-siero laterale, che può essere insegnato e appreso.

1.2 La creatività secondo la loso a e la storia

Da Aristotele a Nietzsche, dalla ragione all’impulso creativoL’idea di creatività come atteggiamento mentale proprio degli

esseri umani nasce nel Novecento. L’atto del creare è stato a lungo percepito come attributo esclusivo della divinità e i grandi geni del passato non si sarebbero mai de niti come creativi. Propri dell’uo-mo erano l’inventiva, la genialità, il progresso e l’innovazione, l’arte, l’immaginazione; la parola “creatività” era riferita a qualcosa di tra-scendentale e divino.

Nella loso a la ri essione sulla creatività come caratteristica umana è assente no all’era contemporanea, mentre sono stati ogget-to d’indagine loso ca il genio artistico e l’inventiva umana.

La ri essione loso ca sulla creatività dell’uomo, o meglio sul-la sua capacità immaginativa, è caratterizzata da due atteggiamenti antitetici e contrapposti. Da una parte troviamo i loso , che hanno

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attribuito scarsissimo valore alla fantasia e all’immaginazione, consi-derando il pensiero razionale come un tratto distintivo dell’uomo fra tutti gli esseri viventi, e relegando l’immaginazione alla sfera dell’ir-razionale, de nendola vacua, perversa, superstiziosa, o addirittura un malvagio inganno per la ragione. Sul fronte opposto troviamo quanti invece, attribuendo un alto valore agli istinti dell’uomo e alla sua ir-razionalità, hanno interpretato la creatività e la fantasia come le più signi cative caratteristiche dell’individuo, capaci di liberarlo da con-dizionamenti e regole, nonché dall’illusoria concezione di un mondo razionale e ordinato, facendole in ne coincidere con la vera essenza della vita umana.

Uno fra i primi a occuparsi dell’arte in modo circostanziato è stato Aristotele (384 a.C. – 322 a.C.), che nella Poetica analizza tutte le forme d’arte del tempo, introducendo il concetto di mimesi. Partendo dall’idea che l’uomo è un animale razionale e che la ragione lo distin-gue dagli altri esseri viventi, Aristotele individua nell’imitazione, la mimesi appunto, il metodo di apprendimento umano, che è un istinto naturale e innato nell’uomo e che è il primo impulso alla creazione artistica. Un secondo impulso all’arte viene dal progressivo e razio-nale miglioramento delle forme espressive umane, con un conseguen-te perfezionamento delle opere d’arte che da rozze improvvisazioni si trasformano in perfette forme sempre più complesse e codi cate. L’arte «fa le cose che la natura non sa fare oppure imita la natura», ed è per Aristotele frutto del pensiero razionale dell’uomo. O, meglio, il pensiero umano si esplica nitidamente nell’opera d’arte. Un altro concetto fondamentale introdotto da Aristotele è quello di catarsi, che è lo scopo ultimo dell’opera d’arte. Nella Politica il losofo parla della catarsi generata dalla musica, che induce alla meditazione e alla ri essione liberando l’uomo dagli affanni quotidiani; nella Poetica invece descrive la catarsi come il liberatorio distacco dalle passioni tramite le forti vicende rappresentate sulla scena del dramma. L’opera d’arte ha lo scopo di puri care l’animo dello spettatore dalle passio-ni, permettendogli di riviverle intensamente e quindi di liberarsene. Nella visione aristotelica l’opera d’arte ha quindi una sua speci ca nalità ed è frutto della ragione; inoltre il losofo sostiene che ve-rosimiglianza, credibilità e un certo ordine spazio-temporale sono i requisiti essenziali perché un’opera artistica sia de nita tale, mentre

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l’immaginazione sbrigliata, senza regole e non controllata dalla ra-gione non rientra nell’indagine di Aristotele e non è considerata come impulso all’arte.

Anche Cartesio (1596 – 1650) ha una visione razionale dell’essere umano e della sua attività di pensiero, ed ha esteso a tutti i campi del sapere la concezione razionalistica della conoscenza e il metodo ma-tematico-quantitativo. Egli fa una distinzione tra il concepire, attività propria dell’intelletto, e l’immaginare, che è sempre una facoltà della mente pensante, ma distinta dall’intelletto puro in quanto incapace di fornire prove della reale esistenza delle cose. Per Cartesio, infatti, soltanto l’intelletto può giungere alla verità attraverso l’intuizione e la deduzione, mentre l’immaginazione ha il compito di presentare all’in-telletto gli oggetti sotto forma di gure. Essa è la facoltà che consente alla mente di dare forma agli oggetti della percezione, fornendone una rappresentazione mentale e persuadendoci della loro esistenza. Ma l’immaginazione, se non opportunamente controllata, può formare anche rappresentazioni di cose che non esistono, dando corpo a idee ttizie, quindi il fatto di avere una certa immagine mentale riferita a un corpo esterno alla mente non è di per sé una prova che quest’og-getto esista, e l’immaginazione diventa ingannatrice. Cartesio nelle Meditazioni meta siche afferma: «questa facoltà di immaginare che è in me non è in alcun modo necessaria all’essenza di me stesso, cioè all’essenza della mia mente, perché, se anche ne fossi privo, non vi è alcun dubbio che io rimarrei nondimeno quello stesso che sono ora». Una concezione molto sfavorevole dell’immaginazione, che si col-lega all’analisi della follia e del sogno, liquidati da Cartesio, sempre nelle Meditazioni, come stati in cui il cervello è «sconvolto dal persi-stente vapore di una nera bile».

Immanuel Kant (1724 – 1804), uno dei più importanti esponenti dell’Illuminismo tedesco, è un altro importante losofo “schierato” sul fronte della ragione. Tutta la sua opera è un tentativo di conciliare la regola e la passione, la necessità e la libertà, la natura e l’intel-letto, di operare cioè una sintesi degli opposti da sempre perseguita nel pensiero loso co. Kant afferma chiaramente di non approvare la fantasia quando è creatività pura, sregolatezza: «Noi giochiamo spesso e volentieri con l’immaginazione in quanto produce immagini senza volerlo; ma l’immaginazione, in quanto è fantasia, gioca altret-

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tanto spesso, e talvolta male a proposito, con noi», scrive nell’An-tropologia dal punto di vista pragmatico. Nella sua concezione la creatività è vincolata e in ne sottomessa all’intelletto. Solo in campo estetico l’immaginazione acquista un valore essenziale. Infatti, l’im-maginazione ha un ruolo importante nel sentimento del bello, che è alla base del fenomeno artistico e dei giudizi espressi in materia. Il sentimento del bello, scrive il losofo nella Critica del giudizio, lo sperimentiamo grazie al libero gioco tra intelletto e immaginazione produttiva; la bellezza nasce dall’armonia fra il nostro pensiero e la nostra immagine di un certo oggetto, nasce cioè quando l’immagine della nostra immaginazione produttiva ha piena corrispondenza con le aspettative della nostra mente. Il giudizio estetico è comunque vin-colato all’uso dell’intelletto, e siamo pronti a considerare un’opera d’arte tale, solo se ci appare bella, cioè se si attua il libero gioco fra intelletto e immaginazione. Tuttavia il vincolo fra immaginazione e intelletto, fondamentale nel giudizio estetico, sembra dissolversi quando Kant parla del genio artistico. Aprendo di fatto e forse in-consapevolmente la strada al Romanticismo, il losofo descrive il genio come un uomo fuori del comune, capace di scatenare in noi con la sua opera il sentimento del bello. Il genio per Kant è il crea-tore di un mondo alternativo, pieno di bellezza, che solo l’uomo può cogliere e solo il genio può suggerire. La creazione artistica quindi è assolutamente originale ma anche esemplare, diventando canone e riferimento per ogni nuova esperienza artistica ed estetica. Nel genio l’immaginazione produttiva riesce quindi a svincolarsi dall’intelletto e dalle sue regole, con lo scopo di creare un mondo alternativo. Quin-di la fantasia irrazionale, bandita da ogni altro campo perché non sottomessa all’intelletto e alle sue regole, in campo estetico diventa l’arma principale del genio e della produzione artistica. Il razionale e metodico Kant ha dato il via al volo della fantasia nell’arte, che cessa una volta per tutte di essere imitazione della natura, diventando vera e totale creazione.

Il losofo tedesco Arthur Schopenhauer (1788 – 1860), ripren-dendo il pensiero di Kant e la sua distinzione fra fenomeno (la cosa come appare) e noumeno (la cosa in sé), rovescia la posizione privile-giata della ragione nel processo conoscitivo, a tutto vantaggio dell’ir-razionalità e degli istinti. Secondo Schopenhauer, infatti, la ragione

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esiste solo nel mondo fenomenico e, pur consentendo di raggiungere le alte vette delle astrazioni matematiche e siche, non ci permette tuttavia di andare al di là del mondo dell’apparenza dove è relegata; la ragione non può portare alla vera conoscenza. L’essenza dell’uo-mo, che la ragione non riesce a cogliere, è la volontà, un istinto che domina tutti gli esseri (dal sasso all’animale, all’uomo), un’invincibi-le forza interna, un impulso cieco e inconscio, una spinta irrazionale ad affermare se stesso, mera e pura “volontà di vivere” senza scopo alcuno oltre se stessa. I concetti e le parole, i linguaggi tradizionali della ragione sono i mezzi attraverso cui opera la volontà, perciò la ragione è esclusa dal processo conoscitivo oltre la sfera fenomenica. La vera conoscenza si può ottenere attraverso l’evasione dalla vo-lontà, che si realizza non con l’intelletto, che è affermazione della volontà, ma con il rapimento estetico provocato dall’arte. L’arte per Schopenhauer, attraverso il linguaggio allegorico fatto di metafore e immagini, apre la strada alla vera conoscenza, rappresentando il mondo quale esso è realmente. Inoltre l’arte ha anche un valore catar-tico. Infatti, rappresentando la realtà del mondo, dominato cioè dalla volontà, riesce allo stesso tempo a sottrarre l’uomo ad essa e alla sofferenza che provoca. L’arte riproduce l’in nito ciclo d’insoddisfa-zione e appagamento della volontà, però, essendo solo pura e distac-cata rappresentazione, non è in grado di farci soffrire veramente e ci permette di essere, nel momento della contemplazione estetica, puro soggetto conoscente.

Radicalmente avverso al razionalismo è stato il pensiero di Frie-drich Nietzsche (1844 – 1900), che, ripudiando la «tirannide della ra-gione sugli uomini», ha sostenuto l’avvento di un nuovo tipo d’uomo, libero da pregiudizi e capace di farsi consapevole creatore di valori nuovi. Quest’uomo nuovo, l’Oltre-uomo, tracciato nel celebre Così parlò Zarathustra e poi ripreso in Al di là del bene e del male, com-prende che ogni momento del tempo va vissuto in modo spontaneo e libero, oltre le categorie illusorie del bene e del male, oltre le regole, i condizionamenti e gli obblighi derivanti dalle credenze religiose o meta siche, affrontando la vita per quello che è, un caos irrazionale dove solo l’Oltre-uomo crea i suoi valori. Nietzsche critica Socrate, Platone, Cartesio, Kant e gli illuministi, i positivisti del suo tempo, e in ne anche Schopenhauer, ammirato in gioventù e del quale ripren-

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de il concetto di volontà irrazionale come vera sostanza del mondo, ma convertendone il pessimismo in ottimismo. Afferma che tutta la loso a occidentale ha preso in considerazione solo la conoscenza ra-zionale e il conseguimento di virtù astratte, negando la vita nella sua espressione più genuina, libera, istintiva. In quest’ottica Nietzsche ha dato grande rilievo al mito, alla poesia e alla musica, attribuendo all’arte un importante valore di liberazione dell’uomo dall’oppres-sione della razionalità. L’arte permette all’individuo di esprimere la propria creatività e la propria irrazionalità in un mondo che tende a distruggerle. Fin dalla sua prima opera La nascita della tragedia, Nietzsche teorizza due concetti fondamentali in tutto il suo pensie-ro: lo spirito apollineo e lo spirito dionisiaco. Lo spirito apollineo è il tentativo di spiegare la realtà tramite costruzioni mentali ordinate, negando il caos proprio della realtà e non considerando l’essenziale dinamismo della vita. Questo spirito è la componente razionale e ra-zionalizzante dell’individuo e si contrappone allo spirito dionisiaco, che corrisponde alla parte irrazionale dell’individuo e dell’esistenza. Esso è la vera parte dominante della vita vista come ebbrezza, sensua-lità, esaltazione ed entusiasmo; da Socrate in poi, lo spirito dionisiaco dell’uomo è stato negato per far posto esclusivamente alla parte ra-zionale. Compito dell’Oltre-uomo è riaffermare lo spirito dionisiaco, la forza vitale, l’impulso creativo totalmente libero, che Nietzsche chiama volontà di potenza, una forza benevola e gioiosa capace di tra-scendere ogni formalizzazione, che rappresenta la vera essenza della vita umana.

La creatività nella storiaCome rileva Alessandro Antonietti, che ha studiato a fondo l’argo-

mento – sviluppandolo con uno di noi in Creatività nella vita e nella scuola (2003) – la prima espressione occidentale della creatività è ravvisabile nella storia biblica della creazione descritta nella Genesi. Successivamente, il collegamento della creatività alla creazione per-sisterà nel mondo occidentale no al secolo II d.C. e continuerà poi consolidandosi nella cultura cristiana.

Ma orientamenti diversi si manifestano nella cultura orientale taoi-sta e buddista, che non considera l’idea di creazione dal nulla e inten-de la creazione come un processo di sviluppo, di scoperta, di avvici-

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namento alla comprensione della natura dell’Universo. La creatività, in questo contesto, è caratterizzata da un movimento circolare inteso come successiva ricon gurazione di una totalità iniziale, mentre nel pensiero occidentale la creatività implica un movimento lineare verso la novità (Lubart, 1999).

Parallelamente alla visione giudaico-cristiana della creatività come creazione, in Occidente si afferma la visione platonica. Platone giudica poesia e pittura non come espressioni artistiche, ma frutto di un’ispirazione e di una forza dinamica, come avviene per l’attività del rapsodo e del vate. Sottolinea che la poesia, come la pittura, si rivolge alla parte irrazionale e peggiore dell’animo e corrompe gli uomini, anziché educarli. La poesia mette in rilievo le passioni dell’anima, non facendo per nulla richiamo alla ragione e agli aiuti che essa può fornire per lenire il dolore e per domare le passioni. Pertanto fa per-dere il criterio della giusta distinzione fra ciò che è bene e ciò che non lo è (Albert e Runco, 1999).

Rileva ancora Antonietti che queste posizioni non furono siste-maticamente discusse per quasi 1200 anni. Nel Medioevo si afferma l’idea che uno speciale talento o abilità di un individuo (quasi sempre un maschio) sia espressione di uno spirito esterno che guida la perso-na. È soltanto con il Rinascimento che le attitudini dei grandi artisti sono riconosciute come loro proprie e non di origine divina. Il tema della creatività rimane comunque in secondo piano no alla presa di posizione al riguardo da parte di molti dei maggiori loso dell’Illu-minismo.

L’avvento della Rivoluzione scienti ca sottopone a un vaglio cri-tico i paradigmi culturali e religiosi. Anche se le idee sulla creatività sono rimaste sostanzialmente immodi cate fra i secoli XVI e XVIII, il problema si colloca all’interno di una nuova prospettiva. Nel secolo XVIII si opera la distinzione fra l’idea di creatività e di genio, origi-nalità, talento:

– il genio non consiste nel possesso di poteri soprannaturali;– il genio, per quanto eccezionale, è una potenzialità di ciascun

individuo;– il genio – dote eccezionale e imprevedibile – è diverso dal ta-

lento (dote meno straordinaria, prevedibile e riscontrabile nella quotidianità);

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– molte persone possono avere talento, che può essere sviluppato attraverso l’educazione, ma poche sono geniali (ossia manifesta-no una decisa originalità che non è il prodotto dell’educazione).

In questo periodo si sostiene inoltre che né genio né talento posso-no svilupparsi in società repressive.

Successivamente si sviluppano due modelli che coinvolgono la creatività. Il primo punta sul potere della scienza e sull’uso pratico della ricerca; la creatività acquista un valore ideologico in funzio-ne della sua rilevanza nel de nire la natura umana e le condizioni socio-politiche. Con Adam Smith, Rousseau e Malthus si sviluppa un’ideologia della creatività che analizza il signi cato sociale e i po-tenziali pericoli dell’originalità e dell’individualismo nel contesto di rispetto dell’autorità e conservazione dell’ordine sociale. Con l’opera di Darwin e la sua teoria della selezione naturale numerose caratteri-stiche basilari della creatività sono messe in evidenza, e in particolare il suo valore nell’adattamento. Sulla linea di Darwin, Galton affronta il problema della misurazione delle differenze individuali. Uno dei suoi contributi è la concezione di un’ampia diversità evolutiva che si manifesta in speci che e misurabili differenze individuali.

Alla ne del 1800, William James pose il problema del pensiero creativo. Sulla linea di Galton troviamo Terman, il primo americano a svolgere ricerche sul genio e autore dei cinque volumi di Genetic studies of genius, e la Cox, una studiosa che svilupperà un interessan-te tentativo di indagare la creatività nella prospettiva della psicologia dell’Io.

Dopo la Seconda guerra mondiale la ricerca sulla creatività si con-centra sulla personalità, i valori, i talenti e il quoziente di intelligenza di persone eccezionalmente creative. Le ricerche di Barron (1968 e 1969), Helson (1967 e 1971) e Mac Kinnon (1962) confermeranno che i fattori individuali più predittivi della creatività sono quelli di sviluppo e familiari e non il quoziente di intelligenza. Durante gli anni Cinquanta e Sessanta quello della personalità diviene uno dei temi caldi. Successivamente, gli interessi si allargano e gli studiosi considerano con la stessa attenzione le persone più o meno creative, senza privilegiare le prime.

Ryhamar e Brolin (1999) rilevano che, rispetto ai decenni prece-denti, negli anni Ottanta e Novanta c’è stato un crescente interesse

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nel considerare le qualità umane capaci di produrre nuove e originali idee in un dato contesto sociale, con una particolare attenzione ai fat-tori ambientali. Ciò sarebbe avvenuto anche grazie all’introduzione di nuovi metodi di ricerca. A questo riguardo Gigerenzer (1994) ha coniato l’espressione “euristica dai metodi alle teorie” per sostenere che nuove teorie della mente sono state proposte dopo che gli psi-cologi hanno potuto disporre non di nuovi dati, ma di nuovi metodi per elaborare i dati. I nuovi metodi posso suscitare nuove metafore e concetti nell’ambito teorico. Un indirizzo promettente è quello che Sternberg e Lubart (1999) chiamano “delle teorie di con uenza”, in cui si utilizzano vari approcci multidisciplinari e si combinano alcuni degli elementi di, e derivati da, visioni monoprospettiche.

Pertanto, la creatività è diventata speci co tema di indagine psi-cologica soltanto in tempi recenti. Infatti, ancora negli anni Cinquan-ta quest’area di ricerca risultava scarsamente sviluppata (Guilford, 1950). La mancanza di precise conoscenze psicologiche riguardo alla creatività è stata determinata in un primo tempo dal fatto che nell’Ot-tocento e ancora agli inizi del Novecento la creatività veniva identi -cata con la genialità e quest’ultima era considerata una dote superiore posseduta da pochi individui. Conseguentemente, si era ritenuto che tale dote non potesse essere oggetto di studio, ma soltanto di tratta-zione letteraria. Inoltre, i rari lavori scienti ci compiuti al riguardo si erano concentrati soltanto su alcuni particolari personalità considera-te geniali, presentando aspetti bizzarri o patologici della loro struttura psichica (vedi, per esempio, gli studi di Cesare Lombroso sul rappor-to tra genio e follia).

Nel 2001 Robert J. Sternberg, nell’introdurre un numero dell’«Ame-rican Psychologist» dedicato a Creatività per il nuovo millennio, sot-tolinea come negli anni Cinquanta gli articoli di riviste relativi alla creatività erano passate progressivamente da una quota annuale di 16 a 56; nel 1999 la quota era salita a 328 ed erano comparse due riviste – il «Journal of Creative Behavior» e il «Creativity Research Journal» – centrate sul tema della creatività, mentre altre trattavano ampiamen-te l’argomento.

Perché è avvenuto questo cambiamento? Secondo Antonietti, in-nanzi tutto un mutato clima socio-culturale ha indotto a considerare la creatività un potenziale intellettivo non limitato a un ristretto numero

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di persone, ma posseduto da tutti. Oggi si ritiene che la creatività sia patrimonio di ogni individuo ad ogni età, ma si riconosce che essa è presente nelle varie persone in forme diverse, relative non solo alle at-tività artistiche o scienti che ma anche a quelle della vita quotidiana. In tempi recenti si è assistito all’estensione del numero dei campi in cui si pensa possa manifestarsi la creatività. Così, se nel passato arte e scienza erano i soli ambiti in cui potevano evidenziarsi capacità crea-tive, oggi si ritiene che creativi possano essere de niti anche i modi in cui una bambina inventa il nome della propria bambola, in cui un insegnante trova un esempio per chiarire un concetto, in cui un mec-canico riesce a sostituire un attrezzo di cui ha bisogno e di cui non può disporre, in cui una casalinga cucina una pietanza. Un ulteriore fattore che ha stimolato il recente interesse per la creatività è rappresentato dal fatto che mutate richieste provenienti dal mondo del lavoro hanno portato a valorizzare adeguatamente le risorse produttive offerte dagli individui capaci di svolgere i compiti loro af dati in modo originale. Conseguentemente, è stata sollecitata l’ideazione di strumenti atti a individuare tali abilità e di metodologie volte a svilupparle. In ne, la psicologia ha messo a punto strumenti concettuali e statistici tali da permettere un’indagine rigorosa e attendibile del pensiero creativo.

1.3 La creatività e la scienza nell’antichità (a cura di Alessandro Porro1)

PremessaCome ri essione preliminare e a proposito dei termini che si vo-

gliono sottolineare, creatività e scienza, non si intendono qui svisce-rare, né velleitariamente comprendere e condensare in poche pagi-ne, diatribe e dibattiti ultrasecolari (o millenari), ovvero affrontare compiutamente le dimensioni psicologica, loso ca, epistemologica o metodologica.

Tenendo conto della sensibilità delle donne e degli uomini d’oggi, si ricorderà la presenza nel mondo antico, e sempli cativamente, di

1 Dipartimento di Specialità Chirurgiche, Scienze Radiologiche e Medico Fo-rensi. Sezione di Scienze Umane e Medico Forensi. Cattedra di Storia della Medi-cina. Università degli Studi di Brescia.

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taluni riferimenti (o se si preferisce, aspetti) comunemente accettati ed accettabili come indicatori di creatività e di scienza.

Quanto al primo dei termini, la creatività, il punto di riferimento principale non potrà che pervenire dalle odierne discipline psicologi-che, con una de nizione e raccolta di concetti che riferiti alla capacità «di riconoscere tra pensieri ed oggetti nuove connessioni che portano a innovazioni e a cambiamenti» (Galimberti, 1999), così come alla riconoscibilità e accettazione da parte degli altri (intesa come delimi-tazione dalla patologia, o dall’arbitrarietà).

Quanto alla scienza, giova ricordare che i nostri concetti quanti-tativi, oggettivi, di matrice galileiana, non dovrebbero essere usati (trattando dell’antichità), giacché alla dimensione qualitativa noi dob-biamo riferirci.

Allora, e non certo sorprendentemente, sarà facile comprendere che creatività e scienza tenderanno a convergere, se non a identi car-si: in questi nostri tempi di parcellizzazione specialistica e di riduzio-nismo scientista, è forse utile proporre anche una visione maggior-mente integrata di quantità e qualità.

L’Antico TestamentoIl primo spunto ci riporta alle radici della nostra cultura, al libro

de nito così per antonomasia.La stessa Bibbia potrebbe essere de nita opera creativa ed inno-

vativa di per sé, a riguardo delle culture e delle fedi religiose d’epoca e d’ogni epoca.

Dove ritrovare la dimensione creativa? Dove il rapporto con la scienza?

Fra i libri cosiddetti poetici (Giobbe, Salmi, Qoelet, Cantico dei Cantici, Sapienza, Siracide), alcuni possono proporci indicazioni uti-li, dalle quali partire.

Si tratta, preliminarmente, di assumere la dimensione poetica, come indicatore della creatività.

Il passo successivo sarà quello di identi care quando essa entri in contatto con la dimensione scienti ca, ovvero di veri care la presen-za di contenuti scienti ci nei libri poetici dell’Antico Testamento2.

2 Su un piano strettamente medico, si veda, ad esempio: Porro A., La forma

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Che i temi e le gure della creatività e della scienza fossero stret-tamente congiunti, e non disgiunti, ce lo indica la chiosa del libro del Qoelet, laddove la gura dell’autore viene de nita anche nei termini della divulgazione e della formazione scienti ca (e la forma scelta era proprio quella poetica): «9Oltre essere saggio, Qoelet insegnò an-che la scienza al popolo; ascoltò, indagò e compose un gran numero di massime. 10Qoelet cercò di trovare pregevoli detti e scrisse con esattezza parole di verità. 11Le parole dei saggi sono come pungoli; come chiodi piantati, le raccolte di autori: esse sono date da un solo pastore» (Qoelet 12, 9-11).

In questo brano, troviamo anche la chiave interpretativa della rac-colta dei singoli testi, lungo una fase diacronica: lo stesso discorso potrà essere applicato, mutatis mutandis, anche al complesso delle opere di medicina costituenti il cosiddetto Corpus Hippocraticum.

Nei brani poetici che saranno citati, noi possiamo inizialmente ed incidentalmente ricordare e ritrovare le tracce dell’osservazione na-turalistica: dalla descrizione del mondo, nei suoi vari e multiformi aspetti, passeremo alla delineazione di alcune caratteristiche della creatività e della scienza.

Si potrebbe, dunque, partire dalla descrizione della terra, negli aspetti negativi del danno idrogeologico: «18Ohimè! come un monte / nisce in una frana / e come una rupe si stacca dal suo posto, / 19e le acque consumano le pietre, / le alluvioni portano via il terreno» (Giobbe 14, 18-19).

Possiamo anche riscontrare, all’opposto, quelli positivi della ri-nascita vegetale: «7Perché anche per l’albero c’è speranza: / se viene tagliato, ancora ributta / e i suoi germogli non cessano di crescere; / 8se sotto terra invecchia la sua radice / e al suolo muore il suo tronco, / 9al sentore dell’acqua rigermoglia / e mette rami come nuova pianta» (Giobbe 14, 7-9).

È, tuttavia, la descrizione della mineralurgia e della metallurgia a darci informazioni precise sulla creatività e sulla scienza, che trova-no un’applicazione delle adeguate tecnologie, allorché l’uomo muta l’ambiente, a suo vantaggio: «1Certo per l’argento / vi sono miniere

poetica come veicolo di competence medica. In: Medicina e letteratura. A cura di Carlo Cristini e Alessandro Porro, Rudiano, GAM editrice, 2007, pp. 18-38.

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/ e per l’oro luoghi ove esso si raf na. / 2Il ferro si cava dal suolo / e la pietra fusa libera il rame. / 3L’uomo pone un termine alle tenebre / e fruga no all’estremo limite / le rocce nel buio più fondo. / 4Fo-rano pozzi lungi dall’abitato / coloro che perdono l’uso dei piedi: / pendono sospesi lontano dalla gente / e vacillano. / 5Una terra, da cui si trae pane, / di sotto è sconvolta come dal fuoco. / 6Le sue pietre contengono zaf ri / e oro la sua polvere. / 7L’uccello rapace ne igno-ra il sentiero, / non lo scorge neppure l’occhio / dell’aquila, / 8non battuto da bestie feroci, / né mai attraversato dal leone. / 9Contro la selce l’uomo porta la mano, sconvolge le montagne: / 10nelle rocce scava gallerie / e su quanto è prezioso posa l’occhio: / 11scandaglia le sorgenti dei umi / e quel che vi è nascosto porta alla luce» (Giobbe 28, 1-11).

La creatività si mostra anche nell’attività venatoria (e della guer-ra): l’allestimento delle trappole può essere indirizzato alla soprav-vivenza paci ca (per trarre alimento) o alla distruzione del nemico: «8poiché incapperà in una rete / con i suoi piedi / e sopra un tranello camminerà. / 9Un laccio l’afferrerà per il calcagno, / un nodo scorsoio lo stringerà. / 10Gli è nascosta per terra una fune / e gli è tesa una trap-pola sul sentiero» (Giobbe 18, 8-10).

Trattando di attività collettive, come la caccia e la guerra, siamo indotti ad analizzare la creatività collettiva, e lo facciamo ricordando un altro episodio, che non ci perviene da un libro poetico, ma da quel-lo dell’Esodo: è l’episodio della costruzione del vitello d’oro (Esodo 32, 1-6).

«1Il popolo, vedendo che Mosè tardava a scendere dalla montagna, si affollò intorno ad Aronne e gli disse: “Facci un Dio che cammini alla nostra testa, perché a quel Mosè, l’uomo che ci ha fatto uscire dal paese d’Egitto, non sappiamo che cosa sia accaduto”. 2Aronne rispose loro: “Togliete i pendenti d’oro che hanno agli orecchi le vostre mogli e le vostre glie e portateli a me”. 3Tutto il popolo tolse i pendenti che ciascuno aveva agli orecchi e li portò ad Aronne. 4Egli li ricevette dalle loro mani e li fece fondere in una forma e ne ottenne un vitello di metallo fuso. Allora dissero: “Ecco il tuo Dio, o Israele, colui che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto!” 5Ciò vedendo, Aronne costruì un altare davanti al vitello e proclamò: “Domani sarà festa in onore del Signore”. 6Il giorno dopo si alzarono presto, offrirono olocausti e

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presentarono sacri ci di comunione. Il popolo sedette per mangiare e bere, poi si alzò per darsi al divertimento» (Esodo 32, 1-6).

Questo celeberrimo episodio ci propone anche una ri essione in-torno al tema del rapporto dialettico fra la tradizione e l’innovazione, cruciale per l’evoluzione scienti ca (e che sarà ripreso in seguito).

Altri episodi inerenti la creatività dei gruppi potrebbero essere citati: si vuole qui ricordare la costruzione del Santuario con la de-scrizione, dettagliatissima, che occupa l’ultima parte del libro (Esodo 35-40), con ben sei interi capitoli.

Torniamo, però, alla realtà della singola esistenza umana, di un ciclo di vita unico ed immutabile, nei suoi estremi cronologici.

Seppur venata di pessimismo, possiamo rinvenire una succinta de-scrizione dell’assistenza alla nascita ed al puerperio: «9Si oscurino le stelle del suo crepuscolo, / speri la luce e non venga; / non veda schiudersi le palpebre dell’aurora, / 10poiché non mi ha chiuso il varco / del grembo materno, e non ha nascosto / l’affanno agli occhi miei! / 11E perché non sono morto / n dal seno di mia madre / e non spirai appena uscito dal grembo? / 12Perché due ginocchia mi hanno accol-to, / due mammelle mi hanno allattato?» (Giobbe 3, 9-12)

L’evento nascita è descritto in molti suoi aspetti, positivi e nega-tivi.

La centralità del ruolo della levatrice si dimostra in tutta evidenza, quando il parto assume caratteristiche drammatiche: «16Quindi leva-rono l’accampamento da Betel. Mancava ancora un tratto di cammino per arrivare ad Efrata, quando Rachele partorì ed ebbe un parto dif -cile. 17Mentre penava a partorire, la levatrice le disse: “Non temere: anche questo è un glio!” 18Mentre esalava l’ultimo respiro, perché stava morendo, essa lo chiamò Ben-Oni, ma suo padre lo chiamò Be-niamino. 19Così Rachele morì […]» (Genesi 35, 16-19)

La creatività delle levatrici si esprime sia nell’ambito del singolo evento-nascita, sia nel caso della gestione dell’assistenza alla collet-tività.

Nel primo caso, ci troviamo di fronte ad un parto gemellare: la prontezza della levatrice consente di risolvere il problema dell’identi- cazione del primo nato (il tema della primogenitura, come ben sap-piamo, era ed è di grande importanza): «27Quand’essa fu giunta al momento di partorire, ecco aveva nel grembo due gemelli. 28Durante

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il parto, uno di essi mise fuori una mano e la levatrice prese un lo scarlatto e lo legò attorno a quella mano, dicendo: “Questi è uscito per primo”. 29Ma, quando questi ritirò la mano, ecco uscì suo fratello. Allora essa disse: “Come ti sei aperta una breccia?” e lo si chiamò Perez. 30Poi uscì suo fratello, che aveva il lo scarlatto alla mano, e lo si chiamò Zerach» (Genesi 38, 27-30).

Nel secondo caso, è l’atteggiamento tenuto dalle levatrici nei con-fronti del Faraone a salvare il popolo d’Israele: «15E il re d’Egitto disse alle levatrici degli Ebrei, delle quali una si chiamava Sifra e l’altra Pua: 16 “Quando assistete al parto delle donne ebree, osservate quando il neonato è ancora tra le due sponde del sedile per il parto: se è un maschio, lo farete morire; se è una femmina, potrà vivere”. 17Ma le levatrici temettero Dio: non fecero come aveva loro ordinato il re d’Egitto e lasciarono vivere i bambini. 18Il re d’Egitto chiamò le le-vatrici e disse loro: “Perché avete fatto questo, e avete lasciato vivere i bambini?” 19Le levatrici risposero al Faraone: “Le donne ebree non sono come le egiziane: sono piene di vitalità: prima che arrivi presso di loro la levatrice, hanno già partorito!” 20Dio bene cò le levatrici. Il popolo aumentò e divenne molto forte. 21E poiché le levatrici ave-vano temuto Dio, egli diede loro una numerosa famiglia» (Esodo 1, 15-21).

L’opposto polo è rappresentato dalle descrizioni della vecchiaia e della morte: esse possono essere racchiuse in pochi versi, ovvero in lunghi brani.

Non vi è solo la classica descrizione della vecchiaia come dato patologico: «20Toglie la favella ai più veraci / e priva del senno i ve-gliardi» (Giobbe 12, 20).

La vecchiaia può essere considerata anche assai positivamente: «12Nei canuti sta la saggezza / e nella lunga vita la prudenza» (Giob-be 12, 12).

Fra i libri dell’Antico Testamento, quello poetico del Qoelet spic-ca per la rappresentazione della condizione del vecchio: «7Dolce è la luce / e agli occhi piace vedere il sole. 8Anche se vive l’uomo per molti anni / se li goda tutti / e pensi ai giorni tenebrosi, / che saranno molti: / tutto ciò che accade è vanità. / 9 Sta’ lieto, o giovane, nella tua giovinezza, / e si rallegri il tuo cuore / nei giorni della tua gioventù. / Segui pure le vie del tuo cuore / e i desideri dei tuoi occhi. / Sappi

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però che su tutto questo / Dio ti convocherà in giudizio. / 10Caccia la malinconia dal tuo cuore, / allontana dal tuo corpo il dolore, / perché la giovinezza e i capelli neri / sono un sof o. / 12 / 1Ricordati del tuo creatore / nei giorni della tua giovinezza, / prima che vengano i giorni tristi / e giungano gli anni di cui dovrai dire: / “Non ci provo alcun gusto”, / 2prima che si oscuri il sole / la luce, la luna e le stelle / e ri-tornino le nubi dopo la pioggia; / 3quando tremeranno i custodi della casa / e si curveranno i gagliardi / e cesseranno di lavorare / le donne che macinano, / perché rimaste in poche, / e si offuscheranno / quelle che guardano dalle nestre / 4e si chiuderanno le porte sulla strada; / quando si abbasserà il rumore della mola / e si attenuerà il cinguettio degli uccelli / e si af evoliranno tutti i toni del canto; / 5quando si avrà paura delle alture / e degli spauracchi della strada; / quando orirà il mandorlo / e la locusta si trascinerà a stento / e il cappero non avrà più effetto, / perché l’uomo se ne va nella dimora eterna / e i piagnoni si aggirano per la strada; / 6prima che si rompa il cordone d’argento / e la lucerna d’oro si infranga / e si rompa l’anfora alla fonte / e la carrucola cada nel pozzo / 7e ritorni la polvere alla terra, / com’era prima / e lo spirito torni a Dio che lo ha dato. / 8Vanità delle vanità, dice Qoelet, e tutto è vanità» (Qoelet 11, 7 – 12, 8).

La vita e il suo correre verso la morte sono descritti per metafore, nelle quali possiamo riconoscere le principali modi cazioni indotte dalla vecchiaia, dalla sdentizione (e cesseranno di lavorare le donne che macinano, perché rimaste in poche) alla sordità (quando si ab-basserà il rumore della mola e si attenuerà il cinguettio degli uccelli e si af evoliranno tutti i toni del canto), dalle turbe dell’equilibrio (quando si avrà paura delle alture e degli spauracchi della strada) alla cataratta (prima che si oscuri il sole la luce, la luna e le stelle), dall’impotenza sessuale (e il cappero non avrà più effetto) alla de-pressione (e giungano gli anni di cui dovrai dire: “Non ci provo alcun gusto”), all’emarginazione sociale e, in ne, alla morte.

Esiste, tuttavia, un modello di creatività che si impone alla nostra attenzione, anche perché appare assolutamente ammaestrativo della possibilità di una vecchiaia serena, feconda, attiva: si tratta di Noè (e della storia della costruzione dell’arca).

«14Fatti un’arca di legno di cipresso; dividerai l’arca in scompar-timenti e la spalmerai di bitume dentro e fuori. 15Ecco come devi

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farla: l’arca avrà trecento cubiti di lunghezza, cinquanta di larghezza e trenta di altezza. 16Farai nell’arca un tetto e a un cubito più sopra la terminerai; da un alto metterai la porta dell’arca. La farai a piani: inferiore, medio e superiore» (Genesi 6, 14-16).

Anche cercando di attuare una correzione alla determinazione cronologica dell’età (i 600 anni non devono essere considerati alla lettera), Noè poteva già essere ascritto alla categoria degli anziani, all’epoca di costruzione dell’arca.

Egli visse ancora molti anni (i testi citano la cifra di 350 anni): diminuendo la somma (950 anni) di un fattore 10, otterremmo un’età totale di 95 anni, compatibile con i nostri dati biologici e assai rile-vante per la durata media della vita, in quel tempo.

La Grecia e Roma: loso , medici, matematici, creativiAccenniamo ora ad un’altra fonte della nostra cultura, quella ci-

viltà greca (intesa in senso ampio) nella quale la creatività contraddi-stingueva non solo matematici, scienziati, medici, loso , poeti, ma rappresentava un tratto distintivo dell’uomo.

Lo faremo ricordando alcune gure emblematiche del mondo me-dico e di quello matematico.

Il primo riferimento va alla gura di Ippocrate di Coo (460-ca. 360 a. C.), o meglio, a un complesso di opere a lui attribuite, con l’intito-lazione di Corpus Hippocraticum3.

Anche per la struttura del Corpus Hippocraticum vale la ri essio-ne sulle sue complessità, eterogeneità e diacronicità intrinseche, già proposta per i libri dell’Antico Testamento.

L’oggetto di questa prima ri essione sarà rappresentato dall’ana-lisi del rapporto fra osservazione naturalistica e funzionamento del corpo umano.

Volendo sempli care, si tratta di valutare i rapporti fra macroco-smo e microcosmo.

Il macrocosmo, cioè il mondo che ci circonda, è caratterizzato dai quattro elementi, dotati di coppie di qualità antinomiche (di deriva-zione pitagorica).

3 Non perde d’interesse ed attualità il volume: Ippocrate, Opere. A cura di Ma-rio Vegetti, Torino, UTET, 1976.

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Il microcosmo, cioè il nostro corpo, è caratterizzato dai quattro umori, anch’essi dotati di coppie di qualità antinomiche.

La comparazione di due tabelle potrà facilitare la comprensione (Porro, 2007).

MacrocosmoPunticardinali

Est Sud Ovest Nord

Stagioni Primavera Estate Autunno InvernoEtà dellavita

Infanzia Giovinezza Età virile Vecchiaia

Elementi Aria Fuoco Terra AcquaQualità Umido e

caldoSecco ecaldo

Secco efreddo

Umido efreddo

MicrocosmoQualità Umido e

caldoSecco ecaldo

Secco efreddo

Umido efreddo

Umori Sangue Bile gialla Bile nera Flegma opituita

Come si può facilmente notare, le qualità, comuni a elementi e umori, rappresentano uno dei ponti fra macrocosmo e microcosmo.

Si possono, naturalmente e facilmente, operare altre associazioni e comparazioni (provenienti dalle altre espressioni della prima tabella).

Ma come nasce questo sistema così solido, destinato a persistere per oltre due millenni?

A Ippocrate si attribuisce il merito di un’acuta osservazione delle modi cazioni degli stati del sangue, come spunto di partenza.

Poi, è la creatività a giocare il ruolo principale.L’applicazione dei criteri interpretativi basati sulle qualità integra

gli schemi propri della tradizione, e li rende nuovi. Anche questo rin-novamento è sottoposto a un’evoluzione (od una vita).

Nell’affermazione compiuta dell’innovazione, nella sua canoniz-zazione, sta il germe del declino che, tuttavia, prepara altre innova-zioni.

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Le applicazioni pratiche delle teorie ippocratiche (grazie anche all’integrazione in termine siologico dovuta a Galeno di Pergamo Claudius Galenus, 129/130-199/201, nella Roma grecizzata, quanto a cultura, del primo Impero) saranno la base dell’esercizio medico per quasi due millenni.

Quando la creatività supera il dif cile crinale che introduce alla patologia?

Le trattazioni classiche ci riportano a concetti che oggi de niamo nei termini (volutamente generali, se non generici) di disagio, distur-bo, malinconia.

Quest’ultimo fa esplicito riferimento alla melaine colè, la bile nera (o atrabile): le qualità e i relativi e correlabili rapporti con il ma-crocosmo ci devono mettere in luce non solo evidenti caratteristiche denotanti i pazienti con disturbo bipolare, ma anche una particolare sensibilità e qualità di memoria interpretabili in un senso non nega-tivo.

Tuttavia, sarebbe utile, per l’assunto presente, identi care un auto-re o un’opera nella quale anche la patologia non risultasse con nata in osservazioni incidentali, ma fosse strettamente correlata con la crea-tività, in maniera di non essere vincolata e compressa nell’ambito del mero caso clinico.

Un esempio potrebbe proporsi, attraverso l’ergobiogra a di Publio Elio Aristide (117-ca. 180), retore di origine e cultura greca. I suoi Discorsi sacri (Elio Aristide, 1984)4 ci propongono, in forma auto-biogra ca, uno dei quadri più completi dell’esperienza terapeutica propria dell’antichità greco-ellenistica-romana.

Una lettura del testo aristideo, alla luce delle nostre sensibilità, ci permette di rintracciare le radici antiche di molte pratiche psicotera-piche (per usare un termine moderno).

Ritorniamo così al problema già accennato del controllo e della tollerabilità sociale delle forme di estrema creatività.

Parafrasando un concetto, proposto da Mazzini per l’evoluzione dell’anatomia, si dovrebbe considerare la possibilità dell’esistenza in medicina non solo [di] ricerca, ma anche [di] spettacolo [, soprattutto nel] passaggio dall’età ellenistica a quella romana (Mazzini, 1997).

4 Si tratta della prima traduzione dell’opera in lingua italiana.

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Sulla centralità del rapporto microcosmo/macrocosmo e della sua persistenza per secoli e secoli, potrebbero proporsi molti esempi: un non usuale punto di riferimento potrebbe essere rappresentato dall’in-teresse per la siologia e la patologia del regno minerale.

Questo spunto di interesse è di remota origine, e si integrò perfet-tamente con la ricerca in campo patologico animale e vegetale.

Si pensi, e sempli cativamente e facendo un salto temporale che ci estrania dai limiti cronologici prescelti, all’opera del medico svedese Jacob Ludeen (Ludenius) (?-1712) inerente la genesi dei calcoli: la calcolosi viene dall’autore messa in relazione non solo con fenomeni interessanti tutti gli organismi viventi (e non solo l’uomo), ma anche con la geologia e la teologia, a riguardo della Creazione.

Queste ri essioni sulle cause prime e ultime della litogenesi non furono proprie solo di quell’autore e di quei tempi.

Si pensi, per restare nel nostro ambito culturale, alle ricerche e ri essioni di Paolo Gorini (1813-1881): è pur vero che esse restarono ai margini sia della geologia, sia della medicina (o della scienza tout court), ma in uirono sui due grandi campi d’indagine, anche in virtù della dimensione tecnica di modernità ad esse sottesa.

Si tratta di una creatività che si sostanzia anche nell’evoluzione tecnica della strumentazione scienti ca.

Tornando al periodo della classicità, e passando (usando un termi-ne moderno) da quelle che potrebbero essere considerate le scienze della vita (si pensi, per analogia, all’innovazione prodotta dagli stu-di embriologici aristotelici) a una dimensione più teorica, il pensiero corre alle soluzioni di ardui problemi di geometria proposti da Archi-mede (Archimedes, ca. 287 a.C.-212 a.C.).

La geometria della sfera può essere presa a paradigma della crea-tività di Archimede: il calcolo dell’area della sua super cie e del suo volume (egli dimostrò che in ogni sfera un cilindro che abbia per base un circolo massimo della sfera e l’altezza uguale al diametro della sfera, ha per volume i tre mezzi di quello della sfera e tutta la sua super cie è i tre mezzi di quella della sfera), così come la determina-zione del valore del pi greco, restano quali monumenti della cultura universale.

A proposito dell’interesse sempiterno per le ri essioni archimedee,

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si possono ricordare le edizioni cinquecentesche curate da France-sco Maurolico (1494-1575)5. L’edizione di riferimento è quella delle Admirandi Archimedis Syracusani Monumenta Omnia Mathematica Qvae Extant […] Ex Traditione Dcoctissimi Viri D. Francisci Ma-vrolyci […], Panormi, Apud D. Cyllenium Hesperium, Cum Licentia Superiorum, MDC.LXXXV. Sumpt. Antonini Giardinae, Bibliopolae Panorm.

Si tratta di un volume in-folio di cc. 152, ed alle pp. 40-85 è ripor-tato l’Archimedis Liber De Sphaera, Et Cylindro, Ex Traditione Evto-cii Per Franciscum Mavrolycum Mamertinum […], datato Messanae 10. Septembris octauiae Indictionis 1534.

A proposito del trattato archimedeo de sphaera et cylindro, i rife-rimenti a opere posteriori, anche quali fonti primarie per l’edizione mauroliciana, ci confermano che sulla tradizione testuale si innesta la creatività: il risultato è l’innovazione, sicché il matematico siciliano aggiunge nuove propositiones.

Che dire, poi, delle applicazioni pratiche delle ri essioni teoriche dell’antico losofo siracusano?

Ad Archimede sono attribuite le elaborazioni della puleggia com-posta, della coclea per il sollevamento dell’acqua, per non parlare delle applicazioni all’arte militare (celeberrime sono le opere di di-fesa dagli attacchi marini, a Siracusa), o la determinazione del primo principio dell’idrostatica.

Tradizione e innovazione: Isidoro di SivigliaFacciamo ancora un salto d’epoca, raggiungendo la realtà romana

imperiale e tardoantica-altomedievale.Ciò ci consentirà di riprendere il tema, già accennato, del rapporto

fra tradizione e innovazione, e di proporre alcune ri essioni in ordine all’originalità del pensiero scienti co.

Una prima citazione può essere proposta restando all’interno della medicina e della chirurgia.

Un aspetto interessante della medicina romana è certamente quello dell’enciclopedismo e della produzione di sillogi ed epitomi di testi medico-chirurgici.

5 Vedasi l’interessante Progetto Maurolico, diretto dal professor Pier Daniele Napolitani del Dipartimento di Matematica dell’Università di Pisa.

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Uno dei casi più signi cativi è quello di Aulo Cornelio Celso (Au-lus Cornelius Celsus, I sec. d. C.), i cui otto libri De Medicina sono non solo una delle fonti principali per la nostra conoscenza della me-dicina antica (e del metodo ippocratico, al quale egli si rifà), ma anche uno fra i testi di riferimento per la pratica medico-chirurgica per molti secoli a venire.

Rifacendoci di nuovo al testo di Mazzini, il rapporto fra creatività e scienza (come produzione tecnologica) appare particolarmente evi-dente per quanto concerne l’ambito chirurgico.

Nell’evoluzione della chirurgia pre- e post-celsiana possiamo rico-noscere: maggiore ricchezza e speci cità della strumentazione, arric-chimento della casistica, af namento o diversi cazione delle tecniche operatorie, ampliamento delle condizioni di rischio, ulteriori dettagli sulla terapia post-operatoria (Mazzini, 1997).

Volendo ampliare il tema a quello dell’enciclopedismo lato sensu, l’esempio che spicca è certamente quello delle opere di Isidoro, ve-scovo di Siviglia (Isidorus Hispalensis, 556/571-636).

Ci stiamo già inoltrando nell’età medievale.Proponiamo una ri essione avente ad oggetto le Isidori Hispa-

lensis Episcopi Etymologiae sive Origines, il testo di riferimento per comprendere la complessità altomedievale nella sua componente gnoseologico-pedagogica (Isidoro di Siviglia, 2006).

L’enumerazione della struttura di questa ricostruzione dello sci-bile umano è suf ciente a farci intravedere la sua maestosa grandio-sità.

Nella ricerca etimologica sta la radice di ogni conoscenza: noi pos-siamo con ducia af darci ad un lungo cammino di ricerca, esteriore e interiore, che ha nei nomi il ri esso di un’unitarietà prevedente ogni particolarità.

L’opera di Isidoro è divisa in venti libri, uno dei quali ulteriormen-te diviso in ambiti disciplinari: Libro I: Della grammatica; Libro II: Della retorica e della dialettica; Libro III: Della matematica (a sua volta, così suddiviso: Dell’aritmetica; Della geometria; Della musica; Dell’astronomia); Libro IV: Della medicina; Libro V: Delle leggi e dei tempi; Libro VI: Dei libri e degli uf ci ecclesiastici; Libro VII: Di Dio, degli angeli e dei Santi; Libro VIII: Della Chiesa e delle sette; Libro IX: Di lingue, popoli, regni, milizia, cittadini ed af nità; Libro

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X: Dei vocaboli; Libro XI: Dell’essere umano e dei portenti; Libro XII: Degli animali; Libro XIII: Dell’universo e delle sue parti; Libro XIV: Della terra e delle sue parti; Libro XV: Degli edi ci e dei campi; Libro XVI: Delle pietre e dei metalli; Libro XVII: Dell’agricoltura; Libro XVIII: Della guerra e dei giochi; Libro XIX: Delle navi, degli edi ci e delle vesti; Libro XX: Delle provviste e degli strumenti do-mestici rustici.

Isidoro impiega gli ultimi venti anni della sua vita nella compi-lazione delle Etymologiae: una compilazione enciclopedica di così lunga elaborazione parrebbe essere antipodica rispetto ai concetti di creatività.

A tutta prima, non ci si discosta dalla classi cazione delle sette arti liberali, nel Trivium e Quadrivium.

La realtà, naturalmente, ci mostra qualcosa di totalmente consono, non solo ai concetti di creatività e di scienti cità proposti all’inizio di questo contributo, ma anche a quelli di una creatività che assume le caratteristiche di segnale identi cativo di tutta l’esistenza.

Esulerebbe dai limiti destinati al presente contributo analizzare dettagliatamente ogni capitolo dell’opera isidoriana: qualche accenno a talune trattazioni può essere però proposto.

Nel primo capitolo del Libro XI (I. Dell’essere umano e delle sue parti), noi potremmo ritrovare l’estesiologia, parte di concetti oggi de nibili nell’ambito della psicologia generale e la terminologia ana-tomica (sempre per usare concetti e termini moderni) orientata classi-camente dalla testa ai piedi (ancor oggi si mantiene questa topogra- a).

Nel secondo capitolo (II. Delle età degli esseri umani) sono trattati temi di gerontologia, con una partizione, che vale la pena rammenta-re. La prima età è l’infanzia, che termina a sette anni; la seconda età è la fanciullezza, che termina a quattordici anni; segue l’adolescenza, no ai ventott’anni, mentre l’età della giovinezza termina ai cinquanta anni. La quinta età è quella della persona anziana, ossia la maturità: non è ancora vecchiaia, ma non è più gioventù, e va dal cinquantesi-mo al settantesimo anno. Tutta la vita successiva, qualunque sia la sua durata, appartiene alla sesta età, la vecchiaia.

Si tratta di una partizione delle età della vita del tutto particolare, ed aderente alla realtà siologica e psicologica in misura maggiore,

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rispetto a quelle che erano proposte dalla tradizione (con partizioni uniformi e rigide).

Il Libro IV (Della medicina) rappresenta non solo un sunto com-pleto delle conoscenze mediche, ma propone anche le conoscenze mediche quali una seconda loso a: la medicina e la loso a hanno infatti come oggetto l’uomo, e ne curano l’una il corpo e l’altra l’ani-ma.

Il medico, allora, deve conoscere la grammatica, la retorica, la dia-lettica, l’aritmetica, la geometria, la musica e l’astronomia.

Siamo alle radici della formazione dotta (e in seguito, accademi-ca), che sarà propria di ogni medico, no ai giorni nostri.

Non si può ignorare che creatività, forma poetica e scienza sa-ranno sempre strettamente collegate per tutto il Medioevo – si pensi all’opera di Dante Alighieri (1265-1321) e alla sua rappresentazione iconogra ca del Purgatorio, vera innovazione creativa, loso ca, teo-logica e scienti ca – e si fonderanno in una nuova creatività culturale, propria dell’Umanesimo e del Rinascimento.

ConclusioneSi possono ora proporre alcune ri essioni conclusive.La prima, di ordine generale, è quella che perviene dalla faticosa

ricerca delle nostre radici: la ricompensa, in termini di maturazione interiore e di conoscenza, è sempre in nitamente superiore agli sforzi profusi.

L’esempio della lettura del testo isidoriano è, a questo proposito, esempli cativa.

La seconda ri essione, di ordine particolare, ci dovrebbe far pen-sare al fatto che, oggi, il legame fra creatività e scienza non è solo quello legato alla serendipity o all’uomo di genio (per usare questo termine vecchio d’oltre un secolo): la creatività, come la valenza sto-rica, appartiene anche alla nostra attività quotidiana (Porro, 2004), scienti ca e non scienti ca, ed ambedue possono (o dovrebbero, per meglio dire) accompagnarci lungo tutta la nostra esistenza.

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1.4 Il processo creativo

Il processo creativo ha permesso alla specie umana di evolvere. «La storia dell’evoluzione suggerisce che l’universo non abbia mai smesso di essere creativo», scriveva Karl Popper. L’essere umano e l’ambiente che lo circonda costituiscono un prodotto, una continuità e uno sviluppo creativo del mondo e della vita. La creatività è l’essenza dell’uomo, della sua origine e del suo futuro. La fantasia, le capaci-tà immaginative, la forza creativa sono presenti in tutte le persone, di ogni condizione ed età (Cesa-Bianchi, 1998; Cesa-Bianchi e Sala, 2008; Andreis, Cesa-Bianchi et al., 2008; Callieri, 2008; Cesa-Bian-chi e Cristini, 2009). Esistono indubbiamente i talenti artistici le cui doti spesso si intravedono già in età scolastica. L’abilità del tratto, la sfumatura poetica, la sensibilità al suono, l’originalità della sintesi af- orano talvolta precocemente nelle espressioni dell’artista nascente, che attraverso l’esercizio svilupperà e af nerà le sue composizioni. Ma le capacità creative costituiscono una prerogativa di ogni essere umano, rappresentano il pensiero che si produce e rinnova, e l’uomo si de nisce attraverso il suo pensiero. «È dunque il pensiero che fa l’essenza dell’uomo, senza il quale (pensiero) non lo possiamo imma-ginare (uomo)», annotava Blaise Pascal.

La creatività richiede di essere rispettata, coltivata e talvolta sa conservare la propria energia vitale, nonostante prolungate inibizioni ambientali e culturali. La forza creatrice sa travalicare ogni forma di amnesia, di coercizione e occultamento educativo. Si teme a volte la creatività poiché fanno paura i cambiamenti, la nascita di nuovi pen-sieri e coscienze.

La creatività nasce con l’essere umano, attribuisce senso alla sua natura e, attraverso la propria tendenza espressiva, traccia l’evolu-zione del pensiero, a volte tra le inde nite maglie della sofferenza, a volte come sua densa, singolare rappresentazione.

Secondo Guilford (1959) le abilità creative sono determinate da un insieme eterogeneo di qualità del pensiero: a) uidità: capacità di produrre un elevato numero di idee partendo da uno stimolo senza considerare le sue caratteristiche oggettive; b) essibilità: capacità di modi care l’impostazione del pensiero superando l’egocentrismo per valutare lo stimolo da diversi punti di vista; c) elaborazione: capacità

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di integrare fra loro informazioni e dati diversi sulla natura dello sti-molo; d) valutazione: capacità di scegliere fra diverse alternative la più adatta.

Secondo Piaget (1945) le variabili intellettuali che caratterizzano l’atto creativo si riferiscono alla capacità di associazione e di disso-ciazione. Alla base della creatività vi sarebbe una forma di pensiero “divergente”, meno vincolato a schemi rigidi ed in grado di produrre molteplici alternative.

Quando si parla di creatività non si intende solo quella dell’artista o dell’uomo di genio, ma si considera anche la disposizione che po-trebbe presentare qualsiasi persona per realizzare se stessa.

«Il signi cato di creatività si è smarrito disastrosamente nel con-vincimento che si tratti di qualcosa cui ricorriamo occasionalmente, soltanto nei giorni di festa. La premessa da cui dobbiamo partire per discernere il vero signi cato di creatività è che in essa si esprime l’uomo normale nell’atto di realizzare se stesso, non come prodotto di uno stato morboso, bensì come rappresentazione del massimo grado di equilibrio emotivo […] che si ritrova nell’opera dello scienziato o dell’artista, del pensatore o dell’esteta […] o nel normale rapporto di una madre con il glio», afferma Rollo May (1959).

Erich Fromm (1959) ha approfondito il rapporto tra creatività e sentimento di sicurezza. Egli considera l’essere umano coinvolto in una dicotomia di tendenze: da una parte ri uta di abbandonare le condizioni infantili, fonte di sicurezza, dall’altra cerca di conseguire condizioni nuove che gli diano la possibilità di impiegare le forze in modo più completo. «L’uomo è tormentato dal desiderio di regredi-re no a rientrare nell’utero materno e dal desiderio di essere nato completamente […] ogni atto natale esige il coraggio di abbandonare qualcosa, di abbandonare l’utero, di abbandonare il seno, di abbando-nare il grembo, di sciogliersi dalla madre che ci tiene, di abbandonare alla ne tutte le incertezze e di af darsi a una cosa sola: ai propri poteri di essere consapevole e ducioso nella propria creatività […] essere creativi signi ca considerare tutto il processo vitale come un processo della nascita e non interpretare ogni fase della vita come una fase nale. Molti muoiono senza essere mai nati completamente. Creatività signi ca aver portato a termine la propria nascita prima di morire. […] Educare alla creatività signi ca educare alla vita». Se-

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condo Fromm per essere creativi bisogna avere la volontà spontanea di essere nati, che consiste nel voler abbandonare le condizioni certe con coraggio e ducia nelle proprie capacità.

Maslow (1959) ritiene che la creatività si basi in larga misura sulla possibilità di risolvere i dubbi, le incertezze, di affrontare i rischi e l’ignoto con sicurezza, ma sottolinea che queste situazioni debbono essere vissute come esperienze positive, stimolanti. I bambini sono dotati in particolare di creatività in quanto non hanno ancora assimila-to stereotipi e luoghi comuni, sono meno inibiti, agiscono più spesso liberamente, senza voler assolutamente far rientrare il loro comporta-mento in schemi aprioristici o in programmi prestabiliti. Per questo il gioco del bambino e le sue attività espressive spontanee sono molto creative. Solo se un individuo riesce a liberarsi dagli schemi, dai pre-concetti è in grado di essere inventivo. L’artista come il grande teo-rico riescono a raggiungere importanti realizzazioni quando mettono insieme dati ritenuti incompatibili.

Relativamente al sentimento di sicurezza, considerato la premessa fondamentale per essere creativi, esaminando un gruppo di persone – che avevano dimostrato in vari contesti di possedere elevate capacità creative –, Maslow ha rilevato che la principale caratteristica comune al campione era la mancanza di timore. Queste persone dimostravano di non aver bisogno dell’approvazione degli altri, si sentivano meno dipendenti, timorosi e ostili nei confronti del prossimo. Ma soprattut-to egli ha notato che non avevano paura di accettare se stessi, avevano meno timore dei loro impulsi, delle loro emozioni e dei loro pensieri, anche quando questi si presentavano come inadeguati o assurdi; non inibivano le emozioni, le idee, le azioni, non temevano il giudizio altrui; l’accettazione di se stessi e il non sentirsi minacciati li rendeva più sereni e li metteva in grado di percepire con maggior obiettività la realtà delle cose, di essere meno controllati e più spontanei nei loro comportamenti. Un ruolo fondamentale nella creatività è sostenuto dalla possibilità di integrazione dei vari aspetti della personalità. Tale integrazione, nelle persone esaminate da Maslow, risultava superiore alla norma. In queste persone era stata evidentemente risolta, secondo lo studioso, «la guerra interna che si combatte nell’individuo tra le forze della profondità interiore e le forze di difesa e di controllo […] essi sprecano meno tempo e meno energie per proteggersi contro se

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stessi […] la conseguenza è che una parte maggiore del loro Io è di-sponibile per l’impegno, il godimento e gli scopi creativi».

Rogers (1959) sostiene che esistono tre condizioni interiori alla base di un atto creativo. La prima viene a determinarsi con la di-sponibilità all’apertura e all’estensibilità dell’esperienza; si tratta del fenomeno opposto a quello della deformazione percettiva che può veri carsi come meccanismo di difesa quando un individuo si trova di fronte a una situazione frustrante. La seconda condizione si veri- ca quando l’azione creativa viene percepita e valutata come espres-sione e realizzazione di una parte di se stessi; il consenso altrui può funzionare da stimolo, ma la miglior condizione per favorire la cre-atività è rappresentata dal sentimento di realizzazione personale. Il terzo punto viene descritto come la capacità di elaborare e manipo-lare funzioni e concetti ed è in stretto rapporto con le caratteristiche positive dell’esperienza; tale capacità implica l’immaginazione, il gu-sto dell’esplorazione del nuovo, la possibilità di formulare e scoprire nuove ipotesi e signi cati.

Possiamo considerare la creatività come la capacità di inventa-re, di sviluppare fantasia, di ampliare competenze ed esperienze. Il processo creativo esprime la capacità di costruire percorsi di crescita individuali, di scoprire il proprio volto interiore, di disporsi verso un avvenire che si riconosce nella storia personale, rappresenta lo stru-mento soggettivo che permette lo svolgimento del vivere e la realiz-zazione di sé.

Essere creativi signi ca essere propositivi, predisposti alla ricerca ed all’interpretazione originale dell’esperienza e della vita. La crea-tività orienta alla conoscenza e allo sviluppo completo della propria biogra a, media il passaggio tra natura e cultura.

L’ispirazione creativa trova la sua elettiva espressione nella produ-zione artistica. Il pensiero immaginativo si sviluppa con l’esperienza, attraverso il mondo degli affetti e delle emozioni. La creatività rap-presenta la più elevata capacità espressiva dell’uomo e sorge dalle percezioni più intime del suo modo di essere e di sentire.

La vita è disposta verso l’evoluzione, la realizzazione di un’espe-rienza biogra ca. Ogni individuo cresce e sviluppa a modo suo, secon-do un suo stile di pensiero e comportamento, le sue risorse creative, in rapporto al senso che ha e viene ad acquisire l’esistenza in un de-

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terminato ambiente familiare, sociale, geogra co, storico e culturale. Ogni essere umano è interprete di un’avventura unica, insostituibile. Ognuno costruisce e caratterizza la propria storia attraverso le capa-cità di inventare che possono fare dell’esperienza del vivere tutte le volte una novità, un sentimento, un pensiero, una parola innovativi.

La storia personale è espressione e testimonianza di un processo creativo, di un’arte narrativa della vita.

Le fasi del processo creativoOggi gli studiosi concordano sostanzialmente su quali siano le fasi

principali del processo creativo. Una delle teorie più accreditate, poi ampliata e rielaborata da altri studiosi, è quella di Graham Wallas, che, nel suo saggio The art of thought del 1926, ha individuato quattro tappe principali per arrivare alla creazione: preparazione, incubazio-ne, illuminazione e veri ca. Anche se molti studiosi hanno rimaneg-giato lo schema di Wallas, sottolineando che le fasi da lui individuate non si susseguono in modo uguale e lineare per tutti, questo rimane comunque uno schema ef cace per analizzare il processo creativo.

Durante la preparazione la mente esamina la questione o il pro-getto creativo in tutti i suoi aspetti; lo scienziato, per esempio, si pone domande e raccoglie dati in cerca di risposte. Più in generale, la preparazione è la fase in cui ci si specializza, cioè la mente ac-cumula esperienze, storie, dati che forse un giorno torneranno utili. Fin dall’antichità artisti e loso , pur convinti che la creazione fosse frutto di un’illuminazione improvvisa nella mente di individui dalle capacità straordinarie, erano consapevoli del fatto che la mente do-vesse essere preparata ad accogliere questa illuminazione.

La preparazione è strettamente legata alla fase dell’incubazione, nella quale la mente si distoglie provvisoriamente dal problema, “co-vandolo”. Durante l’incubazione agiscono forze che stanno oltre la soglia della coscienza, come se il creativo, allentando l’attenzione, permettesse alle idee di maturare. Mentre la preparazione richiede un lavoro attivo, l’incubazione è passiva e gran parte di quello che accade avviene al di là della nostra consapevolezza. Goleman (1999) è particolarmente chiaro sulla de nizione di questa fase: «L’inconscio è molto più predisposto all’intuizione creativa di quanto non lo sia la mente cosciente, perché in esso non esiste autocensura e le idee sono

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libere di ricombinarsi fra loro secondo disegni diversi e associazioni imprevedibili, in quella che è una sorta di promiscua uidità».

Preparazione e incubazione spesso si sovrappongono, formando un’unica lunga fase di ricerca e approfondimento, articolata in lavoro attivo e consapevole (studio, acquisizione di dati e strumenti indi-spensabili in un determinato settore, curiosità verso molteplici disci-pline), e attività inconsapevole (fantasia, libera associazione di idee), una fase necessaria per raggiungere una buona padronanza dell’argo-mento e caratterizzata da scarsi progressi apparenti, che può durare anni o decenni.

La fase successiva è quella dell’illuminazione, la più appariscente dell’intero processo creativo. È in questa fase che emerge l’idea, sotto forma d’immagine, suono, parola, formula matematica. È il momen-to in cui la creatività è al culmine e tutti i pezzi sparsi del puzzle si ricompongono in un’immagine chiara. Può essere l’intuizione di un istante o l’ispirazione che sostiene l’artista per giorni, ma comunque si tratta di una fase particolarmente gioiosa che fa sentire l’individuo in una sorta di stato di grazia.

La quarta e ultima fase del processo creativo è la veri ca, che ri-porta in azione la parte razionale della mente. Si tratta, infatti, di va-lutare criticamente, correggere o ri nire quanto è stato fatto nella fase dell’illuminazione. Questo vaglio critico è molto impegnativo, ed è esercitato non solo dal soggetto creativo, ma anche dal pubblico e da-gli esperti. Infatti, uno dei fattori importanti nella creatività è proprio l’ambiente sociale, che in ultima analisi giudica i meriti di una perso-na e del suo lavoro. La veri ca è una tappa fondamentale nel processo creativo, forse la più dura e faticosa, sicuramente quella più soggetta a frustrazioni e fallimenti.

Si noti che, delle quattro fasi del processo creativo, ben due, la preparazione e la veri ca, sono molto lunghe e faticose e richiedono una dedizione e una disciplina fuori dal comune. È necessaria una certa dose di determinazione e molta costanza perché l’illuminazione di un momento possa diventare un’idea nuova e geniale. Un requi-sito indispensabile per la persona creativa è coltivare e sviluppare il proprio talento con anni d’intenso lavoro e studio; citando un celebre motto di Thomas Edison, «Il genio è all’1% ispirazione e al 99% tra-spirazione».

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Il pensiero lateraleUn modo per spiegare il processo creativo è quello appena visto di

individuarne le fasi fondamentali, ma merita un breve cenno il model-lo, cui si accennava sopra, del “pensiero laterale” ideato da Edward De Bono (1968), che supera la visione del processo creativo distinto per fasi e individua un modello complessivo. Con il vantaggio di of-frire una forma strutturata di creatività che può essere usata in modo sistematico e deliberato, e che aiuta a risolvere i problemi utilizzando metodi basati sui meccanismi di percezione.

De Bono parte dalla distinzione fra sistemi informativi passivi, dove le informazioni sono organizzate dall’esterno (come nell’intelli-genza arti ciale), e sistemi informativi attivi o auto-organizzati, dove le informazioni si organizzano dall’interno. Il sistema cognitivo uma-no è un sistema auto-organizzato.

Le reti nervose del cervello, infatti, consentono alle informazioni in arrivo di organizzarsi in una sequenza, che con il passare del tempo diventa una specie di percorso o modello preferenziale. Sono questi modelli che ci consentono di riconoscere le cose. Il cervello inoltre ha una capacità straordinaria di formare e utilizzare sempre nuovi e molteplici modelli, in termini di percezioni. Da una parte permet-te alle informazioni in arrivo di organizzarsi in modelli, dall’altro usa questi modelli nel processo della percezione. Essi, secondo De Bono, non sono simmetrici: il modello è il tracciato principale, ma su tale tracciato può esserci una deviazione laterale, e il pensiero può percorre una strada alternativa. È questa deviazione che dà luogo alla creatività. Sempli cando, la sequenza di informazioni determina i modelli della percezione, ma il pensiero laterale, cioè il pensiero creativo, altera questa sequenza e ricombina le informazioni in modo diverso.

1.5 Neuro siologia della creatività.Cenni sul funzionamento del cervello

Nel descrivere il pensiero laterale di De Bono abbiamo visto come è importante, parlando di creatività, far riferimento al funzionamento del cervello, la sede in cui l’idea creativa nasce e si sviluppa.

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L’approccio neuro siologico non vuole certo ridurre la creatività a mero processo funzionale, piuttosto cerca di comprendere come i processi cognitivi, motivazionali, di personalità e persino sociali si combinano nel cervello attivo per produrre scoperte. Una sintesi in questo senso ha il potenziale non solo di fornire un’immagine più completa della creatività, ma anche di istruire i futuri creativi.

Puntando sul tema speci co di questo libro – la creatività scien-ti ca –, si pensi all’importanza che la società odierna attribuisce alla scienza e al progresso scienti co e tecnologico. È evidente che una spiegazione esatta dei processi cerebrali coinvolti nell’atto creativo potrebbe indicare la strada da seguire per educare i futuri scienziati e per incrementare le scoperte scienti che, oggi considerate essenziali per il benessere dell’individuo e della collettività.

Abbiamo detto che il processo creativo è tipico del cervello uma-no, e il cervello umano è naturalmente strutturato per pensare crea-tivamente. Infatti, nel corso dell’evoluzione, il cervello dei mammi-feri, e in particolare dell’uomo, ha sviluppato sempre più la cortec-cia cerebrale, alla quale sono legate le capacità di apprendimento e associazione non stereotipate, quindi essibili e creative. La molla della creatività è la fantasia, che ha una base biologica nel cervello. Solo da pochi anni le neuroscienze si sono interessate allo studio della fantasia, ed esattamente da quando si è scoperto che alcune malattie rendono incapaci di fantasticare.

L’essere umano conosce il mondo attraverso i cinque sensi (vista, udito, gusto, tatto, odorato) e, in conseguenza di questa esperienza sensoriale, nel cervello si formano immagini mentali che la psicologia cognitiva chiama primarie. Sono immagini correlate con il mondo esterno e depositate nel nostro cervello in modo da essere evocabili in qualsiasi momento. Esse ci permettono di riconoscere le cose e agire tempestivamente. Per formare un’immagine fantastica, il cervello du-plica l’immagine primaria facendone una fotocopia, un’immagine di secondo ordine, sulla quale si possono introdurre tutti i cambiamenti che si desiderano. Questa fotocopia è necessaria per conservare intat-ta nel cervello l’immagine primaria corrispondente alla realtà sica, altrimenti non riusciremmo più a distinguere tale realtà (riconosciuta grazie alle immagini primarie) dalla fantasia (formata da immagini secondarie). Il cervello umano è quindi dotato della capacità di pensa-

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re l’ipotetico, di cancellare cose che esistono o cambiarle e inventarne di nuove. La psicologia cognitiva ha chiamato questo procedimento capacità di meta-rappresentazione, ipotizzando che sia il nocciolo della creatività. È dalla capacità di meta-rappresentazione che dipen-de lo sviluppo dell’uomo e la sua sopravvivenza.

L’immaginazione ha un ruolo essenziale nell’esistenza umana e una strettissima relazione con l’azione: l’immaginazione, infatti, per-mette all’individuo di sperimentarsi in una dimensione quasi reale prima di vivere gli eventi nella realtà, le immagini che creiamo eser-citano un’azione su di noi e siamo noi stessi che possiamo tradurle o meno in realtà (Giusti, 2007).

Cervello e sistema nervoso centraleIl sistema nervoso è un complesso di formazioni interconnesse atte

a mettere in comunicazione fra loro le parti di un organismo e l’or-ganismo stesso con l’ambiente che lo circonda. Il sistema nervoso consente la coordinazione funzionale e l’adattamento grazie a rapidi messaggi di tipo bio-elettrico. Sotto l’aspetto topogra co è diviso in sistema nervoso centrale (SNC), cioè la parte contenuta nella scatola cranica (encefalo) e nel canale midollare della colona vertebrale (mi-dollo spinale), e sistema nervoso periferico (SNP), cioè tutta la parte restante formata da fasci di nervi, da gangli e dagli organi di senso, le formazioni che raccolgono le informazioni dell’ambiente.

Senza soffermarci su una descrizione dettagliata del cervello uma-no, in questa sede preme descrivere i due emisferi e le loro specializ-zazioni.

L’emisfero destro e l’emisfero sinistro sono le due parti di cui si compone il telencefalo, che è il più voluminoso organo del SNC e oc-cupa gran parte della scatola cranica. I due emisferi sono divisi da una profonda scissura e sono collegati fra loro dal sistema di bre trasver-sali denominato corpo calloso. Gli emisferi presentano una super cie irregolare per la presenza di rilievi e solcature, di cui le più marcate si chiamano scissure e suddividono gli emisferi in aree funzionalmente importanti, dette lobi. Gli emisferi sono rivestiti dalla corteccia cere-brale, anch’essa ripiegata in giri e circonvoluzioni separate da solchi. Anche per la corteccia, le differenze morfologiche corrispondono a differenze funzionali.

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Il neurologo tedesco Korbinian Brodman nel 1909 localizzò sul-la super cie corticale 52 aree, e tale mappa è tuttora in gran parte valida e utilizzata (Fig. 1). Le aree sono divise in tre grandi gruppi: aree motorie, connesse con il controllo del movimento, aree senso-riali, connesse con i diversi tipi di sensibilità, e aree associative, le-gate alle funzioni logiche, alla memoria associativa e all’attenzione visivo-spaziale. Più avanti vedremo come le aree associative siano fondamentali per il processo creativo e il pensiero analogico a esso associato.

Figura 1

Una peculiarità del nostro cervello è rappresentata dalla equivalen-za motoria e sensoriale delle quali ciascun emisfero controlla la metà corporea controlaterale e dalla diversità funzionale tra i due emisferi: infatti, mentre nell’emisfero sinistro si trovano i centri del linguaggio e, più in generale, le capacità logiche e matematiche, l’emisfero de-stro è sede dell’astrazione e delle capacità artistiche e musicali.

Con una certa approssimazione si tende a credere che l’emisfero destro sia quello in cui risiede la creatività. Ricordiamo tuttavia che la creatività è un processo complesso, che richiede l’utilizzo congiunto di capacità logico-razionali (quindi emisfero sinistro) e capacità di astrazione e fantasia (emisfero destro). Inoltre, con il progredire degli studi sul cervello, si è visto che esso possiede una forma di plasticità che gli permette di riorganizzare e ridistribuire le funzioni corticali e può capitare che una funzione generalmente svolta da un emisfero passi all’altro emisfero.

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Gli emisferi cerebrali, per quanto uguali dal punto di vista ana-tomico e anche strutturale, dirigono preferenzialmente alcune attivi-tà. È la dominanza degli emisferi. Ma anche qui occorre sottolineare comunque che i due emisferi lavorano in modo congiunto, essendo anatomicamente e funzionalmente collegati.

In genere la conoscenza delle differenze funzionali dei due emisfe-ri viene dallo studio delle conseguenze di lesioni della corteccia. Tut-tavia uno studio approfondito degli emisferi e delle loro speci che at-tività è stato possibile grazie alla callosotomia, ossia il taglio del corpo calloso per dividere il cervello, effettuata in passato nei casi di epiles-sia medicalmente non trattabile per fermare la diffusione dell’attività convulsiva da un emisfero all’altro. I pazienti che hanno subito questa operazione, superato il trauma operatorio, presentano alcune caratte-ristiche interessanti: normalità sociale, ossia in situazioni sociali nor-mali sono indistinguibili dalle persone non operate e il loro de cit è rilevabile solo con speci ci test; acquisizione progressiva di strategie compensative per eludere il de cit di trasferimento emisferico.

Il risultato più importante ottenuto studiando gli individui con cervello diviso è la scoperta che i due emisferi possono funzionare indipendentemente e simultaneamente, in parallelo. Questo è il pun-to fondamentale su cui si basa la teoria di Joseph Bogen e Glenda Bogen (1999), che hanno immaginato un grado signi cativo di in-dipendenza emisferica anche in cervelli non divisi, tale da rendere lo scambio emisferico incompleto per gran parte del tempo. Questa parziale indipendenza degli emisferi ha ricadute anche nello studio della creatività. Infatti i Bogen evidenziano l’importanza del ruolo del corpo calloso nel processo creativo: certo non tutta la creatività è riconducibile all’attività del corpo calloso, ma i loro studi dimostrano come l’individuo, per trovare una soluzione creativa, debba mettere in correlazione i due emisferi. In pratica, concludono i Bogen, perché ci sia un pensiero creativo è necessaria un’indipendenza emisferica parziale e reversibile: è il corpo calloso che promuove le più alte ed elaborate attività del cervello, prima fra tutte la creatività.

Neuroscienze e creativitàIl cervello non è un organo statico, destinato all’involuzione e alla

perdita, ma è una struttura plastica, dinamica, mutevole, in continua

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modulazione. Ogni neurone può avere no a 15.000 contatti sinaptici, equivalenti ad altrettante possibilità di interazione e comunicazione con gli altri neuroni. Il cervello è in costante elaborazione, si modi- ca in funzione dell’esperienza individuale, contiene le matrici della creatività in quanto si adatta attivamente alle richieste dell’ambiente. Rappresenta la memoria creativa della specie e quella di ogni singolo individuo; ognuno ha il suo cervello in rapporto alle caratteristiche personali, alle esperienze vissute, alla creatività esercitata e svilup-pata.

Gli studi neuroscienti ci hanno dimostrato che il cervello com-pensa le proprie perdite, possiede una capacità di rigenerazione anche in età avanzata, “fabbrica” i suoi neuroni, riattiva e “guarisce” le sue cellule nervose malate, in dif coltà. È un messaggio di ducia e spe-ranza per la ricerca e per il futuro di molti malati e di chi li assiste. Scrive James Hillman (1999): «È vero che stiamo perdendo le cellule cerebrali, come un albero le foglie d’autunno; ma è vero anche che in questo modo si apre una radura, lasciando più spazio agli uccelli che vogliono venire a visitarci».

In sintesi le capacità di adattamento creativo del cervello com-prendono:

– plasticità: proprietà delle cellule nervose, indipendentemente dall’età, di modularsi in rapporto alle variazioni e sollecitazio-ni dell’ambiente; il cervello è un organo dinamico, plastico, in continuo riadattamento;

– ridondanza: il cervello può attivare vie nervose mai utilizzate o riattivarne altre, rimaste silenti anche per lungo tempo;

– sprouting (arborizzazione): le cellule nervose possono ricostrui-re, se opportunamente stimolate, i loro prolungamenti (assoni e dendriti), le loro vie di interconnessione, di comunicazione;

– sinaptogenesi: i neuroni, se stimolati, sono in grado di ripristi-nare, riformare le sinapsi perdute, offrire nuovi punti di con-tatto alle terminazioni nervose – anche attraverso l’incremento pre-sinaptico e l’ipersensibilità post-sinaptica –, come se fos-sero rifornite altre possibilità di linguaggio ai circuiti cerebrali (Le Doux, 2002);

– fattore nervoso di crescita (nerve growth factor): è una protei-na, scoperta da Rita Levi Montalcini, responsabile della cresci-

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ta e dello sviluppo del sistema nervoso centrale, attiva anche in età avanzata;

– proteine rigeneratrici (esempio: MAP 2): sono mediatori della formazione di nuove vie nervose;

– circuiti rientranti: vie neurali implicate nella realizzazione della coscienza primaria e nell’organizzazione della memoria (Edelman, 2004);

– neurogenesi: si intende la nascita di nuove cellule cerebrali in risposta a stimoli ambientali (Gross, 2000; Abrous, Koehl e Le Moal, 2005; Greenberg e Jin, 2006). Con questa scoperta cade il dogma de nito delle tre enne (N.N.N. nessun nuovo neurone) e si confermano le intuizioni di Leonardo da Vinci: «Sì come il ferro si arruginisce sanza uso e l’acqua nel freddo si addiaccia, così lo ‘ngegno sanza esercizio si guasta» e ribadite da Elkho-non Goldberg: «Use it or lose it»;

– neuroni specchio: speci ci sistemi o reti neurali che si attivano nell’osservare e comprendere comportamenti ed emozioni di altri individui della stessa specie (Gallese, Keysers e Rizzolatti, 2004; Rizzolatti e Sinigaglia, 2006).

I neuroni specchio starebbero alla base, oltre che dell’apprendi-mento, anche dei fenomeni sociali, dell’altruismo e della compas-sione. L’ambiente di cura – familiare o in una struttura residenziale – viene a rappresentare uno strumento determinante per il manteni-mento e il recupero funzionale del cervello, attraverso la stimolazione creativa, la qualità della relazione. Il cervello si perde sempre di più se l’ambiente lo dimentica.

L’attività corticale nella creativitàLa corteccia del cervello umano presenta diversi livelli di attività,

o meglio di vigilanza. Nel sonno per esempio c’è un basso livello di vigilanza, mentre livelli di attivazione massima si hanno in corrispon-denza di emozioni forti come rabbia o paura.

L’elettroencefalogramma ci fornisce il tracciato dell’attività elet-trica del cervello, che è lenta e regolare quando si è in uno stato di rilassamento, rapida quando si è emozionati o si sta risolvendo un compito. Tuttavia non tutti i compiti possono essere svolti ai massimi livelli di attivazione: le osservazioni dimostrano che compiti semplici

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possono essere svolti a livelli di attivazione alta, mentre compiti più complessi richiedono un’attivazione minore. Quando si passa dalla veglia al sonno, l’attivazione diminuisce e le onde si fanno più lente e regolari.

Le onde elettriche dell’attività cerebrale (Fig. 2) si distinguono in onde beta, tipiche dello stato di veglia e attenzione, che hanno una frequenza compresa fra i 13 e i 30 Hertz; onde alpha, tipiche dello stato di rilassatezza, con una frequenza fra gli 8 e i 13 Hertz; onde theta, che sono le onde della sonnolenza e della fantasia, con una frequenza compresa fra i 4 e gli 8 Hertz.

Figura 2. Le variazioni dell’attività elettrica cerebrale6

La creatività si sviluppa soprattutto a bassi livelli di attività corti-cale, cioè con un’attività di tipo theta. I creativi, in effetti, presentano un basso livello di attenzione soprattutto nella corteccia frontale, che quando è attiva blocca i comportamenti irrilevanti e non proiettati a un ne speci co: la corteccia frontale entra in funzione nella risolu-zione di problemi speci ci e scarta le associazioni mentali conside-rate inutili allo scopo. Quindi la minore attivazione di questa zona favorisce le associazioni creative. Ben lo sapeva Thomas Edison che, per farsi venire una buona idea, si metteva a riposare in poltrona con le braccia rilassate e nelle mani due oggetti metallici, in modo che, appena si appisolava, le dita si rilassavano facendo cadere gli oggetti metallici su due vassoi precedentemente posizionati a terra. Svegliato

6 Figura tratta da Oliverio A. (2006), Come nasce un’idea, Rizzoli, Milano.

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all’improvviso dal rumore, lo scienziato prendeva nota di ogni idea che gli spuntasse in quello stato tra sonno e veglia tipico del risveglio. Lo stato appunto dell’attività di tipo theta.

Alcuni studiosi hanno anche tentato di valutare gli effetti prodotti sulla creatività dalla stimolazione magnetica transcranica, con cui si può ridurre l’attivazione di intere aree del cervello. Grazie a questi esperimenti si è scoperto che, se s’inibisce l’attività della corteccia frontale, le associazioni sono facilitate e meno banali.

La creatività generalmente dipende dalla capacità di mettere a ta-cere la corteccia frontale in modo che emergano con uidità associa-zioni e analogie.

L’uso della Rmf (risonanza magnetica funzionale) permette di in-dividuare le aree cerebrali più attive in un determinato comportamen-to. La Rmf, applicata nello studio della creatività, ha evidenziato che l’emergere di un’idea è collegata all’attivazione dell’emisfero destro e alla disattivazione di numerose altre aree corticali.

È capitato a molti di trovare la soluzione a un problema dopo un buon sonno o dopo un periodo (ore o giorni) di rilassamento in cui al problema non si pensa più. Sul piano siologico, l’idea creativa richiede un’attività bilanciata fra stato di vigilanza e attenzione, che consente al cervello di individuare il problema e concentrarsi per af-frontarlo, e stato di rilassamento, in cui ci si distoglie dal problema, si dà spazio alla fantasia e si producono, spesso a livello inconscio, associazioni creative.

1.6 I diversi generi della creatività: arte, scienzae creatività quotidiana

Quando si parla di creatività ci si riferisce in realtà a un complesso insieme di diversi generi di attività. In effetti, anche se alcune carat-teristiche fondamentali del pensiero creativo sono sempre le stesse, la creatività si manifesta in un’in nità di modi diversi, che spesso sono il risultato di fattori individuali, culturali e ambientali più o meno sviluppati.

Nello studio della creatività si rende quindi necessario far rife-rimento a dei sottogeneri, se non altro per individuare le speci che

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caratteristiche di ogni singolo genere, caratteristiche che siano studia-bili, veri cabili e, ovviamente, trasmissibili.

Senza tuttavia dimenticare che ogni tipo di creatività è sorretta dal-lo stesso tipo di processo creativo, e che l’attività del cervello sostan-zialmente non muta. Quello che cambia è il campo di applicazione e, come si è detto, alcuni fattori culturali e ambientali, che formano e indirizzano l’individuo che poi sviluppa la sua creatività in un deter-minato settore.

Howard Gardner (2007), famoso per aver teorizzato le intelligen-ze multiple, ha rilevato che l’abilità in un settore non comporta ne-cessariamente la stessa abilità in un altro. Non bisogna, infatti, dare per scontato che un personaggio che ha espresso la propria creatività in un certo campo avrebbe potuto indifferentemente manifestare doti creative in un’altra area, perché la creatività non è unica e universale, ma multiforme e variegata.

Creatività artisticaSi tratta del tipo di creatività più facilmente riconoscibile, perché

per individuare una produzione creativa nel settore interessato non sempre serve una speci ca competenza o una piena padronanza nel campo di quella professione artistica.

Certo, se si è competenti di pittura, si coglieranno molto più rapi-damente le innovazioni di un dipinto, ma anche l’uomo comune può “intuire” un’opera d’arte, perché essa va oltre le conoscenze tecniche, attivando sentimenti ed emozioni universali. Mentre è molto dif cile per un non matematico comprendere la portata innovativa di una for-mula matematica.

Questo perché l’arte è un linguaggio, una forma di comunicazione, e l’opera d’arte è un’esperienza estetica possibile a chiunque.

Generalmente si pensa alla creatività artistica come maggiormente collegata all’attività dell’emisfero destro, quello dell’immaginazio-ne, ma abbiamo visto che, quando si parla di creatività, entrambi gli emisferi giocano la loro parte. È comunque vero che l’artista, rispetto allo scienziato, deve sottostare a un più ristretto numero di regole, e che le regole dell’arte in genere sono più essibili rispetto a quelle della scienza. In linea di massima l’artista può dare maggiore spazio alla fantasia e all’immaginazione, le specialità dell’emisfero destro,

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appunto. Ma, come per tutti i tipi di creatività, anche nell’arte sono importanti la fase di preparazione, dove la mente si “allena” all’at-to creativo, e la fase di veri ca, dove la parte razionale della mente valuta criticamente, corregge o ri nisce quanto è stato stabilito nella fase dell’illuminazione. L’idea che l’artista sia un individuo assolu-tamente libero, svincolato dalle regole e che obbedisca solo alla sua ispirazione, è tanto diffusa quanto errata. La fantasia nella creatività artistica ha un ruolo preponderante, ma non governa l’intero processo creativo.

In effetti, lo ripetiamo, l’arte è soprattutto una forma di espressio-ne e di comunicazione e pertanto, perché essa non manchi l’obiettivo, è necessario che si attenga a un sistema di regole e di convenzioni, sempre alla base di ogni forma di comunicazione.

Creatività letterariaUn posto a sé, nelle arti, spetta alla creatività letteraria, che per le

sue caratteristiche si pone a metà strada fra quella scienti ca e quella artistica. A seconda del genere letterario di cui si occupa, il genio del-le lettere può presentare caratteristiche più simili a quelle dell’artista (poesia) o a quelle dello scienziato (narrativa).

In genere, la dinamica del pensiero nella produzione letteraria si dimostra come un’attività mista ed equilibrata, in cui si combinano il processo logico-razionale e realista (emisfero sinistro) e i contributi della fantasia (emisfero destro).

La letteratura è una forma artistica dura ed esigente per il fatto che richiede un perfetto controllo di se stessi nell’incessante viaggio tra la realtà e la fantasia. In effetti, il narratore compie un viaggio nella profondità della propria psiche con il doppio bagaglio della luce del-la ragione e della potenza irrazionale della fantasia. A differenza del pittore o del poeta, il narratore ha il dif cile compito di dover combi-nare le immagini fantastiche e irrazionali con i postulati della ragione, senza la quale non sarebbe possibile strutturare un racconto che, per quanto fantasioso, deve sempre rispondere a una propria logica.

Creatività scienti caEsiste una fondamentale differenza fra la creatività scienti ca e

tutte le altre forme di creatività: essa ha lo scopo di estendere, o tal-

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volta soppiantare, una vasta conoscenza teorica, tecnica e sperimen-tale. L’obiettivo primo della creatività scienti ca è cambiare, in parte o in tutto, le conoscenze acquisite. Se nella produzione artistica e let-teraria è prioritaria una funzione estetico-espressiva, nella produzione scienti ca essa è annullata dal bisogno di innovare e progredire.

Una signi cativa differenza fra la creazione artistica, che si pre-senta duratura o talora immortale, e la creazione scienti ca è il carat-tere ef mero di quest’ultima, poiché ogni nuova scoperta scienti ca sarà prima o poi soppiantata dalle successive. Chi coltiva il pensiero scienti co è consapevole che ogni opinione può essere ribaltata, in modo graduale o repentino, alla luce di una nuova radicale scoperta o di una nuova teoria. Forse è anche per questo motivo che i creativi che si dedicano alle scienze hanno una personalità generalmente più equilibrata e meglio organizzata intorno a un progetto, e soprattutto hanno un’attitudine di modestia, a differenza degli artisti che hanno spesso una tendenza all’egocentrismo.

Una de nizione interessante per la creatività scienti ca è che essa «è l’arte del risolvibile» (Medawar, 1985). In effetti, non po-chi studiosi, come vedremo più avanti, hanno trattato la creatività, e in particolare quella scienti ca, in termini di abilità nella soluzione di problemi: la ricerca scienti ca è nalizzata al miglioramento, alla correzione di errori e al raggiungimento di un risultato positivo.

Un’altra caratteristica della creatività scienti ca è che in essa è prevalente il ruolo della logica e della razionalità, attività dell’emi-sfero sinistro. Ciò non vuol dire che lo scienziato non usi la fantasia, che anzi è la molla della creatività, ma il ricorso alla fantasia è più contenuto rispetto ad altre forme di creatività, e inoltre i contributi dell’immaginazione, nel processo creativo scienti co, sono passati al vaglio critico con molta più frequenza e rigidità, perché, come di-cevamo, scopo della ricerca scienti ca è estendere o soppiantare un insieme molto rigido e strutturato di conoscenze.

Inoltre il creativo delle scienze nella maggior parte dei casi impe-gna la sua creatività nell’elaborazione di teorie. È una forma di creati-vità ad alto livello, giacché implica la connessione originale e insolita di concetti esistenti, che vengono riorganizzati in modo nuovo.

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Creatività quotidianaAlcuni studiosi (Goleman, 1999; Gardner, 2007) distinguono fra

due tipi di creatività, quella con la C maiuscola e quella con la c mi-nuscola. La prima è quella distintiva dei grandi artisti e dei geni della scienza, la seconda è quella implicata in una vasta gamma di piccole opere quotidiane, destinate per lo più all’anonimato. La creatività con la C ha una sua dimensione sociale fondamentale: l’opera creativa è destinata a in uenzare la collettività, ed è l’ambiente sociale che in ultima analisi giudica e convalida l’operato dell’individuo creativo. D’altro canto, in tutto il mondo gran parte della creatività si esprime in momenti privati, solo per il puro piacere di usare i propri talenti in modo ef cace o per produrre qualcosa di bello.

E in effetti, se si parla di creatività, l’in uenza dell’ambiente so-ciale (tanto importante nella Creatività) tende a svanire, e il ruolo di giudice e critico della propria creazione spetta spesso unicamente all’individuo. Nella creatività non c’è pubblico.

Ma quest’assenza di pubblico, e quindi di giudici, non deve trarre in inganno, perché la vita quotidiana è un grande banco di prova per l’innovazione e la risoluzione dei problemi, a tutti gli effetti è il più vasto regno dello spirito creativo, anche se il meno riconosciuto.

Quando tentiamo un nuovo approccio per affrontare una situazio-ne, e quel nuovo approccio funziona, allora stiamo usando la nostra creatività. Se poi nello spingerci oltre le soluzioni tradizionali riscuo-tiamo un successo che in uenza anche gli altri, allora la nostra creati-vità assume una fondamentale dimensione sociale.

Aree della creatività quotidianaUn fattore che facilita l’adattamento è indubbiamente rappresen-

tato dalla creatività (Cesa-Bianchi, 1994). Essere creativi signi ca essere propositivi, innovativi, curiosi di conoscere, predisposti alla ricerca di sé, disponibili a mettersi in discussione, a modi care le pro-spettive della propria vita; s’intende anche ricorrere all’intuizione per realizzare nuove scoperte, avere il coraggio di abbandonare percorsi conosciuti per intraprendere nuovi itinerari in modo da esprimere li-beramente se stessi e le proprie potenzialità.

Ogni individuo, anche chi è meno fortunato, ha la possibilità di diventare creativo, purché trovi condizioni ambientali favorevoli.

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Molte persone per mancanza di stimoli e di opportunità hanno mantenuto inconsapevolmente inespresse le loro abilità creative. In alcuni individui, le situazioni di inibizione prolungata hanno impedi-to manifestazioni creative. Generalmente chi non ha esercitato que-sta funzione cognitiva non ne comprende pienamente il signi cato e ignora come si possa migliorare la qualità della vita attraverso la ricerca e l’applicazione della creatività.

La consuetudine ad abitudini e comportamenti quotidiani tende a conferire, a molti, una certa sicurezza e stabilità, ma non li aiuta a su-perare le dif coltà connesse al cambiamento; essi appaiono timorosi e riluttanti ad abbandonare percorsi seguiti da tempo per intraprendere nuove attività ed esperienze, altri itinerari del pensiero e del senti-mento.

Molti non se la sentono di rimettersi in gioco, ristrutturando la loro realtà secondo prospettive diverse.

In peculiari condizioni – nei campeggi di vacanza, nei collegi, nelle case di riposo – l’animazione, le attività di intrattenimento e svago costituiscono certamente una componente basilare e impor-tante delle attività creative; si esprimono con molteplici iniziative e perseguono gli obiettivi primari di vivacizzare la quotidianità o di riempire o contenere i vuoti esistenziali. Come ogni altro intervento o proposta, anche l’animazione deve essere il più possibile persona-lizzata, commisurata alle esigenze di un individuo. Esistono persone che manifestano un immediato interesse per le attività creative e di animazione; altre che richiedono un graduale percorso di sensibiliz-zazione, di comprensione dell’utilizzo e dei vantaggi delle iniziative proposte; altre che avvertono la necessità di essere meno coinvolte, di partecipare prevalentemente o esclusivamente da spettatori alle at-tività offerte; per alcune deve essere rispettato e compreso il riserbo della solitudine.

La creatività può esprimersi in diverse aree (Cesa-Bianchi, 2002): – scrittura: poesie, racconti, diari, articoli, aneddoti (Cotroneo,

2008);– pittura: matite, pastelli, acquerelli, tempera, olio, guazzi e col-

lage;– scultura: cartapesta, plastica, legno, pietra, composizioni di di-

versi oggetti;

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– musica: suonare uno strumento, da soli o in gruppo, cantare da solisti o in coro, comporre canzoni, brani musicali;

– artigianato: cucito, tessitura, ricamo, cura dei ori, coltivazio-ne dell’orto, découpage, bricolage, decorazione del vetro, della ceramica e del legno, manipolazione di creta, terracotta, carta, cuoio, cera; recupero materiale di scarto;

– organizzazione: riunioni e circoli di discussione e approfondi-mento di vari argomenti, cineforum, spettacoli, visite, viaggi turistici anche per partecipare ad avvenimenti sociali, culturali, sportivi;

– attività sico-sportive: invenzioni di esercizi motori, studio e ricerca di nuovi percorsi ginnici;

– fotogra a, videoregistrazione, cucina, giardinaggio, attività te-atrali e di animazione, invenzione di giochi, accudimento di animali domestici;

– comunicazione: con amici e coetanei, con i più giovani o i più anziani, con gli e genitori, con nonni e nipoti.

Sono attività, alle quali possono esserne aggiunte molte altre, che stanno a dimostrare come siano ampie le opportunità per esprimere qualcosa di sé, oltre che occupare in modo positivo e costruttivo il tempo liberato da impegni lavorativi e familiari.

1.7 La rappresentazione della creatività (a cura di Paola Pizzingrilli7, Alessandro Antonietti8)

IntroduzioneNonostante i numerosi tentativi da parte dei ricercatori di indivi-

duare una de nizione univoca della creatività, oggi è opinione con-solidata che essa sia un costrutto multidimensionale, poiché interessa molti aspetti della vita mentale umana e si collega a numerose di-mensioni psicologiche, quali ad esempio il pensiero, la motivazione e la personalità. Come per altri concetti psicologici che condividono

7 Paola Pizzingrilli, dottoranda di ricerca in Psicologia, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

8 Alessandro Antonietti, Professore di Psicologia Generale e Direttore del Di-partimento di Psicologia, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

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questa caratteristica, è allora opportuno considerare non soltanto ciò che gli esperti sostengono circa la creatività, ma anche le opinioni che sviluppano al riguardo le persone comuni. Che cosa è la creatività per la gente?

Il crescente interesse per il tema della creatività è testimoniato dall’aumento di articoli pubblicati su riviste scienti che negli ultimi 50 anni, come sottolineato da Sternberg (2001). Ciononostante sono ancora poche le ricerche focalizzate sul modo in cui le persone si rappresentano la creatività. Da un’attenta analisi degli studi che si sono orientati in questa direzione è possibile rintracciare gli elementi che caratterizzano la creatività stessa e che un tempo de nivano l’og-getto d’indagine dei ricercatori: le persone spesso si riferiscono alla creatività come a un prodotto con determinate caratteristiche (novità, originalità, ecc.); a volte emerge, nell’idea che la gente ha della crea-tività, l’aspetto processuale, ovvero le caratteristiche dell’atto creati-vo; altre volte il modo con cui le persone concepiscono la creatività riguarda i tratti che caratterizzano la personalità creativa; in ne le idee circa la creatività riguardano anche l’ambiente che può in uire sul suo sviluppo.

Rileviamo che, da un lato, la ricerca ha privilegiato l’analisi della rappresentazione della creatività allo scopo di delineare maggiormen-te i processi che si attivano nel momento in cui le persone svolgono un compito in modo insolito con l’intento di produrre qualcosa di “innovativo” e “originale”, creativo appunto. Dall’altro, l’abbandono di una concezione limitativa della creatività (che la vedeva come un dono posseduto da pochi e ristretto al campo dell’arte) ha alimentato l’interesse verso i fattori, come quelli ambientali, che favoriscono lo sviluppo del potenziale creativo, il quale, nella sua più ampia acce-zione, include non soltanto il luogo sico, ma anche le interazioni che si sviluppano tra le persone, entro i gruppi, all’interno della società. L’attenzione della ricerca, quindi, ha messo in rilievo l’importanza di insegnare non solamente in che modo è possibile attivare determinate strategie creative, ma anche dove applicarle, individuando così nella scuola e nei suoi protagonisti il luogo privilegiato di osservazione e di intervento.

In questo paragrafo viene compiuta una rassegna di contributi ita-liani e internazionali sul tema delle concezioni ingenue sulla creati-

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vità. Una serie di interventi si sono focalizzati sulle teorie implicite della creatività in persone diverse (soprattutto in relazione alla pro-fessione esercitata). Altri lavori si sono invece concentrati maggior-mente sulla gura dell’insegnante, considerando il suo punto di vista circa la creatività e il modo per promuovere l’atteggiamento creativo in classe. Il discorso si sviluppa poi con attenzione all’elemento cul-turale, considerando differenze tra cultura occidentale e orientale in merito al modo di vedere la creatività e le persone creative. Una pa-noramica è dedicata agli strumenti attualmente impiegati per rilevare le concezioni ingenue della creatività. La trattazione si conclude con alcuni spunti di ri essione sugli elementi che caratterizzano la creati-vità e il modo di rappresentarla, che lasciano aperti ancora numerose opportunità di approfondimento.

Teorie implicite sulla creativitàLa scarsità di ricerche in merito alle rappresentazioni della crea-

tività è connessa all’evoluzione dello studio della creatività stessa, la quale è diventata solo recentemente uno speci co tema d’indagi-ne psicologica (Antonietti e Cesa-Bianchi, 2003). Ciò ha portato a considerare per lungo tempo la creatività come prerogativa di pochi individui eccezionali – di qui l’uso del termine genialità – e legata a campi speci ci, come quello artistico. Inoltre, per lungo tempo questo termine ha richiamato una serie di caratteristiche che connotavano la persona creativa, talvolta con accezione negativa: anticonformista, ri-belle, amante del rischio, sregolata. Una volta esauritasi questa prima fase che ha relegato la creatività in certi ambiti e le ha assegnato de-terminati signi cati, la domanda che la ricerca si è posta è la seguente: quanto di questa concezione sorpassata e riduttiva della creatività è ancora riscontrabile nell’atteggiamento delle persone? E soprattutto, cosa intende la gente per “creatività”?

Per rispondere a questi quesiti, occorre innanzitutto richiamare un concetto chiave per comprendere che cosa pensano le persone di un dato fenomeno e, più speci catamente, cosa pensano della creatività. L’insieme delle credenze, delle opinioni e degli atteggiamenti che gli individui sviluppano riguardo a un certo fenomeno e sulla cui base essi forniscono delle spiegazioni prende il nome di teoria implicita. Le teorie implicite, che ri ettono il modo con cui una persona si rap-

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presenta il fenomeno, riguardano anche la creatività. Le teorie impli-cite della creatività sono quindi costellazioni di pensieri e idee circa la creatività possedute ed impiegate dalle persone (Runco e Johnson, 2002, p. 427). All’opposto, le teorie esplicite della creatività si riferi-scono alle opinioni degli esperti, in genere sostenute da dati di ricerca e sistematizzate in coerenti quadri concettuali.

Secondo Sternberg (1993) è importante studiare le teorie impli-cite per numerosi motivi: in primo luogo, ci aiutano a formulare le teorie esplicite in quanto ne costituiscono la base; in secondo luogo, ci consentono di individuare gli stereotipi che le persone si formano nei confronti di un dato fenomeno. Nel 1985 Sternberg ha esplorato alcune teorie implicite di fenomeni psicologici con un campione di esperti (insegnanti e studenti di discipline speci che) e di gente co-mune allo scopo di comprendere la natura delle concezioni di intelli-genza, creatività e saggezza. Ha trovato che le persone erano capaci di distinguere la creatività dagli altri due costrutti e che la relazione tra intelligenza e creatività si colloca in una posizione intermedia tra intelligenza e saggezza da un lato (stretta relazione) e creatività e sag-gezza dall’altro (scarsa relazione). In generale, i dati di questa ricerca indicano che le persone connotano positivamente i tre costrutti psico-logici oggetto di analisi. Vi sono però alcuni attributi – ad esempio, il gusto estetico e l’immaginazione – che vengono riferiti in maniera esclusiva alla creatività. Le teorie implicite del gruppo di esperti e della gente comune si sovrappongono in alcuni campi, anche se sono presenti delle differenze. Gli insegnanti di arte, per esempio, enfa-tizzano l’elemento dell’immaginazione e dell’originalità; quelli di materie nanziarie sottolineano la capacità di individuare idee nuove ed esplorarle; quelli di loso a indicano la capacità di sistematizzare la conoscenza in modo non convenzionale. Volendo sintetizzare le posizioni assunte dai sottogruppi di esperti, è possibile affermare che le teorie implicite delle persone comuni riguardo alla creatività rac-chiudono al loro interno anche i punti di vista dei gruppi di esperti a proposito della creatività.

Anche Runco e Bahleda (1987, cit. in Rudowicz, 2003, p. 278) hanno studiato le teorie implicite della creatività di diverse categorie professionali (artisti, scienziati e gente comune) ed hanno riscontrato delle differenze che delineano nelle persone l’idea di una creatività

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di tipo scienti co, una di tipo artistico ed una legata alla vita di tut-ti i giorni. Parole come “logica”, “sperimentale”, “profonda” e “pa-ziente” caratterizzano il primo tipo; “emozionale”, “percettiva” ed “espressiva” de niscono il secondo tipo; in ne, alla creatività quoti-diana vengono attribuiti caratteri di “utilità”, il fatto di essere “attiva” e piena di “giudizio”. Nonostante emergessero da questo studio dei pareri particolarmente interessanti all’interno del gruppo degli artisti, gli stessi ricercatori sostengono che non è possibile compiere delle generalizzazioni: piuttosto, si consolida l’idea che gruppi sociali di-versi abbiano teorie implicite diverse. Questo aspetto anticipa quanto verrà detto a proposito dei fattori che in uiscono sullo sviluppo del pensiero creativo: le ricerche esposte brevemente in questo paragrafo sottolineano il ruolo delle esperienze professionali e personali rispetto alla formazione di determinate opinioni sulla creatività, che fa sì che alcune categorie di persone – come gli artisti – tendano a formulare un giudizio speci co e de nito, in quanto utilizzano quotidianamente la creatività, e le richieste da parte dei committenti spesso rendono necessario uno stile di pensiero originale e innovativo.

La creatività: il punto di vista degli insegnantiNumerosi studiosi si sono focalizzati sul pensiero degli insegnanti

a proposito della creatività da diverse prospettive e attraverso l’impie-go di metodologie diverse.

Nel corso delle proprie ricerche Runco si è avvalso delle tecni-che di validazione sociale per predisporre delle speci che rilevazioni delle rappresentazioni della creatività di insegnanti e genitori. La ca-ratteristica principale di questa metodologia è che gli strumenti deri-vano dalle teorie implicite della gente comune: il punto di partenza è solitamente la raccolta – attraverso un questionario a risposta aperta – di opinioni in un piccolo gruppo di persone riguardo a un tema di cui hanno esperienza; in seguito, sulla base dei risultati, viene predi-sposta una checklist allo scopo di raccogliere dati quantitativi su un campione più ampio. In questo modo Runco (1984) ha messo a punto due liste per due categorie di individui che interagiscono in modo si-gni cativo con i bambini – gli insegnanti e i genitori – e ha deciso di confrontare le due posizioni a proposito della creatività dei bambini. I primi risultati hanno mostrato basse correlazioni tra i giudizi forniti

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dagli insegnanti e quelli dei genitori, verosimilmente a motivo delle esperienze diverse che le due tipologie di adulti hanno con i bambi-ni, sia di altri fattori, come il tipo di campione (i genitori erano tutti iscritti a corsi sull’educazione infantile).

Allo scopo di veri care gli aspetti emersi nelle precedenti ricer-che, Runco e collaboratori (1993) hanno condotto due studi sulle teo-rie implicite di insegnanti e genitori a proposito della creatività, avva-lendosi appunto delle tecniche di validazione sociale. Gli obiettivi del primo studio riguardavano il confronto tra due gruppi di adulti attra-verso l’impiego della stessa metodologia d’indagine e l’analisi della creatività nei suoi aspetti più o meno rappresentativi. Gli strumenti impiegati sono stati l’Adjective Check List (ACL: Gough e Heilbrun, 1980, cit. in Runco et al., 1993) e un questionario: nell’ACL i sog-getti dovevano indicare in una sezione gli aggettivi che secondo loro descrivono il bambino creativo e, nell’altra sezione, gli aggettivi che connotano invece il bambino non creativo. Il questionario era costi-tuito da una serie di domande aperte riguardanti le esperienze con il bambino, informazioni generali e una serie di dati demogra ci. I risultati di questo primo studio hanno mostrato che circa la metà del campione di insegnanti e genitori avevano utilizzato gli stessi aggetti-vi per descrivere il bambino creativo, il quale era ritenuto “avventuro-so”, “entusiasta”, “artistico”, “fantasioso” e “curioso”. Inoltre, mentre gli insegnanti avevano riportato alcune caratteristiche temperamentali e sociali (“allegro”, “amichevole”, “tranquillo”), i genitori avevano indicato caratteristiche intrapersonali del bambino (“impulsivo”, “ha ducia in se stesso”, “intraprendente”, “industrioso”). Per quanto ri-guardava le convinzioni circa il bambino non creativo, i dati hanno permesso di concludere che insegnanti e genitori tendono a identi -care positivamente le caratteristiche della personalità creativa e nega-tivamente quelle della personalità non creativa.

Il secondo studio si è focalizzato invece sulle differenze intrafa-miliari riguardo alla creatività infantile. A tal proposito, Runco e i suoi collaboratori (1993) hanno sperimentato una nuova versione del Parental Evaluation of Children’s Creativity (PECC-R: Runco, Jo-hnson & Bear, 1993), strumento costituito da due liste di aggettivi attraverso le quali padre e madre dovevano tracciare individualmente il pro lo del bambino creativo e non creativo. Al ne di esaminare le

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correlazioni tra opinioni dei genitori e creatività dei bambini è stato impiegato lo Student Self-Evaluation of Creativity (SSEC: Miller & Sawyers, 1989, cit. in Casas, 2003), una scala di aggettivi attraverso i quali i bambini valutano se stessi scegliendo un punteggio da 1 a 7 per ogni item. I dati ottenuti suggeriscono che madri e padri concordano riguardo alla creatività dei loro bambini ed è presente anche un buon livello di concordanza tra giudizi dei genitori e autovalutazione dei gli. Tuttavia, come sottolineano gli stessi autori, sono necessari ul-teriori approfondimenti: ad esempio sarebbe opportuno l’inserimento di altri aggettivi nelle scale degli adulti e occorrerebbe veri care la validità predittiva della scala impiegata per i bambini che, in questo studio, sembra confermare l’idea che i bambini giudichino in modo adeguato se stessi.

In conclusione, i dati emersi da quest’ultimo studio avvalorano l’idea che le differenze tra convinzioni dei genitori e degli insegnanti non sono così ampie come ci si aspetterebbe e come si è riscontrato in altri studi. Inoltre – come evidenziato nel primo studio – la tipologia del campione potrebbe essere un fattore in uente, poiché nel caso speci co si trattava di insegnanti della scuola dell’infanzia. A tal pro-posito, sarebbe interessante valutare come le differenti esperienze con bambini di età diverse possono in uire sulle opinioni degli insegnanti riguardo alla creatività dei propri alunni, come pure vedere come in-segnanti a diversi livelli di esperienza abbiano punti di vista simili o diversi sulla creatività degli alunni.

A tale proposito, Diakidoy e Kanari (1999) hanno somministrato un questionario ad un gruppo di studenti universitari al termine del loro percorso di formazione e avviamento all’insegnamento. Questo strumento era costituito da due parti: nella prima veniva richiesto di de nire la creatività, la sua relazione con altri fattori (come l’intelli-genza) ed il grado di conoscenza, i campi in cui è presente e come è possibile facilitarla in classe; nella seconda parte le domande verteva-no sul grado in cui la creatività si manifesta, la speci cità di dominio, la novità e appropriatezza dal punto di vista del prodotto ed in ne i fattori ambientali e personali ad essa correlati. I risultati confermano parzialmente quanto emerso nelle precedenti ricerche: la maggioranza degli studenti concepiscono la creatività come una prerogativa di tutti gli individui e variabile da persona a persona; tuttavia essi la de ni-

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scono in termini di risultati originali, richiamando gli assunti degli ap-procci tradizionali. Tuttavia, i soggetti non ritengono che le differenze individuali siano notevoli o che la creatività si manifesti raramente, rigettando il concetto di eccezionalità del fenomeno. Per questi futuri insegnanti le differenze maggiori sono da individuare non tanto nei tratti di personalità, quanto nei fattori ambientali, come il setting ed il tipo di compito: inoltre, è possibile promuovere la creatività in ogni studente e questo compito dipende dalla capacità dell’insegnante di agire nell’ambiente scolastico.

In Italia, un contributo allo studio della rappresentazione della creatività degli insegnanti è quello di Antonietti e Cerioli (1990). La ricerca compiuta su questo tema fa parte di un più ampio progetto di formazione rivolto agli insegnanti della scuola dell’infanzia e prima-ria, il cui punto di partenza è proprio costituito dal conoscere gli at-teggiamenti dei docenti, che è basilare al ne di delineare un processo formativo. L’obiettivo dello studio è appunto quello di rilevare i punti di vista ricorrenti sul tema della creatività negli insegnanti prima di coinvolgerli in un processo formativo speci co sul pensiero creativo. A tal proposito, sono stati predisposti due strumenti: il primo, un que-stionario, è costituito da due parti, una focalizzata sugli atteggiamenti generali e l’altra sugli aspetti educativi della creatività; il secondo strumento, un differenziale semantico (Osgood, Suci e Tannenbaum, 1957), mette in luce le connotazioni implicite del concetto.

Il campione di soggetti che hanno partecipato alla prima indagine era costituito da 91 insegnanti della scuola materna che insegnavano in Basilicata. Alcuni dei risultati ottenuti confermano quanto già in-dicato nello studio di Diakidoy e Kanari (1999): oltre la metà degli insegnanti vedono la creatività come un’abilità generale potenzial-mente educabile in tutti i bambini, soprattutto tra la prima e la se-conda infanzia. La quasi totalità del campione, inoltre, opta per una posizione intermedia tra l’innatismo (secondo il quale la creatività è geneticamente determinata) e l’ambientalismo (la creatività è indot-ta dall’ambiente in cui l’individuo vive). Anche per quanto riguarda i fattori che determinano la creatività (genetici, familiari, scolastici, intellettivi, relativi alla personalità), gli insegnanti non esprimono una posizione precisa. Nel complesso, si raf gurano la persona creativa come positiva, piena di idee, che tende a risolvere i problemi in modo

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originale, versatile e abbastanza integrata socialmente, anche se è an-cora presente lo stereotipo che vede la creatività svilupparsi in deter-minate aree educative – come ad esempio quella ludica e artistica – e non in altre – ad esempio quella scienti ca – che implicano abili-tà di pensiero più strutturate. Per quanto riguarda lo sviluppo della creatività, gli insegnanti vedono la scuola come un luogo all’interno del quale è possibile stimolare il pensiero creativo attraverso degli interventi indiretti e non necessariamente speci ci e tenendo conto di fattori educativi facilitanti quali il clima relazionale, l’interazione insegnante-allievo e l’organizzazione strutturale del setting.

In una seconda indagine gli stessi autori (Cerioli e Antonietti, 1991) hanno somministrato i medesimi strumenti a un campione di insegnanti della Lombardia. Nel complesso, i risultati non eviden-ziano differenze signi cative dovute alla provenienza geogra ca due campioni. Tutti gli insegnanti sono concordi nel favorire lo sviluppo della creatività a scuola e hanno un’immagine positiva dell’alunno creativo, anche se gli insegnanti lucani sembrano avere una visione più ottimistica dei colleghi lombardi.

Recentemente Sironi (2005) ha sottolineato l’importanza di rileva-re periodicamente le concezioni degli insegnanti sulla creatività, dato che le conoscenze e le convinzioni sociali su questo tema si evolvono nel corso del tempo. Per questo motivo, è stato somministrato a un gruppo di insegnanti della scuola primaria una versione ridotta del questionario di Antonietti e Cerioli (1990) sugli atteggiamenti degli insegnanti: anche in questo caso il questionario faceva parte di un più ampio progetto di ricerca e formazione. I risultati sottolineano l’idea degli insegnanti di una creatività a più dimensioni. I fattori che contribuiscono maggiormente allo sviluppo della creatività sono ri-conducibili alla struttura della personalità, mentre in ambito scola-stico incidono maggiormente il clima relazionale, ovvero la qualità delle relazioni insegnante-allievo, gli elementi del setting ed il tipo di attività didattica. In riferimento a quest’ultima emerge, come negli studi precedenti, la tendenza degli insegnanti a considerare le attività espressive quale campo in cui la creatività si manifesta maggiormen-te.

Nel 2001 Limone, pur adottando un differente approccio, ha cer-cato di individuare le linee principali attorno alle quali si sviluppa il

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pensiero creativo nella scuola. Anche egli assume che gli insegnanti possiedano una sorta di “sapere non espresso” che è indipendente dal-la letteratura scienti ca e deriva dall’esperienza e dal contatto con i colleghi. Inoltre, Limone attribuisce alla rappresentazione il ruolo di principio organizzatore della conoscenza la cui funzione è principal-mente sociale. Attraverso una metodologia qualitativa, costituita da una serie di focus group e di interviste individuali, Limone ha raccolto le testimonianze di alcune insegnanti della scuola primaria riguardo alle rappresentazioni sulla creatività e i comportamenti creativi che i bambini adottano in classe. L’intervista non strutturata ha permesso di raccogliere un notevole materiale, che è così sintetizzabile. Alla domanda «Chi è per lei un bambino creativo?», numerose intervistate hanno utilizzato metafore, paragoni o aneddoti che hanno evidenziato non soltanto una molteplicità di opinioni, ma anche il persistere di pregiudizi, stereotipi e ambivalenze. Molte de nizioni si rifanno al concetto di “creazione”, “idea” e “invenzione”; la creatività assume il signi cato non solamente di un processo cognitivo, ma di un’abilità che – come le doti artistiche – ha la funzione di formare individui sensibili. A quest’ultima affermazione si ricollegano degli stereotipi, come l’uso del termine “sensibilità” come sinonimo di creatività, e le metafore “luce” e “genio”. Altri elementi rilevabili negli studi prece-denti sono innanzitutto l’atteggiamento positivo nei confronti della creatività che è in uenzato dal clima intellettuale e dall’interesse per il proprio lavoro e, in secondo luogo, l’importanza delle determinanti genetiche, familiari e personali nel favorire il pensiero creativo. Tut-tavia, la percezione che la creatività non sia sempre utile e che spesso sia stimolata in modo ripetitivo per necessità didattiche solleva im-portanti questioni di ordine formativo che spesso vengono trascurate dall’istituzione scolastica.

I risultati di queste ricerche mostrano che gli insegnanti, che quo-tidianamente si confrontano con i comportamenti dei bambini, si co-struiscono delle rappresentazioni suscettibili di modi cazioni, che sono fortemente in uenzate dal contesto. Verso la creatività inoltre, essi assumono un atteggiamento generale positivo che contrasta con i dati riportati da un lone importante di ricerche, secondo le quali gli insegnanti connotano negativamente lo studente che mostra i tratti della personalità creativa (Lim e Plucker, 2001). In sintesi, se da un

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lato la letteratura sottolinea l’accezione negativa di certi tratti della personalità creativa – odiosa, impulsiva, scortese –, dall’altro i risul-tati delle inchieste condotte con gli insegnanti sottolineano l’elemento valutativo e di promozione della creatività in classe.

Westby e Dawson (1995) hanno cercato di individuare le ragioni di questo con itto. Il punto di partenza del loro lavoro è stata la necessa-ria identi cazione delle effettive preferenze degli insegnanti anziché un modello poco credibile di studente: per questa ragione, gli studiosi hanno predisposto un prototipo creativo (una lista delle caratteristiche più e meno salienti rilevabili dalla letteratura sulla creatività) allo sco-po di individuare dei punti comuni con le percezioni che l’insegnante ha dei propri alunni. Sono state rilevate delle alte correlazioni tra le caratteristiche creative del prototipo e il pro lo – tracciato dagli inse-gnanti – dello studente poco apprezzato, a conferma della predilezione per i comportamenti non creativi a scuola. Successivamente, lo studio si è focalizzato sull’analisi della discrepanza tra gli atteggiamenti che secondo gli insegnanti favoriscono la creatività e i risultati ottenuti precedentemente. È stato chiesto agli insegnanti di individuare i tratti che per loro sono indicativi di un bambino creativo. Dal confronto con il prototipo di creativo non risulta alcuna correlazione, mentre c’è correlazione tra il pro lo poco apprezzato dello studente rilevato in precedenza e quello tracciato in questa seconda fase dagli insegnanti a proposito del bambino creativo. In sintesi, nonostante la scuola ri-conosca l’importanza della creatività come obiettivo educativo, non c’è apprezzamento per quegli studenti che adottano comportamenti creativi. La spiegazione più accreditata secondo gli autori è che le concezioni degli insegnanti a proposito della creatività sono diverse da quelle che la ricerca tradizionalmente ha indicato come caratteri-stiche della creatività.

Per questo motivo, Dawson e collaboratori (1999) hanno ri ettuto circa l’utilità delle concezioni tradizionali di creatività rispetto alle concezioni de nite dagli insegnanti nel predire la prestazione creati-va dello studente in compiti creativi di tipo verbale e non verbale. In questa ricerca sono stati coinvolti tre gruppi di soggetti: un campione di alunni tra gli 8 e i 10 anni, un campione di insegnanti e un gruppo di esperti di abilità artistiche e di scrittura. Le prove erano così strut-turate: è stata predisposta una checklist di 20 item per la valutazione

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delle caratteristiche della personalità creativa dello studente da parte degli insegnanti. Gli alunni, durante le ore di lezione, dovevano svol-gere due compiti distinti: uno di creatività non verbale, costituito dal-la realizzazione di un collage; l’altro di creatività verbale, consisteva nella composizione di una breve storia. In ne, agli esperti spettava il compito di valutare le prove.

Le analisi mostrano che le caratteristiche della personalità creativa delineate dalla ricerca – come pure quelle che de niscono l’alunno creativo secondo gli insegnanti – predicono la creatività non verba-le ma non quella verbale. Per quanto riguarda il pro lo dell’alunno creativo delineato dagli insegnanti, esso è caratterizzato da elementi della tradizione di ricerca (“è individualista”) e da tratti legati più alla gura del bravo cittadino che a quella del creativo (“è di buon cuore”). In ne, gli autori sottolineano due aspetti importanti: primo, l’importanza di delineare l’intelligenza come un costrutto diverso dal-la creatività (poiché i risultati lasciano pensare ad una sensibilità degli insegnanti verso l’intelligenza più che verso la creatività); secondo, pur riconoscendo il legame tra questi due costrutti, la ricerca futura dovrebbe analizzare a quale livello le teorie implicite degli insegnanti sulla creatività e sull’intelligenza si sovrappongono. Il dato più im-portante di questa ricerca è sicuramente il fatto che gli insegnanti non sono incapaci di riconoscere i tratti creativi dei loro alunni.

Le considerazioni riportate in questo paragrafo e nel precedente a proposito delle concezioni delle persone sulla creatività sottolineano un aspetto fondamentale e strettamente connesso a questa tematica: il fatto che lo sviluppo della creatività nei bambini è in buona parte in uenzato dall’ambiente in cui vivono. In particolare, gli elementi ambientali che entrano maggiormente in gioco nel processo di svilup-po del pensiero creativo sono: l’adulto che interagisce col bambino e la cultura all’interno della quale ha luogo l’interazione. Nel prossimo paragrafo saranno analizzati altri contributi relativi al fattore cultu-rale e alla sua in uenza sulla formazione delle teorie implicite sulla creatività.

Teorie implicite e cultura Se lo studio delle rappresentazioni della creatività è incominciato

a partire dagli anni ’80, l’interesse a livello interculturale è ancor più

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recente. Nonostante alcuni autori abbiano sottolineato che i punti di vista soggettivi sulla creatività possono variare, oltre che da un pe-riodo all’altro, anche da cultura a cultura (Sternberg, 1985b), sono ancora pochi i lavori che si sono focalizzati sulle teorie implicite delle culture non-occidentali relativamente alla creatività.

Uno studio di Rudowicz e Yue (2000, cit. in Ramos, 2005) ha mes-so a confronto le concezioni della creatività di studenti universitari di Pechino, Hong Kong e Taipei. I risultati mostrano che tutti i gruppi di studenti condividono le caratteristiche fondamentali della creatività: “originalità”, “spirito innovativo”, “abilità di pensiero e di osserva-zione”, “voglia di provare”, “ essibilità”, “immaginazione” e “ ducia in se stessi”. Le maggiori differenze che gli autori hanno riscontrato riguardano il fatto che gli studenti pechinesi – a differenza degli altri – considerano caratteristiche delle persone creative la “saggezza” e l’“essere egoisti”. Inoltre, mentre i ragazzi pechinesi vedono nell’“es-sere indipendente” un tratto distintivo del comportamento creativo, per gli studenti di Taipei è il “godersi la vita” l’aspetto che meglio lo caratterizza. Un altro dato interessante è che gli aspetti tipici della creatività hanno ricevuto valutazioni piuttosto basse in una scala di desiderabilità sociale. Ciò che emerge è che i soggetti non percepi-scono i tratti della personalità creativa come delle caratteristiche che un cinese dovrebbe possedere: inoltre, rispetto alla popolazione oc-cidentale, è sorprendente la mancanza dell’aggettivo “artistico” tra gli attributi che gli studenti orientali riferiscono alla persona creativa, mentre sono presenti qualità quali “ispirato”, “fornisce un contributo al progresso della società” e “apprezzato dagli altri”.

I risultati ottenuti si ricollegano a quelli di un’altra ricerca con-dotta dagli stessi autori due anni dopo (Rudowicz e Yue, 2002, cit. in Ramos, 2005): alla richiesta di fornire degli esempi di professioni ca-ratterizzate da creatività, la maggioranza dei soggetti hanno indicato i politici, seguiti dagli scienziati e dagli inventori; pochissimi di loro hanno menzionato gli artisti e i musicisti. Questi ultimi dati inducono a pensare che la persona creativa assuma una funzione “utilitaristica” per la cultura cinese, in quanto le azioni che svolge contribuiscono a promuovere il benessere dell’intera comunità.

L’importanza dell’elemento sociale è riscontrabile anche in uno studio condotto in India da Kapur, Subramanyam and Shah (cit. in

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Kaufman e Sternberg, 2006, p. 439): dalle risposte fornite da un cam-pione di scienziati indiani è emerso che la creatività contribuisce a cre-are qualcosa di nuovo, attraverso le abilità di sintesi ed integrazione, doti che distinguono gli scienziati creativi da quelli non creativi. Inol-tre la creatività scienti ca, pur richiedendo più regole e logica rispetto alla creatività artistica, ha un impatto maggiore a livello sociale. Nel descrivere la personalità creativa, il campione indiano ha individua-to le stesse caratteristiche rilevate dal corrispondente campione occi-dentale: il creativo è dotato di “curiosità”, “motivazione”, “apertura mentale” e “disposizione al rischio”. Tuttavia, gli indiani si vedono meno creativi degli occidentali per motivi quali l’osservanza di norme sociali che richiedono il rispetto delle diverse relazioni gerarchiche e lo sviluppo della collettività piuttosto che del singolo. Il quadro che si delinea risulta da questo punto di vista in linea con la visione collet-tivistica della cultura indiana, che pone il benessere e l’integrità della famiglia al di sopra dei bisogni individuali e dell’identità del sé.

Sul versante coreano, un noto lavoro è quello realizzato da Lim e Plucker (2001): in un primo studio, condotto su un gruppo eterogeneo di soggetti, sono stati identi cati una serie di comportamenti tipici delle persone creative, molti dei quali riportati in altri studi svolti in America (Runco, 1984). In un secondo studio, attraverso l’analisi fattoriale sono stati identi cati 4 fattori che raggruppano tutti i com-portamenti indicati dai soggetti: personalità e creatività generale; perseveranza; indipendenza e devianza; cognizione e motivazione. I coreani identi cano la persona creativa con caratteristiche comuni a quelle indicate dalla popolazione americana a livello di personalità, perseveranza, indipendenza e motivazione. Tuttavia, alcuni di questi fattori assumono per la loro cultura una connotazione negativa (ad esempio il concetto di “indipendenza”): inoltre, la gura dell’inven-tore viene vista come una persona solitaria, con poca responsabilità sociale e, di conseguenza, poco desiderabile. La scarsa desiderabilità sociale delle persone creative da parte della cultura orientale era stata rilevata qualche anno prima da Chan e Chan (1999), i quali avevano condotto uno studio su un campione di insegnanti di scuola primaria e secondaria di Hong Kong. Attraverso la somministrazione di un que-stionario a risposta aperta, i due ricercatori volevano, in primo luogo, individuare le caratteristiche dello studente creativo e quelle del non

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creativo secondo gli insegnanti (e rilevare eventuali differenze di ge-nere e tra insegnanti di diverso livello scolastico); in secondo luogo, essi intendevano confrontare le risposte con quelle rilevate in altri studi condotti sugli insegnanti americani. I risultati più signi cativi dello studio rivelano che:

– il genere e il grado di scuola in cui si insegna non in uenzano in modo signi cativo le risposte fornite dagli insegnanti;

– molte delle caratteristiche attribuite all’alunno creativo sono le stesse indicate dai campioni statunitensi coinvolti in altri studi;

– alcuni dei tratti comuni ai campioni americano e orientale (“ve-locità nel rispondere”, “abilità intellettive”, “bravo osservato-re”, “ragionamento”) sono maggiormente associati all’intelli-genza piuttosto che alla creatività;

– alcune caratteristiche attribuite alla persona creativa sono con-siderate socialmente indesiderabili dagli insegnanti orientali e non sono elencate da quelli americani (“ribelle”, “centrato su se stesso”, “ostinato”).

In sostanza, gli insegnanti orientali sembrano rispecchiare la cul-tura e lo stile di vita in cui vivono, privilegiando le prestazioni ac-cademiche degli studenti e apprezzando poco aspetti individualistici come l’anticonformismo, la ricerca di attenzione e la non osservanza delle regole.

Choe (cit. in Kaufman e Sternberg, 2006 pp. 397-400) ha condotto una ricerca su come i bambini coreani si rappresentano la creativi-tà. Il vantaggio di impiegare un campione di giovani è riconducibile, secondo Choe, al fatto che questi sono più liberi di esprimersi, non avendo ancora un’idea de nita di creatività come prodotto; inoltre, sono meno sensibili al contesto socioculturale e religioso, che inco-raggia l’obbedienza e il rispetto delle norme sociali. Attraverso uno studio preliminare sono state messe a punto due liste, una contenente aggettivi che caratterizzano le persone creative e l’altra contenente aggettivi che non le caratterizzano. I risultati mostrano che i bambini coreani condividono la stessa opinione degli occidentali sulle persone creative e anche le stesse caratteristiche. Inoltre, nonostante il mito dell’inventore solitario sia molto forte all’interno della loro cultura, per i bambini coreani il creativo viene identi cato come persona di successo, alla stessa stregua degli occidentali.

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È possibile presumere che la scarsa esposizione alle in uenze so-cioculturali e all’importanza della performance scolastica inducano i giovani orientali ad avere un atteggiamento più positivo nel giudicare le doti della persona creativa; tuttavia, risulta ancora dif cile indivi-duare dei punti comuni, vista la scarsità di ricerche ed il fatto che al-cuni studi condotti in Corea sulle teorie implicite sono stati pubblicati solo in lingua coreana.

Nel 2002 Runco e Johnson, dopo aver riscontrato i vantaggi della metodologia di validazione sociale applicata all’analisi delle conce-zioni di insegnanti e genitori a proposito della creatività, hanno voluto replicare il precedente studio in un’ottica interculturale. A tal propo-sito sono stati selezionati due campioni di insegnanti e genitori ame-ricani e indiani ai quali sono state somministrate due liste di aggettivi tratte dall’ACL e in parte modi cate. Gli insegnanti e i genitori ave-vano il compito di indicare i tratti che caratterizzano il bambino cre-ativo e quelli che non lo caratterizzano; inoltre, per ogni aggettivo, i soggetti dovevano indicare il grado di desiderabilità (per entrambe le risposte venne impiegata una scala Likert a 5 punti). I risultati ottenuti possono essere così sintetizzati:

– i dati confermano in buona parte quanto era già emerso nel 1993: i descrittori del bambino creativo ottengono un giudizio medio più alto rispetto a quelli del bambino non creativo e non ci sono differenze signi cative tra insegnanti e genitori (ciò è riscontrabile sia nel campione americano che in quello india-no);

– rispetto al precedente studio, in cui gli insegnanti avevano indi-cato più qualità sociali come caratteristiche del bambino crea-tivo rispetto a quelle individualistiche evidenziate dai genitori, qui le teorie implicite dei due sottogruppi sembrano essere più simili;

– i tratti indicativi della creatività sono maggiormente desidera-bili rispetto ai tratti che non sono indicativi, che al contrario sono poco desiderabili. Alcuni termini che non sono indicativi – come il “conformismo” e la “cautela” – e altri indicativi – come l’“impulsività” e l’“esser sognatore” – vengono considerati ri-spettivamente molto e poco desiderabili in un bambino. Questo andamento è meno evidente nel campione indiano, soprattutto

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nel gruppo dei genitori: tuttavia, si sottolinea un aspetto fonda-mentale, ovvero che la creatività e la desiderabilità sociale sono due costrutti diversi anche se connessi tra loro;

– una differenza culturale signi cativa è riscontrabile a proposito dei cluster che suddividono gli attributi creativi in attitudinali, intellettuali e motivazionali. Il campione americano ha fornito una valutazione media dei cluster attitudinali e intellettuali sen-sibilmente più alta rispetto al campione orientale.

Le differenze culturali evidenziate in questa ricerca rafforzano l’idea che il clima sociale in uenza fortemente l’attribuzione di con-notazioni creative e di desiderabilità di certi comportamenti. In una società come quella indiana che predilige l’obbedienza e la confor-mità è naturale che l’essere cauti sia una dote attribuita ai bambini creativi e allo stesso tempo ugualmente desiderabile. Ne consegue che anche le categorizzazioni di certi tratti che sono condivisi dalla cultura occidentale non trovano corrispondenza in quella orientale.

Fattori che in uiscono sullo sviluppo della creatività a scuolaUn’altra area di ricerca si è focalizzata sullo studio della creativi-

tà nel contesto educativo, in particolare sulle percezione dei fattori che stimolano e che ostacolano lo sviluppo del potenziale creativo in classe.

De Souza Fleith (2000) si è interessato al clima in classe e per la sua ricerca ha adottato un approccio qualitativo che permettesse di in-dividuare i fattori che regolano lo sviluppo della creatività a scuola.

I soggetti coinvolti nell’indagine erano insegnanti e allievi della scuola primaria; è stato coinvolto anche un gruppo di esperti – ricer-catori e insegnanti esperti – allo scopo di fornire un quadro teorico di riferimento. Gli strumenti consistevano in interviste semistrutturate individuali e focus group. Le domande che venivano rivolte erano in-centrate su argomenti connessi al concetto di creatività: la descrizione della classe, le attività svolte, la de nizione di creatività e i criteri di valutazione. I risultati delineano un pro lo speci co del modo di percepire la creatività negli insegnanti e negli studenti. Questi sono così sintetizzati:

– le percezioni che gli insegnanti hanno delle caratteristiche della classe sono basate essenzialmente sulle attitudini: ciò che di-

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stingue le considerazioni degli insegnanti da quelle degli esperti è il tipo di attività che favorirebbe il pensiero creativo in classe, probabilmente a causa della scarsa formazione dei primi. Pur riconoscendo l’importanza di favorire lo sviluppo del poten-ziale creativo negli alunni, gli insegnanti non considerano due elementi, il premio e l’autovalutazione: nel primo caso, essi lo-dano un buon lavoro indipendentemente dal fatto che sia stato svolto in modo creativo. Per quanto riguarda l’autovalutazione, questa non viene vista dagli insegnanti come uno strumento al-ternativo per giudicare il rendimento degli studenti, bensì come una perdita del controllo e un conseguente passaggio di potere alla classe;

– in generale gli studenti mostrano un atteggiamento positivo nei confronti della scuola e della creatività: il fatto di non saper identi care situazioni che inibiscono lo sviluppo del pensiero creativo è da imputare alla giovane età del campione. Inoltre, la concezione che la creatività si esprima soprattutto nelle disci-pline artistiche è molto forte.

Il modo in cui gli insegnanti giudicano la creatività nei loro alunni solleva un’importante questione: i motivi per cui questi incontrano delle dif coltà potrebbero risiedere nell’incapacità di valutare; op-pure è l’organizzazione interna della scuola stessa che, con i voti e le competizioni, mina lo sviluppo della creatività? In ne, come hanno sottolineato le ricerche descritte sopra, il problema sta nelle caratte-ristiche dell’insegnante, che di fronte a certi comportamenti creativi assume un atteggiamento “conservatore” e punitivo.

Hoff e Carlsson (2008) hanno cercato di spiegare i motivi per cui molti insegnanti non riescono a promuovere l’atteggiamento creativo a scuola attraverso una ricerca che ha coinvolto 8 insegnanti e gli alunni di 3 diverse scuole svedesi. Gli scopi della ricerca sono così sintetizzati:

– individuare quali sono le variabili più in uenti nella formazio-ne dei giudizi che l’insegnante formula circa la creatività dei propri alunni;

– veri care il tipo di relazione tra le valutazioni che l’insegnante dà e alcune variabili, come il livello del rendimento;

– confrontare le valutazioni che insegnanti e alunni danno in me-

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rito ad alcune materie scolastiche con le descrizioni dell’imma-gine di sé;

– identi care eventuali differenze di genere tra i giudizi degli in-segnanti.

Per la valutazione della creatività sono stati impiegati tre test og-gettivi: l’Activity Questionnaire, che misura il coinvolgimento in attività e passatempi creativi nei bambini; il Creative Functioning Test (CFT: Smith & Carlsson, 1990/2001, cit. in Hoff e Carlsson, 2008), che misura la capacità di spostare il pensiero in modo es-sibile dall’immaginativo al razionale; l’Alternate Uses Test (AUT: Guilford, 1967, cit. in Hoff e Carlsson, 2008), che misura la uidità ideativa. Per la descrizione dell’immagine di sé sono state impiegate 3 sottoscale dell’How I think I am Inventory (Ouviner & Bigerstam, 1985/1999, cit. in Hoff e Carlsson, 2008): livello di rendimento, be-nessere mentale e relazione con i pari. Da queste sono stati selezio-nati alcuni item da confrontare con le valutazioni degli insegnanti riguardanti abilità artistiche, linguistiche, matematiche e creative. In ne, agli insegnanti è stata somministrata una scala di valutazione costituita da due liste di item che descrivono i tratti tipici e atipici di una persona creativa.

Alcuni dei risultati confermano quanto delineato dalle ricerche precedenti: le valutazioni degli insegnanti a proposito della creatività correlano con un solo test oggettivo e con entrambe le liste dei tratti tipici e atipici, a suggerire una scarsa accortezza nel giudicare la crea-tività infantile. Inoltre, gli insegnanti, nel considerare la creatività dei loro alunni, sono fortemente in uenzati dal loro rendimento scolasti-co, dalle abilità di cooperazione e dalla ducia in se stessi. Il grado di accordo tra le valutazioni che gli alunni danno di se stessi, le valu-tazioni degli insegnanti in alcune materie scolastiche e le abilità mo-stra che gli insegnanti sono capaci di giudicare gli alunni per ciò che riguarda le loro capacità in generale. Le sole dif coltà dell’insegnante risiedono, in buona sostanza, nel giudicare il potenziale creativo dei propri alunni: quest’ultima affermazione si ricollega al problema di de nire la creatività e alla tendenza a cercare una de nizione univoca della creatività.

Gli studi presentati nora non hanno approfondito quello che è il percorso dell’insegnante, gli elementi che hanno in uenzato la sua

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formazione professionale e le sue opinioni a proposito della creatività a scuola in rapporto ad una speci ca disciplina. Per questo motivo è opportuno citare il contributo di Odena, che si è occupato dello studio delle percezioni della creatività da parte degli insegnanti di musica. Il punto di partenza dell’autore è il problema di de nire la creatività alla luce delle recenti modi che apportate al sistema scolastico in-glese a proposito dell’insegnamento della musica. L’ultima versione del National Curriculum for Music evidenzia – accanto all’importan-za dell’improvvisazione e della composizione – il ruolo del pensiero creativo da un punto di vista più generale: «La creatività assume il valore di stile di pensiero desiderabile». In tal senso «la musica deve fornire delle opportunità di promuovere le abilità di pensiero, attra-verso l’analisi e la valutazione della musica, adottando e sviluppando idee musicali e lavorando in modo creativo, ri essivo e spontaneo». Nello speci co, la creatività «include attività come l’improvvisazione e la composizione. Agli studenti va insegnato: come improvvisare, attraverso l’esplorazione e lo sviluppo di idee musicali nel momento in cui eseguono; come produrre, sviluppare ed ampliare idee musica-li, attraverso la selezione e la combinazione di risorse all’interno di strutture e determinati generi musicali, stili e tradizioni» (DFEE and QCA, 1999).

In pratica, se da un lato il sistema educativo e la ricerca hanno ri-chiamato l’attenzione su alcuni elementi dell’insegnamento musicale strettamente connessi alla creatività, dall’altro hanno nito con il de- nire la creatività in modo piuttosto generico e ambiguo, senza tenere conto del ruolo e del punto di vista dell’insegnante.

Dalle ricerche che si sono occupate della creatività e della sua rap-presentazione, Odena (2001a; 2001b) rileva altri limiti: innanzitutto alcuni studi hanno privilegiato il punto di vista degli insegnanti e de-gli alunni e trascurato l’aspetto del che cosa è creativo, ovvero del prodotto; in secondo luogo, è evidente la tendenza a occuparsi più di teorie esplicite che del pensiero degli insegnanti, rischiando così di imporre i costrutti teorici ai punti di vista delle persone. Sulla base di queste osservazioni, Odena ha scelto di adottare una differente meto-dologia per indagare le opinioni degli insegnanti sulla creatività: anzi-ché domandare in modo diretto la spiegazione di un costrutto, ha op-tato per la presentazione di registrazioni delle loro lezioni di musica:

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durante la visione delle parti correlate al tema della creatività, veniva richiesto agli insegnanti di commentare o esprimere dei pareri.

Il metodo impiegato per quest’indagine è la conversazione “mi-rata”: attraverso gli stimoli-video e le domande dell’intervistatore l’insegnante si sente libero di esprimere le proprie idee e pensieri, arrivando a ri essioni profonde. Durante le interviste, i commenti dei partecipanti ponevano l’accento su concetti ricavati dalla letteratura a proposito della creatività: “valutazione dei prodotti creativi degli studenti”, “ambiente emotivo”, “processi di composizione” e “stu-denti creativi”. Dalle spiegazioni degli insegnanti è facile cogliere la presenza dei quattro aspetti che caratterizzano la dimensione creativa e sui quali si è concentrata la ricerca in oggetto (il processo, il pro-dotto, l’ambiente e la personalità); inoltre, come già sottolineato da Fryer e Collings (1991), gli insegnanti di discipline artistiche tendono a interpretare la creatività e il modo di insegnarla in termini molto personali. Per questo motivo, la seconda parte della ricerca di Odena si è focalizzata su una domanda precisa: in che modo le esperienze professionali e musicali degli insegnanti in uenzano le loro conce-zioni sulla creatività?

Gli insegnanti coinvolti erano gli stessi che avevano partecipato all’indagine qualitativa descritta in precedenza: nello speci co, si trattava di insegnanti di musica della scuola secondaria; alcune ore delle loro lezioni erano state registrate, in particolare durante le at-tività di composizione ed improvvisazione. Alcune parti seleziona-te erano state poi impiegate nel corso dell’intervista libera; inoltre, gli insegnanti avevano compilato il Musical-Career-Path response sheet, in cui veniva chiesto di parlare delle loro esperienze passate con particolare riferimento a quelle che hanno in uenzato la loro for-mazione musicale ed il loro iter professionale. In generale, è emerso che le esperienze passate in uenzano le rappresentazioni che i sog-getti si formano sulla creatività. Dalle analisi dei dati è emerso che i background degli insegnanti presentavano elementi che sono stati raggruppati nel seguente modo:

– componente musicale: esperienze musicali passate e presenti;– componente formativa (riferita all’insegnamento): commenti

riguardo i corsi scolastici che hanno seguito per poter insegna-re;

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– componente professionale: esperienze passate e attuali d’inse-gnamento nelle scuole.

Le aree della creatività che sono state esplorate sono quelle indica-te dalla letteratura, ovvero:

– le percezioni degli insegnanti riguardo agli alunni creativi; – le idee degli insegnanti sull’ambiente adatto per la promozione

della creatività; – le percezioni degli insegnanti circa il processo creativo;– le rappresentazioni che gli insegnanti hanno dei prodotti creativi.I risultati mostrano che l’elemento più presente nei diversi

background degli insegnanti è quello musicale, il quale è anche quel-lo che in uisce maggiormente sul modo in cui questi si rappresentano la creatività. Nello speci co, l’aver avuto esperienza di composizione e il possedere una solida conoscenza dei diversi stili musicali favori-scono una descrizione più articolata degli ambienti che facilitano la creatività e un’adeguata valutazione del lavoro degli studenti. Queste considerazioni confermano quanto emerso nelle ricerche precedenti, cioè il fatto che una solida esperienza nella composizione musicale è utile non solo per giudicare il prodotto nale, ma anche nel momento che precede il prodotto stesso (la composizione), in cui insegnante e allievo sono coinvolti nella fase generativa.

Come misurare la creativitàLa necessità di studiare e analizzare la creatività e il modo di rap-

presentarla si accompagnano all’esigenza di disporre di una serie di strumenti di valutazione del potenziale creativo delle persone: d’altro canto, la ricerca in questo campo è molto recente e, di conseguenza, gli strumenti disponibili sono pochi, se paragonati a quelli che misu-rano costrutti come l’intelligenza o la motivazione.

Il reattivo più conosciuto e impiegato è il Torrance Test of Creative Thinking (TTCT: Torrance, 1974), che misura il pensiero divergente e le abilità di problem solving attraverso delle prove che valutano aspet-ti quali: la uidità (misurabile attraverso il numero di idee rilevanti, signi cative ed esplicative prodotte a seguito di un dato stimolo), la essibilità (il numero di categorie di risposte rilevanti), l’originalità (produzione di risposte adeguate e statisticamente infrequenti) e l’ela-borazione (il numero di dettagli all’interno di ogni risposta).

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Un altro test abbastanza diffuso è il reattivo di Wallach e Kogan (1965, cit. in Antonietti, 1990) che, pur riprendendo alcuni materiali messi a punto da Guilford, mira a superare i limiti legati alla sommi-nistrazione, che tende ad alimentare un clima di tensione da esame, in favore di un clima di familiarità e non valutativo.

In Italia, sono disponibili alcuni adattamenti di test stranieri, come il test di Torrance o la scala di Williams (TDC: Williams, 1994). D’al-tro canto, gli strumenti interamente ideati nel nostro paese sono po-chissimi. Fino a qualche decennio fa, l’unico test italiano disponibile era il test Espressioni di Calvi (1966, cit. in Antonietti, 1990), costi-tuito da una serie di prove verbali e gra che ispirate a quelle impie-gate da Guilford. Questo strumento non ha avuto ampia diffusione probabilmente a causa dell’in uenza delle variabili di genere, di età e culturali.

Uno strumento di recente ideazione è il Test di Creatività Infantile (TCI: Antonietti, 1992). È un test che misura le potenzialità creative dei bambini: nello speci co, alcune prove valutano la uidità, la es-sibilità e l’originalità in compiti di produzione spontanea a partire da stimoli visivi o uditivi. Altre prove invece valutano abilità intellettive di tipo creativo in compiti più complessi. È composto da due versioni identiche costituite, ognuna delle quali consta di 6 prove:

– Esempi (3 items): il bambino ha il compito di numerare il mag-gior numero possibile di realtà aventi una data proprietà;

– Disegni (3 items): al bambino viene chiesto di elencare i possi-bili signi cati di un modello gra co;

– Usi (3 items): al bambino viene chiesto di elencare il maggior numero possibile di usi di un dato oggetto;

– Conseguenze (2 items): al bambino viene chiesto di elencare le possibili conseguenze di eventi bizzarri e fantastici;

– Storie (2 items): si sollecita il bambino a inventare un racconto a partire da un’illustrazione gra ca;

– Problemi (2 items): viene descritto un semplice problema di tipo pratico e il bambino deve proporre possibili soluzioni.

Come dimostrano i dati di ricerca (Antonietti e Cerioli, 1992), que-sto test, proposto secondo una modalità ludica, risulta di facile som-ministrazione in quanto non presenta limiti di tempo ed è piuttosto breve dopo la riduzione del numero di items della prima versione.

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Oltre agli strumenti psicometrici nora descritti, esistono una serie di questionari, scale e check list che la ricerca italiana e internaziona-le ha prodotto e che sono già stati citati in questo capitolo. Alcuni di questi strumenti sono stati costruiti ad hoc per determinate categorie di soggetti: è il caso, ad esempio, della scala di valutazione della crea-tività infantile ideato da Runco per i genitori (PECC-R). Altri sono più articolati e comprendono subscale che valutano un aspetto della crea-tività, come la Adjective Check List, uno dei primi strumenti a far uso di liste di aggettivi per descrivere la personalità degli individui. Altri ancora – è il caso del differenziale semantico impiegato da Antonietti e Cerioli nelle loro ricerche – partono da tecniche e strumenti esistenti al ne di valutare i signi cati impliciti più sottili che un individuo dif cilmente descrive in modo spontaneo. Tali signi cati sono dati da un pro lo di valutazione basato su differenti scale di aggettivi bipola-ri. In ne, gran parte dei questionari sono caratterizzati da una serie di semplici domande che valutano gli aspetti generali della creatività, i fattori che possono favorirla e ostacolarla e gli ambiti di applicazione.

A conclusione di questa rassegna di contributi sulle rappresenta-zioni della creatività, sembra interessante segnalare due studi italiani sulla rappresentazione della creatività molto recenti che si focalizza-no su aspetti diversi e con modalità diverse.

Un primo studio (Colombo et al., 2008) si pone l’obiettivo di esplorare le concezioni ingenue delle persone sulla creatività attra-verso l’impiego di un questionario costituito da sezioni diverse:

– la prima parte indaga il concetto di creatività e la sua relazione con l’intelligenza («Che cosa signi ca essere creativo per te?»; «Disegna una persona creativa»);

– la seconda parte, di tipo verbale, si focalizza sui tratti della per-sonalità tipici della persona creativa (Per esempio, si chiede: «Scegli due lavori che ritieni essere più creativi rispetto ad al-tri»);

– la terza e quarta parte hanno lo scopo di indagare il diverso modo di considerare un prodotto creativo in relazione alla mu-sica e all’arte. Alcuni brani musicali e raf gurazioni pittoriche sono stati selezionati sulla base dell’analisi dei tratti creativi – uidità, essibilità e originalità – che sono riconducibili alla struttura interna di ogni item.

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Il questionario è stato somministrato ad un campione di 51 sogget-ti. I risultati mostrano che le persone considerano la creatività come un processo cognitivo, un’abilità innata posseduta da tutti, distinta dall’intelligenza e che viene in uenzata da fattori sociali ed educativi. La professione considerata come la più creativa dalla maggioranza è quella del musicista; questo dato è molto signi cativo in quanto differenzia due modi di percepire la personalità creativa: da un lato, coloro che hanno scelto questa professione hanno un atteggiamento più pratico, in quanto vedono la persona creativa come “normale”, facente parte cioè della quotidianità; dall’altro, coloro che hanno ef-fettuato altre scelte riguardo alla professione eminentemente creativa considerano il creativo come un tipo dalla forte personalità, che non manifesta abilità cognitive speci che.

Il secondo studio (Antonietti e Pizzingrilli, 2008) parte dalla con-cezione secondo la quale la ristrutturazione è la fase centrale del processo creativo: essa rappresenta il momento in cui una persona cambia interpretazione di una determinata situazione, in modo che quella situazione assume un signi cato del tutto nuovo e originale. Ad esempio (Fig. 3), di fronte all’immagine di un ore incompleto, pensiamo che, aggiungendo un dettaglio come la venatura di una fo-glia, l’immagine nale che otterremo sarà quella di un ore completo. Se invece aggiungiamo un dettaglio diverso, come delle mani lungo i petali e un faccino con un turbante, non vedremo più un ore, ma un sultano.

Una serie di studi pilota condotti su gruppi di studenti universitari ha permesso non solo di testare i materiali messi a punto per la valu-tazione del processo creativo (diverse serie di disegni creativi e non creativi come quelli riportati in Fig. 4), ma anche di veri care che i soggetti effettivamente cogliessero il cambiamento di signi cato e che non confondessero il giudizio di creatività con quello di bellez-za.

Successivamente, si è cercato di valutare il processo di ristruttura-zione negli studenti di diverse fasce di età. Sono stati coinvolti circa 200 studenti di età compresa tra i 5 e i 15 anni: ogni soggetto ascol-tava una breve storia che narra di due bambini che si alternano nelle tre fasi di realizzazione di un disegno. La storia è accompagnata da immagini che illustrano le fasi del racconto. Ogni studente riceveva

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un set di disegni, che poteva essere di tipo creativo o non creativo. Venivano inoltre poste delle domande relative al racconto e ai dise-gni presentati: «Quanto è bello questo disegno? Quanto è originale?»; «Un bambino secondo te, partendo dall’immagine di un ore stilizza-to, potrebbe disegnare un sultano?».

I risultati mostrano che gli studenti sono in grado di identi care il cambiamento di prospettiva che effettivamente differenzia un prodot-to creativo da uno non creativo; l’elemento creativo non in uenza i loro giudizi estetici, che tendono ad essere più alti per la rappresenta-zione di oggetti “comuni” anziché “insoliti”. Inoltre, gli studenti san-no cogliere il ruolo dei diversi autori nella realizzazione dello stesso prodotto, ma evidenziando nalità e ragioni diverse. Ad esempio, nel caso in cui il disegno sia stato modi cato dall’intervento di un certo bambino, a questo viene riconosciuto il merito di averlo modi cato. I più piccoli hanno evidentemente maggiori dif coltà nel giudicare il contributo apportato dal bambino più creativo, probabilmente perché questa capacità implica un livello più profondo di ragionamento che ancora non possiedono.

Figura 3

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Anche questi ultimi contributi confermano un dato emerso in prece-denza: in particolare, la prima ricerca sottolinea il fatto che le compe-tenze e le conoscenze che la gente comune possiede in un determinato ambito in uiscono sul modo di concepire la creatività, sia dal punto di vista del prodotto sia delle caratteristiche personali; a conferma di ciò, i soggetti che avevano identi cato la categoria dei musicisti come la più rappresentativa delle professioni creative sono risultati abili a cogliere elementi musicali più tecnici rispetto agli altri. L’aspetto fondamentale che emerge dai dati del secondo contributo riguarda il fatto che le abi-lità nel cogliere le fasi del processo creativo e nel formare giudizi sulle persone creative seguono due linee di sviluppo diverse. Tale discre-panza può dipendere dal fatto che queste due abilità attivano processi mentali distinti: nel caso delle rappresentazioni, la capacità maggior-mente coinvolta è l’attribuzione di intenzioni, idee e stati d’animo alla persona autrice del cambiamento del disegno in senso creativo.

ConclusioniIl quadro che si è delineato in questo paragrafo a proposito della

creatività e del modo in cui le persone la rappresentano ci spinge a fare alcune considerazioni. In primo luogo, la parola “creatività” sot-tende una molteplicità di signi cati e di de nizioni, e questa sua ca-ratteristica emerge in ogni ambito: dagli approcci teorici tradizionali alla ricerca moderna, no alla realtà della vita quotidiana delle perso-ne, esperti nel settore e profani concordano sul fatto che è dif cile for-nire una de nizione univoca che comprenda tutte le sfaccettature di questo fenomeno così complesso e che allo stesso tempo suscita tanto interesse. Tale dif coltà è chiaramente espressa dai dati di uno studio condotto in Africa (Mpofu, 2006, cit. in Kaufman e Sternberg, 2006, pp. 462-473), il quale rivela che solo una popolazione delle 28 rap-presentate utilizza un termine unico per de nire la creatività (ibda). Ciononostante, tutte le altre subculture utilizzano diversi termini per riferirsi a una molteplicità di aspetti (innovazione, non conformismo, immaginazione ecc.). In pratica, le persone utilizzano tanti aggettivi per tanti modi di intendere la creatività: e la ricerca dovrebbe tener conto del fatto che la creatività è de nita dalle prospettive dei parte-cipanti, più che dai criteri oggettivi (Mpofu, 2006, cit. in Kaufman e Sternberg, 2006, p. 463).

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Un secondo aspetto oggetto di discussione da parte di molti studio-si è legato all’importanza delle teorie implicite. La ricerca si è spesso focalizzata sulla necessità di partire dalle teorie esplicite per spiegare l’atteggiamento della gente verso il fenomeno creativo, trascurando in tal modo il ruolo centrale delle teorie implicite: esse ci permettono di de nire la creatività a partire dal mondo sociale. Le teorie implici-te rappresentano le credenze condivise dalla gente a proposito della creatività e sono per questo caratterizzate da una certa variabilità, non solo dal punto di vista dei diversi gruppi sociali, ma anche in rappor-to alle differenti culture all’interno delle quali prendono forma. Per questi motivi, la ricerca dovrebbe focalizzarsi sullo studio delle con-cezioni della creatività insieme con l’osservazione dei comportamenti che le persone mettono in atto: questa modalità permetterebbe, come sostiene Runco (2002), di valutare il modo in cui le tradizioni sociali e le aspettative in uenzano l’idea diffusa in certe culture sull’accetta-bilità del comportamento creativo dei bambini.

Il terzo punto che vale la pena sottolineare riguarda la centra-lità della gura dell’insegnante nello sviluppo del potenziale crea-tivo degli studenti. Il docente in uenza il comportamento creativo del discente attraverso canali comunicativi differenti: le sue teorie implicite, gli atteggiamenti che assume in classe, gli strumenti che impiega. Come spiegato da Westby e Dawson (1995), un atteggia-mento poco accogliente rischia di allontanare il bambino dall’istru-zione formale e, più speci catamente, di inibire il comportamento creativo. D’altro canto, esistono dei limiti legati al sistema scolasti-co, che mettono l’insegnante nella posizione di “mediatore” tra le costrizioni della scuola e le idee creative degli studenti. Una realtà fatta di programmi scolastici, scadenze, prove di valutazione lascia poco spazio alla libera espressione. Per questo motivo, gli insegnanti considerano desiderabili certi tratti che sono lontani dall’immagi-ne dell’alunno creativo: una personalità docile e ubbidiente ben si adatta a una gestione adeguata della classe. Molti contributi che si sono occupati della creatività a scuola hanno evidenziato la duplice necessità di chiarire il ruolo della creatività in relazione agli obiet-tivi di apprendimento stabiliti dai programmi scolastici e di fornire un’adeguata formazione ai docenti in modo da favorire la cultura della creatività a scuola.

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I diversi strumenti adottati per misurare le concezioni sulla crea-tività – come i test oggettivi, i questionari e i self-report compilati da insegnanti – forniscono dei risultati che spesso sembrano contrastare con quanto indicato dalla letteratura. Questo apparente “paradosso” rappresenta non solo un’ulteriore conferma della pluralità di signi -cati che il concetto di “creatività” assume, ma permette di affermare l’esistenza di più personalità creative che non sono riconducibili ad un unico pro lo. A titolo esempli cativo, citiamo le tre personalità creative che sono state identi cate da Hoff e Carsslon (2008): ribelle e anticonformista (creativo non verbale); caratterizzato da un alto ren-dimento, apprezzato dagli insegnanti e che non viene percepito come una minaccia (creativo verbale); caratterizzato da un rendimento piut-tosto scarso e poco apprezzato.

In ne, il problema della scarsità di ricerche sulle rappresentazioni della creatività – sollevato più volte nel corso della trattazione – si ri ette nei limiti metodologici di molti studi che sono stati presen-tati: la scarsa numerosità dei campioni, i diversi approcci proposti e i diversi strumenti impiegati. La situazione che si è così delineata ha spesso portato i ricercatori a confrontare risultati di studi diversi dal punto di vista dei soggetti e delle procedure impiegati. Il supera-mento di questi limiti dovrebbe costituire l’obiettivo delle ricerche future. Inoltre, lo studio della creatività deve essere rivolto alla realtà all’interno della quale prende vita il fenomeno creativo, anziché con-centrarsi esclusivamente su problemi de nitori. D’altro canto, come testimoniano anche due ricerche condotte in Italia da Eurisko (2004) e Ipsos (2008), le concezioni ingenue che vedono la creatività come talento e dote innata sono fortemente radicate nella maggioranza del-la popolazione (Testa, 2008): per sradicare queste idee, è opportuno lavorare sulla promozione del pensiero creativo nelle scuole e negli ambienti di lavoro.

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NELLA STESSA COLLANA

Benson J., Gruppi. Organizzazione e conduzione per lo sviluppo personale e la psi-coterapia, 20001, pp. 272

Beutler L.E. - Harwood T.M., Psicoterapia prescrittiva elettiva. La scelta del trat-tamento sistematico fondata sull’evidenza, 2002, pp. 224

Bozarth J.D., La terapia centrata sulla persona. Un paradigma rivoluzionario, 2001,pp. 240

Campanella V. - Fiori M. - Santoriello D., Disturbi mentali gravi. Modellid’intervento pluralistico integrato dall’autismo alle psicosi, 2003, pp. 272

Chambon O. - Marie-Cardine M., Le basi della psicoterapia eclettica e integrata,2002, pp. 288

Clarkson P., Gestalt - Counseling, 1999 II ediz., pp. 192Clarkson P., La Relazione Psicoterapeutica integrata, 1996, pp. 392Delisle G., I disturbi della personalità, 20001, pp. 224Feltham C. - DrydenW. (a cura di E. Giusti),Dizionario di counseling, 1995, pp.320

Fontana D., Stress Counseling. Come gestire gli stati personali di tensione, 1996,pp. 160

Frisch M.B., Psicoterapia integrata della qualità della vita, 2001, pp. 352Giannella E., Palumbo M., Vigliar G., Mediazione familiare e affido condiviso.Come separarsi insieme, 2007, pp. 240

Giusti E. - Calzone T., Promozione e visibilità clinica. Motivare i pazienti ai trat-tamenti psicologici, 2006, pp. 288

Giusti E. - Carolei F., Terapie transpersonali. L’integrazione della spiritualità e dellameditazione nei trattamenti pluralistici, 2005, pp. 336

Giusti E. - Chiacchio A., Ossessioni e compulsioni. Valutazione e trattamento dellaPsicoterapia Pluralistica Integrata, 2002, pp. 176

Giusti E. - Ciotta A.,Metafore nella relazione d’aiuto e nei settori formativi, 2005,pp. 256

Giusti E. - Corte B., La terapia del per-dono, 2008, pp. 304Giusti E. - Di Fazio T., Psicoterapia integrata dello stress. Il burn-out professiona-le, 2005, pp. 256

Giusti E. - Di Francesco G., L’autoerotismo. L’alba del piacere sessuale: dall’iden-tità verso la relazione, 2006, pp. 208

Giusti E. - Di Nardo G., Silenzio e solitudine. L’integrazione della quiete nel trat-tamento terapeutico, 2006, pp. 240

Giusti E. - Frandina M., Terapia della gelosia e dell’invidia. Trattamenti psicologi-ci integrati, 2007, pp. 224

Giusti E. - Fusco L., Uomini. Psicologia e psicoterapia della maschilità, 2002, pp.464

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Page 97: La creatività scientifica

Giusti E. - Germano F., Etica del con-tatto fisico in psicoterapia e nel counseling,2003, pp. 160

Giusti E. - Germano F., Terapia della rabbia. Capire e trattare emozioni violented’ira, collera e furia, 2003, pp. 224

Giusti E. - Giordani B. Il formatore di successo, 2002, pp. 224Giusti E. - Harman R. (a cura di), La psicoterapia della Gestalt, 1996, pp. 224Giusti E. - La Fata S., Quando il mio terapeuta è un cane, 2004, pp. 448Giusti E. - Lazzari A., Psicoterapia Interpersonale Integrata, 2003, pp. 160Giusti E. - Lazzari A.,Narrazione e autosvelamento nella clinica. La rivelazione delSé reciproco nella relazione di sostegno, 2005, pp. 160

Giusti E. - Locatelli M., L’empatia integrata, 2007 (Nuova edizione), pp. 320Giusti E. - Mancinelli L., Il counseling domiciliare, 2008, pp. 160Giusti E. - Minonne G., L’interpretazione dei significati nelle varie fasi evolutivedei trattamenti psicologici, 2004, pp. 396

Giusti E. - Minonne G., Ricerca scientifica e tesi di specializzazione in psicoterapia,2005, pp. 368

Giusti E. - Montanari C., Trattamenti psicologici in emergenza con EMDR per pro-fughi, rifugiati e vittime di traumi, 2000, pp. 192

Giusti E. - Montanari C., La CoPsicoterapia. Due è meglio e più di uno in efficaciaed efficienza, 2005, pp. 320

Giusti E. - Nardini M.C., Gruppi pluralistici. Guida transteorica alle terapie col-lettive integrate, 2004, pp. 304

Giusti E. - Ornelli C., Role play. Teoria e pratica nella Clinica e nella Formazione,1999, pp. 144

Giusti E. - Palomba M., L’attività psicoterapeutica. Etica ed estetica promozionaledel libero professionista, 1993, pp. 128

Giusti E. - Perfetti E., Ricerche sulla felicità. Come accrescere il benEssere psicolo-gico per una vita più soddisfacente, 2004, pp. 192

Giusti E. - Pitrone A., Essere insieme. Terapia integrata della coppia amorosa, 2004,pp. 240

Giusti E. - Pizzo M., La selezione professionale. Intervista e valutazione dellerisorse umane con il modello pluralistico integrato, 2003, pp. 208

Giusti E. - Proietti M.C., La delega direzionale, 1996, pp. 112Giusti E. - Proietti M.C., Qualità e formazione. Manuale per operatori sanitari epsicosociali, 1999, pp. 184

Giusti E. - Rapanà L., Narcisismo. Valutazione pluralistica e trattamento clinicointegrato del Disturbo Narcisistico di Personalità, 2002, pp. 176

Giusti E. - Romero R., L’accoglienza. I primi momenti di una relazione psicotera-peutica, 2005, pp. 176

Giusti E. - Sica A., L’epilogo della cura terapeutica. I colloqui conclusivi dei tratta-menti psicologici, 2005, pp. 160

Giusti E. - Surdo V., Affezione da Alzheimer. Il trattamento psicologico comple-mentare per le demenze, 2004, pp. 144

Giusti E. - Taranto R., Super Coaching tra Counseling e Mentoring, 2004, pp. 352

Nella stessa collana

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Page 98: La creatività scientifica

Giusti E. - Testi A., L’Autostima. Vincere quasi sempre con le 3 A, 2006, pp. 224Giusti E. - Testi A., L’Assertività. Vincere quasi sempre con le 3 A, 2006, pp. 224Giusti E. - Testi A., L’Autoefficacia. Vincere quasi sempre con le 3 A, 2006, pp. 96Giusti E., Essere in divenendo. Integrazione pluralistica dell’identità del Sé, 2001,pp. 144

Giusti E., Autostima, psicologia della sicurezza in Sé, 20055, pp. 200Giusti E., Videoterapia. Un ausilio al Counseling e alle Arti-Terapie, 1999, pp. 176Giusti E., Tecniche immaginative. Il teatro interiore nelle relazioni d’aiuto, 2007,pp. 272

Gold J.R., Concetti chiave in psicoterapia integrata, 2000, pp. 268Goldfried M.R.,Dalla terapia cognitivo-comportamentale all’integrazione delle psi-coterapie, 2000, pp. 288

Greenberg L.S. (et al.), Manuale di psicoterapia esperienziale integrata, 2000, pp.576

Greenberg L.S. - Paivio S.C., Lavorare con le emozioni in psicoterapia integrata,2000, pp. 368

Manucci C. - Di Matteo L., Come gestire un caso clinico, 2004Murgatroyd S., Il Counseling nella relazione d’aiuto, 20001, pp. 192Perls F., Qui & ora. Psicoterapia autobiografica, 1991, pp. 256Persons J.B. - Davidson J. - Tompkins M.A., Depressione. Terapia cognitivo-com-portamentale. Componenti essenziali, 2002, pp. 288

Preston J., Psicoterapia breve integrata, 2001, pp. 256Reddy M., Il Counseling aziendale. Il Manager come Counselor, 1994, pp. 176Santostefano S., Psicoterapia integrata. Per bambini e adolescenti. Vol. I:“Metateoria pluralistica”, 2002, pp. 400

Santostefano S., Psicoterapia integrata. Per bambini e adolescenti. Vol. II:“Tecnologia applicativa”, 2003, pp. 384

Spalletta E. - Quaranta C., Counseling scolastico integrato, 2002, pp. 352

Videodidattica per le psicoterapie scientifichedell’American Psychological Association

• Video Psicoterapia Psicodinamica Breve D.K. Freedheim + Libro Psicoterapiabreve integrata di J. Preston € 120,00

• Video Psicoterapia Cognitiva-Affettiva Comportamentale Prof. M.R. Goldfried+ Libro Dalla Terapia cognitivo-comportamentale all’Integrazione dellePsicoterapie € 120,00

• Video Psicoterapia Processuale Esperienziale L.S. Greenberg + LibroManualedi Psicoterapia Esperienziale Integrata € 132,00

• Video La Terapia Centrata sul Cliente N.J. Raskin + Libro La Terapia Centratasulla Persona di J.D. Bozarth € 120,00

Nella stessa collana

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Page 99: La creatività scientifica

• Video EMDR per Traumi: Movimento oculare Desensibilizzante eRielaborazione F. Shapiro + Libro Trattamenti Psicologici in Emergenza di E.Giusti, C. Montanari € 118,00

• Video La Terapia Eclettica Prescrittiva J.C. Norcross + Libro PsicoterapiaPrescrittiva Elettiva, fondata sull’evidenza di Beutler/Harwood € 120,00

• Video Psicoterapia Multimodale A.A. Lazarus + Libro Le basi dellaPsicoterapia Eclettica ed Integrata di Chambon - Cardine € 125,50

• Video Psicoterapia Infantile J. Annunziata + Libro Counseling ScolasticoIntegrato di E. Spalletta, C. Quaranta € 122,00

• Video Ipnoterapia Ericksoniana J.K. Zeig + Libro Ipnosi e Psicoanalisi, colli-sioni e collusioni di L. Chertok € 120,00

• 2 Video Il Counseling breve in azione J.M. Littrell + Libro Il Counseling brevein Azione di J.M. Littrell € 122,00

• Video Psicoterapia Esperienziale A. Mahrer + Libro Lavorare con le emozioniin Psicoterapia Integrata di Greenberg/Paivio € 127,50

• 5 Videocassette Terapia Cognitivo-Comportamentale per la Depressione perl’autoformazione didattica, libro di G.B. Persons, Costo complessivo: €275,00

• Video Psicoterapia Comportamentale con paziente ossessivo-compulsivo S.M.Turner + Libro Ossessione e Compulsioni, Valutazione e Trattamento diEdoardo Giusti, Antonio Chiacchio € 127,50

• Video Psicoterapia Pratica con Adolescenti A.K. Rubenstein + Due LibriPsicoterapia Integrata per bambini e adolescenti di Sebastiano Santostefano €155,00

• Video Psicoanalisi con paziente schizofrenico B. Karon + libro Disturbi menta-li gravi di V. Campanella - M. Fiori - D. Santoriello € 120,00

• Video Come gestire il transfert erotico in psicoterapia AA.VV. + libro Etica delcontatto fisico di E. Giusti - F. Germano € 115,00

• Video Psicoterapia Interpersonale Ricostruttiva Lorna Smith Benjamin + libroPsicoterapia Interpersonale Integrata di E. Giusti - A. Lazzari € 118,00

• Video Come gestire la rabbia dei pazienti in psicoterapia AA.VV. + libro Terapiadella rabbia di E. Giusti - F. Germano € 118,00

Edizioni ASPIC

• Video Terapia della Gestalt individuale in gruppo Ginger/Masquelier + libroPsicoterapia della Gestalt di E. Giusti - V. Rosa € 130,00

Nella stessa collana

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Page 100: La creatività scientifica

EDIZIONE SOVERA STRUMENTI

Elliott R. - Watson J.C. - Goldman R.N. - Greenberg L.S., Apprendere la terapiafocalizzata sulle emozioni. L’approccio esperienziale orientato al processo per ilcambiamento, in corso di stampa, pp. 368

Giusti E., Montanari C., Iannazzo A., Psicodiagnosi integrata. Valutazione tran-sitiva e progressiva del processo qualitativo e degli esiti nella psicoterapia plura-listica fondata sull’evidenza obiettiva, 2006, pp. 580

Giusti E., Bonessi A., Garda V., Salute e malattia psicosomatica. Significato, dia-gnosi e cura, 2006, pp. 240

Giusti E., Germano F.., Psicoterapeuti generalisti. Competenze essenziali di base:dall’adeguatezza verso l’eccellenza, 2006, pp. 256

Giusti E., Pacifico M., Staffa T., L’intelligenza multidimensionale per le psicotera-pie innovative, 2007, pp. 400

Giusti E. - Tridici D., Smoking. Basta davvero, 2009, pp. 224Goodheart C.D. - Kazdin A.E. - Sternberg R.J., Psicoterapia a prova di evidenza.Dove la pratica e la ricerca si incontrano, in corso di stampa

Norcross J.C., Beutler L.E., Levant R.F., Salute mentale: trattamenti basati sull’e-videnza. Dibattiti e dialoghi sulle questioni fondamentali, 2006, pp. 464

Spalletta E., Germano F., MicroCounseling e MicroCoaching. Manuale operativodi strategie brevi per la motivazione al cambiamento, 2006, pp. 480

Wolfe B.E., Trattamenti integrati per disturbi d’ansia. La cura del Sé ferito, 2007,pp. 304

Nella stessa collana

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