LA CORREZIONE DEI DIFETTI DI RIFRAZIONE NELL’INFANZIA … · Anno V - N. 7 - 2019 Registrazione...

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I FILTRI DELLE LENTI OFTALMICHE LA CORREZIONE DEI DIFETTI DI RIFRAZIONE NELL’INFANZIA N° 1 | MAGGIO TEST BICROMATICO O DUOCHROME 19 NEOVASCOLARIZZAZIONE COROIDEALE INFIAMMATORIA VISION CARE NEWS

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MAGGIO 2019 | 1

I FILTRI DELLE LENTI OFTALMICHE

LA CORREZIONE DEI DIFETTI DI RIFRAZIONE NELL’INFANZIA

N ° 1 | M A G G I O

TEST BICROMATICO O DUOCHROME

19

NEOVASCOLARIZZAZIONE COROIDEALE INFIAMMATORIA

VISION CARE NEWS

sservatoriopresbiopia

Ottica delle lenti oftalmiche I materiali delle lenti oftalmiche La produzione delle lenti oftalmiche I trattamenti delle lenti oftalmiche Le aberrazioni Generalità sulle lenti oftalmiche Le lenti monofocali L’utilizzo delle lenti monofocali in età pediatrica:

caratteristiche ottiche ed effetti fisiopatologici Le lenti prismatiche I disturbi della motilità oculare e le lenti monofocali Le lenti sferiche e i press-on di Fresnel Le lenti multifocali Le lenti bifocali in età pediatrica Le lenti progressive nei disturbi della motilità oculare La correzione dei vizi di refrazione con lenti oftalmiche La correzione della presbiopia con lenti oftalmiche

CORREZIONI OTTICHE DEI DIFETTI VISIVINell’adulto e nel bambino dalla lente monofocale alla lente progressiva

Argomenti chiave:

www.centrostudisalmoiraghievigano.it/osservatoriopresbiopia

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EDITORIALE

L’oculista e la gestione dei difetti visivi

L’ottica fisiopatologica è la scienza che si occupa dell’identificazione, della

quantificazione e della correzione dei difetti visivi: questi sono miopia,

ipermetropia e astigmatismo, ai quali si associa la presbiopia che, pur

non essendo un vero e proprio deficit refrattivo, rappresenta tuttavia una

condizione parafisiologica assimilabile ai difetti visivi.

Dal momento che stiamo trattando di materia ottica e fisiopatologica, ne

consegue che anche queste problematiche rientrano nelle competenze del

medico oculista. Non esiste, infatti, una visita oftalmologica moderna che

prescinda da una valutazione completa della condizione refrattiva dell’occhio.

Per tali motivi risulta molto importante l’aggiornamento professionale non

solo sugli aspetti fisiopatologici, ma ancora di più su quelli tecnologici, per

un’ottimale gestione dei difetti refrattivi nella loro complessità. E altrettanto

necessaria si conferma la collaborazione tra l’oftalmologo, l’ortottista e l’area

tecnica, in primis l’ottico, in grado di sviluppare una sinergia a totale beneficio

del soggetto che presenta tali difetti visivi.

In questo numero della rivista vengono perciò presentati lavori scientifici utili

a fare il punto proprio sulle ultime novità in materia, che riguardano sia il

campo scientifico sia l’ambito tecnologico.

Luigi Mele

17° CONGRESSO INTERNAZIONALE SOIROMA 22 – 25 MAGGIO 2019

14.30 – 18.30Sala Angelucci, Roma Convention Center - La Nuvola

SIMPOSIO

I DIFETTI VISIVI QUANTIFICAZIONE

E CORREZIONE NELL’ADULTO E NEL BAMBINO, TEORIA E PRATICA

VENERDÌ 24 MAGGIO

Relazioni e Dimostrazioni pratiche in diretta dei più importanti test per quantificare e correggere Miopia, Ipermetropia, Astigmatismo e Presbiopia

In occasione dei 150 anni della Società Oftalmologica Italiana il Centro Studi Salmoiraghi & Viganò ha il grande onore

di invitare i Medici Oculisti ad una iniziativa unica ed innovativa di Ottica Fisiopatologica in diretta

AI PARTECIPANTI AL SIMPOSIO VERRÀ OMAGGIATO:

Set di pubblicazioni e supporti tecnico-scientifici del Centro Studi Salmoiraghi & Viganò

tra i quali Cofanetto dei manuali pratici di Miopia, Ipermetropia, Astigmatismo e Presbiopia

Moduli di formazione a distanza dedicati alle lenti multifocali ed alla oftalmologia pediatrica per 40 crediti complessivi

sservatoriopresbiopia

sservatoriopresbiopia

NUMERO CHIUSO, RICHIESTA LA REGISTRAZIONE

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EDITORIALE

LA CORREZIONE DEI DIFETTI DI RIFRAZIONE NELL’INFANZIA

TEST BICROMATICO O DUOCHROME

NEOVASCOLARIZZAZIONE COROIDEALE INFIAMMATORIA

I FILTRI DELLE LENTI OFTALMICHE

VISION CARE NEWS

SOMMARIO

3.

6.

12.

15.

23.

31.

FGE Srl Redazione: Via Petitti 16, MilanoSede Operativa: Reg. Rivelle, 7/F 14050 Moasca (AT)Tel. 0141 1706694 - Fax 0141 856013e-mail: [email protected] - www.fgeditore.it

FGE S.r.l.

FABIANOGruppo Editoriale

Anno V - N. 7 - 2019Registrazione al Tribunale di Asti n. 1729/16

Direttore ResponsabileFerdinando Fabiano

Segreteria di redazione0141 [email protected]

Impaginazione e stampaFGE SrlMoasca (AT)

Direttore Editorialee scientificoLuigi Mele

Comitato scientificoMario BifaniManuela BonciCarlo CaginiDecio CapobiancoCiro CarusoBarbara KusaCaterina GaglianoMichele LanzaLuigi MeleAndrea PiantanidaBruno PiccoliMassimiliano Serafino Pasquale TroianoSalvatore Troisi

Chiuso in redazioneMaggio 2019

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LA CORREZIONE DEI DIFETTI DI RIFRAZIONE NELL’INFANZIA

Correggere, o meglio compen-sare, un difetto rifrattivo nell’età pediatrica comporta molto fre-quentemente un approccio di-verso da quello utilizzato per gli adulti, il maggior problema nell’età pediatrica è sovente la presenza di un’ambliopia che se non gestita correttamente influenzerà tutta l’esistenza del giovane paziente. L’occhiale nell’età pediatrica non solo consente la corretta messa a fuoco delle immagi-ni ma si riflette sullo sviluppo dell’impalcatura dei neuroni vi-sivi della corteccia occipitale: potremmo dire pertanto che la prescrizione del difetto rifrat-tivo è una vera prorpia terapia medica e non un semplice au-silio per migliorare la messa a fuoco della visione.L’ipermetropia rappresenta si-curamente il difetto rifratti-vo maggiormente presente nell’età pediatrica (Figura 1).

La sua correzione segue regole molto differenti rispetto a quel-le utilizzate nel paziente adulto. Nell’adulto l’ipermetropia non corretta determina inizialmente la comparsa di disturbi sogget-tivi dovuti all’insufficienza acco-modativa, (facile stancabilità al lavoro da vicino, cefalea, ipere-mia della congiuntiva, dolenzia dei bulbi oculari, blefarite, sfuo-camenti transitori), che vanno sotto il nome di Astenopia Accomo-dativa, e successivamente una diminuzione del visus dapprima da vicino ed in seguito anche per lontano. In questi casi sappia-mo che è opportuno corregge-re quella parte di ipermetropia che l’accomodazione non riesce a compensare senza sforzo, il che significa prescrivere lenti di potere inferiore al dato ciclo-pegico, in modo da consentire il visus massimo. In sostanza la lente positiva per essere ben tollerata dovrebbe correggere

FIGURA 1. Occhio ipermetrope

A. C. PiantanidaMedico Oculista,Como

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esattamente quella parte di iper-metropia che l’accomodazione non riesce a compensare: la cosidetta ipermetropia manifesta. Nell’età pediatrica in assenza di disturbi astenopici o della motilità oculare l’ipermetropia fino a +3,00 diottrie non necessita di correzio-ne. È da sottolineare infatti che l’uso dell’accomodazione natural-mente presente può provocare di-sturbi ma non danni, al contrario l’utilizzo di un occhiale in maniera inappropriata disabilita i pazienti a compensare con facilità la loro ipermetropia ed inoltre in tali casi la correzione del difetto ipermetro-pico impedisce la naturale emme-tropizzazione del bulbo oculare di fatto rendendo il bambino occhiale dipendente a vita, come dimostrato in letteratura dall’Hyeropia Treat-ment Study 1.La correzione dell’ipermetropia nell’età pediatrica dovrebbe essere fatta il più precocemente possibile qualora il difetto rifrattivo iperme-tropico superi i valori considerati fisiologici (+3,00 diottrie sferiche) , o in tutti quei casi dove siano pre-senti sia disturbi dell’equilibrio mu-scolare sia disturbi astenopici, che nell’età pediatrica si possono ma-nifestare anche con difficoltà alla lettura e di conseguenza presunte dislessie. È comunemente noto come i bam-bini con ipermetropia moderata as-sociata ad esotropia manifesta od acutezza visiva ridotta, necessitino obbligatoriamente della correzione totale del difetto visivo presente, al fine di evitare un mancato svilup-po della visione tridimensionale o stereoscopica. Se non corretti tali piccoli pazienti sono ad alto rischio di sviluppare un’ambliopia ed un’e-sotropia non accomodativa.

Al contrario ad oggi non esiste un consenso unanime su quali valo-ri di difetto rifrattivo sia necessa-ria la correzione ottica nei bambi-ni con ipermetropia moderata non associata ad esotropia manifesta od acutezza visiva ridotta. Le li-nee guida dell’American Academy of Ophthalmology recitano che nei bambini di 2/3 anni di età con iso-ametropia ed ipermetropia mag-giore di + 4,50 diottrie è obbligato-ria la prescrizione della correzione ottica indipendentemente dal fatto che sia associata o meno un’eso-tropia. Nella pratica clinica esistono so-vente delle esoforie associate ad ipermentropia di moderata entità. In questi casi non solo sarà neces-sario correggere il difetto rifrattivo fino al punto in cui non si manife-sti più l’esoforia, ma anche a volte sfruttare l’effetto prismatico delle lenti prescrivendo il decentramen-to delle stesse, allo scopo di alle-viare l’impegno dei riflessi fusionali che in uno strabismo latente sono sempre “al lavoro” per cercare di mantenere un allineamento degli assi visivi. L’ipermetropia elevata, presente nei piccoli pazienti affetti da am-bliopia dovuta al vizio di rifrazione, senza disturbi della motillità ocula-re, deve essere corretta comple-tamente deducendo circa 1,5 diot-trie dai valori ottenuti dall’esame della rifrazione in cicloplegia. L’i-permetropia elevata, al contrario, deve essere corretta per il valore cicloplegico totale in presenza di un’esotropia associata. Risulta evi-dente inoltre come la correzione prescritta debba in questi casi es-sere indossata praticamente tutto il giorno, a volte associata a pena-lizzazione ottica più o meno totale,

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a seconda della profondità dell’am-bliopia.La miopia (Figura 2) rappresenta il difetto rifrattivo che maggiormen-te preoccupa i genitori per lo svi-luppo visivo dei propri figli. In realtà la maggior parte delle mio-pie nell’età pediatrica risulta di lieve entità e fortunatamente meno in-validante dell’ipermetropia o dell’a-stigmatismo.Normalmente nel lattante nei pri-missimi mesi di vita si evidenzia un’ipermetropia “fisologica” dovuta alla ridotta lunghezza assiale del bulbo oculare, che generalmente si attesta intorno ai 17 mm. In al-cuni casi però è possibile eviden-ziare delle miopie che non saranno presenti nei mesi successivi. Ciò probabilmente dipende dalla non completa maturazione del sistema visivo del bambino che presenta un potere diottrico corneale ele-vato, circa 50 diottrie, ed un pun-to remoto estremamente ravvici-nato con una miopia d’indice, che potremmo definire “ transitoria”, non compensata sufficientemente dall’ipermetropia fisiologica e de-stinata a scomparire in breve tem-po. In tali situazioni risuta evidente

come non abbia alcuna indicazione la prescrizione della correzione ot-tica, ma va attesa la stabilizzazione del sistema ottico dell’occhio con la crescita. Nell’età pediatrica la necessità di avere una perfetta messa a fuo-co delle immagini risulta indispen-sabile per un corretto sviluppo del sistema visivo e delle colonne di visione onde evitare l’insorgenza di un’ambliopia rifrattiva. Bisogna però tenere presente che il difet-to miopico se di lieve entità e non associato a difetto astigmatico, è molto meno ambliopizzante sia dell’ipermetropia sia dell’astigmati-smo stesso, in quanto il mondo del piccolo paziente risulta ravvicinato in una zona di visione che spesso viene poco influenzata dal difetto miopico di modesta entità. Inoltre bisogna considerare che l’oggetto occhiale viene difficilmente tollera-to dal piccolo paziente se questo non comporta un evidente vantag-gio visivo. Per tale motivo possiamo affermare che siamo “autorizzati” a soprassedere alla prescrizione del difetto miopico di lieve entità nei bambini inferiori ai 3 anni di età. Al contrario di quanto comunemen-

FIGURA 2. Occhio miope

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te ritenuto, specie dai genitori, è molto facile far indossare occhiali a bambini in tenera età, se que-sti presentano un difetto elevato la cui prescrizione porta un sicuro vantaggio visivo che si riflette sulle capacità di performance del piccolo paziente. È invece molto più diffi-cile convincere un bambino ad in-dossare un paio di occhiali che non comportano una grossa differenza nella messa a fuoco del mondo cir-costante rispetto alla visione natu-rale presente. È bene ricordare che la normaliz-zazione totale della situazione ot-tica ed accomodativa di una mio-pia si ottiene solo prescrivendo la correzione totale del vizio rifratti-vo da usare a permanenza, per-tanto non bisogna mai esitare nel correggere totalmente un difetto miopico presente in età pediatrica dopo i 3 anni di vita o all’insorgen-za della cosidetta miopia scolare. È da tenere presente che spesso nel bambino miope si manifestano caratteristici disturbi della motili-tà oculare quali l’exoforia ed il de-ficit di convergenza, legati ad una minore accomodazione dell’occhio miope ed alla scarsa necessità di esercitarla stante il punto remoto ravvicinato caratteristico di questi soggetti. La semplice correzione del difetto rifrattivo con gli occhiali consentirà nella maggior parte dei casi di risolvere tali situazioni: l’ef-fetto prismatico convergente delle lenti e l’eccesso di accomodazione, che la correzione totale determi-na, consentono infatti al paziente di esercitare una convergenza che compensa la deviazione oculare.La miopia monolaterale elevata è una condizione clinica poco frequente se comparata al difetto miopico comu-nemente conosciuto che è carat-

terizzato da un aumento della lun-ghezza del bulbo oculare rispetto al suo potere diottrico. Nella miopia monolaterale elevata o UHM (Unila-teral High Myiopia), come viene ge-neralmente definita, la presenza di un’asimmetria del difetto rifrattivo è indice di una differenza significativa tra i due occhi sia della lunghezza as-siale, sia del potere diottrico cornea-le e del cristallino. Il trattamento più corretto consiste nella correzione completa dei difetti rifrattivi presen-ti in modo da creare delle immagini nitide in entrambi gli occhi. Pratica-mente ciò è possibile quasi sempre entro certi limiti in quanto esistono due problemi da tenere in conto: l’a-niseiconia e l’anisoforia ottica. Nell’applicazione di lenti correttive è sempre utile considerare la rego-la di Knapp, secondo la quale “se il centro ottico della lente viene posto a livello del fuoco principale anteriore dell’occhio, che nelle ametropie puramente assiali si trova a circa 15 mm dall’apice corneale, le dimensioni dell’immagine a fuoco sono uguali a quelle dell’immagine che si forma nell’occhio schematico emmetrope”. Il ri-spetto di tale postulato consente al prescrittore di evitare fastidiosi effetti dovuti alla variazione dell’in-grandimento e produrre un’imma-gine retinica molto simile a quella che si forma in un occhio norma-le a patto che le lenti degli occhiali vengano correttamente montate ad una distanza di circa 15 mm dall’apice corneale per correggere un’ametropia assile, soprattutto unilaterale, come avviene nel caso della maggioranza delle miopie uni-laterali elevate in età pediatrica. Quando la differenza tra i due oc-chi é determinata da un’anisome-tropia rifrattiva il recupero della parità visiva può brillantemente at-tuarsi con lenti a contatto. Esse in-

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fatti sono in grado di minimizzare le differenze d’ingrandimento retinico che possono, in questo tipo di cir-costanze, attuarsi con lenti oftalmi-che. L’utilizzo delle lenti a contatto risulta inoltre molto utile nel ridurre l’anisoforia ottica e per tale motivo risultano una validissima alternati-va nella gestione prescrittiva della UHM anche in età pediatrica. Da ultimo va preso in considerazio-ne l’astigmatismo che rappresenta circa il 13% di tutti i difetti visivi. Tale difetto rifrattivo nell’età pediatrica esercita un ruolo chiave nell’insor-genza dell’ambliopia e del recupero visivo: viene generalmente definito come un’anomalia rifrattiva in cui il diottro oculare ha un potere diffe-rente nei vari meridiani. Equivale ad una combinazione sfe-rocilindrica ed il fuoco dei raggi che lo attraversano non è costituito da una caustica ma da un Conoide di Sturm (Figura 3); può essere più semplicemente descritto come un curvatura asimmetrica di alcune superfici oculari (cornea e cristalli-no) che impediscono la formazione di un’immagine nitida sulla retina.L’identificazione precoce di tale

difetto rifrattivo nell’infanzia è di estrema importanza in quanto esso influenza il normale sviluppo visivo: astigmatismi di grado ele-vato, ma in alcune situazioni clini-che, anche di grado medio o lieve, sono responsabili in età pediatrica dell’insorgenza dell’ambliopia, ed in letteratura è descritta anche una possibile associazione causale con l’insorgenza della miopia. La pre-senza di un difetto sferico, miopico o ipermetropico che sia, aumenta fortemente il rischio di astigmati-smo, rispetto ai soggetti non affet-ti da vizi di rifrazione. Un’attenta analisi dei più recenti studi epide-miologici condotti su larga scala evidenzia come i bambini con mio-pia maggiore di una diottria pre-sentino un rischio di essere anche astigmatici quattro volte superio-re a quello presente nei bimbi con miopia inferiore ad una diottria o ipermetropi fino a due diottrie. Bambini invece ipemetropi di più di due diottrie presentano un rischio di essere astigmatici superiore di una volta e mezzo. Va sottolineato che non esistono astigmatismi fi-siologici che non vanno corretti, ma

FIGURA 3.

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casomai astigmatismi di lieve enti-tà che non è necessario corregge-re in quanto in età pediatrica non sono forieri di una possibile pena-lizzazione dello sviluppo visivo. Gli astigmatismi obliqui e contro rego-la andranno quasi sempre corretti, la correzione dell’astigmatismo se-condo regola invece andrà valuta-ta singolarmente ricordandosi però che spesso tali forme astigmatiche nei primi anni di vita si aggravano nel tempo. L’entità delle diottrie non deve però essere un parame-tro di valutazione decisionale per prescrivere o meno il difetto astig-matico. Sarà invece la misura ac-curata dell’acutezza visiva eseguita possibilmente con ottotipi in scala LogMAR a guidarci “caso per caso” sulla necessità o meno di prescri-vere astigmatismi anche lievi: a volte nel bambino anche un cilin-dro di 0,25 Diottrie fa la differenza sul recupero visivo! Un altro errore comune da evitare è quello di non prescrivere il difetto astigmatico, o prescriverlo solo in parte nei pa-zienti affetti da miopie elevate in quanto ciò non comporterebbe un vantaggio visivo. Tale atteggiamen-to clinico invece comporta spesso un sviluppo non completo dell’acu-

tezza visiva nei piccoli pazienti che presenteranno un visus ridotto a causa di un’ambliopia astigmatica. Pertanto gli astigmatismi associa-ti a difetti miopici elevati non solo vanno ricercati con particolare at-tenzione ma vanno anche corretti totalmente. In tutti gli altri difetti rifrattivi la prescrizione totale del difetto astigmatico nei piccoli pa-zienti, specie se ambliopi, deve essere la norma, in quanto non fo-riera di disturbi di tollerabilità della correzione, al contrario di quanto può avvenire nel soggetto adulto. Inoltre è buona norma che la corre-zione ottica sia indossata costan-temente tutta la giornata. Da quanto detto, per concludere, risulta evidente come nell’infanzia l’approccio alla correzione dei di-fetti rifrattivi debba essere molto attento e ragionato in quanto è solo da una precisa correzione del difetto visivo e da un’attenta pre-scrizione dell’occhiale, che potremo ottenere un corretto e completo sviluppo della corteccia visiva cere-brale per un mantenimento di una perfetta acuità visiva negli anni a venire, man mano che il piccolo paziente cresce fino a raggiungere l’età adulta.

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TEST BICROMATICO O DUOCHROME

Il test bicromatico sfrutta l’a-berrazione cromatica dell’occhio, in base alla quale le radiazioni a lunghezza d’onda minore vanno a fuoco prima di quelle a lun-ghezza d’onda maggiore. Con questo test facciamo valuta-re al soggetto le differenze tra vari simboli, numeri o lettere neri presenti nel test con diversa di-mensione (in modo da coprire un buon range di acuità visiva), che si trovano in due quadranti adiacenti, uno con sfondo rosso ed uno con sfondo verde. In fun-zione dell’acuità visiva raggiunta in precedenza faremo osservare i simboli di maggiore o minore di-mensione. Quando l’acuità visiva è particolarmente elevata, in al-cuni test bicromatici, sono pre-senti due piccoli puntini neri, uno presentato su sfondo verde ed uno su sfondo rosso, all’interno di un cerchietto, da far confron-tare in nitidezza (Figura 1).Quando, invece, l’acuità visiva

è molto bassa alcuni proietto-ri permettono di sovrapporre lo sfondo rosso-verde a tutte le schermate di lettere o altri sim-boli (Figura 2).I colori dei due quadranti sono stati scelti affinché in un occhio emmetrope, il quale in visione fotopica ha la massima sensibi-lità per una lunghezza d’onda di 555 nm (colore giallo), l’immagi-ne del quadrante verde si foca-lizza davanti alla retina, mentre quella del rosso dietro la retina, quasi alla stessa distanza, valu-tabile in circa 0,25 dt (Figura 3).Se un soggetto è ben compen-sato, anche come valore di cilin-dro, vedrà i simboli, che sono gli stessi nei due quadranti, con lo stesso contrasto sui due sfon-di, quindi li percepirà nitidi allo stesso modo. In caso di miopia non perfettamente compensata o ipermetropia sovracorretta il soggetto riferirà di vedere i sim-boli più nitidi sullo sfondo rosso,

A. E. RagucciMedico Oculista,Napoli

FIGURA 1. Varie tipologie di test bicromatico

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FIGURA 2. Test bicromatico con sovrapposizione dello sfondo alle schermate di lettere

FIGURA 3. Focalizzazione del bicromatico sulla retina di un occhio emmetropie.

perché l’immagine rossa si trova più vicina alla retina (Figura 4).Naturalmente in questo caso biso-gna aggiungere una lente di –0,25 dt o maggiore. In caso invece di iper-metropia non perfettamente com-pensata o miopia sovracorretta il soggetto riferirà di vedere i simboli più nitidi sullo sfondo verde, perché l’immagine rverde si trova più vicina alla retina (Figura 5).Naturalmente in questo caso biso-gna aggiungere una lente di +0,25 dt o maggiore. Nell’eseguire il test è

importante non passare da una pre-ferenza sul rosso ad una sul verde aumentando troppo la potenza delle lenti negative; quando, invece, nella pratica, abbiamo di fronte sogget-ti ipermetropi, in funzione del caso, possiamo anche privilegiare il verde, cioè non prescrivere la compensa-zione positiva totale. È opportuno ricordare che il test è prettamente monoculare, quindi l’occhio non esa-minato deve essere sempre occlu-so; in più dobbiamo effettuarlo con un illuminamento ambientale mol-

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FIGURA 4. Visione al test bicromatico: caratteri sfuocati sul verde, mentre perfettamente nitidi sul rosso

to basso, quasi nullo, dal momento che l’aberrazione cromatica cresce all’aumentare del diametro pupilla-re, quindi abbassando l’illuminazione dell’ambiente aumenta l’efficacia del test. Altrettanto importante per un buon funzionamento del test è far capire al soggetto che non deve con-centrarsi sulla luminosità dei colori dei due sfondi, quanto sulla nitidezza dei simboli; è pertanto importante che l’operatore ponga correttamen-te la domanda all’esaminato e cioè

no “se vede meglio sul rosso o sul verde”, ma quali simboli sono più ni-tidi. Il test bicromatico ha il vantaggio di essere di semplice esecuzione e facilmente intuibile da parte del sog-getto. Al tempo stesso, però, mostra dei limiti con le persone anziane, in cui il cristallino ingiallito assorbe o diffonde maggiormente le radiazioni blu/verdi: ne consegue una prefe-renza per la parte rossa, che non di-pende dal valore della sfera che può indurre l’operatore in errore.

FIGURA 5. Visione al test bicromatico: caratteri sfuocati sul rosso, mentre perfettamente nitidi sul verde

BIBLIOGRAFIA

1. Duke Elder S. Ophthalmic Optic and Refraction, System of Ophthalmology. Kimpton 1970;2. Safir A. Refraction and clinical Optics. Harper & Row 19803. F. Contini. Ottica fisiopatologica. Florio 1991;4. G.P. Paliaga. I vizi di refrazione. Minerva Medica 1995;5. Maiocchi A. Manuale pratico per l’esecuzione di un esame visivo. Medical Books 2007;6. Merlin U at all. La refrazione, fisiopatologia e clinica. SOI 2010;7. Mele L., Piantanida A.C., Bifani M., Ottica Refrazione e Occhiali. Fabiano Editore 2017

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NEOVASCOLARIZZAZIONE COROIDEALE INFIAMMATORIA

Le infiammazioni oculari rap-presentano la terza causa di neovascolarizzazione coroidea-le (NVC), dopo la degenerazio-ne maculare senile e la miopia. La formazione di una NVC può associarsi ad un ampio spettro di malattie infiammatorie ocula-ri, sia di origine infettiva che non infettiva. Lo sviluppo di una ne-ovascolarizzazione coroideale infiammatoria (i-NVC) può es-sere mediato direttamente dal-lo stimolo angiogenico associato all’infiammazione e/o derivare da fenomeni degenerativi a ca-rico del complesso membrana di Bruch - epitelio pigmentato reti-nico (EPR).

EPIDEMIOLOGIALe uveiti tendenzialmente inte-ressano soggetti giovani o in età lavorativa, quindi le i-NVC colpi-scono i pazienti durante gli anni di maggior produttività e attivi-tà. Le principali malattie infiam-matorie oculari, infettive e non infettive, associate a NVC sono elencate in Tabella 1. Le uveiti infettive maggiormen-te associate alla formazione di una i-NVC sono la sindrome da istoplasmosi oculare presunta (POHS), la toxoplasmosi, la toxo-cariasi, la tubercolosi, la rosolia e la febbre del Nilo Occidentale

(West Nile fever). I dati sulla pre-valenza delle i-NVC secondarie a uveiti infettive sono scarsi, e per ovvie ragioni, la prevalenza ha, per molte di queste forme, una specifica distribuzione geografia: la prevalenza della i-NVC legata alla POHS è più elevata in Nord America e in Europa, mentre quella legata alla toxoplasmosi è più elevata in Sud Asia. La Ta-bella 2 riassume le caratteristi-che cliniche delle principali uveiti infettive associate a i-NVC.Le principali uveiti non infettive che causano i-NVC sono la Malat-tia di Vogt-Koyanagi-Harada, la coroidopatia puntata interna, la coroidite multifocale, la coroido-patia serpiginosa e l’epiteliopatia pigmentata placoide multifocale posteriore acuta (AMPPE). Tra queste forme la sindrome di Vo-gt-Koyanagi-Harada e la coroi-dopatia puntata risultano quel-le maggiormente associate alle NVC. Il 2% dei pazienti con uveiti non-infettive posteriori o panu-veiti presenta NVC attive o esiti di NVC. Al contrario, le uveiti non infettive anteriori o intermedie causano molto raramente i-N-VC. La Tabella 3 descrive le ca-ratteristiche cliniche delle princi-pali uveiti non infettive associate a i-NVC.

Magda Gharbiya, Maria Pia Paroli, Giuseppe Albanese, Leopoldo SpadeaU.O.C. Oftalmologia Clinica Oculistica, Policlinico “Umberto I” “Sapienza” Università di Roma

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CARATTERISTICHE CLINICHESintomi e segniLa presenza di una NVC comporta la comparsa di metamorfopsie, sco-toma centrale e riduzione del visus. Tuttavia, in questi pazienti, data la coesistenza di lesioni corio-retiniche infiammatorie attive, risulta spesso difficile distinguere la sintomatologia legata alle lesioni infiammatorie da quella associata alla presenza di una NVC. In questo contesto, perciò, non è infrequente che la diagnosi di NVC venga posta solo tardivamente. In generale, le i-NVC si presenta-no successivamente alla diagnosi di uveite posteriore nel corso del fol-low-up. Le lesioni da i-NVC, si loca-

lizzano, comunemente, in prossimità di focolai infiammatori corio-retinici e cicatrici, in molti casi si presentano come lesioni focali, bianco-giallastre, iuxta- o extrafoveali e possono asso-ciarsi ad emorragia ed essudazione intra- e/o sottoretinica. La maggior parte delle i-NVC sono lesioni tipo 2, e tendono a svilupparsi prevalente-mente negli strati retinici esterni al di sopra dell’epitelio pigmentato re-tinico.

DIAGNOSTICA STRUMENTALE E TECNICHE DI IMAGINGFluorangiografia retinicaLe lesioni neovascolari infiammato-rie si presentano alla fluorangiogra-

Uveiti posteriori infettive

Batteri Micobatteri

Protozoi Toxoplasma gondii

Virus Virus della RosoliaVirus della febbre del Nilo Occidentale

Funghi Candida albicansHistoplasma capsulatumCriptococco neoformansAsperigillus fumigatus

Elminti Toxocara canis

Uveiti posteriori non-infettive

Coroiditi Coroidite multifocaleCoroidopatia puntata internaEpiteliopatia multifocale posteriore placoide acutaCorioretinite di BirdshotSindrome MEWDSindrome di Vogt-Koyanagi-HaradaOftalmia simpatica

Panuveiti Malattia di BehçetSarcoidosi

TABELLA 1. Principali uveiti posteriori associate a neovascolarizzazione coroideale infiammatoria

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fia retinica (FAG) con le caratteri-stiche di una NVC classica, ovvero come iso-/iper-fluorescenza focale precoce associata a leakage tardivo. Tuttavia, la diagnosi, in questo con-testo, è spesso resa molto difficile per la coesistenza di lesioni infiam-matorie retinocoroideali con carat-teristiche fluorangiografiche molto simili alla NVC.

Angiografia al verde di indocianinaL’angiografia al verde di indociani-na (ICG-A) è una tecnica di imaging imprescindibile nella diagnosi e fol-low-up delle uveiti posteriori e, ri-spetto alla FAG, è più accurata nel differenziare il folcolaio infiammato-rio dalla lesione neovascolare. La le-sione infiammatoria retino-coroide-ale si presenta generalmente come iso-cianescenza precoce associata a ipo-cianescenza nei tempi intermedi e tardivi, la i-NVC invece si presenta come iso-/iper-cianescenza precoce che aumenta nei tempi intermedi e persiste nei tempi tardivi. L’ICG-A è inoltre, rispetto alla FAG, più accu-rata nel definire le dimensioni reali della NVC, soprattutto in presenza di emorragia e dunque più utile nel follow-up di queste lesioni dopo te-rapia.

Tomografia a coerenza otticaLa NVC infiammatoria normalmente si sviluppa, come tutte le forme clas-siche o tipo 2, tra l’epitelio pigmenta-to retinico e la retina neurosensiorale. La lesione neovascolare si presenta come iper-reflettività focale al di so-pra di un EPR alterato. Una caratte-ristica OCT che potrebbe distinguere queste forme di NVC dalle altre for-me di tipo 2 è il cosiddetto “pitchfork sign” (letteralmente segno del for-cone), che descrive delle proiezioni iper-refletttenti, a partenza dall’a-

rea della NVC verso gli strati ester-ni della neuroretina. Nelle scansioni OCT, l’attività della CNV è associata a segni di essudazione con la pre-senza di ispessimento retinico, fluido sottoretinico e cisti intraretiniche. Lo spessore retinico centrale può esse-re utilizzato come misura oggettiva del grado di attività della lesione ne-ovascolare, soprattutto nella fase di monitoraggio dopo terapia. L’esame OCT da solo, tuttavia, non consente nella maggior parte dei casi di diffe-renziare una lesione neovascolare da un focolaio infiammatorio attivo, per questo motivo la diagnosi richiede spesso la combinazione di OCT, FAG e ICG-A.

Angiografia OCTL’angiografia OCT (angio-OCT) è una tecnica di imaging oculare, recente-mente introdotta nella pratica clinica, che permette, senza l’uso del mezzo di contrasto, di visualizzare la trama vascolare retino-coroideale per stra-ti, evitando sovrapposizioni tissutali. Ad oggi, l’applicabilità dell’angio-OCT è stata ampiamente studiata nella diagnosi, stadiazione e monitoraggio delle lesioni neovascolari associa-te all’AMD, al contrario sono ancora relativamente scarse le informazioni sull’utilità di questa tecnica nel con-testo delle i-NVC. Le evidenze fino-ra riportate in Letteratura sembre-rebbero dimostrare che l’angio-OCT è più sensibile, rispetto alle tecniche tradizionali di imaging (FAG, ICG-A e OCT), nel differenziare le lesioni ne-ovascolari dai focolai infiammatori attivi. Infatti, a differenza delle lesioni neovascolari, le lesioni infiammatorie non mostrano alcun segnale di flusso sanguigno. Inoltre, l’angio-OCT per-metterebbe di definire con maggio-re accuratezza le dimensioni e i bordi della NVC. Per questi motivi, nel diffi-

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TABELLA 2. Caratteristiche cliniche delle neovascolarizzazioni coroideali infiammatorie associate ad uveiti infettive.

TABELLA 3. Caratteristiche cliniche delle neovascolarizzazioni coroideali infiammatorie associate ad uveiti non-infettive.

Toxoplasmosi Tubercolosi oculareIstoplasmosi oculare

presuntaFebbre del Nilo

OccidentalePrevalenza della NVC 0.3-19% Rara Frequente Rara

Localizzazio-ne della NVC

iuxta- o extrafoveale, ai margini di focolaio cicatriziale

iuxta- o extrafoveale, ai margini di focolaio cicatriziale

iuxta- o extrafoveale, ai margini di focolaio cicatriziale o in sede peripapillare

iuxta- o extrafoveale, ai margini di focolaio cicatriziale

Morfologia della NVC

aspetto focale, può associarsi a emorragia sottoretinica

aspetto disciforme, può associarsi a emorragia sottoretinica

aspetto disciforme, iperpigmentazione circostante

aspetto focale, può associarsi a emorragia sottoretinica

Lesioni in-fiammatorie associate

Lesione corioretinica attiva ai margini di vecchio focolaio atrofico, vitreite, perivasculite

Tipo coroidite serpiginosa o granulomi coroideali

Atrofia e/o iperpigmentazione peripapillare, lesioni corioretiniche focali a spot, assenza di vitreite

Corioretinite multifocale con focolai di grandi dimensioni, vitreite.

Corioretinopatia puntata interna

Coroidite multifocale

Coroidite serpiginosa

Malattia di Vogt-Koyanagi

-Harada Prevalenza della NVC 76-100% 33-50% 10-25% 9-15%

Localizzazio-ne della NVC

iuxta- o extrafoveale, ai margini di lesione infiammatoria/cicatriziale

iuxta- o extrafoveale, ai margini di lesione infiammatoria/cicatriziale

iuxta-, extrafoveale, o peripapillare, ai margini di lesione infiammatoria/cicatriziale

iuxta- o extrafoveale, ai margini di lesione cicatriziale

Morfologia della NVC

aspetto focale, può associarsi a emorragia sottoretinica

aspetto focale, può associarsi a emorragia sottoretinica

aspetto disciforme, iperpigmentazione circostante, fibrosi sottoretinica

aspetto disciforme, può associarsi a emorragia sottoretinica

Lesioni in-fiammatorie associate

Focolai infiammatori multipli, di piccole dimensioni (50-200 μm), al polo posteriore. Vitreite assente

Focolai infiammatori multipli, di piccole dimensioni (50-300 μm), in sede peripapillare retroequatriale e periferici. Vitreite assente

Lesioni infiammatorie attive ai margini di lesioni cicatriziali, in sede peripapillare, progressione a carta geografica al polo posteriore Vitreite possibile se TB correlata

Uveite anteriore granulomatosa, distacchi di retina essudativi multipli e focali al polo posteriore. Ipo/iperpigmentazione diffusa in fase cronica. Vitreite presente

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cile contesto delle i-NVC, l’angio-OCT sembra configurarsi come metodica di grande utilità per la diagnosi, la de-cisione terapeutica ed il monitoraggio della risposta al trattamento.

TRATTAMENTO DELLE I-CNVLa terapia oculare, in questo conte-sto, non deve prescindere dalla tera-pia sistemica specifica della malattia di base e/o dalla terapia steroidea o immunosopressiva sistemica nel caso delle forme non-infettive, ne-cessaria al controllo dell’infiammazio-ne da utilizzare anche quando la NVC interviene in occhi con uveite appa-rentemente inattiva: l’infiammazio-ne cronica infatti può rappresentare uno stimolo subdolo alla formazione di una membrana neovascolare. Le principali opzioni terapeutiche oculari sono:

Terapia intravitreale con anti-VEGFLa terapia con anti-VEGF rappre-senta la prima linea di trattamen-to delle i-NVC secondarie ad uvei-te posteriore di origine infettiva e non infettiva, sebbene il blocco del VEGF abbia dimostrato di non ave-re un effetto antiinfiammatorio, così da rendere indispensabile il tratta-mento della patologia infiammatoria sottostante. La duplice terapia ha lo scopo di trattare l’infiammazio-ne sottostante attraverso l’utilizzo di farmaci corticosteroidei/ immu-nosoppressivi, mentre i farmaci an-ti-VEGF sono utili nel controllarne la neoangiogenesi. Come nella dege-nerazione maculare senile, i farmaci anti-VEGF non solo favoriscono la regressione dei neovasi ma riduco-no anche l’iperpermeabilità vascola-re che rappresenta spesso, nei pa-zienti con i-NVC, la principale causa di deterioramento visivo. La mag-giore esperienza clinica sulla terapia

intravitreale con farmaci anti-VEGF utilizzati nelle i-NVC riguarda il be-vacizumab, anticorpo umanizzato ri-combinante che si lega a tutte le iso-forme del VEGF ed il ranibizumab, un frammento di anticorpo umanizzato ricombinante che si lega e poten-zialmente neutralizza le attività bio-logiche di tutte le isoforme di VEGF conosciute mentre più recentemen-te l’afilibercept, proteina di fusione solubile contenente i frammenti di due tipi di recettori VEGF (VEGFR1 e VEGFR2) è stato utilizzato con successo in uno studio pilota sulle corioretiniti. Le evidenze riportate in Letteratura, hanno dimostrato am-piamente l’efficacia di questa classe di farmaci e risultati favorevoli sia da un punto di vista anatomico che funzionale nelle i-NVC secondarie a POHS, toxoplasmosi oculare, toxo-cariasi oculare, tubercolosi oculare, coroidite multifocale, PIC, coroidite serpiginosa e nella malattia di VKH.

Terapia locale ed intravitreale con corticosteroidiI corticosteroidi sono a tutt’oggi la terapia di prima linea per il tratta-mento delle uveiti per le loro potenti proprietà anti-infiammatorie pre-venendo la migrazione dei leucociti, stabilizzando le tight junction delle cellule endoteliali con riduzione del fluido cellulare ed extravasale ed ini-biscono anche la sintesi del VEGF, delle prostaglandine e delle cito-chine pro-infiammatorie. I farmaci steroidei controllano quindi speci-ficatamente l’infiammazione, che rappresenta il principale fattore pa-togenetico delle lesioni neovascolari associate ad uveite posteriore aven-do infatti lo scopo di promuovere la riduzione dei meccanismi proliferati-vi infiammatori ed endoteliali nei casi di NVC attiva. La somministrazione

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FIGURA 1. Neovascolarizzazione coroideale infiammatoria in un caso di PIC. Fluorangiografia retinica: tempi precoci (A) e tardivi (C). Angiografia al verde di indocianina: tempi precoci (B) e tardivi (D). Autofluorescenza infrarosso (E). Tomografia a coerenza ottica (F).

locale di corticosteroidi aiuta a ridur-re gli effetti collaterali associati co-munemente all’uso sistemico. Pos-sono essere somministrati sia per via sottotenoniana posteriore che

per via intravitreale e sono soprat-tutto indicati nelle i-NVC non infet-tive associate a uveite monolaterale, come terapia adiuvante nei casi non responsivi o scarsamente responsivi

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al trattamento con anti-VEGF. Rap-presentano inoltre la seconda linea di trattamento delle i-NVC nei pa-zienti con controindicazioni sistemi-che all’uso di anti-VEGF. Ad oggi, le esperienze riportate in Letteratura sono con l’impiego di triamcinolone acetonide, utilizzato sia per via sot-totenoniana che intravitreale e tra-mite impianti di fluocinolone aceto-nide.

Terapia Fotodinamica (PDT)È stata ampiamente utilizzata in passato, soprattutto in associazione con steroidi intravitreali, con buoni risultati anatomici ma scarsi risul-tati funzionali legati ai noti fenomeni cicatriziali indotti dalla PDT, a lungo termine. È stata quasi del tutto ab-bandonata dopo l’introduzione dei farmaci anti-VEGF.

Altre terapieL’efficacia della terapia immunosop-pressiva nelle i-NVC non infettive è riportata in vari studi sebbene non esistano a tutt’oggi dei protocolli te-rapeutici standardizzati a causa della scarsità di studi clinici randomizza-ti che mettano a confronto i diversi farmaci. La scelta del farmaco infatti sarebbe stabilita sulla base delle ca-

ratteristiche del farmaco stesso ed individualizzata sul paziente. Alcu-ne sostanze quali la ciclosporina A, l’FK506 ed il Sirolimus indurrebbero una sovraespressione di mediatori solubili che avrebbero un ruolo im-portante nella patogenesi della NVC, mentre farmaci quali il Metotrexate, il Micofenolato mofetil e l’azatioprina sembrerebbero aver mostrato una maggiore efficacia. Il futuro prevede l’utilizzo di terapie che agiscano sia contro i fattori di crescita endotelia-le e sia sulle vie del’infiammazione. A questo scopo sono stati utilizzati nell’uveite autoimmune sperimenta-le nuove molecole che bloccano sia il VEGF che alcuni componenti del complemento, migliorando l’infiam-mazione oculare in modelli animali di uveite e riducendo la neovascola-rizzazione nei ratti. Altri studi spe-rimentali prevedono l’utilizzo di an-ticorpi monoclonali come il Mab2F1 che ha già presentato effetti bene-fici sulla retinopatia diabetica spe-rimentale e la neovascolarizzazione coroideale.L’uso dei farmaci biologici anti TNFalfa per via intravitreale nel-le i-NVC invece avrebbe prodotto ri-sultati contrastanti, tali da non con-sigliarne al momento l’utilizzo nella pratica clinica.

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I FILTRI DELLE LENTI OFTALMICHE

Oltre al fondamentale compito di correggere i vizi di refrazione, le lenti assumono un ruolo im-portantissimo sia nel modulare la sensibilità luminosa, il contra-sto e la percezione colorimetrica, che nel proteggere l’occhio dalle radiazioni elettromagnetiche po-tenzialmente dannose.Particolari tipi di lenti, quindi, han-no la capacità di agire da filtro nei confronti della radiazione so-lare o luminosa in genere ovvero di discriminare qualitativamente e quantitativamente le radiazioni elettromagnetiche che le attraversano.La discriminazione quantitativa è strettamente legata alla trasmit-tanza, ovvero al rapporto tra l’in-tensità della radiazione che incide e quella della radiazione che at-traversa espressa in percentua-le. Essa dipende, principalmente, dalla categoria del filtro, in funzio-ne al tipo e colorazione del mate-riale ed allo spessore della lente.La discriminazione qualitativa, in-vece, è strettamente legata alla qualità dello spettro di radiazionielettromagnetiche che attraver-sa la lente stessa, misurata at-traverso la spettrofotometria.Dipende, principalmente dal ma-teriale del filtro e dalla qualità del-la colorazione.Alla luce di quanto esposto, quin-di, compito di una lente “filtrante”

è quello di modulare l’arrivo della luce alle strutture oculari attra-verso il “taglio” di una o più lun-ghezze d’onda che costituiscono le diverse radiazioni elettroma-gnetiche della luce incidente.In base alla qualità e alla quantità di radiazione modulata i filtri ver-ranno suddivisi in:– filtri non selettivi: filtri solari e

fotocromatici– filtri selettivi a nanometri con-

trollati– filtri polarizzanti.Quando questi filtri vengono ap-plicati alle lenti si parlerà di lenti filtranti.

Lenti da soleCostituite da filtri solari che sono selettivi solo per una parte di raggi U.V. mentre si lasciano at-traversare in modo più o meno consistente dalle radiazioni del visibile.Possono essere di colore grigio, marrone o verde e si lasciano at-traversare in modo differenziato dalle varie radiazioni dello spettro, riducendo l’intensità delle radia-zioni di alcune lunghezza d’onda.Rappresentano quindi un valido ausilio nel ridurre l’abbagliamen-to anche se a volte modificano la percezione cromatica (Figura 1).La loro capacità di bloccare gli U.V. rende merito di elevate pro-

Luigi MeleMedico Chirurgo Oculista - Napoli

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prietà protettive nei confronti delle strutture oculari, seppur con diffe-renze legate alla natura del materiale ed alla colorazione:Vetro crown n=1,5: bassa protezione U.V.Resina organica CR-39: alta prote-zione U.V.Resine organiche ad alta rifrazione: alta protezione U.V.Policarbonato: altissima protezione U.V.

Lenti FotocromaticheSono costituite da filtri fotocromatici i quali hanno la caratteristica di modi-ficare l’intensità della loro colorazione (stato cromatico) a seconda della ra-diazione elettromagnetica incidente attraverso un processo chimico re-versibile (Figura 2).I materiali base, oggi disponibili, per lenti fotocromatiche sono il vetro mi-nerale e quasi tutti i materiali organici.

Lenti fotocromatiche in vetroSono costituite da vetro borosilica-to nel quale è inserita una miscela di sali e micro-cristalli di alogenuro d’ar-gento. La radiazione elettromagneti-ca, incidente sulla lente, determina la

dissociazione dell’alogenuro di argen-to (AgCl) in argento metallico e alo-geno (Ag e Cl).L’atomo d’argento così sottoposto all’energia della radiazione si riduce chimicamente conferendo il tipico co-lore scuro alla lente.Alla sospensione della irradiazione si osserva la riconversione dell’argen-to in alogenuro di argento con totale reversibilità del processo che dona, nuovamente, chiarezza alla lente.Nelle lenti di prima generazione il pro-cesso veniva principalmente attivato dalle radiazioni Uv e del campo blu, mentre nelle lenti di nuova genera-

FIGURA 1. Diversa visione con filtri

FIGURA 2.

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zione, le radiazioni elettromagnetiche in grado di attivare il processo sopra descritto sono anche una parte delle radiazioni nel campo del visibile.Nelle lenti in vetro il materiale foto-cromatico è distribuito dentro tutta la lente e per tutto il suo spessore determinando che lenti con diverso spessore abbiano delle leggere dif-ferenze di oscuramento e velocità di reazione. Questo fenomeno può essere fastidioso qualora si deb-ba montare su un occhiale lenti di gradazione diottrica molto diversa e quindi di spessore diverso, e sarà tanto più evidente quanto maggiore sarà la differenza fra le due lenti.Il processo di scurimento richiede un certo tempo di attivazione, così come risulta non immediato il processo di schiarimento. Ad ogni buon conto, a completamento del processo di atti-vazione, si realizzerà un passaggio di trasmittanza che potrebbe “muover-si” dal 95% (stato chiaro) fino anche al 33% (stato scuro). Lenti fotocromatiche in materiale organicoIl processo fotocromatico dei pig-menti presenti nei materiali organici è ben diverso dal processo dei pig-menti presenti nei materiali in vetro minerale.Attualmente esistono due tipologie di lenti fotocromatiche in materiale or-ganico:Lenti fotocromatiche standard: sono lenti nelle quali il pigmento fotocro-matico viene applicato immergendo la lente in soluzione di Spyropyran, composto organico a base di ISN (indolinospironaftossazina) ed altri componenti fotoattivi che, a seconda delle percentuali, donano una colora-zione e tonalità diversa. Tale proces-so prende il nome di laccatura e la lente, finita, verrà definita lente foto-

cromatica laccata. Questa procedu-ra permette di ottenere uno strato fotocromatico costante su tutta la superficie, rendendo la colorazione uniforme su tutta la lente.Per contro, è da rilevare la delicatez-za del trattamento stesso dato l’esi-guo spessore. Altro fattore negativo risiede nel fatto che se la laccatura non avviene a regola d’arte, si os-serveranno delle sfumature di colore che doneranno un effetto arcobale-no sulla superficie della lente (effetto camaleonte).Lenti fotocromatiche organiche addi-tivate in pasta: in queste lenti il po-limero che costituisce la lente viene “mescolato in pasta” con uno o più composti fotocromatici organici ap-partenenti alla classe delle spiro-naftoazine o degli spiropirani.La colorazione potrà essere grigia, marrone o verde e funzionare con vari livelli di scuri-schiarimento.Una recente evoluzione di questo tipo di lenti prevede l’aggiunta di una sospensione colloidale di carbone os-sidato, il quale conferisce un’attività di filtraggio della radiazione netta-mente maggiore di quella effettuata da una lente organica, di uguale com-posizione, ma non additivata con la sospensione di carbone ossidato. La presenza delle particelle di carbone esplicano un effetto protettivo, nei confronti delle radiazioni di maggiore intensità anche a temperature eleva-te.Lenti fotocromatiche organiche ad impregnazione termica (tipo tran-sition): in queste lenti il pigmento di cui sopra non viene inserito nel po-limero, ma distribuito uniformemen-te sulla superficie della lente e fatto penetrare in profondità sotto l’azione termo-barometrica esercitata all’in-terno di una camera a vuoto. Queste lenti presentano ovviamente mag-

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giore stabilità e minore “delicatezza” rispetto a quelle ottenute per lacca-tura.Indipendentemente dal tipo, le lenti fotocromatiche organiche, sono ca-ratterizzate da un tempo di scuri-mento/schiarimento a volte, un po’ più lungo rispetto a quello delle lenti in vetro minerale.Altra differenza consiste nel fatto che una lente di vetro fotocromatico dopo un uso prolungato si scurirà normal-mente, ma ritornerà completamen-te al suo stato chiaro originario con maggiore difficoltà; una lente fotocro-matica organica, invece, ritornerà nor-malmente allo stato chiaro, ma, dopo un uso prolungato non tornerà a scu-rirsi come al livello iniziale (fenomeno dell’affaticamento ripetitivo).Al fine di eliminare i sopracitati difetti, le aziende producono continuamente nuovi materiali organici fotocroma-tici in cui restano costanti i proce-dimenti di additivazione in pasta ed

impregnazione termica, ma vengono introdotti nuovi pigmenti fotocroma-tici che hanno notevolmente ridotto il tempo di scurimento/schiarimento, aumentato il range di trasmittanza, la stabilità del colore, l’indipendenza termica e la tinta residua. Inoltre le lenti fotocromatiche di nuo-va generazionesono in parte sensibili anche alle radiazioni dello spettro vi-sibile ed eliminano pertanto, in parte, il problema di scurirsi solo in presen-za di radiazioni ultraviolette.Lenti di nuova generazione sono quindi sempre di migliore “perfor-mance” rispetto a quelle precedenti.

Lenti a filtro selettivoDette anche lenti filtranti, lenti a na-nometri controllati o, più impropria-mente, filtri medicali, sono un insie-me di “presidi ottici” atti a modulare l’arrivo della luce sulle strutture ocu-lari attraverso il “taglio” di particolari “range” di lunghezze d’onda che co-

FIGURA 3. Colori dei filtri più utilizzati.

FIGURA 4. Possibile utilizzo del filtro in base al colore.

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stituiscono lo spettro del visibile.Questa tipologia di filtri differisce dal-le altre per la caratteristica principale di selezionare le radiazioni del visibi-le in modo da farsi attraversare solo da lunghezze d’onda particolari e ben definite in funzione delle patologie per le quali vengono utilizzate.La capacità di assorbire, in modo se-lettivo, una o più radiazioni di diffe-rente lunghezza d’onda risiede nella loro diversa colorazione.Salvo che per motivi estetici e di moda, queste lenti trovano il loro ra-zionale utilizzo in quelle condizioni cliniche in cui alterazioni dello strato dei recettori retinici , conseguente a svariate patologie degenerative, mo-dificano la percezione dei colori e le capacità discriminative nello spazio.Sono largamente usate, infatti, nel campo dell’ipovisione.Non esiste una standardizzazione relativa all’utilizzo in base alle singole patologie; tanto che la scelta di uno o altro filtro viene fatta in modo soven-te “empirico”, basandosi sulle impres-sioni soggettive del paziente dopo averli indossati e provati.

I colori più usati sono quelli relativi al giallo, all’arancio fino all’ocra (Figure 3, 4).Appare chiaro che in un soggetto normale l’uso di uno o più filtri avrà come risultato un’alterazione del sen-so cromatico e un aumento dell’ab-bagliamento con perdita del potere discriminante (Figura 5).

Lenti polarizzantiLa radiazione luminosa emessa in generale da una qualsiasi sorgente si propaga nello spazio vibrando su un piano che nel tempo continua a cambiare di orientamento. Questo tipo di radiazione viene chiamato luce naturale o artificiale non pola-rizzata. Quando per svariati motivi (attra-versamento di mezzi ottici, riflessio-ne su alcune superfici, luce riflessa secondo angoli particolari….) la radia-zione vibra solo su particolari piani ben definiti, si dice allora che la luce è polarizzata.Potremo definire, quindi, la luce po-larizzata come quella forma di ener-gia radiante in cui l’oscillazione della

FIGURA 5. Effetto di un filtro giallo a 570 nm

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radiazione è costante e definita nel tempo.Nella luce naturale, che è la sovrap-posizione di onde luminose emesse in modo casuale da un grande nume-ro di atomi, i piani di oscillazione delle radiazioni si distribuiscono in modo casuale, variando continuamente nel tempo. Una luce così strutturata pe-netrerà nell’occhio in modo caotico e stimolerà le strutture recettoriali in modo “anarchico”, determinando l’insorgenza di abbagliamento, rifles-sione incontrollata e interferendo negativamente sulla discriminazione spaziale.Esistono particolari filtri, detti pola-rizzatori, che contengono al loro in-terno delle fibre conduttrici allineate tra loro. Detti filtri, quindi, permettono il passaggio soltanto delle radiazioni che vibrano su un piano ben definito, (parallelo all’orientamento delle fibre del polarizzatore) bloccando le altre componenti della radiazione inciden-te. In questo modo la luce incidente, non polarizzata, verrà trasformata all’uscita in luce polarizzata. Se in-vece la radiazione è già polarizzata passerà dal polarizzatore solo se lo stesso è orientato in modo opportu-

no (cioè con le fibre parallele al piano di vibrazione della luce incidente). In tal modo verrà eliminato il riverbe-ro delle superfici riflettenti quali ac-qua, neve o asfalto con conseguente riduzione dell’abbagliamento e miglio-ramento del contrasto (Figure 6, 7).I filtri polarizzatori possono essere ottenuti:– incorporati all’interno delle lenti

(costruite a sandwich) mediante diversi processi

– con un processo che stende una lamina polarizzante sulla superfi-cie della lente, solitamente quella esterna.

Le lenti con filtro polarizzante sono da considerarsi ottime lenti di pro-tezione solare in quanto associano l’effetto di protezione diminuendo la percentuale di luce trasmessa, con l’effetto di eliminazione dell’abbaglia-mento dovuto alla riflessione della luce. Questa seconda protezione in-fatti è tipica di questo modello di len-ti e non è esercitata da nessun altra lente a protezione solare.

Lenti a filtro bluLe radiazioni luminose (o luce visibile) sono solo una parte di tutte le radia-

FIGURA 6. Guida senza lenti polarizzanti FIGURA 7. Guida con lenti polarizzanti.

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zioni elettromagnetiche presenti in natura ed hanno una lunghezza d’on-da compresa tra i 400 nm (viola-blu) e i 780 nm (rosso).La luce blu rappresenta una parti-colare forma di radiazione elettro-magnetica, dello spettro del visibile, a corta lunghezza d’onda compresa tra i 430 nm e i 475 nm.La maggior parte delle fonti lumino-se emette luce blu (luce solare, lam-pade ad incandescenza, lampade ad arco, lampade fluorescenti, lampade a scarica in gas...).Da alcuni anni sono state immessi in commercio sistemi di illuminazione molto sofisticati e altamente efficien-ti quali i LED caratterizzati, principal-mente, da bassi consumi, basso vol-taggio, alta efficienza luminosa, oltre che ovviamente un costo contenuto.L’acronimo LED sta per “Light Emit-ting Diode”, ovvero “diodo che emet-te luce”, un dispositivo che sfrutta l’elettroluminescenza cioè la capaci-tà di alcuni materiali semiconduttori di emettere fotoni. I fotoni non sono prodotti dal surriscaldamento di un materiale, come avviene per i neon (dove a scaldarsi è un gas) o per le classiche lampadine a incandescen-za (dove è il filamento di tungsteno che raggiunge elevate temperature), bensì dal passaggio di corrente. Il chip semiconduttore contenuto nel siste-ma LED emette luce quando è attra-versato da corrente elettrica. Una bassa tensione elettrica applicata al chip attraverso i conduttori del LED causa l’eccitamento degli elettroni ad un certo livello energetico; poi gli elet-troni dopo essersi eccitati ritornano al loro stato originale non eccitato, emettendo luce. A seconda della natura del condutto-re, i LED potranno emettere luce gial-la (Fosfuro di Gallio-GAP), luce rossa o infrarossa (Arsenurio di Gallio- Al-

GaAs), luce verde (Alluminio di Gal-lio-GaAIP) oppure luce blu (Carburo di Silicio- SiC, con picco a 430 nm o Gallio Azoto- GaN, con picco a 470 nm).I LED sono presenti nei sistemi di il-luminazione ambientale, nei monitor PC, nei monitor TV, negli smartpho-ne, nei tablet e in molti sistemi mo-derni di illuminazione.Nei LED dei monitor PC, monitor TV, smartphone e tablet ci sarà una mi-scela di diversi semiconduttori, che daranno i caratteristici aspetti colo-rati al display, mentre nell’illumina-zione ambientale vi è una maggiore preponderanza dei semiconduttori emettenti luce blu a corta lunghezza d’onda.La letteratura scientifica più aggior-nata ha messo in evidenza una cor-relazione tra gli effetti della luce blu e l’occhio. Gli studi evidenziano l’indu-zione di uno stress ossidativo delle cellule dell’epitelio corneale quando sono irradiate da luce blu con con-seguente alterazione della superfi-cie oculare; tutto ciò è responsabile dell’aggravamento dei sintomi di di-sconfort oculare (secchezza, pesan-tezza, prurito e bruciore) già presenti in soggetti esposti all’uso di schermi di videoterminale per molte ore al giorno.Altri studi, inoltre, hanno ipotizzato un’interferenza sul ciclo sonno ve-glia in soggetti esposti alla luce blu in quanto l’effetto della radiazione visibile a corta lunghezza d’onda è alla base del processo, da parte del corpo umano della produzione della melatonina, ormone responsabile del corretto ciclo circadiano, cioè l’alter-nanza dei periodi di veglia e sonno. Un’esagerata esposizione a tali ra-diazioni, in particolare proprio attor-no a 460 – 470 nm. (la radiazione emessa dalle lampade LED a tona-

lità blu), produce un’alterazione del corretto ciclo sottoponendo l’indivi-duo ad un’eccessiva eccitazione con conseguenti disturbi del sonno. La luce LED a componente di lunghezza d’onda corta, tende infatti a far di-minuire la produzione di melatonina, che associata ad un uso eccessivo e quasi “ipnotico” dei mezzi di comuni-cazione digitale inibirebbe il bisogno di dormire, modificando il normale al-ternarsi del ritmo sonno-veglia. Passare pertanto molte ore, soprat-tutto quelle serali, utilizzando sistemi digitali, illuminati a led bianchi con prevalenza di emissione di radia-zioni luminose nel campo blu visibile, può produrre stati di irritabilità ed eccitazione con conseguenti di-sturbi nella regolarità del proprio ci-clo circadiano.Le risultanze scientifiche danno

quindi merito della necessità di una protezione dell’occhio non solo dal-la luce di tipo UV, soprattutto per i soggetti la cui attività lavorativa si svolge in ambienti all’aperto o dove sia presente una illuminazione for-zata di tipo artificiale, ma dalla com-ponente visibile della radiazione nel campo blu per tutti coloro che pas-sano lunghe ore collegati con stru-menti digitali.Tale protezione viene offerta da lenti:– che assorbono le radiazioni del

campo blu visibile fino a determi-nate lunghezze d’onda

– con filtro blu che incorporano un fotopigmento che, quando irradia-to dalla luce blu, si attiva donando una tonalità blu/violetta alla lente; ciò permette la schermatura delle radiazioni e ne impedisce l’intera-zione con le strutture oculari.

L’IPERMETROPIAE LA SUA CORREZIONE

OTTICALuigi Mele

Andrea Piantanida Mario Bifani

IL NUOVOMANUALE PRATICO

DI VISION CARE

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NEWS

I LABORATORI DEL CENTRO STUDI SALMORAGHI&VIGANÒ

Continua anche per il 2019 il programma dei Laboratori del Centro Studi su diverse città italiane con l’obbiettivo di informare il medico oculista su argomenti di grande attualità .

I temi scelti per l’anno in corso sono sulla presbiopia e sull’oftalmologia pediatrica. I laboratori del Centro Studi Salmoiraghi & Viganò costituiscono un vero e proprio road show itinerante che tra gennaio e dicembre toccherà circa 20 città.

Nella tabella a fianco i prossimi appuntamenti.

G IUGNO

SETTEMBRE

OTTOBRE

19GIU

18

3

16

22

23

10

SET

OTT

OTT

OTT

OTT

OTT

Sassari

Sirmione

Taormina

Roma

Bari

Lecce

Siena

25SET

RavennaPresbiopia e correzioni ottiche disponibili

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Oftalmologia pediatrica e correzioni ottiche disponibili

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www.centrostudisalmoiraghievigano.it/osservatorio-presbiopia/mission

LA NUOVA PIATTAFORMA SCIENTIFICADEL CENTRO STUDI SALMOIRAGHI & VIGANÒ

Sviluppare le migliori proposte di servizi ed aggiornamento professionale

e tecnologico destinati all’Oculista

Realizzare un completo range di informazioni per i pazienti