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La conoscenza nel piano del lavoro 9 novembre 2012

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La conoscenza nel piano del lavoro9 novembre 2012

Il piano del lavoro

documento in corso di elaborazione e aperto a contributi interni, in particolare delle strutture e delle categorie, ed esterni.

come il Piano del Lavoro della CGIL di Di Vittorio nel 1949 questo sarà un Piano del Lavoro per il paese e avrà come interlocutori i Governi e le Amministrazioni Territoriali, le forze politiche, le imprese.

Obiettivo Nuova e buona occupazione, in particolare per i

giovani e le donne

Evitare la recessione e fermare il declino

carattere strutturale della crisi e del modello neoliberista

causa principale crisi: gigantesco spostamento risorse dalla base ai vertici della piramide sociale (caduta domanda, indebitamento)

politiche: che agiscano non solo sulle conseguenze ma sulle cause strutturali che l’hanno determinata.

cambio di rotta nella politica economica e sociale europea e italiana: un nuovo progetto per lo sviluppo e l’innovazione

Analisi

Le scelte

eguaglianza (redistribuzione del reddito, mobilità sociale, discriminazione positiva) vs trickle down economics

qualità e diritti del lavoro vs svalutazione del lavoro, precarizzazione

economia reale vs finanziarizzazione economia

intervento pubblico vs privatizzazioni

welfare universale vs capitalismo compassionevole

Il fallimento di Lisbona

Subalternità alle politiche neoliberiste, insufficienza di politiche europee strutturali per raggiungere obiettivi, assenza di vincoli analoghi a quelli finanziari,

In Italia la destra populista ha puntato sul definanziamento, sulla destrutturazione e sulla residualità dei sistemi pubblici della conoscenza

Oltre il rigore…

Le attuali politiche esclusivamente rigoriste impediscono la ripresa e rischiano una nuova grande depressione.

Occorre un cambiamento radicale della politica economica e sociale europea: europeizzazione del debito sovrano regolazione attività finanziarie investimenti e politiche espansive redistribuzione dei redditi.

…per raggiungere obiettivi 2020

Occorre rilanciare politica europea della conoscenza con investimenti e politiche della formazione e della

ricerca strutturali e vincolanti connessi con politiche economiche e sociali che

mettano la centro l’economia reale, il lavoro, l’innovazione, la lotta alle disuguaglianze e la mobilità sociale.

Un progetto per l’Italia: le direttrici Investimenti pubblici per beni comuni, ambiente,

welfare

Sostegno pubblico a investimenti privati rispondenti a domanda sociale e nei settori strategici dell’economia

Potenziamento del sistema dell’istruzione e della ricerca

Redistribuzione del reddito: trasferimento di risorse dalle rendite agli investimenti (patrimoniale, lotta all’evasione fiscale, contrattazione)

Un progetto per l’Italia: la conoscenza

superamento del deficit italiano in formazione e ricerca

investimenti nella conoscenza e riforme ricostruttive dei sistemi della conoscenza

interazione tra sistema formativo e sistema produttivo

Il deficit formativo italiano

Livelli di istruzione della popolazione attiva

Dispersione scolastica

Laureati

Adulti in formazione

Deficit di ricerca: pochi ricercatori pubblici…

… e ancor meno privati

… le conseguenze sono inevitabili…

…l’innovazione langue…

…si arretra nella divisione internazionale del lavoro

Non è più tempo di cacciavite e oliature Le politiche demolitive dei sistemi pubblici della

conoscenza attuate dalla destra e non corrette dal governo dei tecnici hanno minato alla base il modello inclusivo della scuola pubblica prevista dalla Costituzione: non diminuisce la dispersione arretrano le iscrizioni all’università diminuiscono gli adulti in formazione

Occorrono interventi radicali di ricostruzione della basi inclusive dei sistemi di istruzione e un forte impulso allo sviluppo qualitativo dell’offerta

Oltre l’ideologia del mercato Nelle politiche formative il mercato fallisce:

polarizzazione dell’offerta formativa

Mercato e simulazioni del mercato escludono la domanda debole: autoesclusione, domanda latente e inespressa

Il ritardo italiano nell’economia della conoscenza non dipendono dalla rigidità dell’offerta (mismatch) ma dall’arretratezza del sistema produttivo

…i giovani sono choosy…

…i sistemi formativi sono centrati sull’offerta… Insoddisfatta la domanda di competenze delle

imprese

Mancano i tecnici

Mancano i laureati scientifici e tecnologici

…oppure il problema è nel sistema economico… Il problema non è nell’offerta di lavoro, ma nella

domanda di lavoro qualificato insufficiente e inferiore a quella della media europea e ocse.

Il mercato del lavoro è lo specchio di un tessuto produttivo debole e arretrato

Questa è l’origine del circolo vizioso del declino per arrestare i quale occorre intervenire senza politiche dei due tempi

… una valanga di dati Composizione della forza di lavoro

AlmaLaurea: abbiamo meno giovani e meno laureati e il sistema produttivo italiano ne assorbe molti meno, con fatica, li precarizza di più e li paga molto meno

Investimenti in ricerca: meno della metà della media europea, deficitario soprattutto l’investimento privato

Formazione dei lavoratori: metà della media europea

Incidenza degli occupati nelle professioni più qualificate

Popolazione diciannovenne italiana

Laureati 25-34 anni

Tasso occupazione laureati a 5 anni

Tasso occupazione laureati a 1 anno

Guadagno mensile netto a 1 anno

Guadagno mensile netto a 5 anni

Investimenti imprese in R&S

I limiti strutturali del sistema produttivo italiano Ridotte dimensioni della maggioranza delle

imprese prive della massa critica necessaria per investire in formazione e ricerca

Prevalenza delle specializzazioni produttive mature, imprese italiane, salvo rari casi, non sono entrate nei nuovi settori high tech e ad alto valore aggiunto

Persa la svalutazione competitiva con l’ingresso nell’euro ha inutilmente inseguito la competizione da costi

Politica industriale e lavoro buono Promuovere politiche economiche complessive

e mirate

La crescita del PIL e della produttività degli investimenti è direttamente proporzionale alla spesa in ricerca e sviluppo

Occorre una politica industriale che orienti, incentivi, sostenga le imprese ad aggregarsi e mettersi in rete, a crescere dimensionalmente, a riposizionarsi su qualità e innovazione

Quali politiche della conoscenza Innalzamento livelli di istruzione: inclusione e

qualità

Apprendimento permanente

Interazione tra sistema della conoscenza e sistema produttivo

Obbligo a 18: perchè

Società della conoscenza

Allungamento della vita

Apprendimento permanente

Per evitare l’eterogenesi dei fini Ampliamento dei nidi e ricostruzione dei modelli

di qualità della scuola dell’infanzia e primaria;

Superare discontinuità negative e segmentazioni, continuità educativa e verticalità curricoli

Scelta del secondo ciclo di istruzione sulla base delle diverse intelligenze e dalle potenzialità individuali e non soprattutto dalle caratteristiche dell’ambiente familiare

Per evitare l’eterogenesi dei fini Assicurare uno step triennale di qualifica

professionale

Ridefinire l’età di accesso al lavoro e l’apprendistato 16-18 anni

Far coincidere la conclusione del percorso obbligatorio certificazione finale delle competenze

Valorizzazione progetti di contrasto della dispersione scolastica del Piano di Azione e Coesione Obiettivo Istruzione

Diritto all’apprendimento permanente Non basta la formazione iniziale: innalzare le

competenze della popolazione attiva

Rimuovere ostacoli economici e di tempo all’accesso

Costruire i sistemi integrati territoriali: integrazione risorse, regia coordinata, programmazione, analisi fabbisogni, informazione, orientamento, certificazione, standard qualità offerta

Certificare le competenze comunque acquisite e fondare sulle competenze tutti i percorsi formativi

I costi dei bassi livelli di istruzione Riportando i dati dell’indagine IsfolPlus 2006

all’universo, nel 2006 si registrano 12 631 284 adulti in età compresa tra 25 e 64 anni che hanno al massimo conseguito la licenza media.

Il loro tasso di occupazione è pari al 67%, di ben 14 punti percentuali inferiore a quello dei loro coetanei con diploma di scuola secondaria o laurea.

Se si riuscisse a portare l’intera popolazione italiana al diploma, si produrrebbe un incremento di occupazione di circa 1.3 milioni di occupati aggiuntivi, pari al 6.3% dell’occupazione esistente.

I costi dei bassi livelli di istruzione Penalizzazione reddituale associata alla bassa

scolarità: 17.2% rispetto ai loro coetanei con titoli di studio secondari o universitari.

Reddito medio per il primo gruppo è di 21511 euro e quello del secondo è di 25040 euro: se si diplomano: innalzamento reddituale pro-capite pari a 4306 euro annui.

Se i quasi 8.5 milioni di occupati senza titoli secondari si diplomassero si raggiungerebbe la ragguardevole cifra di 36.5 miliardi di euro, cui andrebbe sommato il reddito dei nuovi occupati: guadagno potenziale di 70.7 miliardi di euro per anno, pari a circa il 4% del PIL corrispondente. (da elaborazione Daniele Checchi)

Quale rapporto con il sistema produttivo Strategia del’eccedenza dell’offerta ci

conoscenze e competenze

Evitare la subalternità: libertà e autonomia per creatività, innovazione,qualità, flessibilità mentale

Promuovere interazione a sostegno dell’innovazione

Quale interazione Come: sedi stabili livello territoriale specializzate: settoriali, intersettoriali, filiera, distretto integrazione delle risorse e dell’offerta coordinamento e programmazione in relazione a

piani di sviluppo locale Interfaccia tra imprese, università, enti di ricerca

Chi: intera filiera formativa tecnica e professionale e della ricerca applicata

Regia: enti locali e parti sociali

Quale interazione Analisi fabbisogni competenze in previsione

Formazione continua e apprendisti

Formazione iniziale in integrazione con scuola, alternanza, formazione professionale post obbligo

Istruzione e formazione tecnica superiore

Piani di formazione NEET e disoccupati

Servizi di orientamento, bilanci competenze, accompagnamento, certificazione

Spiritual guidance

“Io credo di essere rappresentativo di quegli strati profondi delle masse popolari più umili e più povere che aspirano alla cultura, che si sforzano di studiare e cercano di raggiungere quel grado di sapere che permetta loro non solo di assicurare la propria elevazione come persone singole, di sviluppare la propria personalità, ma di conquistarsi quella condizione che conferisce alle masse più popolari un senso più elevato della propria funzione sociale, della propria dignità nazionale e umana” (intervento al secondo Congresso della Cultura popolare a Bologna nel 1953)