La Comar, agnosine,

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1 La Comar La vita di Caterina Amolini Comune di Agnosine

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La Comar copertina agnosine

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La ComarLa vita di Caterina Amolini

Comune di Agnosine

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Le pagine che seguono formano un archivio di un passato recente che, per almeno due generazioni, si mescola con la memoria del vis-suto e parlano, tramite i protagonisti, di tante vicende umane. Sono brani, ricordi e testimonianze che ci costringono a rileggere, a rive-dere le nostre vite con lo sguardo del presente e con l’immediatezza del trasporto umano che lega ogni nascita alla vita.

Non potevamo aspettare oltre per dare corpo a questo volume e

di questo ringrazio i miei collaboratori, amici e soprattutto Rosalba Francinelli che con tenacia e pazienza ha raccolto il materiale e le testimonianze di tanti concittadini.

Anche a loro voglio dire grazie per le belle parole rivolte alla no-stra levatrice storica, la signora Caterina Amolini in Viani, per tutti noi affettuosamente chiamata la Comar: una delle più umili e nobili figlie della Conca d’Oro e di Agnosine.

Il Sindaco

Giorgio Bontempi

Coordinamento editorialeDaniele Comini, Rosalba Francinelli,Ubaldo Vallini In copertinaBattesimo di Franco Saottini, 1957

Hanno collaboratoFlavio Casali, Andrea Codurri Finito di stampare presso laTipografia Vobarnese (Brescia)Nel mese di maggio 2009ISBN 978-88-7075-083-6 © Comune di Agnosine, 2009

Comune di AgnosineIl Sindaco, Giorgio Bontempi

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Faceva un caldo bestiale quel giorno d’estate da cui sono passati tanti anni. Quasi cento.

Le stagioni a quel tempo erano vere e c’erano tutte e quattro.Tutto è iniziato in un gruppo di case in un paesino delle nostre

zone, disposte a corte: sei case, una attaccata all’altra con al centro un cortile comune dove giocavano i bambini della piccola comuni-tà. Quel giorno i bambini erano stati mandati a giocare da un’altra parte. Facevano troppo rumore.

In una camera con il pavimento ed il soffitto di assi nascevano due sorelle. Due in più di una famiglia già numerosa. Come tutte del resto. Due gemelle. Una di corporatura normale e l’altra mol-to più minuta. Il destino però fa cose bizzarre, o forse è la natura che decide. La più piccina ha una tempra esageratamente forte ed è quella che sopravvive . La medicina di allora era quel che era. Pas-sano gli anni e la bambina cresce insieme ai fratelli ed alle sorelle più grandi.

Fisicamente però fatica più degli altri. Per lei è molto gravoso aiutare i genitori, soprattutto il padre che essendo proprietario di vasti terreni aveva bisogno di braccia forti per trasportare mate-riale pesante. Nei lavori di casa la piccola dava tutto il suo aiuto alla mamma a cui voleva un bene immenso.

La mamma gestiva una bottega dove si vendeva di tutto: sale, fa-rina, zucchero e tutto il resto venivano trasportati su una bicicletta che aveva un portapacchi anteriore ed uno posteriore.

Compito della nostra protagonista era quello di fare la spola tra i magazzini di distribuzione e la bottega di famiglia. I carichi erano anche di ottanta chili. Le strade non erano asfaltate ed il tempo non sempre bello.. ed i chilometri erano tanti.

I viaggi dovevano essere fatti tutto l’anno. Che fatica!

Vi raccontiamo una storia.La storia di una vita normale, di una persona normale: casa, famiglia, sacrifici e anche soddisfazioni.Lavoro, tanto lavoro che rubava tempo a tutto il resto: faccende domestiche fatte di notte, affetto dato al marito ed ai figli, tanto affetto, forse a volte troppo, ma concentrato, dato il poco tempo.

Foto di famiglia 1961

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Comunque nè la contadina nè la casalinga la soddisfacevano come idea per il suo futuro.

Con una decisione coraggiosa, non appena è diventata signorina, la futura Comar decide di lasciare il paesello per andare in una grande città, lontana centinaia di chilometri, per studiare ed impa-rare una nuova professione.

Una tale decisione, quel tempo, non era cosa da poco. Oggi fa sorridere, ma viaggiare da soli nelle nostre valli richiedeva tanto tempo e soprattutto coraggio. I mezzi di trasporto erano rari.

Si usava la bicicletta, il tram o qualche mezzo di fortuna, per esempio un camion o un carretto, o come ultima e frequente risorsa “si andava a piedi”.

Torniamo però alla nostra protagonista. La ragazza si sente di-sponibile verso il prossimo, è attirata dalla professione medica; de-cide di iscriversi a Milano, ai tempi unica sede, alla scuola di ostetri-cia, alloggia in un convitto di suore e svolge il tirocinio in ospedale che a quel tempo era forse peggio che essere arruolati nell’esercito. Di giorno si studia e di notte si fa pratica.

Un brutto giorno arriva la guerra.Oltre alle normali difficoltà dell’epoca, aggravate soprattutto

dall’ignoranza e dalla povertà, tutto diventa più difficile. Tutto scarseggia, il cibo viene razionato, le medicine mancano e non si sa più se la prossima incursione di bombardieri aerei ti permetterà di vedere un’altra volta il cielo.

Passano gli anni e la signorina diventa donna, termina la scuola, diventa ostetrica e lavora in ospedale, mentre le bombe continuano a cadere. La fede che sempre l’ha accompagnata la sostiene anche quando decide di non usare i rifugi per ripararsi durante le incur-sioni dei bombardieri nemici.

Ogni tre o quattro mesi torna a casa dai genitori, le colonne di camion che trasportano merci sono un’ ottima occasione per “scroc-care” un passaggio. Finalmente la guerra finisce e tuttolentamente torna alla normalità. L’ospedale di Brescia diventa la sua nuova sede di lavoro. In quei primi momenti sono le sorelle, le cugine e le parenti ad essere le “cavie” di un apprendistato che è destinato a diventare una professione lunga più di sessant’ anni.

Il lavoro a contatto con le persone è quello che più desidera.Un grosso centro vicino alla città diventa la sua sede ‘condotta’

e, prima la bicicletta, dopo il motorino, la nostra Comar scorazza imperterrita, sempre insieme alla borsa di pelle nera piena ti tantis-sime medicine di ogni tipo. Tanto è l’affetto verso la sua borsa che

ancora oggi è custodita in un armadio di casa.

Conosce un giovanotto che lavora in una fabbrica vicino al pae-se dei suoi genitori. Anche lui ne aveva viste delle belle. La guerra l’aveva vissuta da molto vicino: prima al fronte francese, poi in Gre-cia e per finire in un campo di prigionia in Africa. Sette anni della sua vita che imprimono l’essenza del valore della vita, dandogli la capacità di distinguere e dare peso alle cose che contano realmente. Esperienza che lo accompagnerà fino all’ ultimo.

All’inizio di giugno del 1951 viene celebrato il loro matrimonio nella piccola chiesa di Agnosine ed il pranzo avviene nella casa di lui distante una decina di chilometri. Cerimonia e festeggiamenti sono accompagnati da un gran temporale…

“Sposa bagnata sposa fortunata..” già si diceva allora. Il tempo passa e dopo quasi cinque anni ecco la possibilità di poter eserci-tare la professione in un paesino più vicino alla casa dei genitori ed anche alla ferriera dove lavora il marito.

E’ il 1955 e finalmente Agnosine diventa la nuova condotta… di cui oggi possono parlarne tutti i suoi abitanti.

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Grazie mamma.

Vorremmo far sapere alla mamma quanto è stata importante e quanto abbia inciso sul nostro futuro.Collaborare a quest’idea non poteva che renderci felici vedere come tan-te persone l’hanno apprezzata ne è in un certo qual modo ringraziata.Il tempo non ha cancellato il suo sorriso che cela il dolore e gli acciacchi dell’età. Mamma è ancora una presenza fantastica, ancora sorgente di grandi valori, ricca di pensieri semplici e sinceri; gli anni hanno offu-scato quella sicurezza e giustamente, vista la veneranda età, non riesce a tenere il passo con la frenesia della vita di oggi.Si rende conto di non avere la cultura, come dice lei, per la modernità, ma conserva inalterata la bontà e l’amore per la vita.Ringraziamo Dio per averci dato una maestra di vita e ringraziamo lei e mio padre per averci dato l’esistenza.Non nascondiamo un certo rigore nell’educazione, come lei riteneva giu-sto. È quasi sempre stata il perno delle nostre decisioni; anche quando non comprendeva o non approvava è comunque stata comprensiva, una complice.Non avremmo voluto avere una mamma diversa, anche se quando era-vamo piccoli a volte non c’era, ma era eccezionale e non ci ha mai fatto mancare il suo affetto.Non ci siamo mai sentiti trascurati anche quando non era presente. Ave-vamo l’amore del papà, molto comprensivo, oltre a quello della tata.Emergere a quei tempi per una donna era difficile, ma lei c’era riuscita. Avrà sacrificato sicuramente amicizie e svago, ma siamo sicuri che anche lei non ha pentimenti o rimpianti.E’ stata una grande guida, ci ha trasmesso i suoi valori, ci ha dato il suo appoggio e coraggio nei momenti più delicati… Grazie. E’ stata il nostro ieri ed è tuttora il nostro presente e il nostro sempre.

Gianmario e Mauro Viani*

Da sinistra, Caterina a circa 2 anni vicina ai nonni e a papà Giovanni e mamma Annunciata

* Quello che segue ci è stato raccontato. Noi che da vicino abbiamo visto e condiviso tanti momenti di gioia e di preoccu-pazioni, desideravamo forse avere come tanti altri bambini una mamma un po’ meno impegnata. Oggi, sentendo l’af-fetto e la riconoscenza che la gente di Agnosine le manifesta continuamente, ci sentiamo ripagati di tutto ed orgogliosi di questa “siura comar”.

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A donna “cicogna” dei bimbi

Sono nata in Valsabbia nel 1921, a Clibbio, frazione di Sabbio Chie-se, da una famiglia numerosa, contadina. La vita di campagna, a differenza dei miei fratelli, non faceva per me.Finita la scuola superiore dalle suore Orsoline a Gavardo ho do-vuto trasferirmi a Milano all’Università per conseguire il diploma parauniversitario di ostetrica.Non sono troppo amante dei cambiamenti bruschi ma sono sempre stata fiduciosa ad accettarli per gradi. Studiare a Milano in tempo di guerra non è stato facile per una ragazza ventenne, lontana da casa, ma con fede, coraggio e fortuna ottenni il diploma il 2 giugno 1947.Ho poi trascorso un periodo come strumentaria in sala operatoria all’ospedale civile di Brescia, ai tempi in via Moretto. Successi-vamente ho svolto un interinato a Rezzato fino ad arrivare alla condotta di Agnosine nel 1955.In quel periodo si era all’inizio della ripresa economica anche nella nostra zona e la fabbrica Reguitti ne è stata il pezzo forte trainan-te; c’era un medico consorziale con Bione e nessun presidio oltre al lontano ospedale. A quel tempo Agnosine era un piccolo paese, con pochi punti telefo-nici, qualche rara vettura, le strade asfaltate erano praticamente inesistenti, qualche ciottolato nel migliore dei casi.La distanza con le frazioni e campagne sembrava infinita. Binza-go, S.Andrea, i fondi con le case sparse non avevano neppure col-legamenti; a volte erano veri e propri sentieri dove anche con la moto si faticava ad avanzare, se la stagione era buona, altrimenti gambe in spalla.Numerosi erano i sacrifici e le fatiche del lavoro senza orari di ser-vizio (24 ore 7 giorni su 7), oggi non comprensibili.Quasi tutti i parti erano a casa nel proprio letto e se presentavano difficoltà arrivava il medico, ma quasi mai si ricorreva all’ospedale.Ad Agnosine non c’era la farmacia e la piu vicina era a Preseglie;

Ho pensato spesso di rivolgerle un particolare ringraziamento. Stavolta non mi limito al solo pensiero: voglio rendere pubblico un mio sentimento, un grazie da Rosalba che molti di voi condivideranno.Questo è il mio semplice scritto, risponde alla realtà trascurando forse alcuni particolari per la doverosa discrezione.Il mio desiderio è presentare questa umile persona “Caterina detta siu-ra Rina o comar” nei tempi passati tra la gente del nostro paese, come espressione di vita vissuta in prima persona senza alterare i sentimenti di nessuno.Mi sono recata una sera di questi giorni a casa sua, come dicono in molti, ed anche lei ha ricordato simpaticamente la casa della cicogna dei bam-bini.Mi ha accolto con un abbraccio caloroso, di vera amicizia, un sorriso che mi ha fatto capire di essere un ospite molto gradito, regole fondamentali che dovremmo imparare tutti e scolpire nel cuore.Inaspettatamente contenta e confusa ha conversato per lungo tempo, poi ha detto che avrebbe scritto una piccola autobiografia con accenni al suo pensiero e sentimento.Data l’età non si sentiva all’altezza di qualcosa di più impegnativo anche perché ci sarebbero tante persone ed episodi degni di nota e la mole di lavoro non sarebbe stata di poco conto, inoltre non sembrava il caso di entrare in dettagli personali e riservati che potrebbero anche risultare sgraditi.Questo scritto mi è stato consegnato quasi come un piccolo racconto da sistemare; mi è talmente piaciuto che così lo ripropongo intatto a voi cari cittadini, talmente denso di significati e valori da far riflettere.Anche nelle cose passate possiamo trovare impressioni e sentimenti che non passano di moda.

RosalbaFrancinelli

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oltre ai farmaci in mia dotazione e quelli del medico potevamo con-tare su un piccolo armadio farmaceutico dalle suore.Arrivarono gli anni 60 e 2 figli; si fa sentire il peso della famiglia e per continuare al meglio sono ricorsa ad una collaborarice do-mestica, che molti avranno conosciuto, la ricordo con piacere e affetto, visto che è rimasta in famiglia per 12 anni.Aumentò il benessere e ad Agnosine aprì la farmacia, ci fu il telefo-no in molte case, insieme a televisione, lavatrice ed altri elettrodo-mestici, aumentarono le vetture e le motociclette; anch’io presi la patente perchè allargai il servizio al comune di Bione.Gli anni ‘70 furono i più belli della carriera e i più comodi. Il lavoro cambia, al passo coi tempi. Arrivano i ginecologi con consultori, ed i pap-testtamponi che hanno salvato molte vite; arrivano anche i consultori pediatrici e le visite scolastiche, le vaccinazioni; assumo anche la mansione di assistente sanitaria oltre ad Agnosine e Bio-ne, nel comune di Roè Volciano.Ricordo i registri, i cartellini scritti per ore ed ore, le ricerche, la catalogazione, tutto scritto a mano. Non c’era il computer che avrebbe fatto miracoli nella tempistica.Negli anni ‘80 sono in continuo aumento i ginecologi, gli ambulatori e tutti i parti avvengono in ambiente ospedaliero; anch’io termino la mia carriera in sala parto ed in corsia all’ospedale di Gavardo nel 1986, senza però mai abbandonare completamente il servizio sul territorio. Iniziai allora la libera professione, sempre pronta per aiuti, consigli ed altro.

La professione dell’ostetrica è una delle professioni femminili più antiche al mondo, dove il sapere tra donne era tramandato da una generazione all’altra.Io sono ricordata come la levatrice o addirittura “comar’’: non ho gestito solo il parto ma anche la gravidanza ed il postpartum aiu-tando le mamme a gestire il piccolo anche oltre l’anno.La nascita è il rito più antico del mondo; è fondamentalmente un rito femminile. Gli uomini hanno avuto un ruolo di partecipazione, anche se non sempre responsabile.Una volta i metodi anticoncezionali non si conoscevano, molte gra-vidanze erano indesiderate, mancavano soldi e spesso le future mamme erano soggiogate da mariti e suocere, ho anche avuto un ruolo di aiuto psicologico: una donna dalla parte delle donne. Quando ero giovane le donne ricoprivano pochi ruoli nella società: sottolinea che questi miei pensieri sono senza sfondo politico. Se ci fossero state le femministe mi avrebbero elogiato e premiato ma non le avevano ancora inventate.

Ogni nascita è sacra. Penso che un’ostetrica debba credere forte-mente in quell’energia con cui ha quotidianamente a che fare. La preparazione, l’aggiornamento, l’amore, la compassione, la vi-sione spirituale: sono i più importanti strumenti di lavoro.

Ho avuto l’onore di accompagnare tanti bebè al fonte battesimale. Era in uso che l’ostetrica affiancasse il sacerdote quasi fosse un chierichetto. L’ostetrica deve sapere, saper fare e far sapere ma anche saper essere, coerente con un proprio modello di vita, tenen-do ben saldi alcuni principi e valori.Questi valori i nostri giovani credo non li abbiano persi, ma sem-plicemente dimenticati; o forse non li abbiamo loro ricordati a suf-ficienza.Mentre passo in rassegna gli anni della professione tornano in men-te momenti allegri e tristi. Il più bello è aver visto generazioni nate tra le mie braccia; l’incontro con ogni singola donna o coppia mi ha donato conoscenza ed emozioni da poter scriverci un libro.

Credo profondamente che fare l’ostetrica fosse nel mio destino; sento che ognuno di noi sceglie consciamente o inconsciamente il lavoro di cui ha bisogno per crescere.Sono stata una donna come tutte le altre con le stesse voglie, pregi, difetti di tante mogli, con un proprio carattere discutibile. Anch’io, come tutti, ho trascorso momenti felici e tristi, affrontato malattie. Ho sempre avuto rispetto per la vita sotto tutti gli aspetti e forse per questo la mia vita è durata tanto a lungo.

Caterina da giovane

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Ora vorrei raccontare un mio fatto personale. Appena nata, la pri-ma persona che mi ha accolto tra le braccia fu la signora Rina.Disse che ero una bella bambina e siccome piansi tanto ma tanto aggiunse “vuole gridare al mondo intero tutta la voglia di vivere e ringraziare Dio, mamma e papà.”Rina cominciò a seguire mia mamma dal secondo al settimo figlio, anche nei momenti tristi era vicina, come quando sono venute a mancare le mie due sorelline Nadia e Valentina.Caterina era ormai di famiglia, con le sue cure ed il suo affetto ras-sicurava i miei genitori che in quel periodo erano gravati da tante fatiche.Ricordo anche che gradiva un buon caffè, era un modo per soste-nere la giornata, diceva, ma soprattutto per socializzare. In quei momenti si trasformava da ostetrica a mamma, psicologa e amica con semplicità e chiarezza; entrava nel cuore e nella mente delle persone con tanta facilità ed in modo intelligente, trovava le parole giuste risolvendo o attenuando situazioni a volte pietose e strazianti, infondendo un po’ di tranquillità.La nascita di un bambino doveva essere sempre al primo posto e lei era sempre pronta ad un aiuto anche quando mancavano le risorse, mettendo spirito di fede e questo la rendeva ancora più donna. Spiritualmente Rina era affiancata da Don Enrico Zanetti, un’altra importante figura della mia infanzia, e dell’adolescenza. Un grande Parroco. Non dimenticherò mai, grazie anche al medico condotto di quel tempo, Oddone Grazioli, la cooperazione costante con la po-polazione; amicizia e rispetto erano per Rina un grande punto di riferimento.Il dottore e l’ostetrica avevano intuito in me un talento di artista e mi hanno seguito con amore e dedizione profonda; un incoraggiamento che forse non ho sfruttato a sufficienza perchè le risorse di allora non lo permettevano.

Muoversi a quel tempo, giorno e notte, tra intemperie e neve, tra campi, strade e mulattiere, era un bel sacrificio; i pericoli erano mol-ti, ma lei viaggiava con spirito di fede e quando si trovava in diffi-coltà diceva “Che Dio mi aiuti”!!Caterina aveva anche la propria famiglia con due figli da accudire. Ciononostante è riuscita a portare avanti tutto con tenacia e forza di vera donna, senza trascurare nè famiglia nè lavoro sempre dato il meglio di sè.Non ho nessun rimpianto, pur consapevole che si può sbagliare a fin di bene e queste parole devono esortarci alla comprensione.E’ giusto farsi un giudizio personale sul passato, ma non si dovreb-

bero giudicare le persone in quanto nella vita tutti sbagliamo. Sem-pre però abbiamo la possibilità di riscattarci, rimediando con buona volontà agli sbagli fatti. Con questo spirito Caterina era riuscita a conquistarsi stima e rispetto.Anche per questo motivo la ritengo una donna eccellente che ho avu-to l’onore di conoscere e tutti noi dovremmo essere fieri di averla avuta ad Agnosine, non solo per quello che ha fatto fisicamente ma per quello che ha saputo trasmettere con la sua semplicità legata a sani principi che dovrebbero essere utili ai nostri figli.

A proposito di figli... Ho due figli, Francesca e Angelo, ed un altro l’ho perso ancora in grembo. Anche in questi momenti Caterina mi è stata vicina e, una volta ancora dal profondo del mio cuore, la ringrazio perchè la perdita di un figlio, seppur non dato alla luce, è molto dolorosa. Lei mi ha dato il coraggio di reagire e guardare ancora avanti.La sua vita la paragono ad un quadro di valore, per le esperienze provate tra noi. Mi disse che non si può vivere senza passato e si deve guardare al futuro trascorrendo il presente con ottimismo. Un giudizio lo si può cambiare, tanto più se si conoscono i fatti e le persone, imparando ad accettarle.Mi ha insegnato che non si è solo negativi o positivi: ci possono es-sere altri aspetti e sfumature intermedie da ricercare. In ognuno ci sarà dunque almeno una buona qualità.

Tutta la famIglia di Caterina in occasione della visita del fratello Giuseppe arrivato dall’Argentina, 1950

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Ho imparato da lei a parlare con la gente. A volte non si parla per-chè si è curiosi di sapere semplicemente le cose altrui, ma per sapere chi stà bene o male, chi bisogna far ridere e chi purtroppo piange ed ha bisogno di essere ascoltato, capito e consolato.

Caterina ha lavorato con determinazione e trasparenza, forse ri-sultando ancora più semplice, brillante, pura rispetto a quello che appare in realtà. E’ sempre stata vicina alle giovani madri, in quei tempi difficili in cui c’era poco o forse niente. Riusciva a non far sentir sole queste donne, migliorando le situazioni più difficili, pro-prio come recitava una nota canzone “si può fare e dare di più senza essere eroi”.In anni di diffusa povertà, tramite il consultorio, ha donato indu-menti per una nascita decorosa, portando latte in polvere a chi non poteva allattare, spesso senza neppure ricevere un grazie.Ancora oggi sento che ha ancora qualcosa da trasmettere. Mentre le faccio domande lei ascolta e risponde con un sorriso, dietro il clas-sico rossetto di cui, nonostante gli acciacchi della sua bella età va orgogliosa e giustamente.Lei offre a tutti un bene profondo, forte di un’interiorità ricca di valori altruisti che verranno rivalutati nel tempo.Voglio ancora sottolineare la particolarità delle sue parole. Nel col-loquio - intervista non ha nominato persone per non dimenticarne altre, non ha fatto riferimenti politici; anche quando parla della forza della fede, non fa riferimenti nè a Dio ne alla Chiesa, lascia

alla nostra sensibilità e al rispet-to altrui trovare valori che diano alla vita quella necessaria sereni-tà anche nei momenti difficili.

Il fascino discreto delle semplici parole deve far riflettere, dare un senso alla propria esistenza e ricordare che la nostra libertà fi-nisce quando limita o viene meno per un’altro membro della comu-nità.Questo lavoro di raccolta non è stato semplice ma mi ha dato una carica di energia positiva, forse perchè è scaturito dall’anima, perchè l’ho fatto volentieri, per-chè mi ha fatto pensare e parlare con le persone.

Concludo, ricordando che la sua presenza era silenziosa, ma capa-ce di trasmettere fiducia e sereni-tà, ascoltava e intuiva i bisogni altrui animata dallo spirito di fede. Non aggiungo altro, se non un doveroso grazie per il suo ope-rato di ostetrica e di aiuto per il nostro meraviglioso paese.

Caterina da giovaneFamiglie di Caterina Amolini

Caterina da giovane

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Chiesa di Clibbio: cinquantesimo anniversario matrimonio genitori con la numerosa famiglia, 1951La famiglia allargata, 1999

Ritorna lo zio Giovanni dall’America, 1969

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Caterina Amolini con una collega in ospedale a Gavardo alcuni giorni prima della pensione

Battesimo di Angelo Lossi, Luglio 1989 don Rinaldo, la madrina Reguitti Lidia, il padrino Corrado Lossi

Come detto in precedenza, il Natale con la rappresentazione sacra della natività mi aveva ispirato quest’idea: avendo un bel ricordo della signora Rina volevo scrivere qualcosa da proporre alla gente, sicura che molti avrebbero approvato e apprezzato.Un giorno, seduta accanto al focolare mentre osservavo scendere la neve mi incantai ed i pensieri tornarono al passato, a cosa e come potevo fare, poi un’idea balenò nella mente, perchè scrivere da sola e non coinvolgere altre persone.Fu così che parlai al Sindaco, Giorgio Bontempi, molto sensibile ver-so la sua gente, per un consiglio e lui mi disse di provare a raccoglie-re materiale per il piccolo libro.Mi attivai con felicità ed entusiasmo ed ora, nuovamente vicino al focolare, guardo dalla finestra mentre sistemo il materiale raccolto, è un giorno triste e malinconico, ma il mio cuore piange di gioia.Ho girato di casa in casa come faceva la cara Rina, dove pensavo potessero aiutarmi, senza dare troppe spiegazioni per non rovinare l’effetto sorpresa. Ho dovuto ridimensionare le visite, data la mole di materiale anche molto simile, per non essere troppo ripetitiva.Vorrei ringraziare tutti coloro che si sono prestati alla realizzazione fornendo materiali preziosi senza i quali ce l’avrei fatta, ed i miei collaboratori più assidui (mio figlio Angelo e il figlio di Caterina, Gianmario); un grazie profondo anche al Sindaco per avermi dato l’opportunità di esprimere semplici opinioni e apprezzare i pensieri altrui.

FrancinelliRosalba

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Parlare del’ostetrica Caterina Amolini, la "siura" per antonomasia é come tracciare la storia della medicina italiana dal dopoguerra ad oggi, é come parlare dell'evoluzione tra la medicina "antica" e la medi-cina "moderna"ad Agnosine.Negli anni '50, le figure sanitarie che presidiavano il territorio erano l'ostetrica e il medico, entrambi condotti.Giá nel termine "condotto" si rileva qualcosa di vagamente coercitivo: entrambi erano costretti a risiedere nel comune dove operavano, a conferma dello strettissimo connubio tra le loro figure professionali e la salute pubblica, reperibili giorno e notte, sabato e domenica, unico vero presidio sanitario.Nella fattispecie, l'ostetrica era la signora Amolini Viani, il medico condotto il dr. Oddone Grazioli. Facevano tutto!!Curavano i malati, eseguivano le vaccinazioni, tra cui la mitica vacci-nazione antivaiolo, che provocava le antiestetiche "varöle" sulle spalle, controllavano gli esercizi pubblici, intervenivano nei casi più dram-matici della vita, portavano assistenza anche spirituale agli anziani e ai malati gravi, avevano in carico la medicina scolastica e quella di fabbrica, partecipavano attivamente alle feste paesane, ai battesimi, ai matrimoni, seguivano le gravidanze, aiutavano i bambini a nascere a domicilio, curavano la crescita dei nuovi nati, accompagnavano i malati alla morte e, spesso, ricevevano come ricompensa uova, polli e salame.Gli specialisti e gli ospedali esistevano, in cittá, ma erano consultati raramente e solo in caso di estrema necessitá. Tutto era fatto in paese! Quando sono intervenuto io, nell' ottobre 1976, le cose stavano giá cambiando. I bambini nascevano, seppur da poco, in ospedale, e la signora Rina, seppur privata della sua funzione primaria (nella qua-le era, a detta di tutti, bravissima), continuava, imperterrita, la sua funzione sociosanitaria e io, giovane medico condotto insieme a lei, in stretta collaborazione, per anni abbiamo svolto mansioni che ora fanno capo a decine di operatori.Le donne gravide, le puerpere e i neonati hanno trovato in lei un rife-

Dott. Giuseppe Formenti

rimento insostituibile; sotto la sua guida, centinaia di mamme hanno partorito serenamente e quasi tutti coloro che mi stanno leggendo, ex bambini allattati al seno, sono cresciuti sani e forti.Poi, poco a poco, hanno preso il sopravvento specialisti, esami, accer-tamenti di ogni tipo, paure, ansie, parti cesarei, latte in polvere, anti-biotici, aerosol, vaccinazioni a chili, allergie, che hanno modernizzato la medicina, trasformando il malato da "persona" a "caso clinico", il calore umano e la memoria in un computer superefficiente.La signora, e io con lei, abbiamo vissuto questa rivoluzione, quasi senza rendercene conto, a contatto con la gente, con i grandi e i piccoli problemi e così, complice anche l'ineluttabile trascorrere del tempo, le nostre capacità cliniche sono state messe al servizio di tac e risonan-ze magnetiche.Siamo invecchiati nell'illusione effimera di sconfiggere la malattia ad ogni costo, nell'utopistica convinzione di guarire, spesso dimentican-doci che il compito di chi esercita la nostra funzione è di “Medicare”. Ho un certo rimpianto della professione di una volta, dell'antico calo-re umano, dei polli e dei salami e sono certo che ce l'abbiano anche la signora Rina e mia moglie e insostituibile collaboratrice Adriana.Grazie Signora Rina per avermi aiutato all'inizio della mia professio-ne e per avermi fatto capire che lo stare empaticamente vicino a chi soffre e piú importante che essere freddi e efficienti burocrati. Grazie ancora. Dott. Giuseppe Formenti

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Brescia, 2 febbraio 2009

Gentilissima Signora Rosalba,

ho ricevuto la Sua cortese e graditissima lettera e molto La ringrazio e La prego di rivolgere il mio cordiale ricordo anche al signor Sin-daco.L'idea di ricordare con uno scritto a Lei dedicato l'ostetrica Signora Rina Amolini da me ben conosciuta ed apprezzata collaboratrice du-rante il mio servizio presso gli Spedali Civili di Brescia e di Gavardo mi sembra un giusto e doveroso riconoscimento non solo alla Rina "comar", ma a tutte quelle levatrici, ora ostetriche, che molti anni or sono hanno rappresentato in molti, specie se piccoli e disagiati paesi, come era Agnosine 40-50 anni fa, la persona di riferimento e appoggio non solo per le gestanti e le puerpere, ma l'infermiera, 1a consigliera, la persona alla quale chiedere aiuto conforto come il sacerdote e il medico (quando erano presenti).La "comar" non aveva orari di lavoro, allora: era sempre disponi-bile e pronta in ogni ora del giorno e della notte senza giornate di riposo e con ben modesti riconoscimenti: solo paga e soddisfatta di aver portato speranza e gioia nella famiglia, nella quale la nascita di un bambino rappresentava la continuitá della vita, la speranza del futuro, un dono d' amore impagabile non solo per i genitori, ma per tutti i parenti e per 1’intera comunitá. E anche se l'abitazione era modesta e spesso povera, allora, era un raggio di luce che la il-luminava e dava conforto, gioia e fiducia in tutti, specie agli anziani ormai vicini al crepusculo della vita, ma sorretti e fiduciosi in un avvenire eterno e sereno. E' opportuno e doveroso ricordare che la prima persona che offriva la gioia e l'abbraccio di tutti, alla puer-pera in primis, era la "comar", spesso molto affaticata da ore e ore di assistenza al travaglio, sfinita dallo sforzo e dalle preoccupazioni che un parto domiciliare allora comportava, con i pochi strumenti e

Prof.GianfrancoCallegari

le scarse possibilitá a disposizione, alle quali la "comar" sopperiva con tanto amore e dedizione infinita . Grande era la soddisfazio-ne per un parto felice, molto il dolore e la sofferenza per situazioni drammatiche e pericolose alle quali, ad onta del suo impegno e della sua buona volontá, non aveva potuto rimediare.Per concludere queste mie poche righe credo che la Rina "la comar di Agnosine", ma non solo, ben rappresenti l’unica, forse, soprav-vissuta, delle molte comar che ho avuto la fortuna di conoscere che molto hanno dato alla comunitá senza nulla chiedere, ripagate da un sorriso e da un grazie e dalla benevolenza e dall’affetto che le circondava. Grazie ancora vivissimo dal "vecchio professore" che ha condiviso con lei e molte altre "comari" sofferenze e preoccupazioni nelle molte ore di lavoro e di tensione trascorse in sala parto, di gior-no e di notte: tensione e sofferenze, ormai, fortunatamente superate dai grandi progressi che la scienza medica ed ostetrica in particolare offre ai nostri successori.Alla carissima Rina, quindi, l'augurio di una lunga e serena vecchia-ia circondata e confortata da tante persone che Le vogliono bene e da tanti ricordi, alcuni, molti, spero bellissimi e dolcissimi, altri certamente tristi e spiacevoli: ma così é la vita per ciascuno di noi, accettata e vissuta nei momenti lieti e in quelli, immancabili, velati da tristezza. A Lei, gentile Signora Rosalba, il mio grazie per le Sue cortesi e certamente troppo benevoli espressioni nei miei riguardi e l’augurio di molti, lunghi anni sereni di donna e artista di grande sensibilitá.

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Disegno di Giusy Brescianini. Bimbo nelle mani. Abbracciare il presente

Per onorare l’opera di una ostetricaSilvano Vampini

Gli anni se ne vanno, lasciando spazio al tempo, anche l’età cresce e avanza, ognun una storia s’é fatto, anche una donna, di certo, come un’ostetrica fu brava.

Ella capace, istruita, e forte, per decenni offrì l’operato, in tempi, scarni di medicina, prestarsi di giorno e di notte, per donna con doglie in atto, senza temer ciottolata via.

Decisa sempre e risoluta, con le sue esperte mani, e la mente aperta e colta, sedar sofferenza di natura, a donna che non di mali, soffria, ma natural doglia.

Ogni parto momento aspro, ad ogni lamento, incitava, come fosse sforzo suo, non sempre facile il parto, ogni caso avventura vaga, non era cosa da un minuto.

Arrivava il fatidico momento, tra le mani avea la creatura, il frutto d’amore far respirare, ed il primo vagito lamento, al pargol facea le prime fusa, la nuova vita, sedava la madre.

Un altro gioiello di vita, un'altra soddisfazione, un sorriso forse nascosto, gioiva colei che sulla via, avea posto la prima azione, ad un nuovo pargol il posto.

Quanti occhi ha dato luce, apprensioni di lunghi mesi, di donna che andava portando, poi tra le mani vive e fuse, della comare, poneva i pesi, perché vita avesse stato.

Tanta gente passa per via, e non sa che tra quelle mani, ebbe a svolger primo pianto, lei donna o comare che sia, creatura dai capelli bianchi, ricorda tutti gli eventi d'anno.

Oggi ormai ricca di storia, il suo popolo gli reca onore, artefice nascosta di ogni vita, ella si compiace, e assorta, gode di aver dato all'amore, l’apice materno della letizia.

Battesimo di Corrado Cominotti, 1962

Battesimo di Cecilia Giustacchini

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Giusy Brescianini

Quando capita di ascoltare un racconto di una vita in-tensa, vissuta con tenacia, determinazione e sincera onestá ecco ci sentiamo toc-cati nel profondo...Nell’attimo in cui l’ani-ma s’incarnava in una co-scienza e delicati bambini si affacciavano alla vita, Caterina “la cicogna” dallo sguardo limpido e fiero ac-coglieva con le sue amore-voli mani il dono della vita.La signora Caterina si av-vertiva come una presenza benevola ma poderosa.La forza e l’unione del cuo-re con la mente: la cicogna ha avuto un grande cuore e una forza che l’ha resa soli-da come una roccia quando nel respiro di un passo dopo l’altro percorreva distanze infinite.Una grande donna, nulla di ció che ha fatto andrá spre-cato.

Giusy Brescianini. Papà con bimba. L’uno e l’altra sono infiniti.

Giusy Brescianini di Livemmo: bimba nella cesta, tenero momento

Giusy Brescianini. Ritratto di Caterina

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Ghidinelli Fausta

Dopo aver conversato animatamente con la si-gnora Rina, ostetrica, tornando a casa, ho rie-vocato i tempi passati con questa cara persona.Mi riferisco agli anni ‘60 quando i parti avveni-vano nell’ambito famigliare e si andava in ospe-dale solo per emergenza o gravi complicazioni.Ha esercitato la sua missione in modo straordina-rio non limitandosi al solo compito di ostetrica; in tutti questi anni si é dimostrata brava inten-ditrice di qualsiasi malattia, pronta a suggerire ottimi consigli, a dare i migliori insegnamenti, con coscienza e con vero cuore di mamma.Per la sua saggezza pratica, unita alla grande passione per il lavoro, era desiderata oltre che ad Agnosine anche nei paesi limitrofi dove si recava a qualsiasi ora con la sua Fiat 500 /126 (fuoriserie) abbandonata a malincuore per pro-blemi a un ginocchio.Tuttavia, con il sostegno di un bastone e tanta forza di spirito e di fede, la nostra signora Rina, tempo permettendo, compie le sue passeggiate trattenendosi spesso nella chiesina di Renzana per ricordare e affidare al signore tutti i bambi-ni che con tanto amore ha aiutato a venire alla luce. Quanti saranno ? Chissá... Grazie di cuore siura cumar.

Battesimo Saottini Franco, 1957; uno dei primi battesimi

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Mirco Carli con don Enrico Zanetti, la Rina e il padrino Augusto Cavagnini 1960

Battesimo di Fabrizio Ricchini, 1960

LancettiValeria

Sono una signora di una certa etá, con tanti ricordi belli e brutti.I secondi cerco di dimenticarli o dare meno spazio, ma gli altri rallegrano 1’esistenza.La gioia più grande é stata la nasci-ta dei miei fígli, due femminucce e un maschietto, ed avevo vicino proprio lei, la signora Caterina.Sono sempre stata assistita con molta sollecitudine, bravura, e una grande umanitá dalla nostra ostetrica, che arrivava giorno e notte senza lamen-tarsi mai, con quel suo modo di fare che trasmetteva una certa serenitá.Aveva dei modi particolari, con i bambini ad esempio parlava come se capissero già tutto e a noi mamme inesperte insegnava con pazienza e tanto amore.Ai puó dire che era proprio tagliata per il suo mestiere e la ricorderó con tanto affetto, simpatia e stima.Ho avuto aiuto discreto materiale e di consiglio, per episodi che preferisco ricordare nel mio intimo ritenendoli troppo personali.Non la dimenticheró perché ha fatto parte per tanti anni della mia vita di mamma e di nonna.

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Battesimo Cassiano Carli, 1964

Battesimo di Mirco Carli, 1960

Bortolucci Silvana

Bione, 28.02.09

Per me è stata una valida guida, mi ha aiutato consigliandomi con competenza nell’allevamento, nei primi anni di vita, dei miei tre fi-gli, la prima dei quali ha quasi cinquant’anni.Allora che non c’era il pediatra lei ne faceva le veci, con il suo intuito e l’esperienza aveva acquisito a proposito di neonati e bambini una buona competenza medica.Anche la mia seconda figlia, che ha girato parecchio, dalla Liguria é venuta a far nascere il suo bambino a Brescia e anche lei ha avuto bisogno della comar per il suo neonato.La ricordo con affetto e la considero quasi un’amica.

Frida Bernardelli

Ho letto con grande piacere la biografía della nostra brava, amata e da tutti stimata ostetrica Viani Caterina, che nella sua lunga vita con dedizione, professionalitá e sacrifici ha portato gioia, aiuto e confor-to a tante famiglie del nostro paese.Le auguriamo ogni bene e che il Signore la ricompensi per il bene che ha fatto e le conceda lunga vita in piena salute e meritata serenità. Anche la mia famiglia le serberà sempre affetto e riconoscenza.

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Battesimo Cecilia Giustacchini, 1963

La maternità, che inizia dal concepimento, e quindi la nascita hanno in sè qualcosa di sacro e al tempo stesso profano, misterioso e divino, é sempre un miracolo d'amore. Ed é lo stesso sentimento che muove chi aiuta la natura a completare il prodigio. Infatti si dice far "venire alla luce".Penso sia una fra le più belle e gratificanti delle "professioni"; chi si senta chiamato ne é il partecipe consapevole, ne accetta gli inevita-bili rischi e responsabilità, spesso assai pesanti.Per tutti diventa una figura affettuosamente familiare; la ricordo sfrecciare con la sua utilitaria per le strette vie del paese, sostare ora qua ora là dove era richiesta la sua presenza.La vedevo camminare sollecita, con passo sicuro nonostante il volto affaticato, la fida borsa al braccio, perché l'attaccamento al proprio dovere non cancella lo sforzo fisico, ma qualche volta aiuta a supe-rarlo; presenza sempre benefica e rasserenante.Naturalmente la mia è testimonianza indiretta: come si sará capito si tratta della signora Caterina Amolini Viani, la levatrice.Dal dettagliato racconto della sua vita si coglie sempre l'appassionata dedizione alla professione, sostenuta da una preparazione, spesso aggiornata per offrire il più e il meglio alle future mamme.Anche se in pensione resta per sempre l'ostetrica, la "comar": non dimentichiamo quella lunga parte della sua vita al servizio della comunità di Agnosine.

Olga Grazioli Onesti

Il Dott. Oddone Grazioli che fino al 1976 e per circa vent’anni fu medico condotto ad Agnosine e Bione

Battesimo Cecilia Giustacchini, 1963

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Battesimo Cecilia Giustacchini, 1963

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AmoliniNives

Clibbio 15 gennaio 2009

Un pomeriggio dei primi giorni dell’anno una signora suona alla mia porta, é Rosalba che gentil-mente spiega il motivo della sua visita.Con cordialitá illustra il suo pro-getto che condivido, e mi rallegra, penso subito di avere vecchie foto-grafie di ricordi passati, anche se ho spesso un pensiero per la mia cara zia Rina.Quando avevo bisogno lei veniva da Agnosine a Clibbio, una volta la si andava a prendere ma poi diventò indipendente con la sua Fiat 500.Un ricordo anche allo zio Nino che con lei veniva spesso la do-menica; dopo essersi informati di come stavamo, passeggiavano tra la stalla, il prato e l’orto sempre affettuosi e contenti.Un grazie di cuore e un abbraccio dai tuoi nipoti Nives e famiglia e di tanti altri che col pensiero si uni-scono a me.

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Bione, febbraio 2009

Era una sera del 1955, con la luna tramontata e le stelle “a lumici-ni”, allorquando una giovin donna giunge nel comune agnosinense, per iniziare con amore e sacrificio il non facile mestiere di far na-scere i bambini.La signora in argomento, appena posato il piede in terra, comprende che la professione di levatrice verrà svolta in luoghi e mezzi come quei dell’ante guerra.Allora il bimbo non nasceva al calduccio in ospedale, ma dove la mamma si trovava, e quando lui voleva uscire.Poiché chi nasce non dà mai l’appuntamento, quindi lei deve esser sempre presente e pronta ogni momento.Spesso agir deve da sola, oltre che in centro, nelle contrade, case e cascine sparse, senza guardar il tempo, e se è giorno o se è notte, con bicicletta o motorini malandati, e le scarpe forse strette.In certi luoghi dovea lasciare la strada grande, e percorrere i sentier dei prati e del bosco e per mezzo di trasporto, non vi era che il caval di San Francesco.Lei è abile nell’intervento, ed i bimbi nascon bene, e non presentano difetto, sia che vedano la luce sopra un semplice giaciglio oppure in un bianco letto.La comare, come è usanza, entra in tutte le famiglie e ne coglie i sen-timenti, sia dei liberi pensieri che degli intimi momenti.Nulla viene a lei nascosto, senza in viso alcun rossore, anche quan-do si confida un pungente mal d’amore.Dunque alla levatrice dicon tutto, come fosse un confessore, ed a lei manca il potere sol di dare la penitenza, oppure l’assoluzione.

La Comare

Quando pesta il selciato in piazza od il suol dello stradone, con oc-chio esperto lei controlla, come va ogni pancia, ed anche ogni pan-cione.Se guarda una donna, sia negli occhi o movimenti, anche se non chiede, e riceve spiegazione, lei comprende, se in quel grembo, vi è una vita in formazione.Seco spesso porta una borsa, di capienza un po’ grandina, ed in caso di bisogno, vi infila ciucci, pappe, panni e vestitini, sia per maschio che bambina.Visto poi che i suoi assistiti, nella vita crescean ben bene, i dirigenti sanitari, le assegnarono pure i nascenti in quel di Bione.Ed ecco dunque in cinquant’anni quante vite ha curato; quando le incontra per la via e le guarda dritta negli occhi, lei sa e li conosce ad uno ad uno, perché di lei ne sono, e si sentono, figliocci.

ValliniOreste

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Battesimo Cavagnini Evita nipote di suor Annita, 1992

Cresima Cecilia Giustacchini con Caterina madrina, 1975

Francinelli Rosalba

Un pensiero a tutte le mamme che non hanno potuto tenere il loro frutto materno per colpa di chi non conosce questo grande signi-ficato.Un grande nome “mamma” per chi lo sa interpretare, per chi é sensibile. Mamme che hanno cercato il sorgere del sole, quelle chiuse tra le mura, mamme che han cercato l’amore vero, quel-le mamme che disperano, quelle tremanti che nel cielo guardano le stelle per cercare quel volto di fanciullo, mamme che quando la primavera si sveglia e profuma, per loro sono già finite le stagio-ni. L’animo risorge al piacere della vita, ma per queste mamme é un dolore atroce, non gustano nè presente nè futuro.Mamma, nel cielo vicino a Dio, stendi le tue mani splendenti e chiare, piene di luce su queste care mamme tristi per quel gesto che hanno dovuto compiere.

Giusy Brescianini. Mamma con bimba. L’estasi della fusione

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Odolo, 30 gennaio 2009Carissima amica ed ostetrica Rina,con vero piacere mi accingo a scrivere queste poche righe, che mi auguro possano in qualche modo esprimere gratitudine a unagran-de donna, che ha trascorso la vita dedicandosi interamente al suo lavoro.Il mio pensiero ritorna con molta nostalgia ai tempi di quando abi-tavo ad Agnosine, un paese che è sempre rimasto nel mio cuore. In particolar modo quando ho avuto il piacere di conoscerLa, ed avere bisogno delle sue prestazioni. Una donna dalla professionalità, se-rietà onestà ed umanitá che è difficile trovare oggi.Ha saputo donare alla mia famiglia tanto bene e salute, abbiamo af-frontato insieme le gioie che la nascita di un figlio sa dare, come pure le difficoltà; perchè partorire a casa non era cosa da poco!La sua presenza è stata di valido aiuto per risollevarmi nel momento più doloroso della mia vita.Capace di sdrammatizzare ogni situazione, con i suoi consigli sempre preziosi, specialmente quando mi trovavo in difficoltà nel crescere e seguire tante femmine (quattro per la precisione). Pure loro la ricordano con tanto affetto.Mi manca molto la sua vicinanza, sono sicura che anche adesso nel percorso della mia vecchiaia, avrei sicuramente ancora una cara amica con cui dividere pensieri e parole, ma purtroppo non abitan-do più ad Agnosine ci siamo perse di vista, anche se tramite mia figlia mi tengo informata sul suo stato di salute.Ringrazio il Signore di avermi dato la possibilità di averla conosciu-ta ed apprezzata e per quanto ha saputo insegnarmi.Un grazie di cuore Rina, sei sempre presente nei miei ricordi.Con affetto e stima.

Zilotti Beschi Pierina

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Riconoscete queste mani?

Si, sono proprio loro, le mani di zia Rina, che hanno aiutato a venire al mondo, lavato e curato tanti, tanti bambini.Un grazie di cuore alla nostra zia Rina ostetrica per quello che ha fatto per i nostri bambini (Alberto e Carlo). I tuoi nipoti

Flavio e Barbara Bianchi

Alberto Bianchi. Caterina ha assistito al parto di Nives ed è nato Flavio, papà di Alberto e Barbara, assistita da Caterina.

Battesimo di Walter Chiodi, Chiodi Aurora, 1973 (quinto e sesto figlio)

Betty e Mauro Martinelli (Poli), gemelli di Bione. 19801982. Massetti Mario e Francinelli Ladia, padrini di Lossi Francesca.

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Suor Annita Tolentini “Suora Sacramentina” con la nipotina

Suor Annita Tolentini

Gennaio 2009

Carissima Caterina ogni vita che viene alla luce porta con sé la benedizione di Dio. La vita é come un grande albero da frutto dalle robuste radici e la sua piena realizzazione sta nell’espandere e abbellire i suoi rami carichi di frutti gustosi che piano, piano giungono a maturazione; sono lì per te, per-ché tu ne gioisca nel cogliere gustare e donare agli altri.Cosí ogni vita é chiamata a realizzare con la sua grazia quel progetto d’amo-re che Dio ha pensato per te; quel frutto coloralo del tuo amore da condivi-dere. Caterina la tua vita é una luce che s’alza verso quell’orizzonte, perché ogni tua opera buona sia illuminata e accolta per il bene di tutti.Scusami se oso darti del tu, queste mie parole arrivano dal cuore, per espri-mere il mio amore e la mia gratitudine per il bene ricevuto dal primo lieto sorgere della vita e in altre diverse espressioni lungo il mio cammino.Caterina tu porti il nome della mia cara fondatrice “Caterina Commensoli” (da religiosa prese il nome di Geltrude) presto proclamata santa. Ella fece della sua vita un dono totale a Dio nell’adorarlo, amarlo e farlo amare, tu nella tua vocazione di madre ed ostetrica hai lodato e lodi il Signore in-nalzando per prima il dono più bello di una madre, un figlio che viene alla luce. Ogni volta che avevo occasione di incontrarti o vederti passare in macchina il mio pensiero era per quella famiglia dove porgevi il bimbo ai genitori, la loro gioia e tu mi domandavi cosa provavi per quel dono del creato.Ti ringrazio di avermi sempre accolta con quella gioia come fossi stata una figlia, quando mi feci suora mi dicesti “questa figlia l’ho vista nascere” paro-le pronunciate cosí caldamente che portavano a rivivere quei momenti.Sono in convento da 21 anni e sono molto felice, ho in passato avuto occasio-ne di conoscere tutta la tua stupenda famiglia, in particolare Gianmario col quale ho trascorso alcuni anni a scuola.Cara Caterina il mio grazie per te si traduce in preghiera e ti affido sotto la protezione di Maria Bambina, la nostra amata madonnina di Calchere, piccola donna grande nell’amore, ti protegga e ti ricompensi di ogni bene, dolcezza, verso quei bimbi con te venuti alla luce.

Con grande affetto, Suor Annita Tolentini

Il lieto sorgere di una vita

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Battesimo di Cristina Reguitti, 1976

Battesimo Davide Reguitti, 1986

Giustacchini Cecilia

Sono Cecilia Giustacchini nata 1’8 agosto 1963, i miei genitori erano in amicizia con Rina la comar e il signor Nino, tanto che mio papá era padrino del loro primo figlio Mauro.Caterina diventò la mia madrina per la Santa Cresima e mi é stata vicina volendomi bene in molte occasioni, piacevoli e non, dove ave-vo bisogno del suo aiuto morale.Quando ero bambina la ricordo soprattutto nelle occasioni di festa; non si dimenticava di me, e mi ricordo un fatto semplice e significati-vo: alla festa della Santa Pasqua mi regalò un bell’uovo, ma sapendo che avevo due fratellini piccoli lo regalò anche a loro.Questo dimostra la sensibilitá e l’attenzione straordinaria. II tempo é trascorso in fretta; ho perso i genitori e purtroppo mi ha colpito una brutta malattia, un tumore; cominciò un calvario, mi aggrappai a tutto e a tutti, soprattutto alla grande fede che mi ha dato la forza di continuare a lottare.Caterina fu molto scossa per quello che mi stava accadendo e veniva frequentemente ad assistermi soprattutto moralmente; fu intelligen-te a comprendere, pronta e determinata con le sue affettuose parole mi ha spronato contro il male che da due anni ho superato comple-tamente.Ora ci vediamo poco, ma la ringrazio e dal mio racconto faccio ca-pire il bene ricevuto e dimostrato quando avevo bisogno nei difficili momenti della vita.Con un abbraccio, ancora grazie, Cecilia.

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Per ovvie ragioni preferisco rimanere nell’anonimato e ringrazio Caterina per l’aiuto psicologico ricevuto negli anni ‘70; anche se lei non si ricorderá di me, io non la potrò mai dimenticare.Rimasi incinta, e nè io nè il mio uomo volevamo 1a gravidanza. In un primo momento, sottovalutando l’accaduto, ero convinta di rivol-germi all’ostetrica e risolvere la situazione con un colpo di spugna.Non era così, da subito, dalle prime parole mi disse che era obiettri-ce di coscienza e l’unico aiuto poteva essere un ginecologo non obiet-tore o un consultorio famigliare dove avere ulteriori spiegazioni.Per un periodo cercai di evitarla e presi un appuntamento all’Aied in cittá.La incontrai all’uscita della banca e tenendo lo sguardo basso finsi di non vederla, ma mi salutò dicendo: “mia cara, non credere che non voglia aiutarti, per qualsiasi cosa non esitare a chiamarmi. Anche se non avessi il segreto professionale, so come comportarmi”.La sua fede, capii, non poteva farle dire altrimenti, ma aggiunse “non hai mai pensato di non riconoscerlo e, se proprio non lo desi-deri, sei sicura che il rimorso non ti rovinerá il resto della vita? se sei tranquilla fai come credi, ma se hai dubbi rifletti ancora”.Queste parole risuonavano nella mia testa ed ebbi l’impressione di sentire una vita dentro me.Non andai all’appuntamento al consultorio e rimandai la decisione, il mio compagno si rese conto e mi disse che non lo voleva, ma avreb-be appoggiato qualsiasi mia decisione.II tempo trascorreva e nonostante le lunghe notti insonni alternavo momenti di sconforto, mi decidevo e, poi cambiavo idea, mi affatica-vo e mi trascinavo sfinita, sperando in non so cosa, poi decisi di non pensarci e tenere tutto nascosto fino a quando fosse stato possibile.Pensavo al giudizio della gente ad altri casi simili accaduti in passa-to, quasi rassegnata.

Scrittoanonimo

Tornai da Caterina per una visita, per informazioni ed esami visto che non avevo ancora fatto nulla a parte il test di gravidanza. Mi disse che sentiva male il battito e che avrei avuto bisogno di ulteriori accertamenti.Mi recai all’ospedale civile dove successivamente, persi spontanea-mente la creatura e subii un raschiamento uterino perché il feto non si era attaccato bene.In fondo era quello che volevo e non avevo il coraggio di fare e pensai anche che non si era attaccato bene a una madre che non lo voleva.Riparlai alla signora Rina e mi aiutò ancora dicendo che il destino non si puó cambiare, che non dovevo colpevolizzarmi ulteriormente e non ero la prima e non sarei stata l’ultima in quella situazione e cominciai a ritrovare una desiderata tranquillitá.Il destino ha voluto che le problematiche della vita mi abbiano por-tato al punto di non aver avuto tempo di essere mamma. Solo ora, intorno ai 50 anni, avrei il desiderio di quella compagnia.A volte mi era capitato di dialogare sull’argomento con le amiche: chi aveva ammesso l’interruzione di gravidanza, chi invece non ne avrebbe avuto la forza e il coraggio, e qui, a proposito di coraggio, sensibilitá, serenitá pensavo alla cara Rina e alle sue parole e dispo-nibilitá “quando hai bisogno non esitare a chiamarmi”.Ho avuto bisogno successivamente di pap-test ed altri consigli, quan-do io le ricordai l’accaduto, con la sua discrezione, non diede giudizi e sorvoló; ancora mille grazie.Una poesia su questo argomento, non saprei da chi é stata scritta, é pervenuta negli anni ‘70 da suor Francinelli Agapina. La vorrei porre alla vostra attenzione ricordando che circolava in ambito reli-gioso e quindi merita un certo rispetto per idee che non potrebbero essere espresse diversamente.

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Profondo lamento dell’abortito, Francinelli RosalbaMamma mi aspetta il mondoche é tanto tanto bellocon fiumi laghi montile cittá il mio paesello.Per tutti l’ha creato Iddioho il diritto di abitarlo anch'io.

Mamma m’aspettano le stelleche brillano lassùvorrei vederle anch’ioperchè le mie pupillele spegni proprio tu?

Mamma mi aspettano i bei pratiricamati da mille fiorcoglierli con le mie maniportarli a te in segno d'amorcome te li posso donarese queste mani mi vuoi frantumare?

Mamma il mondo l'ha creato Iddiocon ogni sorta di benie tutto ne godi tuperche non goderne anch’io?

Mamma mi aspettano tanti amiciche corrono allegri e gaiperché questi miei piediproprio tu me li stroncherai?

Mamma mi aspettano i complessicon le loro dolci melodiema come posso udirlese distruggi le orecchie mie?

Mamma ci son due gote al mondo,da coprire di bacicon la boccuccia miason le tue mammama tu me la vuoi chiuderetogliendo la vita mia?

Mamma ho qua nel petto un cuoreper te pieno d’amorema come te le posso donarese tu lo vuoi disfare?

Mamma spegnendomi la vitasi dilegua ogni mio sorrisoche ha in sé un lembo di paradiso

questi sorrisi colmi d’amoreche fanno dimenticare ogni doloreil primo l'avevo serbato per te.Ma tu me lo vuoi spegnere perchè?

Giá sognavo di chiamarti mammanome che ha in sé ogni dolcezzacome sapore della manna per me ha perso tutta la ricchezza!

Mamma forse un giorno stanca invecchiatal'unica persona ti sarei affiancataper lenire le tue pene il tuo dolore io non ci verrò perché hai trafitto il mio cuore!

Mamma mi hai spento le pupillemi hai schiantato l'odoratomi hai chiuso la favellanulla di me hai conservatoe tutto questo perché?Perché la morale non é più in te!

Non svaniranno mai davanti agli occhi tuoiquesti miei occhi semplici che tu non vuoi. Non potrai più cancellaredalla tua fantasiaquesta frantumata vita miae nel silenzio udraiquesta vocina miami hai distrutto te mamma mia!

Mamma chi te l’ha detto di fare cosí?chi é l’insensato che così ti ha insegnato?certo non Dio che ti ha creato.

Mamma hai spento la voce del cuoreti hanno rovinato l’amoree tutto questo mamma perché? Perché Dio l’hai scacciato da te!

Mamma il triste compagno della tua vitasará il continuo rimorso che hai voluto in sorte di aver ucciso un indifeso ti accompagnerá fino alla morte. (Sr Agapina Francinelli)

Profondo lamento dell’abortito (1960)

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Daniele Meschini

Artista Ipovedente dell’ Associazione Riflessi di Luce per la sensibilizzazione della società sui temi della Disabilità e della Diversità.

Trattare il tema della “nascita” e quindi della “vita” non è semplice, perché il rischio di cadere nella banalità o nei facili moralismi è troppo.L’evoluzione dell’umanità infatti ci porta a dare per as-sodate alcune certezze, ormai ci si comporta e si ragiona come se la “vita” fosse un qualcosa di certo, ma la vita non è un qualcosa di scontato, tutt’altro! E nemmeno “la vita è bella sempre”, perché essa è sicuramente una straordinaria esperienza, un’avventura affascinante, ma spesso deve fare i conti con eventi imprevedibili e tra-gici.Il fatto di poter vivere però deve darci una spinta verso obiettivi precisi, nella consapevolezza che la vita pro-prio perchè è un dono, “va gustata fino al midollo”, fino all’intima sostanza dell’essere; è là che noi dobbiamo puntare; non possiamo limitarci a sopravvivere, a subire gli eventi; il vivere non è un qualsiasi “lavoro” che bi-sogna pur fare!Esistere è “attività”, è mettersi alla prova, è “graffiare” la storia, perchè ogni nostra azione condiziona il futuro nostro e degli altri.Però la vita non è solo ricevere ma anche donare; si può donare in mille modi, ma l’atto d’amore più scon-volgente, quello che scombina irrimediabilmente ogni sistema, che confonde le carte del destino, è mettere al mondo un bambino, perché farlo nascere significa cre-arlo, disegnarlo, dargli forma. Quale artista sa essere l’uomo se come pennello ha tra le mani l’amore!Ma l’oggetto di tale maestrìa che penserà chiuso dentro quel suo mondo tutelato e protetto?

Proviamo ad ascoltare i suoi pensieri. Zitti! Sentiamo che si dice:

- MAMMA. Caro, avvicinati e ascolta nostro figlio...- PADRE. Eh pissi pissi possi possi buf buf...- FIGLIO. Che cavolo vuole costui… chi sta chiamando …me? Ma faccia il piacere… ho ben altro da fare… però se vuole, si avvicini pure che gli tiro le orecchie e i capelli. Oh, pissi pissi bao bao a dir la verità avrei alcune curiosità da chiarire. Lì fuori come si sta? Io qui sto benone, però incomincio a stare stretto e vorrei poter uscire…».- MAMMA. Amore… vedi? Nel sentire la tua voce ti vuole già bene.. non fa altro che scalciare!- PADRE. Piccolo mio, ascolta ti racconto una bella favola, così poi ti calmerai…«C’era una volta, nell’infinito Spazio, in un piccolo pianeta, un piccolo me-raviglioso mondo. Qui la natura aveva disegnato ampi orizzonti, grandi praterie, folte foreste, scoscesi corsi d’acqua e vi aveva collocato la VITA! L’aveva sparpagliata ovunque, sotto forma di animali e di piante, qualcosa gli era riuscito bene, altro maluccio ma alla fine generò un essere stra-ordinario: l’UOMO. Non solo gli aveva regalato un corpo ma persino un cervello in grado di apprendere, di ragionare, di emozionare.Fin dal suo primo apparire egli però ha sempre dovuto competere con gli altri per garantirsi lo spazio vitale. Col tempo imparò a domare le proprie paure, a cogliere la propria dimensione di “piccolissimo” dentro un tutto immenso, ad accettare la propria finitezza. Imparò anche a generare non più solo per istinto ma per amore, per scelta e così diede inizio alla favola del mondo.Che bello sarebbe se tutti i bambini come te potessero conoscere della vita solo la gioia, la spensieratezza, e mai i morsi della fame, la piaga della miseria, la violenza di una guerra! Un bambino dovrebbe essere salvaguardato nella sua integrità di piccola creatura perché la vita è un’occasione speciale. Che bello sarebbe un mondo senza minacce, dove gli individui fossero in grado di

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accettare i propri limiti, la propria impotenza, sapessero apprezzare la tran-quillità, il silenzio, senza isterismi, estremismi, tensioni, frenesia, stress.Come sarebbe bella la società se vi abitassero la fraternità, la solidarietà, la disponibilità, la condivisione, la speranza. Sarebbe un quadro a colori, non una grigia tela senza sogni. Un paese meraviglioso dove si inseguano le fiabe, dove si cammini sui sentieri dell’amore, dove l’uomo costruisca costelli di pace!- FIGLIO. Ehi, ma che succede! Cosa sono queste contrazioni. Ehi, lasciatemi dormire… sto ascoltando una ninna nanna bellissima.- PADRE. Su, su, niente paura ora vediamo un po’a che punto stia-mo. Manca poco alla nascita…- FIGLIO. Ehi, ma che vi prende? Io da qui non voglio uscire! Qual-cuno mi ascolti!Ssss… ssss… calmi tutti. Ora allontaniamo il pensiero dal dolore e immaginiamo.

C’era una volta in questo mondo di fiaba un contadino, stanco e ingobbito dalle fatiche, che lavorava in silenzio la sua terra; a casa sua una donna magra e svelta si occupava di tutto, dei figli, degli anziani, della dispensa, delle galline. In quel mondo vivere non era facile, la parola “benessere” era per pochi, la parola “fatica” era per loro.E’ lì che io sono cresciuta, sono la tua levatrice. Ho aiutato tan-te mamme, tanti bimbi, pigri come te, a venire al mondo. Andavo a casa loro anche di notte, se ce n’era bisogno; ho pianto di gioia con i papà e ho asciugato il sudore dalle fronti di tante piccole forti donne. Quanti bagnetti ho fatto dentro l’acqua scaldata sulla stufa! Quanti bambini ho accarezzato prima di porli tra le braccia delle loro mamme? Tanti…tanti davvero.Dai, su, aiutati un po’. Impegnati, siamo quasi arrivati alla fine…la vedi quella luce? E’ lì che devi andare! Non aver paura io sono qui per accoglierti. Sono la tua “accompagnatrice di vita”.

- FIGLIO. Ahum.. rrrss.. auhm.. rrss.. BLUM! Oddio che succede.. mi sono capovolto.... oddio qui si muove tutto.. ehi, tu che tiri.. lasciami in pace! Mollami la testa! Voglio dormire.. OOHH!! Cos’è questo rumore? Spegnete quella luce, mi ferisce gli occhi! Ehi, ma qui tutto è più grande ... ma che freddo!».- PADRE. Cara, è un bellissimo bambino. È il tuo Ermete.. è andato tutto per il meglio. Ora non preoccuparti, ti manderò l’infermie-ra…».- FIGLIO. Ermete? Ma che cavolo di Ermete.. rimettetemi a dormire per favore! Eh no, no .. ma chi sei tu? Signora dal grande sorriso e dai profondi occhi, Fata Turchina, lei che mi ha preso per primo tra le mani, la prego non mi lasci.. non mi abbandoni con questo mostro-oo! NIENTE!- MADRE. Ciao, bella gioia, vieni con me, sei così piccolo, dolce e ca-rino. Proprio un bel maschietto. Dai che ti facciamo il bagnetto così la mamma quando ti rivedrà non ti riconoscerà più. - FIGLIO. Eh Eh pupa.. lavami, profumami e soprattutto copri le mie nudità che ho freddo! poi magari ne parliamo.. Oh perdinci! che avventura! speriamo bene! Per ora, però, non mi resta che piangere!

Queste splendide, amorevoli, esperte donne levatrici entravano nelle case per alleviare dolori, per sostenere morali, con quel senso di umanità, di tenerezza, d’intimità prettamente femminile, che non si respira più, oggi, dentro le stanze anonime di un ospedale; certo gli operatori sono ottimi professionisti, ma con la comare... era davvero tutta un’altra musica.

Francinelli Rosalba. Cicogna lucida

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Alunni di classe quarta Anno scolastico 2009con la maestra Ferremi Rosa

Prendere la vita, Francinelli Rosalba

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