La clemenza di Tito - Biblioteca della Letteratura Italiana · Tu la mia sorte, il mio destin tu...

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Letteratura italiana Einaudi La clemenza di Tito di Pietro Metastasio

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Letteratura italiana Einaudi

La clemenza di Tito

di Pietro Metastasio

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Edizione di riferimento:in Tutte le opere di Pietro Metastasio, 5 voll., acura di Bruno Brunelli, Mondadori, Milano 1953

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Argomento 1

Atto primo 3Atto secondo 26Atto terzo 49

Licenza 70

Sommario

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ARGOMENTO

Non ha conosciuto l’antichità né migliore né più ama-to principe di Tito Vespasiano. Le sue virtù lo resero atutti sì caro, che fu chiamato « la delizia del genere uma-no ». E pure due giovani patrizi, uno de’ quali era suofavorito, cospirarono contro di lui. Scoperta però lacongiura, furono dal Senato condannati a morire. Ma ilclementissimo Cesare, contento d’averli paternamenteammoniti, concesse loro ed a’ loro complici un generosoperdono. (svetonio, aurelio vittore, dione, zonara

ecc.)

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Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

interlocutori

tito vespasiano imperator di roma.vitellia figlia dell’imperator vitellio.servilia sorella di sesto, amante d’annio.sesto amico di tito, amante di vitellia.annio amico di sesto, amante di servilia.publio prefetto del pretorio.

La Scena è in Roma.

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ATTO PRIMO

scena prima

Logge a vista del Tevere negli appartamenti di Vitellia.

vitellia e sesto

vit. Ma che! sempre l’istesso,Sesto, a dir mi verrai? So che sedottoFu Lentulo da te; che i suoi seguaciSon pronti già; che il Campidoglio accesoDarà moto a un tumulto, e sarà il segnoOnde possiate unitiTito assalir; che i congiurati avrannoVermiglio nastro al destro braccio appeso,Per conoscersi insieme. Io tutto questoGià mille volte udii: la mia vendettaMai non veggo però. S’aspetta forseChe Tito a Berenice in faccia miaOffra, d’amore insano,L’usurpato mio soglio e la sua mano?Parla! di’! che s’attende?

ses. Oh Dio!vit. Sospiri?

Intenderti vorrei. Pronto all’impresaSempre parti da me; sempre ritorniConfuso, irresoluto. Onde in te nasceQuesta vicenda eternaD’ardire e di viltà?

ses. Vitellia, ascolta:Ecco, io t’apro il mio cor. Quando mi trovoPresente a te, non so pensar, non possoVoler che a voglia tua; rapir mi sentoTutto nel tuo furor; fremo a’ tuoi torti;

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Tito mi sembra reo di mille morti.Quando a lui son presente,Tito, non ti sdegnar, parmi innocente.

vit. Dunque...ses. Pria di sgridarmi,

Ch’io ti spieghi il mio stato almen concediTu vendetta mi chiedi;Tito vuol fedeltà. Tu di tua manoCon l’offerta mi sproni; ei mi raffrenaCo’ benefizi suoi. Per te l’amore,Per lui parla il dover. Se a te ritorno,Sempre ti trovo in voltoQualche nuova beltà; se torno a lui,Sempre gli scopro in senoQualche nuova virtù. Vorrei servirti;Tradirlo non vorrei. Viver non posso,Se ti perdo, mia vita; e, se t’acquisto,Vengo in odio a me stesso.Questo è lo stato mio: sgridami adesso.

vit. No, non meriti, ingrato!L’onor dell’ire mie.

ses. Pensaci, o cara,Pensaci meglio. Ah! non togliamo, in Tito,La sua delizia al mondo, il padre a Roma,L’amico a noi. Fra le memorie anticheTrova l’egual, se puoi. Fingiti in menteEroe più generoso o più clemente.Parlagli di premiar: poveri a luiSembran gli erari sui.Parlagli di punir: scuse al delittoCerca in ognun. Chi all’inesperta ei dona,Chi alla canuta età. Risparmia in unoL’onor del sangue illustre; il basso statoCompatisce nell’altro. Inutil chiama,Perduto il giorno ei dice,In cui fatto non ha qualcun felice.

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vit. Ma regna.ses. Ei regna, è ver; ma vuol da noi

Sol tanta servitù quanto impediscaDi perir la licenza. Ei regna, è vero;Ma di sì vasto impero,Tolto l’alloro e l’ostro,Suo tutto il peso, e tutto il frutto è nostro

vit. Dunque a vantarmi in facciaVenisti il mio nemico; e più, non pensiChe questo eroe clemente un soglio usurpaDal suo tolto al mio padre?Che m’ingannò, che mi ridusse (e questoÈ il suo fallo maggior) quasi ad amarlo?E poi, perfido! e poi di nuovo al TebroRichiamar Berenice! Una rivaleAvesse scelta almenoDegna di me fra le beltà di Roma:Ma una barbara, o Sesto,Un’esule antepormi! una regina!

ses. Sai pur che BereniceVolontaria tornò.

vit. Narra a’ fanciulliCodeste fole. Io so gli antichi amori;So le lagrime sparse allor che quindiL’altra volta partì; so come adessoL’accolse e l’onorò. Chi non lo vede?Il perfido l’adora.

ses. Ahi principessa,Tu sei gelosa!

vit. Io!ses. Sì.vit. Gelosa io sono,

Se non soffro un disprezzo?ses. E pure...vit. E pure

Non hai cor d’acquistarmi.

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ses. Io son...vit. Tu sei

Sciolto d’ogni promessa. A me non mancaPiù degno esecutor dell’odio mio,

ses. Sentimi!vit. Intesi assai.ses. Fermati!vit. Addio.ses. Ah, Vitellia! ah, mio nume

Non partir. Dove vai?Perdonami, ti credo: io m’ingannai.Tutto, tutto farò. Prescrivi, imponi,Regola i moti miei:Tu la mia sorte, il mio destin tu sei.

vit. Prima che il sol tramonti,Voglio Tito svenato, e voglio...

scena seconda

annio e detti.

ann. Amico,Cesare a sé ti chiama.

vit. Ah! non perdeteQuesti brevi momenti. A BereniceTito gli usurpa.

ann. Ingiustamente oltraggi,Vitellia, il nostro eroe: Tito ha l’imperoE del mondo e di sé. Già per suo cennoBerenice partì.

ses. Come!vit. Che dici!ann. Voi stupite a ragion. Roma ne piange

Di meraviglia e di piacere. Io stessoQuasi nol credo; ed ioFui presente, o Vitellia, al grande addio.

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vit. (Oh speranze!)ses. Oh virtù!vit. Quella superba

Oh, come volentieri udita avreiEsclamar contro Tito!

ann. Anzi giammaiPiù tenera non fu. Partì; ma videChe adorata partiva, e che al suo caroMen che a lei non costava il colpo amaro.

vit. Ognun può lusingarsi.ann. Eh! si conobbe

Che bisognava a TitoTutto l’eroe per superar l’amante.Vinse, ma combatté. Non era oppresso,Ma tranquillo non era; ed in quel volto,Dicasi per sua gloria,si vedea la battaglia e la vittoria.

vit. (E pur forse con me, quanto credei,Tito ingrato non è).

(a parte a Sesto)

Sesto, sospendiD’eseguire i miei cenni. Il colpo ancoraNon è maturo.

ses.

con isdegno

E tu non vuoi ch’io vegga...Ch’io mi lagni, o crudele...

vit.

con isdegno

Or che vedesti?Di che ti puoi lagnar?

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ses.

con sommissione

Di nulla. (Oh Dio!Chi provò mai tormento eguale al mio?)

vit. Deh! se piacer mi vuoi,Lascia i sospetti tuoi;Non mi stancar con questoMolesto dubitar.Chi ciecamente crede,Impegna a serbar fede;Chi sempre inganni aspetta,Alletta ad ingannar.

(parte)

scena terza

sesto ed annio

ann. Amico, ecco il momentoDi rendermi felice. All’amor mioServilia promettesti. Altro non mancaChe d’Augusto l’assenso. Ora da luiImpetrar lo potresti.

ses. Ogni tua brama,Annio, m’è legge. Impaziente anch’ioSon che alla nostra anticaE tenera amicizia aggiunga il sangueUn vincolo novello.

ann. Io non ho paceSenza la tua germana.

ses. E chi potrebbeRapirtene l’acquisto? Ella t’adora;

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Io sino al giorno estremoSarò tuo; Tito è giusto.

ann. Il so, ma temo.Io sento che in pettoMi palpita il core,Né so qual sospettoMi faccia temer.Se dubbio è il contento,Diventa in amoreSicuro tormentoL’incerto piacer.

(parte

scena quarta

sesto solo.

sesto Numi, assistenza! A poco a poco io perdoL’arbitrio di me stesso. Altro non odoChe il mio funesto amor. Vitellia ha in fronteUn astro che governa il mio destino.La superba lo sa, ne abusa; ed ioNé pure oso lagnarmi. Oh sovrumanoPoter della beltà! Voi, che dal CieloTal dono aveste, ah! non prendete esempioDalla tiranna mia. Regnate, è giusto;Ma non così severo,Ma non sia così duro il vostro impero.Opprimete i contumaci;Son gli sdegni allor permessi:Ma infierir contro gli oppressi!Questo è un barbaro piacer.Non v’è Trace in mezzo a’ TraciSì crudel, che non risparmi

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Quel meschin che getta l’armi,Che si rende prigionier.

(parte

scena quinta

Innanzi, atrio del tempio di Giove Statore, luogo già ce-lebre per le adunanze del Senato; indietro, parte del Fororomano, magnificamente adornato d’archi, obelischi e tro-fei; da’ lati, veduta in lontano deI monte Palatino e d’ungran tratto della via Sacra; in faccia, l’aspetto esteriore delCampidoglio, e magnifica strada per cui vi si ascende.

Nell’atrio suddetto saranno publio, i senatori romani ei legati delle province soggette, destinati a presentare alSenato gli annui imposti tributi. Mentre tito, precedutoda’ littori, seguìto da’ pretoriani, accompagnato da sesto

e da annio, e circondato da numeroso popolo, scende dalCampidoglio, cantasi il seguente

coro Serbate, o dèi custodiDella romana sorte,In Tito, il giusto, il forte,L’onor di nostra età.Voi gi’immortali alloriSu la cesarea chioma,Voi custodite a RomaLa sua felicità.Fu vostro un sì gran dono;Sia lungo il dono vostro;L’invidii al mondo nostroIl mondo che verrà.

Sulla fine del coro suddetto giunge Tito nell’atrio, e neltempo medesimo Annio e Sesto da diverse parti

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pub. Te « della patria il padre »

(a Tito

Oggi appella il Senato; e mai più giustoNon fu ne’ suoi decreti, o invitto Augusto.

ann. Né padre sol, ma seiSuo nume tutelar. Più che mortaleGiacché altrui ti dimostri, a’ voti altruiComincia ad avvezzarti. Eccelso tempioTi destina il Senato; e là si vuoleChe fra divini onoriAnche il nume di Tito il Tebro adori.

pub. Quei tesori che vedi,Delle serve province annui tributi,All’opra consacriam. Tito non sdegniQuesti del nostro amor pubblici segni.

tito Romani, unico oggettoÈ dei voti di Tito il vostro amore;Ma il vostro amor non passiTanto i confini suoi,Che debbano arrossirne e Tito e voi.Più tenero, più caroNome che quel di padrePer me non v’è; ma meritarlo io voglio,Ottenerlo non curo. I sommi dèi,Quanto imitar mi piace,Aborrisco emular. Li perde amiciChi li vanta compagni: e non si trovaFollia la più fataleChe potersi scordar d’esser mortale.Quegli offerti tesoriNon ricuso però: cambiarne soloL’uso pretendo. Udite. Oltre l’usatoTerribile il Vesevo ardenti fiumiDalle fauci eruttò; scosse le rupi,

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Riempié di ruineI campi intorno e le città vicine.Le desolate gentiFuggendo van; ma la miseria opprimeQuei che al fuoco avanzar. Serva quell’oroDi tanti afflitti a riparar lo scempio.Questo, o Romani, è fabbricarmi il tempio.

ann. Oh vero eroe!pub. Quanto di te minori

Tutti i premi son mai, tutte le lodicoro Serbate, o dèi custodi

Della romana sorte,In Tito, il giusto, il forte,L’onor di nostra età.

tito Basta, basta, o Quiriti.Sesto a me s’avvicini; Annio non parta;Ogni altro si allontani.

(si ritirano tutti fuori dell’atrio, e vi rimangono Tito,Sesto ed Annio

ann. (Adesso, o Sesto,Parla per me).

ses. Come, signor, potestiLa tua bella regina...tito Ah, Sesto, amico,

Che terribil momento! Io non credei...Basta, ho vinto: partì. Grazie agli dèi!Giusto è ch’io pensi adessoA compir la vittoria. Il più si fece:Facciasi il meno.

ses. E che più resta?tito A Roma

Toglier ogni sospettoDi vederla mia sposa.

ses. Assai lo toglie

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La sua partenza.tito Un’altra volta ancora

Partissi e ritornò. Del terzo incontroDubitar si potrebbe; e, fin che vuotoIl mio talamo sia d’altra consorte,Chi sa gli affetti mieiSempre dirà ch’io lo conservo a lei.Il nome di reginaTroppo Roma aborrisce. Una sua figliaVuol veder sul mio soglio;E appagarla convien. Giacché l’amoreScelse in vano i miei lacci, io vuo’ che almenoL’amicizia or gli scelga. Al tuo s’unisca,Sesto, il cesareo sangue. Oggi mia sposaSarà la tua germana.

ses. Servilia?tito Appunto.ann. (Oh me infelice!)ses. (Oh dèi!

Annio è perduto).tito Udisti?

Che dici? Non rispondi?ses. E chi potrebbe

Risponderti, o signor? M’opprime a segnoLa tua bontà, che non ho cor... Vorrei...

ann. (Sesto è in pena per me).tito Spiegati. Io tutto

Farò per tuo vantaggio.ses. (Ah! si serva l’amico).ann. (Annio, coraggio!)ses. Tito!...

(risoluto

ann.

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(risoluto)

Augusto, io conoscoDi Sesto il cor. Fin dalla cuna insiemeTenero amor ne stringe. Ei, di se stessoModesto estimator, teme che sembriSproporzionato il dono; e non s’avvedeCh’ogni distanza eguagliaD’un Cesare il favor. Ma tu consiglioDa lui prender non déi. Come potrestiSposa elegger più degnaDell’impero e di te? Virtù, bellezza,Tutto è in Servilia. Io le conobbi in voltoCh’era nata a regnar. De’ miei presagiL’adempimento è questo.

ses. (Annio parla così! Sogno o son desto?)tito E ben! recane a lei,

Annio, tu la novella; e tu mi siegui,Amato Sesto, e questeTue dubbiezze deponi. Avrai tal parteTu ancor nel soglio, e tantoT’innalzerò, che resterà ben pocoDello spazio infinito,Che frapposer gli dèi fra Sesto e Tito.

ses. Questo è troppo, o signor. Modera almeno,Se ingrati non ci vuoi,Modera, Augusto, i benefizi tuoi.

tito Ma che! se mi negateChe benefico io sia, che mi lasciate?Del più sublime sognoL’unico frutto è questo:Tutto è tormento il resto.E tutto è servitù.Che avrei, se ancor perdessiLe sole ore feliciChe ho nel giovar gli oppressi,

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Nel sollevar gli amici,Nel dispensar tesoriAl merto e alla virtù?

(parte

scena sesta

annio e poi servilia

ann. Non ci pentiam. D’un generoso amanteEra questo il dover. Se a lei che adoro,Per non esserne privo,Tolto l’impero avessi, amato avreiIl mio piacer, non lei. Mio cor, deponiLe tenerezze antiche. È tua sovranaChi fu l’idolo tuo. Cambiar convieneIn rispetto l’amore. Eccola. Oh dèi!Mai non parve sì bella agli occhi miei.

serv. Mio ben...ann. Taci, Servilia. Ora è delitto

Il chiamarmi così.serv. Perché?ann. Ti scelse

Cesare (che martìr!) per sua consorte.A te (morir mi sento!), a te m’imposeDi recarne l’avviso (oh pena!), ed io...Io fui... (parlar non posso)... Augusta, addio!

serv. Come! Fermati! Io sposaDi Cesare! E perché?

ann. Perché non trovaBeltà, virtù che siaPiù degna d’un impero, anima... Oh stelle!Che dirò? Lascia, Augusta,Deh! lasciami partir.

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serv. così confusaAbbandonar mi vuoi? Spiegati, dimmi:Come fu? per qual via?...

ann. Mi perdo s’io non parto, anima miaAh! perdona al primo affettoQuesto accento sconsigliatoColpa fu del labbro, usatoA chiamarti ognor così.Mi fidai del mio rispetto,Che vegliava in guardia al core;Ma il rispetto dall’amoreFu sedotto e mi tradì.

(parte

scena settima

servilia sola.

serv. Io consorte d’Augusto! In un istanteIo cambiar di catene! Io tanto amoreDovrei porre in oblio! No, sì gran prezzoNon val per me l’impero.Annio, non lo temer; non sarà vero.Amo te solo;Te solo amai:Tu fosti il primo;Tu pur saraiL’ultimo oggettoChe adoreròQuando sinceroNasce in un core,Ne ottien l’impero,Mai più non muoreQuel primo affetto

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Che si provò.

(parte

scena ottava

Ritiro delizioso nel soggiorno imperiale sul colle Palatino.

tito e publio con un foglio.

tito Che mi rechi in quel foglio?publio I nomi ei chiude

De’ rei che osar con temerari accentiDe’ Cesari già spentiLa memoria oltraggiar.

tito Barbara inchiesta,Che agli estinti non giova e somministraMille strade alla frodeD’insidiar gl’innocenti! Io da quest’oraNe abolisco il costume; e, perché siaIn avvenir la frode altrui delusa,Nelle pene de’ rei cada chi accusa.

pub. Giustizia è pur...tito Se la giustizia usasse

Di tutto il suo rigor, sarebbe prestoUn deserto la terra. Ove si trovaChi una colpa non abbia, o grande o lieve?Noi stessi esaminiam. Credimi: è raroUn giudice innocenteDell’error che punisce.

publio Hanno i castighi..tito Hanno, se son frequenti,

Minore autorità. Si fan le peneFamiliari a’ malvagi. Il reo s’avvedeD’aver molti compagni; ed è periglio

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Il pubblicar quanto sian pochi i buoni.Ma v’è, signor, chi lacerare ardisceAnche il tuo nome.

tito E che perciò? Se il mosseLeggerezza, nol curo;Se follia, lo compiango;Se ragion, gli son grato; e se in lui sonoImpeti di malizia, io gli perdono.Almen...

scena nona

servilia e dettiserv. Di Tito al piè...tito Servilia! Augusta!serv. Ah! Signor, sì gran nome

Non darm ancora: odimi prima. Io deggioPalesarti un arcan

tito Publio, ti scosta,Ma non partir.

(Publio si ritira

serv. Che del cesareo alloroMe, fra tante più degne,Generoso monarca, inviti a parte,È dono tal, che desteria tumultoNel più stupido core. Io ne comprendoTutto il valor. Voglio esser grata, e credoDoverlo esser così. Tu mi scegliesti,Né forse mi conosci. Io, che, tacendo,Crederei d’ingannartiTutta l’anima mia vengo a svelarti.

tito Parla.serv. Non ha la terra

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Chi più di me le tue virtudi adori:Per te nutrisco in pettoSensi di meraviglia e di rispetto.Ma il cor... Deh! non sdegnarti.

tito Eh! parla.serv. Il core

Signor, non è più mio: già da gran tempoAnnio me lo rapì. L’amai che ancoraNon comprendea d’amarlo, e non amaiAltri fin or che lui. Genio e costumeUnì l’anime nostre. Io non mi sentoValor per obliarlo. Anche dal tronoIl solito sentieroFarebbe a mio dispetto il mio pensiero.So che oppormi è delittoD’un Cesare al voler; ma tutto almenoSia noto al mio sovrano:Poi se mi vuol sua sposa, ecco la mano.

tito Grazie, o numi dei ciel! Pure una voltaSenza larve sul visoMirai la verità. Pur si ritrovaChi s’avventuri a dispiacer col vero.Servilia, oh qual contentoOggi provar mi fai! quanta mi porgiRagion di meraviglia! Annio posponeAlla grandezza tua la propria pace!Tu ricusi un imperoPer essergli fedele! Ed io dovreiTurbar fiamme sì belle? Ah! non produceSentimenti sì rei di Tito il core.Figlia, ché padre in veceDi consorte m’avrai, sgombra dall’almaOgni timore. Annio è tuo sposo. Io voglioStringer nodo sì degno. Il Ciel cospiriMeco a farlo felice; e n’abbia poiCittadini la patria eguali a voi.

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serv. O Tito! o Augusto! o veraDelizia de’ mortali! io non sapreiCome il grato mio cor...

tito Se grata appienoEsser mi vuoi, Servilia, agli altri inspiraIl tuo candor. Di pubblicar procuraChe grato a me si rende,Più del falso che piace, il ver che offende.Ah! se fosse intorno al tronoOgni cor così sincero,Non tormento un vasto impero,Ma saria felicità.Non dovrebbero i regnantiTollerar sì grave affanno,Per distinguer dall’ingannoL’insidiata verità.

(parte

scena decima

servilia e vitellia

serv. Felice me!vit. Posso alla mia sovrana

Offirir del mio rispetto i primi omaggi?Posso adorar quel volto,Per cui, d’amor ferito,Ha perduto il riposo il cor di Tito?

serv. (Che amaro favellari Per mia vendettaSi lasci nell’inganno). Addio.

(in atto di partire

vit. ServiliaSdegna già di mirarmi!

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Oh dèi! partir così! così lasciarmi!serv. Non ti lagnar s’io parto,

O lagnati d’Amore,Che accorda a quei del coreI moti dei mio piè.Al fin non è portentoChe a te mi tolga ancoraL’eccesso d’un contento,Che mi rapisce a me.

(parte

scena undicesima

vitellia, poi sesto

vit. Questo soffrir degg’ioVergognoso disprezzo? Ah, con qual fastoGià mi guarda costei! Barbaro Tito!Ti parea dunque pocoBerenice antepormi? Io dunque sonoL’ultima de’ viventi? Ogni altra è degnaDi te, fuor che Vitellia? Ah, trema, ingrato!Trema d’avermi offesa! Oggi il tuo sangue...

ses. Mia vita.vit. E ben, che rechi? Il Campidoglio

È acceso? è incenerito?Lentulo dove sta? Tito è punito

ses. Nulla intrapresi ancor.vit. Nulla! E sì franco

Mi torni innanzi? e con qual merto ardisciDi chiamarmi tua vita?

ses. È tuo comandoIl sospendere il colpo.

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vit. E non udistiI miei novelli oltraggi? Un altro cennoAspetti ancor? Ma ch’io ti creda amante,Dimmi, come pretendi,Se così poco i miei pensieri intendi?

ses. Se una ragion potesseAlmen giustificarmi...

vit. Una ragione!Mille ne avrai, qualunque sia l’affettoaDa cui prenda il tuo cor regola e moto.È la gloria il tuo voto? Io ti propongoLa patria a liberar. Frangi i suoi ceppi;La tua memoria onora;Abbia il suo Bruto il secol nostro ancora.Ti senti d’un illustreAmbizion capace? Eccoti apertaUna strada all’impero. I miei congiunti,Gli amici miei, le mie ragioni al soglioTutte impegno per te. Può la mia manoRenderti fortunato? Eccola! corri,Mi vendica, e son tua. Ritorna aspersoDi quel perfido sangue; e tu saraiLa delizia, l’amoreLa tenerezza mia. Non basta? Ascolta,E dubita, se puoi. Sappi che amaiTito fin or; che del mio cor l’acquistoEi t’impedì; che, se rimane in vita,Si può pentir; ch’io ritornar potrei,Non mi fido di me, forse ad amarlo.Or va: se non ti muoveDesio di gloria, ambizione, amore;Se tolleri un rivale,Che usurpò che contrasta,Che involar ti potrà gli affetti miei,Degli uomini il più vil dirò che sei.

ses. Quante vie d’assalirmi!Basta, basta, non più! Già m’inspirasti,

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Vitellia, il tuo furore. Arder vedraiFra poco il Campidoglio; e questo acciaroNel sen di Tito... (Ah, sommi dèi, qual geloMi ricerca le vene!)

vit. Ed or che pensi?ses. Ah, Vitellia!vit. Il previdi:

Tu pentito già seises. Non son pentito;

Ma...vit. Non stancarmi più. Conosco, ingrato,

Che amor non hai per me. Folle ch’io fui!Già ti credea, già mi piacevi, e quasiCominciavo ad amarti. Agli occhi mieiInvolati per sempre,E scordati di me.

ses. Fermati! io cedo;Io già volo a servirti.

vit. Eh! non ti credo.M’ingannerai di nuovo. In mezzo all’opraRicorderai...

ses. No: mi punisca Amore,Se penso ad ingannarti.

vit. Dunque, corri! Che fai? perché non parti?ses. Parto; ma tu, ben mio,

Meco ritorna in pace.Sarò qual più ti piace;Quel che vorrai farò.Guardami, e tutto oblio,E a vendicarti io volo.Di quello sguardo soloIo mi ricorderò.

(parte

Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

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Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

scena dodicesima

vitellia, poi publio

vit. Vedrai, Tito, vedrai che al fin sì vileQuesto volto non è. Basta a sedurtiGli amici almen, se ad invaghirti è poco.Ti pentirai...

pub. Tu qui, Vitellia? Ah! corri:Va Tito alle tue stanze.

vit. Cesare! E a che mi cerca?pub. Ancor nol sai?

Sua consorte ti elesse.vit. Io non sopporto,

Publio, d’esser derisa.pub. Deriderti! Se andò Cesare istesso

A chiederne il tuo assenso.vit. E Servilia?pub. Servilia,

Non so perché, rimane esclusa.vit. Ed io...pub. Tu sei la nostra Augusta. Ah! principessa,

Andiam: Cesare attende.vit. Aspetta. (Oh dèi!)

Sesto ?... (Misera me!) Sesto?...

(verso la scena)

È partito.Publio, corri... raggiungi...Digli... No. Va più tosto... (Ah! mi lasciaiTrasportar dallo sdegno). E ancor non vai?

pub. Dove?vit. A Sesto.pub. E dirò?vit. Che a me ritorni;

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Che non tardi un momento.pub. Vado. (Oh, come confonde un gran contento!)

(parte

scena tredicesima

vitellia sola.

vit. Che angustia è questa! Ah! caro Tito, io fuiTeco ingiusta, il confesso. Ah! se frattantoSesto il cenno eseguisse, il caso mioSarebbe il più crudel... No, non si facciaSì funesto presagio. E se mai TitoSi tornasse a pentir?... Perché pentirsi?Perché l’ho da temer? Quanti pensieriMi si affollano in mente! Afflitta e lieta,Godo, torno a temer, gelo, m’accendo;Me stessa in questo stato io non intendo.Quando sarà quel dì,Ch’io non ti senta in senSempre tremar così,Povero core?Stelle, che crudeltà!Un sol piacer non v’èChe, quando mio si fa,Non sia dolore.

(parte

Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

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Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

ATTO SECONDO

scena prima

Portici.

sesto solo, col distintivo de’ congiurati sul manto.

ses. Oh dèi, che smania è questa!Che tumulto ho nel cor! Palpito, agghiaccio:M’incammino, m’arresto: ogni aura, ogni ombraMi fa tremare. Io non credea che fosseSì difficile impresa esser malvagio.Ma compirla convien. Già per mio cennoLentulo corre al Campidoglio. Io deggioTito assalir. Nel precipizio orrendoÈ scorso il piè. Necessità divenneOrmai la mia ruina. Almen si vadaCon valore a perir. Valore? E comePuò averne un traditor? Sesto infelice,Tu traditor! Che orribil nome! E pureT’affretti a meritarlo. E chi tradisci?Il più grande, il più giusto, il più clementePrincipe della terra, a cui tu deviQuanto puoi, quanto sei. Bella mercedeGli rendi in vero! Ei t’innalzò per fartiIl carnefice suo. M’inghiotta il suoloPrima ch’io tal divenga. Ah! non ho core,Vitellia, a secondar gli sdegni tui:Morrei, prima dei colpo, in faccia a lui.S’impedisca... Ma come,Or che tutto è disposto?... Andiamo, andiamoLentulo a trattener. Sieguane poiQuel che il fato vorrà. Stelle, che miro!Arde già il Campidoglio! Aimè! l’impresaLentuto incominciò. Forse già tardi

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Sono i rimorsi miei.Difendetemi Tito, eterni dèi!

(vuol partire

scena seconda

annio e detto.

ann. Sesto, dove t’affretti?ses. Io corro, amico...

Oh dèiI non m’arrestar.

(vuol partire

ann. Ma dove vai?ses. Vado... Per mio rossor già lo saprai.

(parte

scena terza

annio, poi servilia, indi publio con guardie.

ann. « Già lo saprai per mio rossor »! Che arcanoSi nasconde in que’ detti! A quale oggettoCelarlo a me? Quel pallido sembiante,Quel ragionar confuso,Stelle! che mai vuol dir? Qualche periglioSovrasta a Sesto. Abbandonar nol deveUn amico fedel. Sieguasi.

(vuol partire

Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

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Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

serv. Al fine,Annio, pur ti riveggo.

ann. Ah! mio tesoro,Quanto deggio al tuo amor! Torno a momenti:Perdonami, se parto.

serv. E perché maiCosì presto mi lasci?

pub. Annio, che fai?Roma tutta è in tumulto, il CampidoglioVasto incendio divora; e tu frattantoPuoi star senza rossoreTranquillamente a ragionar d’amore?serv. Numi!

ann. (Or di Sesto i dettiPiù mi fanno tremar. Cerchisi... )

(in atto di partire

serv. E puoiAbbandonarmi in tal periglio?

ann. (Oh Dio!Fra l’amico e la sposaDivider mi vorrei). Prendine cura,Publio, per me. Di tutti i giorni mieiL’unico ben ti raccomando in lei.

(parte frettoloso

scena quarta

servilia e publio

serv. Publio, che inaspettatoAccidente funesto!

pub. Ah, voglia il CieloChe un’opra sia del caso, e che non abbia

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Forse più reo disegnoChi destò quelle fiamme!

serv. Ah! tu mi faiTutto il sangue gelar.

pub. Torna, o Servilia,A’ tuoi soggiorni e non temer. Ti lascioQuei custodi in difesa, e corro intantoDi Vitellia a cercar. Tito m’imponeD’aver cura d’entrambe.

serv. E ancor di noiTito si rammentò?

pub. Tutto rammenta;Provvede a tutto; a riparare i danni,A prevenir le insidie, a ricomporreGli ordini già sconvolti... Oh, se il vedessiDella confusa plebeGI’impeti regolar! Gli audaci affrena;I timidi assicura; in cento modiSa promesse adoprar, minacce e lodi.Tutto ritrovi in lui: ci vedi insiemeIl difensor di Roma,Il terror delle squadre,L’amico, il prence, il cittadino, il padre.

serv. Ma, sorpreso così, come ha saputo...pub. Eh! Servilia, t’inganni:

Tito non si sorprende. Un impensatocolpo non v’è, che nol ritrovi armato.Sia lontano ogni cimento,L’onda sia tranquilla e pura,Buon guerrier non s’assicura,Non si fida il buon nocchier.Anche in pace, in calma ancora,L’armi adatta, i remi appresta,Di battaglia o di tempestaQualche assalto a sostener.

(parte

Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

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Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

scena quinta

servilia sola

serv. Dall’adorato oggettoVedersi abbandonar; saper che a tantiRischi corre ad esporsi, in sen per luiSentirsi il cor tremante, e nel periglioNon poterlo seguir: questo è un affannoD’ogni affanno maggior; questo è soffrireLa pena del morir senza morire.Almen, se non poss’ioSeguir l’amato bene,Affetti del cor mio,Seguitelo per me.Già sempre a lui vicinoRaccolti Amor vi tiene,E insolito camminoQuesto per voi non è.

(parte

scena sesta

vitellia e poi sesto

vit. Chi per pietà m’additaSesto dov’è? Misera me! Per tuttoNe chiedo in vano, in van lo cerco. AlmenoTito trovar potessi!

ses.

(senza veder Vitellia)

Ove m’ascondo!Dove fuggo, infelice!

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vit. Ah, Sesto! ah, senti!ses. Crudel, sarai contenta. Ecco adempito

Il tuo fiero comando.vit. Aimè! che dici?ses. Già Tito... oh Dio! già dal trafitto seno

Versa l’anima grande.vit. Ah, che facesti!ses. No, nol fec’io, ché, dell’error pentito,

A salvarlo correa; ma giunsi appuntoChe un traditor del congiurato stuoloDa tergo lo feria. “Ferma!” gridai;Ma il colpo era vibrato. Il ferro indegnoLascia colui nella ferita e fugge.A ritrarlo io m’affretto;Ma con l’acciaro il sangueN’esce, il manto m’asperge, e Tito, oh Dio!Manca, vacilla e cade.

vit. Ah! ch’io mi sentoMorir con lui.

ses. Pietà, furor mi spronaL’uccisore a punir; ma il cerco in vano;Già da me dileguossi. Ah! principessa,Che fia di me? come avrò mai più pace?Quanto, ahi quanto mi costaIl desio di piacerti!

vit. Anima rea,Piacermi! Orror mi fai. Dove si trovaMostro peggior di te? quando s’inteseColpo più scellerato? Hai tolto al mondoQuanto avea di più caro; hai tolto a RomaQuanto avea di più grande. E chi ti feceArbitro de’ suoi giorni?Di’: qual colpa, inumano!Punisti in lui? L’averti amato? È vero:Questo è l’error di Tito;Ma punir nol dovea chi l’ha punito.

Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

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Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

ses. Onnipotenti dèi! son io? Mi parlaCosì Vitellia? E tu non fosti...

vit. Ah! taci,Barbaro, e del tuo fallo

Non volermi accusar. Dove apprendestiA secondar le furieD’un’amante sdegnata?Qual anima insensataUn delirio d’amor nel mio trasportoCompreso non avrebbe? Ah! tu nascestiPer mia sventura. Odio non v’è che offendaAl par dell’amor tuo. Nel mondo interoSarei la più felice,Empio! se tu non eri. Oggi di TitoLa destra stringerei; leggi alla terraDarei dal Campidoglio; ancor vantarmiInnocente potrei. Per tua cagioneSon rea, perdo l’impero,Non spero più conforto;E Tito, ah, scellerato! e Tito è morto.Come potesti, oh Dio!Perfido traditor!...Ah, che la rea son io!Sento gelarmi il cor,Mancar mi sento.Pria di tradir la fé,Perché, crudel! perché...Ah! che del fallo mioTardi mi pento.

(parte

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scena settima

sesto e poi annio

ses. Grazie, o numi crudeli! Or non mi restaPiù che temer. Della miseria umanaQuesto è l’ultimo segno. Ho già perdutoQuanto perder potevo. Ho già traditoL’amicizia, l’amor, Vitellia e Tito.Uccidetemi almeno,Smanie che m’agitate,Furie che lacerateQuesto perfido cor. Se lente sieteA compir la vendetta,Io stesso, io la farò.

(in atto di snudar la spada

ann. Sesto, t’affretta!Tito brama...

ses. Lo so, brama il mio sangue:Tutto si verserà.

(in atto di snudar la spada

ann. Ferma! che dici?Tito chiede vederti. Al fianco suoStupisce che non sei, che l’abbandoniIn periglio sì grande.

ses. Io!... Come?... E TitoNel colpo non spirò?

ann. Qual colpo? Ei tornaIlleso dal tumulto

ses. Eh! tu m’inganni:Io stesso lo mirai cader trafittoDa scellerato acciaro.

Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

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Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

ann. Dove?ses. Nel varco augusto, ove si ascende

Quinci presso al Tarpeo.ann. No, travedesti:

Tra il fumo e tra il tumulto,Altri Tito ti parve.

ses. Altri? E chi maiDelle cesaree vestiArdirebbe adornarsi? Il sacro alloro,L’augusto ammanto...

ann. Ogni argomento è vano:Vive Tito ed è illeso. In questo istanteIo da lui mi divido.

ses. Oh dèi pietosi!Oh caro prence! oh dolce amico! Ah! lasciaChe a questo sen... Ma non m’inganni?

ann. Io mertoSì poca fé! Dunque tu stesso a luiCorri e ‘l vedrai.

ses. Ch’io mi presenti a TitoDopo averlo tradito?

ann. Tu lo tradisti?ses. Io del tumulto, io sono

Il primo autor.ann. Come! Perché?ses. Non posso

Dirti di piùann. Sesto è infedele!ses. Amico,

M’ha perduto un istante. Addio. M’involoAlla patria per sempre.Ricordati di me. Tito difendiDa nuove insidie. Io vo ramingo, afflittoA pianger fra le selve il mio delitto.

ann. Fermati! Oh dèi! Pensiam... Senti. Fin oraLa congiura è nascosta: ognuno incolpa

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Di quest’incendio il caso: or la tua fugaIndicar la potrebbe.

ses. E ben, che vuoi?ann. Che tu non parta ancor, che taccia il fallo,

Che torni a Tito, e che con mille emendiProve di fedeltà l’error passato.

ses. Colui, qualunque sia, che cadde estinto,Basta a scoprir...

ann. Là dov’ei cadde, io volo.Saprò chi fu; se il ver si sa; se parlaAlcun di te. Pria che s’induca AugustoA temer di tua fé, potrò avvertirti:Fuggir potrai. Dubbio è ‘l tuo mai, se resti;Certo, se parti.

ses. Io non ho mente, amico,Per distinguer consigli. A te mi fido.Vuoi ch’io vada? anderò... Ma Tito, oh numi!Mi leggerà sul volto.

(s’incammina e si ferma

ann. Ogni tardanza,Sesto, ti perde.

ses. Eccomi, io vo...

(come sopra)

Ma questoManto asperso di sangue?

ann. Chi quel sangue versò?ses. Quell’infelice

Che per Tito io piangea.ann. Cauto l’avvolgi,

Nascondilo, e t’affretta.ses. Il caso, oh Dio!

Potria...

Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

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Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

ann. Dammi quel manto: eccoti il mio.

(cambia il manto

Corri: non più dubbiezze,Fra poco io ti raggiungo.

(parte

ses. Io son sì oppresso,Così confuso io sonoChe non so se vaneggio o se ragiono.Fra stupido e pensoso,Dubbio così s’aggiraDa un torbido riposoChi si destò talor;Che desto ancor deliraFra le sognate forme,Che non sa ben se dorme,Non sa se veglia ancor.

(parte

scena ottava

Galleria terrena adornata di statue, corrispondente a’ giardini.

tito e servilia

tito Contro me si congiura! Onde il sapesti?serv. Un de’ complici venne

Tutto a scoprirmi, acciò da te gl’imploriPerdono al fallo.

tito E Lentulo è infedele?serv. Lentulo è della trama

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Lo scellerato autor. Sperò di RomaInvolarti l’impero, unì seguaci,Dispose i segni, il Campidoglio accesePer destare un tumulto; e già correa,Cinto del manto augusto,A sorprender l’indegno! ed a sedurreIl Popolo confuso.Ma, giustizia dei Ciel! le istesse vesti,Ch’ei cinse per tradirti,Fur tua difesa e sua ruina. Un empio,Fra i sedotti da lui, corse, ingannatoDalle auguste divise,E, per uccider te, Lentulo uccise.

tito Dunque morì nel colpo?serv. Almen, se vive,

Egli nol sa.tito Come l’indegna tela

Tanto poté restarmi occulta?serv. E pure

Fra’ tuoi custodi istessiDe’ complici vi son. Cesare, è questoLo scellerato segno onde fra loroSi conoscono i rei. Porta ciascunoPari a questo, signor, nastro vermiglio,Che su l’omero destro il manto annoda:Osservalo e ti guarda.

tito Or di’, Servilia:Che ti sembra un impero? Al bene altruiChi può sagrificarsiPiù di quello ch’io feci? E pur non giunsiA farmi amar; pur v’è chi m’odia e tentaQuesto sudato alloroSvellermi dalla chioma,E ritrova seguaci, e dove? in Roma.Tito, l’odio di Roma! Eterni dèi!Io, che spesi per lei

Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

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Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

Tutti i miei dì, che per la sua grandezzaSudor, sangue versai,E or sul Nilo, or su l’Istro arsi e gelai!Io, che ad altro, se veglio,Fuor che alla gloria sua pensar non oso;Che, in mezzo al mio riposo,Non sogno che il suo ben; che, a me crudele,Per compiacere a lei,Sveno gli affetti miei m’opprimo in senoL’unica del mio cor fiamma adorata!Oh patria! oh sconoscenzai oh Roma ingrata!

scena nona

sesto, tito e servilia

ses. (Ecco il mio prence. Oh, comeMi palpita, al mirarlo, il cor smarrito!)

tito Sesto, mio caro Sesto, io son tradito!ses. (Oh rimembranza!)tito Il crederesti, amico?

Tito è l’odio di Roma. Ah! tu che saiTutti i pensieri miei, che senza veloHai veduto il mio cor, che fosti sempreL’oggetto dei mio amor, dimmi se questaAspettarmi io dovea crudel mercede!

ses. (L’anima mi trafigge e non sel crede).tito Dimmi: con qual mio fallo

Tant’odio ho mai contro di me commosso?ses. Signor...tito Parla.ses. Ah! signor, parlar non posso.tito Tu piangi, amico Sesto: il mio destino

Ti fa pietà. Vieni al mio seno. Oh, quantoMi piace, mi consola

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Questo tenero segnoDella tua fedeltà!

ses. (Morir mi sento:Non posso più. Parmi tradirlo ancoraCol mio tacer. Si disinganni appieno).

scena decima

sesto, vitellia, tito e servilia

vit. (Ah! Sesto è qui. Non mi scoprisse almeno).ses. Sì, sì, voglio al suo piè...

(vuol andare a Tito

vit.

(s’inoltra e l’interrompe)

Cesare invitto,Preser gli dèi cura di te.

ses. (MancavaVitellia ancor).

vit. PensandoAl passato tuo rischio, ancor pavento.(Per pietà, non parlar!)

(piano a Sesto

ses. (Questo è tormento!)tito Il perder, principessa,

E la vita e l’imperoAffliggermi non può. Già miei non sonoChe per usarne a benefizio altrui.So che tutto è di tutti, e che né pure

Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

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Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

Di nascer meritò chi d’esser natoCrede solo per sé. Ma, quando a RomaGiovi ch’io versi il sangue,Perché insidiarmi? Ho ricusato maiDi versarlo per lei? Non sa l’ingrataChe son romano anch’io, che Tito io sono?Perché rapir quel che offerisco in dono?

serv. Oh vero eroe!

scena undicesima

sesto, vitellia, tito, servilia, ed annio col manto disesto

ann. (PotessiSesto avvertir. M’intenderà). Signore,

(a Tito

Già l’incendio cedé; ma non è veroChe il caso autor ne sia. V’è chi congiuraContro la vita tua: prendine cura.

tito Annio, il so... Ma che miro!

(a parte a Servilia

Servilia, il segno, che distingue i rei,Annio non ha sul manto?

serv. Eterni dèi!tito Non v’è che dubitar. Forma, colore,

Tutto, tutto è concorde.serv.

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(ad Annio)

Ah, traditore!

ann. Io traditor!ses. (Che avvenne!)tito E sparger vuoi

Tu ancora il sangue mio?Annio, figlio, e perché? che t’ho fatt’io?

ann. Io spargere il tuo sangue! Ah! pria m’uccidaUn fulmine del ciel.

tito T’ascondi in vano:Già quel nastro vermiglio,Divisa de’ ribelli, a me scoperseChe a parte sei del tradimento orrendo.

ann. Questo! Come!...ses. (Ah, che feci! Or tutto intende.)ann. Nulla, signor, m’è noto

Di tal divisa. In testimonio io chiamoTutti i numi celesti.

tito Da chi dunque l’avesti?ann. L’ebbi... (Se dico il ver, l’amico accuso).tito E ben?ann. L’ebbi... non so...tito L’empio è confuso.ses. (Oh amicizia!)vit. (Oh timor!)tito Dove si trova

Principe, o Sesto amato,Di me più sventurato? Ogni altro acquistaAmici almen co’ benefici suoi:Io co’ miei beneficiAltro non fo che procurar nemici.

ann. (Come scolparmi?)ses. (Ah, non rimanga oppressa

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Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

L’innocenza per me. Vitellia, ormaiTutto è forza ch’io dica).

(piano a Vitellia, incaminandosi a Tito

vit.

(piano a Sesto)

Ah, no! che fai?Deh! pensa al mio periglio).

ses. (Che angustia è questa!)ann. (Eterni dèi, consiglio!)tito Servilia, e un tale amante

Val sì gran prezzo?serv. Io dell’affetto antico

Ho rimorso, ho rossor.ses. (povero amico!)tito Ma dimmi, anima ingrata:

(ad Annio)

il sol pensiero,Di tanta infedeltà non è bastatoA farti inorridir?

ses. (Son io l’ingrato).tito Come ti nacque in seno

Furor cotanto ingiusto?ses. (Più resister non posso). Eccomi, Augusto,

A’ piedi tuoi.

(s’inginocchia

vit. (Misera me!)ses. La colpa

Ond’Annio è reo...

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vit. Sì, la sua colpa è grande;Ma la bontà di TitoSarà maggior. Per lui, signor, perdonoSesto domanda e lo domando anch’io.(Morta mi vuoi?)

(Piano a Sesto

ses.

(s’alza)

(Che atroce caso è il miotito Annio si scusi almeno.ann. Dirò... (Che posso dir?)tito Sesto, io mi sento

Gelar per lui. La mia presenza istessaPiù confonder lo fa. Custodi, a voiAnnio consegno. Esamini il SenatoIl disegno, l’erroreDi questo... Ancor non voglioChiamarti traditor. Rifletti, ingrato!Da quel tuo cor perversoDel tuo principe il cor quanto è diverso.Tu, infedel, non hai difese;È palese il tradimento:Io pavento d’oltraggiartiNel chiamarti traditor.Tu, crudel, tradir mi vuoiD’amistà col finto velo;Io mi celo agli occhi tuoiPer pietà del tuo rossor.

(parte

Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

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Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

scena dodicesima

vitellia, servilia, sesto ed annio

ann. E pur, dolce mia sposa...

(a Servilia

serv. A me t’invola:Tua sposa io più non son.

(in atto di partire

ann. Fermati e senti.serv. Non odo gli accenti

D’un labbro spergiuro;Gli affetti non curoD’un perfido cor.Ricuso, detestoIl nodo funesto,Le nozze, lo sposo,L’amante e l’amor.

(parte

scena tredicesima

sesto, vitellia ed annio

ann. (E Sesto non favella?)ses. (Io moro).vit. (Io tremo).ann. Ma, Sesto, al punto estremo

Ridotto io sono, e non ascolto ancoraChi s’impieghi per me. Tu non ignori

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Quel che mi dice ognun, quel ch’io non dico.Questo è troppo soffrir. Pensaci, amico.Ch’io parto reo, lo vedi;Ch’io son fedel, lo sai:Di te non mi scordai;Non ti scordar di me.Soffro le mie catene;Ma questa macchia in fronte,Ma l’odio del mio beneSoffribile non è.

(parte fra le guardie

scena quattordicesima

sesto e vitellia

ses. Posso al fine, o crudele...vit. Oh Dio! l’ore in querele

Non perdiamo così. Fuggi e conservaLa tua vita e la mia.

ses. Ch’io fugga e lasciUn amico innocente...

vit. Io dell’amicoLa cura prenderò.

ses. No, fin ch’io veggaAnnio in periglio...

vit. A tutti i numi il giuro,Io lo difenderò.

ses. Ma che ti giovaLa fuga mia?

vit. Con la tua fuga è salvaLa tua vita, il mio onor. Tu sei perduto,Se alcun ti scopre, e, se scoperto sei,Pubblico è il mio segreto.

Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

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Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

ses. In questo senoSepolto resterà. Nessuno il seppe:Tacendolo morrò.

vit. Mi fiderei,Se minor tenerezzaPer Tito in te vedessi. Il suo rigoreNon temo già; la sua clemenza io temo:Questa ti vincerebbe. Ah! per que’ primiMomenti in cui ti piacqui, ah! per le careDolci speranze tue, fuggi, assicuraIl mio timido cor. Tanto facesti:L’opra compisci. Il più gran dono è questoChe far mi puoi. Tu non mi rendi menoChe la pace e l’onor. Sesto, che dici?Risolvi.

ses. Oh Dio!vit. Sì, già ti leggo in volto

La pietà che hai di me; conosco i motiDel tenero tuo cor. Di’: m’ingannai?Sperai troppo da te? Ma parla, o Sesto!

ses. Partirò, fuggirò. (Che incanto è questo!)vit. Respiro!ses. Almen tal volta,

Quando lungi sarò...

scena quindicesima

publio con guardie, e detti.

pub. Sesto!ses. Che chiedi?pub. La tua spada.ses. E perché?pub. Per tua sventura,

Lentulo non morì. Già il resto intendi.

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Vieni.vit. (Oh colpo fatale!)

(Sesto dà la spada

ses. Al fin, tiranna...pub. Sesto, partir conviene. È già raccolto

Per udirti il Senato, e non poss’ioDifferir di condurti.

ses. Ingrata, addio!Se mai senti spirarti sul voltoLieve fiato che lento s’aggiri,Di’: “Son questi gli estremi sospiriDel mio fido, che muore per me.”Al mio spirto, dal seno disciolto,La memoria di tanti martìriSarà dolce con questa mercé.

(parte con Publio e guardie

scena sedicesima

vitellia sola.

vit. Misera! che farò? Quell’infelice,Oh Dio! muore per me. Tito fra pocoSaprà il mio fallo, e lo sapran con luiTutti, per mio rossor. Non ho coraggioNé a parlar, né a tacere,Né a fuggir, né a restar. Non spero aiuto,Non ritrovo consiglio. Altro non veggoChe imminenti ruine; altro non sentoChe moti di rimorso e di spavento.Tremo fra’ dubbi miei;Pavento i rai dei giorno;

Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

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Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

L’aure, che ascolto intorno,Mi fanno palpitar.Nascondermi vorrei,Vorrei scoprir l’errore:Né di celarmi ho core,Né core ho di parlar.

(parte

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ATTO TERZO

scena prima

Camera chiusa, con porte, sedia e tavolino, con soprada scrivere

tito e publio

pub. Già de’ pubblici giuochi,Signor, l’ora trascorre. Il dì solenneSai che non soffre il trascurarli. È tuttoColà, d’intorno alla festiva arena,Il popolo raccolto, e non si attendeChe la presenza tua. Ciascun sospira,Dopo il noto periglio,Di rivederti salvo. Alla tua RomaNon differir sì bel contento.

tito Andremo,Publio, fra poco. Io non avrei riposo,Se di Sesto il destinoPria non sapessi. Avrà il Senato ormaiLe sue discolpe udite; avrà scoperto,Vedrai, ch’egli è innocente; e non dovrebbeTardar molto l’avviso.

pub. Ah! troppo chiaroLentulo favellò.

tito Lentulo forseCerca al fallo un compagno,Per averlo al perdono. Ei non ignoraQuanto Sesto m’è caro. Arte comuneQuesta è de’ rei. Pur dal Senato ancoraNon torna alcun! Che mai sarà? Va, chiediChe si fa, che s’attende. Io tutto voglioSaper pria di partir.

Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

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Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

pub. Vado: ma temoDi non tornar nunzio felice.

tito E puoiCreder Sesto infedele? Io dal mio coreIl suo misuro; e un impossibil parmiCh’egli m’abbia tradito.

pub. Ma, signor,non han tutti il cor di Tito.Tardi s’avvedeD’un tradimentoChi mai di fedeMancar non sa.Un cor verace,Pieno d’onore,Non è portento,Se ogni altro coreCrede incapaceD’infedeltà.

(parte

tito No, così scelleratoIl mio Sesto non credo. Io l’ho vedutoNon sol fido ed amico,Ma tenero per me. Tanto cambiarsiUn’alma non potrebbe. Annio, che rechi?L’innocenza di Sesto,Come la tua, di’, si svelò? Che dice?Consolami.

ann. Ah! signor, pietà per luiIo vengo ad implorar.

tito Pietà! Ma dunqueSicuramente è reo

ann. Quel manto, ond’ioParvi infedele, egli mi diè. Da luiSai che seppesi il cambio. A Sesto in faccia,Esser da lui sedotto

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Lentulo afferma, e l’accusato tace.Che sperar si può mai?

tito Speriamo, amico,Speriamo ancora. Agl’infelici è spessoColpa la sorte; e quel che vero appare,Sempre vero non è. Tu ne hai le prove:Con la divisa infameMi vieni innanzi; ognun t’accusa: io chiedoDegi’indizi ragion; tu non rispondi,Palpiti, ti confondi... A tutti veraNon parea la tua colpa? E pur non era.Chi sa? Di Sesto a dannoPuò il caso unir le circostanze istesse,O somiglianti a quelle.

ann. Il Ciel volesse!Ma se poi fosse reo?

tito Ma, se poi fosse reo, dopo sì grandiProve dell’amor mio; se poi di tantaEnorme ingratitudine è capace,Saprò scordarmi appienoAnch’io... Ma non sarà: lo spero almeno.

scena seconda

publio con foglio, e detti.

pub. Cesare, nol diss’io? Sesto è l’autoreDella trama crudel.

tito Publio, ed è vero?pub. Pur troppo ei di sua bocca

Tutto affermò. Coi complici il SenatoAlle fiere il condanna. Ecco il decretoTerribile, ma giusto;

(dà il foglio a Tito

Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

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Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

Né vi manca, o signor, che il nome augusto.tito Onnipotenti dèi!

(si getta a sedere

ann. Ah! pietoso monarca...

(inginocchiandosi

tito Annio, per oraLasciami in pace.

(Annio si leva

pub. Alla gran pompa uniteSai che le genti ormai...

tito Lo so. Partite.

(Publio si ritira

ann. Pietà, signor, di lui!So che il rigore è giusto;Ma norma i falli altruiNon son del tuo rigor.Se a’ prieghi miei non vuoi,Se all’error suo non puoi,Donalo al cor d’Augusto,Donalo a te, signor.

(parte

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scena terza

tito solo a sedere.

tito Che orror! che tradimento!Che nera infedeltà! Fingersi amico,Essermi sempre al fianco, ogni momentoEsiger dal mio coreQualche prova d’amore; e starmi intantoPreparando la morte! Ed io sospendoAncor la pena? e la sentenza ancoraNon segno?... Ah! sì, lo scellerato mora.

(prende la penna per sottoscrivere, e poi s’arresta

Mora!Ma senza udirloMando Sesto a morir? Sì, già l’inteseAbbastanza il Senato. E s’egli avesseQualche arcano a svelarmi? Olà!

(depone la penna; intanto esce una guardia)

S’ascoltiE poi vada al supplizio). A me si guidiSesto. (parte la guardia) È pur di chi regnaInfelice il destino! (s’alza) A noi si niegaCiò che a’ più bassi è dato. In mezzo al boscoQuel villanel mendico, a cui circondaRuvida lana il rozzo fianco, a cuiÈ mal fido riparoDall’ingiurie del ciel tugurio informe,Placido i sonni dorme,Passa tranquillo i dì, molto non brama,Sa chi l’odia e chi l’ama, unito o soloTorna sicuro alla foresta, al monteE vede il core a ciascheduno in fronte.

Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

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Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

Noi fra tante grandezzeSempre incerti viviam; ché in faccia a noiLa speranza o il timoreSu la fronte d’ognun trasforma il core.Chi dall’infido amico... Olà!... chi maiQuesto temer dovea?

scena quarta

publio e tito

tito Ma, Publio, ancoraSesto non viene.

pub. Ad eseguire il cennoGià volaro i custodi.

tito Io non comprendoUn sì lungo tardar.

pub. Pochi momentiSono scorsi, o signor.

tito Vanne tu stesso;Affrettalo.

pub. Ubbidisco.

(nel partire)

I tuoi littoriVeggonsi comparir: Sesto dovrebbeNon molto esser lontano. Eccolo.

tito Ingrato!All’ udir che s’appressa,Già mi parla a suo pro l’affetto antico.Ma no; trovi il suo prence e non l’amico.

(siede e si compone in atto di maestà

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scena quinta

tito, publio, sesto e custodi. sesto, entrato appena, siferma.

ses. (Numi! è quello ch’io miro

(guardando Tito

Di Tito il volto? Ah! la dolcezza usataPiù non ritrovo in lui. Come divenneTerribile per me!)

tito (Stelle! ed è questoIl sembiante di Sesto? Il suo delittoCome lo trasformò! Porta sul voltoLa vergogna, il rimorso e lo spavento).

pub. (Mille affetti diversi ecco a cimento).tito Avvicinati.

(a Sesto con maestà

ses. (Oh voceChe mi piomba sul cor!)

tito

(a Sesto con maestà)

Non odi?ses.

(s’avanza due passi e si ferma)

(Oh Dio!Mi trema il piè; sento bagnarmi il voltoDa gelido sudore;L’angoscia del morir non è maggiore).

Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

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Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

tito (Palpita l’infedel).pub. (Dubbio mi sembra,

Se il pensar che ha fallitoPiù dolga a Sesto, o se il punirlo a Tito).

tito (E pur mi fa pietà). Publio, custodi,Lasciatemi con lui.

(parte Publio e le guardie

ses. (No, di quel voltoNon ho costanza a sostener l’impero).

tito

(rimasto solo con Sesto, depone l’aria maestosa

Ah! Sesto, è dunque vero?Dunque vuoi la mia morte? E in che t’offese.Il tuo prence, il tuo padre,Il tuo benefattor? Se Tito AugustoHai Potuto obliar, di Tito amicoCome non ti sovvenne? Il premio è questoDella tenera curaCh’ebbe sempre di te? Di chi fidarmiIn avvenir potrò, se giunse, oh dèi!Anche Sesto a tradirmi? E lo potesti?E il cor te lo sofferse?

ses.

(prorompe in un dirottissimo pianto e se gli getta a’piedi)

Ah, Tito! ah, mioClementissimo prence!Non più, non più. Se tu veder potessiQuesto misero cor, spergiuro, ingrato,Pur ti farei pietà. Tutte ho su gli occhi,

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Tutte le colpe mie; tutti rammentoI benefizi tuoi: soffrir non possoNé l’idea di me stesso,Né la presenza tua. Quel sacro volto,La voce tua, la tua clemenza istessaDiventò mio supplizio. Affretta almeno,Affretta il mio morir. Toglimi prestoQuesta vita infedel; lascia ch’io versi,Se pietoso esser vuoi,Questo perfido sangue a’ piedi tuoi.

tito Sorgi, infelice!

(Sesto si leva)

(Il contenersi è penaA quel tenero pianto). Or vedi a qualeLagrimevole statoUn delitto riduce, una sfrenataAvidità d’impero! E che sperastiDi trovar mai nel trono? Il sommo forseD’ogni contento? Ah! sconsigliato, osservaQual frutti io ne raccolgo;E bramalo, se puoi.

ses. No, questa bramaNon fu che mi sedusse.

tito Dunque che fu?ses. La debolezza mia,

La mia fatalità.tito Più chiaro almeno

Spiegati.ses. Oh Dio! non posso.tito Odimi, o Sesto:

Siam soli; il tuo sovranoNon è presente. Apri il tuo core a TitoConfidati all’amico; io ti prometto

Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

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Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

Che Augusto nol saprà. Del tuo delittoDi’ la prima cagion. Cerchiamo insiemeUna via di scusarti. Io ne sareiForse di te più lieto.

ses. Ah! la mia colpaNon ha difesa.

tito In contraccambio almenoD’amicizia lo chiedo. Io non celaiAlla tua fede i più gelosi arcani;Merito ben che SestoMi fidi un suo segreto.

ses. (Ecco una nuovaSpecie di pena! o dispiacere a Tito,O Vitellia accusar).

tito Dubiti ancora?

(comincia a turbarsi

Ma, Sesto, mi ferisciNel più vivo del cor. Vedi che troppoTu l’amicizia oltraggiCon questo diffidar. Pensaci. AppagaIl mio giusto desio.

(con impazienza

ses. (Ma qual astro splendeva al nascer mio!)

(con impeto di disperazione

tito E taci? e non rispondi? Ah! già che puoiTanto abusar di mia pietà...

ses. Signore...Sappi dunque... (Che fo?)

tito Siegui.ses. (Ma quando

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Finirò di penar?)tito Parla una volta:

Che mi volevi dir?ses. Ch’io son l’oggetto

Dell’ira degli dèi; che la mia sorteNon ho più forza a tollerar; ch’io stessoTraditor mi confesso, empio mi chiamo;Ch’io merito la morte e ch’io la bramo.

tito

(ripiglia l’aria di maestà

Sconoscente! e l’avrai! Custodi! il reoToglietemi dinanzi.

(alle guardie, che saranno uscite

ses. Il bacio estremoSu quella invitta man...

tito

(nol concede)

Parti.ses. Fia questo

L’ultimo don. Per questo solo istanteRicordati, signor, l’amor primiero.

tito Parti; non è più tempo.

(senza guardarlo

ses. È vero, è vero!Vo disperato a morte;Né perdo già costanzaA vista del morir.

Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

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Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

Funesta la mia sorteLa sola rimembranzaCh’io ti potei tradir.

(parte con le guardie

scena sesta

tito

tito E dove mai s’intesePiù contumace infedeltà! PotevaIl più tenero padre un figlio reoTrattar con più dolcezza? Anche innocenteD’ogni altro error, saria di vita indegnoPer questo sol. Deggio alla mia neglettaDisprezzata clemenza una vendetta.

(va con isdegno verso il tavolino, e s’arresta

Vendetta! Ah! Tito, e tu sarai capaceD’un sì basso desio, che rende egualeL’offeso all’offensor? Merita in veroGran lode una vendetta, ove non costiPiù che il volerla. Il torre altrui la vitaÈ facoltà comuneAl più vil della terra: il darla è soloDe’ numi e de’ regnanti. Eh! viva... In vanoParlan dunque le leggi? Io lor custodeLe eseguisco così? di Sesto amicoNon sa Tito scordarsi? Han pur saputoObliar d’esser padri e Manlio e Bruto.Sieguansi i grandi esempi.

(siede)

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Ogni altro affettoD’amicizia e pietà taccia per ora.Sesto è reo: Sesto mora!

(sottoscrive)

Eccoci al fineSu le vie del rigore:

(s’alza)

eccoci aspersiDi cittadino sangue, e s’incominciaDal sangue d’un amico. Or che dirannoI posteri di noi? Diran che in TitoSi stancò la clemenza,Come in Silla e in AugustoLa crudeltà. Forse diran che troppoRigido io fui; ch’eran difese al reoI natali e l’età; che un primo errorePunir non si dovea; che un ramo infermoSubito non recideSaggio cultor, se a risanarlo in vanoMolto pria non sudò; che Tito al fineEra l’offeso, e che le proprie offese,Senza ingiuria del giusto,Ben poteva obliar... Ma dunque io faccioSì gran forza al mio cor? Né almen sicuroSarò ch’altri m’approvi? Ah! non si lasciIl solito cammin. Viva l’amico,

(lacera il foglio

Benché infedele; e, se accusarmi il mondoVuol pur di qualche errore,M’accusi di pietà, non di rigore.

Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

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Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

(getta il foglio lacerato

Publio!

scena settima

tito e publio

pub. Cesare.tito Andiamo

Al popolo che attende.pub. E Sesto?tito E Sesto

Venga all’arena ancor.pub. Dunque il suo fato...tito Sì, Publio, è già deciso.pub. (Oh sventurato!)tito Se all’impero, amici dèi,

Necessario è un cor severo,O togliete a me l’impero,O a me date un altro corSe la fé de’ regni mieiCon l’amor non assicuro,D’una fede io non mi curoChe sia frutto del timor.

(parte

scena ottava

vitellia, uscendo dalla porta opposta, richiama publio,

che seguiva tito

vit. Publio, ascolta.pub.

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(in atto di partire)

Perdona;Deggio a Cesare appressoAndar...

vit. Dove?pub.

(come sopra)

All’arena.vit. E Sesto?pub. Anch’esso.vit. Dunque morrà?pub.

(come sopra)

Pur troppo.vit. (Aimè!) Con Tito

Sesto ha parlato?pub. E lungamente.vit. E sai

Quel ch’ei dicesse?pub. No. Solo con lui

Restar Cesare volle: escluso io fui.

(parte

scena nona

vitellia, e poi,annio, e servilia da diverse parti

vit. Non giova lusingarsi;Sesto già mi scoperse: a Publio istesso

Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

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Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

Si conosce sul volto. Ei non fu maiCon me sì ritenuto; ei fugge; ei temeDi restar meco. Ah! secondato avessiGI’impulsi del mio cor. Per tempo a TitoDovea svelarmi e confessar I’errore.Sempre in bocca d’un reo, che la detesta,Scema d’orror la colpa. Or questo ancoraTardi saria. Seppe il delitto Augusto,E non da me. Questa ragione istessaFa più grave...

serv. Ah, Vitellia!ann. Ah, principessa!serv. Il misero germano...ann. Il caro amico...serv. È condotto a morir.ann. Fra poco, in faccia

Di Roma spettatrice,Delle fiere sarà pasto infelice.

vit. Ma che posso per lui?serv. Tutto. A’ tuoi prieghi

Tito lo donerà.ann. Non può negarlo

Alla novella Augusta.vit. Annio, non sono

Augusta ancor.ann. Pria che tramonti il sole

Tito sarà tuo sposo. Or, me presente,Per le pompe festive il cenno ei diede.

vit. (Dunque Sesto ha taciuto! Oh amore! oh fede!>Annio, Servilia, andiam. (Ma dove corroCosì, senza pensar?) Partite, amici:Vi seguirò.

ann. Ma, se d’un tardo aiutoSesto fidar si dee, Sesto è perduto.

(parte

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vit. Precedimi tu ancor.

(a Servilia)

Un breve istanteSola restar desio.

serv. Deh! non lasciarloNel più bel fior degli anniPerir così. Sai che fin or di RomaFu la speme e l’amore. Al fiero eccessoChi sa chi l’ha sedotto. In te sarebbeObbligo la pietà. Quell’infeliceT’amò più di se stesso; avea fra’ labbriSempre il tuo nome; impallidia qualoraSi parlava di te. Tu piangi!

vit. Ah! parti.serv. Ma tu perché restar? Vitellia, ah! parmi...vit. Oh dèi! parti, verrò: non tormentarmi!serv. Se altro che lagrime

Per lui non tenti,Tutto il tuo piangereNon gioverà.A questa inutilePietà che senti,Oh, quanto è simileLa crudeltà!

(parte

scena decima

vitellia sola.

vit. Ecco il punto, o Vitellia,D’esaminar la tua costanza. Avrai

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Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

Valor che basti a rimirare esangueIl tuo Sesto fedel? Sesto, che t’amaPiù della vita sua? che per tua colpaDivenne reo? che t’ubbidì crudele?Che ingiusta t’adorò? che in faccia a morteSì gran fede ti serba? E tu frattanto,Non ignota a te stessa, andrai tranquillaAl talamo d’Augusto? Ah! mi vedreiSempre Sesto d’intorno, e l’aure e i sassiTemerei che loquaciMi scoprissero a Tito. A’ piedi suoiVadasi il tutto a palesar. Si scemiIl delitto di Sesto,Se scusar non si può. Speranze, addio,D’impero e d’imenei! nutrirvi adessoStupidità saria. Ma, pur che sempreQuesta smania crudel non mi tormenti,Si gettin pur l’altre speranze a venti.Getta il nocchier taloraPur que’ tesori all’onde,Che da remote spondePer tanto mar portò;E, giunto al lido amico,Gli dèi ringrazia ancora,Che ritornò mendico,Ma salvo ritornò.

(Parte

scena undicesima

Luogo magnifico, che introduce a vasto anfiteatro, dicui per diversi varchi scopresi la parte interna. Si vedran-no già nell’arena i complici della congiura, condannati al-le fiere.

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Nel tempo che si canta il coro, esce tito preceduto da’littori, circordato da’ senatori e patrizi romani, e seguìtoda’ pretoriani; indi annio e servilia da diverse parti.

coro Che del Ciel, che degli dèiTu il pensier, l’amor tu sei,Grand’eroe, nel giro angustoSi mostrò di questo dì.Ma cagion di meravigliaNon è già, felice Augusto,Che gli dèi chi lor somigliaCustodiscano così.

tito Pria che principio a’ lietiSpettacoli si dia, custodi, innanziConducetemi il reo. (Più di perdonoSpeme ei non ha: quanto aspettato meno,Più caro esser gli dee).

ann. Pietà, signore!serv. Signor, pietà!tito Se a chiederla venite

Per Sesto, è tardi. È il suo destin deciso.ann. E sì tranquillo in viso

Lo condanni a morir?serv. Di Tito il core

Come il dolce perdé costume antico?tito Ei s’appressa: tacete!serv. Oh Sesto,ann. Oh amico!

scena ultima

publio e sesto fra’ littori, poi vitellia, e detti.

tito Sesto, de’ tuoi delittiTu sai la serie, e sai

Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

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Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

Qual pena ti si dee. Roma sconvolta,L’offesa maestà, le leggi offese,L’amicizia tradita, il mondo, il CieloVoglion la morte tua. De’ tradimentiSai pur ch’io son l’unico oggetto. Or senti.

vit. Eccoti, eccelso Augusto,

(s’inginocchia

Eccoti al piè la più confusa...tito Ah! sorgi:

Che fai? che brami?vit. Io ti conduco innanzi

L’autor dell’empia trama.tito Ov’è? chi mai

Preparò tante insidie al viver mio?vit. Nol crederai.tito Perché?vit. Perché son io.tito Tu ancora!ses. e serv. Oh stelle!ann. e pub.Oh numi!tito E quanti mai,

Quanti siete a tradirmi?vit. Io la più rea

Son di ciascuno; io meditai la trama;Il più fedele amicoIo ti sedussi; io del suo cieco amoreA tuo danno abusai.

tito Ma del tuo sdegnoChi fu cagion?

vit. La tua bontà. CredeiChe questa fosse amor. La destra e il tronoDa te speravo in dono; e poi neglettaRestai due volte, e procurai vendetta.

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Page 72: La clemenza di Tito - Biblioteca della Letteratura Italiana · Tu la mia sorte, il mio destin tu sei. vit. ... Un astro che governa il mio destino. La superba lo sa, ne abusa; ed

tito Ma che giorno è mai questo! Al punto istessoChe assolvo un reo, ne scopro un altro! E quandoTroverò, giusti numi!Un’anima fedel? Congiuran gli astri,Cred’io, per obbligarmi, a mio dispetto,A diventar crudel. No! non avrannoQuesto trionfo. A sostener la garaGià s’impegnò la mia virtù. VediamoSe più costante siaL’altrui perfidia o la clemenza mia.Olà! Sesto si sciolga: abbian di nuovoLentulo e i suoi seguaciE vita e libertà. Sia noto a RomaCh’io son l’istesso, e ch’ioTutto so, tutti assolvo e tutto oblio.

pub. e ann. Oh generoso!serv. E chi mai giunse a tanto?ses. Io son di sasso!vit. Io non trattengo il pianto!tito Vitellia, a te promisi

La destra mia; ma...vit. Lo conosco, Augusto:

Non è per me. Dopo un tal fallo, il nodoMostruoso saria.

tito Ti bramo in parteContenta almeno. Una rival sul tronoNon vedrai, tel prometto. Altra io non voglioSposa che Roma: i figli miei sarannoI popoli soggetti;Serbo indivisi a lor tutti gli affetti.Tu d’Annio e di ServiliaAgl’imenei felici unisci i tuoi,Principessa, se vuoi. Concedi pureLa destra a Sesto: il sospirato acquistoGià gli costa abbastanza.

Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

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Pietro Metastasio - La clemenza di Tito

vit. Infin ch’io vivaFia sempre il tuo voler legge al mio core.

ses. Ah Cesare! ah, signore! e poi non soffriChe t’adori la terra e che destiniTempii il Tebro al tuo nume? E come, e quandoSperar potrò che la memoria amaraDe’ falli miei...

tito Sesto, non più: torniamoDi nuovo amici, e de’ trascorsi tuoiNon si parli più mai. Dal cor di TitoGià cancellati sono:Me gli scordo, t’abbraccio e ti perdono.

coro Che del Ciel, che degli dèiTu il pensier, l’amor tu sei,Grand’eroe, nel giro angustoSi mostrò di questo dì.Ma cagion di meravigliaNon è già, felice Augusto,Che gli dèi chi lor somigliaCustodiscano così.

LICENZA

Non crederlo, signor; te non pretesiRitrarre in Tito. Il rispettoso ingegnoSa le sue forze appieno,Né a questo segno io gli rallento il freno.Veggo ben che ciascunoTi riconobbe in lui. So che tu stessoQuegli affetti clementi,Che in sen Tito sentiva, in sen ti senti.Ma, Cesare, è mia colpaLa conoscenza altrui?È colpa mia che tu somigli a lui?Ah! vieta, invitto Augusto,

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Se le immagini tue mirar non vuoi,Vieta alle Muse il rammentar gli eroi.Sempre l’istesso aspettoHa la virtù verace;Benché in diverso petto,Diversa mai non è.E ogni virtù più bellaSe in te, signor, s’aduna,Come ritrarne alcunaChe non somigli a te?

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