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Nicola Pezzella LA CHIESA DI SAN PAOLO DI BREDA E I TEMPLARI BIBLIOTECA COMUNALE BREDA DI PIAVE

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Nicola Pezzella

LA CHIESA DI SAN PAOLO DI BREDA E I TEMPLARI

BIBLIOTECA COMUNALE BREDA DI PIAVE

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Copertina: Marco LorenzonProgetto grafico e stampa: TIPSE Vittorio VenetoFinito di stampare nel mese di dicembre 2000per conto della Biblioteca Comunale di Breda di Piave

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Q“Q uando scocca l’ora della battaglia, i cavalieri si armano inte-riormente con la fede, e all’esterno non di oro ma di ferro,affinché, corazzati e non imbellettati, incutano terrore ai

nemici, piuttosto che provocarne l’avidità. Vogliono cavalli gagliardi eveloci, non di colori sgargianti e di doviziosi finimenti: poiché pensano allabattaglia e non alla parata, alla vittoria e non alla gloria …”.

In queste parole di San Bernardo si cela la visione che egli ha dei tem-plari, o della Nuova Cavalleria, come egli definisce i membri dell’Ordinedel Tempio e ai quali l’abate cistercense dedica uno scritto elogiativo.

Ma in noi, quali immagini evocano le parole del Santo?Cariche di cavalleria, cavalieri dai bianchi mantelli segnati da una

rossa croce, uomini barbuti rivestiti di argentee corazze che, lancia inresta, si avventano contro gli infedeli, il tumulto degli assedi, l’eroismo inbattaglia e, per alcuni, anche il martirio.

Immaginare tutto ciò non è fantasia, è ricreare, col pensiero, partedella gloriosa epopea che rese leggendario l’Ordine del Tempio e fu pro-prio questa gloria e la sua tragica fine a perpetuarne, nei secoli, la memo-ria.

Li ricordiamo sempre e solo come combattenti, ma il dualismo tem-plare c’impone di vederli anche come monaci, perché l’uno senza l’altronon possono esistere.

Certo la gloria dei cavalieri del Tempio viene ricordata nei testi distoria, nelle memorie dei cronisti del loro tempo, ma chi ricorda l’altroesercito di uomini, sempre del Tempio, addetti alla conduzione e allo sfrut-tamento di ogni più piccola proprietà dell’Ordine e di ogni bene da essiricevuto in dono o acquistato?

Affinché il cavaliere templare potesse combattere in Terrasanta, unsuo confratello, magari a miglia di distanza, doveva controllare che dei ser-vi coltivassero adeguatamente le terre della precettoria, che gli affittuaripagassero, alle scadenze stabilite, i censi in denaro o in derrate alimentaripattuiti. Un esercito di formiche operose che con il loro lavoro incessanteprodussero ricchezza, quella ricchezza che permise al Tempio di mantene-re le grandi fortezze di Terrasanta, i castelli tolti ai mori nelle terre di Spa-gna, le navi che portavano pellegrini e mercanzie, l’approvvigionamento dicavalli e di derrate, le armi e quant’altro potesse servire alla guerra.

Questi uomini, cavalieri e monaci, sono le due facce della stessamedaglia, sono i due uomini su un solo cavallo che appaiono effigiati nelsigillo templare. Tale sigillo detto “consueto” perché impiegato per scandi-re tutti gli atti della vita quotidiana, racchiude in pieno il dualismo dellafigura templare: il monaco e il soldato.

Le precettorie italiane dell’Ordine del Tempio, difficilmente potevanooffrire alla milizia templare cavalieri addestrati da impiegare come combat-

P R E S E N T A Z I O N E

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tenti in Oltremare e ciò a causa della scarsità di un ceto cavalleresco feu-dale del tipo francese o spagnolo. In Italia le magioni templari, alcune mol-to ricche e dai vasti possessi fondiari, servirono essenzialmente da supportoe rifornimento per le forze combattenti.

Una di queste era quella di Breda con la chiesa dedicata a San Paolo.È grazie allo studio di Nicola Pezzella se possiamo ora annoverare

anche questa casa tra quelle dell’Ordine del Tempio, infatti sino a pocotempo fa tutti erano convinti che essa fosse sempre appartenuta all’Ordinedi San Giovanni di Gerusalemme, oggi conosciuto come Ordine di Malta.L’importanza di questa scoperta dello studioso trevigiano permetterà diriscrivere alcune pagine di storia locale, quella storia spesso stilata consuperficialità da studiosi ferratissimi sul medioevo ma che ignorano com-pletamente la tematica degli Ordini monastico-militari e dei templari inparticolare.

Non ci si improvvisa storici dell’Ordine del Tempio dall’oggi aldomani, sono necessari anni di studio e tanta, tanta pazienza perché spes-so, dopo un’annosa ricerca, nuovi documenti smontano ipotesi faticosa-mente elaborate. È poi sommamente importante l’interpretazione correttadei documenti rapportata ai vari aspetti specifici della storia templare eNicola Pezzella, che si è sempre attenuto a questo principio, ha ottenutoottimi risultati nella ricerca.

Dall’inventario dei beni della precettoria, stilato dagli incaricati degliinquisitori, nel 1310, apprendiamo che essa aveva casa, terreni vari e chie-sa. Dopo averla menzionata, i procuratori non parlarono più della casa, masolo della chiesa che non dovette essere ad uso esclusivo dei templari ben-sì aperta a tutti i fedeli di Breda e questa, dal numero dei ben 11 libri sacriposseduti, che costituivano una vera ricchezza, dobbiamo ritenerla unaparrocchia di non trascurabile importanza. Ciò è avvalorato anche dallanotizia che l’edificio di culto aveva un campanile con due campane, inve-ce del più modesto campaniletto a vela usuale nelle chiese medioevaliposte fuori città.

È probabile che siano stati gli Spineda, questa ricca famiglia del luo-go, come ipotizzato dal Pezzella, a concedere ai templari la possibilità distabilirsi a Breda. Forse la zona era tutt’altro che produttiva e fertile e queinobili, conoscendo la fama di bonificatori e coltivatori esperti acquisitadagli uomini del Tempio, concessero loro il luogo ove stabilirsi. Non pos-siamo dire quale fu il risultato economico dell’insediamento dei templari aBreda, perché mancano i libri contabili, ma se dobbiamo basarci su quantoavvenuto nelle altre precettorie del Nord-Est, possiamo dire che esse ebbe-ro tutte notevole prosperità e uno sviluppo demografico ragguardevole.

Ci auguriamo che si possano trovare altri documenti di epoca templa-re che permettano all’autore di questo saggio di regalare altre pagine di sto-ria perduta a Breda di Piave e a tutto il trevigiano.

Loredana ImperioPresidente della L.A.R.T.I.

(Libera Associazione Ricercatori Templari Italiani)

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L’Ordine del Tempio

Tra i vari ordini monastico-militariche sorsero nel XII secolo a difesa dellaTerrasanta il più noto è quello dei Tem-plari. La fondazione dell’ordine si attri-buisce ad un cavaliere dello Champa-gne, Hugues de Payns, il quale, secondola tradizione, si presentò con altri ottocavalieri a re Baldovino I, dicendo divolersi dedicare alla difesa dei luoghisanti, delle strade e dei pellegrini.

Nella figura del Templare conviveva-no due aspetti completamente diversi: ilmonaco e il guerriero. Ma la necessità dicreare una milizia permanente controgli “infedeli” fece ben presto superare leiniziali resistenze. Nel 1127 Ugo diPayns, su mandato di re Baldovino, si

imbarca per l’Occidente insieme ad altricavalieri, con l’intenzione di far appro-vare la regola dell’ordine, elaborata inOriente, e allo stesso tempo di reclutareadepti per la nuova milizia di Cristo.L’anno successivo, il papa convocò unconcilio a Troyes, dove un monacocistercense, San Bernardo, diede la suaapprovazione alla regola. Inizialmentecontrario alla formazione di un nuovoordine monastico-militare, Bernardo, inseguito, scriverà addirittura un’operaaltamente elogiativa dell’Ordine delTempio, ovvero il De Laude Novae Militiae.

Subito dopo il concilio arrivano leprime donazioni: dalla Francia rapida-mente l’ordine si fa conoscere nellapenisola iberica e un po’ in tutta Europa,ricevendo da tutti gli strati sociali benimobili ed immobili.

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La chiesa e il borgo di San Tomaso, sede dell’Ordine del Tempio a Treviso nel Medioevo (Arch. Ordine di Malta, Venezia, b. 566).

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Ai Templari venivano affidati beni dipellegrini che si recavano nei luoghi dipellegrinaggio; altre cose erano lasciateall’atto dei testamenti, terreni, castelli,complessi religiosi affidati da nobililocali o direttamente da vari sovrani cosìche i cavalieri potessero presidiare edifendere luoghi strategici e le vie dipellegrinaggio. Come avvenne per altriordini monastici l’affidamento di terreniincolti e improduttivi fu una politicaaccorta di autorità civili ed ecclesiasti-che: i Templari attraverso le bonifiche ei sistemi oculati di sfruttamento del terri-torio, resero fertili e coltivabili zonealtrimenti abbandonate. Allo stesso tem-po i monaci del Tempio, attraverso laproduzione in eccedenza e quindi lavendita di cospicue derrate alimentari,finanziavano la guerra in Terrasanta.

In Italia l’ordine si installò abbastan-za presto, a partire dall’Italia settentrio-nale.

Per quanto riguarda il trevigiano sisuppone che i Templari siano arrivatiattorno alla metà del XII secolo, fondan-do a Treviso la precettoria di SantaMaria del Tempio (poi dopo qualchetempo riconsacrata a San Tomaso diCanterbury), e presso Ormelle la precet-toria di Santa Maria di Campagna.

“Domus et ecclesia”

Quando si parla di insediamenti tem-plari e di altri ordini monastico-miliatarisi fa riferimento a termini come“domus”, oppure “mansio”, entrambi diorigine latina. Per domus non si intende

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Estimo di Breda, risalente al XVIII sec. (Arch. Ordine di Malta, Venezia, B; 566)

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tanto la casa in sé e per sé ma piuttostoquell’insieme di edifici che formano unparticolare insediamento. Quindi, quan-do nei documenti si cita la “domus etecclesia” si specifica che l’insediamentoè formato da una parte adibita agli usipiù svariati (refettorio, stalla, officina,ecc.) e dalla parte riservata al culto. Inaltri documenti, con un significato simi-le e derivante dal latino medievale, siparla di “mansio” e qualche volta in vol-gare di “mason” (in francese “maison”):in italiano è rimasto nel toponimo man-sione o magione, mentre nel Venetoancora qualche località è chiamataMason.1

Le mansioni rurali sorgevano pressoantiche strade romane o a vie di pelle-grinaggio medievale, e, quando era pos-sibile, vicino a vie fluviali, importantissi-me per la sussistenza della comunitàmonastiche.

Le domus cittadine, invece, si trova-vano spesso fuori o a ridosso delle mura,nei borghi che si erano andati formandoattorno agli antichi nuclei urbani: cosìanche a Treviso, dove i Templari si inse-diarono nel borgo che prese il nomedalla loro chiesa, ovvero quello di SanTomaso, oggi conosciuto come BorgoCavalli.

La mansione di Tempio di Ormelleera una “precettoria” o “balia”, ossia uninsediamento di grande importanza dacui dipendevano molte altre domus, nonsolo del Trevigiano, ma anche del Vene-to e del Friuli: l’insediamento era impor-tante non solo per la consistenza degliedifici ma soprattutto per il vasto patri-monio fondiario che vi era tutt’attorno.2

Sia nelle domus rurali che in quellecittadine non stavano cavalieri in assettodi guerra, dato che le forze dovevano

essere concentrate presso i due maggiorifronti di guerra, in Terrasanta e in peni-sola iberica. In compenso operavanomonaci e laici affiliati al Tempio, la cuimassima preoccupazione era quella diamministrare e gestire al meglio il patri-monio fondiario dell’ordine.

La soppressione dei Templari e il passaggio dei beni ai Giovanniti

Gli ultimi anni della vita dell’Ordinedel Tempio rappresentano una dellepagine più tristi e dolorose dell’interastoria medievale. Con la perdita dellaTerrasanta e dell’ultimo baluardo cristia-no, ovvero San Giovanni d’Acri (1291),gli ordini militari persero la loro prima-ria ragione di vita: la guerra contro gli“infedeli”. La guerra continuava ad esse-re condotta contro i Mori nella penisolaiberica e nelle zone del Baltico, doveperò spadroneggiava l’Ordine dei Cava-lieri Teutonici. La massa dei beni fon-diari e mobili, che serviva a ricavare iproventi per finanziare le zone di com-battimento in Oriente, si trovarono dis-ponili ad accrescere la già consistentepotenza economica dell’Ordine in Euro-pa. Questo centro economico e finan-ziario era ora Parigi, e l’ordine, con isuoi possessi, diventava quasi uno statonello stato. Il re di Francia, Filippo ilBello, si era fortemente indebitato con iTemplari e tramò contro di loro: nell’ot-tobre del 1307, fece arrestare i Templarifrancesi, sottoponendoli ad assurdi inter-rogatori sotto torture disumane, allo sco-po di estorcere confessioni che gli con-

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sentissero di pretendere dal papa la con-danna e la soppressione dell’ordine. Lefalse accuse comunque erano sufficientia convincere un papa creato dallo stessore di Francia, ovvero Clemente V, e ilprocesso farsa si trascinò fino al 1312quando il pontefice fece emanare la bol-la Vox in excelso che scioglieva l’ordinesenza condannarlo. Nonostante ciò inFrancia atti violenti ed esecuzioni som-marie proseguirono: il 18 marzo 1314,sull’isoletta della Senna, trovò la mortesul rogo anche il gran maestro dei Tem-plari Jacques de Molay.

Per fortuna in alcune zone dell’Italiale cose andarono diversamente. Le con-danne, se ci furono, si dimostrarono mitie in certe zone il processo nemmeno sisvolse.

Per quanto riguarda la zona delleVenezie e dell’Istria fu incaricato adinvestigare l’arcivescovo di RavennaRinaldo da Concorezzo3, che non trovòcolpevoli i Templari e li assolse. Questo,se non altro, permise loro, una voltasoppresso l’ordine, di continuare a vive-re tranquillamente, o come ex Templario cambiando l’abito monacale: infattialcuni entrarono nell’ordine francesca-no, altri in quello dei Cavalieri Gauden-ti, altri ancora in quello di San Giovannidell’Ospedale (Giovanniti).

L’Ordine di San Giovanni dell’Ospe-dale, detto poi di Rodi e di Malta dallasede centrale dell’ordine nel corso deisecoli, raccolse l’eredità dei Cavalieridel Tempio. Infatti con la bolla Ad pro-vidam Christi Vicarii del 1312 il papaaveva prescritto che allo scioglimentodei Templari i beni sarebbero passati aiGiovanniti. Ciò in linea generale fuquello che realmente avvenne, anche se

dobbiamo precisare che, all’epoca degliarresti e dei processi, molte precettoriefurono nel mirino di signori potenti evarie autorità locali che misero le manisu quell’allettante bottino. Comunquesia, quasi tutte le chiese templari passa-rono, dunque, ai Giovanniti od Ospita-lieri, anch’essi monaci-cavalieri cheavevano combattuto fianco a fianco coni Templari in tante battaglie. In seguitoconosciuti meglio col nome di Cavalieridi Malta, mantennero le proprietà tem-plari fino al 1797, quando gli esercitinapoleonici si impadronirono anche diquesti possedimenti.

Un nuovo documento attesta che Breda fu dei Templari

All’Archivio Arcivescovile di Raven-na si conserva un fascicolo di pergame-ne di grande importanza storica: si trattadell’inventario inquisitoriale, redattonell’anno 1310, riguardante i beni tem-plari nell’Italia nord-orientale.4 Questoimportante documento si trova in que-st’archivio proprio perché in quell’epo-ca incaricato dell’inchiesta fu l’arcive-scovo di Ravenna Rinaldo da Concorez-zo.

In realtà non si tratta di un documen-to completo: mancano, ad un esameaccurato, diverse pagine, ma quellerimasteci ci delineano abbastanza benele proprietà dell’Ordine del Tempioall’epoca della soppressione e menzio-nano, appunto, una nuova mansione nelterritorio trevigiano: San Paolo di Breda.

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Mappa del territorio trevigiano, XVIII sec. (Biblioteca Comunale di Treviso, ms. 1682)

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Nel proseguio di questo studio trattere-mo più diffusamente di questo preziosodocumento.

Un’errata attribuzione

La questione dell’appartenenza degliinsediamenti monastico-militari nell’a-rea del trevigiano è estremamente com-plessa a causa di errori ed incompren-sioni che rendono difficile l’assegnazio-ne all’uno o all’altro ordine monastico-militare. All’origine vi è spesso il solitoequivoco che fa confondere l’Ordinedei Templari con quello dei Giovanniti,già diffuso negli eruditi del sette-otto-cento e che ancora oggi, purtroppo, noncessa di esistere, tanto è vero che sem-bra riscontrarsi anche per Breda. Giàall’inizio del ‘400 in alcuni documentiera uso definire “dei Templari” tutte lechiese in realtà soggette all’Ordine diMalta.5 Nel Catastico delle chiese delladiocesi di Treviso, trascritto dal notaioLiberale da Bologna “ex catastico q.egregii ser Michaelis de Contrariis can-cellarii episcopatus Tarvisi …, risalenteal 1510 circa si legge: “ … MonasteriumSancti Iohannis de Templo … est et ordi-nis Templariorum Hierosolimitani;hospitale Sancti Thomasii cum ecclesiain burgo Templariorum et habet paro-chiam; monasterium Sancti Martini deTarvisio et hospitale Sancti Zenone deprope Tarvisium: est Templariorum ethabet curam animarum a domino epi-scopo; hospitale Sancti Iohannis deMestre: est Templariorum; hospitaleSancti Theonisti sive Iohannis de Pagna-no. Hospitale Sancti Theonisti de Case-rio: est Templariorum, ut dicitur; eccle-

sia Sancti Pauli de Braida: est Templa-riorum Sancti Thomasii; ecclesia SanctiAndree de Bonisiolo; est Templariorum;ecclesia Sancti Victoris de Cendono: estTemplariorum”.6 Per Templari si deveintendere, evidentemente Giovanniti, etuttavia una sfumatura può essere osser-vata: San Paolo di Breda viene precisatoessere dei Templari di San Tomaso,volendo intendendere con ciò che essadipendeva od era in stretta relazionecon l’insediamento (ex templare) di SanTomaso in Treviso, una informazione,tuttavia, già chiara anche in documentiprecedenti.

In base a questa fuorviante docu-mentazione per un certo periodo si èassegnato all’Ordine del Tempio la tota-lità degli insediamenti citati, sulla basedella tradizione documentaria che nondistingueva l’appartenenza ai Templario ai Giovanniti. In particolare è statadimostrata una cosa: la chiesa di sanMartino a Treviso non appartenne mai aiTemplari e passò dai Benedettini Zenia-ni ai Giovanniti solamente nel 1321.7

Da San Martino dipendevano alcunechiese del territorio trevigiano, che ven-gono citate in una bolla di papa OnorioIII, del 1221, a favore del monastero diSan Zeno di Verona, le quali risultanoessere San Teonisto di Casier, SanLorenzo di Rovarè, San Giacomo diVisnadello, San Vito di Postioma e SanBartolomeo di Merlengo.8 Quindi nelmomento in cui San Martino diventò deiGiovanniti anche le chiese dipendentida essa seguirono questa sorte.

Anthony Luttrell, scrivendo dellepossessioni giovannite nel trevigianocommette a questo punto un errore. Egliinfatti, afferma che dopo il 1315 San

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Martino, con alcune chiese dipendentida essa, passò ai Giovanniti, includendofra queste Sant’Andrea di Bonisiolo, SanVittore di Cendon e San Paolo di Breda.9

Ebbene di queste chiese non esistealcuna documentazione che esse sianostate chiese filiali o dipendenti dal con-vento benedettino di San Martino. Pro-babilmente l’errore nasce dal fatto cheeffettivamente Bonisiolo appare succes-sivamente tra le dipendenze di San Mar-tino assieme alle altre chiese già citatefra la documentazione precedente.

Nelle “Collette” del 1330 vi sonoelencati tutti i possessi giovanniti, tra iquali San Paolo di Breda, San Vittore diCendon e Sant’Andrea di Bonisolo chenon sono mai state delle fondazioni

benedettine.10 La documentazione suqueste chiese è scarna ma quella pre-sente ci attesta che pur trovandoci difronte ad edifici già esitenti, Templari eGiovanniti si sono insediati o hannoricevuto questi possedimenti in una dataancora da precisarsi. Per San Paolo diBreda, dal documento di cui parleremoin seguito, ovvero l’inchiesta del 1310,sappiamo che si tratta di Templari. PerCendon e Bonisiolo invece deduciamoche l’appartenenza era degli Ospedalie-ri, i quali forse hanno ricevuto questechiese proprio nei primi decenni del XIVsecolo, anche se mancano i documentiin proposito.11

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La chiesa e la canonica di Breda prima dei rifacimenti di fine ’800, in un disegno del parroco Basso(Arch. Curia Vescovile di Treviso, b. 14).

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UBreda e la chiesa di San Paolo

Una tradizione, non suffragata peròdai documenti, fa risalire la chiesa diBreda al 900 circa, quando alcunimonaci benedettini avrebbero costruitouna piccola chiesa dedicata a San Pao-lo. Come abbiamo visto, però, nullac’entrano i benedettini zeniani di SanMartino e che vi fossero delle attinenzecon i benedettini di Monastier è tutto dadimostrare. In realtà nei documenti nonsi accenna mai ad una appartenenza adun preciso ordine. E’ senz’altro vero,comunque, che la chiesa di Breda è esi-stente fin dal XII secolo: infatti se ne par-la in un atto del 28 marzo 1119 per lavendita di otto masserizie, d’una porzio-ne di castello e della cappella dedicata aSan Paolo, fatta dai fratelli Uberto eRuberto, figli del fu Pellegrino da Spine-da, al conte Walperto di Cavaso.12

Potrebbero sorgere dei dubbi se ci siriferisca alla nostra Breda oppure a quel-la di Asolo, anche perché Cavaso si tro-va proprio vicino ad Asolo e l’atto èrogato presso il fiume Brenta, ma all’in-terno del documento le indicazionitoponomastiche sono precise e nonlasciano ombra di dubbio: infatti leggia-mo “ … et molendino uno in fluvioMusestro, et portione Castri et Capelleconstructae in honorem S. Pauli, quamhabere viti juris in Communitate tarvi-siensi, in villa Braide, et Pero, et Vacile,et in Campo Racolario”. Il fiume Muse-stre ancor oggi lambisce la parrocchialedi San Paolo a Breda e poco più in là sivedono i resti di un mulino; Pero e Vacilsono due frazioni di Breda.

Da questo documento si evincerebbedunque che la chiesa di San Paolo e ilcastello di Breda appartenevano a fami-glie nobili. La tradizione vuole il castel-lo di Breda, detto anche di Valsorba,fosse custodito da certi Valvassori, nobi-li trevigiani, che facevano riferimento alvescovo di Treviso, il quale ne deteneval’effettiva proprietà.13 Ma in base a que-sto documento citato abbiamo delle pre-cise indicazioni. I due fratelli erano figlidi un certo Pellegrino de Spineta; ilnome Pellegrino testimonia che egliaveva fatto un viaggio verso il SantoSepolcro; il “de Spineta”, oltre che unasemplice identificazione di origine,potrebbe anche riferirsi proprio allafamiglia Spineda, che tanto in seguitosembra avuto a che fare con il territoriodi Breda,14 che ha avuto nelle sue filediversi esponenti dell’Ordine di Malta eche nel suo stemma ha mantenuto nelcorso dei secoli la croce patente. Unaconferma in questo senso la darebbeanche Federici quando parla di unafamiglia Spinelli, proprietaria del castel-lo in Breda.15 Con “Spineta” o “Spine-da”, inoltre, si definiva una gran partedel territorio fuori della città di Trevisovicino alla chiesa di San Tomaso. Forsegli Spineda, che devono aver preso ladenominazione dal luogo di provenien-za, ebbero, in precedenza, esponenti frai Templari e furono essi a favorirne l’in-sediamento? Quale fu il ruolo dei contidi Cavaso?

L’Agnoletti, che come al solito noncita la fonte delle notizie riportate, affer-ma che il vescovo di Treviso donò ilcastello ai Templari durante il periododelle crociate, ma il fatto che egli non lidistingua dai Giovanniti non chiariscebene la questione.16

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Dal documento, inoltre, sembra chela chiesa e il castello siano stati in strettarelazione. Forse che la cappella di SanPaolo nacque come cappella castrense esolo successivamente si svincolò perdiventare parrocchia a sé stante? Nel1973, effettuando lavori di scavo all’in-terno della chiesa, si misero in luce lefondamenta di un piccolo sacello, orien-tato a nord, che forse rappresentava latestimonianza della prima cappella.17

La villa di Breda viene nominataancora una volta in una Bolla del 1170del Papa Alessandro III, per la confermadi privilegi e pertinenze di beni apparte-nenti al collegio canonicale, senza darciulteriori indicazioni.18

I vari documenti in nostro possessonon fanno mai riferimento all’Ordinedel Tempio: nel 1168 il Capitolo dellaCattedrale affitta terreni in Breda per laterza parte del vino, “usque ad spinambono ordine factam.”19 E’ davvero stra-no il fatto che non si nomino mai i Tem-plari, se pensiamo che dall’inchiesta del1310 molti appezzamenti di terreno aBreda risultavano di loro proprietà.

Una vendita, che certe sorelle Gisla,Giacomina e Tomasina effettuano nel1288 a certa Margherita, di una clausura“iacente in villa Brayde prope castella-rium” specifica che il terreno si trova “amane ecclesie de Brayda, a meridie terracondam Nicolay de Veronella partim etpartim ecclesie Sancte Marie Nove etpartim terra Oti de Molino, a sero flu-men Musestre, a monte via pubbli-ca…”.20

Da questo documento sappiamo cheil terreno era vicino al castello e checonfinava con la chiesa, ma non sappia-mo la loro appartenenza. Anche altri

documenti più o meno coevi, pur dan-doci precise indicazioni toponomasti-che, non ci danno alcun riferimento.21

Per quanto riguarda il castello altridocumenti sono stati attribuiti da mons.Zangrando a questo fortilizio, anche sein realtà è probabile che spesso le fontisi riferiscano alla “Brayda” di Asolo.22

Nel 1297, le Rationes Decimarumcitano ancora una volta la “capella S.Pauli de Brayda”che non era esente dalpagamento della decima, alla qualeprovvide il prete Andrea. 23 E qui sorgeun interrogativo. Se la chiesa fosseappartenuta ai Templari in questo perio-do non avrebbe goduto dell’esenzione?Teoricamente sì, anche se in questa datasi deve ipotizzare, dopo la perdita dellaTerrasanta, anche quella di alcuni privi-legi di cui godevano gli ordini militari.Mentre altre chiese dei Templari edospedali dei Giovanniti nella Marca Tre-vigiana e nel Veneto erano esenti dalpagamento, Tempio d’Ormelle risultaanch’essa soggetta a tassazione.24 Que-ste anomalie non fanno altro che ingar-bugliare la situazione. Le decime del1297 possono rappresentare una provadella non appartenenza di Breda, inquesta data, all’Ordine del Tempio mala cosa, come abbiamo visto, non risultacosì scontata: tuttavia, se sposiamo que-sta tesi, dobbiamo supporre che ladonazione ai Templari avvenga in unperiodo compreso tra il 1297 e il 1307.La cosa seppur plausibile resta contro-versa, visto che i possessi in Breda e nel-le vicinanze erano talmente numerosida non essere spiegati in acquisizioni dipochi anni. Ma forse una spiegazionec’è. Quasi tutti i possessi risultanodipendenti non dalla “domus SanctiPauli” ma da quella di san Tomaso in

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Treviso. E’ possibile, quindi, che data lamole elevata di possessi in questo terri-torio i Templari abbiano chiesto, ad uncerto momento, l’affidamento dellachiesa di San Paolo per costituire unadomus indipendente, come risulta infattidal documento del 1310. A meno che iTemplari non siano arrivati ben prima eche nei documenti non risulti perché ladomus non era ancora indipendente daSan Tomaso.

Ma come arrivarono i Templari aBreda? Hanno avuto un ruolo le famigliecomitali sunnominate o la donazione èstata di ambito vescovile? I documenticonservati alla Biblioteca Capitolarecitano vasti fondi appartenenti ai cano-nici della cattedrale trevigiana in varie

zone del territorio di Breda, anche se lachiesa non viene mai menzionata.25

La mansione a Breda sorgeva,comunque, in una località di grandeimportanza strategica: Breda si trovaquasi a metà strada fra la mansione cit-tadina e quella di Tempio d’Ormelle,sulla strada che viene definita con ilnome di “Cal Trevisana”, la quale par-tendo da Treviso raggiungeva il passosul Piave di Candelù. Quasi nello stessopunto confluiva anche l’antica viaPostumia, grande arteria di collegamen-to a nord della città. Dobbiamo ipotiz-zare, dunque, che davanti la chiesa diBreda passassero tutti quei pellegrini eviaggiatori che erano diretti dal Friuli

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La chiesa di S. Paolo e i vari edifici del “Priorato”, in un disegno della fine del XVII sec. (Biblioteca Comunale di Treviso, ms. 1682).

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verso Treviso e viceversa. Ciò non puòessere sottovalutato nell’assetto strategi-co dell’Ordine del Tempio.

Arriviamo dunque alla fatidica datadel 1310, quando il 3 marzo gli inquisi-tori entrarono nella “tenutam et corpora-lem posessionem domus et ecclesieSancti Pauli de Brayda, ordinis supradic-ti et diocesis tervisinam”.26 L’abate Enri-co e ed Enrico “plebanus procuratoris”avevano appena visitato la “ecclesiasancti Thomasy de Tervisio ordinis tem-plariorum jerosolimitanum”. Dell’inven-tario inerente a San Tomaso ci mancatutta la parte relativa alla chiesa: sembrache l’arcidiacono di Aquileia, Giglionedi Villalta, avesse il controllo sulla chie-sa e forse non permise l’inquisizioneall’interno dell’edificio.27 Comunque sia,ritornando alla nostra Breda, vediamocome in quella data si trattasse di unadomus assolutamente indipendente epiuttosto ricca.

L’atto viene rogato nella stessa chiesadi San Paolo e presenta elementi digrande interesse. Innanzitutto troviamonominati una grande quantità di libri aduso liturgico, elemento più che unicoraro dato che si tratta di opere che glistessi Templari, come dice il documen-to, avevano posseduto. All’interno dellachiesa di Breda tutto o quasi era rimastocom’era ma non c’era traccia di unTemplare; anzi curiosa è la notizia cheun Templare che lì si trovava portò viadue arche vecchie, non sappiamo secontenenti denari o reliquie. Fatto stache qui non c’è traccia di un frate o diun prete: questo Templare, di cui non èprecisato il nome, portò via forse qual-cosa di maggior valore e che avrebbepotuto essere più facilmente trasportato

mentre lasciò l’arredo della chiesa cosìcome stava. A San Tomaso invece risie-deva ancora prete Pietro, in altre zone,come a san Quirino o a Montebello iTemplari in quella data stavano ancoralà. Qualcuno forse avrà pensato di tro-var maggior rifugio a Venezia, dove ilpriore Emanuele potè risiedere tranquil-lamente fino al 1312, e la cosa sarebbetestimoniata dal fatto che anche alcunecose che si trovavano a Tempio furonotrasportate in quella sede.28

Dicevamo della grande quantità dilibri liturgici: un breviario di grande for-mato, un manuale di orazioni con le sto-rie per tutto l’anno, un salterio a cui era-no premesse inni, litanie e l’officio per idefunti, un messale vecchio, un antifo-nario del giorno, anche questo specifi-cato come vecchio, e ancora altri libriper vari usi. Vengono poi nominati glioggetti di argenteria: un calice argenteodorato sopra, il quale lo aveva il prete(quale?), un turibolo di bronzo; poi unparamento “de pignolato album cumsuo aparatu pannui depicti per altaribus,duo de lino”. Si trovavano due croci dilegno e due tavole dipinte; sei tovaglieper gli altari, un cassone e altri comuniutensili per la chiesa. Nel campanile vierano due campane. La domus com-prendeva anche una casa di coppi condue altre piccole casupole rustiche.

I Templari di Breda possedevanoalcune proprietà fondiarie, in particolare“unum mansus terre aratorie in diversyspecys in loco qui dicitur brayda, de quosoliti erant percipere, staria bladi inter-ciati quindecim scilicet frumenti, mily etsurigi”. E i lavoratori di questi mansidavano venti soldi per raccolto e duespalle di maiale ogni anno. Altri mansi e

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altri diritti venivano amministrati nellavilla di Cornudella, località al di là delPiave, che testimonia, se ce ne fossebisogno, della continuità dei fondi tem-plari da Treviso fino alla precettoria diTempio.

Questi beni dipendevano dunquedirettamente dalla domus di Breda. Main realtà i beni che i Templari possede-vano a Breda erano di gran lunga supe-riori ma vengono citati nell’inventario diSan Tomaso, come dipendenti dalla pre-cettoria trevigiana. Dunque la consisten-za dei beni fondiari nel territorio di Bre-da e nei dintorni era notevole. Che que-sto patrimonio si sia formato in pochianni non ci sembra molto plausubile. Iterreni di Breda dovevano, evidente-mente, risultare come la risorsa econo-mica e il sostentamento della precettoriatrevigiana, anche se sappiamo come lerendite fondiarie servissero soprattutto asostenere la guerra in Terrasanta. Cono-sciamo anche qualche nome di questiantichi bredesi lavoratori per i Templari:Corrado, Jaconello Clerighetto, Michele,Zanino figlio di Michele da Molino,Giovanni Butiro, Liberale Francesco,Ricomanno, Pietro della Dona, solonomi certo, ma pur sempre rare figure inquesto sconosciuto periodo storico.

Questi terreni erano in parte coltivatia vigneto, ma di solito alternavano variecolture di cereali, il cosiddetto raccolto“interziato”, consistente in frumento,miglio e sorgo. Qualche altra rendita erafornita dagli animali di allevamento,quali capponi, oche, galline, maiali,poca cosa comunque, rispetto a quelloche si ricavava dall’agricoltura.

Due parole sul cosiddetto castello di

Breda, che non viene mai citato nell’in-ventario inquisitoriale. Aveva qualcherelazione con la presenza templare o lagestione era separata? Certo che le coin-cidenze quando sono troppe fanno pen-sare: infatti la tradizione vuole che nel1314 il castello di Breda fosse giàdistrutto. Poco dopo la soppressione delTempio, dunque. Nella mia ricerca nonho trovato altri documenti sul castellooltre a quelli già citati. Eppure questacostruzione non doveva essere di secon-daria importanza sia per la sua posizio-ne che per l’aspetto stesso dell’edificio.Infatti pur non possedendo notizie diret-te sappiamo che nel 1875, il parrocodon Basso nella relazione al Vescovoscriveva: “A poca distanza dalla chiesa,a mezzo giorno, nei campi di proprietàora Angelo Zangrando, esistevano deirialzi di terreno detti “motte” e, nel farlisparire (1871), si trovarono sepolte dellefrecce ed altre armi antiche”. Nell’inver-no del 1872 a sud-est della canonica,alla distanza di circa trenta metri, Zan-grando, nel voler livellare il terreno delcampo, trovò molti materiali che servi-vano di fondazione ad una torre. Forseancor oggi, con uno scavo archeologi-co, sarebbe possibile ricostruire questapagina di storia sconosciuta. Il fatto cheil castello e la chiesa di Breda non ven-gano quasi mai nominati nei documentivescovili (ribadisco, però, che moltidocumenti che parlano di una certa Bre-da si riferiscono in realtà alla zona diAsolo) potrebbe essere un motivo in piùper pensare ad una possibile conduzio-ne templare, ma siamo nel campo delleipotesi e, per ora, dobbiamo fermarci aipochi dati in nostro possesso.

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Il vecchio campanile della chiesa di Breda, che la tradizione vuole sia una torre del castello di Breda.

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La soppressione dei Templari e i Giovanniti a Breda

Quando la mansione templare passòai Giovanniti? La mancanza di docu-mentazione ci costringe a non risponde-re, forse abbastanza precocemente, ver-so il 1312 come a San Tomaso, ma sitratta soltanto di supposizioni.

Breda viene nominata nel 1315, sen-za indicazioni di appartenenza, quandovengono raccolte delle collette da partedel Comune di Treviso, e paga 4 soldi.29

In questo periodo Breda apparteneva aduna delle otto divisioni territoriali dellapodesteria di Treviso, ovvero la cosid-detta “Zosagna di sopra”.

Bisogna però arrivare alle collette del1330 per leggere il nome di San Paolodi Breda sotto la gestione giovannita.30

Breda è nominata assieme alle altrechiese dipendenti anticamente dalmonastero di San Martino, più alle altredue chiese giovannite di Cendon eBonisiolo. Ebbene mentre le altre chiesehanno una rendita che va dalle 5 alle 15libre, Breda si distingue per essere valu-tata 40, il che dimostra la sua effettivaimportanza.

Da altre collette vescovili, datate1344, sappiamo che la cappella “S. Pau-li de Braida non tenetur quia pertinet adhospitali S. Iohanni”: naturalmente i pri-vilegi e le esenzioni che aveva l’Ordinedi S. Giovanni fu causa di continui dissi-di con il vescovo di Treviso, che mal sirassegnava alla cosa. Ma questo è fattocomune a quasi tutte le chiese dipen-denti dall’Ordine di Malta.

Un documento dell’Archivio Vatica-

no, datato 8 agosto 1373, recita: “… dipende dal detto priorato o pre-

cettoria (di S. Tomaso) la cappella ochiesa curata di San Paolo di Breda, nel-la detta diocesi trevigiana, nella quale èsolito risiedere un sacerdote, nominatodal priore o precettore della chiesa diSan Tomaso, dal quale priore o precetto-re, o dai suoi predecessori, non eranosoliti percepire o avere alcunchè”.31

Si può intuire che durante il periodogiovannita non fosse cambiato moltonella gestione amministrativa delle pre-cettorie ex templari, che fra l’altro conti-nuavano a mantenere un precettoredistinto da quelle giovannite “ab initio”:nel corso del ‘300, infatti, a Treviso vierano due distinti precettori giovannitiproprio per questo motivo. Come si puòevincere da questo documento sum-menzionato il prete di Breda era nomi-nato dal precettore di san Tomaso ma inrealtà la domus non era proprio unasemplice dipendenza. Anche i docu-menti successivi fanno sempre riferi-mento al “Priorato di Breda”, con unacerta gestione autonoma, erede delladomus templare che abbiamo visto eragià distinta ed indipendente ad inizio‘300.

La chiesa di san Paolo e i suoi arredi

Interessante notare che nel 1439 vie-ne menzionata in un documento la“scola Sancte Marie de Brayda” e cheall’interno della chiesa si conservavauna immagine della Beata Vergine, nonsappiamo di quale antichità e in quale

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forma.32 Non conosciamo in questoperiodo l’aspetto e il patrimonio dellachiesa di San Paolo, anche se ci sononoti ad esempio i nomi dei parroci cheivi officiavano, provenienti dalle più dis-parate regioni d’Italia e persino dall’Al-bania.33

Zangrando vide dei documenti, attiprocessuali risalenti a metà ‘500, in cuisi affermava che la chiesa aveva un por-ticato. Questo portico era ancora esi-stente nel 1592.34 Dunque anche qui unporticato, come a Tempio d’Ormelle, aSan Tomaso, a San Giovanni dell’Ospe-dale: non ci sembra una coincidenza dapoco. Un portico doveva essere unacaratteristica costruttiva degli ordiniospedalieri e militari nelle nostre zone.Sotto il portico trovavano rifugio i pelle-grini di passaggio, si stilavano importan-ti documenti o altro, insomma era unaparte viva dell’edificio ecclesiale. Nonsappiamo quando questi elementi archi-tettonici furono eliminati, ma alcuniappunti del secolo scorso, raccolti dallaZangrando, ci informano che la chiesafu visitata dal vescovo nel 1593, il qualeordinò come dovesse essere rifatta lapovera chiesa. Non sappiamo se questorifacimento avvenne immediatamenteanche se, nel 1665, sappiamo che fu dinuovo ampliata.

Al XVI risalgono due pregevoli opered’arte che si conservano ancora nellachiesa: la pala dell’altar maggiore con ilsanto patrono e il fonte battesimale. Lapala di Breda viene menzionata la primavolta in un documento del 21 marzo1564 ed è da annoverarsi al pittore diorigine cremonese Giovanni PietroMeloni.35 Rappresenta il santo titolaredella chiesa di Breda, posto sopra un

piedistallo di marmo che, dopo la puli-tura, ha messo in luce una scritta chemette in relazione il dipinto con il giu-spatronato dell’Ordine di Malta sullachiesa. Ai lati stanno san Pietro, la cuidevozione era strettamente legata aquella di san Paolo, e san Giovanni Bat-tista, il patrono dei Cavalieri di Malta.Sulla parte alta la Madonna in gloria èaccompagnata da angeli e putti che get-tano intorno serti di rose con chiara allu-sione alla devozione del Rosario. Quasiinutile ricordare che la Vergine era laprotettrice dello scomparso Ordine deiTempio, che veniva celebrata anchesuccessivamente nelle cosiddette “scoledi devozione”.

Il 24 settembre 1568 la chiesa di Bre-da riceve la visita vescovile, in cui siesamina il Santissimo Sacramento e sicita l’altare della Madonna, quello delCorpus Domini, un gonfalone dipinto dirosso con una mazza rossa, una pace dilegno dipinta: ancora in questa data ibredesi sono costretti a portare i battez-zandi nella chiesa di Varago, pievematrice della zona in cui stava il fontebattesimale per questo sacramento e dacui dipendevano anche Maserada, Can-delù e San Giacomo.36

Un’acquasantiera, quasi dello stessoperiodo, è pur visibile nella chiesa diBreda, di materiale antico recuperato, inquanto, come si evince dalla base sca-nalata, è stato scolpita da un’enormecolonna di età romana. In una nota dellibro della Luminaria, conservato nel-l’Archivio parrocchiale di Breda, datata1571, si legge dell’avvenuta “spesa peril battistero nuovo”, probabilmente daidentificarsi con quello che ancor oggi sipuò ammirare nella chiesa. L’Agnoletti

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afferma che il fonte di Breda servivasolo per i casi di urgente necessità esolo dopo il 1750 fu concordato che ibattezzandi non fossero più portati aVarago.37

Di un certo pregio sono anche le pic-cole tele collocate in presbiterio raffigu-ranti scene dell’Antico Testamento,riconducibili ad un pittore veneto dellaprima metà del XVII secolo.

In una visita del 13 maggio 1684, siprecisa che la “chiesa di S. Tomaso ècapo di questo membro di Trevisana, ele altre di S. Paolo di Breda, et quella diS. Vettor e Corona di Cendon, comeanco quella di S. Maria detta della Rove-re attinente, et dentro delli limiti dellaparochia sudeta di S. Tomaso siano bentenute et officiate…”.38 Tra il 1665 e il1668 la chiesa fu ampliata e furono eret-ti cinque altari.39

Una serie di informazioni intereres-santi, sia dal punto di vista documenta-rio che iconografico, si possono trovarenel Cabreo del Venerando Gran Prioratodi Venezia, datato 1759, anche se assie-me a questo si conserva un catastico didisegni acquarellati che pare di redazio-ne più antica.40 La visita avvenne il 10marzo del 1759, alla presenza del parro-co Giovanni Cecchetti. Il prete dichiaròche si pagava livello per due lire al GranPriorato ed un paio di capponi per gliantichi diritti del priorato sul fondo dellachiesa e della canonica; egli, per il suomantenimento esigeva dal popolo ilquartese, più altre entrate concesseglianticamente dalla Religione di Malta.Inoltre la Chiesa di san Paolo riscuotevalivello dal nobile signor Giacomo Spine-da per alcuni campi. Quindi ci vieneofferta una accurata descrizione dellachiesa che confinava “a matina e mezo-

dì strada comune, a sera Reverendemonache della Celestia, a monte diMusestre … Sta due porte una alla fac-ciata, che è verso ponente, e l’altra ver-so mezogiorno con sopra la Croce Bian-ca dipinta a fresco. Il campanile pocopiù alto della chiesa con due campane,et una picola, e orologgio. Le muraglietanto della chiesa che della sagrestiasono in ottimo stato, a visseversa del sof-fito del Coro che minaccia caduta”.Quindi si cita l’altar maggiore con lapala e le due statue ancor oggi esistenti,più due quadri ai lati con San Giovannie San Giacomo “pitture di qualche con-siderazione”e “altri due grandi a latterecon soaza in legno pure in tella e consi-deratissimi”. All’altare del Cristo, in Cor-nu Evangeli, vi si conservava la Reliquiadella SS. Croce, con reliquiario d’argen-to, e un grande crocefisso di legno.41

L’altare della Beata Vergine del Rosa-rio, invece, possedeva una statua dilegno della Beata Vergine, vestita di raf-finati paramenti. L’altare della BeataVergine del Carmine aveva una paladallo stesso soggetto,42 con l’urna delConte Guglielmo d’Onigo e due reli-quiari con reliquie di San Valentino eSanta Vittoria. All’altare di San France-sco d’Assisi stava la pala con il santo, euna statua in legno di San Valentino. IlBattistero era di pietra con coperto dilegno, una statuina di San Giovanni Bat-tista e una “tella che copre”. Tra le altrecose presenti nella chiesa, oltre a nume-rosi pezzi di argenteria e di mobilio pre-giato, una “imagine della BeatissimaVergine nichiata in muro di legno conlampadetto d’otton davanti e catena diferro”, oltre ad un organo con la suaorchestra. In Sagrestia “un Cristo inlegno con un quadro per parte del

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Tizian corrosi dal tempo” e una “statuet-ta della Beata Vergine di legno innichio”; nella stessa sagrestia si conser-vava una notevole quantità di calici, pis-sidi, ostensori, piviali e altri paramenti,due messali nuovi e due vecchi, tre libricon orazioni funebri. Insomma la chiesadi Breda appare piuttosto ricca, speciese rapportata ad altre piccole comunitàdi campagna. Molti di questi oggettisono andati dispersi quando l’ordine diMalta dovette lasciare le proprietà allafine del ‘700.

Nel terzo volume della serie deiCabrei citati, quello che sembra datarsia data più antica, si vede la chiesa ador-nata di croci di malta, il cimitero e altrecase ad uso del prete, con giardino edorto. Dipendevano direttamente dalla

chiesa di San Paolo varie proprietà, “alPalazzon, al Pascolletto, alle Levade, alPalazzetto, al Barbier, all’Ottiva, alCampato sotto Varago, alle Brignagole,al Palazzetto, alle Stradelle, alle Longhe-re, alli Pra’ Moldure, all’Armentarezza,alli Campati, alle Moldure, al Carpenè,alla Cal di Varago, alla Rossa”. Ma mol-tississimi altri appezzamenti erano diprorietà dell’ordine, che li aveva dati inaffitto a varie famiglie dell’epoca, alcu-ne di queste di nobile lignaggio, comegli Spineda, i Riccati, i Sugana”.43 Alcunidi questi interessanti toponimi sonoancora rintracciabili, mentre altri sonoormai scomparsi e sono di difficile indi-viduazione.

Verso la metà del 700 fu rifatta lavolta del coro, con stucchi di gustorococò.44

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La chiesa di S. Paolo con gli edifici attigui, in un disegno del XVIII sc.(Biblioteca Comunale di Treviso, ms. 1682).

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Nella chiesa si trovavano due reli-quiari d’argento. Uno per la reliquia del-la SS. Croce e l’altro per esporre le cosi-dette quattro reliquie, cioè quelle di SanPaolo Apostolo, di San Giovanni Batti-sta, di San Valentino e di Santa Vitto-ria.45

Il Fapanni, che visitò la chiesa diBreda nel 1858, ci racconta alcuni parti-colari intressanti. All’epoca si potevavedere ancora sulla porta maggiore lacroce dell’Ordine di Malta. Il pavimentodi cotto era ormai logoro, mentre ancorafunzionante era l’organo realizzato nel1706 da Carlo De Benis di Verona. Diestremo interesse questa annotazione:“campanile aderente alla chiesa… èantico, a torretta, cogli archetti gotici …avvi l’orologio … sotto il quadrante vi èdipinta una vecchia iscrizione, di cuiforse la metà potrebbesi leggere, salen-do sul tetto della chiesa. Avvi ancheun’epoca”.46 Niente oggi ci è dato sape-re su questa antica iscrizione vista dalFapanni, che ci informa anche che laConfraternita del SS. Rosario, eretta nel1613, si estinse nel 1821. Fino al XXsecolo operarono, comunque, le scuoledella Beata Vergine delle Grazie, di SanGiuseppe e la Confraternita del SS.Sacramento.

Dopo molti secoli di governo del-l’Ordine di Malta, la chiesa nell’’800divenne giuspatronato regio: fino apochi anni fa si potevano vedere dueaffreschi sul fianco esterno della chiesa,uno rappresentate lo stemma dei Cava-lieri di Malta, l’altro di Casa Savoia, deiquali ormai restano solo i riquadri sbia-diti. Nonostante alcune perdite, anchenell’800 la chiesa potè arricchirsi dinuove testimonianze storiche ed artisti-

che: infatti il podestà di Treviso Giusep-pe Olivi volle donare una preziosa reli-quia che un tempo si trovava nel mona-stero trevigiano di San Paolo, ossia unaporzione di clavicola del santo apostolo;inoltre Olivi donò un’antica immaginein cera rappresentate la Vergine e cheadornava un tempo l’Oratorio “dell’Al-bera”. Fu infine don Zangrando a impre-ziosire la piccola chiesa di Breda donan-do, di ritorno da un pellegrinaggio inTerrasanta nel 1929, un prezioso reli-quiario dove traslare l’importante reli-quia, oltre che commissionando unamagnifica croce d’argento, nota comecroce “costantiniana”.

Un disegno del parroco InnocenteBasso, datato 26 aprile 1875, ci mostral’aspetto della chiesa prima dei rifaci-menti, avvenuti fra il 1871 e il 1877. Inesso si vede il muro di cinta che com-prende la chiesa e la casa canonica. Trai particolari che si possono notare ilcampanile con l’orologio, non ancoraoscurato dal rialzamento della chiesa,poi soppiantato dalla costruzione dell’e-norme campanile nel 1926.

Sulla fronte della chiesa stava unaiscrizione, presente anche nelle altrechiese trevigiane dell’Ordine di Malta,che recitava “Sacrosantae Lateran.Ecclesiae”, scomparsa nel rifacimentodell’edificio.

Nel 1875, in occasione della visitapastorale del vescovo Finelli, la vecchiachiesa fu dichiarata pericolante e poisospesa, e per due anni il SantissimoSacramento venne trasportato nell’orato-rio delle Grazie.47 Intanto, venne com-missionato un nuovo edificio, realizzatodall’ing. Giulio Olivi di Treviso, che fucompletato nell’ottobre del 1877. Alla

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spesa concorsero il nobile Girolamo DalVesco, comissario distrettuale domicilia-to nella villa già appartenuta agli Spine-da, e il Comune di Breda. Venne rispar-miato il lavoro in stucco settecentescodel coro e furono recuperati i vecchialtari e le opere d’arte. Il vecchio cam-panile, però, si trovò del tutto spropor-zionato ed obsoleto rispetto alla moledel nuovo edificio. E’ comunque unafortuna, ancor oggi, vederlo in piedinonostante i vari rifacimenti della chie-sa.

La chiesa attuale conserva la memo-ria dell’antica appartenenza all’Ordinedi Malta e conserva ancora l’anticadedicazione a San Paolo, celebrato sottoil titolo della Conversione il 25 gennaio.Al tempo dei Cavalieri di Malta, però, siricordavano anche San Giovanni Batti-sta e San Barnaba, di cui si può vedereuna statua ai lati dell’altare di epoca set-tecentesca. L’attuale parroco Don BrunoTorresan ha voluto ripristinare l’anticostemma dei cavalieri collocandoloanche nei nuovi gonfaloni e nei para-menti sacri della chiesa. Suggestivo adesempio, in prossimità della porta prin-cipale sul sagrato della chiesa, il grandestemma della parrocchia in marmi poli-cromi che ricorda l’antica appartenenzaai Cavalieri di Malta. Ora ricordare iTemplari con una targa o qualcos’altropotrebbe essere un giusto ricordo ad unordine glorioso che anche in questo pic-colo paese trevigiano lasciò la suaimpronta.

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Trascrizione del documento del 1310(Arch. Arcivescovile Ravenna, perg. 12579)

In dicto millesimo et inditione et diedicti marcy. Presentibus Reverendo virodomino Gualione archidiaconus Aquile-giensis ecclesie. Domino Petro dictopicinino monacho supradicto. Dominopresbitero Petro capellanum in dictaecclesia sancti Thomasy de Tervisioordinis templariorum Jerosolimitanum.Jacobutio de Glemona domicello dictiarchidiaconis et Bino de Sancto Miniato.Testibus vocatis et rogatis.

Dicti domini Henricus abbas et Hen-ricus plebanus procuratoris ut omnibusintraverunt tenutas et corporalem pos-sessionem ecclesie sancti Thomasy Ter-visium predicto ordinis militie Templipredicti tam spiritualium quam tempora-lium, pertinentium ad eadem ut omni-bus in alys. In qua quidem confessus fuiteis fore per inventarium quia dictumarchidiaconum num assignata.

In primis. Unum Mansum terrejacentes in villa Brayde laboratam perCoradum de Brayda et reddit vigintinovem staria bladi interciati medietatemvini et alias honorancias – solidos vigintiquinque per colecta, unum plaustrumlignorum, unum feni et certam partemdociem ipsius mansi.

Item unum mansum terre ibidemlaboratur per Jacomellum Cleriguetumet reddit per affictu staria duodecim defrumento, octo mily, octo surigi, solidosviginti quinque per colta et alias hono-rancias, unum plaustrum feni et unumlignorum, medietate vini et res rationede decimam.

Item aliam clausuram jacentem in

villa Brayde in loco ubi dicitur subtusstratam et laboratur per Michaelem deBrayda et nunc per Zaninum filiumMichael de Molino et reddit dimidiumstaria frumenti et duos capones.

Item quaedam terre et prata que fue-runt quondam Ricamari jacente in villaBrayde et laboratam per Johannem buti-rum de Brayda et reddit per affictu triastaria frumenti, tria de milio et duos suri-gi. Et quatordecim conzos medietatevini et duas gallinas.

Item unum sedimem Jacentem in dic-ta villa de Brayda laborantur per Libera-lem Francescum et reddit medietatemusufructure et vinum totum et est man-sionis. Et quedam dicte terre et posses-sionum quae fuerunt quondam Ricoma-ni de Brayda et predicte colliguntur permansione per Coradum de Brayda.

Item villa Spitignani habet unummansum terre jacentem in dicta villa etlaboratur per Albertum de dicta villa etredit quinque staria frumenti, quatorsurigi et quator mily et solidos quadra-ginta per colta et honoranciam et medie-tatem vini.

Item unum alium mansum terre labo-rate jacentem in eodem loco, laboraturper filios quondam domine Tonse etreddit tria staria frumenti, duo mily, duosurigi et solidos decem per colta, duasspallas, duas fogacias et medietatemvini.

Item in villa Brayde de unum campusterre quod laboratur per Petrum de LaDona et reddit per affictu unum stariafrumenti.

Item unum campum jacentem inMagnigo et laboratur per Marsiliumeidem loci et reddit quinque staria fru-menti et quator mily.

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Item in villa de Carbonaria duosmansos terre jacentem in dictam villamqui laborantur per Coradum de Carbo-naria, reddit unum modium frumenti,unam quadram, decem staria mily,decem starie surigi et decimam etmedietatem vini et decimam et quadra-ginta solidos per colta, quator spallas,quator fogacias, duas gallinas, 100 ova,quator pullos et duas auchas.

Item medietatem unum mansusjacentem in villa de Fossa Daide de Car-bonaria laboratur per Venturam dePo(n)zano et reddit septem staria bladiinterciati, duos conzos vini et unamanserem.

Item in villa Bibani unum mansusterre quem laborat Petrus de dicto locoqui quondam fuit Carissinelle de BurgoSancti Thomasy et redit quindecim stariabladi interciati et honores et medietatemvini et solidos viginti per colta.

Item unum mansum jacentes in villade Barbarano que laborat Antholinus deBarbarano et reddit octo staria frumenti,sex conzos vini, duas spallas, et aliashonorancias et solidos viginti per colta.

Item unum mansum in Campagnolique laboratur per fratrem de dicto locoet reddit per affictu staria quindecim bla-di interciati, medietatem vini et deci-mam, duas gallinas, duas spallas, duasfogacias et alias honorancias et vigintisolidos per colta.

Item in villa Martignagy de Montellounum mansus terre laboratur per Pau-lum de Martignago et reddit per affictunovem staria bladi interciati, septemconzos vini, duas spallas et alias hono-rancias.

Item habet in villa Fontanis duas clu-suras que laborantur per Dominicum de

Ternary et reddit duodecim staria bladiinterciati medietatem vini, quinque soli-dos per colta, unam spallam et aliashonorancias.

Item in Selvana unam clausuras quelaboratur per Johannem de Stephano etreddit medietatem omnius usufructumcum decima et honores.

Item habet in Burgetto unam clausu-ram jacentem que laboratur per Domini-cum de Temary et reddit medietatesomnius fructuorum et decimam.

Et decimam duorum mansorum deSusigana, qui fuerunt domini Grossi deConum, per quibus reddit decem et sep-tem librarum parvorum et decimamunus alteri mansi jacentem in dicto locoet tenet etiam dominus Petrus. Et deci-mam unus mansi et dimidius qui fueruntdominum Petri Colte in villa de Petrinel-lo et reddebat novem staria frumenti,quartas et decem quartas mily et Pasiusde Pitrinello, reddere debet per annopreterito et presenti. Et decimam duo-rum mansorum jacentem in Marcellinusqui fuit dominum Episcopum. Et deci-mam septem camporum jacentem indicto loco, que sunt Sancti Lazari deVenecys quorum unus ex ditis mansisregit per Nicolaum de Martillinis. EtPasius de Pitrinello procurat dictas deci-mas. Item unum sedimem in dicta villade Vanigo qui datus est ad affictum pre-sbitero Angelo plebano in dicto loco etredit septem quartas frumenti.

Et decimam unius mansi in villa deBasilicis qui quondam laborabatur perAlbertum fratrem plebani. Et Severustabernarius de dicto loco reddit septemquartas frumenti et duos pullos per affic-tu. Et nunc reddit presbiteri de Scandala-rio. Et decimam duorum mansorum que

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fuit Sancti Adriani de Venetys, positi invilla de Casalli, reddit quator libbrae etquinque solidos parvorum per affictu.Item in diocesis Veronensis et districtuPadue in villa Fontanive unam alberga-riam cum sex equis, tribus fratribus etcum tribus servientibus. Et solidos vigintiparvorum quam albergariam et fictumreddit de predictis dominus Coradinusin parte. Et domina Fontana uxor quon-dam domini Barolfi in parte. Et Guidoqui dicitur (in bianco) in parte. Et domi-na Hervilitas in parte. Et hoc per unolivello posito usta plateam dicte ville. Etsupradicta servare et attendere teneritannuatim in festo sancti Martini ante tri-bus diebus precedentibus ut in tribuspost dictum festum sequentibus, utpatet, publicis instrumentis fratris manuPeregrini notarius. Et predicta instru-menta sunt in domo de Padua, penesfratrem Paganum.

Infrascripti habent solvere pensionesper possessoribus domorum positarumin Burgo Sancti Thomasy de Tervisioipsis Templarys.

In primis Trivisinus notarius quon-dam Oderici habitat domum unam perquia reddit novem librarum bagatino-rum parvorum.

Item aliam domum jacentem propeillam habitantem per Guizardum caste-narium et Margarita olearias et redditocto libram bagatinorum.

Item aliam domum prope illamjacentem habitantem per OgnibeneRubeum de Pignolatis et reddit novemlibrarum bagatinorum.

Item aliam domum habitantem perPetrum Casinum zaparium et redditduodecim librarum bagatinorum parvo-rum.

Item unam domum cum orto habi-tante et laborante per Fredericum Theo-donicum ortolanum et reddit tredecimlibrarum bagatinorum et medietatemvini.

Item unam domum habitantes perOdoricus Frulanum que reddit decemlibrarum bagatinorum parvorum.

Item unam aliam domum habitantemper Vendraminus de Lecorda preconemet per eis generum, reddit octo librarumbagatinorum parvorum.

Item aliam domum habitantes perNadum preconem qui reddere debetlibrarum quator et mezo bagatinorumparvorum.

Item aliam domum habitantem per(in bianco) tamesarium et reddere debetlibrarum quator et mezo de bagatino-rum.

Item aliam domum habitantem perMichaelem marangonum et reddit libra-rum tres et solidos …. quinque bagati-norum.

Item aliam domum habitantem perBiliam fornariam et sororem eis et reddittres librarum bagatinorum et debetcoquere panem mansionis.

Item unam domum positam propeecclesiam sancti Bartholomei quae con-dam fuit Granolini notarius habitantesper ser Guarnerium de Lavazola et red-dit viginti solidos grossos venetorum.

Item tres cassos domorum jacentemin contrada sancti Johannis de Ripahabitantur per Trivisium de La Bonanotarius hesarium et reddit duodecimlibrarum parvorum bagatinorum.

Item domina Nicoletta uxor quon-dam Granolini notarius de Manfredinistenetur dare ad festum NativitatemDomini solidos grossos septem et post

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mortem suam relinquere de suis bonis inmobilibus monastero predicto redditibususque ad dictam summam septem soli-dos grossos.

Sic inveni ita scripsi nil mutans.

Die tertio dicti mensis dicti procura-tores intraverunt tenutam et corporalempossessionem domus et ecclesie sanctiPauli de Brayda, ordinis supradicti etdiocesis tervisinam. Presentes, Bino pre-dicto et Johanne clerico filio Zuani deTroarefro testibus ut aliys omnibus.Actum in eadem ecclesia.

In qua quidem ecclesia invenimuspossedisse ipsos templarios, unumlibrum in modum breviary notatum et inmagno volumen cui premittitur illum etincipit veni et libera nos et sequiturrubrica. Incipit liber manuale et omni-bus orationibus et sunt ystorie per totumannum et finit unusquisque cum Salveregina in nota. Item unum spalterium cuipremititur illum et ymnis et letanys etofficio mortuorum.

Item unum missale vetus cui premiti-tur illum quod incipit per omniam etsequitur secreta et infine sequitur anti-phanarius de die vetus.

Item unum missale de missis votivishabens quaternos novos cum nota, tresparvi voluminis et incipit rubrica. Invigilia Nativitate Domini.

Item unum calicem argenteum desu-per deauratum, tenet presbiterus. Itemunum turibulum de brunzo, unum para-mentum de pignolato album cum suoaparatu panni depicti per altaribus, duode lino. Duas cruces de ligno et tabulasduas depictas. Sex tobalias per altaribus.Unum cassonem et alia vilia utensilaplura per ecclesia. Duas campanas in

campanili. Unam domum cuppatamcum duabus tegetibus.

Duas archas veteres cetera asportavitfrater qui ibi erat.

Item invenimus dictos templariospossedisse unum mansus terre aratoriein diversiys pecys in loco qui diciturbrayda, de quo soliti erant percipere,staria bladi interciati quindecim scilicetfrumenti, mily et surigi. Et laboratoresdicti mansi omnes simul dant solidosviginti per colta et duas spallas de porcoannuatim.

Item unum mansum terre arative invilla quae dicitur Cornudella, tervisinemdiocesis et est totum in una pecia de quasoliti sunt percipere staria novem, bladiinterciati scilicet frumenti mily et surigi,solidos quindecim per colta et medieta-tem vini quod est quator conzos plus velminus, unam aucham in festo OmniumSanctorum et duos pullos. Et hoc nonfuit publicatum.

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1 Presso Montebello, in provincia di Vicenza,esistono tuttora gli edifici dei Templari, deno-minati “Mason”.

2 Per la questione dell’importanza dell’insedia-mento si veda lo studio di Loredana ImperioGli inventari inquisitoriali di San Quirino edella Domus de Campania, relazione al XVIIIConvegno di Ricerche Templari, tenutosi nelsettembre 2000 ad Altopascio e in corso dipubblicazione.

3 Cfr. R. Caravita, Rinaldo da Concorezzo, Arci-vescovo di Ravenna (1303-1321) al tempo diDante, Firenze 1964.

4 Arch. Arcivescovile di Ravenna, perg. 12579.Ringrazio lo studioso Renzo Caravita per aver-mi segnalato il documento.

5 Arch. Vesc. TV, Memorie Storiche, b. 1, Col-letta 1418, c. 2v, citata da G. Cagnin, Templa-ri e Giovanniti in territorio trevigiano (secoliXII – XIV), Treviso 1992, nota 23.

6 Arch. Stato TV, Notarile II, b. 2312, cit. inCagnin, nota 23.

7 Cagnin, pp. 35-36.

8 Cit. in I. Sartor, Treviso lungo il Sile. Vicendecivili ed ecclesiastiche in San Martino, Treviso1989, p. 311.

9 Cfr. A. Luttrell, The hospitallers of Rhodes atTreviso: 1373, in Mediterraneo Medievale,scritti in onore di Francesco Giunta, a cura diP. Leo, Soveria Mannelli 1989, pp. 757 e 759.Il Luttrell afferma che i dettagli si possono leg-gere in P. Passolunghi, Il Monachesimo bene-dettino della Marca Trevigiana (Villorba,1980) ma in questo saggio non vi è menzionedelle chiese citate dal Luttrel, in particolare diSan Paolo di Breda, che in realtà, come vedre-mo, era templare.

10 Arch. Vesc. di Treviso, Quaternus Collecta of1330, citate appunto dal Luttrell a p. 759 delsuo studio.

11 Per Cendon, pur essendoci molti riferimentiall’Ordine di San Giovanni dell’Ospedale nonpuò essere escluso nemmeno in via definitivaun suo possibile breve possesso templare, nonfosse altro per il fatto che, nei cabrei di Malta,San Vittore di Cendon risulta accorpato agli expossessi templari di San Tomaso e Breda.

12 Non siamo più in possesso del manoscrittosegnalata da mons. Zangrando , ma se ne pos-siede la trascrizione nella Raccolta Scotti,ms.234-4-III.

13 F. Agnoletti, Treviso e le sue Pievi, vol. II, p.218.

14 I beni di casa Spineda erano notevolissimi eincludevano vaste zone a ridosso della chiesadi Breda, forse proprio dove un tempo sorgevail castello (cfr. in Arch Ordine di Malta aVenezia, b. 566 Estimi di Breda e Cendon). ABreda si ammira ancora la splendida Villa Spi-neda, adornata di magnifici affreschi: unagrande croce di Malta adorna la facciata dellavilla.

15 Federici, Historia de’ Cavalieri Gaudenti, t. II,p. 21.

16 Agnoletti, t. II, p. 660.

17 Cfr. l’opuscolo 50 anni di sacerdozio di DonBruno Torresan, Ponte di Piave 1999, p. 8.

18 Le notizie si leggono in appunti vari di mons.Luigi Zangrando presenti all’Arch. Vesc. diTreviso: si tratta di zibaldoni di documenti,spesso ripetuti, e qualche volta senza precisiriferimenti, raccolti nelle buste 14 “Parrocchiadi Breda”. Pur commettendo a volte impreci-sioni e forzature alcuni dati raccolti dallo Zan-grando sono importanti nella povertà delladocumentazione rimastaci inerente a Breda.

19 Marchesan, p. 366. La località al Spin è notanella toponomastica bredese e testimoniacome fossero molte le zone incolte e convegetazione spontanea.

20 Doc. citato in Gli Acta Comunitatis Tarvisiidel sec. XIII, a cura di A. Michielin, Cittadella1998, p. 801.

21 Cfr. Gli Acta.., doc. del luglio 1285, pp. 759-766.

22 I documenti che si riferiscono a “Brayda” sonoidentificabili appunto per la maggior parte conla Breda di Asolo, dove i canonici della catte-drale e il vescovado controllavano diverseproprietà. Cfr. vari documenti citati in A. Cam-pagner, Cronaca Capitolare. I canonici dellaCattedrale di Treviso, Treviso 1991.

23 P. Sella – G. Vale, Rationes Decimarum Italiaenei secoli XIII e XIV: Venetiae-Histria-Dalma-tia, Città del Vaticano 1941, pp. 74-75.

24 Un atto non datato (Arch. di Stato TV, NotarileI, b. 145), riconducibile agli anni 1297-1304,che riporta le solutiones pagate nel cenedese,cita il precettore di Tempio, frate Giovanni,che paga 12 lire entro il termine stabilito; cit.in Cagnin, p. 16.

NOTE

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25 Il “Liber Maximus A”, conservato alla Capito-lare di Treviso, che pur citando varie volte lalocalità non menziona la nostra chiesa.

26 Arch. Vesc. Ravenna, perg. 12579.

27 Cfr. la relazione di Loredana Imperio presenta-ta nel convegno di Altoposcio, alla quale van-no i miei ringraziamenti per avermi permessola consultazione.

28 Cfr. la relazione già citata di L. Imperio al con-vegno di Altopascio.

29 Cit. in A. Marchesan, Treviso Medievale, Tre-viso 1923, vol. I, p. 216.

30 Arch. Vescovile TV, Quaternus Collecta del1330, pp. 2-2v, 5, 7v, 16v-17.

31 Arch, Vaticano, Instrumenta Miscellanea2804, pergamena Treviso 8 agosto 1373, trad.di L. Imperio. Il testo può essere letto anche inLuttrell, op. cit.

32 Nel 1439 appunto Nascimben da Scorzèlascia 24 soldi “ut ematur oleum – pro illumi-nando imaginem beate Virginis Marie in (dic-ta) ecclesia” e soldi 16 “ad illuminadum Cor-pus Christi”: Notar. II, 935, c. 272v., citato inL. Pesce, La chiesa di Treviso nel primo Quat-trocento, II, p. 78.

33 Per queste ed altre notizie cfr. L. Pesce, cit.,pp. 78-79.

34 Arch. Vesc. TV, Parrocchia di Breda, 1-11. 5a,ms. di mons. Zangrando, Elenchi delle coseappartenenti al culto nella chiesa parrocchialedi Breda e Catalogo delle cose d’arte o stori-che con relative memorie.

35 Cfr. P. Barbisan, Giovanni Pietro Meloni e lapala della parrocchiale di Breda, in 50 anni disacerdozio…, cit., pp. 17-22.

36 Il parroco si trovava in condizioni di saluteprecarie: giudicato “sordissimus” celebravamessa con vesti e paramenti vecchie e tuttestrappate, utilizzando oggetti liturgici “dirup-tis”, non celebrava messa, non pretendevaalcuni diritti, come quello di riscuotere unsecchio di vino per casa. Cfr. G. Liberali, LaDiocesi nelle visite pastorali, Treviso 1976, p.436.

37 Agnoletti, t. II, p. 660.38 National Library di La Valletta, Malta, Miglio-

ramenti fatti dal V.ndo Priore Frà GuglielmoBalbiani, Priorato di Venezia 1685, c. 196.

39 Arch. Vescovile, b. 14 A.40 Biblioteca Com. TV, Cabreo del Venerando

Gran Priorato di Ventia deto di S. Gio. delTempio della Sagra, et Eminentissima Religio-

ne di Malta, fato per ordine di S.E. Sig. Com.Frà Francesco Maria Co. Boccadiferro L.T.G.del sudeto Gran Priorato, da me Angelo Pratinotaro publ. Di Treviso, nel quale si contienedi fedele registro di tutti gli Estimi, Atti, condi-tioni, Traslati. Instromenti, et Costituti legalipresi da Pubblici Offici, dagli Affittuali, Livel-lari, ed altri Contribuenti, che comprobanogl’affiti, censi , livelli, e suoi rispettivi fondiobbligati, nel presente volume registrati,riguardanti i beni esistenti nel Territorio Trevi-sano e Mestrino. Anno Domini MDCCLIX.

41 Ancora una volta in una chiesa ex templare sitrova questa importante reliquia, certamenteportata dalla Terrasanta all’epoca delle crocia-te.

42 Zangrando in Elenco…, informa che l’autoredella pala fu il pittore veneziano Bernardini, acui nel 1620 ca. i massari della chiesa com-missionarono il lavoro.

43 Per completezza di informazione elenchiamole proprietà: il conte e cavaliere Marco Anto-nio Spineda gestiva i campi alle “Piantade,alle Brignagole, all’Arbara, al Bosco diRamon, al Pradel”; Antonio Fanton “all’Albe-ra”, come pure Giuseppe Battistella; “allaNicoletta” possedevano campi AntonioGasparini e Zuanne e Francesco Saviani; “alPrà del strame” il conte Giordano Riccati,Adamo da Roro, il Collegio dei Nobili; il sig.Girolamo Rugieri aveva possessi “alle Brigna-gole”, Giuseppe Ovolo “alla Fracamata”;Francesco Dolce “al Prà della Corte”; ValentinBuso “al Spin”; il Collegio di San Giacomo diSchiriale “al Talponazzo e al Perè”; GiulioForesti “alla Rossa, al Sedin, alle Moldure, alleMasarade, alle 5 piante, al Perè; AntonioGasparini “alla Nicoletta” e “al Crespolo”,Domenico Scuri “al Boieco” e “al Canton”, ilMarchese Giuseppe Sugana “al Caner, a CalBoscaia, al Longher”, Giuseppe Antonio Olivi“alla Cal Boscia, alle Masarade, ai Casali, alCaner”.

44 F.S.Fapanni, Memorie storiche della Congre-gazione di Lancenigo nella Diocesi di Treviso,Treviso 1858, manoscritto che si conserva allaBiblioteca Comunale di Treviso. Egli cita ladata del 1767, mentre Zangrando afferma chefin dal 1710 vi erano degli stucchi che in quel-la data furono lodati, mentre il coro fu amplia-to nel 1778.

45 Arch. Ordine di Malta Ve, b. 523, Chiesediverse, Inventario delle suppellettili ed utensi-li della Chiesa di San Paolo di Breda, 22 set-tembre 1793.

46 Fapanni, cit.

47 Queste ed altre notizie in Arch. Vesc. TV, b.14, 12-12, Documenti dal 1794 al 1858-92.

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I N D I C E

Presentazione pag. 5

L’Ordine del Tempio » 7

“Domus et ecclesia” pag. 8

La soppressione dei Templari e il passaggio dei beni ai Giovanniti pag. 9

Un nuovo documento attesta cheBreda fu dei Templari pag. 10

Un’errata attribuzione pag. 12

Breda e la chiesa di San Paolo pag. 14

La soppressione dei Templari ei Giovanniti a Breda pag. 20

La chiesa di san Paolo e suoi arredi pag. 20

Trascrizione del documento pag. 26

Note pag. 30