La censura del Decameron nel 500 Budapest, Boccaccio 700, 6 febbraio 2013 Paolo M.G. Maino,...

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La censura del Decameron nel ‘500 Budapest, Boccaccio 700, 6 febbraio 2013 Paolo M.G. Maino, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

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La censura del Decameron nel ‘500Budapest, Boccaccio 700, 6 febbraio 2013Paolo M.G. Maino, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

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Il percorso della lezione

1. Il contesto storico del Concilio di Trento (1545-1563)1.1. Concilio e letteratura

2. Libertà e sperimentazione nella letteratura pre-conciliare2.1. la poetessa Vittoria Colonna2.2. il ‘divino’ Pietro Aretino

3. Il Decameron all’Indice3.1. Firenze e la prima rassettatura di Vincenzio Borghini (1573)3.2. la seconda rassettatura fiorentina di Lionardo Salviati (1582)

4. Scopi e modi della censura di Salviati4.1. Salviati filologo4.2. Salviati linguista4.3. Salviati riscrittore del Decameron

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Il Concilio di Trento (1545-1563)

Papa Paolo III apre il Concilio di Trento con il duplice obiettivo di provare a sanare la spaccatura tra chiesa protestante e chiesa romana e di riformare e riorganizzare la chiesa romana stessa.

Nel tentativo di guardare ad ogni aspetto della vita umana anche la letteratura è oggetto delle discussioni dei padri conciliari

Creazione dell’Indice dei libri

Per essere stampato un libro deve aver l’imprimatur della Congregazione dell’Inquisizione

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I letterati al Concilio di Trento (1545-1563)

Dionisotti: «Nel collegio cardinalizio che promosse l’inaugurazione del Concilio di Trento, erano due italiani, letterati fino all’osso e letterati di fama europea, Pietro Bembo e Jacopo Sadoleto, entrambi settantenni e vicini al termine: morirono entrambi a distanza di pochi mesi nel 1547. La concordia umanistica tra i due era perfetta, come era stata sempre, fin da quando insieme erano entrati ufficialmente in curia nel 1513. Ma al di là, per il Bembo si era aperta un’ampia zona di invenzione e discussione e collaborazione nell’altro campo, nella letteratura volgare, che il Sadoleto aveva fermamente escluso. [...] [Bembo] avvicinandosi il momento non più d’un consulto de emendanda ecclesia, ma di un paragone politico, a carte scoperte, coi riformatori oltremontani, poteva, benché vecchio, mobilitare a favore della Chiesa una folta schiera di uomini nuovi e validi della cultura italiana, che tuttavia riconoscevano maestro lui, Bembo, e lui solo, non come vent’anni innanzi, lui e il Sadoleto insieme» (Geografia e storia della letteratura italiana, p. 232).

Tiziano, Ritratto del cardinale Pietro Bembo, olio su tela,

(1539-40), National Gallery of Art, Washington

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La sperimentazione letteraria negli anni del Concilio: Vittoria Colonna (1490-1547)

Mentre io qui vissi in voi, lume beato, E meco voi, vostra mercede, unita Teneste l'alma, era la nostra vita Morta in noi stessi e viva nell'amato,

Poichè per l'alto e divin vostro statoNon son più a tanto ben qua giù gradita, Non manchi al cor fedel la vostra aita Contro il mondo vêr noi nemico armato,

Sgombri le spesse nebbie d'ogn'intorno

Sì ch'io provi a volar spedite l'ali Nel già preso da voi destro sentiero.

Vostro onor fia, ch'io chiuda ai piacer frali

Gli occhi in questo mortal fallace giorno, Per aprirgli nell'altro eterno e vero.

Vittoria Colonna (1490-1547), Sonetto IX Michelangelo Buonarroti, Crocifissione per Vittoria Colonna, gessetto su carta, (1545), British Museum, Londra

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NANNA. Come non vuoi tu che io sospiri? Ritrovandomi Pippa mia figliuola di sedici anni e volendone pigliar partito, chi mi dice «Fàlla suora, che, oltre che risparagnerai le tre parti della dote, aggiungerai una santa al calendario»; altri dice «Dàlle marito, che ad ogni modo tu sei sì ricca, che non ti accorgerai che ti scemi nulla»; alcuno mi conforta a farla cortigiana di primo volo, con dire «Il mondo è guasto; e quando fosse bene acconcio, facendola cortigiana, di subito la fai una signora, e con quello che tu hai, e con ciò che ella si guadagnerà, tosto diventerà una reina»: di sorte che io son fuora di me. Sì che puoi pur vedere che anco per la Nanna ci sono dei guai.

La sperimentazione letteraria negli anni del Concilio: Pietro Aretino (1492-1556)

Pietro Aretino (1492-1556), dal Ragionamento della Nanna e della Antonia

Ecco il flagello / de’ principi, il divin Pietro Aretino

L. Ariosto, Orlando Furioso XLVI 14, 3-4

Tiziano, Ritratto di Pietro Aretino, olio su tela, (1545),

Palazzo Pitti, Firenze

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Il Decameron all’Indice donec corrigatur

1559: Primo Indice dei libri proibiti promulgato dalla Congregazione dell’Inquisizione su mandato di Paolo IV. Tra i libri anche: Boccatii Decades seu Novellae centum, quae hactenus cum intollerabilibus erroris impressae sunt, et quae posterum cum eisdem erroribus imprimentur.1564: nell’Indice tridentino condanna delle Boccacii Decades seu Novellae centum, quamdiu expurgatae ab iis, quibus rem Patres commiserunt, non prodierint

Il Decameron può essere salvato propter sermonis elegantiam et

proprietatem

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Le due ‘rassettature’ fiorentine del Decameron: 1573 e 1582

1573: il Decameron emendato dai Deputati fiorentini guidati dal filologo Vincenzio Borghini (monaco e spedalingo degli Innocenti)

Una sola stampa, subito ritirata dal mercato perché non bene accolta né dai fiorentini né dall’Inquisizione

1582: la rassettatura di Lionardo Salviati

Almeno dieci stampe entro il 1638 (le prime quattro entro il 1587)

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I testi a confronto: Boccaccio, Deputati, Salviati.

Codice Mannelli (1384):«Fu in Lunigiana paese non molto da questo lontano uno monistero gia di sanctità e di monaci piu copioso che oggi non è. Nel quale tra gl’altri era un monaco giovane, il vigore del quale né la frescheza né i digiuni né le vigilie potevano macerare» (I 4,4).

Decameron 1573 (Borghini):« Fu in Parigi un collegio già di dottrina, et di scolari più copioso, che hoggi non è, nel quale tra gli altri era un giovane, il vigore del quale, né la freschezza, né le fatiche degli studij, né le vigilie potevano macerare» (I 4,4).

Decameron 1573 (Borghini):« Fu in Parigi un collegio già di dottrina, et di scolari piu copioso, che hoggi non è, nel quale tra gli altri era un [-] giovane, il vigore del quale, né la freschezza, né le fatiche degli studij, né le vigilie potevano macerare» (I 4,4).

Decameron 1582 (Salviati):«Fu in Lunigiana, paese non molto da questo lontano (secondo, che ancora hoggi raccontano gli huomini della contrada) ne’ primi tempi della falsa religione, un tempio, di santità, secondo quella lor legge, e di sacerdoti piu copioso che poi non fu: nel quale, tra gli altri giovani, che sotto la custodia d’un vecchio sacerdote s’ammaestravano ne’ sacrificij di quella Dea, n’era uno, il vigore del quale, né la freschezza, né gli esercizij, né le fatiche potevano macerare» (I 4,4).

Salviati trasporta le vicende dei racconti scabrosi nel mondo pagano o musulmano, così da farli diventare modelli morali a

rovescio, che mostrano la depravazione regnante fuori del cristianesimo

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Perché martoriare così Boccaccio? Il caso limite: la novella di Alibech (III 10)

Glossa di Salviati a margine: Si lasciano questi fragmenti per salvare più parole e più modi di favellare che si può

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Salviati filologo: la ricerca della vera lezione

Mannelli (1384): alla valle delle donne pervennero. Dentro dalla quale per una via assai stretta, dall’una delle parti della quale un chiarissimo fiumicello correva, entrarono (VI con, 19) [a margine deficiebat].

Deputati (1573): alla valle delle donne pervennero. Dentro dalla quale per una via assai stretta, dall’una delle parti della quale un chiarissimo fiumicello correva, entrarono (VI con, 19).

Salviati (1582): alla valle delle donne pervennero. Dentro dalla quale per una via assai stretta, dall’una delle parti della quale un chiarissimo fiumicello...., entrarono (VI con, 19).

Branca (1976): alla valle delle donne pervennero. Dentro dalla quale per una via assai stretta, dall’una delle parti della qual è un chiarissimo fiumicello, entrarono (VI con, 19).

«Più tosto c’è piaciuto di lasciarci le difficultà, che di torle via, come si dice a capriccio» Lionardo Salviati ai lettori

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Salviati grammatico: la dolcezza della favella fiorentina

provvedimentosopraggiungeresoddisfareper poter la cosa amata possedereun uomoun magnifico convitonon istà benesimilmentedove la fortuna m’abbia condottoaveaavevabaciolicenziaverdi erbettemalvagenon vuoglilegittimapeggior

Lezione di Salviati

Lezione di Mannelli e Deputati

provedimentosopragiungeresodisfareper potere la cosa amata possedereuno uomouno magnifico convitonon sta benesimilementedove la fortuna m’abbi condottoavevaaveabasciolicentiaverdi herbettemalvagienon vogliligittimapiggior

Raddoppiamento per univerbazione

apocope

prostesisincope

grafia

polimorfia

fenomeni del

vocalismo

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Le riscritture moraleggianti. Un esempio: Nastagio degli Onesti (V 8).

Testo non censurato (V 8,32):«e dopo alquanto gli venne nella mente questa cosa dovergli molto poter valere»

Testo di Salviati:«e dopo alquanto, come huomo idiota, et accecato nella sua passione, non conoscendo lo ’nganno del demonio, che quelle false imagini, per dannazione della sua giovane e di se stesso gli faceva vedere, gli venne nella mente, questa cosa dovergli molto poter valere»

Testo non censurato (V 8,44):«Et non fu questa paura cagione solamente di questo bene, anzi sì tutte le ravignane donne paurose ne divennero che sempre poi troppo più arrendevoli a’ piaceri de gli uomini furono, che prima state non erano»

Testo di Salviati:«Così la Divina bontà, della maligna intenzione del comune inimico fece ad onta di lui buono effetto seguire. E non sarebbe questa paura stata cagione solamente di questo, anzi si tutte le Ravignane donne paurose ne divennero, che sempre poi troppo piu arrendevoli a’ piaceri degli huomini state sarebbono, che prima state non erano, se per li savi huomini in iscrittura, quelle essere state diaboliche apparenze con verissime dimostrazioni, sicome avvenne, non si fosse manifestato»

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Il tessuto fonomorfologico della riscrittura di Salviati.«e dopo alquanto, come huomo idiota, et accecato nella sua passione, non

conoscendo lo ’nganno del demonio, che quelle false imagini, per dannazione della sua giovane e di se stesso gli faceva vedere, gli venne nella mente, questa cosa dovergli molto poter valere»[...]«Così la Divina bontà, della maligna intenzione del comune inimico fece ad onta di lui buono effetto seguire. E non sarebbe questa paura stata cagione solamente di questo, anzi si tutte le Ravignane donne paurose ne divennero, che sempre poi troppo piu arrendevoli a’ piaceri degli huomini state sarebbono, che prima state non erano, se per li savi huomini in iscrittura, quelle essere state diaboliche apparenze con verissime dimostrazioni, sicome avvenne, non si fosse manifestato»lo ‘nganno: forma aferetica (5 occ. nel Dec. e 13 nel Voc. 1612)imagini: il tipo con la scempia è unico nel codice Mannelli (mentre nel Voc. 1612 al contrario si propende decisamente per la forma geminata)in iscrittura: forma prostetica tipica prescrizione di Salviati (19 occ. nel Voc. 1612)inimico: forma attestata in Mannelli a I intr, 43 (stesso passo citato nel Voc. 1612)per li savi: forma arcaica non palatalizzata (Salviati è meno prescrittivo rispetto a Bembo. Nel Voc. 1612 per li: 317 occ. per gli: 134 occ.)sarebbono: forma fiorentina già usata in Mannelli poco sopra a V 6,15 (esempio citato nel Voc. 1612 insieme ad altre 14 occorrenze di tale forma)