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Roberto Gris La caverna digitale Educare alle nuove tecnologie Erickson

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Roberto Gris

La caverna digitale Educare alle nuove tecnologie

Erickson

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Lettera a Platone 7

L’origine dell’audiovisivo. Filastrocche e scarabocchi 9Come studiamo? Il basic della tecnologia dell’educazione

Stimolo-risposta. E quindi? 37Alla ricerca del frontespizio perdutoStimolo-risposta: una lettura pedagogicaProgetto e senso nell’educational technologyNarrare le nuove tecnologie

La scuola, la vera community 55Posso. Ma devo? Sui futuri dilemmi dei nativi digitaliDal libro Cuore all’homeschoolingDematerializzazione dei documenti e materialità scolasticaL’insegnante come exemplumSe, un giorno, le nuove tecnologie diventassero consuete a scuola

Il buono, il brutto, il cattivo e il digitale. La lezione dell’estetica cinematografica 87Cinema e nuove tecnologie: una tesi molto sempliceLe (nuove) tecnologie secondo il cinemaLe (nuove) tecnologie secondo te Il lato tecnologico del cinemaIl tuo lato tecnologico

L’importanza di essere Onesto. Teatro, autenticità, tecnologia 107La caverna e l’autenticità delle ombre digitali

Indice

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Autenticità e tecnologiaL’importanza di essere OnestoNativi teatrali tra caverne digitali e mondo-della-vita

Bibliografia 125

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Da: A: [email protected] CC: Oggetto: La caverna digitale

Gentile Platone,nel ringraziarLa per averci regalato il cosiddetto «mito della caverna», La invitiamo a riflettere, con noi, sull’attuale condi-zione di chi, come noi, passa molto tempo davanti a ombre proiettate su una parete (detta schermo) che provengono dal mondo esterno.Le segnaliamo tuttavia che la nostre ombre sono molto colorate, si muovono, parlano e sono spesso accompagnate da tutti i ge-neri di musiche, e che possiamo modificarle a nostro piacimento e farne di nuove a nostra volta. Le ricordiamo inoltre che un mito è tradizionalmente preda di diverse interpretazioni nelle diverse epoche e culture nelle quali è letto, per cui eventuali Sue rimostranze non saranno minima-mente prese in considerazione.

Cordialmente,un estimatore di Aristotele

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Come studiamo? Il basic della tecnologia dell’edu-cazione

In molte occasioni formative, mi è capitato di chiedere a studentesse e a studenti o a professionisti dell’educazio-ne: «Voi, come studiate?».

Le risposte più frequenti sono state:– sottolineo;– faccio mappe mentali;– scrivo i concetti chiave e poi li memorizzo;– evidenzio e poi ripeto;– scrivo appunti e ripeto;– ho memoria visiva.

Dalle risposte di queste persone, a diverso titolo autenti-camente addentro alla formazione propria o altrui ed esper-te di studio e di apprendimento, mi è parso sempre più evi-dente che l’orecchio e l’occhio ci guidano dalla percezione più elementare alle strategie più complesse della conoscenza.

Tutte le strategie di studio sopra menzionate (e le loro diverse, possibili combinazioni), tutte queste tecniche di studio si basano sull’occhio e sull’orecchio: effettivamente, noi vediamo e tracciamo segni e ascoltiamo ed emettiamo suoni e, così, iniziamo ad appropriarci delle conoscenze che ci interessano.

L’origine dell’audiovisivo. Filastrocche e scarabocchi

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L’origine dell’audiovisivo. Filastrocche e scarabocchi

SCHEDA 1Simbologia e mito della caverna

La metafora computazionale delle scienze cogniti-ve vede il cervello come un computer (Searle, 1993) e, nello sviluppo delle tecnologie della comunicazio-ne e dell’informazione, tutte le nuove tecnologie sono metafore e figure che rappresentano il cervello e la conoscenza.

Anche la caverna ha a che fare con la conoscenza, e non solo per il celeberrimo mito della caverna di Pla-tone.

Nella simbologia antica occidentale e orientale, nella letteratura greco-romana e del Medioevo cristiano la ca-verna è luogo di passaggio dalla terra al cielo (e dal cielo alla terra), è luogo di incontro con personaggi e mondi e, secondo la lettura della psicologia analitica di Carl Gu-stav Jung, è simbolo della cavità uterina e della cavità sepolcrale.

La caverna è un luogo profondo e misterioso, luogo di passaggio e di comunicazione tra mondi, luogo di incogni-te, scoperte, insidie e luogo che genera e distrugge vite e mondi (Biedermann, 1991; Guénon, 1994).

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Stimolo-risposta. E quindi?

SCHEDA 6Main tag: #pedagogia

Il tagging definisce le parole chiave, i concetti più si-gnificativi contenuti in uno o più siti.

Nell’ambito del social network Twitter si usa il segno # per indicare un hashtag, una parola chiave definita per popolarità, nella logica della cosiddetta folksonomia, una crasi anglo-greca che indica le tassonomie dei popoli che navigano in rete.

Ma quale può essere il main tag di un discorso sull’edu-cazione alle nuove tecnologie, un discorso che questo libro si propone di sviluppare?

Il dittico #nuove tecnologie è necessario e di senso co-mune, ma non esaustivo e nemmeno preciso considerando che si parla in prevalenza di tecnologie della comunica-zione e dell’informazione.

Nemmeno la #tecnologia didattica o la #didattica delle tecnologie evocano connubi suggestivi e innovativi, ma sembrano solo suggerimenti e schede dedicate al «come si insegna».

Parole come #formazione #didattica o #informatica definiscono solo componenti del discorso, imprescindibili ma parziali.

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La caverna digitale

Perciò non risulti bizzarro che il main tag quando si vuole educare alle nuove tecnologie sia semplicemente #pedagogia.

#pedagogia è lo sfondo teorico o di riflessione o pro-gettuale o valoriale che consente di pensare le nuove tecnologie, di narrarle e di farle narrare in un orizzonte educativo; senza questo sfondo le figure della tecnologia sarebbero solitarie, isolate e, scherzi del destino, non con-nesse.

È curioso ma auspicabile che logiche e parole classiche incontrino le novità tecniche, esperienziali e linguistiche, e che la dialettica tra tag molto lontani formi idee ed espe-rienze innovative.

D’altra parte siamo andati sulla luna con l’Apollo 11.

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Posso. Ma devo? Sui futuri dilemmi dei nativi digitali

L’era della tecnica porta con sé un imperativo cate-gorico esprimibile con il motto «posso quindi devo». Ciò che è realizzabile tecnicamente deve essere realizzato, altrimenti non sfruttiamo al meglio la tèchne, non faccia-mo il nostro dovere. Questa lettura, dal rigore kantiano, compiuta da Emanuele Severino e da Umberto Galimberti (Severino, 1997; Galimberti, 2000) è forse solo un modo per pensare la tèchne, ancorché caratteristica del nostro tempo.

Le nuove tecnologie, a voler essere meno nichilisti, più ragionevoli e, soprattutto, più pedagogici, non portano molte certezze morali (o a-morali) rispetto all’uso degli strumenti quanto, piuttosto, dilemmi e sfumature.

I nativi digitali si trovano già e, verosimilmente, si troveranno in un: «Posso. Ma devo?».

Se, per un’ipotesi tutt’altro che remota, un nativo digitale avrà a disposizione dei tool che traducono con precisione e in tempo reale l’italiano in qualsiasi lingua, perché studiare la lingue straniere? Se ad esempio con Dragon, il celebre software di riconoscimento vocale ul-tra perfezionato, fosse possibile parlare velocemente e scrivere così un testo accurato su un foglio digitale, ci

La scuola, la vera community

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sarà ancora bisogno di scrivere usando le mani? Se posso imparare tutto rimanendo a casa, da dove posso ricevere ed emettere informazioni, sarà ancora necessario andare a scuola?

Dal libro Cuore all’homeschooling

Il romanzo Cuore di Edmondo de Amicis fu accusa-to, nell’indimenticabile saggio di Umberto Eco Elogio di Franti (Eco, 1988), di educare al conformismo politico e sociale.

Franti è descritto come l’unico con uno spirito an-ticonformista, l’unico che sarebbe diventato un antifa-scista, gli altri invece sono immagini di individui che accettano la vulgata politica risorgimentale e tutti i valori trasmessi dalla borghesia torinese, abituando-si in questo modo ad accettare l’esistente, a inserirsi perfettamente in un discorso preformato, celebrando lo status quo.

Oltre a Umberto Eco, molta letteratura pedagogica del secondo dopoguerra ha sottolineato, attraverso ra-gionamenti filosofici e studi empirici (De Bartolomeis, 1992; Cambi, 2004), i rischi della scuola e criticato tutti quei percorsi formativi che accanto all’educazione civica non lavorano sullo sviluppo del senso critico (per usare un’espressione particolarmente contemporanea).1

1 Si veda quanto l’OMS ha espressamente indicato: dieci life skills che includo-no anche le abilità psicosociali e le competenze per la vita (decision making, problem-solving, creatività, senso critico, comunicazione, autoconsapevolez-