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LA CAVA DI VILLABRUNA Istituto Tecnico Industriale “Umberto Follador” Indirizzo geotecnico Tesina per l’esame di stato 2015

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LA CAVA DI VILLABRUNA

Istituto Tecnico Industriale “Umberto Follador”

Indirizzo geotecnico

Tesina per l’esame di stato 2015

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RINGRAZIAMENTI

Vorrei ringraziare in maniera particolare il Perito Minerario Albino Romanel e il Direttore

dello stabilimento Wienerberger di Feltre il Sig. Vardanega Erico per la disponibilità avuta

nei miei confronti e per il tempo dedicatomi accompagnandomi in cantiere e fornendomi

dei documenti senza i quali non sarei riuscito a completare questa tesina.

Ringrazio inoltre tutti i professori dell’Istituto Minerario di Agordo che con le loro

conoscenze e la loro esperienza mi hanno permesso di perfezionare questo lavoro e in

particolare il professore Giordano Danilo che mi ha guidato all’interno della cava

fornendomi spiegazioni e indicazioni per affrontare questo lavoro.

Vorrei dedicare questa tesina a mia mamma e mia sorella, verso le quali sarò sempre

riconoscente per il sostegno e l’aiuto che mi hanno dato in questi anni.

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INDICE

PREMESSA

Pag.1

INQUADRAMENTO TOPOGRAFICO

Pag.2

CATASTO

Pag.4

INQUADRAMENTO GEOLOGICO

Pag.5

STRATIGRAFIA

Pag.8

PROVA CALCIMETRICA

Pag.11

NORMATIVA

Pag.13

LA CAVA

Pag.17

METODO DI COLTIVAZIONE

Pag.18

ANALISI MEZZI

Pag.24

ANALISI COSTI

Pag.26

SIATEMAZIONE AMBIENTALE

Pag.27

FRANA NEI PRESSI DELLA CAVA

Pag.31

SICUREZZA

Pag.35

SICUREZZA IN CAVA

Pag.38

BIBLIOGRAFIA

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PREMESSA

Questa tesina intitolata “cava di marna per laterizi Villabruna” è stata realizzata per

l’esame di stato dell’anno scolastico 2014-2015 dell’istituto tecnico industriale “U. Follador”

indirizzo geotecnico. Tratterà le attività di cava riguardanti il sito.

Per realizzare questo lavoro mi sono recato in cava più volte:

La prima volta con il professore Danilo Giordano il quale mi ha dato le informazioni per un

primo inquadramento sulla stessa e mi ha spiegato in modo approfondito la morfologia e la

geologia del luogo. Successivamente grazie alla disponibilità del Perito Romanel ho

eseguito un sopralluogo inerente la coltivazione mineraria, l’ utilizzo delle macchine e la

raccolta di campioni per la prova calcimetrica.

In particolare in questa tesina sono trattati i seguenti argomenti secondo le varie discipline:

TOPOGRAFIA: Inquadramento topografico, carta topografica IGM, riprese aeree,

estratto catastale.

GEOLOGIA: Inquadramento geologico, carta geologica, profilo geologico, origine

delle rocce, stratigrafia, colonna stratigrafica, frana nei pressi della cava,

piezometri, inclinometri.

TECNICA GESTIONE TERRITORIO E AMBIENTE: -Legislazione: Regio decreto

N. 1443 del 29 luglio 1927, estratto legge regionale 44 del 7 settembre 1982

(ART.4), articolo 14(ricomposizione ambientale), articolo 15 (finalità e contenuti del

progetto di coltivazione), la cava, metodo di coltivazione, operazioni di cava, mezzi

utilizzati, calcolo dei costi, recupero ambientale.

SICUREZZA CANTIERE: Sicurezza nelle ditte e cantieri comuni e nel mondo delle

attività estrattive, norme sulla sicurezza in cava, organigramma della sicurezza

nelle varie tipologie di azienda.

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INQUADRAMENTO TOPOGRAFICO

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L'area interessata dalla cava è ubicata nel Comune di Feltre, località La Fornace, 1,5 Km a

SSO dell'abitato di Villabruna, sulla sinistra idrografica del Rio Ligont e occupa un settore

della pendice settentrionale del Colle della Croce, costituito da litotipi marnoso-arenacei

con giacitura a franapoggio, appartenenti alla successione molassica Feltrina. La Cava si

trova in una valle scavata dal “torrente Caorame” che ha successivamente cambiato

percorso trovando una strada più breve che prosegue verso sud. La quota minima di 336

m slmm è riferita al piazzale dello stabilimento mentre la quota della dorsale è circa 468 m

slmm, in prossimità del Colle della Croce. In tutta la zona è ben riconoscibile una

morfogenesi glaciale, visibile dalle forme dolci e arrotondate dei rilievi e dalla presenza di

estesi depositi morenici di versante il cui spessore può variare anche su distanze molto

brevi. I processi morfogenetici successivi sono avvenuti per erosione areale. Il versante

oggetto di coltivazione si presenta con una pendenza poco pronunciata circa 18-20° ed è

contraddistinto da mediocri condizioni di stabilità geologica. Le sfavorevoli condizioni

litologiche e strutturali, costituiscono infatti fattori predisponenti l’instabilità del versante.

Durante l’alluvione del novembre 1966 parte dell’area è stata interessata da un esteso

movimento franoso, ora stabilizzato come risulta dai dati geotecnici (tubi inclinometrici).

Figura 1: Foto aerea della cava

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CATASTO

Il catasto è l’inventario dei beni immobili di un dato territorio. In Italia esistono dal 1865, a

scopo fiscale, due catasti, il catasto terreni NCT e il catasto urbano NCU. Le carte

catastali vengono in generale redatte in scala 1:2000 e prendono il nome di mappe. I

documenti sono custoditi presso gli uffici provinciali della Agenzia del Territorio del

Ministero dell’ Economia e delle Finanze. Il catasto non è probatorio in quanto non fornisce

la prova giuridica delle proprietà. È probatorio invece il catasto ex-Austriaco (catasto

tavolare) ancora esistente in alcune province. Il catasto assolve essenzialmente a funzioni

fiscali, ma è di notevole utilità anche per fini civilistici come supporto alle progettazioni e di

governo del territorio sia per l’attuazione delle politiche economiche fiscali e sia per la

tutela ambientale.

Il Catasto terreni è geometrico e particellare: geometrico in quanto costituito in base a

rilievo topografico planimetrico, e particellare in quanto il rilievo è stato fatto per particelle e

cioè per porzioni continue di terreno aventi la stessa qualità e classe e appartenenti allo

stesso possessore e allo stesso comune. Ogni particella o mappale è contrassegnata in

mappa con una linea nera continua e contraddistinta da un numero (il numero è rivolto a

nord).

Il Catasto urbano è anch’esso geometrico e particellare. Il NCU è l’inventario dei beni

immobili urbani di una nazione ed è basato sulla stima e sulla misura. La base del rilievo

catastale è l’unità immobiliare, definita come porzione di fabbricato, fabbricato intero o

insieme di fabbricati che, nello stato in cui si trova sia di per se utile e capace di produrre

un reddito proprio. Ciascuna particella edilizia è costituita da uno o più fabbricati, con le

stesse caratteristiche costruttive e architettoniche o con la stessa destinazione economica.

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INQUADRAMENTO GEOLOGICO

DEPOSITI GLACIALI SUPERFICIALI

I terreni di copertura sono costituiti da materiali glaciali, superficialmente trasformati in

terreno vegetale. Essi ricoprono con spessori diversi le zone nelle vallecole circostanti.

Localmente è visibile il limite fra il substrato roccioso ed i terreni di copertura, ma lo

spessore della coltre di materiali sciolti non è definibile con esattezza nell’ambito della

zona di intervento tramite la sola osservazione superficiale perché, come

precedentemente indicato può variare anche su distanze molto brevi. Per quanto riguarda

i depositi attualmente osservabili in superfice nella zona circostante si tratta di miscele

eterogenee di ciottoli e ghiaia , con qualche masso erratico inglobati in abbondante o

prevalente matrice sabbioso-limosa con argilla. Sono depositi con struttura caotica ed

eterogeneità granulometrica e composizione sia in senso verticale che orizzontale.

SUBSTRATO ROCCIOSO

Nell’area interessata dalla cava affiorano i terreni appartenenti alla successione molassica

( molassa= serie di terreni eterogenei, il tipo prevalente è l’arenaria quarzosa-feldspatica-

micacea e talora glauconitica) del Vallone Bellunese, in prossimità del nucleo della

sinclinale di Belluno. In quest’area del Feltrino, la successione molassica poggia su una

formazione di mare profondo denominata “Flysch di Belluno” ovvero una fitta alternanza di

arenarie e marne argillose di spessore consistente. Al tetto del Flysch si trovano in

discordanza stratigrafica la “Glauconia di Belluno” costituita nel caso in esame da più livelli

arenacei spessi 2-3 m, di colore verde scuro, riccamente fossiliferi. Al di sopra di questa

formazione sono presenti siltiti con intercalazioni di arenarie più o meno glauconitiche,

arenarie siltose e, soprattutto verso l’alto, marne siltose per terminare con due livelli di

arenaria glauconitica e uno di marna siltosa grigia che costituiscono la formazione

dell’arenaria di Libano (informalmente nota come “Glauconia di Colle della Croce”). Al

livello superiore dell’ arenaria di Libano fanno seguito depositi di marne siltose grigio-

azzurrognole. Verso l’alto la granulometria diviene più grossolana e si passa gradualmente

a livelli discontinui di siltiti arenacee o arenarie fini fossilifere e debolmente glauconitiche.

Questo complesso, di età Burdigaliana, denominato “Marna di Bolago”, raggiunge uno

spessore totale di circa 120 m e nell’area in questione, con i suoi 40-50 m, è il principale

costituente del fianco nord del Colle della Croce.

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ASPETTI IDROGEOLOGICI

Data la scarsa permeabilità del terreno, in occasione di piogge prolungate o intense, si

verifica un sensibile scorrimento delle acque meteoriche superficiale. I materiali morenici

sono mediamente permeabili e consentono una discreta infiltrazione idrica ma essendo

dotati di una sensibile capacità di ritenuta restituiscono le acque assai lentamente, dando

origine a stillicidi temporanei all’interfaccia con il substrato.

Il substrato siltoso-marnoso-arenaceo è scarsamente permeabile. Una modesta

circolazione idrica si verifica solo nella porzione superficiale di roccia alterata, affetta da

fessurazioni. Sul ripiano di cava di monte viene realizzata una depressione temporanea

ove si convogliano le acque superficiali e dove si verifica la decantazione delle stesse, che

si disperdono, poi, lentamente, nel sottosuolo. Il drenaggio principale dietro lo stabilimento

è convogliato in un primo canale sub orizzontale di decantazione, in modo che la maggior

parte della frazione limosa venga rilasciata in prossimità dei accumuli di materiale

estrattivo. Un secondo bacino di decantazione è stato realizzato poco a valle del

precedente, in modo che le acque in uscita dalla base della cava siano quasi

completamente chiarificate. Lo scolo finale avviene nel Rio Ligont a circa 100 m a sud

dello stabilimento.

ORIGINE DELLE ROCCE

La MARNA è una roccia sedimentaria, di tipo terrigeno, composta da una frazione

argillosa e da una frazione carbonatica data generalmente da carbonato di calcio CaCO3.

Questo tipo di roccia deriva dalla diagenesi ( l’insieme dei processi che trasformano i

sedimenti in rocce sedimentarie) di fanghi marini costituiti da frazioni variabili di carbonato

di calcio e di minerali argillosi. La frazione terrigena fine è originata dal dilavamento di aree

continentali adiacenti l’area di sedimentazione. La frazione carbonatica, invece, può

derivare da precipitazione chimica oppure dalla sedimentazione per decantazione di resti

di organismi microscopici con guscio o scheletro a composizione calcarea. L’ambiente

sedimentario di questo litotipo può essere lagunare, marino o lacustre. Sovente i

sedimenti marnosi risultano fossiliferi in buono stato di conservazione con notevole

abbondanza di forme e di esemplari.

L’ARENARIA è una roccia sedimentaria composta di granuli dalle dimensioni medie di

una sabbia. I granuli possono avere varia composizione mineralogica, in funzione dell’area

di provenienza e sono tra loro legati da un cemento, originato dalla precipitazione chimica

di minerali formati da ioni presenti nelle acque circolanti fra i pori interstiziali.

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Comunemente come cemento si rinviene il carbonato di calcio. L’arenaria è una roccia

clastica che si forma per cementazioni di sabbie in periodi e strati diversi. Il trasporto dei

sedimenti sabbiosi è dovuto all’azione del vento in ambiente subaereo, o azione di correnti

d’acqua nei fiumi, nei laghi e nei mari. Le arenarie, insieme alle marne, sono le rocce più

comuni del flysch. La forma dei singoli granuli permette di ipotizzare le origini del

sedimento: I granuli marini e fluviali sono generalmente da angolosi a leggermente

arrotondati; quelli fluviali sono angolosi e i granuli eolici sono arrotondati e levigati.

La SILTITE è una roccia sedimentaria che fa parte della categoria delle Peliti. Sono il

prodotto della cementazione diagenetica del silt ovvero di un sedimento caratterizzato da

una granulometria compresa tra 1/16 e 1/256 di mm. Sono costituite da una frazione

detritica consistente spesso di frammenti di minerali tipo feldspati, miche e quarzo

derivanti dalla disgregazione di rocce preesistenti.

La GLAUCONITE è un minerale argilloso micaceo in aggregati di minute lamelle verde

scuro che si trova in calcari e arenarie, è un minerale autigeno si forma cioè nell’ambiente

di sedimentazione in condizioni di EH= 0 e a scarsa velocità di sedimentazione.

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STRATIGRAFIA

La stratigrafia è la scienza che si propone di ordinare in una successione cronologica

relativa i diversi corpi rocciosi, soprattutto quelli sedimentari, che si trovano sotto la crosta

terrestre. Le unità stratigrafiche sono corpi rocciosi individuati e descritti negli studi

geologici e sono essenzialmente di quattro tipi: litostratigrafiche, biostratigrafiche,

cronostratigrafiche e geocronologiche.

Le unità litostratigrafiche sono corpi rocciosi le cui suddivisioni vengono fatte in base alle

caratteristiche litologiche degli strati e alla posizione nella successione degli strati. Le unità

litostratigrafiche in ordine gerarchico sono:

Gruppo: spessore centinaia, migliaia di metri ;

Formazione: è l’unità fondamentale e viene definita come un corpo roccioso

cartografabile, avente litologia uniforme, arealmente sviluppato e distinto negli

strati di letto e di tetto. Deve avere una sezione tipo a cui fa riferimento e da cui

solitamente prende il nome. Spessore centinaia di metri;

Membro: spessore decine di metri;

Strato: spessore di pochi metri.

ASPETTI STRATIGRAFICI

Il substrato roccioso, in prevalenza costituito da litotipi marnoso-argilloso-siltosi a cui si

intercalano livelli più arenacei, è ricoperto da una coltre superficiale di terreni morenico-

colluviali, argilloso-limosi con frequenti inclusi di ciottoli e ghiaia (40 – 50%) di spessore

variabile tra 2 e 7 m. Lo sterile morenico è ricco in frazione fine (limo, sabbia e poca

argilla) e ben si presta ad essere utilizzato per la sistemazione finale, quale terreno adatto

all’inerbimento ed alla piantumazione. Il materiale associato in eccesso, non utilizzabile

per la sistemazione ambientale, viene collocato in siti idonei all’esterno della cava.

È possibile individuare 3 principali formazioni, che interessano la cava, elencate dal basso

verso l’alto:

a) SILTITE DEI CASONI

Il limite con la soprastante Arenaria di Libano è transizionale ed è segnato dalla

comparsa di arenarie fini. Le microfaune di questa formazione sono abbondanti e

ben diversificate.

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Figura 2: Affioramento della siltite dei casoni

b) ARENARIA DI LIBANO

L’arenaria di Libano costituisce un litosoma massiccio di arenarie quarzose grigio-

verdastre da fini a grossolane che contengono resti vegetali anche di grandi

dimensioni. Questa formazione è costituita da due sottili strati di arenaria

glauconitica (spessi circa 2,5 metri e di granulometria media) che racchiudono al

loro interno uno strato più spesso di marna siltosa grigia (circa 15 metri) .

Il limite superiore con la Marna di Bolago è netto, segnato da una brusca

diminuzione di grana.

c) MARNA DI BOLAGO

La marna di Bolago è costituita da una potente successione di marne grigio-

azzurrognole con frequenti intercalazioni siltose e rari livelli glauconitici di lieve

spessore. La formazione è limitata a letto da una arenaria glauconitica compatta di

color verde cupo, affiorante in località Vallone e Boschi di Villabruna, e ha inizio con

marne grigio-azzurrognole. Questo litotipo è arealmente molto diffuso su tutta la

sinclinale Bellunese ed è responsabile della morfologia collinare a forme blande e

arrotondate di questa parte del vallone. A tetto la Marna di Bolago è delimitata

dall’Arenaria glauconitica di colore da grigio cenere alla base a verde scuro nella

parte alta del massiccio bancone. La bioturbazione è abbastanza diffusa lungo tutta

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la formazione ed è talvolta evidenziata da un fine tritume di fossili o da

concentrazioni di glauconite.

Lo spessore totale della formazione si aggira probabilmente attorno ai 180-200m

non è valutabile con certezza per la discontinuità degli affioramenti.

Figura 3: Esempio di bioturbazione (sottolineato dalla concentrazione di glauconite)

Figura 4: Fossile di Chlamis deleta

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PROVA CALCIMETRICA

La prova calcimetrica è una prova di laboratorio con la quale è possibile risalire al

contenuto di CaCO3 incluso in un determinato terreno o in una roccia.

Il procedimento della prova è il seguente:

Preso il campione di materiale lo si macina finemente, lo si vaglia con un vaglio da 4 mash

o più fine, se ne prelevano 0.5 grammi con pesata esatta alla quarta cifra decimale e lo si

pone in una beuta. Nella beuta si aggiunge successivamente una provetta con 5 cc di HCL

a 12° Baumè in modo che l’acido non venga subito in contatto con il terreno o la roccia. Si

tappa la beuta la quale è collegata con un tubo flessibile a un cilindro graduato, riempito

d’acqua fino al punto 0. Il cilindro è collegato con il vaso serbatoio mediante un tubo

flessibile che serve per immettere l’acqua nel cilindro e azzerare lo strumento. Il cilindro

graduato è munito di una chiusura ermetica per impedire la fuoriuscita dell’anidride

carbonica dal tubo flessibile. Una volta tappata la beuta e chiuso il rubinetto del cilindro

graduato si rovescia la provetta di acido in modo che venga a contatto con il materiale. A

questo punto si sviluppa la seguente reazione esotermica:

CaCO3+2HCL=CaCl2+H2O+CO2

1 mole 1 mole

Terminati i 15 minuti si prende nota del volume di CO2 e si applica la legge generale del

gas: PV=Nrt

P=pressione atmosferica [atm]

V=Volume della CO2 [I]

r=Costante dei gas =0.082

T=Temperatura assoluta

N=numero di molecole di CO3 che corrispondono al numero di moli di CaCO3. Una mole

di CaCO3 da origine a una mole di CO2, il P.m. di CaCO3 è 100( per cui per trovare il

numero di moli di CO2 deve dividere il peso del CaCO3 per 100, se ho la pressione in Hg

devo dividerla per 760 per trasformarla in atmosfere)

La percentuale di CaCO3 si ricava con la seguente formula:

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% CaCO3=𝐏

𝟕𝟔𝟎+

𝐜𝐜𝐂𝐎𝟐

𝟐

𝟎,𝟎𝟖𝟐∗𝐓.𝐚𝐬𝐬𝐨𝐥𝐮𝐭𝐚+

𝟏𝟎𝟎∗𝟏𝟎𝟎

𝐠 𝐬𝐨𝐬𝐭𝐚𝐧𝐳𝐚

All’ interno dell’area di cava sono stati prelevati tre campioni da sottoporre a questa prova

e i risultati sono elencati nella tabella sottostante:

CAMPIONE

Litotipo di

appartenenza

Zona di provenienza campioni % CaCO3

1

Marna di Bolago

24,9

2

Siltite appartenente

alla formazione dell’

arenaria di Libano

25,6

3

Marna di Bolago 20,8

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NORMATIVA

Per capire in maniera più completa le attività di cava e il loro svolgimento è importante

dare alcune definizioni e alcune nozioni per quanto riguarda la legislazione che

regolamenta l’attività di cava; la prima definizione significativa è quella di giacimento:

Un GIACIMENTO è una concentrazione di minerale o materiale economicamente utile. Un

giacimento è coltivabile in modo economicamente conveniente se la concentrazione del

minerale è sufficientemente alta, se le riserve sono consistenti e se esiste un interesse del

mercato mondiale nei confronti del minerale estratto. Di fondamentale rilievo economico

sono le modalità di estrazione e di arricchimento artificiale dei minerali, che variano a

seconda delle dimensioni e della posizione del giacimento. L’attività estrattiva consiste

nell’asportazione di roccia dalla sue sede naturale. A seconda del tipo di materiale

coltivato, il REGIO DECRETO n° 1443 del 1927 distingue l’attività estrattiva in due

categorie:

Miniera;

Cava.

La prima riguarda la coltivazione di materiali di elevato valore (definiti di 1° categoria), La

seconda riguarda l’estrazione di materiali di importanza locale e valore non molto elevato

(definiti di 2° categoria).

Le principali differenze tra miniere e cave sono dunque di natura giuridica, riguardano

soprattutto la disponibilità del giacimento:

a) Per quanto riguarda i minerali di prima categoria è infatti lo Stato ad averne la

proprietà. Per effetto della loro rarità, i minerali di prima categoria hanno

generalmente un elevato valore e vengono coltivati spesso in sotterraneo, con

processi di valorizzazione molto complessi e ampie aree di mercato. I materiali

che la normativa definisce di interesse strategico per lo Stato e quindi di 1°

categoria sono:

Minerali utilizzabili per l’estrazione di metalli, metalloidi e loro

composti;

Combustibili solidi, liquidi, gassosi e grafite;

Fosfati, Sali alcalini e magnesiaci, allumite;

Pietre preziose;

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Sostanze radioattive, acque termali e minerali, vapori e gas.

b) I giacimenti dei materiali di seconda categoria sono invece lasciati in disponibilità

al proprietario del suolo. Le aree di mercato, visto il valore spesso ridotto del

materiale, sono in genere ristrette (ma variano molto a seconda del tipo di

materiale), con la sola eccezione delle rocce ornamentali. I minerali che la

normativa definisce di 2° categoria sono:

Materiali per costruzioni edilizie, stradali ed idrauliche;

Farine fossili, terre coloranti, quarzo e sabbie silicee;

Le torbe;

Tutti gli altri materiali industrialmente utilizzabili e non compresi nella

1° categoria.

Una CAVA è un cantiere di estrazione con mezzi idonei (1) di materiale litoide (2) da un

giacimento (3) secondo un programma (4) spazio-temporale (5) amministrativamente e

tecnicamente autorizzato (6) ed economicamente giustificato (7) tale da consentire altresì

un accettabile recupero del sito (8)

(1) Si fa riferimento alla necessità di capacità tecnica ed economica della Ditta esercente la cava e di una conseguente sicurezza operativa.

(2) Esiste una distinzione legislativa sull’attività mineraria nazionale di 1° (miniere) e 2° categoria (cave) sulla base del tipo di materiale estratto.

(3) Tra le risorse geologiche di interesse applicativo è possibile parlare di “giacimenti” solo quando esiste un reale interesse estrattivo (“Riserva Mineraria”).

(4) Il lavoro, nel suo complesso estrattivo e di sistemazione. Deve procedere secondo un progetto che supporti l’evoluzione morfologica del cantiere. E’ indispensabile definire nel progetto la descrizione di tutte le fasi di coltivazione che saranno poi riscontrabili sul luogo, stabilire le cubature annualmente estratte, indicare i confini che delimitano l’area interessata nelle diverse fasi della coltivazione, precisare le quote a cui si lavorerà nelle varie fasi.

(5) Quella di cava è tipicamente una attività locale temporanea (il giacimento è esauribile e c’è la possibilità di abbandono da parte della ditta) e non è escluso un ritorno all’uso originario del terreno .

(6) La coltivazione è possibile solo a seguito dell’ottenimento di un’ autorizzazione rilasciata dall’amministrazione competente.

(7) L’attività estrattiva, deve essere giustificabile, deve garantire un ritorno economico sufficiente per l’impresa privata che ne è esercente , ma anche da un punto di vista più ampio per l’interesse collettivo (possibilità d’impiego, generazione di ricchezza nell’indotto , ecc…).A questo proposito si tenga presente l’importanza della produttività della cava che deve essere tale da consentirne un’accettabile recupero ambientale .

(8) Esiste l’obbligo di un opportuno reinserimento territoriale dei siti di cava dismessi attraverso il recupero ambientale , che va tenuto presente già in sede progettuale .Il sito estrattivo dovrà essere riutilizzabile al termine dei lavori: non sempre è possibile riportarlo all’uso primitivo ,ma è indispensabile che venga lasciato in condizioni di sicurezza ed agibilità .

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La LEGGE REGIONALE 44 DEL 1982 attualmente in vigore, regolamenta le attività di

cava e inoltre classifica in due gruppi i materiali estraibili in base al differente grado di

utilizzazione del territorio conseguente all’esercizio dell’attività di escavazione:

Gruppo "A” costituito dai materiali la cui estrazione comporta un elevato grado di

utilizzazione del territorio:

Sabbie e ghiaie

Calcari per cemento

Gruppo “B” costituito dai materiali la cui estrazione comporta un minor grado di

utilizzazione del territorio:

Argille per laterizi

Basalti

Terre coloranti

Sabbie silicee e terre da fonderia

Gesso

Torba

Materiale detritico e ogni altro materiale rinvenibile sotto qualsiasi forma di

deposito naturale appartenente alla 2° categoria del regio decreto del 29

luglio del 1927

Chiunque intenda procedere a lavori di coltivazione di materiali di cava su terreni in

disponibilità, deve predisporre un progetto di coltivazione, comprensivo sia della fase di

estrazione che di ricomposizione ambientale come da direttive del art. 15 della legge

sopra citata e deve ricevere l’autorizzazione della giunta regionale che con un decreto

autorizza la coltivazione del giacimento.

L’ARTICOLO 15, quindi, specifica che il progetto di coltivazione deve essere redatto e

sottoscritto da un tecnico professionista tenendo conto delle finalità di salvaguardia

ambientale e deve prevedere i seguenti elaborati:

A. Una relazione sulle caratteristiche geologiche, geomorfologiche, idrogeologiche,

idrografiche e paesaggistiche del luogo di intervento e sull’ interferenza dell’attività

estrattiva sulle medesime.

B. Un programma di estrazione che comprenda una valutazione documentata della

consistenza del giacimento, una stima quantitativa e qualitativa del materiale utile,

una illustrazione dei lavori di escavazione da attuarsi, la localizzazione delle aree di

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deposito dei materiali estratti, gli impianti di prima lavorazione, le infrastrutture, i

servizi ausiliari. Il programma deve essere corredato da un rilievo planimetrico in

scala adeguata e comunque non inferiore a 1:2000 con un congruo numero di

sezioni trasversali e longitudinali in scala non inferiori a 1:500.

C. Un progetto di ricomposizione ambientale redatto in conformità delle direttive

dell’art. 14;

D. Un programma economico-finanziario che indichi l’ utilizzazione e la destinazione

sul mercato del materiale estratto, la potenzialità degli impianti di cava , i programmi

di investimento sugli stessi e le previsioni di impiego della manodopera.

Il progetto di coltivazione dovrà pure indicare il direttore dei lavori, che dovrà essere un

tecnico professionista, secondo le competenze attribuite dalle disposizioni vigenti in

materia, al quale spetta l’alta sorveglianza per la fedele esecuzione del progetto di

coltivazione.

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LA CAVA DI VILLABRUNA

Figura 3: vista aerea da ovest- stato attuale LEGENDA: Limite di cava A Zona già sistemata

B Cantiere di estrazione

C Zona ancora da coltivare

La cava di marna per laterizi di Villabruna è di proprietà del gruppo internazionale

Wienerberger SPA con sede a Vienna. L’autorizzazione alla coltivazione è del 29/07/1997

(DGRV n° 2733), con proroga n°119 del 25/05/2007 ed attualmente nuovamente in regime

di proroga n° 164 del 27/11/2012 fino al 31/12/2020. All’interno della cava è presente un

fronte di coltivazione attualmente attivo che si trova nella parte alta della proprietà a circa

400 metri sul livello del mare, dove viene coltivata per splateamento e successiva

ricomposizione ambientale la Marna di Bolago. Questo comporterà nella fase finale un

arretramento del profilo originale del rilievo. A quota 350 m circa, si trova un secondo

cantiere di estrazione, di dimensioni più contenute, denominato X4, dove viene prelevata

l’argilla plastica rossa necessaria al processo di creazione del mattone. L’area di sosta

mezzi è ubicata vicino allo stabilimento all’inizio della pista di arroccamento e la zona

adibita al deposito del materiale è anch’essa nelle immediate vicinanze del mattonificio.

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METODO DI COLTIVAZIONE

Il metodo di coltivazione è definibile come “la programmazione spazio-temporale della

successione degli interventi con cui i diversi volumi elementari di produzione vengono

asportati ed atta al progressivo esaurimento –nelle parti ritenute coltivabili- del giacimento

disponibile, per mezzo di una sequenza di scavo e recupero dei volumi litoidi, consentita-in

sicurezza ed economia- dai mezzi tecnici a disposizione”.

Il metodo di coltivazione rappresenta dunque la strategia della coltivazione e deve essere

messo a punto tenendo conto di:

Situazione giacimentologica e litostratigrafica;

Situazione geomorfologica e topografica;

Situazione ambientale e capacità tecnica della ditta esistente.

Riguardo alla situazione giacimentologica si deve tener presente come il giacimento non

sia una entità spaziale costante nel tempo, ma possa, al contrario, subire delle contrazioni

o estensioni in funzione della convenienza economica del suo sfruttamento. I limiti del

giacimento possono infatti essere determinati non solo dall’esistenza del materiale ma

spesso dalla rispondenza di esso ai requisiti di economicità.

Per la coltivazione la cava deve essere organizzata, previa suddivisione ideale dei volumi

da asportare (secondo precise gerarchie) con la realizzazione di una serie di elementi

funzionali quali: i fronti, il piazzale di base, eventuali piazzali secondari, piste o rampe, i

gradoni, le infrastrutture, gli spazi di movimentazione (frammentazione secondaria,

miscelazione, stoccaggio), le eventuali discariche per il materiale sterile, gli impianti di

trattamento primario e i vari servizi (cabina elettrica, pompaggio e riciclo acque, ricovero

per i mezzi ecc…)I mezzi di scavo, abbattimento e movimento, sono invece normalmente

scelti in base al tipo di materiale da coltivare e alla disponibilità della ditta.

A Villabruna come detto in precedenza viene attuato uno splateamento. Questo avviene

su un unico livello e prevede la realizzazione di una pista di arroccamento che raggiunga il

piazzale superiore dove avverranno le attività di scavo. Queste si svilupperanno su tutto il

piazzale fino a causarne il progressivo abbassamento. Le operazioni, in questa cava, sono

svolte dalla ditta E.MA.PRI.CE. SPA (società italiana con sede a Possagno- TV) che dal

2002 effettua operazioni di abbattimento, carico, trasporto, frantumazione e stesa del

materiale.

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ABBATTIMENTO E RIDUZIONE VOLUMETRICA

La prima operazione effettuata è quella di abbattimento e riduzione volumetrica del

materiale lapideo. La rottura della roccia in posto avviene mediante l’utilizzo di un

monodente ripper (Figura 4) montato su un potente escavatore cingolato tipo Liebheer 984

da 123 tonnellate(Figura 6). Il monodente di acciaio, che ha una vita di circa 5 ore, viene

girato ogni ora in modo che si consumi in entrambi i lati. Successivamente avviene la

riduzione volumetrica dei blocchi rimasti mediante l’utilizzo di due escavatori dotati di pinza

idraulica (Figura 5).

Figura 4: Dente ripper

Figura 5: Pinza idraulica per la riduzione volumetrica

Figura 6: Escavatore Liebheer 984

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Essendo il materiale soggetto a una forte disgregazione fisica da parte degli agenti

atmosferici (soprattutto dalla gelivazione invernale) viene lasciato in posto per diverso

tempo in modo che la roccia si disgreghi e sia resa adatta alla lavorazione. La marna

contiene una percentuale di CaCO3 che a seguito del fenomeno della dilavazione si

trasforma in bicarbonato che successivamente disturberà il processo di creazione del

mattone.

Figura 7: Esempio di esfoliazione cipollare

Figura 8: Esempio di mud-cracks

Figura 9: Materiale in disgregazione

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CARICO E TRASPORTO

Quando la marna ha mutato le sue caratteristiche fisiche si procede al carico con l’utilizzo

di un escavatore cingolato tipo Liebheer 954 avente benna da 3,20 m³ su un dumper tipo

Volvo A40D da 27,50 m³. Il materiale viene allora trasportato allo stoccaggio presso il

frantumatore Raiter carreggiando sulla pista di arroccamento lunga circa 1 km.

Figura 10: Fase di caricamento dumper

Figura 11: Fase di scaricamento del materiale

Figura 12: 1-Fase di rippaggio 2-Fase di riduzione volumetrica 3-Fase di rifornimento mezzi 4-Fase di carico

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FRANTUMAZIONE

Il materiale precedentemente stoccato viene preso da una pala gommata tipo Volvo 220 D

dotata di benna da 5,50 m³ ed alimenta in modo continuativo la tramoggia (Figura 14) del

frantumatore Raiter che triturerà la marna riducendola secondo la richiesta della

committenza (granulometria 0-80 mm). Il frantoio, costituito da due rulli rotanti (Figura 15) ,

è azionato da un motore idraulico che applicando un movimento rotatorio contrapposto

schiaccia e frantuma il materiale lapideo riversato nella tramoggia. Il materiale frantumato

viene raccolto su un nastro trasportatore (Figura 16) dotato di bilancia e depositato a

cumulo.

Figura 14: Tramoggia del frantoio

Figura 15: Rulli rotanti con lame del frantoio

Figura 13: Particolare della pista di arrocamento

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Figura 16: Nastro trasportatore del frantoio

STESA DEL MATERIALE A CUMULO

Il materiale frantumato ed accumulato viene ripreso e steso da un trattore cingolato

(bulldozer) tipo Liebheer 752 da 42 tonnellate con lama a “semi U” (Figura 17). L’utilizzo di

questo macchinario è economicamente vantaggioso fino ad una distanza di circa 70m. Il

materiale spianato viene lasciato nel deposito esposto agli agenti atmosferici e

successivamente recuperato e portato, con l’utilizzo di una pala gommata, nel reparto di

pre lavorazione dello stabilimento.

Figura 17: Trattore cingolato (bulldozer) Liebheer 752

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peso operativo

potenza

benna da carico

produttività oraria

cosumo L/h

peso operativo

potenza

forza di taglio

apertura punte

produttività oraria

cosumo L/h

peso operativo

potenza

forza di taglio

max ø cesolabile

produttività oraria

cosumo L/h

peso operativo

potenza

benna da carico

produttività oraria

cosumo L/h

peso operativo

potenza

capacità cassone

portata utile

produttività oraria

cosumo L/h

ANALISI MEZZI

Escavatore Hitachi 350 pinza NPK G30 JR

77

Escavatore Liebherr 954 con pinza NPK G30 JR

123,00 ton

523 kW

6,00m³/10 ton

350 ton/ora

Mezzi per l'abbattimento e riduzione volumetrica materiale

Rippaggio con escavatore Liebherr R 984 C con monodente ripper

250 ton/ora

265 ton

27,50 m³

600 mm

250 ton/ora

32

32,00 ton

316 kW

Macchine per il caricamento e il trasporto del materiale al frantoio

19

57.60 ton

216 kw

Escavatore Liebheer R 954 BV per carico dumper

Dumper volvo A 40 D

40 ton

160 ton/ora

265 ton

910 mm

57.60 ton

216 kw

39

33,70 ton

202 kW

26

3,20m³/7,5 ton

464 ton/ora

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peso operativo

potenza

benna da carico

produttività oraria

cosumo l/h

peso operativo

potenza

capacità tramoggia

velocità

produttività oraria

cosumo l/h

peso operativo

potenza

produttività oraria

cosumo l/h

peso operativo

potenza

benna da carico

produttività oraria

cosumo l/h

243 kW

440 ton/ora

19

Pala volvo BM 220 E per carico frantoio

Frantoio Raiter

32.20 ton

259 kW

5,50m³/9ton

440 ton/ora

Pala cingolata Liebherr LR 632

23,50 ton

132kW

2,00m³/3,3ton

4400

Macchine per la sistemazione della viabilità

42,00 ton

40

Trattore cingolato Liebherr PR 752 per la stesa del materiale

19

45

Macchine per la frantumazione e la stesa del materiale

18,60 ton

90 kW

30 m³

1.482 giri/min

440 ton/ora

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all'ora

operatore

1

Escavatore Liebherr 984 con monodente ripper con operatore 305 €/h

1,04 €/ton

60 €/h

2

Escavatore Liebherr 954 con pinza con operatore 170 €/h 0,68 €/ton

Produzione oraria ton.

Escavatore Hitachi 350 con pinza con operatore 115 €/h 0,46 €/ton

3

Escavatore Liebherr 954 con operatore 115 €/h 0,25 €/ton

n° medio benne per dumper

tempo medio carico

produzione oraria ton.

4

Dumper VOLVO A 40 D con operatore 125 €/h 0,78 €/ton

Portata Dumper A 40D ton 40 n° 4 cicli ora

produzione oraria ton

5

Pala VOLVO 220 con operatore 95 €/h 0,22 €/ton

capienza pala

produzione oraria ton.

75 €/h 0,17 €/ton

produzione oraria ton.

6

Trattore cingolato Liebherr 752 con operatore 150 €/h 0,34 €/ton

produzione oraria ton.

7

n° 3 persone 3 x 35,00 €/h 105 €/h 0,04 €/ton

n° 6 persone 6 x 35,00€/h 210 €/h 0,05 €/ton

8

Pala cingolata Liebherr 632 con operatore 95 €/h 0,02 €/ton

Produzione oraria ton.

4,04 €/toncosto totale

Costo

€/ton

Scarpetta € 150,00/4= € 40,00 + (€ 100/h 5 )=20€

Scarpetta da dividere n°4 + forgiatura durata media 5 ore

4400

Sistemazione della viabilità

Manutenzione ordinaria/rifornimento

Produzione oraria ton.

Produzione oraria ton.

Produzione oraria ton.

Costo preparazione

Costo frantumazione

3.000

4400

440

440

440

Costo frantoio Reiter

250

250Produzione oraria ton.

Stesa del materiale

160

9 ton.

ANALISI COSTI

Costo

mezzo +

Carico del dumper con escavatore

Trasporto - ciclo Andata-Ritorno

Frantumazione

Mezzi utilizzati

Rippaggio Liebherr 984 e monodente ripper

Riduzione volumetrica materiale

350

9

5' 6''

464

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SISTEMAZIONE AMBIENTALE

La coltivazione, come evidenziato in precedenza, avviene su un unico livello per

splateamento. Questo metodo di coltivazione oltre a garantire una buona sicurezza, in

quanto le operazioni di scavo si effettuano dall’alto verso il basso, consente la

sistemazione ambientale contestuale ai lavori di scavo. Una caratteristica di questa cava è

la mimetizzazione nell’ambiente circostante, infatti il cantiere di estrazione è molto ben

nascosto dalla quinta di mascheramento, formata dagli alberi presenti lungo il perimetro

della cava e dal dente di schermo in roccia.

Figura 18: Quinta di mascheramento arborea

Figura 19: Dente di schermo

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Per recupero ambientale, si intende l’insieme di interventi agro forestali atti a garantire un

aspetto forestale adeguato mediante la piantumazione di specie autoctone e all’

inerbimento con essenze specifiche tali da ottenere la buona coesione della coltre

superficiale.

Inoltre l’ARTICOLO 14 appartenente alla legge regionale 44 del 1982 specifica che la

ricomposizione ambientale deve prevedere:

La sistemazione idrogeologica, ovvero la sistemazione del terreno atta ad evitare

frane o ruscellamenti e le misure di protezione dei corpi idrici suscettibili di

inquinamento.

Il risanamento paesaggistico, cioè la ricostituzione dei caratteri ambientali e

naturalistici dell’area, in rapporto con la situazione preesistente e circostante,

attuata sia mediante un opportuno raccordo delle superfici di nuova formazione con

quelle dei terreni circostanti, sia mediante il riporto dello strato di terreno di coltivo

o vegetale, preesistente, eventualmente insieme con altro con le stesse

caratteristiche, seguito da semina o da piantumazione di specie vegetali analoghe a

quelle preesistenti, anche commiste con altre a rapido accrescimento.

La restituzione del terreno agli usi produttivi agricoli, analoghi a quelli

precedentemente praticati, anche se con colture diverse.

Per esigenze di carattere socio-economico il progetto di ricomposizione ambientale può,

tuttavia, prevedere:

Un assetto finale dei luoghi che comporti usi produttivi agricoli anche diversi da

quelli di cui al secondo comma;

Destinazioni d’uso compatibili con la zona E agricola;

Destinazioni d’uso non agricole purché ciò sia previsto da strumenti urbanistici o

da piani di sistemazione idrogeologica, ecologica e faunistico-venatori;

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RECUPERO AMBIENTALE IN CAVA

In cava Villabruna nella fase di coltivazione, per ottenere una regolare regimazione delle

acque vengono realizzate delle bancate oblique aventi funzione di raccolta e sgrondo delle

acque meteoriche, le quali in seguito potranno essere utilizzate per l’accesso alla

manutenzione di bosco.

Per il recupero ambientale viene attuata una rinaturalizzazione divisa in due parti

principali:

1. Inerbimento:

Il suolo organico e il materiale associato precedentemente prelevati nella fase di

preparazione e successivamente stoccati, vengono stesi e compattati per uno

spessore di un metro circa. In seguito viene seminata a spaglio la semente la quale

deve avere caratteristiche idonee. Per avere un accrescimento rapido viene sparso

dell’ammendante agricolo derivato dagli scarti di coltivazione dei funghi. Il periodo

più adatto per questa operazione è quello primaverile- estivo ma può cambiare in

base alle necessità e alle situazioni presentatisi.

2. Rimboschimento:

Ad inerbimento avvenuto, si esegue l’operazione di regolare piantumazione di

piante autoctone come previsto dalla relazione forestale-sesto d’impianto in modo

da migliorare ancora la reintegrazione dell’area nel contesto circostante.

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Figura 20: Stato durante i lavori Limite di cava

Figura 21: Stato finale della ricomposizione Limite di cava

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FRANA NEI PRESSI DELLA CAVA

CLASSIFICAZIONE DI VARNES

In Italia per lo studio e la classificazione delle frane si utilizza la classificazione di Varnes

che si basa sul tipo di materiale e sulle modalità di movimento.

I tipi di movimento sono:

Crolli: il movimento avviene prevalentemente in aria e comprende caduta libera,

salti, rimbalzi e rotolamento di frammenti di roccia o terreno sciolto;

Ribaltamenti: in questo caso il movimento ribaltante avviene attorno a un punto di

rotazione situato al di sotto del baricentro della massa interessata;

Scorrimenti: si tratta di spostamenti per taglio lungo una o più superfici. Gli

scorrimenti si dividono in rotazionali (caratterizzate da un movimento di rotazione

che avviene attorno ad un punto posto al di sopra del baricentro della massa) e

traslativi che si verificano lungo una superficie piana o leggermente ondulata che

corrisponde spesso a discontinuità strutturali (faglie, giunti di stratificazione, ecc);

Espansioni laterali: sono movimenti diffusi in masse fratturate, spesso dovute alla

liquefazione o alle deformazioni plastiche del materiale sottostante;

Colamenti: in ammassi rocciosi si verificano deformazioni continue sia superficiali

che profonde. I movimenti differenziali sono lenti e possono provocare piegamenti e

rigonfiamenti. Nei terreni sciolti il movimento è simile a quelli dei fluidi viscosi, le

superfici di scorrimento non sono visibili e hanno breve durata. Il limite tra la massa

che si muove e il materiale in posto può essere una superficie netta oppure una

zona di scorrimenti distribuiti;

Fenomeni complessi: il movimento risulta dalla combinazione di due o più dei

cinque fenomeni principali ora descritti.

CAUSE E MONITORAGGIO

Il fenomeno franoso che interessò la zona durante l'alluvione del novembre del 1966

coinvolse il litotipo della marna di Bolago e si posizionò a metà tra uno scorrimento

rotazionale e uno scorrimento traslativo, con movimenti di collasso indotti nella parte

sommitale del versante ed evoluzione in colata al piede.

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Le cause del dissesto furono:

Cause predisponenti

Litologia (strati siltoso-argillosi);

assetto strutturale (giacitura a franapoggio);

presenza di stillicidi diffusi.

Cause determinanti

Alluvione del novembre 1966: intense precipitazioni con forti infiltrazioni

idriche con diminuzione della resistenza al taglio dei materiali del substrato,

diminuzione dell’angolo di attrito del materiale, diminuzione della coesione,

aumento del peso e produzione di una spinta idrostatica.

Essendo la frana situata nei pressi dell’acquedotto che serve Feltre è monitorata

annualmente con misure geotecniche e topografiche effettuate mediante rilevazioni dei

tubi inclinometrici per registrare eventuali movimenti. Inoltre per misurare la pressione

idrostatica nel deposito di frana sono stati installati dei piezometri.

Le misure confermano che attualmente non si evidenziano movimenti di versante, né

rischi per la stabilità dei luoghi.

Figura 22: Deposito di frana

Figura 13: Acquedotto nei pressi della frana

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PIEZOMETRI E INCLINOMETRI

Il piezometro è un dispositivo che consente la misurazione della pressione idrostatica.

Esistono vari tipi di piezometri a seconda della tipologia di terreno sul quale sono inseriti,

se si è in presenza di sabbia e ghiaia basta un semplice tubo aperto in cui si inserisce un

freatimetro che permette di misurare il livello dell’acqua e quindi risalire alla pressioni

idrostatica sul fondo del pozzo. In terreni argillosi impermeabili si usano piezometri più

sofisticati che misurano direttamente la pressione dell’acqua. I piezometri si dividono in:

Idraulici: a tubo aperto, a cella porosa (Casagrande) e a circuito chiuso:

celle piezometriche: elettriche , a corda vibrante e pneumatiche.

I piezometri a tubo aperto sono molto semplici, economici, sicuri ed affidabili ma la loro

prontezza limitata e il loro elevato costo di esercizio, dovuto dall’impossibilità di

centralizzare ed automatizzare le misure, comportano un campo di utilizzo limitato a

piccole istallazioni o ad essere utilizzati come strumenti di controllo per grandi istallazioni. I

piezometri a cella porosa di tipo Casagrande sono tra gli strumenti più semplici e

maggiormente utilizzati per la misura delle pressioni interstiziali, impiegabili anche in

terreni relativamente poco permeabili ( sabbie limose e limi ).Essi sono costituiti da una

cella porosa cilindrica, la cui cavità interna e collegata a due tubicini rigidi in PVC. La cella

porosa viene posizionata in corrispondenza del punto di misura mediante un foro di

sondaggio. A sondaggio ultimato, con il rivestimento in opera, si riempie il foro con malta

di cemento, si pone poi in opera un filtro dello spessore di 0.5 cm ritirando man mano il

rivestimento. Si pone in opera il piezometro isolato idraulicamente dai terreni attraversati

mediante un tappo di bentonite, mentre i tubicini in PVC vengono prolungati fino

all’estremità del foro. La misura si esegue lasciando che l’acqua presente all’interno dei

tubicini raggiunga le condizioni di equilibrio e misurando con una sondina la profondità

della superfice libera all’interno del tubo in condizioni di equilibrio.

Le celle piezometriche sono caratterizzate da una prontezza elevata che ne rendono

possibile l’uso anche in terreni a grana fina, il campo delle pressioni misurabile è molto

ampio, la centralizzazione ed automatizzazione delle misure agevole. Queste celle hanno

un costo elevato, quindi sono adatte per istallazioni che comprendano un grande numero

di strumenti e che richiedano misure frequenti per lunghi periodi di tempo.

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Figura 24: piezometro in sito

Figura 25: Piezometro di Casagrande

Gli inclinometri invece sono apparecchiature elettroniche finalizzate al controllo della

deviazione laterale di un tubo interrato o della rotazione di un manufatto, di un edificio o di

un ammasso roccioso. Sono costituiti da un tubo a sezione circolare con 4 scanalature

(guide) entro cui far scorrere i 2 carrelli della sonda inclinometrica. Le misure vengono

compiute con la sonda in punti fissi (es. ogni m o 0.5 m) sia in discesa che in risalita.

Figura 26: Inclinometro in sito

Figura 27: Sonda inclinometrica

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SICUREZZA

La prima cosa che deve essere effettuata da una ditta, che non fa parte del mondo delle

attività estrattive, per quanto riguarda la sicurezza, è il POS (piano di sicurezza operativo).

Il POS viene redatto dal datore di lavoro dell' impresa esecutrice secondo quanto previsto

dal D.Lgs. 81/2008 ( detto anche testo unico, racchiude al suo interno tutta la legislazione

in fatto di sicurezza) quindi all' interno del POS viene definita l'organizzazione dei lavori in

cantiere in fatto di sicurezza.

I PROTAGONISTI DELLA SICUREZZA

Il seguente schema rappresenta l'organigramma della sicurezza di una realtá medio-

grande non appartenente al mondo delle attivitá estrattive.

IL DATORE DI LAVORO è il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore. Ha

un ruolo estremamente importante in quanto effettua la valutazione dei rischi in cui

vengono individuate le misure di tutela e dove sono programmati gli interventi di

miglioramento.

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Il datore di lavoro deve inoltre:

Designare i componenti della struttura di gestione della sicurezza, come il

responsabile del servizio di prevenzione e protenzione (RSPP);

Predisporre l’informazione ed i percorsi formativi dei lavoratori;

Fornire i DPI;

Mantenere in azienda il registro degli infortuni.

il RESPONSABILE DEL SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE è designato dal

datore di lavoro ed è stato previsto dal legislatore nell’ottica che il titolare dell’azienda

possa non avere conoscenze adeguate o sufficienti in materia di sicurezza. Quindi può

essere definito come il consulente personale del datore di lavoro che ha il compito di

mettere le proprie conoscenze e competenze al servizio del datore di lavoro.

Il MEDICO COMPETENTE è designato dal datore di lavoro e a lui sono affidati gli aspetti

sanitari legati alla gestione della sicurezza. La nomina del medico competente è

obbligatoria qualora il personale sia esposti a fattori come il rumore, le vibrazioni, la

movimentazione manuale dei carichi ecc…

Il RAPPRESENTANTE DEI LAVORATORI PER LA SICUREZZA è eletto all’interno di un’

unità produttiva e rappresenta l’interfaccia tra i lavoratori ed il datore di lavoro. Ha libero

accesso alla documentazione relativa alla sicurezza presente in azienda ed è interpellato

almeno una volta l’anno in occasione della riunione per la sicurezza.

Il DIRIGENTE è la persona che esegue le direttive del datore di lavoro organizzando le

attività lavorative e vigilando su esse.

Il PREPOSTO è la persona che sovrintende l’attività lavorativa e garantisce l’attuazione

delle direttive ricevute, controllandone il corretto svolgimento ed esercitando un funzionale

potere di iniziativa.

All' interno del cantiere e’ inoltre presente la figura del DIRETTORE DEI LAVORI

(solitamente non e’ un dipendente della ditta) e’ il soggetto designato dal committente per

controllare la corretta esecuzione dei lavori.

Nelle realta’ medio-grandi sono spesso presenti piu’ imprese esecutrici all' interno del

cantiere e in questo caso intervengono due nuove figure designate dal committente (che

puo’ essere anche il datore di lavoro) o dal responsabile dei lavori. Le due figure sono:

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Il COORDINATORE DELLA SICUREZZA PER LA PROGETTAZIONE DELL' OPERA

(CSP) viene designato contestualmente all' affidamento dell' incarico di progettazione e

svolge la pianificazione delle misure di sicurezza sin dalla fase di progettazione

collaborando con il progettista. Solitamente e’ un professionista al quale viene dato

l'incarico di assicurarsi che l' opera da costruire abbia caratteristiche tali da poter

essere realizzata applicando le norme di sicurezza. Quindi il CSP deve redigere il

PIANO DI SICUREZZA E DI COORDINAMENTO e determinare i costi della sicurezza.

Per redigere PSC deve individuare, analizzare e valutare i rischi e decidere le

procedure e le attrezzature atte a garantire il rispetto delle norme di sicurezza.

Il COORDINATORE DELLA SICUREZZA IN FASE DI ESECUZIONE (CSE) deve

essere designato sempre laddove d'obbligo la designazione del CSP. Il CSE, che ha

caratteristiche simili al CSP, è un tecnico con competenze specifiche in materia di

sicurezza e viene designato per garantire il coordinamento e l'informazione tra i diversi

soggetti presenti nel cantiere e inoltre, verifica all' interno del cantiere, con azioni di

coordinamento e controllo, l'applicazione del PSC da parte delle imprese esecutrici e

dei lavoratori autonomi.

I controlli per quanto riguarda l'applicazione delle norme di sicurezza vengono fatti dallo

SPISAL (Servizio Prevenzione Infortuni sull' Ambiente Lavorativo) un servizio

appartenente all' ULSS ( Unità Locale Socio Sanitaria) oppure dalla Direzione Territoriale.

I controlli preliminari vengono eseguiti soprattutto sul POS e sul PSC, oppure per lavori

particolari come quelli in quota viene controllato il PIMUS (Piano di Montaggio Uso e

Smontaggio dei Ponteggi). Se i controlli preliminari hanno esito positivo lo SPISAL può

fare anche un sopralluogo all' interno del cantiere, mentre se viene riscontrata una

mancanza del POS o del PSC il cantiere viene considerato illegale.

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SICUREZZA IN CAVA

Nelle attività di estrazione non viene fatto il POS ma una valutazione dei rischi e il

riferimento normativo non è più il testo unico ma Il Decreto Legislativo 624/96

(Attuazione di alcune direttive europee) che prescrive misure per la tutela della sicurezza e

della salute dei lavoratori durante il lavoro nelle attività estrattive di sostanze minerali di

prima e di seconda categoria, così come definite dal regio decreto del 1927 n° 1443.

Si applica:

ai lavori di prospezione, ricerca e coltivazione delle sostanze minerali;

ai lavori svolti negli impianti connessi alle attività minerarie, esistenti entro il

perimetro dei permessi di ricerca, delle concessioni o delle autorizzazioni;

ai lavori svolti negli impianti che costituiscono pertinenze della miniera anche se

ubicati fuori del perimetro delle concessioni;

ai lavori di frantumazione, vagliatura, squadratura e lizzatura dei prodotti delle cave

ed alle operazioni di caricamento di tali prodotti dai piazzali;

alle attività di prospezione, ricerca, coltivazione e stoccaggio degli idrocarburi liquidi

e gassosi nel territorio nazionale, nel mare territoriale e nella piattaforma

continentale e nelle altre aree sottomarine comunque soggette ai poteri dello Stato.

Da tale campo risultano escluse le escavazioni di sabbie e ghiaie nell'alveo dei corsi

d'acqua e nelle spiagge del mare e dei laghi.

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Nelle attività estrattive, inoltre, la struttura di gestione della sicurezza si arricchisce

ulteriormente con le figure del TITOLARE, del DIRETTORE DI CAVA ( se si tratta di una

cava) e del SORVEGLIANTE.

TITOLARE: imprenditore di miniera o cava o titolare di permesso di prospezione o di

ricerca o di concessione di coltivazione o di autorizzazioni di cava. I principali obblighi del

titolare sono:

Nominare il Direttore dei Lavori e predisporre la denuncia di esercizio;

Valutare l’idoneità delle ditte appaltatrici o dei lavoratori autonomi;

Trasmettere all’organo di vigilanza il prospetto mensile infortuni;

Predisporre il documento di sicurezza e salute coordinato.

Il DIRETTORE DI CAVA è colui che ha costantemente la responsabilità dei luoghi di

lavoro e che ha l’obbligo ,all’interno della cava, di osservare la disposizioni normative e

regolamentari in materia di tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori. Tra i

principali obblighi del direttore di cava ci sono:

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Accertarsi che i luoghi di lavoro garantiscano sufficienti livelli di sicurezza;

Predisporre l’ ordine di servizio sull’uso degli esplosivi individuando gli addetti alle

varie fasi dello sparo mine;

Disporre che nei vari luoghi di lavoro vengano svolte periodiche esercitazioni di

sicurezza.

Il SORVEGLIANTE è un sottoposto del direttore di cava a cui compete la sorveglianza sui

luoghi di lavoro, è costantemente presente e ha il compito di far osservare e rispettare le

norme di sicurezza sul posto di lavoro. È una figura importante in quanto si trova a diretto

contatto con le problematiche che in ogni momento possono insorgere.

Per la sicurezza dei lavori la SPISAL non interviene, deputato al controllo e alla

sorveglianza in attività di cava è la Provincia Settore Ambiente Ufficio Cave.