La campana del brigante (Altilia di Santa Severina Kr)

6
181 III La campana del brigante Nel maggio del 1920 sulla rivista Siberene 642 trovò spazio e risalto un richiamo, documentalmente apprezzabile, alla leggenda della “campana del brigante” di Altilia. La leggenda, “tramandata dai nostri vecchi”, raccontava di un brigante che, braccato da “soldati e birri”, si trovò impedito sull’alta rupe a strapiombo prospiciente l’antico monastero Calabromaria di Altilia, oltre il fiume Neto, in territorio di Belvedere Spinello. Al grido “Maria d’Altilia, salvami tu: ti farò io la campana che manca alla tua Chiesa”, il brigante si lasciò cadere, salvandosi miracolosamente. A sue spese fece, allora, fondere la campana ex voto, da quel momento detta “campana del brigante”. La rupe prese il nome, tuttora in voga, di “Timpa del salto”. Il “racconto popolare” è così integralmente in Siberene riportato: “Una di quelle bande [che in tempi ormai lontani infestavano la Calabria], inseguita da per tutto, da soldati e da birri, dopo vari combattimenti, ne’ quali, come avviene, e gli uni e gli altri lasciavano a terra de’ morti e de’ feriti, si vide quasi su l’estremo della sua disperazione. I pochi briganti rimasti della banda vollero vender cara la loro vita, e lottarono, lottarono ancora… Ma, sospinti da’ soldati e da’ birri verso un’erta, aspra, difficile collina, erano tutti sul punto di essere circondati e catturati. Resistettero ancora: ma uno di essi, forse il capobanda, si vide perduto, perché, retrocedendo sempre e sempre tirando delle fucilate su coloro che volevano impossessarsi di lui, si trovò in fine all’estremo di un’altissima rupe, a picco, dalla quale non si poteva sperare salvezza. Da una parte i nemici che sempre più si avvicinavano a lui; dall’altra la rupe a picco. Fu un terribile istante per lui: o farsi ammazzare o ammazzarsi da sé, buttandosi da quell’altissima rupe. Scelse quest’ultima via. Ma prima di buttarsi da lassù nell’abisso, 642 A. PUJIA, Siberene, Cronaca del passato per le Diocesi di Santa Severina-Crotone-Cariati, a cura di G. B. Scalise, Chiaravalle Centrale 1976, p. 465.

Transcript of La campana del brigante (Altilia di Santa Severina Kr)

Page 1: La campana del brigante (Altilia di Santa Severina Kr)

181

III

La campana del brigante

Nel maggio del 1920 sulla rivista Siberene642 trovò spazio e risalto un richiamo, documentalmente apprezzabile, alla leggenda della “campana del brigante” di Altilia.

La leggenda, “tramandata dai nostri vecchi”, raccontava di un brigante che, braccato da “soldati e birri”, si trovò impedito sull’alta rupe a strapiombo prospiciente l’antico monastero Calabromaria di Altilia, oltre il fiume Neto, in territorio di Belvedere Spinello. Al grido “Maria d’Altilia, salvami tu: ti farò io la campana che manca alla tua Chiesa”, il brigante si lasciò cadere, salvandosi miracolosamente. A sue spese fece, allora, fondere la campana ex voto, da quel momento detta “campana del brigante”. La rupe prese il nome, tuttora in voga, di “Timpa del salto”.

Il “racconto popolare” è così integralmente in Siberene riportato:

“Una di quelle bande [che in tempi ormai lontani infestavano la Calabria], inseguita da per tutto, da soldati e da birri, dopo vari combattimenti, ne’ quali, come avviene, e gli uni e gli altri lasciavano a terra de’ morti e de’ feriti, si vide quasi su l’estremo della sua disperazione. I pochi briganti rimasti della banda vollero vender cara la loro vita, e lottarono, lottarono ancora… Ma, sospinti da’ soldati e da’ birri verso un’erta, aspra, difficile collina, erano tutti sul punto di essere circondati e catturati. Resistettero ancora: ma uno di essi, forse il capobanda, si vide perduto, perché, retrocedendo sempre e sempre tirando delle fucilate su coloro che volevano impossessarsi di lui, si trovò in fine all’estremo di un’altissima rupe, a picco, dalla quale non si poteva sperare salvezza. Da una parte i nemici che sempre più si avvicinavano a lui; dall’altra la rupe a picco. Fu un terribile istante per lui: o farsi ammazzare o ammazzarsi da sé, buttandosi da quell’altissima rupe. Scelse quest’ultima via. Ma prima di buttarsi da lassù nell’abisso,

642 A. PUJIA, Siberene, Cronaca del passato per le Diocesi di Santa Severina-Crotone-Cariati, a cura di G. B. Scalise, Chiaravalle Centrale 1976, p. 465.

Page 2: La campana del brigante (Altilia di Santa Severina Kr)

182 183

ebbe un lampo di speranza: la Madonna di Altilia, che di fronte a quella rupe aveva il suo Santuario, la Calabro Maria. E prima di lanciarsi nel vuoto, gridò pieno di fede: Maria d’Altilia, salvami tu; ti farò io la campana che manca alla tua Chiesa … E giù: in quella fiducia verso Maria SS.ma. Fu un miracolo della Madonna: doveva laggiù diventare un mucchio di carne e di ossa; e invece nessun male n’ebbe, da quella caduta … e si salvò, correndo ancora per la campagna; ringraziandone la Vergine che lo aveva liberato dalla morte. La campana la fece subito fondere, a sue spese: e anche oggi, in Altilia, ne’ paesi vicini e in Santa Severina nostra è chiamata la campana del brigante”.

“È per altro, leggenda o storia?”, si domandava il direttore della rivista A. Pujia: l’interrogativo, in assenza di adeguate fonti storiche, permane, ed è destinato a perpetuarsi nei secoli. Lo sforzo che noi possiamo, tuttavia, compiere è quello di rendere conto delle poche notizie certe sulle campane di Altilia, per come ad oggi è dato riscontrare.

Nell’ottobre del 1216 l’abate di Fiore, Matteo Vitari, nel quadro dell’aggregazione del cenobio greco di Calabromaria alla regola florense, donò al monastero di Altilia “due campane” (campanas duas), con l’ammonimento ai monaci di conservarle e custodirle come se dovessero essere restituite (tamquam reddenda custodiant)643.

Nel novembre del 1579 l’Inventario delle robbe del monastero di Santa Maria di Altilia, stilato dal priore don Beneditto Valente, annotava solo “una campana al campanile”644.

Le due campane che svettano oggi sul campanile della chiesa della parrocchia di S. Tommaso recano in capo le seguenti iscrizioni645:

1. Campana A:

E VICARII GENERALIS, SANCTE MARIA AR ALTILIA FRANCISCI MODII ARCHIDIACONI EIUSSR M.S.A.D.

E IULIUS ANTONIUS SANTORIUS ARCHIEPISCOPUS SANCTE SEVERINE646;

643 V. DE FRAJA, «Post combustionis infortunium». Nuove considerazioni sulla tradizione delle opere gioachimite, in “Florensia”, VIII-IX, anno 1994-95, pp. 169-171 n. VI.

644 AASS, Inventario delle robbe del ven.le Monastero di Santa Maria de Altilia, Cartella 47 B.645 Le iscrizioni sono state annotate e pubblicate in P. BARONE, Santa Severina: la storia e le sue

campane, Cosenza 1991, pp. 116; 118.646 Ibidem, p. 116. La campana è pendente da un ceppo di legno con inciso A.D.D.P.M. 1867.

Page 3: La campana del brigante (Altilia di Santa Severina Kr)

182 183

2. Campana B:

E VERBUM CARO FACTUM EST ET ABITAVIT IN NOBIS A.D. MDCVI S.M. DE ALTILIA MARCELLO BARRACCO647.

Il 9 maggio 1567 la badia di S. Maria di Altilia fu data in commenda per un triennio a Antonio Santoro648, arcivescovo di S. Severina: Mario Barracco, abate commendatario del monastero, per definitiva sentenza fu condannato da due cardinali della S. Inquisizione, e sospeso per un triennio dal comando e dall’amministrazione dell’abbazia649.

I “redditi” del monastero di Santa Maria di Altilia, del valore di “oltre 1000 ducati”, furono “sequestrati e affidati al Vicario Arcivescovo di Santa Severina [Giovanni Francesco Modio] a condizione che una parte venisse data al Commendatario, una parte all’Inquisizione e una parte ai poveri”. Il resto fu “lasciato ai monaci per il vitto e il vestiario, oltre che per riparare gli edifici”. Nel 1569, due anni dopo l’assegnazione al Modio, il chiostro del monastero era in rovina: le crepe del dormitorio e del capitolo, così come la chiesa che “in molti punti era scoperta” denotavano l’assenza di interventi di ristrutturazione. Non v’era “custodia per il santo sacramento” e “la messa si celebrava una sola volta al giorno” da parte di “un unico monaco” insieme ad “alcuni sacerdoti secolari”650.

Nel corso del 1570 il vicario Giovanni Francesco Modio, ammi-nistratore del monastero, fece ristrutturare la sacrestia: i lavori furono assegnati al mastro muratore Giovanni di Natale651. All’opera del Modio e dell’arcivescovo Santoro risale l’innalzamento e la dedica della campana “A”, ancor oggi esistente in Altilia e posta in cima al campanile della chiesa parrocchiale di San Tommaso.

647 Ibidem, pp. 115-116; 118. Campana A: altezza sagoma cm. 77; diametro cm. 70; circonferenza superiore cm. 124; intonazione DO; punto cardinale nord; altezza corona cm. 18; spessore cm. 5,5; circonferenza centrale cm. 146. Campana B: altezza sagoma cm. 65; diametro cm. 64; circonferenza superiore cm. 130; intonazione RE; punto cardinale nord; altezza corona cm. 17; spessore cm. 7; circonferenza centrale cm. 119. L’intonazione DO-RE, a mo’ di “inizio di una scala musicale”, giustifica la tradizionale definizione delle campane di Altilia come “campane d’accordo”. Per la citazione biblica, Giovanni 1, 14.

648 Giulio Antonio Santoro, abate commendatario della badia di Altilia dal 1567, fu nominato arcivescovo di S. Severina nell’anno 1566. Morì a Roma nel 1602 (A. PUJIA, Siberene, cit., p. 197).

649 F. RUSSO, Regesto Vaticano per la Calabria, Roma 1974, IV, n. 416.650 ASV, Status monasteriorum Cist. Ord. Ex visitatione an. 1569, Conc. Trid., 2 f. 119.651 G. CARIDI, Uno «Stato feudale» nel Mezzogiorno spagnolo, Roma 1988, p. 107.

Page 4: La campana del brigante (Altilia di Santa Severina Kr)

184 185

Il 23 giugno 1604 il monastero di S. Maria di Calabromaria fu dato in commenda al cardinale Iacopo Sannesio652. Il cardinal Sannesio, che governò la badia di Altilia fino al 1626, fu, nel dicembre del 1605, incaricato da papa Paolo V di recuperare i beni del monastero da chiunque fossero occupati o detenuti ingiustamente653.

All’anno successivo (1606) risale l’innalzamento e la dedica di una seconda campana (B), anch’essa oggi in Altilia conservata e posta in cima al campanile della chiesa di San Tommaso.

Ad elevarla fu Marcello Barracco o Baracca di Cosenza. Egli è ricordato nell’atto di dotazione del dicembre 1588 da parte della sua futura sposa Geronima Modio di Santa Severina, figlia di Polissena Susanna e di Luca Antonio Modio654.

Il nome del nobile feudatario ricorre, altresì, in due lettere pontificie: in una, del maggio 1597, papa Clemente VIII concede la dispensa circa l’impedimento di secondo grado di parentela tra Marcello Barracco e Innocenza Modio di Santa Severina; nell’altra, del febbraio 1616, Paolo V concede a Marcello Barracco di Santa Severina l’indulto per un oratorio privato nel castello di Roccabernarda, nel quale erano rinchiusi dei prigionieri655.

Da un episodio risalente all’anno 1622 si ricava come il ricco latifondista avesse preso in fitto i terreni ed i pascoli dell’abbazia di Altilia: egli fece pascolare le sue vacche nelle “Volte di Neto”, ma ne fu impedito dal cognato del barone di Caccuri Gio. Battista Cimino, il quale, a seguito del sopravvenuto mutamento del corso del fiume Neto, rivendicava il possesso di alcune gabelle del monastero, finite dalla parte del territorio di Caccuri. Intervenne il priore di Calabromaria, sollecitando un breve apostolico e minacciando di scomunica chiunque avesse impedito ai Barracco il pascolo656.

La campana dedicata da Marcello Barracco nel 1606, la seconda nel volgere di un trentennio dopo quella elevata da Giulio Antonio Santoro e Giovanni Francesco Modio attorno al 1570, è tradizionalmente nota in Altilia come “campana del brigante”. Il dato si evince dalla leggenda,

652 F. RUSSO, op. cit., V, n. 328.653 Ibidem, n. 341.654 G. CARIDI, op. cit., p. 115.655 F. RUSSO, op. cit., cit., V, n. 257, 477.656 ASCZ, Monastero di S. Maria di Altilia, in Miscellanea 1579-1782, 529, 659, B. 8, a. 1679.

Page 5: La campana del brigante (Altilia di Santa Severina Kr)

184 185

dall’essersi tramandata nel racconto popolare come del brigante “la campana che manca”657.

L’elemento della mancanza di una seconda campana è confermato nei documenti dall’esservi nel dicembre del 1579, secondo il priore della badia don Beneditto Valente, “una campana al campanile”658. La circostanza sembra avvalorare, sotto questo profilo, il racconto popolare.

Le iscrizioni, in precedenza riportate, impongono altresì di rigettare ogni ipotesi volta a collegare la leggenda del brigante con il brigantaggio settecentesco o risorgimentale. Questo almeno in rapporto alle due campane conservate e alle ritenzioni dei più.

Si deve, in tal senso, volendo salvare le apparenze, pensare ad un ampliamento della leggenda nel suo nucleo originario, a seguito di sovrapposizioni e analogie desunte da episodi e vicende dei secoli XVIII e XIX che a noi sfuggono, ma che di certo dovevano ricalcare gli eventi dell’anno 1606: la donazione ex voto, ad opera di un nobile feudatario, Marcello Barracco, di una campana che alla chiesa di Altilia mancava da circa un trentennio, verosimilmente a lode e ringraziamento di un miracolo ricevuto in situazione di grave ed estremo pericolo.

Di contro al mistero, ordunque, ancor oggi affascinante - per quanto allo stato inesplicabile - del “brigante” miracolato dalla Calabromaria, permane limpido e maestoso il rintocco di due campane che, in Altilia, hanno varcato i secoli, e che risuonano da quattrocento anni.

657 A. PUJIA, Siberene, cit., p. 465. Ciononostante, a dispetto della tradizione, l’ipotesi dell’esistenza in passato di altre campane in Altilia, oggi non più in loco conservate e di cui con tutta evidenza non è rimasta testimonianza né materiale né documentale, per quanto generica, va per principio tenuta in conto e non rigettata a priori.

658 AASS, Inventario delle robbe del ven.le Monastero di Santa Maria de Altilia, cit. a. 1579.

Page 6: La campana del brigante (Altilia di Santa Severina Kr)

186186 187

Fig. 38 - Campana A. Fig. 39 - Campana B.

Fig. 40 - La Timpa del salto.