La Bussola16

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N° 16 - Dicembre 2013 Rivista bimestrale distribuzione gratuita VERSO RIFIUTI ZERO Cultura o riconoscimento economico? pag. 3 L’INTERVISTA Intervista a Franchina Aiudi pag. 4 BUONE PRATICHE G.A.S. pag. 8 Vergogne dell’Occidente la Bussola Associazione Culturale LiberaMente

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Rilevanze penali in una vicenda tra il macabro e il faceto_Cultura o riconoscimento economico?_Intervista a Franchina Aiudi_Sanità: la vertenza legale fa chiarezza su diritti e necessità_Fatti li cazzi tuoi_Gruppi d’acquisto solidali_Nascere in casa_Rubriche: Il libro_Dalla terra alla tavola_Il film

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La Bussola - Dicembre 20132

E D I T O R I A L E

La Bussolaperiodico culturale

Registrato presso il tribunale diPesaro il 14.01.2010registrazione n. 568

n.16 chiuso il 16 Dicembre 2013

Direttore responsabileFelice Massaro

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Grafica e impaginazionePaola Bacchiocchi

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StampaIdeostampa - Calcinelli

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Blogliberamente2009.wordpress.com

Gli autori si assumono laresponsabilità dei propri scritti

La sperimentazione del metodo Stamina non è mai iniziata essendo stata inibita fin dall’inizio da persone controinteressate.I fatti sono dedotti dall’ORDINANZA TAR LAZIO sul ricorso numero di registro generale n. 8730 del 2013, integrato da motivi aggiunti; dalla sentenza del TAR di Brescia del 20 novembre 2013; da interviste su TV e carta stampata. In sintesi: Il Ministero della Salute, con d.m. 28 giugno 2013, ha nominato componenti del Comitato Scientifico (Luca Pani, Alessandro Nanni Costa, Maria Grazia Roncarolo, Bruno Dallapiccola, Generoso Andria, Amedeo Santossuo, e dott.ssa Patrizia Popoli) professionisti che in passato, prima dell’inizio dei lavori, avevano espresso forti perplessità, o addirittura accese critiche, sull’efficacia scientifica del Metodo Stamina.Per tale ragione la composizione dello stesso è risultata illegittima.Il Comitato scientifico, oltretutto, contravvenendo all’art. 2, comma 4, d.m. 18 giugno 2013, arbitrariamente si è attribuito il compito di valutare la sussistenza delle condizioni per iniziare la sperimentazione.Il Ministero della salute si è limitato a “prendere atto” del parere negativo reso dal Comitato scientifico che, pur avendo valore consultivo, nel merito non si sarebbe dovuto pronunciare. Tale parere, invece, non era vincolante per il Ministro Lorenzin che avrebbe potuto decidere diversamente.Il Ministero della Salute, avendo ritenuto essenziale, nella fase formale, il requisito dell’indipendenza dei componenti Comitato scientifico, nei fatti non ne ha tenuto conto ignorando le rimostranze mosse in tal senso, fin dall’inizio, dalla Stamina Foundation.Vi è stato un approccio alla sperimentazione in modo prevenuto, per averla già valutata prima ancora di

esaminare la documentazione prodotta dalla Stamina Fondation.Lo stesso Ministro ha manifestato la sua contrarietà al metodo Stamina prima, durante e dopo tali vicende.Il Ministro, unitamente ad alcuni scienziati in questione e all’AIFA, continua a diffondere fango su Stamina e sulle famiglie dei pazienti facendole apparire disperate, sprovvedute, alla mercé di venditori di fumo e di speranza.Prima di esprimere il parere negativo all’inizio della sperimentazione, il Comitato avrebbe dovuto altresì esaminare le cartelle cliniche dei pazienti che erano stati sottoposti alla cura con la Stamina presso l’Ospedale civile di Brescia i quali pazienti, dai certificati medici versati in atti, non risultano aver subito effetti negativi collaterali ma, al contrario, tutti hanno riscontrato benefici, anche se non risolutivi, certamente importanti.Il Ministro aveva dichiarato che tali cartelle erano state visionate per cui nella trasmissione televisiva ‘La Vita in Diretta’ del 14-10-2013, rammaricata e commossa, quasi straziata da un dispiacere represso, dice di aver detto un no che non avrebbe voluto dire e al minuto 08 “Se avessimo avuto anche soltanto un appiglio per poterla realizzare questa sperimentazione, anche solo uno, io l’avrei fatta fare. Purtroppo non c’è”. A tale affermazione seguirono persino gli applausi dallo studio.I fatti dimostrano che il Ministro rilasciava false dichiarazioni con estrema disinvoltura in quanto gli appigli c’erano ed erano numerosi. Il dott. Raffaele Spiazzi, direttore sanitario degli ospedali di Brescia, nell’intervista concessa a Giulio Golia de Le Iene, nella puntata del 22 ottobre, mostra numerosi certificati medici che attestano miglioramenti ottenuti dai pazienti.

Rilevanze penali in una vicenda tra il macabro e il faceto

di Felice Massaro

Ignazio Drago Fossimo tutti...

Fossimo tutti così vicini,uomini e bambini,

da girare spalla a spalla,razza bianca, nera e gialla:tutti insieme sul prato del

mondo,in un grande girotondo,di tanti colori innocenti

faremmo un colore soltanto,di tanti diversi accenti

un unico canto;più nessuno sarebbe

straniero:palpiterebbe davvero,

nell’ansia di ogni cuore,lo stesso messaggio d’amore.

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V E R S O R I F I U T I Z E R O

Oltretutto, un ministro della Repubblica che viene sconfessato da una sentenza del TAR dove le viene contestato il fatto della “poca” obiettività del comitato di esperti da “Lei” nominati, equivale ad una ammissione grave in termini di responsabilità diretta nel conferire tale incarico a persone atte a formulare un giudizio già determinato in precedenza.A questo punto, tecnicamente, il ministro in questione si pone in una condizione altamente sfavorevole e soggetto a provvedimenti relativi alla sua funzione e persona.Il Ministro, prendendo atto dell’Ordinanza del TAR Lazio, intende affrettarsi a nominare un nuovo Comitato Scientifico. Ancora un volta le sue parole sono commoventi: “A me interessa solo dare una risposta alle famiglie che sono disperate. Non posso aspettare la sentenza a giugno, poi il Consiglio di Stato, perché nel frattempo ci sono persone che purtroppo sono condannate a morte”.Ebbene, prima delle dovute dimissioni richieste da tutti i pazienti, il Ministro, essendo consapevole che ci sono “persone che purtroppo sono condannate a morte” ha il dovere di imporre semplicemente il rispetto di una Legge dello Stato, la legge Turco/Fazio sulle cure compassionevoli che consente l’accesso alla terapia Stamina, oltretutto gratuita per lo Stato e per i pazienti, unica terapia che ha come alternativa il nulla.L’appiglio della “pericolosità” è stato spazzato via dai fatti e l’Ospedale di Brescia è idoneo per praticare tale terapia: “...permanendo indubbio anche che il laboratorio dell’Azienda Ospedaliera in discorso fosse, restasse e resti estremamente qualificato, al di la della vicenda in discorso, alla lavorazione e alla conservazione di cellule e tessuti secondo procedure certamente idonee” (TAR di Brescia del 20 novembre 2013).

Federico, ormai conosciuto da molti, continuerà la terapia e non dovrà più preoccuparsi dei giudici.Adesso la sua famiglia avrà più tempo per continuare questa battaglia che vede, sull’altro fronte, barbarie, crudeltà e intrallazzi mascherati da nobili propositi.Uno di questi propositi lo conosciamo in molti: difendere la vita di persone che essi stessi dicono essere destinate alla morte. Sarcasmo sciagurato e scellerato!

Quando si affronta il tema della gestione rifiuti ormai non si discute praticamente più dell’opportunità di effettuare la raccolta differenziata: si discute dei vari metodi, spesso e volentieri basandosi sul sentito dire per bollarne uno come inefficace esaltandone un altro, senza però tener conto dei dati numerici.Dati numerici che derivano da anni e anni di esperienza sul campo dei cosiddetti “Comuni virtuosi” e la conclusione è unica: quantità e qualità delle materie prime seconde sono garantite dal sistema conosciuto come “porta a porta spinto”. Ad oggi gli altri sistemi, stando ai soli costi tecnici del servizio, sembrano meno costosi, ma se nel calcolo di quanto utenze domestiche e produttori di rifiuti speciali assimilabili dovrebbero pagare, venissero detratti il mancato costo di smaltimento in discarica ed il ritorno economico derivante dalla vendita delle “materie prime seconde”, il porta a porta spinto sarebbe in realtà anche il sistema meno costoso.Non a caso questo sistema fonda i suoi ottimi risultati, garantiti dall’opera quotidiana del “produttore del rifiuto”, su tre pilastri fondamentali: corretta e costante informazione, centro di raccolta per conferire al di fuori del calendario dei passaggi previsti, ritorno economico. Proprio quest’ultimo fattore non ha mai avuto piena attuazione da gran parte dei Comuni: dove lo si è adottato come metodo imprescindibile, i risultati sono stati accompagnati addirittura da un netto risparmio per ogni tipo di utenza.Quindi tariffa puntuale come incentivo alla raccolta differenziata? Sì e no allo stesso tempo.Mi spiego meglio. Non credo ci sia alcun dubbio sul fatto che tutte e tutti noi abbiamo il dovere morale di differenziare per evitare di interrare o bruciare ciò che non ci serve più (il termine “rifiuto” credo spieghi bene l’atteggiamento psicologico): ne va del rispetto dell’Ambiente e degli altri, oltre che di noi stessi. Ma è necessario riconoscere anche i diritti oltre ai doveri. Se pago l’acqua a consumo, il gas a consumo, l’elettricità a consumo, dovrei pagare smaltimento dei rifiuti per

Cultura o riconoscimento economico?

di Cristian Bellucci

quanti ne produco; se per farmeli portar via da casa già separati devo pagare di più perché chi me li ritira deve passare più volte, dovrei però pagare meno lo smaltimento dell’indifferenziato in discarica e ricevere il ricavato della vendita delle materie prime seconde.Su questo specifico argomento però l’incertezza è regnata e regna sovrana e la grande maggioranza dei Comuni si è ben guardata dall’applicare seri metodi premianti visto che, anche quando obbligati, la parte fissa del costo del servizio è sempre stata relazionata direttamente alla superficie del locale come se i rifiuti li producesse questo e non gli occupanti o la tipologia e l’intensità del lavoro eseguito.A livello normativo, la Tassa sui Rifiuti Solidi Urbani avrebbe dovuto essere soppiantata dalla Tariffa di Igiene Ambientale o Tariffa Integrata Ambientale con l’entrata in vigore del DPR 158/1999, a scaglioni negli anni successivi, ma sono intervenute le immancabili proroghe a dilazionare il termine ultimo fino al 2009.Successivamente, una normativa articolata e fumosa, ha consentito l’applicazione della TARSU anche per gli anni 2010, 2011 e 2012.Ora con la tanto discussa TARES 2013 (in attesa della prossima confusionaria e onerosa “non si sa più cosa” per il 2014) dovrebbe essere possibile “commisurare la tariffa alla quantità e qualità di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia delle attività svolte, oppure commisurarla tenendo conto dei criteri previsti dal Dpr 158/1999 e anche introdurre ulteriori riduzioni ed esenzioni” a patto che “i Comuni dovranno approvare appositi regolamenti entro il 30 novembre 2013, lo stesso termine, prorogato dall’articolo 8 del Dl 102/2013, fissato per l’approvazione del bilancio comunale” (fonte: “http://www.reteambiente.it/”www.reteambiente.it).Ora l’interrogativo è su quanti Comuni l’avranno fatto, come e sulle reali volontà, specie in quelli piccoli, di contrastare i gestori del servizio che, è lecito pensare visti i recenti trascorsi, di ridare soldi alle varie utenze non hanno particolare premura.

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L’ I N T E R V I S T A

Intervista a Franchina Aiudi

di Claudia Romeo

Ha occhi pieni d’amore mentre parla della sua Africa, la signora Franchina Aiudi. Le parole le scorrono veloci, tessono racconti, aneddoti, storie di vite durissime, si parla di guerra, morte, fame, bambini soldato, siccità e cambiamenti climatici. Ma il tempo sembra volare ad ascoltare quello che dice, quello che l’Uganda ha rappresentato e rappresenta.Come è iniziato il tuo impegno con l’associazione Africa Mission?

Com’è andata?

E per quello che riguarda l’insegnamento di taglio e cucito?

Com’è la vita dei bambini adesso che la guerra è finita?

Di cosa ti sei occupata e ti occupi?Ho incontrato Don Vittorione a Fano in un periodo difficilissimo della mia vita, mio marito era morto da poco e volevo che le offerte raccolte al suo funerale fossero date a disposizione di una missione. Ho conosciuto Africa Mission e Don Vittorione tramite Giovanni Paci. Quest’ultimo ha poi insistito molto perché anch’io andassi in Uganda, ma ero restia perché pensavo che l’Africa fosse per gli uomini, le suore, i missionari, non per una donna comune.Poi dopo tre anni, decisi di andare e di rimanerci per un mese.

Dopo 15 giorni, ho detto “ ma io cosa faccio qui, dove sono?” tutti che mi salutavano, anche per strada, quando sentivano passare le nostre macchine, tutti correvano per salutarci. Non so spiegare come mi sono sentita. Per quindici giorni sono stata così presa che non pensavo neanche all’Italia. Poi è arrivato questo senso di smarrimento e mi

Abbiamo una quindicina di donne che nel tempo hanno imparato bene e lavorano per noi, con loro confezioniamo borse ed altre cose per un mercatino. Vengono pagate 50 mila scellini, cioè15 euro al mese. Usiamo delle vecchie macchine da cucire che abbiamo portato dall’Italia.Per le altre donne organizziamo corsi di cucito a mano. Dispongo turni da trenta corsiste a cui insegno a cucire una borsa, due gonne, una maglietta, un vestitino per bambini. Alla fine del corso, ci portano un po’ di legna e noi diamo loro quello che hanno cucito, quindi, i vestiti sono per loro che decideranno poi se tenerli o venderli. In due mesi di permanenza faccio fino a cinque turni da trenta donne per volta.

Una donna fuori dal comune

Adesso più che altro insegno taglio e cucito alle donne, un lavoro che faccio fin dalle prime volte.Ma i primi anni la situazione era diversa, venivano fuori dalla guerra. C’era tanta fame, c’era l’emergenza. Avevamo una mensa con tantissimi bambini con quei pancioni, faceva male vederli. Prendevamo un certo numero di denutriti e orfani, li pesavamo e ci prendevamo cura di loro per un periodo, poi dopo 15 giorni li pesavamo di nuovo e se si erano ripresi un po’ si cambiavano con altri bambini messi in condizioni peggiori. Non potevamo fare altrimenti per cercare di aiutarne il maggior numero possibile. Il giorno del cambio spesso capitava che rifiutavano il pasto prima della pesata. Era un modo per tentare di essere tenuti ancora. Adesso questa mensa non ce l’abbiamo più perché non c’è più l’emergenza.Allora vedevi bambini di sei, sette

I maschi fino a sei, sette anni badano ai capretti, quando hanno dagli otto anni in poi le capre più grandi, verso i quindici anni accudiscono le mucche.I bambini quando è caldo, verso mezzogiorno, si radunano sotto le piante vanno sotto la capretta, tirano giù un po’ di latte e prendono il latte lì. É molto importante avere le caprette in una famiglia, infatti, abbiamo promosso un’azione da qui che chi voleva ci dava i soldi per una capretta e noi le abbiamo date alle famiglie che non l’avevano.Le bambine, invece, aiutano le madri nei compiti “da donna”, cioè andare a prendere l’acqua, la legna o il carbone, cose che poi portano sulla testa.L’infibulazione è una pratica molto diffusa, viene praticata da donne anziane con un ferro fatto ad uncino a bambine dagli otto anni in poi. Non

chiedevo “ma come è possibile? Sono così felici, non hanno niente e sono felici, mi salutano, mi vogliono un gran bene; ma chi sono io?” Tornata in Italia, sono ripartita dopo poco e sono rimasta in Uganda per quattro mesi; da allora in 19 anni ci sono andata 20 volte. Ho un grande amore per loro, mi hanno dato di nuovo la voglia e la forza di vivere. Ho un amore grande, anche per quelli che non conosco.

anni per strada con i fucili, adesso li hanno disarmati, ma in diversi ce li hanno ancora, qualcuno ha armi costruite in Italia, non lontano da noi, ad Urbino.Non ti so dire quanti bambini ho visto morire, specialmente con la malaria.

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L’ I N T E R V I S T A

In generale, com’è cambiata in questi anni l’Uganda che conosci?

Come funzionano le scuole?

Cosa fate per aiutare le persone a sostenersi?

Come ti senti quando torni in Italia?

E quando sei in Italia cosa fai per loro?

La guerra non c’è più. L’economia delle famiglie si basa sul raccolto che, a sua volta, dipende da come procede la stagione delle piogge che di solito va da marzo ad agosto. Seminano sorgo, mais e qualche verdura. Ma da qualche anno il raccolto è pochissimo perché le piogge arrivano sempre più tardi, quest’anno sono iniziate a maggio, e sono torrenziali. A volte seminano fino a tre volte per avere un po’ di raccolto.Se hanno un po’ di raccolto, sono felici, basta poco.

Diciannove anni fa a scuola andava il 25% dei bambini, adesso siamo al 50/60%. La scuola si paga.Non dimenticherò mai la prima scuola che ho visto. Sotto una pianta c’erano 200 bambini seduti a terra, sulla pianta c’era una lamiera che avevamo dato noi. Intorno a fare il perimetro c’erano i mattoni. I bambini non avevano né quaderni né niente. Il maestro scriveva sulla lamiera, loro sulla sabbia. Poi il maestro girava fra loro per controllare. Questa era la scuola e in questi casi si insegnava soprattutto matematica.Don Vittorione aveva allestito una scuola sotto una tettoia nella missione. Poi l’abbiamo fatta in muratura, adesso ce ne sono tre. Da noi non pagano, sono statali, ma generalmente in Uganda si paga per studiare. Però è obbligatoria la divisa, come in tutte le altre scuole. Le divise costano 15 mila scellini, 5 euro, e le famiglie spesso non hanno possibilità di comprarle. L’hanno scorso ne ho fatte 300 e le abbiamo distribuite.

È tremendo tornare, soprattutto le prime volte. Lì c’è tanto entusiasmo, al ritorno hai voglia di raccontare tutto, ma gli altri spesso sono indifferenti. Lo dico sempre a chi viene le prime volte.Bisognerebbe avere la possibilità almeno una volta di vedere.

Raccolgo soprattutto offerte in denaro, poi quando arrivo nella capitale dell’Uganda compro quello che serve per la missione e per i poveri di cui ci occupiamo. Come vestiti da qui porto soprattutto le magliette, più difficili da confezionare lì. Qualche ditta ci dà della stoffa da portare in Africa, danno soprattutto jeans e stoffe bianche o nere. Con i jeans cuciamo le borse ed i pantaloni delle divise. Le stoffe bianche e nere a loro piacciono poco perché amano i colori, ma troviamo sempre il modo di allestire cose carine che si avvicinino al loro gusto.Vado anche nelle scuole del nostro territorio, faccio vedere dei filmati, raccolgo qualche soldino. Vado per sensibilizzare i bambini. Ai bambini dico che con 1 euro do una ciotola da mangiare a 4 bambini africani. Li invito a fare a meno di qualche capriccetto, come figurine o caramelle, per dare quel soldino per i

Non facciamo elemosina, aiutiamo gratuitamente senza chiedere niente in cambio solo gli ammalati e gli anziani, lì una persona di 40 anni è già messa molto male.Nella zona del Karamoja, molto arida, abbiamo scavato 700 pozzi e ancora ne stiamo facendo. Più passa il tempo, più bisogna scavare, l’acqua

Al sabato quando non lavoro vado in un ospedale statale, dove spesso mancano le medicine, a portare qualcosa, a vedere se c’è qualcuno che posso aiutare. C’era una mamma vicino ad un letto dove c’era un bambino malato che sembrava moribondo. Mi sono accorta che era senza flebo, di solito le mettono nella testa perché è difficile trovare le vene. Ma lui non ce l’aveva. Ho chiesto, tramite l’autista, perché il bimbo era senza medicine. La madre ha risposto che l’ospedale aveva la medicina, ma non aveva gli aghi. L’ago costa 500 scellini, come le nostre vecchie 500 lire. La mamma però non aveva scellini e stava lì, doveva vedere morire il figlio perché non aveva 500 scellini. Le ho dato i soldi e le ho detto di andare a comprare l’ago, fuori c’erano e si potevano acquistare. É tornata con l’ago e hanno messo la flebo al piccolo. Sono ripassata il sabato successivo... il bambino era seduto sul letto, gli ho dato una banana e l’ha mangiata. Se non fossi passata quel giorno sarebbe morto e la mamma avrebbe dovuto assistere senza poter fare niente.

A questo punto con le domande avevo finito, era trascorsa più di un’ora, ma Franca ci teneva a raccontarmi alcuni aneddoti, storie che le sono capitate perché come dice lei laggiù le parla tutto. Ve ne riporto una con le sue parole.

Torno a casa e in macchina penso che si può morire se non ci sono i soldi per comprare un ago.Per chiunque abbia voglia di donare qualcosa a Franca il suo numero è 338 1807740.Con 1 euro mangiano 4 bambini, con 50 centesimi si compra un ago.

bimbi ugandesi. Con i soldi donati dai bimbi italiani organizzo ogni anno un pranzo in cui do da mangiare a bambini, anziani e malati.

ci sarebbe l’obbligo, ma la famiglia ne è contenta, perché a quel punto sono pronte per il matrimonio, non provando piacere non tradiranno il marito. Molte muoiono o lì per lì o durante la gravidanza.

potabile si trova a circa 100 metri, un pozzo viene a costare molto. Poi ci si mette la pompa a mano. Dove ci sono i pozzi c’è la fila di donne con la tanica, là si pompa continuamente. Abbiamo costruito tre scuole dove l’unico obbligo è la divisa.Per il resto facciamo lavorare i padri o le madri, ad esempio se c’è da pitturare la scuola chiediamo operai e in cambio diamo cibo, vestiti.In più, in missione abbiamo circa 200 operai, ne teniamo più di quanto ne servano per aiutare un maggior numero di famiglie.

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D I R I T T O A L L A S A L U T E

Sono stati presentati il 25 ottobre presso il Tribunale amministrativo regionale i motivi aggiuntivi al ricorso contro la riorganizzazione della Rete sanitaria pubblica marchigiana, riforma che lede fortemente il diritto alla salute di cittadini e cittadine della nostra provincia. La scelta del ricorso legale era stata fatta su proposta del Coordinamento dei comitati dopo aver verificato che le soluzioni politiche alla penalizzazione del territorio erano inagibili e confuse, e che anzi ogni tentativo di contatto da parte di comitati e persino di organizzazioni sindacali con la Giunta regionale, era rifiutato, mentre questa attuava con arroganza il piano di ‘riordino’.L’atto principale del ricorso, datato 19 luglio, era stato predisposto in base alle linee di indirizzo indicate dal Sindaco di Barchi, che avevamo reputato essere coincidenti con gli interessi del territorio e della cittadinanza, ed è stato il frutto della collaborazione fra lo studio legale incaricato, alcuni medici di base operanti sul territorio, un esperto di pianificazione e gestione sanitaria dell’Emilia Romagna, un esperto di pianificazione e gestione sanitaria dell’Umbria iscritto all’ISDE (Associazione Medici per l’Ambiente), alcuni tecnici di Comitatinrete e del Comitato a Difesa dei Diritti di Fossombrone.Erano state impugnate, fra l’altro, le Delibere di Giunta Regionale Marche n. 735/2013 e 920/2013, ed ogni atto connesso, presupposto o consequenziale che possa aver contribuito alla cosiddetta riforma del sistema sanitario regionale.Il 13 settembre scorso il Tribunale aveva accolto la richiesta di riunione della fase cautelare (cd. sospensiva) al merito e ha fissato l’udienza di discussione dei ricorsi, stabilendo per quest’ultima la data del 9 ottobre 2014. Ciò è avvenuto perché il TAR, condividendo le richieste formulate in udienza dai Comuni di Barchi, Cingoli, Chiaravalle e Fossombrone, ha ritenuto che “le ragioni di tutte le parti del presente giudizio sono più adeguatamente tutelabili con l’adozione di una pronuncia di merito”. Si è ora di nuovo sottolineato come

Sanità: la vertenza legale fa chiarezza su diritti e necessità.

di Coordinamento dei comitati, http://www.comitatinrete.it

la riorganizzazione delle reti cliniche adottata con DGR 1345/2013 non abbia previsto una dislocazione uniforme ed ottimale dei servizi, accentuando le disequità tra le diverse Aree Vaste, a tutto svantaggio dell’Area Vasta 1 di Pesaro e Urbino e, all’interno di questa, fra le zone costiere servite dall’azienda Ospedali Riuniti Marche Nord che vede a Pesaro il DEA di 1° livello e l’entroterra completamente sprovvisto sia di taluni servizi ospedalieri essenziali che di un adeguato e idoneo servizio di emergenza.

A proposito del servizio d’emergenza, un’area di 750 chilometri quadrati sarà coperta da un solo mezzo con medico a bordo quando la normativa prescrive almeno un mezzo per 350 chilometri.Nel ricorso introduttivo era stato già sollevato il difetto di competenza della Giunta regionale ad adottare atti in deroga al Piano sanitario regionale approvato nel 2011. Ora, coi motivi aggiuntivi, si va a specificare come nella Legge regionale 17/2013 dello scorso luglio si introducano modifiche di fatto al Piano, senza motivarle ma solo per ottenere copertura alla chiusura di alcuni presidi ospedalieri rinominando superficialmente le strutture restanti come “Case della salute”. Il ricorso sottolinea l’illegittimità degli atti della Giunta assunti in violazione della legge vigente all’epoca dell’emanazione degli stessi; detti atti hanno modificato il Piano sanitario regionale invocando la “spending review”, mentre, come da tempo documentato, il numero dei posti letto in Area Vasta 1 rispettava ampiamente i limiti posti a livello nazionale essendo il territorio con il più basso rapporto fra posti letto e abitanti.Per quanto attiene al servizio di emergenza, dall’esame della documentazione depositata da

I costi della riforma andranno quindi a ricadere sui pazienti

e sul personale sanitario, i benefici sul servizio sanitario

privato.

Regione e ASUR Marche nel ricorso principale, emerge che la valutazione clinica può essere rimessa, anche nei casi più gravi, a chi interviene e ha sotto osservazione il paziente, ovvero anche ad un infermiere:...”la Centrale si fida della valutazione clinica dell’equipaggio sul posto … indipendentemente dalla qualifica...”! Risulta altresì che a Cagli, Fossombrone, Pergola, i trasporti interospedalieri sono previsti in reperibilità, mentre negli altri ospedali il servizio è attivo 24H. Questo appare un controsenso, posto che, a fronte dell’utenza sicuramente inferiore rispetto a Pesaro, Urbino e Fano, la chiusura degli ospedali e il taglio dei servizi impone costanti trasferimenti da Cagli, Fossombrone e Pergola e dunque un maggior utilizzo del servizio di trasporto interospedaliero. Infine, curiosa ma gravida di conseguenze appare la previsione della responsabilità del personale di soccorso che risponderà dei danni derivati ad altri assistiti dall’indisponibilità dell’ambulanza impegnata “in assenza di motivazioni valide”. In altri termini si tende a scaricare sul personale le carenze già esistenti in origine e non prevedendo, tra l’altro, competenze in grado di gestirle! I costi della riforma andranno quindi a ricadere sui pazienti e sul personale sanitario, i benefici sul servizio sanitario privato. Nei motivi aggiuntivi presentati si documenta ulteriormente anche il rischio per la vita e la compromissione della salute dei pazienti con patologie acuta; una ipotesi ad altissima probabilità, come nel caso di pazienti con infarto del miocardio, il cui trattamento, nel territorio di Barchi e di molte altre zone simili, con i tagli effettuati supererebbe ampiamente i 90 minuti raccomandati.Nel ricorso, che invoca i principi di uguaglianza, solidarietà e appropriatezza delle cure, abbiamo voluto definire con chiarezza tanti aspetti non valutati dai politici né abbastanza approfonditi nelle sedi pubbliche, mentre il dibattito continua, il segnale è chiaro: non ci accontentiamo di parole, i diritti vanno rispettati, le responsabilità ricercate.

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S O C I E T À

Fatti li cazzi tuoidi Rodolfo Santini

Una di queste domeniche, ero a pranzo a Cartoceto con amici e lì sono stato protagonista di una scena veramente emblematica, che dà la misura del degrado morale in cui si trova l’Italia. Ad un certo punto ho notato due auto-blu, di romana cultura, parcheggiate in piazza, con tanto di lampeggianti esposti (all’insegna dello status simbol), in cui salivano i graduati della forestale presenti ed in una di queste salivano anche due signore, in abiti civili; immediatamente ho afferrato il mio smartphone (indispensabile per non essere annoverati come pezzenti) ed ho scattato delle foto a queste signore, ritenendo che fossero le consorti dei graduati, che sfruttavano l’auto pubblica per fini privati… quale miglior occasione per far valere il diritto dovere di ogni cittadino, nel controllare tutti ciò che è pubblico, quindi nostro, e che i soldi nostri vengano usati per gli interessi e scopi collettivi e non privati? Poi ho scoperto che era tutto lecito, trattandosi di rappresentanti donne del corpo forestale in trasferta.A questo mio gesto, non passato inosservato agli altri commensali, il commento più benevolo è stato: “ Ma allora tu vai a caccia di coglioni !!!” ed ancora: “Tu te li vai a cercare; ma chi te lo fa fare?” E via di questo passo.Queste frasi, in un certo senso benevoli, orientate a difendermi da ritorsioni, sono in realtà improntate ad una chiara e significativa perdita totale del senso civico, del diritto di cittadinanza che invece dovrebbe essere patrimonio in ogni cittadino; belle parole, vero, principi scolpiti nella Costituzione e ormai persi nella melmosa quotidianità che ci ha resi individualisti, chiusi nel nostro regno, con tutti i confort possibili immaginabili, al calduccio con la TV accesa e gli altri chiusi fuori casa. All’insegna del classico chissenefrega!!!Mi pare tanto di sentire ancora la voce del deputato Antonio Razzi (PDL), che, non sapendo di essere registrato, dice a Barbato (IDV): ”Fatti li cazzi tuoi,

fregatene, qui sono tutti ladri…”, come il comico Crozza ha splendidamente immortalato sulla sua trasmissione settimanale.Eppure l’italietta felice è questa; “fatti li cazzi tuoi”, è questo il messaggio che è passato, a tutti i livelli, in tutti gli strati della popolazione; è stato enfatizzato l’effimero, l’apparire a discapito dell’essere, la spregiudicatezza a discapito dei valori, dell’orgoglio di essere cittadini italiani, che scopriamo solo in occasione delle partite di calcio, ben gradite al popolo bue, che se ne alimenta voracemente.Che differenza c’è fra questa società e quella descritta dal Manzoni ne’ “I promessi sposi”? Nessuna, abbiamo ancora il Conte zio, che rappresenta La Legge, l’Innominato con le sue angherie impunite, il don Abbondio che dispensa parole di perdono nel suo privilegio di prete ed infine i Bravi, oggi in divisa, a difesa del potente di turno.A distanza di secoli è rimasto tutto uguale, la società italiana non è cresciuta di una spanna, non si è maturata minimamente, lasciando alla ricca borghesia, che gestisce il potere a tutti i livelli, la facoltà di fare scorribande nella vita delle persone, camuffate da leggi, che oggi chiama “spending review” in modo che il popolino non capisca di cosa si tratti; sicuramente è una fregatura per la povera gente. Infatti questi governanti intaccano le pensioni, lo stato sociale che viene smantellato, i diritti dei lavoratori, la tutela dei malati di SLA, i giovani senza futuro. Mai che intervengano sui loro ricchi possedimenti, sugli immensi patrimoni, sulle loro finanze, sullo sfacciato lusso che ostentano senza timore, sapendo di essere intoccabili e soprattutto invidiati.Questi ultimi decenni hanno devastato l’industria pubblica, spartendosene le ricchezze, adesso hanno attaccato i beni pubblici, come l’acqua, data in gestione ai privati, la scuola pubblica a favore di quella privata; stanno

smantellando la sanità pubblica, nella quasi indifferenza totale della popolazione bisognosa, costituita dallo strato sociale più esposto, come gli anziani, i poveri; su questo versante ci stiamo americanizzando: chi ha soldi si cura, gli altri si arrangiano.Eppure il popolino ha un grande risentimento nei confronti di tutto ciò che è pubblico (i fannulloni del ringhioso Brunetta, macchina da guerra della propaganda governativa, insieme a tutto l’apparato della RAI, dei Vespa end C., la più grande macchina di disinformazione italiana) considerato la causa di tutti i mali, alla stregua degli extracomunitari, assimilati ai lebbrosi di manzoniana memoria; non rendendosi conto che i primi ad aver bisogno del servizio pubblico, sono i più deboli, i poveri, tutti coloro che non sono “CASTA”. La casta usa le cliniche private, la scuola privata; i loro figli non saranno mai disoccupati o in stato di bisogno; costoro si autotutelano, si coprono a vicenda e si fanno leggi “pro domo loro”.Casta, la parola magica che consente il salto di qualità, nella convinzione che chi sta vicino al sole si scalda; quindi chi sta vicino al potere sarà potente, pieno di ricchezze e privilegi, con una miriade di donne più che disponibili, attorniato da servi pronti a soddisfare ogni desiderio; ecco la società che abbiamo creato in questi ultimi anni. E sinceramente non ne vado affatto orgoglioso, ma sono consapevole che fintanto che non toccheremo il fondo, la miseria, il malessere, la fame, non ci sarà possibilità di alzare la testa, di risorgere ed appropriarsi dei diritti che la Costituzione ci attribuisce (fintanto che non la modificheranno e già lo stanno facendo).Rischiando feroci critiche, direi che non vale la pena fermare il degrado sociale, lottare per gli indifferenti che non si indignano mai, che non hanno opinioni, che gli unici giornali che leggono sono quelli sportivi o la pubblicità della merce in vendita; adoperarsi per far conoscere la Costituzione non gliene frega a nessuno, per cui facilitiamo la caduta verso il basso, nella speranza che poi ci si possa rendere conto del male che ci siamo fatti e ricominciare daccapo, a ricostruire su un nuovo piedistallo e non sulle putride macerie di cui siamo attorniati. Per ora la parola d’ordine è e rimane “FATTI LI CAZZI TUOI”.

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Quando un gruppo di persone decide di incontrarsi per riflettere sui propri consumi e per acquistare prodotti di uso comune, utilizzando come criterio guida il concetto di giustizia e solidarietà, dà vita a un GAS (Gruppo di acquisto solidale).Finalità di un GAS è provvedere all’acquisto di beni e servizi cercando di realizzare una concezione più umana dell’economia, cioè più vicina alle esigenze reali dell’uomo e dell’ambiente, formulando un’etica del consumare in modo critico che unisce le persone invece di dividerle, che mette in comune tempo e risorse invece di tenerli separati, che porta alla condivisione invece di rinchiudere ciascuno in un proprio mondo (di consumi).Essere un GAS perciò non vuole dire soltanto risparmiare acquistando in grandi quantitativi, ma soprattutto chiedersi che cosa c’è dietro a un determinato bene di consumo: se chi lo ha prodotto ha rispettato le risorse naturali e le persone che le hanno trasformate; quanto del costo finale serve a pagare il lavoro e quanto invece la pubblicità e la distribuzione; qual e’ l’impatto sull’ambiente in termini di inquinamento, imballaggio, trasporto... fino a mettere in discussione il concetto stesso di consumo ed il modello di sviluppo che lo sorregge.La costituzione di un gruppo serve da una parte a non sentirsi soli e a condividere le scelte e dall’altra a facilitare la logistica degli acquisti,

Gruppi d’acquisto solidali

di Lorenzo Mancinelli (GAS Fossombrone)

B U O N E P R A T I C H E

potendo con questa modalità far nascere delle piccole distribuzioni organizzate a cadenza regolare che hanno lo scopo di incidere realmente sulle abitudini di consumo giornaliere. I GAS cercano di applicare contemporaneamente nella quotidianità delle proprie scelte alcuni concetti che spesso vengono considerati separati come biologico, Km zero e filiera corta.

Un prodotto certificato biologico ad esempio può darmi delle maggiori garanzie sulla qualità e sulla genuinità, ma dice poco sulle implicazioni come il trasporto; se acquistiamo latte bio dalla Germania, avremo un buon prodotto ma avremo causato inquinamento dovuto alla tanta strada fatta per arrivare alla nostra tavola. Inoltre, non sappiamo se l’azienda produttrice o trasformatrice sfrutta i lavoratori, ecc...Allo stesso modo un prodotto che acquistiamo vicino a casa (il cosiddetto km zero) ha implicazioni positive sull’ultimo aspetto nominato, ma se viene prodotto in modo convenzionale potrebbe contenere maggiori quantità di residui chimici e potrebbe anche

Il significato di una scelta e il suo impatto

Finalità di un GAS è provvedere all’acquisto di beni e servizi cercando di realizzare una

concezione più umana dell’economia.

aver inquinato l’ambiente (si pensi a pesticidi, concimi chimici ecc.).Infine, anche il concetto di filiera corta da solo dice poco perché anche un prodotto che arriva dal terzo mondo può essere di filiera corta se ci sono stati pochi passaggi dalla produzione all’acquisto. Non so nulla però se si tratta di un prodotto sano e se i produttori sono stati remunerati in maniera equa.I GAS cercano di far coesistere questi tre concetti cercando prodotti provenienti da piccoli produttori locali per avere la possibilità di conoscerli direttamente e per ridurre l’inquinamento e lo spreco di energia derivanti dal trasporto. Inoltre si cercano prodotti biologici o ecologici che siano stati realizzati rispettando l’ambiente e le condizioni di lavoro.Un altro aspetto non secondario è quello della socializzazione; di fronte al potere dilagante delle multinazionali che esercitano un forte condizionamento sulle abitudini dei consumatori, ci assale un senso di impotenza e solitudine. In questo panorama sentiamo di non poter condividere criteri di scelta poco attenti all’impatto ambientale e sociale, ma spesso risulta difficile uscire dai tradizionali e sempre più potenti canali distributivi per assumere decisioni autonome.Inoltre, trovarsi in gruppo con un obiettivo comune aiuta a vivere delle relazioni e favorisce il confronto di idee. Analizzare prodotti e produttori porta ad uno scambio di esperienze tra i partecipanti utile per definire insieme dei criteri per guidare le nostre scelte.

Nella nostra provincia da diversi anni esiste una rete di GAS (attualmente sono 13 in totale) e di altre realtà dell’economia cosiddetta solidale come empori e cooperative agricole sociali. È sicuramente una realtà in movimento ed in espansione che cerca di dare una proposta valida e praticabile per quanto riguarda il modello di sviluppo socioeconomico da perseguire per il futuro, dato che quello attuale sta mostrando diversi segni di debolezza.

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L I B E R T À D I S C E L T A

Nascere in casa

di Tatiana Camillucci

Arriva la telefonata del papà. “Le contrazioni sono molto forti, venite!”. Mi alzo dal letto, è notte fonda. Mi preparo velocemente, un ultimo sguardo alla borsa che è già pronta da settimane, ho tutto il necessario. Un ultimo bel respiro prima di bussare alla porta. Ci apre il papà con un sorriso “È in camera!”. La casa è molto calda, le luci sono soffuse, il profumo della vita si inizia a percepire. Lei è in piedi, con le braccia appoggiate su un mobile, concentrata, non si accorge che siamo entrate nella stanza. Noi ostetriche con un solo sguardo sappiamo di essere d’accordo: le contrazioni sono forti, il travaglio è ben avviato. Finita la contrazione la mamma alza la testa e con un sorriso ci accoglie. Ascoltiamo il battito del cuore del bimbo, lei sa già che va tutto bene, perché il piccolo le annuncia ogni contrazione con un movimento. Il papà è ansioso di sapere quanto manca, tra quanto tempo nascerà il suo bambino e a lui, come a tutti, rispondiamo che non lo sappiamo ancora, nessuno può saperlo. Siamo qui per aspettare e sorvegliare. Come amiamo chiamarci, siamo “Custodi della nascita”. Le contrazioni come onde arrivano, crescono, passano, alcune sono più facili, altre più faticose. La mamma ed il papà affrontano il viaggio per stringere tra le braccia il loro bambino nella loro casa. Qui hanno dipinto le pareti, scaldato l’ambiente, scelto le lenzuola e le coperte più morbide, hanno preparato il nido che accoglierà il piccolo dal primo istante della sua vita. Un luogo pieno

racconto di un’ostetrica

di amore per abbracciarlo. La mamma è libera, può muoversi, farsi una doccia, piangere, urlare, stare in silenzio, stare sola, essere abbracciata, ridere, cantare. Il tempo scorre. Velocemente? Lentamente? Ore sembrano minuti e minuti sembrano ore. Poi una pausa. Le contrazioni rallentano, si fermano. Lei è stanca, ha bisogno di riposare, di mangiare, di ricaricarsi. Noi aspettiamo e sorvegliamo. Ed ecco che, poco dopo, le contrazioni riprendono più forti di prima ed in pochissimo tempo qualcosa cambia. Le contrazioni diventano spinte, il canto diventa un suono forte, il viso della mamma è contratto ma i suoi occhi ridono di una nuova energia in corpo.È la vita che le scorre attraverso e lei si sente grande e meravigliosa. Il bambino nasce, lo accolgono per un istante le nostre mani e poi subito le braccia ed il seno della sua mamma. È tranquillo, piange solo per salutarci, ma poi, rassicurato dal contatto pelle a pelle, respira e apre gli occhi. Quegli occhi grandi e profondi che riconoscono l’amore. È nato, e tutto gli è familiare: l’abbraccio della mamma, il suo odore, la sua voce. Il cordone ancora pulsa sangue ossigenato che lo aiuta ad imparare e respirare, le luci sono basse, l’ambiente è caldo e non ci sono altri rumori. Per questo la chiamiamo una nascita dolce, una nascita indisturbata. A volte qualcuno chiede se sia per tutti il parto in casa. O se sia l’unico

modo per avere una nascita dolce. Ad entrambe le domande risponderei di no. La scelta del parto in casa è una scelta intima, che nasce nella donna e nella coppia durante i mesi di gravidanza. La mamma che partorisce a casa deve sentirsi nel posto più intimo, sicuro, protetto, l’unico in cui vorrebbe veder nascere il suo bambino. Quando io ho partorito in casa, mi sentivo così.

Noi donne marchigiane siamo fortunate. In poche regioni d’Italia esistono leggi che tutelano la libera scelta del luogo in cui partorire. Nelle Marche, nel lontano 1998, alcune donne ed alcuni uomini si sono battuti per ottenerla. Si tratta della Legge regionale 27 Luglio 1998, n. 22. “Diritti della partoriente, del nuovo nato e del bambino spedalizzato.” Con questo testo si “assicura la libertà di scelta circa i luoghi dove partorire, ferme restando le esigenze primarie della sicurezza.” Questa legge, “legalizza” le nascite a domicilio o in una casa maternità, definisce gli standard e le procedure affinché ogni nascita avvenga in sicurezza, ed assicura ai genitori che scelgano di affidarsi ad ostetriche libere professioniste per il parto in casa, un rimborso da parte della regione di 1200 euro. Le mamme che hanno una gravidanza fisiologica, e che potrebbero liberamente scegliere in che luogo ed in che modo far nascere i propri bambini sono tante. Il mio vuole essere un invito ad informarsi su quali siano le possibilità, ascoltarsi nel profondo e capire quale sia il proprio luogo e modo per dare alla luce il proprio bambino. La nascita è importante, per il bambino, per la mamma, per il papà, per tutta la famiglia, per l’umanità. “Io credo che un inizio della vita dolce e sano sia il vero fondamento di una vita felice. La pace del mondo può venire costruita, cominciando oggi, un bambino alla volta”. Ibu Robin Lim Noi Custodi della Nascita siamo ostetriche libere professioniste. Lavoriamo in tutte le Marche ed in Romagna per accompagnare, tutelare e sostenere le donne e le coppie nelle loro scelte in tutto il percorso della gravidanza e della nascita.

Per avere maggiori informazioni: Tatiana Camillucci 320 1194080 ci trovate anche su Facebook “Le Custodi della Nascita”

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La Bussola - Dicembre 201310

Il libro di Cristian Bellucci

LE DUE GUERRE – Perché l’Italia ha sconfitto il terrorismo e non la mafiaGian Carlo CaselliMelampo Editorepp. 157 – maggio 2009 – 15,00 €

Dalla postfazione di Marco Travaglio… questo libro è soprattutto un album di famiglia. La famiglia delle classi dirigenti italiane alle prese con i suoi tre figli naturali e deformi: il terrorismo, la corruzione e la mafia. Il primo fu combattuto e vinto, perché si era rivoltato contro i suoi padri: applausi ed encomi solenni ai magistrati e alle forze dell’ordine che lo combatterono e lo vinsero, con ampia delega in bianco.

Il secondo e il terzo si finse di volerli combattere, illudendo e mandando allo sbaraglio pochi magistrati, quasi “volontari”, ai quali poi fu revocata la delega quando stavano per farcela. Perché la corruzione e la mafia erano figli legittimi, somiglianti ai loro padri come le gocce d’acqua.La storia di Caselli, e di chi come lui ha attraversato in trincea la storia della magistratura degli anni Settanta, Ottanta, Novanta del secolo scorso e la prima decade del nuovo millennio, è tutta qui: bravissimo e onoratissimo quando ripuliva le strade dagli eversori rossi, e perfino quando liberava il campo dai viddani di Cosa nostra che avevano esagerato nella stagione delle stragi, mordendo la mano che li aveva nutriti e sputando nel piatto in cui avevano mangiato; incapace, politicizzato, fallimentare, golpista, aggiusta pentiti, eversore quando alzava lo sguardo e il tiro sui piani superiori.

R U B R I C H E

BIANCOSPINOSvolge un’efficace azione sedativa del sistema nervoso, regola la pressione ed il ritmo cardiaco.È un vasodilatatore, utile anche nell’arteriosclerosi, nei disturbi della menopausa e nelle insonnie nervose.L’ infuso di foglie secche è un ottimo astringente per la pelle grassa.

MELISSAIn Europa meridionale veniva chiamata “elisir di lunga vita”, infatti, è un ottimo sedativo e tonico del sistema nervoso.Utile contro l’emicrania e per calmare i dolori spastici intestinali, in caso di mestruazioni particolarmente dolorose.Per uso esterno è un cicatrizzante.

Prima della raccolta assicurarsi sempre che quelle individuate siano le piante indicate, vista la somiglianza con altre piante e fiori.

CALENDULAÈ un ottimo regolatore del flusso mestruale e cura diverse infezioni dell’apparato genitale.Ha un effetto antipasmodico, antinfiammatorio, antiulceroso.Per uso esterno svolge un’azione idratante e lenitiva.

Dalla terra alle tavole di Paola Bacchiocchi

Gian Carlo Caselli, dopo aver ricoperto il ruolo di procuratore generale presso la Corte d’Appello di Torino, è ora procuratore capo.Ha cominciato la sua carriera in magistratura a Torino, come giudice istruttore impegnato in indagini sul terrorismo, in particolare sulle Brigate rosse. Dal 1986 al 1990 è stato membro del Consiglio superiore della magistratura. Ha diretto la Procura di Palermo dal 1993 al 1999, gli anni dei processi “eccellenti” su mafia e politica: Andreotti, Dell’Utri, Mannino, Musotto, Contrada.Dal 1999 al 2001 ha diretto il DAP (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria). E poi per due anni è stato rappresentante italiano presso Eurojust.Ha scritto anche A un cittadino che non crede nella giustizia, con Livio Pepino (2005), L’eredità scomoda, con Antonio Ingroia (2001) e Un magistrato fuori legge (2005).

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Il film di Walter Bisello

Trashed regia di Candide Brady (2012)documentario 97 min.

Lo straordinario documentario illustra impietosamente l’entità e le conseguenze dell’attuale inquinamento su scala mondiale, evidenziando come quest’ultimo possa rappresentare una reale minaccia per l’esistenza del genere umano.

Presentato a Cannes nel 2012 nella sezione Selezione Ufficiale, l’opera della giornalista inglese Candide Brady ha efficacemente polarizzato l’attenzione degli spettatori, riscuotendo una vasta eco. Jeremy Irons, come un neofita Virgilio, accompagnato dalle evocative musiche di Vangelis (celeberrimo autore di colonne sonore, tra le più celebri ricordiamo “Blade Runner” e “Momenti di Gloria”,

nonché fondatore dello storico gruppo Aphrodite’s Child), ci conduce lungo i gironi danteschi dell’“inferno dei rifiuti” che quotidianamente fagocitano il nostro pianeta. Un pianeta bellissimo visto dall’alto, ma ponendolo sotto una lente d’ingrandimento si evidenzia con incredulità l’impatto devastante dell’Uomo.Con raccapriccio osserviamo, attraverso un lungo piano sequenza, l’attore britannico seduto su una discarica posta sulla spiaggia di Saida (Libano), raggiungendo altezze fino a 40 metri: un’immagine tristemente emblematica. Il docufilm riporta in maniera precisa documentazioni e studi stocastici effettuati da scienziati ed esperti: nel 2025 si arriverà a 2,2 miliardi di tonnellate di rifiuti, con l’inevitabile raggiungimento del collasso dell’ecosistema mondiale. Le terrificanti conseguenze vengono acclarate, attraverso i cinque continenti, ad un pubblico sempre più sgomento (la quotidianità che si svolge lungo l’inquinatissimo fiume Ciliwung in Indonesia; l’esistenza nell’Oceano Pacifico di un’isola costituita esclusivamente da rifiuti di plastica grande quanto il Texas; estese porzioni di oceano colonizzate da detriti).Le grandi istituzioni non hanno risolto questa allarmante minaccia, che l’Uomo stesso ha prodotto. L’esistenza degli inceneritori ha aggravato ulteriormente

lo status del pianeta: la diossina prodotta, oltre che accumularsi negli animali da allevamento, interferendo pertanto con il ciclo alimentare, ha proprietà teratogene per i feti umani con terrificanti deformità per i nascituri. L’intenzionalità della regista non è un mero “j’accuse”, ma è voler dare un barbaglio di speranza, dato che una nuova cultura, affinché la Terra si salvi, esiste attraverso il progetto “Rifiuti Zero”: la combinazione del sistema di produzione delle merci, un ridotto utilizzo di materia e di energia e la riduzione dei rifiuti, in particolare quelli pericolosi. San Francisco, dove tale progetto è in atto ormai da 15 anni, ha l’obiettivo di portare a zero entro il 2020 la percentuale di rifiuti non riciclata. Erich Fromm confermava la natura distruttiva dell’Uomo (“Anatomia della Distruttività Umana” ed. Mondadori - 1975), ma nonostante il suo trattato l’Uomo stesso può migliorare la sua condizione: la volontà di iniziare con piccole attenzioni quotidiane ottimizzerà gli anelli di una catena di azioni che costituiscono l’intero ecosistema. E se sussiste la volontà, di conseguenza esiste la speranza.

R U B R I C H E

Prima della raccolta assicurarsi sempre che quelle individuate siano le piante indicate, vista la somiglianza con altre piante e fiori.

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Viale Einaudi 114 Bellocchi tel. 0721 855734