La Bilancia dei Pagamenti e Il Mercato dei Cambi · alla fine del 1992. Padoa-Schioppa 7 con...

89
Prof. Beniamino A. Piccone (con la supervisione del Prof. Francesco Arcucci) IV a DISPENSA di ECONOMIA E TECNICA DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI La Bilancia dei Pagamenti e Il Mercato dei Cambi A.A. 2010- 2011

Transcript of La Bilancia dei Pagamenti e Il Mercato dei Cambi · alla fine del 1992. Padoa-Schioppa 7 con...

Prof. Beniamino A. Piccone (con la supervisione del Prof. Francesco Arcucci)

IVa DISPENSA di ECONOMIA E TECNICA DEGLI

SCAMBI INTERNAZIONALI

La Bilancia dei Pagamenti e

Il Mercato dei Cambi

A.A. 2010- 2011

2

INDICE 1. Introduzione. La bilancia dei pagamenti: definizioni e aspetti generali; lo

schema dei conti della bilancia dei pagamenti; l’euro e la bilancia dei

pagamenti; relazioni economiche

2. Mercato dei cambi; definizioni; il tasso di cambio; quotazioni; operazioni

in cambi; cambi a pronti e a termine; cambi fissi e flessibili; cambio di

mercato; cambio effettivo nominale e reale; Teoria della PPA; i

partecipanti.

3. Aspetti funzionali del mercato dei cambi: sistema monetario interno;

autorizzazione e convertibilità; convertibilità piena e moneta di riserva.

4. Aspetti strutturali del mercato dei cambi: mercato di banca; dimensioni;

aperto 24 ore su 24; centri più importanti; mercato a pronti e mercato a

termine; controparti.

5. Determinanti del tasso di cambio

5.1 Aspettative di cambio

5.2 Monete forti e monete deboli

6. Previsione del tasso di cambio

7. Storia del mercato dei cambi

Si ringrazia per la revisione, l’integrazione, i numerosi spunti, la Storia del Forex, il dott. Giovanni

Pozzi, partner fondatore di JW Partners (www.jwpartners.com), società di ricerca ed analisi

specializzata sul mercato dei cambi, da sempre su desk Forex di banche di investimento tra Milano

e Londra. Email: [email protected]

3

“Mi interessa molto il futuro. E’ lì che passerò il resto della mia vita”, Groucho Marx.

“La difficoltà giace non nelle nuove idee ma nelle vecchie, radicate in ogni angolo

delle nostre menti”, J.M. Keynes

“There is a tendency in our society to exaggerate the importance of money, to define

values in terms of money...The prevailing bias in favor of money and wealth is a good

example of what I mean by fallibility”, G. Soros1

“Ciampi gave the performance of his life”, an Italian diplomat2

“In Inghilterra è tenuto in grande considerazione il carattere, da noi invece l’astuzia.

E’ ben difficile immaginare un paese veramente civile in cui gran parte delle persone

di rilievo sono furbe e in cui chi si fida degli altri è considerato un ingenuo”, Paolo

Sylos Labini3

1 Tratto da G. Soros, Soros on Soros, Wiley & Sons, 1995, p. 210 2 Tratto da Financial Times, 29 novembre 1996, il giorno dopo la conclusione del negoziato all’Ecofin per le nuove parità delle valute europee contro marco. Saranno poi le parità definitive per il cambio con l’euro. 3 Tratto da P. Sylos Labini, Un Paese a civiltà limitata, a cura di Roberto Petrini, Laterza, 2001, p. 164

4

Introduzione

Durante gli scorsi decenni la maggior parte delle economie ha aumentato il grado di

apertura4 agli scambi internazionali come evidenziato ad esempio dall’aumento delle

esportazioni mondiali di beni e di servizi che sono passate da circa il 18% (percentuale riferita

al PIL) nel 1987 a circa il 23% negli anni più recenti5. Nello stesso modo, i flussi

internazionali relativi sia agli investimenti diretti sia a quelli di portafoglio si sono

notevolmente incrementati. Queste due circostanze insieme con la rapida liberalizzazione dei

controlli dei cambi relativa ai movimenti di capitale che si era iniziata negli anni Ottanta e che

si è intensificata negli anni Novanta - e nel primo decennio del nuovo millennio - hanno

determinato uno straordinario aumento delle operazioni di cambio, dell’acquisto e della

vendita di depositi bancari denominati in valuta.

E’ opportuno compiere una breve digressione e ricordare come la libertà di movimento

dei capitali – ormai considerata ovvia - abbia messo in crisi il Sistema Monetario Europeo6

alla fine del 1992. Padoa-Schioppa 7 con lucidità fin dal 1982 mise in luce il

cosiddetto Quartetto Inconciliabile.

4 Misura che funge da indicatore per valutare il livello di apertura del mercato nazionale di un paese ai flussi commerciali internazionali: esso è definito dall'incidenza dell'interscambio di un paese sul suo prodotto interno lordo (vs il PIL). L'interscambio può essere espresso come: — la somma delle importazioni e delle esportazioni; — la somma delle importazioni e delle esportazioni divisa per due; — ciascuna delle due grandezze (importazioni ed esportazioni) prese singolarmente. Nel primo caso il grado di apertura sarà dato dal rapporto X + M/PIL, nel secondo da (X + M : 2)/PIL e nel terzo da X/PIL o M/PIL. Un elevato grado di apertura del mercato nazionale al commercio internazionale, se da un lato garantisce al paese una più facile reperibilità dei fattori produttivi di cui necessita e di cui è sfornito, dall'altro espone il paese stesso alle ripercussioni di eventuali crisi economiche originate in altri Stati e successivamente propagatesi a livello internazionale.

5 Sulla base del rapporto percentuali Export (goods and services)/PIL (%) gli USA e il Giappone sono economie quasi chiuse. Vediamo il rapporto nei diversi Paesi (fonte: World Bank, 2009) Usa 11; Giappone 13; Francia 23; Canada 32; Italia 24; Gran Bretagna 28; Germania 41; Belgio 73; Lussemburgo 169; Singapore 221

6 Il Sistema monetario europeo era un progetto stabilito nel 1979 in cui la maggior parte delle nazioni della Comunità economica europea vincolavano le loro monete onde prevenire troppo ampie fluttuazioni reciproche. Dopo il collasso del Sistema di Bretton Woods nel 1971, i Paesi della CEE si accordarono nel 1972 per mantenere stabili i tassi di cambio attraverso operazioni, dando vita al cosiddetto «serpente monetario». Nel marzo del 1979, questo sistema fu rimpiazzato dal Sistema monetario europeo. Per approfondimenti si veda il paragrafo successivo sulla storia del mercato dei cambi.

7 Tommaso Padoa-Schioppa è stato definito l'"impeto intellettuale" dietro la nascita dell'euro e il "padre fondatore" della nuova moneta. Dal 1979 al 1983 è stato Direttore Generale per l'Economia e la Finanza

5

All’interno di un’area economica (allora la Comunità Economica Europea), non

possono coesistere quattro fenomeni, che erano anche gli obbiettivi della CEE:

1) Libertà di circolazione di merci e di servizi;

2) Libertà di movimento dei capitali;

3) Tassi di cambio fissi;

4) Politiche monetarie - dei singoli Stati - autonome

A quell'epoca, i vari Paesi della Comunità Economica Europea (ora Unione Europea)

mantenevano alcune limitazioni agli scambi e, soprattutto, alla circolazione dei capitali.

Queste vennero via via eliminate tramite il programma del Mercato Unico e la

liberalizzazione dei movimenti di capitali. Alla fine degli anni '80 i primi due obiettivi erano

stati raggiunti; bisognava scegliere tra gli ultimi due. Nel 1982 Padoa-Schioppa propose di

eliminare il quarto fine (politiche monetarie indipendenti) e di creare una moneta unica per

tutti gli stati appartenenti all'Unione, gestita da un'unica Banca Centrale Europea. “Se

vogliamo insistere nell’avere politiche monetarie autonome, prima o poi salteranno i cambi

fissi o si comincerà a ridurre la libertà di movimento di capitali”8. Il Rapporto Delors

dell'aprile 1989 appoggiò questo punto di vista proponendo un'Unione Monetaria Europea con

un'unica moneta. Padoa-Schioppa si occupò allora della creazione della nuova Banca Centrale

Europea di cui divenne uno dei primi membri del Comitato Esecutivo.

dell'Unione Europea; dal 1984 al 1997 è stato Vice Direttore Generale della Banca d'Italia (di cui nel 2005 fu uno dei presunti "papabili" in sostituzione di Antonio Fazio, anche se lo fu ancor di più nel 1993, anno in cui Carlo Azeglio Ciampi presentò le dimissioni per assumere la carica di Presidente del Consiglio); nel 1997 assunse l'incarico di presidente della CONSOB, che ha conservato sino al 1998. Dal 1998 al 2006 ha fatto parte del Comitato Esecutivo della Banca Centrale Europea. In questa veste è stato un sostenitore della moneta unica nonché il primo a definire l'Euro "una moneta senza uno stato". Nell'anno accademico 2002/2003 riceve la laurea honoris causa in economia aziendale e direzione delle aziende all'Università degli Studi di Bergamo. Seguirà, nell'anno accademico 2005/2006, quella conferitagli in Banca e Finanza dall'Università degli Studi di Udine. Dal 17 maggio 2006 è diventato Ministro dell'Economia e delle Finanze nel governo Prodi II, come tecnico indipendente: prima di questa nomina è stato il presidente dell'istituto internazionale dei revisori dei conti. Il 5 ottobre 2007 è nominato presidente del Comitato monetario e finanziario internazionale dell'FMI. Muore il 18 dicembre 2010.

8 Padoa-Schioppa T., in Pirani M., Il futuro dell’economia, Mondadori, 1993

6

QUADRO DI APPROFONDIMENTO

Omaggio a Padoa-Schioppa, padre dell'euro (di Beniamino A. Piccone, tratto dal Blog Faust e il Governatore, 20 dicembre 2010)

Tommaso Padoa-Schioppa

Sabato scorso, mentre salutava al ristorante i suoi amici economisti e i suoi ex colleghi di

Bankitalia, Tommaso Padoa-Schioppa (per i giornalisti TPS) si è accasciato e non ha più

ripreso conoscenza. A soli 70 anni TPS ci lascia.

Un ricordo personale prima di descriverne la figura di splendido civil servant. Era il 1993,

all’ultimo anno di Bocconi, al termine di un convegno in Via Romagnosi all’allora Centro

Congressi Cariplo, avvicino sgomitando TPS mentre sta assaggiando il risotto del buffet e

chiedo: “Io vorrei fare una tesi sulle nuove disposizioni del Comitato di Basilea, cosa può

suggerirmi?”. TPS mi sorrise e disse: “Scriva a Basilea alla Banca dei Regolamenti

Internazionali, facendo il mio nome”. E così feci, indeciso se scrivere in tedesco o in inglese.

Dopo pochi giorni il portinaio mi citofonò - io allibito abituato al muro di gomma delle

istituzioni italiane - per dirmi che era appena arrivato un pacco proritaire da Basilea. Erano i

working paper per la revisione di Basilea I di cui si stava discutendo nei consessi

internazionali. E così scrissi la mia tesi “Strumenti derivati e autorità di vigilanza: rischi e

requisiti patrimoniali”.

Nato a Belluno nel 1940, TPS si laurea alla Bocconi ed entra in Banca d’Italia. Disse:

“Appartengo a una generazione nella quale era molto diffuso il richiamo di un impegno

pubblico”.

Fece carriera velocemente scalando i gradini della rigida piramide gerarchica di Via

7

Nazionale, entrando nel Direttorio fino a diventare vice-direttore generale.

Dal 1979 al 1983 TPS è Direttore Generale per gli Affari economici e finanziari della

Commissione Europea a Bruxelles e inizia il lungo e fertilissimo ruolo svolto nella

costruzione europea.

Carlo Azeglio Ciampi

Alla fine degli anni ’80, Ciampi affidò a TPS – suo amico personale - l’incarico di seguire i

lavori preparatori del Trattato di Maastricht, in qualità di membro autorevole del Comitato

guidato da Jacques Delors.

Lucido elaboratore di pensiero raffinato, fu colui che teorizzò il Quartetto Inconciliabile.

All’interno di un’area economica (allora la Comunità Economica Europea), non possono

coesistere quattro fenomeni, che erano anche gli obbiettivi della CEE:

1) Libertà di circolazione di merci e di servizi;

2) Libertà di movimento dei capitali;

3) Tassi di cambio fissi;

4) Politiche monetarie - dei singoli stati - autonome

A quell'epoca, i vari Paesi della Comunità Economica Europea (ora Unione Europea)

mantenevano alcune limitazioni agli scambi e, soprattutto, alla circolazione dei capitali.

Queste vennero via via eliminate tramite il programma del Mercato Unico e la

liberalizzazione dei movimenti di capitali. Alla fine degli anni '80 i primi due obiettivi erano

stati raggiunti; bisognava scegliere tra gli ultimi due. Nel 1982 Padoa-Schioppa propose di

eliminare il terzo fine (politiche monetarie indipendenti) e di creare una moneta unica per tutti

gli stati appartenenti all'Unione, gestita da un'unica Banca Centrale Europea. TPS: “Se

vogliamo insistere nell’avere politiche monetarie autonome, prima o poi salteranno i cambi

8

fissi o si comincerà a ridurre la libertà di movimento di capitali”. Il Rapporto Delors

dell'aprile 1989 appoggiò questo punto di vista proponendo un'Unione Monetaria Europea con

un'unica moneta. Padoa-Schioppa si occupò allora della creazione della nuova Banca Centrale

Europea.

Quando Ciampi venne chiamato alla presidenza del consiglio nel 1993, TPS era il candidato

naturale alla successione di Governatore di Banca d’Italia. Gli si contrappose Lamberto Dini e

tra i due litiganti vinse l’orrido Antonio Fazio, le cui telefonate notturne con il banchiere

Fiorani (in cui gli comunica l’appoggio pancia a terra per il blocco della scalata degli olandesi

di ABN ad Antonveneta) – “Tonino, ti bacio sulla fronte”, disse al Governatore poco dopo la

mezzanotte il cattolicissimo Legionario di Cristo Gianpi Fiorani - leggeremo disgustati in

seguito.

Lorenzo Bini Smaghi

Verrà chiamato successivamente alla presidenza della Consob e nominato nel 1998 quale

membro italiano nel Comitato Esecutivo della neonata Banca Centrale Europea. Rimase fino

al 2005 per cedere il posto a Lorenzo Bini Smaghi, che così lo ricorda: “Aveva la grande

capacità di far lavorare le persone e motivarle. E a questo aggiungeva un talento innato nel

destrutturare i problemi; li decomponeva in vari singoli aspetti per risolverli e trovare una

risposta al problema da cui era partito. In questo senso più che uno dei padri è stato uno dei

“costruttori” della moneta unica. Un idealista ma anche un uomo molto concreto”.

Nel 2006 Prodi lo chiamò come Ministro dell’Economia del suo governo. Fu in tale occasione

che uscì pubblicamente con due dichiarazioni che fecero molto discutere:

9

1. “Dovremmo avere il coraggio di dire che le tasse sono una cosa bellissima. E’ un modo

civile di contribuire a beni indispensabili”. Fu massacrato ma aveva ragione lui. In un Paese

dove evadere è lo sport nazionale – ogni anno leggiamo con nonchalance che i gioiellieri

dichiarano in media 13mila euro di imponibile, molto meno di un operaio – dire una cosa del

genere è uscire dall’ipocrisia;

2. “Mandiamo i bamboccioni fuori di casa. Incentiviamo a uscire di casa i giovani che

restano con i genitori, non si sposano e non diventano autonomi “ (4 ottobre 2007). Tutte le

analisi disponibili, dal Censis all’ISTAT a Italia Futura ci illustrano come i giovani restino

legati alle famiglie di origine coccolati e viziati. Ma con troppi agi e senza fatica – vedi il post

la fatica è bella – non si va da nessuna parte. “Il sacrificio non è mai sterile”, diceva Giuseppe

Mazzini.

“Solo l’Europa può spingere il mondo sulla via aurea; ma per poterlo fare deve percorrere la

propria via aurea sino in fondo. Ciò significa procedere dall’unione economica e monetaria,

compiutasi con l’euro, all’unione politica. E unione politica vuol dire un’unica capacità di

decisione e di azione in materia di immigrazione, sicurezza, difesa, lotta alla criminalità;

un’unica presenza nelle sedi della cooperazione e nei negoziati internazionali in campo

commerciale, finanziario, ambientale, scientifico” (TPS, Dodici settembre, Rizzoli, 2002, p.

122). E la zoppìa di cui parla Carlo Azeglio Ciampi.

Learn, earn, serve – studiare, guadagnare, servire – sono le tre distinte fasi della vita attiva di

una persona completa secondo la saggezza della società americana di un tempo. Crediamo che

Tommaso Padoa-Schioppa abbia servito l’Italia con eccezionale talento.

10

Caro Padoa-Schioppa, se l’Italia si è salvata con l’ingresso nell’euro e la politica delle mani

legate (copyright Giavazzi, Favero), lo si deve anche a te. Ti sia lieve la terra.

P.S.: per approfondimenti si consiglia:

Mario Pirani, Il futuro dell’economia, Cap XIII, Le virtù salvifiche di Maastricht, Mondadori,

1993

Tommaso Padoa-Schioppa, Europa, forza gentile, Il Mulino, 2001

Tommaso Padoa-Schioppa, Dodici Settembre. Il mondo non è al punto zero, Rizzoli, 2002

Tommaso Padoa Schioppa, La veduta corta, Il Mulino, 2009

Il termine globalizzazione9 è entrato ormai nel linguaggio corrente. Per

globalizzazione10 intendiamo la forte integrazione degli scambi commerciali internazionali e

la crescente dipendenza dei paesi gli uni dagli altri.

Il commercio internazionale e la finanza internazionale hanno trovato il loro supporto

indispensabile, per tutte le esigenze di pagamento, nel mercato dei cambi, i cui volumi transati

si sono quindi moltiplicati dal 1989 ad oggi sino a raggiungere c.a. 4.000 miliardi di dollari al

giorno (fonte BIS 2010 Liquidity report).

Naturalmente anche le innovazioni tecnologiche e finanziarie come ad esempio

l’accrescimento dell’uso delle carte di credito o di altri sistemi di pagamento per via

telematica hanno contribuito a questa grande espansione del mercato.

A queste determinanti connesse con un fabbisogno effettivo si è aggiunta quella delle attività

in cambi delle grandi e medie banche commerciali, delle multinazionali e dei fondi comuni di

investimento specie di tipo hedge etc. mirante ad ottenere dei profitti su questo mercato. 9 Nell'accezione economica, l'odierno modello di globalizzazione è contestata da alcuni movimenti no-global e new-global. (v. anche Popolo di Seattle, No logo), mentre è fortemente sostenuta dai gruppi liberisti e anarco-capitalisti. I dibattiti riguardo il suo effetto sui paesi in via di sviluppo sono infatti molto accesi: secondo i fautori della globalizzazione, questa rappresenterebbe la soluzione alla povertà del terzo mondo. Secondo gli attivisti del movimento no-global essa causerebbe invece un impoverimento maggiore dei paesi poveri,attribuendo sempre più potere alle multinazionali, favorendo lo spostamento della produzione dai paesi più industrializzati a quelli in via di sviluppo,zone franche i cui tutti i diritti umani non sono garantiti e dove i salari sono più bassi. Il tutto senza dare reali benefici alla popolazione del posto,anzi distruggendone buona parte dell'economia locale. Fonte Wikipedia. Si consigliano le seguenti letture: Martin Wolf, Perchè la globalizzazione funziona, Il mulino, 2006; Joseph E. Stiglitz, La globalizzazione che funziona, traduzione di Daria Cavallini, Einaudi, Torino, 2006; Raghu Rajan-Luigi Zingales, Salvare il capitalismo dai capitalisti, Einaudi, 2004; Bhagwati, Contro il protezionismo, Laterza 2005. 10 Una recente ricerca di David Richards e Ronald Gelleny ha evidenziato come “Nella maggior parte dei casi, la globalizzazione economica si associa a un miglioramento della situazione delle donne”, si veda Moisés Naìm, Si chiama donna il mondo globale, Il Sole 24 Ore

11

Ciò, da un lato, ha aumentato notevolmente la liquidità del mercato stesso, dall’altro, ha

alimentato un’attività di pura speculazione cambistica che molte volte ha contribuito ad

allontanare il tasso di cambio fra le monete da quello che dovrebbe essere la parità riflettente

il potere d’acquisto nei vari Paesi. Le innovazioni tecnologiche e finanziarie hanno inoltre

creato una domanda per un libero e sofisticato sistema di cambio e di pagamenti

internazionali. Esse hanno reso obsolete le distinzioni tra i vari tipi d’istituzioni, strumenti e

transazioni finanziarie e hanno indebolito l’efficacia dei controlli amministrativi. Di

conseguenza l’attenzione dell’autorità si è spostata dall’autorizzazione alle transazioni di

cambio alla sorveglianza e supervisione dei mercati. Nel complesso quindi le forze della

globalizzazione, della liberalizzazione e dell’innovazione hanno esercitato un importante

influsso sulle variazioni del tasso di cambio dei Paesi, alimentando la tendenza di molti Paesi

di adottare regimi di tasso di cambio più flessibili.

I crescenti volumi dei movimenti di capitale richiederebbero un maggiore coordinamento

delle politiche monetarie e delle politiche dei cambi a livello internazionale. La realizzazione

di questo maggiore coordinamento si è dimostrata molto difficile poiché gli interessi in gioco

degli importatori/esportatori, degli investitori finanziari e degli operatori in cambi rendono

molto arduo riconciliare le diverse esigenze, indirizzando i cambi verso un determinato

livello. Salvo casi molto particolari, viene lasciata, quindi, alle forze autoregolatrici del

mercato la determinazione dei tassi di cambio.

1. La Bilancia dei Pagamenti. Definizione ed aspetti generali

I problemi di carattere economico possono essere affrontati a livello nazionale o

internazionale.

Nel primo caso si parte dall'ipotesi che il sistema economico sia chiuso e pertanto il

riferimento è agli scambi interni e alle variabili, definite nazionali, quali: produzione,

consumo, investimento e risparmio.

Nel secondo caso, l'attenzione è rivolta ai rapporti intercorrenti tra vari sistemi economici e,

quindi, agli scambi internazionali in un’ipotesi di sistema economico aperto.

Le variabili, in questo caso internazionali, da prendere in considerazione sono importazioni ed

esportazioni di merci, di servizi e di capitali. "La differenza" tra scambi interni e

internazionali "consiste dunque, fondamentalmente, nel fatto che, in questi ultimi, i

12

partecipanti allo scambio appartengono ad aree monetarie diverse. In fondo è questo fatto che

distingue il commercio estero da quello interno".

Questa duplice tipologia di variabili va tenuta ben distinta ricordando che, quando si fa

riferimento ai problemi riguardanti l'interno di un Paese e si prescinde dai suoi rapporti con

l'estero, entrano in campo le grandezze nazionali; nel caso opposto si tratta di grandezze

internazionali.

In forza di questa distinzione nasce la definizione di bilancia dei pagamenti (BP) intesa come

"il conto nel quale vengono registrate tutte le transazioni economiche di un paese con l'estero

in un dato periodo di tempo”11.

Essa è quindi lo strumento conoscitivo che permette di analizzare negli aspetti quantitativi e

qualitativi i canali attraverso i quali l'economia di un paese è collegata a quella degli altri e, su

di un piano dinamico, consente di valutare le conseguenze economiche e finanziarie che si

ripercuotono sul sistema economico per effetto dell'apertura agli scambi internazionali.

La BP è redatta secondo la metodologia proposta dal Fondo monetario internazionale (FMI)

che la definisce come “la sintesi di tutte le transazioni economiche effettuate in un dato

periodo di tempo tra i residenti del paese che compie la rilevazione ed i residenti degli altri

paesi". 12

Tale definizione necessita di alcune specificazioni: in particolare occorre chiarire il significato

di "transazione economica" e di "residente".

"Il termine transazione economica significa passaggio da un individuo (o ente) a un altro di un

bene, servizio o strumento creditizio avente valore." 13

Se consideriamo a titolo di esempio l’Italia; "Si considerano residenti le persone fisiche di

nazionalità italiana aventi la residenza nel territorio della Repubblica, le persone giuridiche

aventi la sede nel territorio della Repubblica; le persone fisiche di nazionalità straniera e gli

apolidi aventi la residenza nel territorio della Repubblica, limitatamente all’attività produttrice

di redditi ivi esercitata; le persone fisiche di nazionalità italiana, aventi la residenza all'estero,

limitatamente all'attività produttrice di redditi esercitata nel territorio della Repubblica; le

persone giuridiche aventi la sede all'estero, limitatamente all'attività produttrice di redditi

esercitata nel territorio della Repubblica". 14

11 Normalmente il 31 dicembre di ogni anno. 12 Il termine di “residente” ha il significato stabilito nell’articolo 1 del regolamento (CE) n. 2533/98 13 G.Gandolfo, Economia internazionale monetaria, ISEDI. Milano, 1982, pag. 3 14 D.L. 6 giugno 1956, n.476, art.l

13

I trasferimenti internazionali oggetto di rilevazione possono essere analizzati in base a due

profili:

a) al tipo di operazione. Si distinguono in proposito le transazioni reali, le transazioni

finanziarie non monetarie, le transazioni finanziarie monetarie e le variazioni nelle

riserve della Banca Centrale.

b) agli effetti delle transazioni stesse nel mercato dei cambi. Infatti ogni transazione può

generare:

• vendite di valuta estera,

• acquisti di valuta estera .

1) Sono considerate transazioni reali:

a) le esportazioni ed importazioni di merci, cioè le cosiddette “partite

visibili”, in quanto hanno una veste fisica esteriore;

b) le esportazione ed importazioni di servizi, chiamate anche “partite

invisibili”. Esse comportano rispettivamente una cessione o

un’acquisizione di valori economici reali prodotti in cambio di

compensi (denaro generalmente): rientrano in tale aggregazione i noli

per i trasporti, il turismo, i compensi per brevetti, le rimesse degli

emigranti, altri servizi e servizi vari;

c) i trasferimenti unilaterali di capitali: redditi di investimenti, sussidi,

eredità, donazioni, contributi che l’Italia deve alla Comunità Europea ed

in generale contribuiti governativi ad istituzioni internazionali o a

governi esteri.

Anche queste sono delle partite invisibili, ma, a differenza delle

precedenti, non comportano cessione all’estero o acquisizione

dall’estero di beni e servizi, bensì movimenti di denaro senza

contropartita.

Se analizziamo il Pil, prodotto all’interno di un Paese, possiamo scomporlo in base ai settori

che contribuiscono alla formazione dello stesso: settore agricolo, settore industriale, settore

commerciale e servizi.

14

Da questa analisi emerge che circa il 65% del Pil nei Paesi industrializzati è prodotto dal

settore servizi mentre solo il 35% deriva dalle merci industriali e agricole.

Nel commercio internazionale il rapporto si capovolge: cioè l’80% delle transazioni

commerciali sono costituite dalle merci e il 20% dal settore servizi.

Da ciò si spiega il fatto che i Paesi che producono molti servizi sono più deboli sul piano della

bilancia dei pagamenti di altri in cui l’apparato industriale è maggiormente sviluppato.

Ad esempio il Giappone, che produce molti manufatti e relativamente pochi servizi è uno dei

più importanti Paesi esportatori a livello internazionale ed è grazie a questo che esso è ai

primi posti tra i Paesi che presentano il più elevato surplus (avanzo) della bilancia dei

pagamenti.

Gli Stati Uniti, dall’altro lato, sono dei grandi produttori di servizi. Infatti circa il 75% della

popolazione lavora in questo settore.

A frenare il contributo del medesimo al commercio internazionale rispetto a quello delle

merci contribuisce in modo particolare il fatto che, mentre a livello di scambi internazionali di

merci, si è assistito ad un abbassamento dei dazi doganali, sui servizi il protezionismo è molto

difficile da smantellare, anche se recentemente si è iniziata una fase di liberalizzazione a

livello nazionale ed internazionale dei servizi (si pensi ad esempio alla telefonia, al settore

dell’energia ed a quello finanziario).

I servizi (“partite invisibili”) possono essere divisi in due categorie:

• i servizi tradizionali: trasporti, noli e turismo;

• i servizi moderni e avanzati: servizi finanziari, assicurativi, telecomunicazioni, di

engineering, etc.

Un’altra voce importante sono le rimesse degli emigranti.

Alcuni economisti inseriscono tale voce fra i trasferimenti unilaterali di capitale, altri fra i

servizi (partite invisibili).

2) Fanno parte delle transazioni finanziarie non monetarie:

a) le emissioni di prestiti: cioè le obbligazioni collocate all’estero da

emittenti residenti nel Paese quali, ad esempio, istituti di credito,

15

imprese di grandi dimensione, pubblica amministrazione, altri enti

pubblici ed organismi sovranazionali;

b) investimenti di portafoglio: consistono in acquisto di valori mobiliari

(azioni, obbligazioni, fondi comuni di investimento, etc.) con la finalità

di puro investimento finanziario in attività economiche controllate da

altri. Tali investimenti sono collegati soprattutto all’attività di asset

allocation effettuata dagli investitori istituzionali internazionali;

c) i crediti ed i debiti mercantili: riguardano sia le esportazioni che le

importazioni e sono rappresentati da anticipi e da dilazioni di

pagamento di durata superiore ad un anno. Questa categoria è collegata

alle transazioni relative al commercio di beni e servizi;

d) gli investimenti diretti all’estero (I.D.E.): sono rappresentati

dall’acquisto internazionale di immobili e di quote di società con lo

scopo di controllo. In altre parole, si parla di IDE quando l’acquirente

gestisce direttamente i beni acquistati acquisendone il controllo.

Si suole distinguere tra

• impianto di un nuovo stabilimento in un paese straniero (nella

forma greenfield se in un'area non precedentemente utilizzata, brownfield se

frutto di riconversione)

• acquisizione o fusione M&A di una azienda del paese estero

La prima forma porta, a fronte del flusso IDE, un aumento dello stock di capitale del

paese fruitore dell'investimento. Lo stesso non può dirsi, almeno nella fase iniziale

dell'acquisizione del contro, nel caso delle M&A. Per un'analisi degli effetti sullo

stock di capitale di questa forma di IDE si dovrà attendere di vedere lo sviluppo della

strategia che l'azienda investitrice intende percorrere e che può essere un

rafforzamento della sua posizione nel paese o un ridimensionamento della capacità

16

produttiva, soluzioni che, come è facile intuire, hanno effetti opposti sulla dotazione

complessiva di risorse del paese ospitante.

Una ulteriore distinzione è tra IDE orizzontali (ossia in un medesimo settore merceologico) e

verticali (se effettuati con integrazioni a monte o a valle)

Secondo il Fondo Monetario Internazionale e l'OCSE si ha un IDE quando l’investitore estero

possiede almeno il 10% delle azioni ordinarie, effettuato con l’obiettivo di stabilire un

interesse duraturo nel paese, una relazione a lungo termine e una significativa influenza nella

gestione dell’impresa.

Si distingue infine tra IDE attivo o in uscita (quando dall'economia domestica si investe in

paesi stranieri) e passivo o in entrata (nel caso contrario).

Nella crisi finanziaria irlandese del 2010 – generata dalla crescita impetuosa del debito privato

(non del debito pubblico, che è cresciuto solo dopo il salvataggio del sistema bancario) –

hanno giocato un ruolo rilevante gli I.D.E. Proponiamo in proposito un interessante contributo

dell’economista Alberto Bagnai, tratto da lavoce.info.

LA MORALE DELLA FAVOLA IRLANDESE di Alberto Bagnai 17.12.2010

Ci sono insegnamenti da trarre dalle recenti vicende dell'Irlanda. Intanto, non basta

considerare quanto un paese cresce, occorre anche considerare perché cresce, poiché da

questo dipende la sua capacità di onorare i suoi impegni finanziari. La crescita finanziata

prevalentemente dal capitale estero si rivela intrinsecamente fragile. E certo, gli Ide sono

meno facili da smobilitare, ma proprio per questo la necessità di remunerarli può essere una

zavorra per un sistema economico per parecchio tempo.

L’Irlanda è in crisi e la cosa più importante sembra ora essere a chi dare la colpa: alle

famiglie spendaccione, allo stato sociale pletorico, alle banche imprudenti... Ognuna di queste

interpretazioni porta con sé un pezzo di verità, ma a me pare che non ci si soffermi abbastanza

su quella che i dati mettono in luce come la vera anomalia irlandese nel panorama europeo.

ARRIVANO I CAPITALI...

17

Tutti sanno che la crescita folgorante dell’economia irlandese è dovuta a un grande afflusso di

investimenti esteri, incoraggiato dalle basse aliquote sui redditi di impresa. Il capitale estero

affluisce in un paese, finanziandone gli investimenti, attraverso due canali distinti: uno

indiretto, se l’investimento viene realizzato da un cittadino prendendo soldi in prestito

all’estero; uno diretto, se l’investimento viene realizzato direttamente da un imprenditore

straniero con risparmio estero: si parla allora di investimenti diretti esteri (Ide), e siamo nel

caso dell’Irlanda.

...E PARTONO LE LORO REMUNERAZIONI

Se un imprenditore residente prende soldi in prestito all’estero, il paese si indebita: la bilancia

dei pagamenti registra prima con segno positivo l’ingresso dei capitali nel paese (sono soldi

che arrivano) e poi con segno negativo i pagamenti di interessi e la restituzione del prestito

(sono soldi che partono dal paese per “tornare a casa”). Anche gli Ide vanno remunerati:

l’imprenditore estero che viene a impiantare un’attività produttiva, creando ricchezza e

portando lavoro (se è bravo), lo fa per guadagnare un profitto (elevato se le tasse sono basse).

Questo profitto sarà in parte reinvestito, in parte speso nel paese, e in buona parte rimpatriato

verso il paese estero di residenza dell’imprenditore. Per la bilancia dei pagamenti i profitti

rimpatriati all’estero sono redditi passivi, che remunerano il “debito” contratto impiegando

capitale estero sotto forma di Ide.

IL DATO ANOMALO

Nel periodo dal 1992 al 2006 (cioè dalla liberalizzazione dei movimenti di capitale in Europa

all’anno precedente la crisi globale) i redditi da capitale pagati dall’Irlanda al resto del mondo

sono stati in media pari al 32 per cento del Pil, a fronte di una media del 6 per cento per gli

altri membri dell’eurozona a 11 paesi. Insomma, in rapporto alle sue risorse, l’Irlanda ha

pagato ai capitali esteri impiegati sul suo territorio una somma quintupla rispetto alla media e

più che sestupla rispetto a quella delle economie più rilevanti dell’eurozona: Germania,

Francia e Italia si collocano tutte poco sotto il 5 per cento.

LE SVISTE

È ovvio che un paese che ha importato relativamente tanti capitali debba pagare un conto

relativamente salato. Meno ovvio il fatto che nessuno si sia allarmato a fronte di un dato così

anomalo. Questo è dovuto a tre motivi. Il primo è l’euforia per l’altro dato anomalo, quello

18

sulla crescita. Nel periodo 1992-2006 l’Irlanda è cresciuta al 7 per cento, contro una media

del 3 per cento negli altri paesi dell’eurozona. Il secondo motivo è che in presenza di un saldo

redditi fortemente negativo, dal 1992 fino al 1999 l’Irlanda ha esibito conti esteri

blandamente positivi, perché se da un lato pagava un conto salato agli investitori esteri,

dall’altro esportava la maggior parte delle merci prodotte da questi investitori sul suo

territorio. Il terzo motivo è che grazie ai tassi di crescita elevati, l’Irlanda ha realizzato un

consolidamento fiscale impressionante, portando il rapporto debito/Pil dal 91 per cento del

Pil nel 1991 al 25 per cento nel 2007. Per analisti indottrinati a concentrarsi sulla finanza

pubblica questa era una garanzia sufficiente. Certo, il fatto che nel frattempo quasi tutti i

redditi prodotti dal commercio se ne andassero a remunerare capitale estero qualche dubbio

poteva sollevarlo.

LA MORALE DELLA FAVOLA

Quando, a partire dall’ingresso nell’euro, la competitività irlandese si è sgretolata, i proventi

del commercio estero non sono più bastati a remunerare i capitali esteri e il paese si è avvitato

nella spirale del debito (privato) estero. Dal 2000 al 2008 il cambio irlandese si è apprezzato

del 40 per cento in termini reali, il saldo commerciale è diminuito di 13 punti di Pil e le partite

correnti sono andate in rosso raggiungendo la soglia del -5 per cento del Pil. Questa la storia,

il resto è attualità, con una morale semplice: non basta considerare quanto un paese cresce,

occorre anche considerare perché cresce, poiché da questo dipende la sua capacità di onorare i

suoi impegni finanziari. La crescita finanziata prevalentemente dal capitale estero si rivela una

volta di più come intrinsecamente fragile. Da un decennio a questa parte, i paesi che

collassano finanziariamente hanno un debito estero notevole, a fronte di un debito pubblico

spesso trascurabile. Il nemico della stabilità non è quasi mai lo Stato. L’anomalia irlandese si

inserisce in modo perfettamente coerente in questo quadro, aggiungendo un tassello di

informazione importante. Normalmente la teoria economica considera i flussi di Ide come

meno preoccupanti degli altri flussi finanziari, perché meno esposti a repentini cambiamenti

di direzione: una fabbrica non si può smobilitare con la stessa rapidità di un investimento in

derivati. La storia dell’Irlanda mostrerà, temo, che anche questa medaglia ha il suo rovescio.

Certo, gli Ide sono meno facili da smobilitare, ma proprio per questo la necessità di

remunerarli può zavorrare un sistema economico per parecchio tempo.

Per comprendere la drammatica importanza degli Investimenti diretti all’estero (IDE o nella

versione inglese FDI, Foreign Direct Investment) riportiamo un articolo sul Financial Times

19

del 26.7.10 – Thriving China is ever more open for business - del Ministro per il commercio

cinese Chen Deming : “For the last year, China has expanded domestic

demand and worked to attract foreign investment, contributing to the global recovery. Over

the last three decades, foreign direct investment has brought capital, advanced technologies

and business know-how on China. We understand that FDI fosters innovation. China remains

a top destination for investment by multinational companies, particularly in services and

outsourcing. In 2009, global FDI dropped by nearly 40%, but investment into China fell by

only 2,6%”.

Sul Financial Times del 29.7.10 David Pilling per far risaltare la grande crescita

dell’India dice: “Foreign direct investment ha quadrupled since 2005 to

a very handy $40bn”.

Riportiamo uno stralcio di un interessante articolo di Pietro Ichino15, Appunti di un giurista a

Pomigliano, lavoce.info, 18.6.2010

L’Italia ha un solo modo per ricominciare a crescere e per tirar fuori le proprie regioni

meridionali dal sottosviluppo che le caratterizza: riuscire a ingaggiare il meglio

dell’imprenditoria mondiale e a intercettare gli investimenti nel mercato globale dei capitali in

misura molto superiore all’attuale. Per questo non occorrono soltanto amministrazioni

pubbliche più efficienti, infrastrutture meno difettose e servizi alle imprese meno cari, ma

occorre anche un sistema di relazioni industriali nel quale i patti di tregua garantiscono la

tregua per davvero, come tutto il resto d’Europa; e sindacati disposti a negoziare con gli

imprenditori le misure (legittime) idonee a contrastare efficacemente abusi radicati come

quello del “mettersi in malattia” per assistere alla partita.

Per questo la vicenda di Pomigliano è di importanza cruciale per tutto il Paese: basti pensare

a quale messaggio verrebbe dato alle imprese multinazionali di tutto il mondo, se la vicenda

dovesse concludersi con il rigetto, da parte del nostro sistema di relazioni industriali, di un

15 http://www.lavoce.info/articoli/pagina1001784-351.html

20

investimento di 700 milioni motivato con l’intangibilità della prassi della conflittualità

permanente e con il rifiuto di disposizioni – in sé legittime e del tutto ragionevoli – volte a

contrastare l’assenteismo abusivo.

FLUSSI DI INVESTIMENTI ESTERI NEI PRINCIPALI PAESI EUROPEI

2004 2005 2006 2007 2008 2004-08 ESTONIA 8,12 21,11 10,76 12,86 8,33 61,18 LATVIA 4,63 4,45 8,35 8,27 4,47 30,17 SLOVAKIA 7,21 5,12 8,52 4,42 3,66 28,93 CZECH REPUBLIC 4,55 9,3 3,82 6,07 4,99 28,73 UNITED KINGDOM 2,58 7,84 6,52 6,63 3,66 27,23 HUNGARY 4,41 6,97 6,67 4,41 4,21 26,67 NETHERLANDS 0,75 7,55 1,11 15,45 -0,41 24,45 LITHUANIA 3,43 4,01 6,18 5,26 3,89 22,77 FRANCE 1,58 3,97 3,47 6,2 4,16 19,38 SPAIN 2,37 2,21 3 1,96 4,09 13,63 PORTUGAL 1,08 2,12 5,6 1,37 1,45 11,62 FINLAND 1,49 2,43 3,65 5,05 -1,55 11,07 GERMANY 1,33 1,7 1,96 1,7 0,68 7,37 ITALY 0,97 1,13 2,12 1,92 0,75 6,89 GREECE 0,91 0,25 2 0,61 1,43 5,2 Fonte: UNCTAD FDI Stat Unità di misura: % del PIL

Appartengono alle transazioni finanziarie monetarie quelle operazioni di raccolta e di

impiego poste in essere dal sistema bancario. Il sistema bancario può raccogliere dall’estero

più di quanto non impieghi all’estero e, in questo caso, avremo una posizione debitoria netta;

nel caso opposto avremo una posizione creditoria netta. Se si parte da una PDN (posizione

debitoria netta) e si ha un aumento della stessa, vi è un corrispondente afflusso di capitali

nella bilancia dei pagamenti. Viceversa, se si parte con una PCN (posizione creditoria netta) e

vi è un incremento della stessa, si ha un deflusso di capitali nella bilancia dei pagamenti .

Sono considerate variazioni delle riserve ufficiali quegli acquisti e quelle vendite di valuta

estera effettuate dalla Banca Centrale sui mercati dei cambi. L’istituto di emissione interviene

a saldare gli squilibri dei conti con l’estero agendo sulle riserve ufficiali che sono costitute da

oro, monete di riserva, altre valute convertibili, etc .

2. Lo schema dei conti della Bilancia dei Pagamenti

21

La Bilancia dei pagamenti è suddivisa in due categorie principali:

- le transazioni del conto delle partite correnti;

- le transazioni del conto capitale e finanziario che tenendo

conto degli errori ed omissioni, danno per costruzione un

saldo nullo.

La variazione delle riserve ufficiali è inclusa nel “conto finanziario”.

Nel “conto corrente” si includono i movimenti di merci e servizi, i redditi da e verso l’estero

ed i trasferimenti unilaterali, mentre nel “conto capitale e finanziario” rientrano i movimenti

di capitale (finanziari e monetari) e la variazione delle riserve ufficiali della banca centrale.

Qui di seguito viene riportata una sintesi delle componenti standard della bilancia dei

pagamenti :

LA BILANCIA DEI PAGAMENTI

1) CONTO DELLE PARTITE CORRENTI

- Merci e Servizi

- Redditi

- Trasferimenti Unilaterali 2) CONTO CAPITALE E FINANZIARIO

- 2.1 CONTO CAPITALE - 2.2. CONTO FINANZIARIO

a. I.D.E b. Investimenti di portafoglio c. Altri investimenti d. Riserve Ufficiali

L’equazione evidenzia l’uguaglianza tra il conto delle partite correnti e il saldo netto del conto

capitale aggregato a quello finanziario e con l’aggiunta delle variazioni delle riserve e cioè:

PC = SnCCF + TR

dove:

22

PC = conto delle Partite Correnti

SnCCF = saldo netto del conto capitale e finanziario

TR = transazioni delle riserve.

Tale relazione dimostra che a fronte di un surplus del conto delle partite correnti (forti

esportazioni di merci e servizi) esiste o un aumento di asset in conto capitale/ finanziario da

parte di operatori privati e del sistema bancario o un aumento delle riserve da parte delle

autorità monetarie.

Il termine “bilancia generale” è stato introdotto dall’International Financial Statistics che lo

definisce come la somma del saldo del conto delle partite correnti, del conto capitale, del

conto finanziario e degli errori ed omissioni.

Poiché il saldo è per sua natura nullo, la differenza tra i due conti, quello delle partite correnti

e quello del conto capitale e finanziario, è regolata mediante una variazione delle riserve

ufficiali.

Le riserve di un Paese aumentano quando il saldo della bilancia generale è in surplus o in altre

parole quando il flusso di capitali in entrata è maggiore di quello in uscita. Tale aumento di

liquidità porta ad un processo di creazione della massa monetaria se le autorità monetarie non

decidono di sterilizzarne l’effetto mediante l’emissione di obbligazioni.

A questo punto è importante approfondire la natura delle riserve ufficiali e come esse sono

variate. Quando il sistema monetario internazionale era basato sul gold standard, l’oro

rappresentava l’unica riserva delle banche centrali. Successivamente, l’espansione vertiginosa

del commercio internazionale portò all’abbandono del regime del gold standard tanto che, al

giorno d’oggi, l’oro rappresenta una piccola percentuale delle riserve mondiali, mentre la

“parte del leone” la fanno le monete di riserva.

Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) elenca una lista delle componenti delle riserve

nell’attuale sistema monetario internazionale:

La composizione delle riserve

23

1) Oro (compresi i depositi in oro ed i contratti di swap su oro)

2) Diritti speciali di prelievo

3) Posizioni di riserva presso il Fondo Monetario Internazionale

4) Le monete di riserva

a. in contanti e in depositi

Presso le autorità monetarie

Presso il sistema bancario

b. in attività finanziarie

azioni

obbligazioni a breve e medio lungo termine

strumenti monetari e derivati

c. altre disponibilità.

Da questo elenco emerge una grande differenze tra le riserve nel sistema monetario del gold

standard e quello attuale. Nel regime del gold standard e poi nel gold exchange standard di

Bretton Woods, che prevedeva una doppia convertibilità in ragione fissa e cioè le riserve

erano rappresentate da monete convertibili in dollari che a loro volta erano convertibili in oro,

le componenti erano tre, due finanziarie e una reale (l’oro) che sorreggeva tutta la costruzione

del sistema monetario internazionale.

Dal 1971 il sistema monetario internazionale ha eliminato la convertibilità del dollaro in oro

e sancito la libera fluttuazione dei cambi eliminando così anche la convertibilità delle monete

in dollari in ragione fissa. Al giorno d’oggi il sistema monetario internazionale è puramente

finanziario in quanto è stato privato dell’unico supporto reale “l’oro”.

Per questo motivo le riserve ora sono costituite principalmente da attività finanziarie, mentre

la quota di oro è andata sempre più riducendosi nel tempo a favore delle monete di riserva

quali dollaro, euro e yen.

3. L’introduzione dell’Euro e la Bilancia dei Pagamenti

Dal 1999 la bilancia dei pagamenti dei Paesi facenti parte dell’Unione Europea ha

cambiato struttura. Le nuove metodologie per la compilazione della bilancia dei pagamenti,

finalizzate alla creazione di statistiche esterne aggregate significative per l’area euro, sono

state stabilite dalla BCE e dall'EUROSTAT che a loro volta si sono attenute ai criteri

24

concordati a livello internazionale con la quinta edizione del Manuale di bilancia dei

pagamenti redatto dall’FMI.

In pratica per l’espletamento dei propri compiti il Sistema europeo di banche centrali

(SEBC) richiede alle competenti autorità nazionali dei singoli Paesi dell’Unione Europea16

statistiche complete ed attendibili, su base mensile e trimestrale, relative alla bilancia dei

pagamenti alle riserve internazionali, etc.

A titolo di esempio si presenta lo schema successivo, tratto da Supplementi al

Bollettino Statistico di Banca d’Italia, Bilancia dei Pagamenti e posizione patrimoniale

sull’estero, n. 48, 22 Settembre 2009:

16 Con riferimento all’Italia, l’autorità competente è la Banca d’Italia

25

26

4. Alcune relazioni economiche

Possiamo definire con PC il valore del saldo delle partite correnti della bilancia dei

pagamenti, senza distinguere altri saldi al suo interno.

Nei precedenti capitoli abbiamo visto che se PC risulta positivo, il Paese ha venduto più beni

e servizi di quanti ne abbia acquistati dall’estero. In altre parole le esportazioni complessive

hanno superato le importazioni; mentre i movimenti di capitale (somma dei saldi del conto

capitale e finanziario) rappresentano una variazione dello stock di indebitamento netto estero

del Paese.

Se definiamo con AFE lo stock di attività finanziarie sull’estero e con PFE lo stock di

passività finanziarie sull’estero, le passività finanziarie nette sull’estero risultano determinate

da:

PFEN = PFE – AFE

Allora il saldo dei movimenti di capitale può essere indicato come variazione di PFEN (

∆PFEN ) infine definendo con EO gli errori e omissioni, il saldo complessivo della bilancia

dei pagamenti risulta dato da:

PC + ∆PFEN + EO = 0

se ipotizziamo che EO = 0 (assenza di errori e omissioni);

PC + ∆PFEN = 0

27

ma poiché la somma dei due saldi deve essere nulla, il segno di PC deve essere opposto a

quello di ∆PFEN.

A titolo di esempio, se assumiamo che il nostro Paese ha importato più beni e servizi di

quanti ne abbia esportati, quindi presenti un deficit delle partite correnti, ci si potrebbe

chiedere come ciò sia stato possibile; questo può avvenire solamente se il Paese “spende a

credito”; ovvero all’eccesso di importazioni sulle esportazioni dovrà corrispondere un

aumento dell’indebitamento del Paese. Infatti, se PC è negativo, ∆PFEN deve essere positivo,

ovvero, abbiamo un aumento delle passività finanziarie nette sull’estero. Al contrario, saldi

positivi nel conto delle partite correnti stanno ad indicare che il Paese ha esportato di più di

quanto abbia importato, per cui il nostro Paese ha venduto a credito. Il saldo positivo

comporta perciò un aumento nelle attività finanziarie sull’estero, ovvero una riduzione delle

passività finanziarie sull’estero nette ( ∆PFEN < 0 ).

Se procediamo nella nostra analisi possiamo fare un’ulteriore distinzione all’interno della

variazione nelle passività nette sull’estero tra parte relativa al settore privato ed una relativa al

settore pubblico. Quest’ultima corrisponde alla variazione delle riserve ufficiali della banca

centrale ( ∆RU ). Allora:

∆PFEN = ∆PFEN pr - ∆RU

∆PFEN pr rappresenta la variazione delle passività nette sull’estero del settore privato.

La variazione nell’indebitamento totale può avvenire, sia attraverso una variazione

dell’indebitamento del settore privato, sia attraverso il cambiamento delle riserve ufficiali.

Per quanto attiene alla variazione delle riserve ufficiali è bene sottolineare che un movimento

eccessivo delle stesse è poco desiderabile. Ad esempio una successione continua di variazioni

negative comporta l’esaurimento dello stock di riserve o in alternativa un aumento da parte

delle banche dei prestiti richiesti ai mercati finanziari privati o alle organizzazioni

internazionali. Quando le variazioni sono positive e le riserve ufficiali si accumulano, vuol

dire che il Paese sta assistendo ad un ingresso di capitali, ma in modo poco efficiente; infatti,

sarebbe più desiderabile che i capitali in entrata affluissero verso attività in grado di sostenere

la crescita piuttosto che in riserve valutarie.

La bilancia dei pagamenti che è stata illustrata finora si riferisce ad un concetto flusso. Con

opportune e semplici variazioni è possibile rappresentare il concetto fondo corrispondente: la

bilancia della posizione finanziaria del Paese. Tale posizione sarà debitoria se i debiti del

Paese verso il resto del mondo superano i suoi crediti e creditoria nel caso contrario. Di fatto,

28

la posizione debitoria deriva dalla somma dei deficit della bilancia dei pagamenti correnti che

si protrae nel tempo. La posizione creditoria è la conseguenza degli avanzi sistematici della

bilancia dei pagamenti correnti.

IL MERCATO DEI CAMBI

“Le monete, come sempre, registreranno la forza relativa non solo

delle economie anche delle società di cui sono espressione: nessuno

oggi può dire quale direzione prenderanno inflazione, prezzi relativi,

tassi di cambio nei prossimi mesi e anni. Una cosa si può tuttavia

affermare con buon grado di sicurezza: se oggi la lira fosse ancora la

moneta solitaria e marginale di una media potenza economica,

sganciata dall’Europa monetaria, essa sarebbe soggetta a tensioni

probabilmente superiori a quelle che contrinsero, nel 1976, a

chiudere per quaranta giorni il mercato dei cambi. E’ queta una

ragione, forse non del tutto trascurabile, di ottimismo nell’incertezza

prevalente”, Gianni Toniolo17

1. Definizioni

1. Che cosa è il cambio?

prezzo Come suggerisce la parola stessa, è la conversione, il cambio di una moneta con

un’altra. In altre parole, il concetto di cambio interviene quando si compra una valuta, sotto

forma di deposito denominato in tale valuta o di moneta fisica, e si vende un’altra valuta.

In questa sede, ed in generale, si usano indifferentemente i termini moneta, valuta, divisa.

17 Tratto dalla prefazione di G. Toniolo a Le avventure della lira, C.M. Cipolla, Il Mulino, 2001

29

2. Tasso di cambio

Il tasso di cambio è il prezzo unitario della valuta estera rispetto alla moneta nazionale. Più

precisamente è il prezzo relativo al quale due monete vengono scambiate.

3. Operazione di cambio

È un’operazione di negoziazione che ha per oggetto depositi bancari denominati in più valute.

Più precisamente è lo scambio di depositi denominati in moneta nazionale con depositi

denominati in valuta estera oppure di depositi in valuta estera con altri in valuta estera. Il

principio contabile sottostante ad un’operazione di cambio è il seguente:

acquisto di valuta estera = accreditamento (avere)

vendita di valuta estera = addebitamento (dare)

4. Quotazioni del cambio:

- incerto per certo: quantità di valuta nazionale necessaria per comprare un’unità di

valuta estera. Ad esempio il dollaro contro le monete europee, prima dell’introduzione

dell’euro, era quotato incerto per certo. Mentre ancora oggi le quotazioni della

maggior parte delle divise contro Dollaro USA, ad eccezione delle quotazioni contro

Euro, Sterlina Inglese, Dollaro Australiano e Neozelandese, esprimono la quantità di

divisa necessaria per negoziare un dollaro USA. Ad esempio, la quotazione del

Dollaro USA contro Franco Svizzero pari a circa 1.20 esprime la quantità di Franchi

Svizzeri necessaria per acquistare/vendere 1 Dollaro USA con valuta spot;

- certo per incerto: quante unità di moneta estera sono necessarie per una unità di

moneta nazionale, ad esempio l’euro è quotato certo per incerto. In altre parole le

quotazioni contro Euro esprimono la quantità di divisa necessaria per negoziare un

Euro. Ad esempio, la quotazione dell'Euro/Dollaro pari a circa 1,47 esprime la

quantità di dollari USA (appunto 1,47 dollari) necessaria per acquistare/vendere 1

Euro con valuta spot.

Sebbene il modo di definire il prezzo relativo (dollari per euro o euro per dollari) sia del tutto

indifferente rispetto al valore delle due monete, movimenti del tasso di cambio assumono

30

significati diversi a seconda della convenzione adottata. Ad esempio un apprezzamento

dell’euro è indicato dal fatto che occorrono più dollari per acquistare un euro, ovvero che il

tasso di cambio “dollari per 1 euro” aumenti. Altrimenti l’apprezzamento dell’euro è anche

indicato dal fatto che occorrono meno euro per acquistare un dollaro, ovvero un abbassamento

del tasso di cambio “euro per 1 dollaro”. E’ quindi importante chiarire quale convenzione

adottare in modo da interpretare correttamente i movimenti del tasso di cambio. Nel mercato

interbancario e speculativo in generale la convenzione universale è esprimere il cambio

“dollari per 1 euro”, quindi mostrando il valore del rapporto Eur su Usd. Accade più spesso in

ambito commerciale che il linguaggio sia invertito, partendo dall’importo “tondo” della valuta

domestica per l’attore “commerciale”. Ma ribadiamo nuovamente l’importanza del chiarire

nel linguaggio tra controparti quale convenzione si sta utilizzando: nelle sale cambi, o

aziende, un’operazione di cambio effettuata “al contrario” e poi ricorretta auspicatamente

entro breve termine è uno degli errori più comuni di operatori inesperti.

5. Cambio a pronti e cambio a termine

Il cambio a pronti (SPOT) è il cambio al momento dell’acquisto o della vendita. Le

negoziazioni a pronti sono, dunque, quelle la cui esecuzione ha luogo contestualmente alla

stipulazione del contratto, o a distanza di un ristretto lasso di tempo, convenzionalmente

stabilito in modo uniforme e necessario per ragioni di carattere tecnico-operativo.

Quando il contratto prevede la consegna differita della valuta, ad esempio dopo un mese, il

prezzo che si utilizza sarà il cambio a termine (outright o forward). I contratti a termine sono

accordi privati, immediatamente vincolanti, stipulati tra due controparti che intendono

negoziare un ammontare predeterminato di valuta ad un tasso di cambio e ad una data

prefissati. Le operazioni a termine rappresentano una modalità di copertura del rischio di

cambio particolarmente diffusa tra gli operatori commerciali e finanziari. L'esportatore può

proteggersi dal rischio di cambio legato a futuri incassi in valuta accordandosi per la vendita a

termine della medesima. Analogamente l'importatore, che dovrà provvedere all'effettuazione

di precisi pagamenti in valuta, potrà concludere un accordo di acquisto a termine della

quantità di moneta estera a lui necessaria a determinate condizioni.

Gli elementi essenziali per il calcolo del valore di un contratto a termine sono:

• il cambio a pronti (spot)

• i tassi d'interesse delle divise oggetto della transazione

31

• la durata dell'operazione.

Il "cambio a termine" è la somma algebrica del cambio a pronti e dell'importo definito

"premio" o "sconto" a seconda che sia un valore positivo o negativo.

forward = spot + premio (o sconto)

Il "premio" o "sconto" è determinato applicando al cambio spot il differenziale dei tassi

d'interesse delle divise interessate per la durata dell'operazione.

premio = spot * (Tcc1 - Tcc2) * gg/360

Tcc1 = tasso d'interesse relativo alla divisa "incerta"

Tcc2 = tasso d'interesse relativo alla divisa "certa"

gg = giorni effettivi intercorrenti tra la data valuta "spot" (per convenzione 2 giorni lavorativi

successivi alla data operazione) e la data valuta di scadenza dell'operazione a termine.

Ad esempio, per un esportatore che deve cedere (= vendere) dollari Usa a 6 mesi contro Euro,

il valore del cambio a termine Eur/Usd sarà dato da:

Cambio spot = 1,50 Eur/Usd

Tcc1 = nella quotazione Euro/dollaro USA (che esprime la quantità di dollari USA necessaria

per negoziare 1 Euro), la divisa "incerta" è il dollaro USA. Il valore del tasso dollaro USA a 6

mesi è pari a 2%

Tcc2 = il valore del tasso Euro a 6 mesi è pari a 1%

gg = 180

Il valore del cambio a termine dell’Euro contro dollaro sarà pertanto pari a:

1,50+1.5000 * (2% - 1%) * 180 / 360 = 1.5000 * 0.5% = 1,5075

Come si evince dalla relazione, se il valore del tasso di interesse Euro è inferiore al valore del

tasso di interesse della divisa da negoziare a scadenza, al cambio spot andrà aggiunto un

"premio"; viceversa, se il tasso Euro è superiore al tasso della divisa da negoziare, al cambio

spot andrà aggiunto lo "sconto" (che rappresenta un valore negativo).

32

Il premio e lo sconto rappresentano il costo opportunità della detenzione di valuta. Deve

valere la relazione matematica che gli arbitraggisti concorrono a mantenere. Se per esempio

oggi un investitore ha 100 euro, e tra un anno vuole dollari, ha due opzioni:

1) comprare dollari a termine e tra un anno – con una remunerazione in euro per un anno

all’1% - si ritroverà con 101€; se oggi cambia a termine i 101€ in dollari (al cambio –

di oggi - a termine di 1,5150), si ritroverà con 153$;

2) cambiare oggi i 100 euro in dollari, ricaverà – in assenza di costi di transazione – 150$

(al cambio ipotizzato di 1.50) che investirà al 2%: tra un anno avrà 153$.

Se il nostro investitore (caso sopra) comprando dollari a termine riceve un differenziale di

remunerazione negativo (invece di ricevere un tasso di remunerazione del 2%, riceve solo

il 1%) dal detenere euro, allora il cambio a termine è a premio: il nostro investitore

“spenderà” meno euro per comprare un dollaro (al cambio ipotetico di 1,60 €/$ significa

che un europeo spende meno rispetto a ricevere 1,5 dollari per un solo euro).

6. Cambio fisso e cambio flessibile

Negli ultimi anni si è assistito ad un graduale spostamento da regimi fissi verso quelli

flessibili. Questo riflette una varietà di fattori, compreso il cambiamento delle condizioni

economiche e degli obiettivi politici dei vari Paesi nel corso del tempo, la liberalizzazione e la

globalizzazione dei mercati finanziari e il contemporaneo aumento nella mobilità dei capitali.

Cambio fisso

Il cambio è fisso (o controllato, limitatamente flessibile) quando si verificano due condizioni:

1. esiste la parità centrale

2. esiste la banda di oscillazione predefinita

Il cambio fisso implica un accordo tra gli stati ed una volontà ferma e procedure adeguate

delle autorità monetarie di tali stati per mantenerlo tale.

La banda di oscillazione rappresenta l’insieme dei punti che definiscono gli obblighi di

intervento dell’autorità centrale, definendo così il grado di limitata flessibilità, fatto che ci

consente di includere un regime limitatamente flessibile nella presente categoria di “cambio

33

fisso”. La banca centrale deve intervenire obbligatoriamente sul mercato dei cambi per

mantenere il cambio fisso, cioè all’interno della banda di oscillazione.

La parità centrale è il punto centrale della banda di oscillazione.

Il cambio fisso è soggetto a modificazione della sua parità centrale e della sua banda di

oscillazione a causa del fatto che non c’è simmetria degli interventi, cioè c’è asimmetria tra

acquisti e vendite della valuta della quale si vuole mantenere il cambio fisso.

Il cambio può essere fisso con riferimento:

a) ad una singola valuta, in questo caso il Paese stabilisce il cambio in base ad

una valuta maggiore ( ad esempio il frequentemente utilizzato dollaro ) ed

effettua rari aggiustamenti per la parità;

b) ad una valuta composita, o un cosiddetto paniere, basket di valute, cioè

formata dalle valute dei Paesi più rilevanti comemaggiori partner finanziari

o commerciali. I pesi delle valute sono generalmente specifici per Paese e

riflettono la distribuzione geografica del commercio, dei servizi, o i flussi di

capitale. Essi possono essere anche standardizzati.

Cambio flessibile

Il cambio è flessibile quando:

1. non esiste la parità centrale,

2. non esiste la banda di oscillazione.

Anche per il cambio flessibile possono esserci diverse situazioni:

- Flessibile limitatamente nei confronti di una singola valuta, il valore della moneta è

mantenuto all’interno di margini certi di fluttuazione intorno ad un cambio fisso.

- Flessibilità limitata, nell’ambito di un’area monetaria. Questo regime si riferisce ai Paesi

nell’Exchange Rate Mechanism (ERM) del Sistema Monetario Europeo (SME) ed è un

incrocio concettuale tra un cambio fisso di ogni valuta SME verso altre che fanno parte

del sistema e un cambio fluttuante di tutte le valute del SME nei confronti del valute non-

SME.

- Aggiustato in base ad un insieme di indicatori. La valuta è aggiustata più o meno

automaticamente in risposta a variazioni degli indicatori quantitativi selezionati. Un

indicatore comune è il tasso di cambio effettivo reale che riflette i cambiamenti provocati

34

dall’inflazione nella valuta contro i maggiori partner commerciali. Questa categoria è stata

incorporata dal 1997 con la seguente:

- Fluttuazioni amministrate. La Banca Centrale quota e sostiene il tasso di cambio ma lo

varia frequentemente. Gli indicatori per aggiustare il cambio sono discrezionali, compresi,

ad esempio, la posizione della bilancia dei pagamenti, le riserve internazionali o gli

sviluppi di mercati paralleli. Inoltre gli aggiustamenti non possono essere automatici.

- Fluttuazioni indipendenti. I tassi sono determinati dal mercato e ogni eventuale intervento

della banca centrale mira a moderare le variazioni del tasso di cambio, piuttosto che a

stabilire un livello del tasso. Questa situazione è quella che caratterizza i rapporti di

cambio fra le principali monete (dollaro, euro, yen, sterlina e franco svizzero).

Vantaggi e svantaggi dei cambi fisso e di quelli flessibili

Nonostante l’adozione di cambi fissi comporti la perdita del controllo dello strumento

monetario, questo tipo di regime ha sempre raccolto molti consensi. La giustificazione più

frequente a favore dei cambi fissi è costituita dal fatto che la stabilità dei cambi, dando punti

di riferimento certi, stimola il commercio internazionale che a sua volta alimenta la crescita

economica. Questa è stata la visione che ha caratterizzato molti economisti dalla fine del

secolo scorso quando i tassi di cambio erano fissati nei confronti dell’oro sino ad arrivare al

sistema di Bretton Woods con i cambi ancorati al dollaro.

In particolare, molti paesi adottarono regimi con tassi di cambio fissi per stabilizzare le

aspettative inflazionistiche e per aumentare la credibilità della politica economica. I vantaggi

di questo tipo di regime sono stati particolarmente rilevanti per i paesi che soffrivano di

un’iperinflazione e per quelli che si trovavano in un processo di transizione verso

un’economia di mercato.

Inoltre il regime dei cambi fissi aumenta la certezza, con la possibilità di fare confronti tra

valute, rende i prezzi più trasparenti e gli investimenti internazionali meno rischiosi. Gli

svantaggi di questo tipo di cambio consistono nel fatto che, ad esempio, una volta che si è

accumulato un deficit nella Bilancia dei Pagamenti con il cambio fisso esso continua ad

aumentare. Si ha, in sintesi, una cristallizzazione nella posizione debitoria o in quella

creditoria dei vari paesi. In questo modo si giunge ad uno squilibrio eccessivo nella Bilancia

dei Pagamenti con il conseguente rischio di una brusca svalutazione del cambio.

Nell’esperienza di mercato recente si è evidenziato come un regime di cambio flessibile possa

avere effetti diametralmente opposti, agendo come calmante o come eccitante a seconda delle

35

circostanze macroeconomiche specifiche e al tipo di atteggiamento adottato dalle autorità in

termini di politica monetaria e fiscale.

7. Cambio di mercato (spread, arbitraggio)

È il tasso di cambio che si vede sul mercato ed è caratterizzato dal fatto che continua ad

oscillare. “Si vede” significa che vale per le negoziazioni in un determinato istante.

Le maggiori banche nazionali ed estere “fanno il mercato” (market makers), dando un

servizio come fornitori di liquidità (liquidity providers). Per farlo, devono quotare sempre due

prezzi:

• denaro (D): esprime il tasso di interesse al quale sono disposte a prendere in deposito,

acquistare, ricevere la valuta certa oggetto dell’operazione di cambio;

• lettera (L): esprime il tasso di interesse al quale intendono dare in deposito, vendere,

cedere, la valuta certa oggetto dell’operazione di cambio.

La differenza tra questi due prezzi rappresenta il margine desiderato (spread) perché venga

adeguatamente retribuito il servizio di liquidity provision, al quale si accompagna sempre la

disponibilità a prendersi un rischio legato alla volatilità del mercato; tale spread si potrebbe

pertanto intendere anche come ritorno atteso sul rischio accettato.

Ogni soggetto che “non fa il mercato”, ma usa (market user), prende (market taker) il prezzo

di mercato fatto da altri, si presenta di volta in volta come assuntore o datore di fondi,

posizionandosi sempre da un lato prescelto del mercato. Eventuali suoi fabbisogni sono

soddisfatti al tasso lettera, invece il market maker18 è in grado di approvvigionarsi anche al

tasso denaro. Legato al cambio di mercato è il concetto di arbitraggio. L’arbitraggista è colui

che contemporaneamente compra e vende sfruttando le asimmetrie che si formano sul

mercato, in pratica sfrutta le asimmetrie tra il prezzo teorico e il prezzo di mercato (o prezzo

reale). L’arbitraggista, oltre a trarne personalmente vantaggio, svolge una funzione

fondamentale che è quella di riequilibrare i prezzi (il prezzo salirà leggermente sulla piazza

dove egli acquista e scenderà parimenti sulla piazza dove vende). Egli, infatti, non solo sfrutta

le asimmetrie tra prezzo teorico e reale, ma tende anche ad eliminarle.

Sfruttare le asimmetrie e quindi fare arbitraggio per guadagnare denaro non è così semplice,

in quanto, come abbiamo visto, il prezzo non è mai unico, ma c’è un prezzo denaro e un

prezzo lettera; è quindi necessario fare un programma di valutazione del rischio insito

18 Questo ruolo si acquisisce nel tempo e richiede ingenti investimenti sia in infrastrutture sia in personale.

36

nell’operazione di arbitraggio che tenga presente innanzitutto il costo della negoziazione, lo

spread. Inoltre, quanto più un mercato è liquido, globale, trasparente, tanto minore è la

possibilità di arbitraggio, poiché l’asimmetria non sarà sufficiente neppure a coprire lo

spread. Il mercato dei cambi, almeno per quanto concerne la valute maggiormente trattate, ne

è un chiaro esempio.

8. Tasso di cambio effettivo nominale (nominal effective exchange rate)

È un prezzo indice costruito sommando algebricamente le variazioni dei rapporti di cambio

bilaterali con le principali monete, ponderando tali variazioni con le quote di commercio

internazionale bilaterale/scambio globale del Paese.

9. Tasso di cambio effettivo reale (real effective exchange rate)

Si parte dal tasso di cambio effettivo nominale e si effettua una seconda ponderazione tenendo

conto anche dei tassi di inflazione dei vari Paesi.

10. Condizioni di parità dei poteri di acquisto – Teoria PPA (PPP, purchase power parity)

– Concetto di cambio di equilibrio teorico

dati due panieri di beni identici, essi devono avere lo stesso prezzo (espresso in un’unica

valuta) se venduti in paesi diversi.

Secondo la PPA con 1$ si dovrebbe acquistare la stessa quantità di beni in tutti i paesi.

In altre parole le monete o meglio ancora il tasso di cambio dovrebbe essere tale da uguagliare

i prezzi di un identico bene o paniere di beni. Se quel bene costa, ad esempio, il 30% in più

allora si avrà un cambio sopravalutato e, viceversa, se quel bene costa il 30% in meno il

cambio è sottovalutato.

Esiste quindi un tasso di cambio di mercato, che rappresenta quello che realmente accade sul

mercato, e un tasso di cambio teorico che viene stabilito sulla base della PPA.

La Teoria della Parità del Potere di Acquisto si divide in:

- Parità Assoluta del Potere di Acquisto

La parità assoluta del potere di acquisto afferma che le misure relative a due prezzi

saranno uguali dopo gli aggiustamenti per il tasso di cambio. In simboli:

P=SP*

37

m m

dove P = Σ αiPi , P* = Σ αi*Pi

* e S= tasso di cambio Spot i=1 i=1

P e P* denotano un indice generale dei prezzi in cui αi rappresenta il peso attribuito al

bene i-esimo nel paniere rappresentativo del consumo.

La formula stabilisce che il tasso di cambio è determinato dal rapporto tra il livello dei

prezzi nei due paesi.

S=P/P*

In questa versione è richiesto che i panieri di consumo (o meglio i pesi del consumo sui

beni individuali) siano identici nei due paesi. Se questo non dovesse accadere la PPA

assoluta non è valida, nonostante non ci siano opportunità di arbitraggio nel mercato dei

beni. Un’altra criticità della PPA assoluta è che di solito i Paesi presentano indici dei

prezzi piuttosto che il livello assoluto dei prezzi in termini di valuta locale.

Nei decenni sono state proposte varie versioni del metodo di calcolo della PPA. Alcune di

queste sono nate per sopperire proprio ai fattori di potenziale invalidità appena citati,

utilizzando un bene singolo commercializzato in un gran numero di paesi e

rappresentativo di una fascia di consumatori il più ampia possibile: è il caso della Big Mac

parity, che confronta il valore assoluto del prezzo del noto panino con hamburger.

- Parità Relativa del Potere di Acquisto

La parità relativa del potere di acquisto offre un modo per supplire alle criticità che

affliggono la PPA assoluta.

s = p – p*

variazione percentuale = variazione percentuale – variazione percentuale del tasso di cambio dei prezzi domestici dei prezzi esteri

differenza tra i due tassi di inflazione

Da questa formula si ricava che i paesi con più elevata inflazione tendono a sperimentare

un sostanziale deprezzamento della propria moneta sui mercati valutari.

11. I partecipanti al mercato dei cambi

38

I maggiori partecipanti del mercato possono essere raggruppati come segue:

o Le banche commerciali e di investimento . Esse

costituiscono il mercato interbancario nel cuore del sistema di cambio valutario. Alcune

banche “fanno il mercato”, altre si occupano solamente di servire i bisogni dei propri

clienti e dei consumatori finali. Queste ultime costituiscono la più ampia parte del

turnover del mercato e compiono una funzione economica vitale di mediazione dei flussi

valutari come fornitori di liquidità.

o Le banche centrali. Fatta eccezione per le necessità del servizio di cambio

per conto del governo e qualche volta di altre banche centrali, generalmente le banche

centrali non forniscono servizi di market-making, almeno nei mercati più avanzati.

Caricate dalle responsabilità di mantenere un ragionevole ordine nel mercato, esse devono

essere pronte, come fornitori residuali della valuta domestica o locale, a garantire che il

mercato dei cambi sia a un tasso di cambio congruo (che dipende dal regime di cambio

vigente), ma soprattutto esse sono importanti quando intervengono sul mercato per

amministrare il tasso di cambio con lo scopo di assorbirne le pressioni, quando queste

sono giudicate eccessive. Generalmente le banche centrali restringono la loro operatività

sul mercato locale, sebbene talvolta possono operare oltremare o attraverso non-banche.

La speculazione attiva sui tassi di cambio da parte delle banche centrali è assai rara e non

è ben vista dalla comunità bancaria centrale.

39

o Grandi società (comprese le

imprese transnazionali). E’ la categoria definita anche nel mercato dei cambi Corporate.

Costituivano in passato il più grande flusso netto di fondi sul mercato dei cambi e perciò

avevano complessivamente il maggiore impatto sul valore della valuta. Con il crescere

incessante del volume di transazioni di natura speculativa sul mercato dei cambi, e degli

attori che ad esso partecipano, ed in parte anche a causa della maturazione del processo di

integrazione globale di gruppi industriali, l’importanza percentuale dei flussi del mondo

Corporate è diminuita notevolmente, e rappresenta oggi secondo stime parziali soltanto il

10% dei flussi in valuta.

o Dealers indipendenti . I privati che per semi-professione o puro gioco

operano speculando anche sul mercato dei cambi, in numero velocemente crescente,

sempre di più attraverso piattaforme telematiche accessibili via internet, controllano

volumi relativamente piccoli. Nonostante ciò anch’essi possono aumentare, nel breve

termine, la volatilità sui mercati valutari.

o Istituzioni finanziarie non bancarie - compresi i gestori di fondi tradizionali, di hedge

funds e di currency funds (i fondi che operano esclusivamente sui mercati

valutari). Spesso dotate di una solida struttura di ricerca, analisi e raccolta di informazioni

e di un processo di investimento consolidato, possono essere tra le prime a vedere

l’insorgere di pressioni valutarie e a mettere in atto operazioni di sistemazione delle loro

posizioni valutarie. Possono avere orizzonti temporali variabili, dal brevissimo al lungo

periodo. Sono, con i dealers indipendenti, la categoria che ha visto i tassi di crescita

40

maggiori, e che oggi rappresenta un attore importante per le vicende di brevissimo e breve

termine del mercato dei cambi.

3. Aspetti Funzionali del Mercato dei Cambi

“Nella maggior parte degli uomini manca il vigore per rimontare ai

principi grandi e universali e di scomporre con analisi le mal combinate idee;

altri si fanno gioco dell’umana debolezza e colla facile superiorità di alcuni

termini non volgari costituiscono un commercio di errori fondato sulla

docilità di molti e sull’impostura di alcuni”, Cesare Beccaria19, a proposito di “disordine del sistema monetario”, 1762

Definizione Il mercato dei cambi è un insieme di transazioni che ha per oggetto depositi denominati in

moneta nazionale ed in valuta estera.

19 Tratto dalla Relazione del Governatore della Banca d’Italia del 1971, citata in Le avventure della lira, cit

41

Tutti i Paesi, che effettuano o ricevono pagamenti in una valuta diversa dalla loro, si trovano

quotidianamente di fronte all’esigenza di effettuare un processo di conversione, processo che

si svolge all’interno del mercato dei cambi.

In esso si formano prezzi (tassi di cambio), che sono influenzati dall’andamento della bilancia

dei pagamenti valutaria che esprime l’effettivo andamento della domanda e dell’offerta.

Il mercato dei cambi è un mercato ideale che non corrisponde ad un particolare luogo fisico,

ma è rappresentato da una rete di collegamenti telematici tra i centri di cambio (dealing room)

delle banche. E’ un mercato OTC, over the counter. Se paragonato ad un mercato

centralizzato in una location fisica, quali i più noti Exchange per azionario e futures, il

mercato dei cambi appare basato interamente sulla fiducia. In effetti basta una telefonata, od

un’interazione in via telematica – Reuters dealing, piattaforme di trading, ed altro - tra due

controparti (da un messaggio Swift), con la quale vengono definite oltre ai dettagli della

transazione le modalità dell’addebitamento e dell’accreditamento sui conti di corrispondenza

che le banche intrattengono tra loro, per concludere operazioni di importi considerevoli;

eventuali comportamenti scorretti non provocano alcuna sanzione giuridica indipendente,

bensì la futura esclusione dal mercato (le notizie di scorrettezze si diffondono in tempo reale),

e starà poi alla controparte danneggiata muoversi per vedere onorata la transazione o ricevere

adeguato risarcimento alla controparte che ha commesso la “scorrettezza”. Tale evento,

benché raro tra le controparti maggiori, è possibile, in alcuni casi causato dall’insolvenza di

una delle controparti (si veda in merito settlement risk o Herstatt risk, dal nome della banca

tedesca che non onorò i pagamenti per una bancarotta nel 1974.

Tecnicamente, condizioni necessarie e sufficienti per l’esistenza del mercato dei cambi sono:

- l’autorizzazione, data dalle autorità pubbliche al sistema bancario, ad trattenere relazioni

valutarie in più monete

- la reciproca apertura di linee di credito tra le controparti, direttamente o per il tramite di

cosiddette “stanze di compensazione”, organismi centrali di ripartizione del rischio e gestione

dei sistemi di pagamento.

Detto questo, il mercato dei cambi è maturato notevolmente nei primi anni 2000; oggi le

controparti primarie hanno reso più solidi i propri processi di affidamento, obbligando alla

firma di un ISDA (International Swaps and Derivatives Agreement) le controparti minori

anche per le transazioni in cambi a pronti e termine, e sovente all’integrazione nell’ISDA di

un CSA (Credit Support Annex).

42

In questa fase storica sta salendo il volume del dibattito su un’evoluzione della

regolamentazione verso Exchange-clearing anche per le transazioni OTC, in particolar modo

in derivati. Tale pressione nasce dallo scarso controllo che le autorità di regolamentazione

hanno potuto avere sugli strumenti derivati over-the-counter, ed il ruolo che anche tali

strumenti hanno giocato nella crisi finanziaria del 2007-2008. Il mercato dei cambi, pur non

avendo contributo a tale crisi finanziaria dimostrandosi costantemente liquido e in controllo,

si trova coinvolto in tali discussioni essendo come gli altri meno liquidi un mercato OTC.

Mercato dei cambi e Sistema monetario interno

Il Sistema Monetario interno è l’insieme dei mezzi di pagamento circolanti legalmente in un

Paese, di fatto esso è rappresentato dai biglietti e dai depositi a vista. Alla base del SM di un

Paese vi sono le passività finanziarie emesse dalla Banca Centrale e cioè tipicamente i

biglietti e la moneta divisionaria20 o metallica emessa dalla pubblica amministrazione.

Il mercato dei cambi è l’anello di congiunzione tra il Sistema Monetario Nazionale e quello

degli altri paesi.

In formule:

M = Base monetaria nelle mani del pubblico + Depositi del pubblico presso il sistema bancario

(definizione statica)

∆M = ∆Base monetaria nelle mani del pubblico + ∆ Depositi del pubblico presso il sistema bancario (definizione dinamica)

Se il Sistema Monetario interno è collegato con i sistemi monetari degli altri paesi attraverso

il mercato dei cambi ed esso non è in equilibrio vi è il rischio che il pubblico venda moneta

nazionale ed acquisti moneta estera (colloquialmente si dice che c’è il rischio di una fuga di

capitali ).

Per questo motivo le autorità monetarie allorché non riescono a mantenere un sistema

monetario equilibrato tendono ad evitare il collegamento tra il sistema monetario nazionale e i

sistemi monetari di altri paesi. In altri termini non lasciano nascere un vero mercato dei

cambi, o ne limitano la funzionalità agendo sulle regole di effettiva convertibilità. In

20 Monete di non pieno valore che devono essere accettate come mezzo di pagamento solo in misura limitata. Il valore metallico della moneta divisionaria è di norma inferiore al valore nominale impresso.

43

conclusione quindi il mercato dei cambi può esistere dove le autorità monetarie pubbliche

mantengono un sistema monetario equilibrato.

In questo caso le banche vengono autorizzate dai pubblici poteri ad aprire relazioni bancarie

con la clientela denominate in più monete, diversamente non si avrà un mercato dei cambi ma

soltanto il mercato del biglietto.

Il mercato del biglietto ha le seguenti caratteristiche:

- è un mercato pericoloso, perché esiste la possibilità che il biglietto sia di provenienza non

legittima;

- gli spread fra denaro e lettera sono grandissimi e di fatto non consentono il regolamento

di importanti transazioni.

Autorizzazione e convertibilità della moneta

Come abbiamo visto l’autorizzazione all’apertura di relazioni bancarie in più monete

costituisce la condizione necessaria alla creazione del mercato dei cambi. L’autorizzazione, in

altre parole, conferisce alla moneta la convertibilità, ossia le banche commerciali sono

autorizzate ad aprire alla clientela conti di deposito in valuta estera e ad acquistare le

disponibilità accolte in essi, cedendo in contropartita depositi in altra valuta estera o in

moneta nazionale.

Un tempo il concetto di convertibilità era riferito all’oro. Infatti dal 1870 al 1914 vigeva il

cosiddetto sistema aureo (gold standard), che era un sistema a cambi fissi nel quale tutte le

divise erano convertibili in oro secondo una parità ufficiale dichiarata. Successivamente, nel

periodo 1914-1940 circa, si è passati ad un sistema a cambi fluttuanti, con l’adozione di

politiche tendenzialmente protezionistiche. Più tardi, dal 1944 al 1971 entrò in vigore il

sistema a cambi fissi di Bretton Woods (dollar standard) caratterizzato dalla convertibilità del

dollaro in oro al prezzo ufficiale di 35$ per oncia di oro fino, dalla dichiarazione della parità

di ogni moneta rispetto al dollaro e automaticamente rispetto alle altre divise, dalla

convertibilità delle divise in dollari e da limiti di oscillazione di ±1% per tutte le monete

aderenti. Il concetto di convertibilità aurea quindi si può vedere sia da un punto di vista

interno sia da un punto di vista internazionale, per quanto riguarda il primo aspetto, esso è

scomparso ormai da più di cento anni. A livello internazionale, l’eliminazione della

convertibilità in senso letterale si è verificata circa trent’anni fa, precisamente il 14/08/1971,

44

con la fine del sistema del dollar standard e quindi con l’eliminazione della convertibilità

esterna del dollaro in oro.

Dopo questo lungo processo storico, attualmente in nessun Paese del mondo vi è la

convertibilità aurea e la moneta è finanziaria.

Oggigiorno, quindi, quando si parla di convertibilità della moneta, si fa riferimento ad una

convertibilità convenzionale, cioè, come abbiamo detto, ad un’autorizzazione che consente di

intrattenere relazioni in più monete.

Nel mondo le monete si dividono in:

- monete convertibili convenzionalmente

- monete non convertibili convenzionalmente.

Per un Paese avere una moneta inconvertibile comporta avere grandi svantaggi perché per le

importazioni occorre sempre e comunque procacciarsi delle monete convertibili. Per questo

motivo i paesi quando possono, cioè l’equilibrio del loro sistema monetario interno lo

consente, cercano di assicurare la convertibilità della moneta

Esistono diversi gradi di convertibilità:

- convertibilità parziale o limitata

- convertibilità piena.

L’autorizzazione data alle banche può essere limitata sotto tre profili

1. dal punto di vista del sistema bancario: e cioè concessa solo a certe banche (le più

importanti);

2. dal punto di vista delle controparti delle banche: vengono escluse le famiglie oppure si

autorizzano solo le operazioni con le imprese che lavorano con l’estero; oppure solo con

non residenti; o solo con altre banche.

3. dal punto di vista del tipo di operazione:

a. non sono autorizzate le operazioni finanziarie

b. sono consentite le operazioni commerciali, indispensabili per mantenere sane

relazioni commerciali.

45

Nei tre casi menzionati la convertibilità è parziale o limitata. Quando invece l’autorizzazione

viene data a tutte le banche a tutti gli operatori economici famiglie comprese e per qualunque

tipo di operazione la convertibilità è piena.

La lira italiana diventò limitatamente convertibile il 20 dicembre 1958

giorno nel quale diventarono convertibili tutte le monete dei principali paesi europei ( lo erano

già il dollaro, e il franco svizzero ).

Successivamente, la Comunità Europea sostenne che era opportuno che le monete dei paesi

europei membri passassero progressivamente da monete parzialmente convertibili a monete

pienamente convertibili.

In Italia questo passaggio fu completato il 14 maggio del 1990.

Convertibilità piena e moneta di riserva

Una moneta con convertibilità piena, ossia convertibile per tutte le banche, per tutte le

controparti e per tutti i tipi di operazione, può aspirare a diventare moneta di riserva.

La condizione necessaria per essere moneta di riserva è, appunto, la convertibilità piena, ma

questa non è sufficiente. Occorre, infatti, che le banche centrali degli altri Paesi decidano

spontaneamente di detenere le attività sull’estero (crediti) in quella moneta facendola

diventare in questo modo una moneta di riserva.

La tendenza storica è stata quella di concentrare le attività sull’estero in pochissime monete di

riserva e, per motivi di efficienza, quasi in una soltanto: il dollaro .

Le quantità di riserve in dollari, per fare l’esempio più classico, detenute dalle banche centrali,

servono alle stesse per intervenire sul mercato dei cambi con lo scopo di sostenere il valore

esterno della moneta nazionale, vendendo i dollari che ha a disposizione. Viceversa, quando

le banche centrali intendono rallentare l’apprezzamento della loro valuta intervengono sul

mercato dei cambi vendendola, ed acquistando dollari, il che ne fa salire ulteriormente il

livello nelle proprie riserve.

46

Lo yen rappresenta la moneta di riserva per il Sud-est asiatico, ma non è

una moneta di riserva a livello mondiale, come invece lo è il dollaro. L’euro

ha la missione di diventare una moneta di riserva a livello mondiale,

diventando così un’alternativa al dollaro.

Il processo di diversificazione delle riserve in valuta delle banche centrali a livello globale ha

subito un’accelerazione dal 1999, anche grazie all’introduzione dell’Euro che ha aggiunto una

moneta rappresentativa di un conglomerato economico importante, ed evoluto, alla scelta di

quelle banche centrali che erano sbilanciate eccessivamente sul rischio di deprezzamento del

dollaro Usa per il valore delle proprie riserve.

Definizione di moneta di riserva: è la moneta pienamente convertibile di un certo paese che

viene accolta nei bilanci delle Banche Centrali degli altri paesi per denominare i loro crediti

sull’estero.

E’ importante è ricordare che: liquidità internazionale + oro = riserve internazionali

4. Aspetti Strutturali del Mercato Dei Cambi

1. Mercato di banca

Nel mercato dei cambi gli scambi avvengono tipicamente tra banche situate in tutto il mondo.

Il mercato dei cambi è, quindi, un mercato tendenzialmente di banca e non di borsa.

Infatti è un mercato all’ingrosso nel quale le banche giocano un ruolo fondamentale, perché,

in un momento successivo, sarà loro compito frazionare gli importi in base alle esigenze della

clientela.

Il mercato dei cambi è, perciò, diverso dai mercati delle obbligazioni e delle azioni negoziate

tipicamente nelle Borse, così come per i prodotti derivati.

Il mercato dei cambi, in questo senso, è un’eccezione: è un mercato interbancario (tra banche,

ma anche tra banche e controparti non bancarie).

47

Le grandi banche che si occupano della compravendita sul mercato dei cambi sono

considerate dei market makers.

In questo mercato, geograficamente disperso, potrebbe essere difficile sapere il miglior prezzo

disponibile del cambio. Per questo motivo vengono utilizzati schermi elettronici che mostrano

le quotazioni dei cambi per ogni market makers. Tali prezzi sono in alcuni casi solo

“indicativi”, cioè le transazioni effettive possono o non possono essere eseguite a quei prezzi;

è una situazione molto diversa da prezzi che circolano su borse centralizzate.

Ciò è formalmente corretto, e non va dimenticato. Va detto però che non è più l’epoca dei

prezzi indicativi: nella sostanza, per la stragrande maggioranza del tempo, in particolar modo

per quanto concerne le valute maggiormente scambiate, il mercato dei cambi è talmente

liquido, gli spread così ristretti, e la tecnologia che offrono i market makers talmente diffusa e

rapida che un’operatore professionale o semi-professionale ha accesso ad una trasparenza e

rapidità di circolazione dell’informazione prezzo in linea con quella di un Exchange.

2. Dimensione del mercato dei cambi

Il mercato dei cambi è il più vasto e liquido mercato del mondo, in quanto vi hanno luogo

transazioni di grande ammontare senza significativi movimenti sui prezzi.

Il FOREX (Foreign Exchange Market) è nato con l’obiettivo di agevolare la circolazione dei

capitali e rappresenta il mercato finanziario più grande del mondo. Sorto nel 1971, quando

fecero il loro ingresso sul mercato i cambi fluttuanti, è da sempre visto come un mercato in

continua espansione.

Attualmente esso rappresenta, per volumi scambiati e transazioni eseguite, il mercato

finanziario più vasto e più liquido esistente. Il suo volume d’affari giornaliero è passato da 5

miliardi di dollari del 1977 a circa 4.000 miliardi di dollari attuali.

Fonte: Bank of International Settlement, Triennial central bank survey of foreign exchange and

derivative market activity in april 2010, www.bis.org

48

Configurato come un mercato unico mondiale, aperto 24 ore su 24, senza sede in un luogo

fisso specifico, con borse di libero accesso posizionate efficacemente in posizione oraria, non

soggetto a particolari e precise regolamentazioni inerenti sistemi di negoziazione, quantità

negoziate, modalità di consegna e scadenze standardizzate, si caratterizza per essere uno dei

più vasti mercati OVER THE COUNTER (O.T.C.), presenti sul panorama finanziario.

49

Non solo il mercato dei cambi è il mercato più liquido del mondo, ma, viste le sue dimensioni,

è praticamente impossibile per i privati e per le aziende poter influenzare direttamente i tassi

di cambio. Persino le banche centrali ed i governi trovano sempre più difficile intervenire sui

tassi di cambio delle valute più liquide, quali il dollaro statunitense, lo yen, l’Euro, il Franco

svizzero, il dollaro canadese ed il dollaro australiano.

Il mercato dei cambi è un mercato globale, dato che in ogni istante è possibile conoscere i

prezzi fatti in ogni parte del mondo ed operare, ovunque, con la massima trasparenza ed

annullando istantaneamente eventuali disparità di prezzo a mezzo di arbitraggi. È un mercato

globale che opera 24 ore su 24, infatti, per effetto della rotazione terrestre è possibile avere

una serie continua di contrattazioni valutarie.

I 4.000 miliardi di dollari, che costituiscono la dimensione giornaliera del mercato dei cambi,

rappresentano 70 volte (vedi Lex Column FT 2.9.10, May cause side FX) il valore delle

transazioni annue di tipo commerciale (contratti stipulati tra imprese e tra imprese e pubbliche

amministrazioni che hanno, in via esclusiva o quantomeno prevalente, ad oggetto la consegna

di merci o la presentazione di servizi contro il pagamento di un prezzo), annual trading

volume.

50

Nell’articolo allegato del Financial Times del 1.9.10 si può vedere come il volume del FX

market sia cresciuto sensibilmente fino a raggiungere i 4.000 miliardi di dollari giornalieri.

3. Aperto 24 ore su 24 – Evoluzione sui fusi orari

Il mercato dei cambi è un mercato aperto 24 ore su 24, 5 giorni a settimana, con operatori in

tutti i centri principali di negoziazione.

Se consideriamo le 24 ore giornaliere avremo che, anche se il mercato dei cambi non apre e

non chiude mai (a differenza dei mercati di borsa), concettualmente, il mercato dei cambi

“apre” ad Oriente, nella regione Asia-pacifico, più precisamente a Wellington in Nuova

Zelanda, poi a Sidney in Australia, seguita da Tokyo, Hong Kong e Singapore. Qualche ora

più tardi, mentre i centri asiatici sono ancora aperti, le negoziazioni cominciano a Dubai e nel

Medio Oriente. Più tardi ancora, quando comincia il pomeriggio a Tokyo, i mercati europei

aprono. Quando è passato mezzogiorno in Europa, le negoziazioni iniziano a New York e in

altri centri degli Stati Uniti. Infine, quando il ciclo si completa e negli Stati Uniti è quasi sera,

una nuova sessione si apre nella regione asiatica del pacifico e il processo ricomincia.

Gli scambi iniziano il lunedì mattina a Wellington e a Sidney (le 19.00 di domenica in

Europa) per poi proseguire sino alla chiusura del mercato che avviene alle 4.30 di venerdì, a

New York, la tarda serata di venerdì in Europa.

51

Molte banche invece di avere filiali in tutto il mondo, preferiscono far svolgere tre turni ai

loro cambisti, alcuni dei quali lavorano di notte (il cosiddetto night shift, turno di notte, come

in molti altri mestieri).

Si può quindi dire che da qualche parte della terra ci sono dei centri finanziari aperti e delle

banche e altre istituzioni finanziarie che negoziano in tutti i momenti della giornata e della

notte, ma non durante il fine settimana o nelle vacanze infrasettimanali. E’ importante

precisare che i giorni di vacanza infrasettimanale in un determinato Paese avranno l’effetto di

non consentire l’esecuzione dei pagamenti per tale data valuta, mentre il mercato dei cambi su

tale valuta accoppiata con tutte le altre proseguirà imperterrito, con altri operatori in ogni

parte del globo a trattarla, eventualmente per una data valuta – quella di regolamento dei

pagamenti - “spostata” di un giorno. Nell’esperienza pratica, quasi non esistono giornate che

si possano considerare di mercato completamente chiuso; per fare un esempio, il giorno di

Natale è giornata lavorativa in molti paesi, tra questi uno di quelli tradizionalmente più

importanti, il Giappone, ed è frequente vedere il cambio muoversi anche non di poco, a causa

della ridotta liquidità derivante dalla mancanza dei partecipanti per i quali è rispettata come

giornata di vacanza.

4. Centri più importanti

I centri di negoziazione più importanti sono:

- Londra (con oltre il 50% dell’intero mercato)

- New York

- Tokyo

- Zurigo

- Ginevra

- Francoforte

- Hong Kong

- Singapore

- Sidney

La creazione dell’Unione Monetaria Europa sembra avere influito principalmente sul volume

delle contrattazioni come evidenziato nella tabella qui di seguito riportata:

52

53

5. Mercato a pronti e mercato a termine

Le transazioni sono fatte dal 60 all’80% a pronti e dal 40 al 20% a termine, perché l’operatore

se è possibile preferisce operare a pronti. Infatti acquistare a termine significa pagare due

spread (dati dalla differenza tra prezzo D e prezzo L): quello del pronti e quello del termine.

Vediamo un esempio:

a pronti: dato un prezzo di 1.4000 avremo:

- 1.3999 (se vendiamo)

- 1.4001 (se compriamo)

a termine: + 0.90:

- 0.89 (se vendiamo)

- 0.91 (se compriamo)

Perciò, in acquisto il prezzo sul mercato a termine sarà:

1.4001 + 0.91 = 1.4092

Alla vendita il prezzo sarà:

1.3999 + 0.89 = 1.4088

Ciò significa che l’operazione a termine subirà due spread, quello del pronti (0.0002), e quello

dei punti a termine (altro 0.0002, totale 0.0004). Se un operatore intende effettuare

un’operazione speculativa che si risolve in tempi molto brevi, sarà senz’altro conveniente

effettuare solo l’operazione a pronti. Se invece la sua posizione andrà regolata in una data

futura più lontana dei due giorni spot, lo spread aggiuntivo sul termine dovrà comunque

pagarlo in seguito quando effettuerà l’operazione di riporto, o swap, quindi tanto vale che

operi direttamente a termine, pari costo e minori transazioni da effettuare.

6. Controparti

Generalmente le controparti sono non residenti, infatti in percentuale si ha: residenti 25% e

non residenti 75%.

Inoltre le controparti bancarie rappresentano circa il 90%, mentre quelle non bancarie

(importatori, esportatori, società multinazionali, gestori di patrimoni ect.) il 10%.

Il mercato dei cambi, quindi, non è tanto al servizio degli importatori e degli esportatori,

quanto al servizio dei finanzieri internazionali, che mirano ad ottenere delle plusvalenze. Ciò

significa che è un mercato con dinamiche non lineari, perché con la speculazione spesso il

cambio va contro i fondamentali, cioè può capitare che una moneta che si dovrebbe

rafforzare, in base ai fondamentali, si indebolisce e, viceversa, una che si dovrebbe indebolire

si rafforza.

54

5. Determinanti del tasso di cambio

Volcker's Fed is widely credited with ending the United States' stagflation crisis of the 1970s. Inflation, which peaked at 13.5% in 1981, was successfully lowered to 3.2% by 1983. The federal funds rate, which had averaged 11.2% in 1979, was raised by Volcker to a peak of 20% in June 1981. The prime rate rose to 21.5% in '81 as

well. Nobel laureate Joseph Stiglitz 21 said about him in an interview: “Paul Volcker, the previous Fed Chairman known for keeping inflation under control, was fired because the Reagan administration didn't believe he was an adequate de-regulator”22

Il cambio è funzione di cinque elementi:

1) la PPA: la teoria della parità del potere di acquisto, come abbiamo già visto, afferma che i

tassi di cambio sono determinati dai prezzi relativi dei gruppi di beni simili nei diversi

paesi. I cambiamenti dei tassi di inflazione sono compensati dal cambiamento uguale ma

opposto dei tassi di cambio.

Vediamo un esempio:

se un hamburger costa $ 2.00 negli Stati Uniti e £ 1.00 in Gran Bretagna, allora in accordo

con la PPA, il tasso di cambio £-$ deve essere 2 dollari per una sterlina britannica. Se il

prevalente tasso di cambio è $ 1.7 per una sterlina, allora la sterlina si dice essere

sottovalutata e il dollaro sopravalutato. La teoria allora postula che le due valute si

muoveranno alla fine verso la relazione 2:1.

21 Joseph Stiglitz (1943) è un economista e scrittore statunitense. Stiglitz ha rivestito ruoli rilevanti nella politica economica. Ha lavorato nell'amministrazione Clinton come Presidente dei consiglieri economici (1995 – 1997). Alla Banca Mondiale, è stato Senior Vice President e Chief Economist (1997 – 2000), prima di essere costretto alle dimissioni dal Segretario del Tesoro Lawrence Summers. Il contributo più famoso di Stiglitz alla teoria economica riguarda lo screening, una tecnica usata da un agente economico che voglia acquisire informazioni - altrimenti private - da un altro. È per questo contributo alla teoria delle "asimmetrie informative" che ha condiviso il premio Nobel con George A. Akerlof e A. Michael Spence. Di Stiglitz si consiglia di leggere La globalizzazione che funziona, Einaudi, 2006

22 Fonte: Wikipedia

55

Riteniamo utile spiegarlo con le parole dell’Economist23 che ha da sempre pubblicato

ricerche sulla PPA e introdotto il Big Mac Index.

23 The Economist è il settimanale più autorevole al mondo. Gli argomenti riguardano le più importanti notizie di cronaca, economia, politica, affari e finanza, e si rivolge ad un pubblico di lettori d'elite, influenti uomini d'affari e politici. The Economist è apertamente a favore di una linea politica conservatrice in materia fiscale, dunque si può considerare un tipo di stampa opinionista che sostiene un determinato schieramento politico. La rivista esce ogni giovedì stampata, come tutti i periodici, su carta lucida, ed è distribuita nel resto del mondo il venerdì. È disponibile una edizione on-line sul sito Internet, aggiornata il giovedì sera. La tiratura settimanale è superiore al milione di copie.

56

Burgernomics is based on the theory of purchasing-power parity, the notion that a dollar

should buy the same amount in all countries. Thus in the long run, the exchange rate

between two countries should move towards the rate that equalises the prices of an

identical basket of goods and services in each country. Our "basket" is a McDonald's Big

Mac, which is produced in about 120 countries. The Big Mac PPP is the exchange rate

that would mean hamburgers cost the same in America as abroad. Comparing actual

exchange rates with PPPs indicates whether a currency is under- or overvalued.

2) il segno della Voce Partite Correnti (PC) della Bilancia dei pagamenti: il saldo delle PC

definisce effettivamente quanto il paese importa rispetto a quello che esporta. L’influenza

sul cambio è di tipo strutturale, perché il saldo delle PC assume segno positivo o negativo

a seconda di circostanze strutturali e cicliche.

Se è positiva: esportazioni > importazioni, quindi il paese è competitivo;

Se è negativa: esportazioni < importazioni, quindi il paese non è competitivo.

Oltre che dalla competitività, le Partite Correnti dipendono anche dalla posizione di un

paese nel ciclo economico. Ad esempio se un paese si trova in una fase espansiva, mentre

gli altri sono in una fase recessiva, il paese in parola vedrà aumentare le importazioni e

diminuire le sue esportazioni.

3) la politica monetaria: esistono diversi stili utilizzati nella direzione della politica

monetaria.

Ci sono Paesi nei quali la politica monetaria ha uno stile rigoroso, ossia appena c’è

qualcosa che non va le autorità intervengono (ad esempio, se c’è sintomo di inflazione

vengono alzati i tassi di interesse).

Altri Paesi, invece, sono più tentennanti nell’intervenire; adottano quindi uno stile di

direzione debole della politica monetaria. Questo è un aspetto negativo, perché determina

un cambio più soffice.

Ci sono, poi, Paesi con Banche Centrali molto indipendenti, nel senso che agiscono nel

modo che ritengono più utile senza rendere conto a nessuno del loro operato.

Uno stile di direzione sbagliato si ha quando la Banca Centrale prende le proprie decisioni

sotto l’influenza del governo: la Banca Centrale deve essere il più possibile indipendente

poiché essa è il guardiano della stabilità monetaria.

4) la variazione dei tassi di interesse: è un aspetto collegato al segno delle Partite Correnti.

57

Se un paese ha un saldo positivo delle PC dovrebbe controbilanciare questo elemento di

debolezza elevando i tassi di interesse e viceversa dovrebbe abbassare i tassi di interesse

in presenza di PC con saldo negativo.

E’ anche vero però che il differenziale dei tassi di interesse viene compensato mediamente

nel tempo dalle variazioni del cambio e questo per il principio in base al quale tutte le

attività hanno uguale rendimento se aggiustate per il rischio.

Peraltro il differenziale di interesse – se rilevante – gioca un ruolo significativo. Nel 1979

venne nominato Paul Volcker quale chairman dellla Federal Reserve.

Volcker, che temeva che la politica di Reagan24 fosse inflazionistica,

anticipò tutti con un forte rialzo dei tassi di interesse. I tassi di interesse elevati spinsero gli

investitori internazionali a comprare dollari. Il dollaro si rivalutò decisamente fino al 1985

(Accordo del Plaza per il deprezzamento del dollaro).

5) gli interventi della Banca Centrale: nel regime di cambi fissi, sono obbligatori nei punti

della banda di oscillazione. In realtà si possono manifestare anche in punti differenti della

banda di oscillazione (non solo all’esterno) e, in regime di cambi flessibili, in qualsiasi

momento.

24 Ronald Reagan (1911 –2004) è stato Presidente degli Stati Uniti d’America dal 20 gennaio 1981 al 20 gennaio 1989. La sua politica economica basata sull'offerta (supply-side economics o anche Reaganomics) fu caratterizzata dal taglio del 25% dell'imposta sul reddito, dalla riduzione dei tassi d'interesse, dall'aumento delle spese militari e anche del deficit e del debito pubblico. Dopo una recessione nel biennio tra il 1981 e il 1982, l'economia statunitense iniziò una rapida ripresa nel 1983. Reagan venne rieletto in maniera trionfale nel 1984, vincendo in 49 stati.

58

Gli interventi della Banca Centrale costituiscono materia molto controversa. Da un lato

sono indispensabili allorché sul mercato dei cambi non si svolgono condizioni regolari di

mercato ( ad esempio tutti siano compratori o venditori di una certa moneta ). In questo

caso l’intervento della Banca Centrale potrà ripristinare ordinate condizioni di mercato

attraverso un intervento che modificando bruscamente il tasso di cambio riporti gli

operatori a dividersi in compratori e venditori.

Dall’altro lato però questi interventi sono criticati perché favoriscono di fatto alcuni

operatori a danno di altri, perché rischiano di eccitare la speculazione internazionale

fornendo una certa valuta ad un prezzo più basso di quello di mercato e perché tali

interventi hanno generalmente effetti di durata limitata e dopo poco c’è il rischio che non

ordinate condizioni di mercato si ripresentino.

Un’alternativa agli interventi veri e propri sono gli annunci della Banca Centrale volti a

scoraggiare l’insorgere di comportamenti indesiderabili da parte degli operatori.

Ancora sull’intervento delle banche centrali nel mercato dei cambi.

Si hanno interventi ufficiali nel mercato dei cambi quando le autorità monetarie comprano o

vendono valuta estera, normalmente contro la propria valuta nazionale, con l’intento di

condizionare in un senso o nell’altro il tasso di cambio tra le due valute in questione.

La prima ragione per la quale le autorità monetarie decidono di intervenire nel mercato FX è

il tasso di cambio cosiddetto “sbagliato”(wrong rate); un tasso di cambio ritenuto “errato”,

ovvero non in linea con i fondamentali economici, può essere generato da un mercato

valutario non efficiente quando ci si muove in un regime di libera fluttuazione. Tale

valutazione è in molti casi comunque ardua; spesso ciò che le autorità monetarie non

accettano è la velocità, il ritmo dell’apprezzamento di una valuta e deprezzamento dell’altra,

oltre al livello assoluto del rapporto di cambio.

L’intervento in tali casi è uno strumento molto utile per spostare il tasso di cambio verso

livelli che le autorità monetarie ritengono più adeguati.

Gli accademici distinguono tra due categorie di intervento: sterilizzato e non sterilizzato

(sterilized vs. nonsterilized). Un intervento sterilizzato si ha quando le autorità monetarie

agiscono per “sterilizzare” appunto gli effetti di un cambiamento negli assets esteri ufficiali

detenuti nella base monetaria nazionale.

Interventi non sterilizzati si hanno viceversa quando le autorità monetarie comprano o

vendono valuta estera senza nessuna azione laterale di quel genere, influenzando in tal modo

direttamente l’offerta di denaro domestica.

59

Nel caso di intervento non sterilizzato l’acquisto (vendita) di valuta estera porterà ad un

aumento (diminuzione) nel patrimonio estero netto e ad un equivalente aumento

(diminuzione) della base monetaria, che ricordiamo si equivale con la somma tra patrimonio

estero netto (foreign net assets) e crediti domestici.

Se invece l’intervento è integralmente sterilizzato, così che il cambiamento nei crediti

domestici viene neutralizzato da un cambiamento negli assets esteri, niente cambierà nel

valore della base monetaria. Normalmente la sterilizzazione avviene attraverso la vendita o

l’acquisto di titoli o certificati domestici da parte dell’autorità monetaria.

L’intervento da parte delle autorità monetarie può essere concertato, ovvero può vedere

coinvolte all’unisono più banche centrali di diversi paesi, che “si danno una mano” perché

l’intervento sia più efficace. Spesso l’intervento della sola banca centrale della valuta sotto

pressione non è sufficiente essendo debole la fiducia riposta dal mercato nella valuta stessa e

più in generale nel paese che rappresenta e nelle sue autorità politico-monetarie. Nei decenni

recenti, un intervento da parte della Federal Reserve, enormemente stimata dagli investitori

mondiali, viene valutato come ben più solido ed importante di uno della Banca Centrale

Europea o della pur spesso efficace in passato Bank of Japan.

Quando una valuta non riesce nemmeno dopo gli effetti benefici di un intervento, ancor più se

concertato, ad invertire il trend negativo che la vedeva coinvolta, si ha un segnale decisamente

negativo per quella stessa valuta, che rimane assai vulnerabile a nuove pressioni nel medio

termine; in tal senso ricordiamo un punto accennato in precedenza: l’obiettivo dell’intervento

avrebbe potuto essere semplicemente porre un temporaneo freno, rallentare il ritmo di

deprezzamento di una valuta rispetto ad un’altra, e non invertirne il trend con un ritorno a

chissà quali obiettivi.

I flussi speculativi sono una determinante dei tassi di cambio?

Benche’ non facciano parte delle determinanti teoriche del tasso di cambio, meritano

breve menzione anche i flussi speculativi quale fattore determinante del livello del

cambio, se non per il lungo termine senz’altro per il breve termine. Attori di tali flussi

speculativi in particolare i fondi di investimento che operano sul mercato dei cambi, tra i

quali i maggiori hedge funds, in particolare nelle categorie Currency funds, Global Macro,

e CTA (acronimo per Commodity Trading Advisors, categoria che solitamente definisce

tutti i fondi che operano in maniera sistematica su base di analisi tecnica, in particolare i

trend followers, che di certo beneficiano di un prolungato ed approfondito movimento del

cambio, ed i cui flussi possono partecipare alle accelerazioni di breve termine di tali

trends).

60

5.1 Le aspettative di cambio

Nell’ambito dei cambi è opportuno fare riferimento a due tipologie di aspettative:

1) estrapolative

2) normali o regressive

Le aspettative estrapolative significano che, se è avvenuta una variazione, ci si aspetta che

avvenga una ulteriore variazione nella stessa direzione. Si tratta di aspettative che ben si

prestano a descrivere fenomeni di sfiducia in una valuta.

Le aspettative normali o regressive, invece, implicano che gli operatori abbiano l’idea di

un valore normale di lungo periodo della variabile in questione, per cui ogni qual volta il

valore corrente è diverso da quello normale, gli operatori si aspettano che il valore

corrente stesso si muoverà prima o poi (e quindi regredirà) verso il valore normale.

E’ evidente che le aspettative estrapolative hanno un effetto destabilizzante, mentre quelle

regressive ne hanno uno stabilizzante.

Nel gergo degli studiosi di fondi speculativi, gli operatori trend following rientrano nella

categoria di analisti con atteggiamento estrapolativo, mentre al contrario atteggiamento

regressivo hanno quei fondi che operano in stile relative value, che saranno favoriti

proprio dal ritorno verso il cosiddetto valore normale.

5.2 Monete forti e monete deboli

Il dollaro è stato dopo la fine del 1971 di Bretton Woods una

moneta strutturalmente debole. La debolezza del dollaro nel primo decennio del 2000 –

61

vedi grafico -

ha costretto tutti a politiche più espansive portando crescita nel mondo. L’Europa si è

trovata costretta a rivalutare ma ha accettato di buon grado perchè, da esportatrice, ha

preferito avere un mondo che cresce e compra i suoi prodotti (per quanto resi cari

dall’euro forte) piuttosto che avere un euro basso, competitivo sulla carta ma privo di

mercati di sbocco perchè non c’è crescita.

L’euro deve essere considerato come una valuta strutturalmente forte, visto

il saldo strutturale positivo delle Partite Correnti, e la credibilità elevata e ortodossa della

Banca Centrale Europea. Luttwak così si espresse con lungimiranza nel 1998:

“Con ogni probabilità l’euro sarà la più forte tra tutte le valute pesanti, e verrà mantenuta tale

con un’indefessa e spietata opera di deflazione. L’Unione Monetaria è strutturata in modo tale

62

da garantire il massimo rigore monetario immaginabile, sacrificando ogni cosa sull’altare

della soppressione dell’inflazione25

Il valore della sterlina è sceso da 4,86 dollari – cambio del XIX secolo -

arrivando, attraverso svalutazioni successive, a 1 dollaro e 58 (di dicembre 2010), nonostante

un contesto di svalutazione del dollaro contro tutte le valute. Nel 1975 un editoriale del Wall

Street Journal parlò di “Goodbye, Great Britain. Eichengreen26 ha parlato di Sterling in

decline nel 1983. Un’altra crisi della sterina si verificò nell’autunno del 1992, quando la

sterlina fu costretta a svalutare e uscire dal Sistema Monetario Europeo. Il finanziere George

Soros ha ammesso in quell’occasione di aver guadagnato più di un miliardo di dollari,

scommettendo contro la sterlina.

25 Luttwak E., La dittatura del capitalismo. Dove ci porteranno il liberismo selvaggio e gli eccessi della globalizzazione, Mondadori, 1999. Edward Nicolae Luttwak (1942) è un economista e saggista statunitense, conosciuto per le sue pubblicazioni sulla strategia militare e politica estera.

26 Barry Eichengreen (born 1952) is an American economist who holds the title of George C. Pardee and Helen N. Pardee Professor of Economics and Political Science at the University of California, Berkeley, where he has taught since 1987. Eichengreen's mother is Lucille Eichengreen. He has done research and published widely on the history and current operation of the international monetary and financial system. He received his Ph.D. from Yale University in 1979. He was a senior policy advisor to the International Monetary Fund in 1997 and 1998, although he has since been critical of the IMF. His best known work is the book Golden Fetters: The Gold Standard and the Great Depression, 1919-1939, Oxford University Press, 1992

63

La sterlina è

una moneta strutturalmente debole.

Lo yen è una moneta strutturalmente forte. Il saldo strutturalmente positivo

delle Partite Correnti ne fa una valuta forte. Ci volevano 360 yen per un dollaro dopo la

seconda guerra mondiale fino a 110 nel 1993 e circa 83 nel dicembre 2010.

La rupia indiana rappresenta una delle nuove potenze di questo millennio, l’India. L'emissione della valuta è controllata dalla Reserve Bank of India. Il nuovo simbolo della

rupia è il frutto della sovrapposizione di tre elementi: la lettera Ra dell’alfabeto Devanagari, la

R dell’alfabeto romano e il sembolo dell’uguale - è stato adottato dopo una gara pubblica

nazionale nel luglio 2010. ° dicembre 2010 il tasso di cambio era intorno alle 45.1 Rupie

per 1 dollaro statunitense.

Il renminbi è la valuta avente corso legale nella Repubblica Popolare

Cinese. Il renminbi è emesso dalla Banca Popolare Cinese, l'autorità monetaria della

Repubblica Popolare Cinese. L'unità base del Renminbi è lo yuan. Yuan in cinese significa

64

letteralmente "tondo" o "moneta rotonda", quindi ha anche significato generico per

"moneta". Il renmimbi è una moneta fortissima, visto l’enorme surplus vantato dalla bilancia

commerciale cinese. Nonostante il renmimbi sia attualmente una valuta non di riserva, e’

ancorata a un paniere di valute: si parla di currency pegging27. Nessuno dubita – considerate

le dimensioni e le prospettiva di crescita della Cina – che un giorno il renmimbi diventerà una

valuta internazionale importante.

Le autorità monetarie cinesi non consentono peraltro la rivalutazione della propria moneta.

Fugnoli28 sottolinea come il cambio dollaro e renmimbi è deciso a tavolino. L’errore è di

considerare i mercati l’elemento più importante nella formazione del prezzo. I cambi sono

invece, la maggior parte delle volte, frutto di decisioni politiche o di policy unilaterali o

bilaterali.

27 Quando una valuta si àncora a un’altra valuta o paniere di valute, si parla di pegging. A fixed exchange rate, sometimes called a pegged exchange rate, is a type of exchange rate regime wherein a currency's value is matched to the value of another single currency or to a basket of other currencies, or to another measure of value, such as gold. A fixed exchange rate is usually used to stabilize the value of a currency, against the currency it is pegged to. This makes trade and investments between the two countries easier and more predictable, and is especially useful for small economies where external trade forms a large part of their GDP. China's fixed exchange rate with the US dollar until 2005 led to China's rapid accumulation of foreign reserves, placing an appreciating pressure on the Chinese yuan. Fonte: Wikipedia 28 Fugnoli A., L’anno Breve, Il Rosso e il Nero, Settimanale di strategia, Abaxbank, 26 novembre 2009

65

Dal 1997 al 2005 il renminbi è stato

strettamente ancorato al dollaro statunitense

ad un tasso fisso di 8,28 renminbi per dollaro

statunitense. Il 21 luglio 2005 la Banca

Popolare Cinese ha rivalutato il renminbi ad

un tasso di 8,11 renminbi per dollaro

statunitense. Le autorità cinesi hanno inoltre

sganciato il renminbi dal dollaro statunitense preferendo un paniere di valute internazionali.

Dal 21 luglio 2005 il valore del renminbi può fluttuare in una banda di oscillazione pari allo

0,3% del valore di riferimento della valuta.

Il tasso di cambio del renminbi è al centro di un teso dibattito internazionale. I calcoli

effettuati sulla base della teoria della parità dei

poteri di acquisto suggeriscono infatti che il

renminbi sia fortemente sottovalutato. Secondo il

Fondo monetario internazionale, un dollaro

statunitense era equivalente a circa 3,462

renminbi nel 2006, a 3,621 renminbi nel 2007 e a

66

3,798 renminbi nel 2008, valori che corrispondono a quasi il doppio del reale tasso di cambio.

Un renminbi sottovalutato avvantaggia artificialmente le esportazioni cinesi, limitando al

contempo le esportazioni degli altri paesi verso la Cina. Tutto ciò si tradurrebbe in una forte

limitazione del mercato del lavoro nei paesi più sviluppati a vantaggio dell'occupazione

cinese, nonché in continui attivi nella bilancia dei pagamenti cinese (e conseguenti passivi

nelle bilance dei pagamenti dei paesi sviluppati) che hanno portato il paese ad accumulare

quelle che sono di gran lunga le più ingenti riserve valutarie (vedi grafico a torta soprastante,

dove la Cina ha 2.447 billion $ in riserve, davanti al Giappone con 991bn $) al mondo in

termini di valore.

Le autorità cinesi sostengono che l'abbandono del tasso di cambio fisso esporrebbe il paese ad

attività di speculazione finanziaria, destabilizzerebbe l'economia e ne danneggerebbe la

crescita. Nonostante ciò, nel giugno del 2010, sotto forti pressioni americane, il governo

cinese ha dichiarato come la propria moneta verrà gradatamente apprezzata e che la banda di

oscillazione sarà dello 0,5%.

Riserve delle banche centrali e signoraggio

La principale valuta di denominazione delle riserve delle banche centrali nel mondo è il

dollaro americano. E’ sempre stato così nel corso del ‘900, ma nell’ultimo decennio – con lo

spostamento del baricentro economico del mondo in Asia – la situazione è in via di

evoluzione.29

29 Si veda anche Martin Wolf, Un altro dollaro non è un’eresia, Il Sole 24 Ore, 14 ottobre 2009

67

La Banca centrale cinese nel 2010 ha visto le riserve in dollari crescere ancora: il totale dei

titoli pubblici Usa posseduti sale a 768 miliardi a cui si aggiungono altri titoli denominati in

dollari, che costituiscono il 70% delle riserve totali, pari a circa 2.400 miliardi di dollari.30

La quota del biglietto verde sulle riserve ufficiali globali è variata di poco negli ultimi anni,

oscillando fra il 61 e il 66%. L'euro non è per ora emerso come vera alternativa, anche se il

peso dell’euro è salito ed è intorno al 25%. (sopra, Fonte: Il Sole 24 Ore, 14 ottobre 2009)

Gli USA sono il maggior importatore di petrolio della Russia e acquirente di beni cinesi. Cina

e Russia negli ultimi venti anni hanno accumulato una enorme riserva di dollari presso la

banca centrale, che rischiano di perdere dal 25 al 40% del loro valore, se il dollaro venisse

svalutato. La Russia sta già creando un'alternativa al dollaro come moneta di riserva: grazie

agli ottimi rapporti con la Germania (nonché agli storici legami tra questi due paesi), la Russia

sta diversificando da circa un lustro le proprie riserve accumulando euro e cedendo dollari;

oggi le riserve della CBR sono composte al 55% dal dollaro ed al 45% dall’Euro. La Cina,

viceversa, detiene enormi riserve di dollari (così come le detengono i Paesi arabi), per cui la

diversificazione monetaria è pur sempre possibile, sebbene scoraggiata dal rischio di perdere

ingenti capitali qualora la diversificazione dovesse esser spinta oltre un certo limite. Pur

tuttavia, la Cina ha espresso nel 2006 l'intenzione di diversificare maggiormente il proprio

deposito di valuta straniera, in séguito a contrasti molto accentuati col governo statunitense

che ha bloccato l'acquisto di un'impresa statunitense di perforazioni petrolifere off shore. La

Cina si troverà inevitabilmente di fronte al dilemma se continuare ad accumulare Dollari

sempre meno appetibili come valuta di riserva o se diversificare in modo assai maggiore col

30 Rampini F. , Pechino aiuta il biglietto verde e compra T-bond, La Repubblica, 27 maggio 2009. Di F. Rampini (con C. de Benedetti e F. Daveri) si consiglia la lettura di Centomila punture di spillo.

Come l’Italia può tornare a correre , Mondadori, 2008

68

rischio implicito di perdere parte del valore del capitale accumulato a causa della conseguente

inflazione che si verificherebbe.

Riepiloghiamo: prima della nascita dell’Euro – 1.1.1999 – esistevano tre grandi aree valutarie

intorno a tre valute di riferimento: dollaro, marco e yen. Il dollaro è stata

ed è da considerarsi una valuta debole, mentre il marco (Deutsche Mark,

DM) e lo yen (vedi 5.2 Monete forti e monete deboli) sono state valute

69

forti.

Arcucci31 evidenzia che nel sistema monetario internazionale il delicato rapporto tra Paesi

creditori e Paesi debitori attualmente non è affidato a qualcosa di esterno che assicuri

l’imparzialità fra Paesi creditori che vogliono proteggere il valore dei loro crediti sull’estero e

quelli debitori che vogliono ridurlo. Un tempo era l’oro nel contesto del gold standard – poi

gold exchange standard, ma dal 1971 si è sancita l’inconvertibilità del dollaro in oro e quindi

i Paesi debitori sono favoriti.

Se sul piano nazionale i debitori sono favoriti dall’inflazione, sul piano internazionale i Paesi

debitori si favoriscono riducendo il valore dei loro debiti e cioè svalutando il tasso di cambio

della loro moneta. La debolezza del dollaro negli ultimi quarant’anni era il modo in cui il

centro del sistema si finanziava a basso costo presso la periferia.

Gli Stati Uniti - emettono la principale moneta di riserva a livello internazionale – beneficiano

del cosiddetto reddito da signoraggio. Il signoraggio è l'insieme dei redditi derivante

dall'emissione di moneta. Gli economisti intendono per signoraggio i redditi che una banca

centrale ed uno stato ottengono grazie alla possibilità di creare base monetaria in condizioni di

monopolio. Negli stati moderni, solitamente, una banca centrale stampa le banconote mentre

lo stato (ad esempio tramite una zecca) conia le monete, ed entrambi hanno un reddito da

signoraggio.

La Banca d'Italia definisce il signoraggio in questo modo:

« Per signoraggio viene comunemente inteso l'insieme dei redditi derivanti dall'emissione di

moneta. Con riferimento all'euro il reddito da signoraggio generato dall'emissione della

moneta è definito come reddito originato dagli attivi detenuti in contropartita delle banconote

in circolazione e viene ricompreso nel calcolo del reddito monetario che, secondo l'articolo

32.1 dello Statuto del SEBC, è “Il reddito ottenuto dalle Banche Centrali Nazionali

nell'esercizio delle funzioni di politica monetaria del Sistema Europeo delle Banche

Centrali. »

31 Arcucci F., Dollaro, il coltello adesso passa dalla parte dei paesi creditori, La Repubblica, 8 giugno 2009

70

Il signoraggio derivante dall'emissione diretta di moneta da parte dello stato viene incassato

da questo, mentre quello derivante dall'emissione di moneta da parte della banca centrale

viene in parte prelevato dalla stato, sotto forma d'imposta, e il rimanente resta alla banca

centrale, dove viene utilizzato per coprire i costi di funzionamento e, per l'eventuale parte

eccedente, costituisce utile netto. Poiché di solito le banche centrali sono enti pubblici (come

la Banca di Francia) o società di capitali il cui capitale è interamente (come la Banca del

Canada) o in maggioranza (come la Banca Nazionale Svizzera) di proprietà statale, anche tale

utile finisce per essere incassato, in tutto o in parte, dallo stato. La Banca d'Italia è un ente

pubblico (lo statuto parla di istituto di diritto pubblico) i cui partecipanti possono anche essere

dei privati; infatti, al suo capitale partecipano sia enti pubblici che, soprattutto, privati.

Tuttavia, una volta pagate le imposte, lo statuto concede di distribuire ai partecipanti solo una

minima parte degli utili netti annuali, cioè al massimo 15.600 (quindicimilaseicento) euro da

spartirsi tra tutti in base alle quote possedute. Quindi di praticamente tutti gli utili netti, dal 20

al 40% viene aggiunto alle riserve valutarie ordinarie e/o straordinarie dell'istituto e la parte

restante (dal 60% all'80%) viene trasferita al pubblico erario.

Carli evidenziò come la realizzazione del Trattato di Maastricht32 significherebbe la

sottrazione agli Stati Uniti di quasi metà del potere di signoraggio monetario di cui

dispongono. Conquistare potere di signoraggio significa acquisire la capacità di attirare

capitali, di spostare risorse, di partecipare da posizioni di forza alla distribuzione mondiale del

lavoro e del capitale.33

In sintesi il signoraggio porta con sé due vantaggi di straordinaria portata per un Paese.

Il primo è che si puo’ indebitare automaticamente in quanto chi acquista le sue passività

finanziarie lo fa per l’esigenza di detenere mezzi di pagamento da utilizzare nelle grandi

transazioni del commercio internazionale.

32 Il Trattato di Maastricht (noto anche come Trattato sull'Unione europea, TUE) venne firmato il 7 febbraio 1992, sulle rive della Mosa, nella cittadina olandese di Maastricht, dai 12 paesi membri dell'allora Comunità Europea, oggi Unione Europea ed è entrato in vigore il 1º novembre 1993.

33Carli G., Cinquant’anni di vita italiana, Laterza, 1993, p. 413

71

Il secondo vantaggio è rappresentato dalla possibilità di rimborsare debiti in moneta prodotta

da se’ stesso, invece che in denaro ottenuto attraverso l’esportazione di beni o servizi. A

fronte di questi privilegi l’America dovrebbe rispettare almeno il vincolo di non approfittare

dei privilegi medesimi per mantenere una posizione sistematicamente deficitaria nella sua

bilancia dei pagamenti alle partite correnti (merci e servizi). Ciò nonostante è proprio su

questo punto che, invece, gli Stati Uniti sono venuti meno ai loro impegni. Anno dopo anno,

da ormai quasi due decenni, continuano a registrare deficit ingenti che nell’ultimo

quinquennio sono stati pari a circa 400 miliardi di dollari all’anno. Si è creato così un debito

estero americano che si aggira attorno al 25% del PIL.

Se gli Usa non godessero dei due privilegi menzionati che consentono loro di fruire di una

sorta di “immunizzazione”, tale debito estero avrebbe causato una crisi finanziaria non

dissimile da quella che ha colpito vari Paesi come il Messico, l’Argentina, il Brasile, la

Turchia, la Russia.

Ciò non toglie tuttavia che il sistema monetario globale possa essere definito “intrinsecamente

instabile e alla fine ingiusto”. In questo contesto si deve porre l’eventualità che i governi dei

Paesi che vantano i maggiori crediti versi gli Usa possano decidere di rifiutarsi di sostenere un

sistema monetario internazionale così squilibrato a favore degli Stati Uniti. Il problema è

quali misure concrete essi possano prendere in alternativa all’accettazione di dollari.

In economia anche una cosa pessima diventa buona se è migliore di tutte le altre. Qual è

dunque l’alternativa al dollaro? L’euro? Sì, in una certa misura, ma se ci si limitasse a

chiedere euro al posto di dollari si finirebbe per trasferire gli stessi privilegi all’Europa. E’

vero che Eurolandia non è squilibrata nella sua bilancia dei pagamenti. Tuttavia rimarrebbe il

fatto che un sistema monetario globale, avente al suo centro l’euro invece del dollaro, sarebbe

comunque intrinsecamente instabile e alla fine ingiusto.

Sempre su questo tema e come conclusione di questa dispensa può essere interessante

chiedersi quale è la forza relativa delle due maggiori monete di cambio: il dollaro e l’euro. Per

fare questa comparazione può essere utile ricordare cosa rende forte o debole una moneta.

Quindi quale è la moneta ideale? E’ la moneta di un Paese o di un’area economica integrata

che esporta nel suo complesso più di quanto importi; in cui il governo rispetta l’autonomia

della Banca centrale e non la sollecita a piegarsi alle esigenze di finanziare il debito pubblico

o a quella di creare inflazione per compensare, con l’aumento dei ricavi aziendali, l’aumento

dei costi derivanti da incrementi salariali o dei prezzi delle materie prime.

72

Cambi e inflazione

La forza o la debolezza di una valuta sono una importante determinante per l’inflazione

importata e quindi per l’inflazione di un paese che importa materie prime prezzate in dollari.

Attraverso la forza dell’euro, la BCE riesce a importare disinflazione e quindi a favorire le

attese di tassi a lungo termine moderati, proprio perchè l’inflazione attesa è moderata.

Infatti nel corso del 2009 con il dollaro in decisa debolezza e un euro forte, la BCE e i

Governi del Vecchio continente hanno protestato ben poco, benchè l’euro a quota 1,50 sia una

dannazione per le nostra industrie esportatrici. L’euro forte riduce la bolletta energetica e il

costo di tutte le materie prime. Dunque è una polizza assicurativa contro l’inflazione. E senza

inflazione all’orizzonte, la BCE può continuare a tenere i tassi di interesse insolitamente

bassi.34

34 Rampini F., A chi piace l’euro extra large, La Repubblica, 17 novembre 2009

73

6. Le previsioni del tasso di cambio

“Solo chi fa previsioni, le sbaglia”, Gianni Brera

“Never make predictions, especially about the future”, Casey Stengel35

“Anche un orologio rotto ha ragione due volte al giorno”, antico proverbio

“Notiamo che l’affermazione reiterata negli anni che presto o tardi ci sarà una crisi non

rappresenta una previsione ma una scommessa a esito sicuro”, economisti italiani36

“La statistica è essenziale per la politica economica: rivelando la realtà scuote le persone

dall’ignoranza, comoda per giustificare l’inerzia dei loro comportamenti, prepara e informa

il consenso politico necessario per l’azione conseguente, a cui dà sostegno essenziale per

misurarne l’intensità e la precisione. Perciò la discussione della politica economica deve

ancorarsi a informazioni quantitative da tutti ritenute affidabili, più che a sondaggi spesso

espressione di un’opinione pubblica largamente disinformata”, Mario

Draghi 37

35 Charles "Casey" Stengel (1890 – 1975), nicknamed "The Old Professor", was an American major league baseball player and manager from 1912 until 1965. He was elected to the Baseball Hall of Fame in 1966. 36 Tratta dalla lettera al Ministro Tremonti di alcuni economisti italiani - tra cui Franco Bruni, Tito Boeri, Francesco Giavazzi, Marco Onado, Luigi Spaventa, Corriere della Sera, 3 settembre 2009 37 Tratto da Conoscere per deliberare, Lezione del Governatore della Banca d’Italia, Padova, 18 dicembre 2009

74

Le due tecniche utilizzate per analizzare il mercato dei cambi con lo scopo di trarne una

previsione adeguata sono: l’analisi fondamentale e l’analisi tecnica.

Analisi fondamentale:

si concentra sulle teorie finanziarie ed economiche, tanto quanto sugli sviluppi politici per

determinare le forze di domanda e di offerta.

L’analisi fondamentale, quando si prende in esame la moneta di un paese contro un’altra,

comprende lo studio degli indicatori macroeconomici, degli assetti di mercato e

considerazioni politiche. Gli indicatori macroeconomici includono i saldi della bilancia

dei pagamenti, i tassi di crescita, i tassi di interesse, l’inflazione, la disoccupazione, le

riserve della Banca Centrale.

Analisi tecnica:

esamina i prezzi passati per predire i movimenti futuri dei prezzi. In altre parole si

concentra sull’azione dei mercati.

Questo tipo di analisi utilizza grafici e formule per catturare i trend minori e maggiori,

identificando le opportunità di vendita o acquisto e valutando l’estensione dei cicli di

mercato.

L’analisi tecnica può essere divisa in due parti:

- analisi quantitativa, che usa diverse proprietà statistiche per meglio valutare il punto

massimo di un ipercomprato o ipervenduto di una valuta;

- charting, che utilizza linee e figure per identificare trends e forme riconoscibili nella

formazione delle quote di una valuta.

Un punto chiaro di distinzione tra analisi tecnica e fondamentale è che quella fondamentale

studia le cause dei movimenti di mercato, mentre quella tecnica studia l’azione del mercato

per dedurre ulteriori tendenze.

75

7. La storia del mercato dei cambi

“Chi si alza prima dell’alba trecentosessanta giorni all’anno non mancherà di arricchire la sua famiglia”, antico proverbio

cinese38

Il mercato dei cambi o Foreign Exchange Market (FOREX o FX) è il mercato più grande del

mondo, il più liquido, il più dinamico. Non esistono interruzioni o “pause pranzo”, aperture o

chiusure, il mercato Forex lavora in continuità 24 ore al giorno dalla domenica sera quando i

neo-zelandesi per primi accendono gli screen, al venerdì sera con la chiusura statunitense. I

volumi di contrattazione sono oggi nei dintorni dei 4mila miliardi di dollari al giorno.

Grazie al rapido sviluppo dell’information technology, tutti i partecipanti hanno accesso

simultaneo a questo mercato globale.

Il FOREX come lo conosciamo noi oggi è il risultato di alcuni processi fondamentali che

hanno preso vita dopo la grande depressione per cercare di creare un ambiente stabile per

favorire la ripresa del commercio.

GLI ALBORI DEL FOREX

I Babilonesi sono accreditati come pionieri nell’utilizzo di ricevute e banconote, ma venendo

ai cambi, furono cambiavalute medio-orientali i primi a cambiare monete diverse tra culture

diverse.

Durante il Medioevo divenne chiara la necessità di una diversa forma di pagamento oltre alle

monete. Nacquero banconote che rappresentavano trasferibili diritti di pagamento da parte di

terzi; tale metodo rese molto più facile ai mercanti il commercio anche con valute diverse

dalla propria.

38 Tratto da M. Gladwell, Fuoriclasse, Mondadori, 2009, p. 182

76

Dall’infanzia del forex nel Medioevo, sino alla Prima Guerra Mondiale, in realtà i mercati

valutari sono stati relativamente stabili e immuni da interessi di attività speculativa; gli

scambi avvenivano per pura necessità. Dopo la Prima Guerra Mondiale, la volatilità è

cresciuta, ed operazioni speculative hanno fatto la loro comparsa in un ambiente nel quale le

maggior parte delle istituzioni, e del grande pubblico, guardavano con molto sospetto alla

speculazione nel mercato dei cambi.

LA GRANDE DEPRESSIONE E GLI ACCORDI DI BRETTON WOODS

Prima della Grande Depressione, la maggior parte delle valute era scambiata liberamente,

molte valute seguivano un standard di convertibilità attraverso oro o argento. Tali standard

hanno vacillato dopo il crollo dei listini azionari dell’ottobre 1929.

La prima grande tappa della storia del Forex sono gli accordi di Bretton Woods

del 1944.

Al termine della Seconda Guerra Mondiale, Stati Uniti, Regno Unito e Francia si incontrarono

alla Conferenza Monetaria e Finanziaria delle Nazioni Unite a Bretton Woods, nel New

Hampshire, sulla costa est degli Stati Uniti, e diedero vita ad un nuovo, e ci si auspicava

stabile, sistema monetario internazionale.

L’accordo di Bretton Woods fu siglato per creare un ambiente in cui le economie dei vari

paesi potessero riprendersi dopo la Guerra. Primo importante risultato di tali accordi, il

dollaro si sostituisce alla sterlina come valuta di riferimento.

Sino alla Seconda Guerra Mondiale la Sterlina britannica era il cardine dell’economia, la

maggior valuta a cui tutte le altre venivano rapportate; tale situazione cambiò quando la

guerra portata dai nazisti arrivò anche a promuovere una durissima campagna di

contraffazione nei confronti della valuta.

Il dollaro, da valuta fallimentare a causa dell’ enorme depressione cominciata nel 1929,

divenne la componente primaria delle riserve valutarie delle banche centrali. Il valore del

biglietto verde fu legato all’oro al prezzo di 35 $ l’oncia, e gli accordi stabilivano il “PEG”,

un tasso di conversione fra due valute fisso o limitato all’interno di una ristretta banda di

oscillazione; le maggiori valute si legavano al dollaro attraverso questo meccanismo, fu loro

consentito di muoversi in una banda di oscillazione dell’1%; da quel momento le singole

77

nazioni si dovevano preoccupare di mantenere stabile il valore della propria moneta; quando

una valuta si avvicinava alla banda di fluttuazione la Banca Centrale del paese interveniva sul

mercato per riportarla entro livelli corretti.

A Bretton Woods si crearono inoltre World Bank e Fondo Monetario Internazionale (FMI

o IMF all’anglosassone), nella speranza di stabilizzare la situazione dell’ economia globale.

GLI ANNI 50 e 60, I CREEPING PEGS e LA PRIMA SVALUTAZIONE

All’inizio degli anni 50 l’avvento del TELEX semplificò enormemente l’operatività sui

mercati valutari. I volumi del Forex cominciarono a crescere in maniera esponenziale,

minando alla base i tassi fissi stabiliti a Bretton Woods. I tassi di cambio erano in regime di

peg, ma intorno al limite delle bande di oscillazione, la speculazione cominciava a farsi

frenetica. Il periodo è descritto con la metafora di “creeping pegs” (i peg traballanti,

scricchiolanti).

Nel 1967, una banca di Chicago rifiutò ad un professore universitario di nome Milton

Friedman39 un prestito in sterline, poiché egli intendeva utilizzare tali fondi

per andare “corto” della valuta britannica, giocandone il ribasso. Friedman aveva percepito

che la sino ad allora regina del mercato era sopravvalutata rispetto al dollaro, e la voleva

vendere, per riacquistarla dopo il declino e ripagare il finanziamento bancario intascando un

veloce profitto. La banca rifiutò proprio per il rispetto degli accordi di Bretton Woods.

Ma Friedman aveva ragione, e il primo fallimento di Bretton Woods era dietro l’angolo. La

Banca d’Inghilterra si oppose con l’aiuto di altre banche centrali all’eccessiva svalutazione

della sterlina. Per la prima volta l’intervento di una banca centrale attraverso operazioni sul

mercato dei cambi fallì, e si giunse nel novembre del 1967 alla svalutazione della sterlina.

39 Milton Friedman (1912–2006) è stato un economista statunitense. Il suo pensiero ed i suoi studi hanno influenzato molte teorie economiche, soprattutto in campo monetario. Fondatore della scuola monetarista è stato insignito del Premio Nobel per l'economia nel 1976.

78

LA FINE DELLO STANDARD AURIFERO, LO SMITHSONIAN AGREEMENT

Nel 1968 fu il turno del dollaro ad andare sotto grande pressione contro il marco tedesco. La

Bundesbank fu costretta ad assorbire miliardi di $ dal mercato acquistando Usd/Dem per

contrapporsi alla rivalutazione del marco, che comunque arrivò nel 1969.

Giunto l’anno 1971 il dollaro statunitense era in forte deprezzamento contro le majors. E’ la

fine dell’era dello standard aurifero, la convertibilità con l’oro viene sospesa.

Il presidente statunitense Nixon impone controlli sul livello dei prezzi e dei salari, e nel

dicembre del 1971 lo Smithsonian Agreement rimpiazza gli accordi di Bretton Woods.

Viene fissata una banda di oscillazione che permette una fluttuazione del 2.25%.

Nel 1972 in Europa, per tentare di slegare le valute dalla dipendenza del dollaro, la CEE e per

la precisione Germania Ovest, Francia, Italia, e Benelux raggiungono un accordo. L’obiettivo

è di stringere, teoricamente dimezzare, la banda di oscillazione tra le valute europee, creando

il “Serpente monetario” 40 (“snake”, in inglese). Per garantire il funzionamento di questo

meccanismo del serpente, e per portare al controllo delle situazioni di debito o di credito delle

banche centrali, provocate da interventi che perseguivano la stabilizzazione dei loro tassi di

cambio, il vertice di Parigi del 19-20 ottobre 1972 crea una nuova istituzione, il Fondo

Europeo di Cooperazione Monetaria (FECOM), che può considerarsi come il primo tentativo

di creazione di un organo centrale bancario, anche se non arrivò mai ad avere entità fisica. I

membri di questa co-operazione sono volontari, infatti molti Paesi vanno e vengono.

IL FALLIMENTO DEGLI ACCORDI, E’ L’INIZIO DELLA FLUTTUAZIONE

LIBERA

Ma il mercato Forex, e i partecipanti al mercato stanno velocemente maturando ed

implementando strumenti elettronici sempre più sofisticati.

40 Si veda G. Carli, Cinquant’anni di vita italiana, Laterza, 1993: “Paolo Baffi ed io raccogliemmo l’invito di Monnet (uno dei padri fondatori dell’UE, ndr) iniziando ad elaborare un modello transitorio di unione monetaria che puntasse alla costituzione di un regime di cambi fissi, ma tenesse conto delle divergenze tra le economia europee che erano destinate ad allargarsi nel breve periodo”(p. 226).”Ricordo che Malagodi (Ministro del Tesoro del’epoca, ndr) ebbe un’espressione felice quando osservò che affinchè la lira potesse tornare nel Serpente, “Accanto al serpente monetario ci vorrebbe anche un serpente sindacale” (p. 232).

79

In questo scenario, il marco tedesco continua inesorabilmente a rafforzarsi man mano che la

Germania assurge al ruolo di locomotiva del Vecchio Continente, la nostra Lira si

indebolisce; le continue e numerose uscite ed entrate del meccanismo di stabilità cambiaria

fanno male al sistema creato; vi sono profondi disaccordi di politica economica tra i paesi

europei, motivati dalla crisi petrolifera iniziata nel 1973.

Si arriva inevitabilmente molto presto al fallimento dell’accordo, e alla “morte del serpente”.

Nel 1973, il dollaro si svaluta del 10%. E’ il fallimento dei due accordi, ed è il via al sistema

di libera fluttuazione del mercato valutario. Non arrivano nuovi accordi istituzionali. I governi

sono liberi di scegliere i destini della propria valuta, fissandola parzialmente o lasciandola

libera di fluttuare nel mercato. Si verifica quindi la prima grande svalutazione del dollaro:

Usd/Dem da 3.20 a 2.30 tra febbraio e giugno del 1973.

Prima grande svalutazione del dollaro: UsdDem da 3.20 a 2.30 tra febbraio e giugno del 1973

A metà degli anni ’70 le banche broker internazionali dominano il mercato dei cambi, dopo il

1975 il sistema di libera fluttuazione delle valute è ufficialmente operativo.

80

NASCE LO SME

Tra il 1978 e il 1979 nuovamente alla ricerca di un’emancipazione dal dollaro, l’Europa crea

il Sistema Monetario Europeo o SME (EMS, European Monetary System), ancora una volta

i fini sono legati alla regolamentazione del mercato Forex, oltre che alla definizione di nuove

regole riguardanti il credito.

Viene implementato l’ERM (Exchange Rate Mechanism), che porta alla creazione una nuova

valuta, l’ECU (European Currency Unit): ad essa il basket di valute europee si lega in una

banda di oscillazione attorno ad un livello centrale dell’ECU, detto “parità”. Da quel

momento, nasce il trading dell’Ecu basket. Se una valuta dello SME devia significativamente

dal tasso centrale contro Ecu, il Fondo di Cooperazione Monetaria Europeo e le banche

centrali intervengono per stabilizzarla.

L’Italia entra nello SME con la cosiddetta “banda larga” del 6%. Mentre le altre valute

potevano fluttuare in un corridoio del 2,25% rispetto alla parità centrale, la lira ottenne –

grazie all’opera del Governatore della Banca d’Italia Paolo Baffi – una

maggiore libertà di movimento.41 Non mancarono gli scettici dell’adesione allo SME, tra cui

anche economisti autorevoli come Federico Caffè , che si espresse così:

”Purtroppo a noi non tocca che un allungamento della corsa del Sistema Monetario Europeo,

41 P. Baffi, Così conquistammo Emminger (Presidente della Bundesbank, ndr), Il Sole 24 Ore, 12 settembre 1988: “Mi angosciava l’idea che risultati tanto apprezzabili potessero venire compromessi della partecipazione a un accordo di cambio rigoroso, che legando strettamente la lira all’area del marco la costringesse in una situazione sistematica di apprezzamento del cambio reale, penalizzante per l’esportazione. A questa preoccupazione si riconduce l’insistenza usata per ottenere una banda larga, che rendesse meno cuto il dilemma tra l’accettazione di periodi ricorrenti di sovravaluazione del cambio reale e la richiesta di aggiustamenti frequenti del tasso centrale, ognuno dei quali avrebbe potuto essere causa di attriti e suscitatore di ondate speculative.”

81

per perseverare in quella forma di morte per strangolamento cui la nostra economia è

avventatamente esposta.”42

Il maggiore beneficio derivante dall’adesione al Sistema è consistito nel vincolare la politica

monetaria a un inflation buster come la Bundesbank. Un beneficio che può essere sintetizzato

con la definizione di Giavazzi -Pagano: la politica delle mani legate.43

ACCORDI DEL PLAZA E SVALUTAZIONE DEL DOLLARO

Negli anni ’80 accelerano i movimenti di capitali tra le diverse aree valutarie grazie

all’avvento dei computer e delle innovazioni tecnologiche che saranno d’ora in avanti

protagoniste dei mercati finanziari. Il mercato diventa 24 ore su 24 passando in continuo tra le

sessioni asiatica, europea e americana. I volumi delle transazioni sul mercato forex all’inizio

degli anni ’80 sono intorno ai 70 miliardi di dollari al giorno.

Nel 1982, il segretario al Tesoro USA Donald Regan promette che gli Stati Uniti

interverranno sistematicamente nel mercato dei cambi, ma a metà degli anni ’80 il mercato

ricomincia a “ballare”. Nel 1985 all’Hotel Plaza di New York i membri del G-7 lavorano per

svalutare il dollaro (nel frattempo risalito ai livelli del 1970). L’anno seguente il dollaro cala

del 25% contro le maggiori valute europee; anche questa caduta ha serie implicazioni

economiche, pertanto molte banche centrali intervengono nel 1987 per cercare di porvi un

freno. Siamo alle fluttuazioni “sporche”, o dirty float come viene definita questa operatività.

42 F. Caffè, Errori da Manuale, Il Manifesto, 24 marzo 1981. Dell’autore si consiglia vivamente la lettura di:

“L’ultima Lezione” , Einaudi, 2000; La solitudine del riformista, Bollati Boringhieri, 1990 43 Giavazzi F., Pagano M., The advantage of tying one’s hand: EMS discipline and central bank credibility, European Economic Review, 1988, pp. 1055-1075

82

Svalutazione del dollaro post accordi del Plaza: UsdDem, 1985/1986

83

LA SVALUTAZIONE DELLA STERLINA E DELLA LIRA: SME IN CRISI, LIBERA

FLUTTUAZIONE

Nel 1992 sotto i colpi della svalutazione di sterlina e lira, Inghilterra e Italia abbandonano

lo SME, fallisce l’ERM, e un anno dopo, nel 1993, vengono allargate le bande di oscillazione

dal 2.25% al 15%, che significa sempre più libera fluttuazione dei cambi.

La lira abbandona lo SME: grafico weekly di Usd/Itl nel 1992

(nelle pagine successive gli estratti dai quotidiani sono tratti da: Piero Barucci ,

L’isola italiana del Tesoro, Ricordi di un naufragio evitato 1992-1994, Rizzoli, 1995)

84

MAASTRICHT, LA CULLA DELL’EURO

85

Fonte: Piero Barucci, L’isola italiana del Tesoro, Ricordi di un naufragio evitato 1992-1994, Rizzoli,

1995

Nel 1992, il Trattato di Maastricht dà alla luce l’Unione Monetaria Europea (EMU,

European Monetary Union) che rimpiazza la vecchia Comunità Economica Europea (CEE).

Nella seconda metà del 1994 e ancor più agli inizi del 1995 la debolezza e poi il nuovo

cedimento del cambio minacciarono di riaccendere l’inflazione, con il rischio di mancare

86

l’appuntamento europeo. Invece il trend flettente e convergente dell’inflazione dopo alcuni

mesi si confermò, nonostante il deprezzamento della lira. Sceso a 1.000 lire per marco

nell’estate del 1994, il cambio toccava minimi prossimi a 1.300 lire per marco del 1995.

Superata nell’estate del 1995 la crisi, la lira tornava sui livelli della primavera del 1994 alla

fine del 1996, per poi stabilizzarsi.

Così Ciocca : “Nel novembre 1996, attraverso un laborioso negoziato di due

giorni in sede europea, la lira veniva ricondotta nello SME, con una parità nei confronti del

marco prudentemente deprezzata di un terzo rispetto alla precedente crisi del 1992.Il

Fonte: Financial Times, 26 novembre 1996

87

Financial Times del 26.11.1997 – di cui copia soprastante – riportò il commento significativo

di un diplomatico italiano, che disse: “Ciampi gave the performance of his life”.

La recuperata tenuta verso le valute del Sistema Monetario Europeo assicurava un altro

requisito per l’adesione all’euro.44 Artefici principale della inaspettata quanto positiva

adesione dell’Italia all’Euro sono Romano Prodi45 e Carlo Azeglio

Ciampi.46

Siamo ormai giunti all’era odierna, il 1° gennaio 1999 come valuta di contrattazione sui

mercati, e nel 2002 nelle tasche degli europei, nasce la moneta unica europea, EURO

44 Ciocca P., Ricchi per sempre, Bollati Boringhieri, 2007, p. 317

45 Romano Prodi (Scandiano, 9 agosto 1939) è un politico ed economista italiano, che ha ricoperto la carica di Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana per due volte (dal 1996 al 1998 e dal 2006 al 2008). Docente universitario di Economia e politica industriale all'Università di Bologna, è stato nel 1978 ministro dell'Industria nel Governo Andreotti IV; presidente dell'IRI dal 1982 al 1989 e dal 1993 al 1994. È stato presidente della Commissione Europea dal 1999 al 2004 (Commissione Prodi).

46 Carlo Azeglio Ciampi (Livorno, 9 dicembre 1920) è un economista e politico italiano, decimo presidente della Repubblica dal 18 maggio 1999 al 10 maggio 2006. È stato governatore della Banca d'Italia dal 1979 al 1993, presidente del Consiglio dei Ministri e ministro del Turismo e dello Spettacolo ad interim (1993-1994) e ministro del Tesoro e del Bilancio (1996-1999). Con la fine del suo mandato presidenziale è diventato senatore a vita.

88

47 48(caratterizzata dal simbolo “€”, simbolo di derivazione architettonica,

detto glifo).

I tassi di cambio delle valute partecipanti all’Euro vengono fissati: in 1 Euro vengono

convertite 1936.27 Lire, 1.95583 DeutscheMark, 6.55957 franchi francesi, e così via. L’Euro

si sostituisce alle valute locali, non si opera più su Usd/Dem, Usd/Itl ma solo su EurUsd.

Viene rivisto l’ERM, e creato l’ERM II che vincola anche valute di Paesi non membri della

moneta unica; infatti ne entrano a far parte Grecia e Danimarca, niente da fare per Svezia e

Regno Unito.

Sono inizialmente 12 gli Stati membri dell’Unione europea che hanno adottato la moneta

unica: Belgio, Germania, Grecia, Spagna, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi,

Austria, Portogallo, Finlandia.

Le banche centrali cominciano a perseguire una politica monetaria comune, guidate dalla

Banca Centrale Europea, BCE (ECB); il primo governatore della BCE è Wim 47Si segnala un’interessante opinione sulla vicenda dell’ingresso delle lira nell’euro: Spaventa L., Chiorazzo V.,

Astuzia o virtù, come accadde che l’Italia fu ammessa nell’Unione Monetaria, Donzelli, 2000

48 Si segnala l’interessante libro di Lorenzo Bini Smaghi, membro del Comitato Esecutivo

della Banca Centrale Europea, Il paradosso dell’euro. Luci e ombre dieci anni dopo , Rizzoli, 2008

89

Duisenberg , che nel novembre 2003 lascia il ruolo a Jean-Claude

Trichet, il cui mandato scade a fine 2011

In gara per la successione di Trichet ci sono Mario Draghi –

Governatore della Banca d’Italia e Axel Weber , potente

Governatore della deutsche Bundesbank .