La bicicletta verde

1
Scheda di Michela Baldin Titolo La bicicletta verde Un film di Haifaa Al-Mansour . Con Reem Abdullah , Waad Mohammed , Abdullrahman Algohani , Ahd Kame , Sultan Al Assaf Titolo originale Wadjda. Drammatico , durata 100 min. - Arabia Saudita, Germania 2012 . Locandina Trama http://www.primissima.it/film/scheda/la_bicicletta_verde/ Wadjda è una bambina di 10 anni che vive alla periferia di Riyadh, la capitale Saudita. Nonostante viva in un mondo tradizionalista, Wadjda è una bambina affettuosa, simpatica, intraprendente e decisa a superare i limiti imposti dalla sua cultura. Dopo una lite con l’amico Abdullah, un ragazzino del quartiere con cui non avrebbe il permesso di giocare, Wadjda mette gli occhi su una bellissima bicicletta verde, in vendita nel negozio vicino casa. Wadjda vuole disperatamente la bicicletta per poter battere l’amico Abdullah in una gara. Tuttavia la mamma di Wadjda, per paura delle possibili ripercussioni da parte di una società che considera le biciclette un pericolo per la virtù delle ragazzine, non permette che la figlia abbia una simile diavoleria. Wadjda decide quindi di provare a guadagnare i soldi da sola, consapevole che sua madre è troppo distratta per accorgersi di ciò che accade, occupata com’è a convincere il marito a non prendere una seconda moglie. Ben presto però i piani di Wadjda vengono ostacolati, quando viene scoperta a fare da “corriere” tra due innamorati. Giusto nel momento in cui sta per perdere la fede nei suoi progetti di guadagno, viene a sapere del premio in denaro per la gara di recitazione del Corano. Così si dedica completamente alla memorizzazione e recitazione dei versi coranici, e le sue insegnanti cominciano a vederla come una ragazza pia. La gara non sarà facile, specialmente per una “combinaguai” come Wadjda, ma la bambina non demorde. É determinata a combattere per i suoi sogni... Trailer http://www.primissima.it/multimedia/trailer/trailer_ufficiale_di_la_bicicletta_verde/ Recensione Bicicletta della libertà, verde della speranza Di pepito1948 L'Arabia Saudita è il Paese islamico forse più progredito socialmente ( attesa di vita 73 anni, tasso di alfabetismo 83%), ma tra i più chiusi e rigidi nell'applicazione della religione di Stato e nel perseguire il dissenso in tutte le sue forme. La condizione della donna è particolarmente pesante: relegata in casa nei soliti ruoli domestici, non può uscire se non nei limiti imposti dagli uomini, che si avvalgono del giustificativo islamico (naturalmente interpretato pro domo sua). Il codice penale prevede sanzioni ancestrali ed è vigente la pena di morte (in forme brutali, come la lapidazione). In questo contesto la regista saudita ambienta una storia che, pur nella forma di commedia (con tinte a tratti umoristiche), rispecchia il dramma della ottusa ostilità verso qualsiasi aspirazione alla libera espressione che si discosti dal verbo politico/religioso di quel Paese. Come in tutte le manifestazioni artistiche che sfidano i regimi locali, facendo attenzione a non provocarne eccessive reazioni, il film è ricco di simbolismi e di "veli": protagonista è una bambina che desidera un bicicletta verde, ovvero l'innocenza che anela e spera di ottenere la libertà di movimento (compresa quella di uscire dalla propria casa), negata dall'autorità perchè è una "cosa da uomini". Tutta la vicenda si svolge tra donne, ciascuna con un ruolo significativo: l'autorità istituzionale cui è demandata la prima formazione religiosa (la direttrice scolastica inflessibile, che cammina su due visibili tacchi di ipocrisia), l'autorità familiare (la madre che si dibatte tra imposizione teologica ed amore materno), l'umanità che trasgredisce in nome di diritti elementari negati (la giovinetta della bicicletta), la platea delle donne toccate dalla tentazione (le compagne della scuola coranica), ma che non trovano il coraggio di lottare apertamente. Sono esclusi dal campo gli uomini, fonti delle limitazioni dei diritti delle donne, tranne un adolescente autorizzato ad usare quel mezzo a due ruote, ancora insensibile agli insegnamenti dei grandi e sostanzialmente complice della piccola protagonista. Tutte le scene sono girate in interni, tranne il finale in cui domina una periferia spoglia ma non povera e dilatata ed aperta come l'animo della ragazzetta che pedala negli ampi spazi di una città che sa di immoto; una conquista che nasconde forse la verità di un sogno o comunque una prospettiva di speranza. Tutto è ovattato, come se una nebbia smorzasse ogni segno di violenza, che invece si avverte in ogni immagine, tranne che nella libera interazione dei due adolescenti. Haifaa Al Mansour, che si è avvalsa di un produttore americano per realizzare il film, è riuscita - sia pure attraverso abili espedienti "cautelari"- a mostrare al mondo la realtà dura ed oppressa di un Paese ricco di mezzi ma poverissimo di libertà, soprattutto per le donne doppiamente colpite in quanto tali dalla protervia del maschilismo dominante. In Arabia Saudita non è arrivata la primavera araba, anche se affiorano qua e là singulti di una timida opposizione. Le richieste di attenzione e di aiuto sono quindi affidate all'arte, più accattivante e meno compromettente, che, come in questa opera di chi conosce bene la verità, può contribuire in modo efficace a sollevare il velo sulla violenta repressione contro il principale nemico dei sistemi teo-politici fondamentalisti: la donna, con il suo coraggio e l'ostinazione a smascherare l'odio maschilista contro la "mannaia" della parità dei generi. Intervista VIDEO | La regista Haifaa Al-Mansour si confessa in un'intervista. Fare cinema in arabia saudita Tags Arabia Saudita (Geografia), condizione femminile (Lettere), lslam (Religione)

description

Scheda del film "La bicicletta verde"

Transcript of La bicicletta verde

Scheda di Michela Baldin

Titolo La bicicletta verde

Un film di Haifaa Al-Mansour. Con Reem Abdullah, Waad Mohammed, Abdullrahman Algohani, Ahd Kame, Sultan Al Assaf Titolo originale Wadjda. Drammatico, durata 100 min. - Arabia Saudita, Germania 2012.

Locandina

Trama http://www.primissima.it/film/scheda/la_bicicletta_verde/

Wadjda è una bambina di 10 anni che vive alla periferia di Riyadh, la capitale Saudita. Nonostante viva in un mondo tradizionalista, Wadjda è una bambina affettuosa, simpatica, intraprendente e decisa a superare i limiti imposti dalla sua cultura. Dopo una lite con l’amico Abdullah, un ragazzino del quartiere con cui non avrebbe il permesso di giocare, Wadjda mette gli occhi su una bellissima bicicletta verde, in vendita nel negozio vicino casa. Wadjda vuole disperatamente la bicicletta per poter battere l’amico Abdullah in una gara. Tuttavia la mamma di Wadjda, per paura delle possibili ripercussioni da parte di una società che considera le biciclette un pericolo per la virtù delle ragazzine, non permette che la figlia abbia una simile diavoleria. Wadjda decide quindi di provare a guadagnare i soldi da sola, consapevole che sua madre è troppo distratta per accorgersi di ciò che accade, occupata com’è a convincere il marito a non prendere una seconda moglie. Ben presto però i piani di Wadjda vengono ostacolati, quando viene scoperta a fare da “corriere” tra due innamorati. Giusto nel momento in cui sta per perdere la fede nei suoi progetti di guadagno, viene a sapere del premio in denaro per la gara di recitazione del Corano. Così si dedica completamente alla memorizzazione e recitazione dei versi coranici, e le sue insegnanti cominciano a vederla come una ragazza pia. La gara non sarà facile, specialmente per una “combinaguai” come Wadjda, ma la bambina non demorde. É determinata a combattere per i suoi sogni...

Trailer http://www.primissima.it/multimedia/trailer/trailer_ufficiale_di_la_bicicletta_verde/

Recensione

Bicicletta della libertà, verde della speranza Di pepito1948 L'Arabia Saudita è il Paese islamico forse più progredito socialmente ( attesa di vita 73 anni, tasso di alfabetismo 83%), ma tra i più chiusi e rigidi nell'applicazione della religione di Stato e nel perseguire il dissenso in tutte le sue forme. La condizione della donna è particolarmente pesante: relegata in casa nei soliti ruoli domestici, non può uscire se non nei limiti imposti dagli uomini, che si avvalgono del giustificativo islamico (naturalmente interpretato pro domo sua). Il codice penale prevede sanzioni ancestrali ed è vigente la pena di morte (in forme brutali, come la lapidazione). In questo contesto la regista saudita ambienta una storia che, pur nella forma di commedia (con tinte a tratti umoristiche), rispecchia il dramma della ottusa ostilità verso qualsiasi aspirazione alla libera espressione che si discosti dal verbo politico/religioso di quel Paese. Come in tutte le manifestazioni artistiche che sfidano i regimi locali, facendo attenzione a non provocarne eccessive reazioni, il film è ricco di simbolismi e di "veli": protagonista è una bambina che desidera un bicicletta verde, ovvero l'innocenza che anela e spera di ottenere la libertà di movimento (compresa quella di uscire dalla propria casa), negata dall'autorità perchè è una "cosa da uomini". Tutta la vicenda si svolge tra donne, ciascuna con un ruolo significativo: l'autorità istituzionale cui è demandata la prima formazione religiosa (la direttrice scolastica inflessibile, che cammina su due visibili tacchi di ipocrisia), l'autorità familiare (la madre che si dibatte tra imposizione teologica ed amore materno), l'umanità che trasgredisce in nome di diritti elementari negati (la giovinetta della bicicletta), la platea delle donne toccate dalla tentazione (le compagne della scuola coranica), ma che non trovano il coraggio di lottare apertamente. Sono esclusi dal campo gli uomini, fonti delle limitazioni dei diritti delle donne, tranne un adolescente autorizzato ad usare quel mezzo a due ruote, ancora insensibile agli insegnamenti dei grandi e sostanzialmente complice della piccola protagonista. Tutte le scene sono girate in interni, tranne il finale in cui domina

una periferia spoglia ma non povera e dilatata ed aperta come l'animo della ragazzetta che pedala negli ampi spazi di una città che sa di immoto; una conquista che nasconde forse la verità di un sogno o comunque una prospettiva di speranza. Tutto è ovattato, come se una nebbia smorzasse ogni segno di violenza, che invece si avverte in ogni immagine, tranne che nella libera interazione dei due adolescenti. Haifaa Al Mansour, che si è avvalsa di un produttore americano per realizzare il film, è riuscita - sia pure attraverso abili espedienti "cautelari"- a mostrare al mondo la realtà dura ed oppressa di un Paese ricco di mezzi ma poverissimo di libertà, soprattutto per le donne doppiamente colpite in quanto tali dalla protervia del maschilismo dominante. In Arabia Saudita non è arrivata la primavera araba, anche se affiorano qua e là singulti di una timida opposizione. Le richieste di attenzione e di aiuto sono quindi affidate all'arte, più accattivante e meno compromettente, che, come in questa opera di chi conosce bene la verità, può contribuire in modo efficace a sollevare il velo sulla violenta repressione contro il principale nemico dei sistemi teo-politici fondamentalisti: la donna, con il suo coraggio e l'ostinazione a smascherare l'odio maschilista contro la "mannaia" della parità dei generi.

Intervista VIDEO | La regista Haifaa Al-Mansour si confessa in un'intervista.

Fare cinema in arabia saudita

Tags Arabia Saudita (Geografia), condizione femminile (Lettere), lslam (Religione)