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La Beata Vergine della Salve
Venerata nella Cattedrale di Alessandria
Notizie storiche compilate dal C. T. Prev. Ansaldi
Quarta edizione riordinata ed accresciuta
dal Can. Carlo Borgogno Alessandria, 1885
Con molta pietà e sode cognizioni il fu teol. Filippo Ansaldi, Can. Prevosto di
questa Cattedrale, raccoglieva dai più screditati scrittori Alessandrini preziose ed
importanti memorie sulla storia ed il culto del miracoloso Simulacro di Maria SS.
venerato da remotissimi tempi in questa Cattedrale sotto il titolo della Salve; e le
pubblicava per la prima volta nel 1837 come un atto di rendimento di grazie alla B.
V. per la prodigiosa preservazione di questa città dal Cholèra Asiatico, che
furiosamente invadeva le circonvicine contrade negli anni 1835 e 1836.
Quella pubblicazione incontrò talmente il favore degli Alessandrini, che se ne
dovettero fare in seguito due altre copiose edizioni; l’ultima delle quali arricchita
delle memorie riguardanti la solennissima incoronazione del miracoloso Simulacro
fattasi nel 1843. Anche la terza edizione è stata esaurita, ed è quindi conveniente, anzi
si sente il bisogno riaverne una nuova, nella quale siano ricordati altresì gli
avvenimenti, dei quali siamo stati noi pure testimonio e parte in questi ultimi anni
riguardo al culto e alla devozione verso la nostra inclita Protettrice, Regina e Madre
Maria SS. – Lo slancio di pietà veramente ammirevole, con cui da ogni ordine di
cittadini si è concorso a rifabbricare, coi restauri della Cattedrale, la Cappella della
Madonna della Salve, e a riparare ai danni dell’incendio del 1876; - il fervore sempre
crescente nell’onorare la gran Vergine addimostratosi in tante maniere, ma
specialmente nella consolante affluenza di divoti, a dare il nome alla Pia
Associazione istituitasi pure quest’anno sotto la sua invocazione; - i nuovi onori
liturgici decretatisi dalla Santa Sede per questo simulacro: tutto ciò merita di essere
registrato, posto sott’occhio ai presenti e raccomandato alla memoria anche dei
posteri.
Nella cara certezza pertanto, che avrei fatto cosa gradita a Maria SS. della
Salve, e poi ancora ai divoti di Lei, mi sono accinto a riordinare e completare, il
meglio che ho potuto, le Notizie Storiche già pubblicate dal Prevosto Ansaldi sul
miracoloso Simulacro, prezioso pegno per noi della protezione materna della Regina
del Cielo.
Valga questa nuova pubblicazione delle glorie di Maria in Alessandria a
riaffermare vieppiù nel cuore de’ suoi fedeli Alessandrini la divozione verso la gran
Madre di Dio, che si degna mostrarsi verso di loro tanto amorevole e pietosa; e
mantenga in essi la più sicura fiducia di tutto poter ottenere dal potentissimo
patrocinio di Lei. E Maria che tanto beneficò la città nostra nei secoli passati, si
dimostrerà per sempre amorosissima madre a tutti coloro, che nelle pubbliche e
private calamità presenti e future a Lei di cuore ricorreranno.
Intanto in ossequio ai sapientissimi decreti di Papa Urbano VII, dichiaro che a
tutto ciò, che in questa operetta si riferisce di prodigioso, non intendo si abbia da
attribuire altra autorità che puramente umana, essendo di spettanza della sola Sede
Apostolica il giudicare autoritativamente delle grazie e dei miracoli; e a questa Santa
Sede Apostolica mi professo e glorio di essere ubbidientissimo figlio.
Alessandria, 2 giugno 1885
Can. Carlo Borgogno
CAPO PRIMO
Descrizione del Venerando Simulacro e sua origine
Nella Chiesa Cattedrale di Alessandria si venera un antichissimo e prodigioso
Simulacro, rappresentante la B. V. Addolorata, svenuta tra le braccia di S, Giovanni
Evangelista, il quale con espressione di angosciosa pietà la sorregge con ambe le
braccia appiè della croce. Il Simulacro è in legno duro, e, a detta degli intelligenti,
straniero a questi paesi, e più particolarmente della qualità dei legni, che si usano
nelle regioni Orientali. Ciò forse ha dato origine alla pia credenza che esso possa
essere uno dei tanti che si scolpirono da S. Luca (Borgonzio, Notizie Storiche, pag.
19). Il colore della statua della B. V. era nero, al che sembra avesse più di tutto
contribuito il tempo; meno oscura la statua di S. Giovanni, che aveva rossa la sua
tonaca sul petto. Nel 1876 (come narreremo più avanti), il Simulacro, danneggiato da
furioso incendio, fu ristorato dallo scultore savonese cav. Brilla, che gli diede le
forme e le tinte, che si vedono oggidì.
Questo simulacro, afferma francamente il Borgonzio (ivi, pag. 15 e 20), era
venerato nell’antica Chiesa di Rovereto, e così qui esisteva prima della fondazione di
Alessandria avvenuta nel 1168. Divenuto Rovereto quartiere della nuova città, e
fabbricatasi la prima Chiesa Cattedrale, in quella trasportato si volle il venerando
Simulacro della Salve; facoltà però fatta a que’ di Rovereto di esporne altro consimile
nella loro Chiesa; il che avvenne: ma quel Simulacro è più piccolo di quello della
Salve, ed è scolpito in pietra, come tutt’ora si vede in S. Maria di Castello, non più,
come ai tempi del Borgonzio, nella Cappella degli Inviziati, ma in una parte laterale
presso l’ingresso della sacristia.
Tale opinione, decisamente sostenuta dal Borgonzio, corroborata dall’attuale
esistenza di tale antichissimo Simulacro, è pur anche l’opinione in oggi tenuta da
persone ottuagenarie della Parrocchia di S. Maria di Castello, come tramandata dai
loro maggiori.
Il titolo della Salve non davasi anticamente a questo Simulacro, ma appellatasi
Santa Maria. Nella visita del 1565 leggesi: “Cappella S. Mariae, ubi ex devozione
singulis diebus Sabbati per D. D. Canonicos, et Capellanos Salve Regina canitur in
sero”.
Giovanni Zabreria poi, citato dal Moriondo ne’ suoi Monumenti Acquesi, dice
che si chiamasse pure in antico Madonna dello Spasimo. E non senza ragione può
credersi, che avesse realmente questo nome, giacché il Simulacro è privo delle spade
infisse nel seno della Vergine Addolorata, onde esprimere l’acutezza e la pienezza
de’ suoi dolori; e perché altresì presentasi in un momento di agonia quasi mortale,
epperciò assistita e sorretta da S. Giovanni Evangelista suo particolare custode a ciò
deputato dallo stesso Divin Salvatore dall’alto di quella croce su cui moriva per la
redenzione del genere umano.
Il titolo della Salve vogliono taluni che sia stato dato a questo Simulacro
nell’atto del suo scoprimento o ritrovamento sotto i ruderi di vecchi muri diroccati o
crollati per vetustà o malvagità dei tempi, quando appunto, avvicinandosi i ferri, di
cui si servivano gli operai per ismuovere quei ruderi, una voce misteriosa o dal fondo
di quelle macerie, o forse anche da qualche stesso lavoratore, si fece sentire di salva
salva! Ma più probabilmente, come opina il Chenna, pare che questo titolo gli sia
venuto dall’uso, cominciato nell’anno 1489, di cantare avanti il suo altare in tutti i
sabbati, dopo il vespro, la Salve Regina, come si pratica ancor oggidì.
CAPO SECONDO
Delle varie Cappelle in cui fu collocato il venerando Simulacro
Narra il Borgonzio, che, mentre preparatasi nella Cattedrale la Cappella per la
B. V. della Salve, Opizio Riversati faceva dono, con istromento 21 dicembre 1208,
conservato nel libro detto della Croce in città, d’una reliquia veramente insigne della
S. Croce. Quindi l’una e l’altra collocate si vollero alla pubblica venerazione nella
medesima cappella.
Visti poi i molti prodigi avvenuti nel 1489, eretto venne, dice lo Schiavina,
seguito da tutti gli altri scrittori alessandrini, un altare proprio alla B. V. della Salve,
il quale fu ornato con opere marmoree, come da istrumento 21 agosto 1490, riferito
dal Chenna, di quietanza fatta da Martino Verzoni. Di quest’altare parlano gli atti
della Visita del 1565, e, secondo il Chenna, trovatasi laterale, ove di poi esistette la
sacristia dell’antica Cattedrale.
Dal 1489 in poi, avendo, a detta del Ghilini, preso incremento la divozione
verso la B. V. della Salve, ed essendo continuo e numeroso il concorso, parve non
ben convenire a tanto Simulacro una cappella laterale sempre scomoda agli
accorrenti. Quindi con sano consiglio si deliberò di trasportare il venerando
Simulacro di prospetto alla destra Nave della Cattedrale, ove era l’altare della
Purificazione e di S. Perpetuo. Fatti gli opportuni lavori, e date le convenienti
disposizioni, il 23 agosto 1592 se ne fece ivi solennemente il trasporto con musiche,
con processione, e con altre pubbliche dimostrazioni di pietà (Ghilini, Annali anno
1592; Chenna, tom. 2 pag. 34 e 35). Nella visita del 1594 leggesi: Altare
Purificationis nunccupatum, nunc vulgo appellatum la Madonna della Salve.
Siccome però la vera pietà dei figliuoli non è mai abbastanza paga nel dare
dimostrazioni d’onore verso la loro Madre amatissima Maria, così quest’ultima
cappella non parve sufficientemente decorosa per sì prodigioso Simulacro. Cola
fiducia dunque in Maria, senza timore che venissero meno i mezzi, si deliberò
l’atterramento totale della cappella, e la ricostruzione d’una nuova nel medesimo
luogo, ma con più vasto e magnifico disegno. Epperò il 2 ottobre 1645 Monsignor
Adeodato Scaglia Vescovo di Alessandria ne gettò solennemente la prima pietra.
Veneratasi intanto il Simulacro nella cappella di S. Giuseppe. Ridotto a perfezione il
nuovo edifizio, che era riuscito assai bello, il 20 aprile 1649 con molta solennità di
musiche e processione seguiva il trasporto del venerando Simulacro della Salve alla
nuova cappella (Ghilini, 1649, n. 2; Chenna, tomo 2, pag. 36). In questa medesima
cappella sotto il volto venne parimente collocata la santa Croce, con una reliquia di S.
Spina, le quali dall’antico altare di S. Croce, munito di cancelli di ferro, qua vennero
solennemente trasportate, come da istromento 14 settembre 1648, rogato Pupino,
esistente negli archivi della città.
In tal modo trovaronsi riuniti un’altra volta nella medesima cappella le reliquie
della passione di nostro Signore Gesù Cristo e l’effige di Maria Santissima
Addolorata; né da allora in poi, sono oltre due secoli, più si videro disgiunte.
Venuto l’infausto anno 1803, dominante in Piemonte il Governo Francese,
ebbe Alessandria a lamentare l’atterramento della magnifica sua chiesa Cattedrale
d’ordine gotico, disegno di Rufino Bottini da Casale, cominciata a fabbricarsi nel
1288, condotta a perfezione nel 1297, e nel corso d’oltre cinquecento anni abbellita
ed ornata. In mezzo all’universale dolore dei buoni, fra l’intemperie del tempo,
correndo i primi di gennaio, il Capitolo, cui s’appartiene, prese gelosa cura del
venerando Simulacro che seco trasportò da prima nella Confraternita della SS.
Annunziata, e dipoi nella chiesa di S. Alessandro. A que’ torbidi tempi, in cui la pietà
era per molti un’illusione, appo i buoni prese maggiore incremento. E colle semplici
oblazioni dei fedeli si ampliò, e, per così dire, si ricostrusse l’attuale chiesa
Cattedrale, già di S. Marco dei PP. Domenicani della Congregazione del B.
Salomonico.
Sino all’istante in cui si pose mano all’opera si pensò come e dove collocare
degnamente il venerando Simulacro della Salve: ed il valente architetto Cristoforo
Valizzone, superate non poche difficoltà locali, riuscì a far sorgere una vaga ed
inaspettata cappella, decorata nel 1836 da un magnifico altare di marmo di Carrara,
ornato con fregi d’oro, per voto fatto nel 1835 dalla città: e sopra di esso, in una
elegantissima nicchia, fu posto il venerando Simulacro, che vi riposò dal 1810 fino al
1874, quando ne fu rimosso, e trasportato provvisoriamente nella chiesa di S.
Stefano, per le opere di ricostruzione e restauro, che si stavano per eseguire attorno
alla Cattedrale. In questa occasione fu eretta dalle fondamenta la magnifica cappella,
che ora ammiriamo, e nella quale addì 25 aprile 1879, in occasione delle feste
celebratesi per la riapertura e dedicazione della ristorata Cattedrale, fu collocato il
venerando Simulacro, e accanto ad esso le insigni reliquie di Santa Spina e di Santa
Croce, che così continuano a venerarsi nella medesima cappella.
Autore del disegno di questa cappella, come pure del restauro generale della
Cattedrale, fu il celebre e piissimo architetto Conte Edoardo Arborio Mella di
Vercelli, ristoratore di gran numero di Chiese, massime Cattedrali, che qui, come
dappertutto, prestava gratuitamente l’opera sua. Una commissione di gentildonne
alessandrine assunse a proprio carico di provvedere alle spese occorrenti per le
decorazioni in marmi, ornati e pitture, delle quali è ricca la cappella, eccetto l’altare,
donata dalla generosa pietà del Conte Giulio di Groppello munifico benefattore
dell’Opera dei restauri.
Questa cappella è provvista di molti sacri arredi, e di ricche suppellettili, la
maggior parte dono dei divoti. Fra questi primeggia un magnifico Ternario rosso di
spolino in oro con vago disegno, donativo fatto da S. S. R. M. il Re Carlo Alberto.
Per voto fatto nel 1835, la Civica Amministrazione, nella festa della domenica
in Albis dell’anno 1837, offriva alla B. V. due grandi lampade d’argento di forma
triangolare, egregiamente cesellate in ogni loro parte, da posarsi sopra apposito
piedestallo. Queste lampade servono al magnifico ornato nelle solenni esposizioni del
venerando Simulacro.
Questa cappella ha una sufficiente rendita proveniente da limosine ridotte in
capitali censi, per sopperire alla forti spese delle molte sacre funzioni, che si fanno ad
onore della B. Vergine.
A quest’altare, in varie epoche, sono stati eretti, per volontà dei pii fondatori,
sedici beneficii, per effetto delle vigenti leggi ora soppressi; e vennero lasciati non
pochi legati, con obbligo di messe da celebrarsi al medesimo altare.
CAPO TERZO
Della cassa, ossia custodia ove racchiudesi il venerando Simulacro
Una custodia, ossia cassa di legno intagliato e dorato, aperta ai quattro lati,
munita di cristalli, racchiudeva il venerando Simulacro. La pietà filiale però degli
alessandrini verso Maria risolvette nel 1761 di toglierne la veneratissima Effigie da
quella semplice cassa. Sulla proposizione perciò del canonico Macedonio Gallea,
amministratore della cappella, di far costrurre una custodia d’argento, tutta la nobiltà,
tra cui si distinse il signor Marchese Vittorio Ghilini, la cittadinanza, le parrocchie
della diocesi, e la città di Tortona presentarono generose offerte. Con queste si
sopperì alla vistosissima spesa di una cassa tutta di finissimo argento, adoperatovi
con profusione. Sopra una base generale d’argento sorgono ai lati, co’ loro zoccoli,
quattro colonne colle convenienti lesene; al di sopra posano gli architravi, e su questi
si alzano svelti e ben curvi rovesci mediani, i quali si riuniscono attorno un globo
dorato. Incassate sono entro le lesene ai quattro lati grandi scannellate cornici
sostenenti tersissimi cristalli, che lasciano visibile il Simulacro. Il tutto è in argento
storiato ed ornato a fiorami dorati con magnifico disegno, eseguito con isquisitissima
perfezione dall’officina del signor Ceresa di Alessandria.
A rendere vieppiù superba tal opera nel 1792 il fu signor canonico cantore
Ghilini amministratore della cappella ricorse alla pietà dei divoti, i quali, con animo
pronto e generoso, compreso il civico Consiglio, i mezzi apprestarono per far
costrurre una grandissima corona d’argento da collocarsi sopra la cassa. Questa gran
corona d’elegantissimo disegno, dorata ne’ suoi ornati, ed eseguita per eccellenza dal
nominato Ceresa compié a meravigli la cassa sottoposta, e le fe’ prendere un non so
di che maestoso, che sorprende lo sguardo. In questa sola corona furono impiegate
oltre a cinquecento once d’argento.
Di ciò tutto non ancor paga la devozione verso Maria, nel 1828 aggiungervi
volle due grossi putti d’argento massiccio quasi sostenenti, in atto bizzarro, la gran
corona.
Questa cassa, che cotanto l’occhio illude a primo aspetto, li ricrea poi, e lo fa
stupire, se minutamente ne esamina il disegno e l’esecuzione; per il che
meritatamente passa come capolavoro in tal genere.
E qui non debbesi tacere un tratto di singolare venerazione prestato nel 1793
dal R. Governo a questo venerando Simulacro. Poiché, attesi gli urgentissimi bisogni
dello Stato, colle debite autorizzazioni, essendosi ordinata la consegna delle
argenterie delle Chiese alle RR. Zecche, si era da prima voluto che la ricchissima
cassa della B. V. della Salve compresa fosse nella legge. Monsignor Pistone Vescovo
in allora di Alessandria faceva però energicamente osservare, che trattatasi della
custodia di un Simulacro miracoloso venerato sommamente dai popoli; dietro tali
osservazioni vene tosto ordinato, che intatta rimanesse a gloria di Maria la magnifica
sua cassa d’argento.
Ciò tutto ad evidenza prova quanto sincera, costante e generosa sia mai sempre
stata, anche appo ai Grandi, la devozione verso la potentissima protettrice di
Alessandria Maria della Salve.
CAPO QUARTO
L’incendio del 1876
Questa cassa così splendida e preziosa fu interamente distrutta da un furioso
incendio nel 1876; e poco mancò che perisse con essa lo stesso venerando Simulacro.
Ed ecco come avvenne la cosa.
Nel 1874, a motivo dei restauri da eseguirsi alla Cattedrale, fu trasportato,
come già accennammo, nella chiesa parrocchiale di S. Stefano il venerando
Simulacro, per essere ivi decorosamente e sicuramente custodito. Erasi però
convenuto che per la festa della Madonna della Salve, che celebratasi allora la
domenica in Albis, come narreremo al proprio luogo, il Simulacro si sarebbe portato
con generale processione alla Chiesa della SS. Trinità, ove erasi raccolto
provvisoriamente il Capitolo della Cattedrale, e vi sarebbe rimasto esposto per tutta la
successiva novena, e questa terminata, sarebbesi riportato pure processionalmente
alla chiesa di Santo Stefano. Così erasi fatto felicemente nel 1875; ed altrettanto nel
1876: ed il Simulacro, come già praticatasi in Cattedrale, era stato ivi esposto alla
cancellata del presbiterio, con grande apparato di fiori, di candele e di grossi ceri; e
sia nel di della festa, come lungo il corso della novena era sempre grande l’affluenza
dei devoti fino a notte inoltrata a venerare la loro Protettrice e Regina; quando la sera
del sabato 29 aprile 1876, verso le ore undici, fu notato uno spaventoso incendio, che
appiccatosi alla gran quantità di cera offerta, ai fiori, alla circostante balaustrata di
legno, ad un vicino confessionale, al pulpito, all’orchestra, alla tappezzeria, avviluppò
tra i suoi vortici la preziosa Immagine. Fu misericordia di Dio? Il simulacro, di legno
antichissimo, come si è detto, fra il liquefarsi dei cristalli, e il disfarsi della stessa
cassa, in che era chiuso, rivestita di lamine d’argento, quantunque sembrasse avesse
dovuto essere ridotto in cenere, pure si conservò. I pompieri, dopo incredibili sforzi,
poterono penetrare nel tempio e domare l’incendio, che lo investiva; e il mattino
seguente, quando il Vescovo, il Capitolo, l’Ufficio di Pretura convennero ivi per la
giudiziale verificazione del fatto, le numerose persone del clero e del laicato, che
furono ammesse ad esaminare di presenza il deplorevole avvenimento, poterono
costatare e recare quindi alla sbigottita cittadinanza la tranquilla novella, che fra la
totale rovina di tutto il resto, la venerata Effigie, rimasta in piedi col diadema
vaticano in capo, aveva riportato bensì dall’incendio alcuni danni, ma che questi si
sarebbero potuti agevolmente riparare.
Venuta la sera della domenica il Simulacro fu religiosamente trasportato in una
aula del Seminario vescovile, dove, a dare una giusta soddisfazione al popolo, che
voleva assicurarsi co’ suoi occhi, che esso Simulacro non era stato distrutto, come si
tentava maliziosamente da taluno di insinuare, ma che solo era stato per una leggiera
superficie nella parte anteriore carbonizzato, si risolvette di tenerlo esposto per
alquanti giorni con facoltà al pubblico di visitarlo. Il concorso fu, dobbiamo dirlo,
veramente straordinario. Le offerte minute che si raccolsero per il restauro della
statua e della casa d’argento sorpassarono in quei pochi giorni le lire mille, ed oltre a
cento cinquanta furono gli oggetti d’oro e d’argento che si donarono: cosa questa
assai considerevole se si riflette, che contemporaneamente già si era aperta allo stesso
fine una sottoscrizione con a capo il Vescovo, il Capitolo della cattedrale, le
Collegiate ed i parroci della città per le oblazioni, che si conferirono ben tosto
copiosissime dai più facoltosi.
La cara speranza che i danni patiti dal prezioso Simulacro sarebbero stati
facilmente riparati non tardò ad essere una consolante realtà: si chiamò qui da Savona
il celebre statuario Cav. Brilla: e ai 18 maggio il Simulacro della Madonna della
Salve presentava di nuovo agli alessandrini le sue auguste e venerate sembianze. Fu
quindi chiuso in una semplice cassa di legno munita di cristalli da ogni lato; e così
esposto alla pubblica venerazione nella cappella del Seminario Vescovile: e frattanto
si dava al nostro concittadino Antonio Testore, orefice, il delicato incarico di rifare la
cassa d’argento sugli antichi modelli. In questo lavoro, a meraviglia riuscito, si spese
in totale effettivo la egregia somma di lire 21 mila. Il Santo Padre Gregorio IX di s.
m. informato dell’incendio avvenuto, e dell’ardore con cui si attendeva a ripararne i
danni, vi concorse per la somma di lire due mila e coll’offerta di un prezioso cammeo
valutato oltre lire mille. Le signore alessandrine, con l’oblazione di lire cinque
cadauna, comprarono dalla Commissione dei restauri il prezioso dono da fregiare il
petto del ristorato Simulacro; e la nobile donna Marchesa Eugenia Guasco di Bisio
offeriva un ricco manto di tela d’argento ricamata in oro da ornare l’augusta Effigie
in sostituzione di quello, che era perito nell’incendio.
La presentazione di questi doni si faceva il 15 marzo 1879 nella cappella del
Seminario, ove conservassi il venerando Simulacro fino alla riapertura della
Cattedrale, avvenuta il 25 aprile dello stesso anno.
CAPO QUINTO
Miracoli e grazie segnalate delle B. V. della Salve dall’anno 1489 al 1600
Non si sono potute rinvenire notizie particolari di grazie, o miracoli operati da
Maria SS. della Salve precedenti l’anno 1489. È certo però, come già si disse sopra al
capo primo, che questo Simulacro veneratasi in Rovereto, e convien dire che somma
ne fosse la divozione, allorché fondavasi Alessandria, giacché collocare si volle in
una chiesa comune a tutta la città, qual era la nuova chiesa Cattedrale.
Nell’anno 1489 poi cominciò, per dir così, a scaturire da questo venerando
Simulacro una fonte perenne di prodigi e di grazie, per cui salì al più alto grido presso
i popoli vicini e lontani. Concordi sono Schiavina, Ghilini, Bergonzio e Chenna nello
affermare, che il dì 24 aprile del 1489 fu visto il venerando Simulacro stillante
prodigioso sudore, e che tosto operati vennero vari miracoli. Alla fama di tali
avvenimenti si commosse da prima la città, indi le vicine borgate, dappoi tutta la
Lombardia, da ultimo la maggior parte dei popoli dell’alta Italia.
Accorrevasi adunque da ogni parte a venerare in questo suo Simulacro Maria,
ed essa, quale amorosissima Madre, su tutti a larga mano versava i suoi benefici,
operando, dicono gli autori, ogni giorno molti e stupendissimi prodigi, d’ogni genere,
ed accordando segnalatissime grazie. Il Ghilini così si esprime: “Infiniti e
stupendissimi segni, e prodigi operava ogni giorno, conferiva grazie e favori
segnalati, liberava indemoniati, sanava infermi, ed altre miracolose operazioni faceva
questa benigna Imperatrice ne’ suoi divoti”. In un’antica relazione venuta alle mani
del Borgonzio, leggevasi: la frequenza e la moltitudine dei miracoli fu più grande di
quanto immaginare si possa: “Major sane fuit portentorum frequentia, quam opinari
quis possit”.
Ed è indubitato, che moltissimi furono i miracoli in quell’epoca operati,
giacché senza ciò non saprebbesi dar ragione dell’immenso concorso di tante genti a
venerare Maria SS. della Salve. Perciocché sì grande fu la calca dei forestieri
accorrenti, che monsignor S. Giorgio, Vescovo allora di Alessandria, e dipoi
cardinale detto Alessandrino, ad impedire la confusione, ordinò alle ventidue
confraternite della città di recarsi all’incontro, d’accogliere e trattenere nelle loro
confraternite le processioni straniere, finché ad ore determinate fosse loro fatto luogo
di entrare nella chiesa Cattedrale. Questo decreto esisteva ai tempi del Borgonzio
descritto in un vecchio registro della confraternita di S. Paolo, ora unita a quella di S.
Lucia.
Fu in quel tempo che vedevasi anche la città di Tortona prostrata dinanzi alla
B. V. della Salve presentarle un bel regale diadema d’argento con entro impressa la
seguente iscrizione: Comunitas Derthonae D. D. D. Anno MCCCCXXXIX. Fra gli
immensi donativi d’oro e d’argento fattisi in quel tempo dai divoti, la sola corona
offerta dalla città di Tortona è quella che tutt’ora distinguesi, e trovasi attualmente
collocata ai piedi della B. Vergine.
L’anniversario di quell’epoca di portenti venne per ogni anno celebrato il 24
aprile con divota processione, nella quale portavasi il venerando Simulacro.
Come funesto presagio di grandi sventure considerato venne il prodigioso
sudore della statua della B. Vergine: fatto però è che dalla Germania portava in Italia
la peste, menò orribili stragi negli anni 1501, 1502, 1503, 1504. Alessandria col suo
territorio ebbe a piangere moltissime vittime del rio morbo. Dal contesto però delle
storie di quei tempi, e delle varie fazioni militari in questi paesi avvenute, apparirebbe
che, mercè la protezione di Maria, qui la mortalità fu molto minore di quella toccata
alla altre città della Lombardia. Lande parrebbe ragionasse bene il Borgonzio, il
quale, descritti i lugubri tempi, ascrive a Maria la cessazione del flagello, e il pronto
ristabilimento nella sua primiera floridezza di questa contrada; onde ne venne la
premura con cui i padri ai loro figliuoli trasmisero la più sincera divozione verso la B.
V. della Salve.
Correndo il secolo decimosesto moltissime furono in questi paesi le calamità di
guerre civili, d’intestine discordie, di ostili invasioni, di morbi pestilenziali. Costante
quindi mostrassi la devozione verso Maria della Salve, ed Essa non cessò
dall’accordare grazie e favori ai nostrani ed ai forestieri accorrenti. Ciò ad evidenza è
provato dagli innumerevoli voti, di cui essendo sovrappiena la cappella, fu d’uopo
appenderli lungo la stessa navata della chiesa per far luogo a quelli che
continuamente sopraggiungevano. Tra questi voti d’ogni genere sono di special
menzione le armi da fuoco, e le tabelle di scampo dei naufragi.
CAPO SESTO
Grazie prodigiose e segnalate dall’anno 1600 al 1700
Il Visconte di Murena, nel luglio del 1643, assediava con poderoso esercito
francese Alessandria, e ne devastava il territorio. L’inopinato soccorso d’un grosso
Corpo di cavalleria, creduto sulle prime nemico, e guidato da Galeazzo Trotti, giunse
in tempo per liberare la tremante città, e convertire il timore in gaudio. Il nemico,
viste rotte le fila del suo disegno, sciolse con perdita l’assedio, e ritirassi il 29 luglio.
Questa liberazione dal civico Consiglio fu ascritta a Maria SS.: per ciò ordinò che in
tale giorno si cantasse Messa solenne con Te deum all’altare della B. V. della Salve.
Tale deliberazione vedesi nei registri della città rinnovata ogni anno sino al 1657, in
cui divenne voto perpetuo.
Rientrarono i francesi nel maggio 1655 nel territorio alessandrino, a cui diedero
il guasto per quaranta giorni: s’avviavano d’appoi all’assedio di Pavia, ma restava in
Alessandria il fondato timore, che potessero avvenire in breve più gravi militari
fazioni nel suo contado. In questi frangenti il Consiglio di città così ordinava il 6
agosto 1655: “Dovendosi rendere quelle grazie maggiori a S. D. M. per aver fatto il
raccolto, sebbene tenue, stante l’invasione del nemico in questa provincia, ed acciò si
possa fare il raccolto della vendemmia, ed il seminerio tanto necessarii per il vitto
umano, hanno ordinato, che con consenso di Monsignor illustrissimo e
reverendissimo si faccia una novena alla Madonna della Salve nella Cattedrale, quale
comincerà dimani alle ore 22”.
Furono esauditi da Maria i voti della città; poiché i nemici non ricomparvero
sul territorio alessandrino che dopo la metà di ottobre, ed inoltre si tennero alla larga
sino al 1 dicembre, in cui tentarono di impadronirsi per sorpresa della città; ma,
fallito il colpo, si portarono ai loro quartieri d’inverno.
Segnalatissimo fu il beneficio, che la città ottenne da Maria nel 1657. I
francesi, vogliosi di impossessarsi con ogni loro sforzo di Alessandria, devastate le
vicine terre, ed impadronitisi della ricolta pendente di grano, cinsero il 19 di luglio
con assedio strettissimo la città sotto il comando del Duca di Modena, che aveva
preso alloggiamento nella cascina denominata La Vescova. In questi duri frangenti
Monsignor Vescovo Adeodato Scaglia ordinò pubbliche preghiere: queste si fecero in
tutte le chiese, e sovra tutto nella Cattedrale alla cappella della B. V. della Salve, in
cui venne anche più volte esposta la S. Croce. L’assedio fu lungo, ostinato e feroce.
Tutte le classi dei cittadini, e perfino il clero secolare e regolare ebbero assegnata la
loro trincea da difendere. Ogni ostile sforzo però ad espugnar non valse chi nella
protezione del cielo confidava; ond’è, che il nemico dovette alla perfine, il 18 agosto,
abbandonare con gravissima perdita l’impresa. Questa liberazione ascritta viene dagli
storici alla protezione della B. Vergine e dei SS. Protettori. Il civico Consiglio di fatto
per eternare la sua riconoscenza a Maria SS., appena scomparso il nemico, ordinava
che nel fausto giorno 18 agosto si canti in perpetuo all’altare della B. V. della Salve
una Messa solenne con Te Deum.
Dopo tanti anni di timori, di angustie e di gravami, venne finalmente nel 1659
conchiusa la pace tra la Francia e la Spagna co’ suoi alleati. Alessandria a tale notizia
esultò di giubilo, anche perché aveva nuovamente vicino il nemico in atto
minaccioso. Dopo averne rese grazie a Dio il 2 dicembre, si volle pur anche renderne
ringraziamento speciale alla B. V. della Salve, da Lei riconoscendo sì ammirabile
beneficio. Il giorno 5 dicembre si trasse fuori dalla sua nicchia il venerando
Simulacro, e si portò in processione attorno alla Cattedrale; quindi fu collocato sopra
i cancelli dell’altare maggiore, perché l’immenso popolo accorsovi potesse con
maggior divozione venerare la sua protettrice. Nel giorno 6 osservato venne un
generale rigoroso digiuno; nel giorno 7 il Capitolo celebrò Messa solenne con
eccellente musica, e dipoi si cantò il Te Deum. Assistevano alla sacra funzione il
Governatore, il Podestà, il Priore coi Deputati del Governo, la nobiltà e foltissimo
popolo. La santa Comunione generale venne fatta nella mattina del giorno 8; al dopo
pranzo poi si chiudeva quella solenne esposizione del venerando Simulacro
portandolo in processione con intervento di tutto il clero secolare e regolare, e di tutte
le confraternite: immensa era la folla delle persone d’ogni classe accorse a far divoto
corteggio a Maria Santissima.
Mentre la B. V. della Salve si mostrava protettrice della città nei pubblici
bisogni, veniva pur anche in soccorso nelle private calamità de’ suoi divoti. Tra
questi l’antichissima e mobilissima famiglia Marchionale Cuttica di Cassine si
rivolgeva alla B. Vergine per una grazia segnalatissima. Siccome le sue preghiere
accompagnate erano da vero spirito di pietà, e da ferma fiducia nella possanza di
Maria; così ebbe la bella consolazione di vedere appieno appagati i suoi caldi voti.
Riconoscente la Marchesa Margherita Cuttica di Cassine nata Caccia al beneficio
ricevuto, volle che perpetua e pubblica fosse la dimostrazione della sua gratitudine,
mercè l’annuale offerta di un sacco di grano; altro sacco di grano in riconoscenza
delle grazie da Maria ricevute legò il sig. Marchese Giuseppe Cuttica di Cassine, con
suo testamento rogato Cervelli il 1 giugno 1758. I quali due sacchi di grano ogni anno
nella ricorrenza della solennità di Maria SS. della Salve continuano a farsi collocare
presso il venerando Simulacro dalla signora Marchesa Giulia Cuttica di Cassine
degna erede della pietà de’ suoi antenati verso Maria.
Molte altre grazie particolari concesse vennero nel decorso di questo secolo da
Maria ai suoi divoti, essendo irrefragabile prova le tabelle, ed i voti che di mano i
mano accrescere si vedevano notabilmente il numero dei già pendenti.
CAPO SETTIMO
Grazie prodigiose e segnalate dall’anno 1700 al 1800
Il Marchese Tommaso Ghilini gentiluomo di S. M. aveva condotto in moglie la
Marchesa Francesca Botta Adorno; erano già corsi molti anni, che da indarno quei pii
coniugi sospiravano d’aver prole, e per quanto calde preghiere inviassero al cielo,
cadevano inesaudite. Finalmente un pio e nobile personaggio diede loro il saggio
consiglio d’intraprendere qualche opera di devozione a tutti visibile, giacché talvolta
Iddio nelle persone qualificate si compiace di rimirare la pubblicità del loro ossequio
per l’altrui edificazione insieme ed istruzione. Piacque al Ghilini il consiglio, e fra le
altre opere di divozione cominciò ad offrire alla B. V. della Salve un grosso cereo di
sette rubbi ogni biennio, ridotto poi per maggior uniformità cogli altri a rubbi tre e
mezzo, ma annuale. Gradì Maria l’offerta, e ben presto consolò il Ghilini colla
nascita di un figliuolo il 30 maggio 1714. Monsignor Francesco Arboreo Gattinara
Vescovo allora di Alessandria battezzò pontificalmente quell’infante nella Cattedrale
coll’assistenza del Capitolo: lo teneva a nome di S. M. il Re Vittorio Amedeo,
patrino, S. E. il Barone di S. Remy Filippo Pallavicino, governatore della città e
provincia; ed a nome di S. M. la Regina Anna d’Orleans, matrina, la Marchesa D.
Violante Doria di Dolceacqua moglie del Marchese Carlo Rinunzio Guasco
gentiluomo di S. M., e dama d’onore della prelodata Regina. Vennero imposti al
neonato i nomi di Vittorio Amedeo, Iacopo, Ottaviano, Francesco, Giuseppe,
Antonio, Maria.
Due altri figliuoli ebbe la contentezza di vedersi crescere intorno il Marchese
Tommaso Ghilini; l’Ambrogio Giovanni Ottaviano Stefano Francesco Maria nato il
15 dicembre 1716, che divenne Generale di cavalleria; ed il Tommaso Maria, nato il
5 agosto 1718, che per l’alte sue virtù creato venne Cardinale della S. R. Chiesa il 1
giugno 1778. Tutti questi figliuoli si dimostrarono devotissimi di Maria, di cui
portavano il nome, ed accrebbero vieppiù nel nobile loro casato la pietà verso la B. V.
della Salve.
Una grazia portentosa, e forse vero miracolo, oprò la B. V. a favore di
monsignor Francesco Arboreo Gattinara, già Vescovo di Alessandria, e poi
Arcivescovo di Torino, e Gran Limosiniere di S. M. Quel prelato nel solstizio
invernale del 1719 venne colto dalla podagra, che il ridusse a letto, e vel tenne per
quaranta giorni, tormentandolo fieramente. Si riebbe bensì, ma gli restò una forte
gonfiagione, ed una sensibile debolezza nelle gambe, ed i visceri restarono attaccati
da affezioni ipocondriache. Quindi ne venne la perdita delle forze, dell’appetito e del
sonno; lande i medici il consigliarono a cambiar cielo, acciò col beneficio dell’aria
diversa e più purgata, e coll’allontanamento dagli affari potesse rimettersi in salute.
Ubbidì monsignor Arboreo, e recatosi a Gattinara, colà parve che recuperato avesse i
suoi bei colori i volto, le sue forze e il suo brio, onde svanito credevasi ogni suo
incomodo, talché potesse essere uno dei tre Vescovi che fecero la seconda
incoronazione della B. V. d’Oropa il 20 agosto 1720.
Ma che? Il 17 ottobre una gagliardissima febbre lo assale, di giorno in giorno
va esacerbandosi, ogni rimedio torna inefficace; abbattuto, prostrato sgomenta i
medici, i quali più non sanno che fare, ed ognuno crede inevitabile la morte del
prelato. Ridotti a tali estremi monsignor Arboreo, devotissimo qual sempre fu della
B. V. della Salve, di cui aveva in più guise promosso il culto, la valida di Lei
protezione implora in quei duri frangenti: Maria l’ascolta: scompare la febbre, non
v’è convalescenza, malgrado sì pericolosa malattia, e addì 11 di novembre sano e
salvo rientra in Alessandria monsignor Gattinara.
È sparsa per città la nuova della sua venuta, tutti corrono ad incontrare
l’amatissimo pastore; ecclesiastici, nobili, ricchi, poveri, in folla l’accolgono con
lagrime di tenerezza al vederlo come risuscitato. Tutto è in festa pel suo felice arrivo:
ed egli, accompagnato da quell’immensa calca, va direttamente alla chiesa Cattedrale,
e qui divoto si prostra dinanzi alla B. V. della Salve; cantasi solenne Te Deum in
musica; e tutto commosso il venerabile Prelato staccasi dal petto la croce vescovile di
diamanti e smeraldi, la fa appendere al collo della B. V. in autentico argomento di sua
perenne riconoscenza a Maria SS. per la ricuperata sua salute.
Questa croce preziosa esisteva ancora nel 1876, e nel nastro paonazzo, a cui era
appesa, leggevasi a caratteri d’oro: “Franciscus episcopus in pristinam sanitatem
restitutus”.
Né questo fu il solo donativo fatto da monsignor Francesco Arboreo Gattinara,
come consta dai registri della cappella della Salve, giacché egli si mostrò generoso
verso la sua benefattrice: e finché resse questa Chiesa, con ogni sua sollecitudine
promosse la devozione verso la medesima B. Vergine.
Visibile a tutti comparve la protezione della B. V. nella prodigiosa salvazione
dal sommergimento nell’acque di tutto il quartiere Borgoglio nel novembre 1732.
Corse l’autunno di quell’anno assai piovoso; talché più volte in novembre
strariparono i fiumi Tanaro e Bormida. Nell’ultima innondazione a dismisura
cresceva il Tanaro, sommergeva le campagne al di là di Borgoglio, e di questi
riempiva i fossati, radeva i bastioni, minacciando d’atterrarli. Scavate di fatto le
fondamenta d’un antica muraglia verso i colli, l’acqua a furia entra in Borgoglio,
riempie in un istante le cantine, inonda le strade, penetra nelle case; sbigottiti,
tremanti i borgogliesi fuggono ai piani superiori delle case per salvarsi dal naufragio;
le acque frattanto ingrossano, e v’è temere che rovinar non facciano gli stessi
caseggiati. Tutta la città è sossopra, s’accorre sul ponte Tanaro, e sopra i bastioni;
s’odono le dolenti strida, l’amaro pianto, e scorgesi l’orrida costernazione dei parenti,
degli amici, dei compatrioti abitanti in Borgoglio. Ognuno la più viva compassione
ne sente; ma niuno è in grado di recar loro soccorso. Il Bergonzio più volte citato (era
Vicario Generale di monsignor Giovanni Mercurio Gattinara, Vescovo in allora di
Alessandria, che in quei giorni trovatasi in Torino per l’Orazione funebre di S.
Maestà il Re Vittorio Amedeo), il Borgonzio, dico, in sì terribile frangente, ordinava
che tosto esposto venisse nella Cattedrale il venerando Simulacro della Salve, e con
pubblico editto invitava tutti a recarsi a’ piedi di Maria Consolatrice degli afflitti, ed
aiuto dei cristiani, per implorare soccorso agl’infelici Borgogliesi. Ed oh! vero
prodigio! Appena cominciano le campane della chiesa cattedrale a dare il solito segno
di tale esposizione, che all’istante si squarciano le nubi, cessa la direttissima pioggia,
il Tanaro abbassa la gonfia fiumana, l’acque si ritirano da Borgoglio, e, prima che il
sole tramonti, quel quartiere è fuori pericolo, e per così dire perfettamente asciutto.
Poteva essere più pronto, più efficace, più visibile il patrocinio di Maria della Salve?
Nell’anno 1738 avvenne, dice il Chenna, una siccità così grande che,
accompagnata dal calore eccessivo, causò nel mese di agosto una triste influenza di
febbri terzane e quartane in questa città nella parte che riguarda il Tanaro, fors’anche
a cagione delle acque stagnanti e corrotte nei fossi della nuova Cittadella. La città
ordinò un triduo all’altare maggiore della Cattedrale, coll’esposizione del Simulacro
della B. V. della Salve il 21, 22 e 23 di agosto: nel terzo dì del triduo, mentre si
cantava la messa in musica, e le litanie in aurora, per essere sabato, cadde una
buonissima acqua, che calmò il calore. Nel successivo giorno 26 di agosto vene una
pioggia così copiosa e salutare, per cui cresciuto il Tanaro, ed entrato nei fossi della
nuova Cittadella, purgò quelle acque stagnanti già fetide, e, temperando il calore,
diede agli ammalati l’opportuno sollievo: mostrando con ciò la B. V. il gradimento
che ha della devozione del sabato, e la sua singolare prontezza nell’esaudire i suoi
divoti alessandrini.
Correva l’anno 1745, anno di guerra in queste contrade tra il nostro Sovrano S.
M. il Re Carlo Emanuele e le nemiche corone. Alessandria era afflitta da varie
calamità, fra cui quella gravissima della mortalità delle bestie bovine; epperò la
Civica amministrazione così decretava il 5 agosto: “Hanno ordinato, per implorare
dalla Divina Misericordia, mediante l’intercessione della B. Vergine, la pace tra la
corona del nostro Sovrano, e le corone nemiche, e il sollievo di questa città nei
presenti bisogni, attesa anche la continuazione dell’epidemia nelle bestie bovine, farsi
celebrare una Novena in onore della B. V. della Salve con l’esposizione del
Simulacro della medesima, e comincerà venerdì prossimo alla sera; avendo deputato
li signori di Mese a portarsi da monsignor illustrissimo e reverendissimo a
partecipargli l’intenzione della città, ed hanno ordinato al signor Vice-sindaco di
partecipare quanto sopra al signor Arcidiacono della Cattedrale, pregando il
reverendissimo Capitolo compiacersi della di lui assistenza alla detta novena”. La B.
Vergine anche in questa circostanza mostrassi amorosamente propizia ai voti della
città, come rilevasi da altro ordinato della civica Amministrazione del 23 novembre
successivo, con cui venne deliberato farsi un’altra novena alla B. V. della Salve per
gli occorrenti bisogni; ma più non vi si parla della mortalità nelle bestie bovine; i
bisogni sono genericamente enunciati, e nella novena non si ordina più l’esposizione
del venerando Simulacro.
Nel successivo anno 1746 S. M. il Re Carlo Emanuele essendo stato attaccato
dal vajuolo, questo civico Consiglio con sua deliberazione del 27 novembre ordinò
una solenne Novena con esposizione del venerando Simulacro, “Per intercedere, così
si esprimeva, da patrocinio di sì portentosa Avvocata il desiderato ristabilimento e
conservazione di S. S. R. M. così benefica e clemente”.
Sopraggiunta la primavera del memorando anno 1796 l’armata repubblicana
francese entrò in Italia, ed attraversò nel suo passaggio il territorio di alessandrino per
recarsi a guerreggiare contro l’armata austriaca. La civica Amministrazione presaga
dei tristissimi tempi, cui s’andava incontro, e temendo a buon diritto e della Patria, e
dello Stato, e della Chiesa, con santa prudenza ripose ogni sua speranza nella B. V.
della Salve, e così si esprimeva nella sua deliberazione del 5 giugno 1796: “Sempre
memore questa città delle grandi e segnalate grazie, in tutti i tempi ricevute dal
Sommo Iddio, mercé l’onnipotente intercessione e patrocinio costantemente invocato,
ed implorato della sempre B. V. Maria, onorata in questa chiesa Cattedrale sotto il
titolo della Salve, che ben presto corrispose a chi la invocò con fede, e qual più saldo
scudo ha sempre difeso e protetto questo patrio suolo nelle maggiori sue sciagure, e
come fonte e pienezza d’ogni bene, ha sempre ricolmato li suoi abitanti delle più
ridondanti celesti benedizioni, e qual cera consolatrice delle afflitte genti ora li
protegge in special modo ed assiste ne’ correnti disastrosi tempi, ha perciò
determinato, come determina e stabilisce, che debbiasi da questo pubblico
annualmente rassegnare nel giorno della di Lei maggiore festività, ricorrente in ogni
anno nella domenica in Albis, un cereo dal peso di rubbi cinque, avente le armi
dipinte di essa città, con l’intervento personale della medesima per l’effetto della
detta offerta, da osservarsi inviolabilmente tale stabilimento in avvenire, e ciò non
tanto per un ben dovuto contrassegno di gratitudine verso di una cotanto eccelsa
benefattrice, che per un monumento perpetuo della specialissima divozione di essa
città, e di lei abitanti sempre professata, e riprofessata verso la medesima, confidando
sempre più, e sperando di ottenere la continuazione delle di Lei grazie preservatrici di
ogni ulteriore infortunio. E siccome per il corrente anno sarebbe trascorso il giorno
della solennità stabilito per l’offerta di detto cereo hanno così ordinato, doversi
prontamente far incominciare a di Lei onore una solenne novena coll’esposizione del
di Lei sacro Simulacro, a cui interverrà questa civica amministrazione, per così
potersi nel primo giorno di essa, devenire all’offerta di detto cereo, con stabilimento
però, che detto cereo ogni anno prima della solennità predetta debba restituirsi alla
città in reintegrazione del nuovo, che si dovrà per tale funzione surrogare”.
Atto consolare del 12 dicembre 1796
“Richiamando la deliberazione presasi da quest’amministrazione, nell’aver
determinato l’annua offerta di un cereo al Simulacro della B. V. della Salve, che si
venera in questa Cattedrale, per i motivi in esso diffusamente espressi, sono tutti
unanimi e concordi venuti in sentimento di rivocare, come rivocano, la riserva in essa
fatta dell’avanza del cereo che annualmente si erano riservati, e dichiarando come
dichiarano, doversi d’ora in avvenire quello lasciare al beneficio della cappella
suddetta, ad uso e decoro del sacro Simulacro suddetto”.
Parve che aggradisse a Maria l’umile volto della città, e più che mai impegnata
si mostrasse a proteggere i suoi divoti alessandrini. Gli avvenimenti passarono sotto i
nostri occhi, e si succedettero l’un l’altro con singolare rapidità. I nostri amati sovrani
dovettero ricoverarsi in Sardegna; una rivoluzione generale metteva intanto sossopra
lo stato; eserciti francesi, austriaci, russi, negli anni 1799, 1800, guerreggiarono a più
riprese per queste contrade; si assediava, anzi si fulminava con tremenda artiglieria la
Cittadella; la città ora all’uno, ora all’altro vincitore obbediva; gli orecchi assordati
venivano per tre giorni dai bellici strumenti durante la famosa battaglia di Marengo.
Eppure chi il crederebbe? In mezzo a tanti trambusti, a tante militari fazioni, e
campali battaglie, in mezzo a tante armi ed armati, la città non venne mai messa a
sacco; nulla mai ebbe a soffrire di violento; neppure un cittadino perì, abbenché non
poche palle di cannone sieno cadute in città; non mai si scarseggiò di viveri,
malgrado la moltitudine delle truppe; ogni cosa infine passò sempre pacificamente
entro le sue mura; talché incredibile parve al cittadino e al forestiero, che Alessandria
sì poco sentito avesse il peso di tante calamitose vicende; e quasi non parve vero, che
uscita fosse illesa da tanti gravissimi pericoli. Ma gli alessandrini ben seppero a chi
con ferma fiducia di soccorso e protezione avessero più e più volte fatto ricorso in
quei miseri tempi, ben seppero a chi avessero fatto fervide incessanti preghiere e
caldi voti. Ogni volta perciò che il pensiero volgevasi, o il discorso cadeva sopra
quelle terribili famose guerre, e sopra quelle svariatissime infauste vicende toccate a
questa città, volgarmente dicevasi: fummo salvi, perché protetti da Maria Santissima
della Salve.
CAPO OTTAVO
Continuazione delle grazie segnalate dal 1800 al 1843
Dopo un inverno asciutto, e senza neve, una siccità spaventosa con arie fredde
affliggeva le campagne nella primavera dell’anno 1817, e si temeva della mancanza
d’ogni ricolta. Ai cittadini perciò si unirono le popolazioni circonvicine, le quali
prcessionalmente nel mese di maggio accorrere si vedevano a supplicare in questa
chiesa Cattedrale il miracoloso Simulacro della B. V. della Salve. Mercé tante
preghiere cadde finalmente il 26 di maggio la sospirata pioggia, la campagna
germogliò e le ricolte furono abbondantissime.
Ammalò gravemente in novembre 1831 il Governatore di questa città e
divisione, generale Conte Galatei di Genola. I molti valenti medici, che lo curavano,
non sapevano più a qual valido rimedio appigliarsi, ed assai temevano della sua vita.
La civica amministrazione, vedendo le cose a sì mal partito, ordinò un solenne triduo
coll’esposizione del venerando Simulacro, cui intervenne il Corpo di città, il
Capitolo, e numeroso popolo. Calmò tosto la febbre nell’alto personaggio infermo,
ben presto andò fuori di pericolo, ed abbandonò il letto. Riconoscente il Governatore
alla segnalata grazia ricevuta offrì in segno di sua gratitudine alla B. V. una così detta
Teca d’argento ricca ed egregiamente lavorata. Il medesimo conservò sempre molta
devozione alla B. V., e quando giubilato si ritirò a Genola, ivi dedicò ala B. V. della
Salve la sua privata cappella, fregiandola della taumaturga immagine.
Sarà sempre memorando l’anno 1835 atteso il generale sbigottimento, che il
terribile colera asiatico, devastatore di Nizza, di Genova, di Cuneo, e più tardi di
Torino, penetrasse in Alessandria, le cui porte erano aperte a tutti i fuggitivi dai
luoghi infetti, de’ quali molti fermavano qui il loro domicilio. (Fu pure questa
circostanza, che ispirò al can. teol. Filippo Ansaldi di raccogliere queste notizie, e di
pubblicarle col fine di ottenere la liberazione della sua famiglia dimorante in
Vocemola, ove infieriva il cholera, ed ottenne la grazia di vedere sani e salvi i suoi
parenti).
Ma il vescovo monsignor Dionigi Andrea Pasio pose piena fiducia nella B. V.
della Salve, e negli ultimi giorni di luglio ordinò l’esposizione del venerando di Lei
Simulacro per un solenne triduo, a cui tennero dietro quelli della civica
amministrazione, del Capitolo, del clero, della nobiltà, e di altri divoti, per sempre più
impegnare la B. Vergine a liberarci dall’orribile flagello. Nei giorni poi 1, 2, 3 di
settembre dal prelodato monsignor Vescovo e dal Capitolo celebrato venne un
solennissimo triduo coll’esposizione sopra l’altare maggiore del miracoloso
Crocifisso, dei corpi de’ SS. Protettori, e di tutte le reliquie esistenti in questa chiesa
Cattedrale, in mezzo alle quali sfolgoreggiava la ricca cassa col venerando Simulacro
della Regina di tutti i santi. Altro simile triduo volle fatto la civica amministrazione.
E inutile il dire, che in tante replicate esposizioni continua si fu l’affluenza del divoto
popolo sino a tarda notte.
Il rio morbo non comparve affatto né in Alessandria, né nella sua provincia,
abbenché nelle diocesi circonvicine mietuto avesse non poche vittime. La civica
amministrazione, ebbra di gioia per sì fatta conservazione della pubblica salute, ecco
come si esprimeva il 19 di novembre nel fare un voto in riconoscenza alla B. V. della
Salve: “Il signor Sindaco di prima classe nel rammemorare a questo civico Consiglio,
come al primo apparire del colera morbus in alcune province di questi regii Stati,
questa devota popolazione, giustamente atterrita dal timore di un sì terribile flagello,
sia accorsa a pié degli altari, ed ivi con reiterati tridui, ed incessanti preghiere
all’eccelsa sua benefattrice e protettrice, la B. V. della Salve, abbia implorato la
potentissima sua intercessione presso il divin Salvatore, perché volesse degnarsi di
preservarci da sì rio e fatale malore. E come,la Dio mercé, in mezzo a tanti, e sì
continuati pericoli d’infezione, dai quali si è trovata questa città circondata, per la sua
grande affluenza di persone fuggiasche dai luoghi infetti di Genova, Cuneo, ed altri
paesi, che qui o passavano, o si soffermavano per cercar asilo, e scampare dal morbo
persecutore, sia la medesima per evidente specialissimo prodigio dell’alta sua
Protettrice andata esente, ed illesa dal benché minimo attacco di sì virulento malanno,
propone essere non solo dovere, ma certamente acceso desiderio della stessa
popolazione di rendere le più distinte calde ed adeguate umili grazie all’insigne sua
Benefattrice, per il cui mezzo si ottenne sì segnalato e portentoso divino favore. Al
cui scopo sarebbe il prelodato signor Sindaco di prima classe di parere che questa
civica amministrazione si decretasse un solenne Te Deum, coll’intervento di
monsignor Vescovo, e di tutte le autorità della città, da cantarsi in questa chiesa
Cattedrale in quel giorno, che verrebbe col prelodato monsignore concertato, con
successivo triduo alla B. V. predetta, con intervento di questa civica amministrazione,
in rendimento di grazie per l’ottenuto sommo beneficio, e che ad eternare la memoria
di un sì miracoloso avvenimento la città votasse un qualche pubblico religioso
monumento in attestato della sua perenne profondissima, e divota riconoscenza verso
l’augusta Vergine predetta. I signori Congregati, intesa la surriferita proposizione del
signor Sindaco di prima classe, e la medesima colla massima premura e fervida
soddisfazione accogliendo, penetrati dalla più profonda ammirazione e riconoscenza
verso l’augusta loro benefattrice e protettrice la beatissima Vergine della Salve, e
premurosi di poterne esternare tutti quei pubblici attestati, che sono in loro potere,
compatibilmente alle forze di questa città da infinità di straordinari urgenti già
contratti impegni inceppata, hanno del più unanime e grato consenso, deliberato,
come deliberano doversi cantare in questa chiesa Cattedrale il proposto solenne Te
Deum con preghiera a monsignor Vescovo ed a tutte le autorità della città, da invitarsi
appositamente, d’intervenire, ed in quel giorno, che il signor Sindaco di prima classe,
sarà compiacente di concertare con monsignore, e successivamente celebrare un sacro
triduo alla B. V. predetta con intervento di questa civica amministrazione in
rendimento di grazie del portentoso salvamento dal terribile flagello, che ci
minacciava, e doversi contemporaneamente votare, come vota una somma di lire
ottomila da erogarsi nella formazione di due lampade d’argento da collocarsi nella
cappella, ed avanti all’altare dell’augusta Santissima Protettrice, e nella restaurazione
dei muri, con abbellimento dei medesimi e degli ornati interni della stessa cappella, e
ciò a titolo di doveroso ed umile votivo tributo di perenne divota gratitudine e
riconoscenza di questo pubblico pel segnalato favore da incidersi con analoga
iscrizione in lapide nella stessa cappella”.
Più spaventoso dell’anno precedente fu per Alessandria l’anno 1836. Il terribile
morbo della primavera menava stragi nel regno Lombardo Veneto, nei ducati di
Parma e Piacenza; entrato nell’estate in Tortona si dilatava per tutta quella vasta
diocesi, e dappertutto orribile erano le sue stragi. A sì infauste notizie la nobiltà e la
cittadinanza ebbero tosto ricorso alla loro Protettrice con solenne triduo: durante poi
il lungo periodo del pericolo la cappella della Salve ad ogni ora del giorno era visitata
da ogni classe di persone. Quindi, malgrado l’ospitalità accordata ai fuggitivi di
Tortona, malgrado la tanta vicinanza del morbo, malgrado che fosse entrato nelle
parrocchie della Fraschetta, e paresse volervi menare stragi, malgrado che fosse
pervenuto quasi alle nostre porte, pure pochissime furono le vittime colte nelle
suburbane parrocchie della Fraschetta, ed Alessandria andò, può dirsi per vero
miracolo, esente dal colera. La liberazione di questa città già per due anni avvenuta è
una chiarissima prova del prodigioso patrocinio della B. V. della Salve.
La divozione verso la B. V. della Salve, eredità preziosa ricevuta dai primi
abitatori di Alessandria, e gelosamente trasmessa da padre in figlio pel corso d’oltre
sei secoli, è una certa prova delle grazie infinite, che in ogni tempo ricevettero da
Maria SS. In tutti i pubblici e privati bisogni si ebbe sempre ricorso alla B. V. della
Salve, e sempre si ottenne. Sono innumerevoli i tridui e le novene fatte per implorare
il possente di Lei patrocinio e da questa civica amministrazione e da private persone,
come risulta dai libri antichi e moderni della medesima cappella. Rammentarono gli
antichi, e rammentano i presenti, le opportune piogge, e le serenità da Maria ottenute,
i pubblici e privati bisogni scomparsi, le calamità svanite, le gravi infermità d’ogni
genere sanate, le angustie fugate, le inimicizie riconciliate; le conversioni dei parenti
e degli amici in ogni tempo conseguite. Da questo suo Simulacro la gran Madre di
Dio mostrossi ognora Madre amatissima degli alessandrini e di tutti coloro, che a Lei
ebbero ricorso per qualsiasi loro spirituale o temporale bisogno.
Epperò in contrassegno della loro riconoscenza i Vescovi, Ottaviano Guasco
donativi le inviava da Cremona, Gian Mercurio Arboreo Gattinara le faceva legato
della sua croce preziosa, Giuseppe Alfonso Miroglio le lasciava vistosi legati,
Giuseppe Tommaso De-Rossi, cominciata sotto gli auspici di Lei la S. Visita, ne
promosse generosamente il culto. Il Cardinale Ghilini nel 1787 legò con suo
testamento la preziosa sua croce d’oro guarnita di smeraldi e diamanti, e due suoi
anelli di diamanti del valore in tutto di lire diecimila di Piemonte. Cavalieri e dame,
dopo di aver contribuito viventi al culto di Lei, eterno resero l’attestato di loro
riconoscenza con pingui legati.
CAPO OTTAVO
Solenne Coronazione della B. V. della salve avvenuta il 28 maggio 1843
Alle glorie antiche e moderne della B. V. della Salve ancor mancava, che
solennemente decorata fosse dell’aurea corona vaticana. Monsignor Pasio,
unitamente al Capitolo Cattedrale, considerando l’antichità del culto prestato a questo
venerando Simulacro, e le grazie e i prodigi nel corso di più secoli di Maria impartiti,
e specialmente la mirabile preservazione per due anni consecutivi dal tremendo
colera, porse suppliche a Roma nel 1837 per impetrare l’aurea corona.
Colà vennero con maturità di consiglio esaminati i documenti presentati, e
comprovanti l’antichità del culto e la moltitudine dei prodigi e delle grazie concedute
da Maria venerata in questo suo Simulacro: e finalmente, dopo molti incombenti,
addì 8 maggio 1842 il Capitolo Vaticano emanò il favorevole sospiratissimo Decreto
del tenore seguente:
Ex actis Capitularibus Vaticanis. Testor qui infra, exscriptum fuisse decretum
quod sequitur. Die octava maii anno MDCCCXLII in dicto Capitulo praesentes
adfuerunt reverendissimi Domini Domini etc.
Quum Alexander Sfortia Pallavicinus Comes annuam pecuniam jampridem
collegio nostro in hunc usum reliquerit, ut aurea corona exinde fiat, qua corona
collegium nostrum eas sculptas pictasve Imagines Mariae Dei Matris solenni ritu
exornet, quas veteri Christi fidelium cultu, coelestiumque prodigiorum fama magis
celebrari animadverterit:
quum vero Reverendissimus Episcopus, Collegium Canonicorum, Ordo, et
populus alexandrinus in Insubria collegium nostrum enixe rogaverint, uti ligneae
Imagini Mariae Perdolentis, quam Salve vulgo appellant, ac in Majori templo
veneratur, quod paucis ante annis asiaticae luis terrorem procul civitate depulerit,
firmissimamque civium omnium animis fiduciam indiderit, coronae hujus honorem
velit tribuere:
quum demum collegium nostrum tum postremum hoc beneficium, tum veterem
ejus Imaginis cultum prodigiorumque gloriam ex legittimis documentis vera esse
cognoverit, probaveritque:
DECREVIT
Imagini lignae Mariae Perdolentis, quae communi vocabulo Salve nominatur,
quaeque in Majori templo Alexandrinorum in Insubria pie colitur, Coronam auream
esse tribuendam.
Ut autem decretum hoc adduci ad effectum mature possit, Collegium nostrum
libenter permisit, uti reverendissimo Episcopo Alexandrino, vel per se, vel per alium
Ecclesiae Officio aut dignitate praestantem, unius ex sodalibus collegii nostri vice
fungi liceat, Imaginique superius designatae Coronam auream imponere; dummodo
in re tam gravi et praescripti ritus serventur, et acta legittima totius coronationis
custodienda in tabulario nostro ad facti memoriam perennandam una cum tabula
picta Mariae Perdolentis nostra hac aurea corona exornatae et aliis Imaginibus
lineari pictura impressis ad nos mittantur.
Quod decretum ex actis Colegii ad literam exscriptum Collegii nostri sigillo
munivi.
Datum ex aula Capitulari Vaticana IV
Id Mai an. MDCCCXLII.
Loco + Sigilli
Signat. Rogerius Antici Mattei Conanicus a secretis.
Pro exemplari conformi
Canonicus I. Braggione P. Secr.
Il nostro Regio spedizioniere Trincia, che dopo aver venerato il Simulacro della
Salve, aveva colla massima sollecitudine e devozione promossa la causa, fu munito di
procura speciale da monsignor Pasio per ritirare dalla Tesoreria Vaticana la corona
d’oro: egli la consegnò a S. E. il sig. Conte di Broglia Ambasciatore di S. M., il quale
la trasmise in Torino a S. E. il sig. Conte Solaro della Margarita primo segretario di
Stato per gli affari esteri, e questi la rimise nelle proprie mani del prefato Monsignor
Pasio. Questa corona d’oro è molto pesante, la sua forma è all’imperiale: è tutta
lavorata con vaghissimo disegno eseguito colla più singolare precisione di
cesellature, d’arabeschi, cosicché può dirsi un bel capo-lavoro nel suo genere.
Monsignor Pasio pubblicava intanto colla data 30 settembre 1842 una
festosissima Lettera pastorale, con cui annunziava il faustissimo avvenimento,
eruditamente provava quanto Maria si compiacesse d’essere venerata in questo
Simulacro, ed eloquentemente tutti esortava a concorrere nelle spese necessarie per
fare una festa veramente solenne a gloria di Maria SS., per impegnarla a continuarci
il validissimo suo patrocinio.
Creò poscia una Commissione speciale, composta di tre deputati del Capitolo e
di altri otto personaggi dei più distinti della città, per raccogliere le elemosine dei
fedeli. A gara i cittadini sottoscrissero l’accettazione d’un numero loro beneviso di
azioni a lire cinque caduna; anche in tutta la diocesi si accettarono azioni, e si
raccolsero limosine. Le Confraternite della città fecero pure le loro particolari
oblazioni. Presi i dovuti concerti colle autorità, venne pubblicata la dispensa dalle
solite visite natalizie per tutti coloro, che avessero pagata una quota di lire tre per la
coronazione, e trecento settantadue individui pagarono la loro quota. Si scrissero
lettere particolari a tutti gli alessandrini abitanti altrove, ed ai ricchi esteri possidenti
nella diocesi; e generalmente si ebbero graziosissime risposte con accettazioni di
azioni. Le signore avevano spontaneamente offerto un grandissimo tappeto di Fiandra
per l’altare e per tutto il pavimento della cappella della Salve.
Venne anche proposta dalla Commissione officiosa una Lotteria d’oggetti, e
furono con lettere invitate tutte le signore della città a donare un qualche lavorio delle
loro mani, od altro oggetto, per rendere numerosi i premi da vincersi. Quest’invito
sortì un effetto inaspettato; oltre a cinquecento furono gli oggetti, che le signore
inviarono a gara, in ricami, in quadri, in porcellane, in ori e simili; talché l’aula
capitolare, benché assai vasta, non potendo capirli, fu forza trasferirli nella gran sala
del civico palazzo.
Si pensava frattanto alle feste.
Monsignor Pasio porse supplica a S. M. il Re Carlo Alberto per ottenere la
grazia, che si potessero commissionare i fuochi ai Regii Artificieri. La sovrana
munificenza volle di gran lunga vincere l’aspettativa, ordinando che i fuochi fossero
preparati gratuitamente, e fossero eseguiti sulla gran piazza d’Armi. Questi fuochi
riuscirono compitissimi, e veramente regali, giacché si pose loro mano indefessa sino
da gennaio. Questo tratto di sovrana liberalità attesterà ai più tardi nipoti, quale e
quanto ammirabile fosse la pietà e la divozione di quel religiosissimo nostro monarca
verso la Salve.
Non esistendo un rame rappresentante l’effigie della B. V. della Salve, fu dato
l’incarico di inciderlo al professore Cesare Ferrero di Pavia, il cui bulino era assai
celebrato in Italia per moltissime incisioni a perfezione eseguite. Graziosamente
venne egli stesso a levare il disegno, che riuscì propriamente al naturale. Il rame poi
fu da lui inciso con tutta naturalezza e precisione. S. M., a preghiera del prelato
monsignor Pasio, si degnò d’accettarne la dedica. Il Ferrero poi, oltre al rame, volle
anche incidere sulla pietra litografica lo stesso disegno, e farne graziosissimo dono
alla B. V. della Salve. L’incisione del conio per le medaglie venne affidata a G.
Cerbara, uno dei migliori artisti di Roma, e ne furono coniate in oro, in argento, in
rame, in ottone da quella Zecca pontificia. Queste medaglie presentano da una parte
la cassa coll’effigie della Salve, e l’iscrizione Simulacrum B. M. V. A. Salve. Noncup.,
e dall’altra parte Corona Aur. A. Capitulo. Vatic. Decreta: Alexandriae. Imposta.
MDCCCXLIII. Si scelse pure un valente pittore per l’esecuzione del quadro della
Salve, e questo vene con gran cornice dorata allogato nella Galleria Vaticana.
L’antica Accademia d Scienze ed Arti detta degli immobili, che venera in sua
patrona la B. V. accolse volenterosa l’invito di tenere una pubblica solenne adunanza
per celebrare le glorie della Salve. Gli accademici componimenti furono stampati, e
S. M. degnossi anche di questi accettare la dedica.
Nel centro della Piazza Reale venne eretto un tempietto circolare d’ordine
corinzio, che consisteva in otto colonne sostenenti una cupola. Esse posavano sopra
una gradinata ottagonale, la quale si elevava sopra un basamento pure ottagonale
accessibile per mezzo di quattro larghe gradinate prospicienti ai quattro lati della
piazza. Un altare sorgeva nel mezzo per posarvi il venerando Simulacro. Il diametro
interno di questo tempio era di metri 8,10; il suo pavimento trovatasi elevato sopra il
suolo della piazza di metri 3,00, e la sua altezza totale era di metri 17,40. I dipinti, e
le in dorature essendo stati eseguiti con molta maestria, fecero assai bene risaltare la
vaghezza e regolarità della sua forma, presentando così tutto l’insieme un aspetto
grandioso ed imponente.
Nella Cattedrale poi si eresse un nuovo altare maggiore dilatando il presbiterio
sino alla prima colonna; a destra, nella cappella di S. Baudolino, si preparò una
magnifica Tribuna per S. M. il Re, e per la R. sua Corte; a sinistra nella cappella di S.
Pio, fu costrutta una vastissima Orchestra (Prima del 1875 il nostro Duomo aveva
quattro grandi cappelle nel sito ora occupato dalle cappelle della Salve e di S.
Giuseppe coi rispettivi anditi: ed erano, a destra, le cappelle di S. Baudolino e di S.
Giuseppe; a sinistra quelle di S. Pio e della Madonna della Salve).
L’apparatura poi della Cattedrale venne eseguita dal migliore fra i tappezzieri
di Genova. La nave di mezzo fu apparata con velluto a grandi fiorami cremisi su
fondo bianco; le laterali e le cappelle a damasco rosso; la cappella della Salve a
damasco cremesi con ricchissimo spolino in oro; il tutto era ornato con velluti, trine,
galloni e frange d’oro. Da tutte le arcate grandi e piccole, dai cornicioni e dai volti
pendevano doppi festoni a vari colori riccamente ornati. Lo sfoggio massimo poi
trovatasi sopra l’altare ove venne collocato il venerando Simulacro. Novantasei
bellissimi lampadari di cristallo adornavano tutti gli archi, e le lesene. L’effetto di sì
sfarzoso apparato fu veramente magnifico; divenne poi sorprendente allorché tutto si
vide illuminato da una infinità di doppieri in cera di levante.
Una società anonima preparò una macchina di fuochi da incendersi in una sera
delle feste. Questi fuochi, sebbene di gran lunga inferiori ai donati del Re, fecero
tuttavia un bell’effetto.
Per la musica venne scritturata una numerosissima orchestra composta dei più
valenti professori sì di canto, e sì d’istrumentazione e riuscì di aggradimento
universale.
Siccome tutta la funzione era sacra, così il dì 13 maggio ebbero principio nella
Chiesa di N. S. del Carmine i Ss. Spirituali esercizi, attesoché la Cattedrale era
ingombrata dai preparativi, che vi si facevano.
Sabbato 27 maggio cominciò ad eseguirsi il cerimoniale della coronazione.
Verso sera perciò venne esposto nella Cattedrale il venerando Simulacro; si cantarono
le Litanie Lauretane, l’Ave Maris stella, e si chiuse colla benedizione del SS.
Sacramento. Alla sera venne illuminata la facciata della Cattedrale, secondo il suo
Palladiano disegno. Illuminata a trasparente compariva la cassa col venerando
Simulacro sulla porta di mezzo, e negli altri quattro campi si vedevano gli stemmi di
S. S. Gregorio XVI, di S. E. il Cardinale Mario Mattei Arciprete della Basilica
Vaticana, di Monsignor Pasio nostro Vescovo, delegato a fare l’incoronazione, e del
Capitolo Vaticano. Vi fu pure illuminazione generale della città, la quale riuscì
brillantissima. Fra tutti si distinsero il Palazzo Reale illuminato con moltissime
torchie di cera, il Palazzo civico, quello del Vescovato, e quello del Governatore.
Il 28 maggio, domenica fra l’ottava dell’Ascensione, Monsignor Pasio si portò
alla Cattedrale di buon’ora, e vi ricevette dal reverendissimo Capitolo il giuramento
di conservare in perpetuo sul capo della B. Vergine la corona d’oro, a mente del
legato del fu signor Conte Sforza Pallavicini; e quindi consegnò al medesimo
Capitolo l’aurea corona. Successivamente il Notaio Apostolico signor Canonico D.
Carlo Braggione pubblicò il relativo istrumento, e lesse anche il decreto del
reverendissimo Capitolo Vaticano per la coronazione. Indi Monsignor d’Angennes,
Arcivescovo di Vercelli, che gentilmente accondiscese alle istanze del nostro Prelato,
vestito pontificalmente benedisse la corona posta sopra l’altare maggiore entro un
bacile d’argento, recitando le prescritte orazioni. Dopo ciò la corona venne collocata
nella parte dell’epistola. Si cantò poi la messa pontificale dal prefato Monsignor
Arcivescovo, accompagnata da numerosissima orchestra.
Il piissimio Sovrano Carlo Alberto, per un tratto specialissimo di quella
religione che cotanto il distinse, ai già dati esempi di particolare devozione verso M.
SS. della Salve, quello degnassi di aggiungere di decorare coll’augusta sua presenza
le sacre funzioni della coronazione unitamente alle LL. AA. RR., i Duchi di Savoia e
di Genova, S. A. Serenissima il Principe di Carignano, e S. A. R. il Principe di Lucca,
col rispettivo loro corteggio e molti altri alti personaggi della Corte Reale.
Assistevano alla sacra funzione in abiti pontificali i Vescovi Monsignor
Malabaila di Casale, Monsignor Negri di Tortona, Monsignor Contratto d’Acqui,
Monsignor Ghilardi di Mondovì, Monsignor nostro Pasio, le due Collegiate della
città, il clero secolare e regolare, e tutte le autorità civili e militari: talché questa
coronazione riuscì certamente una delle più splendide e magnifiche, che mai si sieno
celebrate.
Dopo la messa pontificale si trasportò processionalmente dalla Cattedrale al
tempietto sulla piazza reale il venerando Simulacro, preceduto dall’aurea corona,
portata sopra un magnifico cuscino dal Can. Ansaldi, vestito di argentea dalmatica.
Collocato il venerando Simulacro sull’altare eretto in quel tempietto, venne
consegnata l’aurea corona al prefato Monsignor Arcivescovo, tuttora vestito
pontificalmente: ed egli intonata l’antifona Regina Coeli, etc., proseguita da una lieta
sinfonia, la impose sopra il capo della B. V. della Salve, dicendo: Sicuti per manus
nostras coronaris in terris, ita et a Christo coronari mereamur in coelis. In questo
momento salutarono Maria, il suono delle campane di tutta la città, il fragore delle
artiglierie e delle fucilate della guarnigione, il suono delle musiche militari ed il sordo
plaudente mormorio dell’immensa moltitudine spettatrice dalle finestre, dalle logge,
dai tetti, dalle contrade e da tutta la gran piazza.
Quindi si cantò il Te Deum in ringraziamento di tanto beneficio, poi recitato il
De profundis per il Legante Sforza Pallavicini, ed un Pater ed Ave per il Rev.mo
Capitolo Vaticano, vene impartita la benedizione papale. Finalmente ritornò la
processione alla Cattedrale, lasciando esposto sull’altare del tempietto sulla piazza il
venerando Simulacro, la cui gran cassa d’argento faceva bellissima comparsa,
essendo tutta imbrunita e dorata a nuovo, avente sulla base una vaghissima ghirlanda,
lunga nove piedi, di fiori finti delle Fieschine di Genova, dono del signor Abate
Bruna cappellano della R. Marina. Il venerabile Simulacro poi era ornato da nuovo
superbo manto bianco, ricamato in oro, dono degli studenti di questo real collegio. Le
gioie, le perle, le croci vescovili, gli ordini cavallereschi e gli innumerevoli fregi
d’oro furono distribuiti sopra di esso con regolare disegno.
Il programma delle feste stabiliva che il venerando Simulacro rimanesse
esposto in piazza, festeggiato da sacra salmodia sino all’ora della processione
generale. Ma che? Per un’improvvisa pioggia con vento che bagnava l’interno del
tempio in piazza, si dovette coprire il Simulacro, e riportarlo nella Cattedrale. Non
potendosi pertanto fare la processione, Monsignor Ghilardi Vescovo di Mondovì salì
il Pergamo, e trattenne lungamente l’immenso popolo sopra la devozione alla B. V., e
si terminò la festa colla benedizione del venerabile.
Alla sera però essendosi rasserenato il cielo furono incendiati sulla piazza
d’Armi i grandissimi fuochi artificiali donati da S. M. Nel giorno 30 alla mattina vi fu
messa pontificale con gran musica, e verso sera vi fu processione generale con
intervento dei sopraddetti prelati; le contrade onorate dalla processione erano tutte
sfarzosamente addobbate, e grandissima fu la calca degli spettatori anche forestieri,
che a tal uopo si erano fermati. Nel giorno seguente vi fu pure pontificale, in cui,
come nel giorno avanti, vennero da valentissimi oratori dette le lodi della B. V. della
Salve. In questo giorno verso sera vennero incendiati i fuochi artificiali a spese di una
Società anonima, i quali furono universalmente applauditi. Negli altri successivi
giorni dell’Ottava si cantò sempre la messa e vespro con grande orchestra.
Finalmente nel giorno 5 giugno, ottava della coronazione e festa di Pentecoste, vi fu
messa pontificale con bella musica, ed in essa monsignor nostro Vescovo impartì la
benedizione papale.
A mezzogiorno venne fatta l’estrazione della lotteria sulla piazza Reale con
banda militare. Verso sera dopo i vespri solenni in musica venne fatta intorno ala
piazza la processione col venerabile Simulacro, e di ritorno alla Cattedrale, dopo il
canto del Te Deum, si chiusero le feste colla benedizione del venerabile. In tutta
l’ottava il venerando Simulacro stette esposto su apposito palco sopra l’altare
maggiore illuminato da moltissimi cerei.
In questa guisa ebbero fine le feste della coronazione, la quale formerà
un’epoca gloriosissima per Alessandria, sì, perché il suo Simulacro della Salve sarà
da tutti riconosciuto come antico e prodigioso, sì, perché il magnanimo Re Carlo
Alberto volle decorarla per alcuni giorni di sua augusta presenza, sì, perché ogni
ordine gareggiò nel dimostrare la sua divozione a Maria SS.: mentre l’introito fra
azioni, offerte, lotterie, limosine accese alla vistosissima somma di lire
quarantaquattro mila, quattrocento cinquantatre e centesimi sessantaquattro; somma
che tra apparature della Cattedrale, musiche, tempio sulla piazza Reale, pitture, rami
e medaglie ed altre spese, venne tutta consunta, e non sopravanzarono che lire
duemila settecento novantatre, colle quali furono comprati i lampadari di cristallo per
tutta la chiesa Cattedrale, che saranno monumento della pietà dei fedeli, e della fatta
incoronazione.
CAPO NONO
Continuazione di grazie dal 1843 al 1863
Fra le grazie ottenute per intercessione della B. V. della Salve dopo la solenne
sua incoronazione quella principalissima devesi riferire concessa allo stesso
Monsignor Vescovo Pasio, che tanto adoperato erasi, affinché il venerando Simulacro
con decorato venisse dalla vaticana corona. Egli, come presidente capo del
Magistrato sopra gli studi risiedendo in Torino, venne sorpreso da paralisi alla faccia,
protendentesi alla mano destra. Appena ricevuta la triste notizia, il Capitolo si rivolse
alla B. V. della Salve. In modo insperato, dopo brevissima cura medica, avendo egli
ricuperata la pristina salute, questa egli soleva attribuire alla protezione di Maria SS.
della Salve. Epperò reduce appena alla sua sede episcopale ordinava un ricco
apparato di serici arazzi per ornamento di tutta la cappella; e poi, coll’assistenza del
Capitolo della Cattedrale e dei seminaristi, celebrava all’altare della Salve messa in
rendimento di grazie, ed offeriva un prezioso calice in memoria dell’ottenuta
guarigione.
Nell’autunno dell’anno 1847, essendo caduto il fulmine in modo spaventevole
sopra l’episcopale palazzo, penetrando nella cappella, nelle sottoposte camere, dove
molte persone stavano lavorando, senza arrecare alcun danno a questi, e senza
guastare i muri dipinti a fresco e gli ornamenti della cappella, eccetto che abbruciò la
cortina di una finestra, volle il pio prelato attribuire alla protezione di M. SS. della
Salve, se egli medesimo e la sua casa erano usciti illesi da tanto pericolo, e ne diede
pubblica testimonianza, offerendo alla cappella della Salve una ricca pianete di
broccato, ed ivi celebrando il santo Sacrificio coll’assistenza dei Canonici della
Cattedrale e dei seminaristi.
Nella guerra del 1849 e del 1850, la città di Alessandria, malgrado il passaggio
delle truppe, e la permanenza del quartiere generale di S. M. il Re Carlo Alberto,
nulla ebbe a soffrire, sebbene fatta la pace, siasi avuta guarnigione mista. Accadde
bensì lo scoppio di un cassone di granate cariche; ma ciò avvenne nella piazza Reale,
per cui furono rotti moltissimi vetri e ben pochi ebbero a soffrire, Ciò tutto vene dal
popolo riconosciuto come una grazia particolare della sua protettrice Maria SS. della
Salve: ed i signori fratelli Pietro Antonio e Canonici Carlo e Giovanni Battista
Braggione, dinanzi alla cui casa avvenne lo scoppio, in ringraziamento donarono alla
cappella della B. V. della Salve una stupenda pianeta ricamata in oro e seta.
Successivamente il Canonico Carlo Braggione donò ala stessa cappella un quadro
rappresentante la SS. Annunziata, ed un altro rappresentante l’arcangelo Raffaele con
Tobia, pitture magnifiche del famoso Moncalvo.
Una grazia singolarissima ottenne una donna forestiera attratta nelle gambe, la
quale pregò il sacrestano ad aprirle la porta della scala, che metteva al camerino dove
riposava il venerando Simulacro. A carpone ed a stento salì la scala, e dopo lunga
preghiera la discese pure a stento. Ciò a ripetuto in diversi giorni, e finalmente
saltellando calò la scala, e disse tutta allegra e contenta che la B. V. della Salve
l’aveva guarita.
La M. R. Madre suor Angela Giuliana Savio, Orsolina di Alessandria, depose
come segue: “Io ricevetti per intercessione di Maria SS. della Salve lì 8 settembre
1850 guarigione istantanea da una malattia, che mi tenne inchiodata in letto per
cinque mesi e undici giorni con sessantaquattro operazioni di sangue, ed altri infiniti
rimedii. Più volte viaticata, mi venne impartita la benedizione papale, mentre a
giudizio di cinque medici non eravi più alcuna speranza di vita. Nel primo giorno
della novena della Natività di Maria SS. Monsignor Pasio ed il signor Canonico D.
Giuseppe Morini mi dissero di fare una novena a Maria Santissima della Salve, con
tre Ave Maria mentalmente (non essendo in grado di recitarle) mentre essi
l’avrebbero fatta più compita, onde ottenere la mia guarigione. Nel giorno sette,
vigilia della Natività venni di nuovo viaticata, e nel giorno otto al mattino mi si
aumentò a dismisura il male con un’ardentissima febbre, sicché il signor Canonico
Morini, che mi assisteva, perdette ogni speranza. Ad un’ora dopo il mezzogiorno
venni senza avvedermene colta da un dolce sonno, mentre durante tutta la malattia,
malgrado una quantità d’oppio, non mi riesciva di poter chiudere palpebra, né di
giorno, né di notte. Mi svegliai alle due ore pomeridiane, sana e salva; stupita di
questo cambiamento, chiamai la buona Margarita di servizio, i feci dare gli abiti, mi
vestii da sola, sbalzai di letto senza appoggio, e camminai sola per la camera. Al
domani mi portai in chiesa a prendere la benedizione del Venerabile, previo il canto
dell’inno ambrosiano, in ringraziamento della portentosa grazia ottenutami dalla B.
Vergine della Salve. Da quell’epoca in poi sino al corrente anno 1863, non sono mai
più caduta in grave malattia”.
Nella guerra 1859 e 1860, malgrado che qui soggiornassero le numerose truppe
francesi, non si ebbe a deplorare verun sinistro, eccetto i gravi incomodi degli alloggi
militari. In quell’occasione l’Imperatore Napoleone III venerò il portentoso
Simulacro della Salve, esposto sopra l’altare maggiore, ed in monumento di sua
imperiale munificenza donò un superbo calice d’argento, ornato di brillanti, con
relativa patena, e due bellissime ampolle d’argento, posate sopra un piatto storiato
esso pure d’argento.
CAPO DECIMO
Altre grazie straordinarie dal 1863 al 1885
A compimento dei cenni di grazie straordinarie lasciaticisi dal Prevosto
Ansaldi, pure omettendo di parlare di altri fatti, dei quali non si sono potute avere
esatte informazioni, si ricordano qui alcuni più assicurati, ed accaduti in questi ultimi
anni.
Un fatto strepitoso che esce fuori dell’ordine naturale, tenuto in conto di
prodigio da un numeroso popolo, che era presente, accadde fin dal 1868 ad un tale G.
B., il quale va ripetendolo ancora oggidì come una grazia singolare della B. V. della
Salve. Egli trovatasi in Alessandria come operaio presso un negozio al tempo
dell’incoronazione del prodigioso Simulacro di Maria SS. della Salve (1843).
Sentitosi intenerito e commosso a questa solenne funzione, ne comperò la relazione
stampata, e la medaglia commemorativa; e si propose di recitare ogni giorno in onore
della Regina del cielo una Salve Regina: e questa (se gli fu impedito dal continuo
lavoro di recitare altre preghiere) mai non tralasciò. Dal negozio di Alessandria era
quindi passato al servizio delle ferrovie nella stazione di A., città della nostra
provincia. Era il lunedì 13 luglio di detto anno 1868, giorno di grande concorso alla
fiera che si teneva in detta città per la festa patronale del luogo. Ora avvenne che,
venuto di Alessandria il treno verso le ore 5 pomer., discesi il fuochista ed il
macchinista, e distaccata la macchina, il B. vi salì per la consueta manovra girandola
verso Alessandria: ma o per isventura, o per guasto della macchina stessa, questa si
mise ad una precipitosa corsa, senza che gli sforzi del conduttore, e il girare disperato
della manovella la potessero trattenere, non essendosi neppure attaccato il tender, di
cui si avrebbero potuto stringere i freni.
La gente, che era molta alla stazione, massime di forestieri che aspettavano la
partenza dei treni, faceva cenni e gridava al poveretto di gettarsi a terra; ma il B. che
temeva di esser cagione di funesti incontri sul binario che percorreva, a null’altro
badava, che a riparare la rovina. Dopo circa 6 chilometri la corsa volge direzione in
senso contrario, e la macchina ritorna, vola, precipita, entra nella stazione e non si
arresta. Fu un momento di suprema angoscia pei numerosi circostanti impiegati,
cittadini, forestieri: il binario termina contro un alto muro a cui sono appoggiate le
travi di una tettoia, e contro il quale finiscono le rotaie. Povero B.! egli è perduto! Era
la esclamazione di tutti; ed il B. stesso che era al focolare, e però il primo esposto
all’urto, si teneva per morto. In quel supremo istante si premette colle mani il cuore:
“Maria SS. della Salve, mi raccomando a voi, a voi raccomando la mia povera
famiglia”, poté appena proferire, e la macchina aveva urtato sì furiosamente il muro,
spesso 60 centimetri, da aprirvi una larga breccia. La polvere, i frantumi, i massi
enormi che cadevano, nascosero la macchina e chi vi stava sopra, fra il compianto di
tutti. Ma la macchina passò oltre, ed affondata colle ruote nel terreno, coltivato ad
orto, si arrestò: ed il B., illeso, intatto, sano e salvo, coperto soltanto di bianca
polvere, discese, e fu accolto e accompagnato a casa dalla gente accorsa, tutta
stupefatta del prodigioso avvenimento, e più ancora della calma, con cui egli loro
rispondeva. Lo stesso Ispettore sanitario della ferrovia, signor dottor R., che il giorno
appresso, veduto il luogo del disastro, era andato a visitarlo, non trovò lesione, né
contusione di sorta, salvo l’agitazione del pericolo passato (Questo fatto ebbe
migliaia di testimonii, dei quali moltissimi vivono ancora. La moglie del B. la sera
del 9 luglio corrente 1885 e la mattina del giorno appresso, 10, il B. stesso si
compiacquero di riconfermarlo colle più minute circostanze al nostro Arciprete
Jachino parroco della Cattedrale, che ne stese accurata relazione; e ne appesero nella
cappella di M. SS. della Salve, in riconoscenza della grazia ricevuta, una tavoletta
dipinta. I due coniugi inoltre riconoscono dal patrocinio di Maria SS. della Salve, a
cui si erano con fiducia raccomandati, la guarigione della loro figlia Angela, che dopo
sei mesi di dolorosa malattia, disperata d’ogni sussidio dell’arte, ara ridotta in fin di
vita; e la liberazione da una ostinata oftalmia, ribelle ad ogni rimedio, dell’altra loro
figlia Maria votata alla Vergine della Salve).
Nell’anno 1873 certa suor Domenica Teresa Garrone, monaca nel monastero
delle Domenicane in Alba, trovatasi già da molti mesi attratta in tutte le sue membra
in modo tale, che a stento poteva muoversi coll’aiuto di due stampelle. Il P.
confessore di detto monastero, venuto in Alessandria, e visitato il taumaturgo
Simulacro di M. SS. della Salve, concepì il pensiero di suggerire alla suora inferma di
raccomandarsi ad essa per la guarigione. Tornatosi in Alba, le diede il divisato
consiglio, animandola a piena fiducia di venire esaudita. La suora cominciò tosto una
novena; quando una mattina, durante la stessa novena, e precisamente nel giorno di
Pentecoste, 1 giugno, giorno di chiusa del santo mese mariano, nel punto istesso, in
cui il sacerdote celebrando innalza all’adorazione dei fedeli l’Ostia sacrosanta,
sentissi la suddetta suora come fuggirle di dosso tutti i suoi mali, e in un baleno
rimase guarita. Lasciate le stampelle in un angolo della chiesa, se ne uscì senza aiuto
alcuno sana e rinvigorita; ringraziando Iddio della grazia fattale ad intercessione di
Maria SS. della Salve. Di questa grazia fu tosto spedita relazione a Monsignor
Vescovo, il quale da pochi mesi si trovava in questa città.
Nell’anno 1876 il sig. C. F., distinto artista di questa città, e che aveva
eseguito, d’incarico del Can. Pietro Parnisetti, un importante lavoro per la Madonna
della Salve, viaggiava in vettura per alcune terre della Lomellina con altri membri di
sua famiglia, quando il cavallo, impauritosi, prese a correre a briglia sfrenata, e
rovesciando infine la vettura ed i viaggiatori, con evidente pericolo di irreparabile
rovina. Vedendosi a sì mal partito si raccomandarono essi alla Madonna della Salve,
la quale li esaudì: tranne lo sbigottimento del corso pericolo, nessuno ebbe a soffrire
altro male. Di che riconoscente, il sig. C. F., narrato l’accaduto al Can. Pietro
Parnisetti, in rendimento di grazie alla Pietosissima Liberatrice condonava la somma
di circa cento lire (95,70) che tuttavia gli spettava per gli eseguiti lavori, come risulta
dai registri delle offerte.
A questo proposito sarà bene ricordare come durante il lungo corso dei lavori
di restauro, e quasi ricostruzione della nostra Cattedrale, non sia accaduta veruna
grave disgrazia. Un muratore fu bensì in pericolo di cadere dall’alto campanile,
mentre si lavorava ad abbatterlo; ma vi fu pronto chi lo trattenne gagliardamente, e lo
salvò. Un mattone cadde pure dall’altezza dei ponti, e colpì uno dei garzoni; ma non
gli produsse che una leggera contusione al capo, della quale poté in pochi giorni
guarire, e ripigliare il suo lavoro. Se si riflette come in tutte le grandi opere di
costruzioni siano inevitabili le disgrazie, non si tarderà a riconoscere essere stata qui
visibile la divina assistenza. E bene la riconoscevano i nostri lavoranti, i quali a
quando a quando parlandone, erano soliti di attribuirla al patrocinio ed
all’intercessione di Maria SS. della Salve.
Durante la solenne novena di Maria SS. della Salve dell’anno 1883, un giorno,
terminata la funzione vespertina, un sacerdote stava per uscire di sacristia, quando un
giovane militare lo fermò domandandogli se avesse potuto ascoltarlo. Condottisi in
luogo appartato, il giovine militare diede in uno scoppio di pianto; poi calmatosi
alquanto, disse: sono un giovane disperato; ho perduto la fede! Il sacerdote si provò
di confortarlo, domandandogli senz’altro, se avesse mai avuta divozione alla
Madonna. Il giovane militare mandò un sospiro, poi disse: sì, alla Madonna ho
sempre avuto divozione sin da fanciullo. La imparai dalla buona mia madre; mi
confermai in essa al Santuario di N. S. di Oropa, da me parecchie volte visitata; fui
educato bene, in collegi retti da buoni ecclesiastici; ma che vuole? Giunto
all’università, letture e compagnie cattive mi sedussero, mi sono gettato al male, ho
perduto la fede; ora la coscienza mi rimprovera, il rimorso mi strazia; non ho pace,
non ho bene … e continuava a piangere. – L’avete veduta, l’avete pregata la nostra
Madonna della Salve? – Sì, rispose il giovane angosciato, ed è appunto dinanzi al suo
Simulacro, che mi sono sentito più fortemente agitato; ho sentito il bisogno di mutar
vita, di ritornare a Dio. Dopo ciò il sacerdote, che era appunto lo scrivente, si
intrattenne ancora col giovane militare in parole di conforto; e il giorno appresso
aveva la consolazione di riceverne la confessione, e di riconciliarlo così con Dio e
con se stesso, facendogli rigustare le gioie di quella fede, che il poveretto aveva
fortunatamente ritrovata appié di Maria.
A corona di tutto ciò non sarà discaro al divoto della Madonna della salve, che
noi ascriviamo al materno patrocinio di questa nostra pietosa Madre e Regina l’essere
stata la città nostra un’altra volta preservata dall’infezione colerica, che nel passato
anno visitò e flagellò terribilmente parecchie altre città d’Italia. Per invocare scampo
e salute ci siamo raccolti nella sua cappella, e prostrati innanzi al suo trono, abbiamo
dapprima celebrato un solennissimo triduo a suo onore nei giorni 6, 7 e 8 di
settembre, e poi per tutto il mese di ottobre ci siamo intrattenuti in quotidiani esercizii
di pietà per invocare il suo aiuto. I pochi casi avvenuti in città, ci avvertirono che noi
non avevamo punto il privilegio dell’immunità dal pauroso malore; e che per
conseguenza, se ne siamo scampati, dobbiamo in ciò riconoscere una prova novella
della materna protezione di Maria, che ascoltò pietosa le nostre preghiere, e le esaudì.
Sarebbe impossibile voler enumerare tutte le grazie che la B. V. della Salve
continuamente accordò ed accorda a chi di cuore la invoca. Tanto più che se molte
vengono accompagnate da circostanze, che hanno del rumoroso e dello straordinario,
sono però assai più quelle che discendono, a guisa di soave e tranquilla rugiada, a
confondere il cuore di chi ha umiliata la preghiera con affetto e confidenza filiale a
Maria. Quest’affetto, questa fiducia dagli alessandrini si succhia, a così dire, col latte
materno. Le circostanze più notabili della vita si santificano qui ai piedi del suo trono;
a lei si confidano gioie e dolori. Il nodo nuziale o è stretto a’ suoi piedi, o, se è stretto
altrove, qui viene a cercare una benedizione ancora, che più saldo, più santo, più
fecondo lo renda, e più giocondo nella prole che se ne spera, e sulla quale si
implorano anticipate le benedizioni di Maria. – A Lei ogni madre si fa lieta premura
di condurre i suoi pargoletti per implorare per loro guida, lume, conforto per l’aspro
cammino della vita. – A Lei, che ci si presenta oppressa da agonia mortale, si ricorre
per conforto nelle ambasce, nelle pene, tante volte insopportabili; e si acquista la
pace, la rassegnazione, la speranza: e sappiamo di disperati, che avrebbero posto fine
ai propri giorni, se Maria SS. della Salve non avesse loro ispirato l’amore alla vita e il
desiderio di impiegarne il rimanente in giovamento proprio e altrui.
Del resto chi voglia stupire delle grazie concedute da Maria, osservi gli attestati
di riconoscenza a Lei offerti, miri i voti pendenti nella sua cappella, ammiri la
cappella stessa e l’argentea cassa, rinnovata dopo l’incendio del 1876, e da vicino
enumeri i diamanti, le perle, i topazi, le ametiste, i rubini, gli smeraldi, le grandi e
piccole decorazioni di Ordini militari, i gioielli d’ogni genere, le smaniglie, le collane
d’oro, di cui in pochi anni è stato ricoperto il Simulacro in sostituzione di quelli, che
furono consumati nel lamentato incendio. Dopo ciò sappia, che quanto di ricco e di
belo ora ricopre il venerando Simulacro, non è che l’effetto della riconoscenza a
Maria dimostrata a nostra stessa memoria.
Quindi conchiuda essere veramente miracolosa la protezione, che la gran
Regina del cielo accordare si compiacque a tutti coloro, che la venerano in questo uso
prediletto Simulacro. Ond’è, che meritamente i nostri antenati. Presi da piena fiducia
nel patrocinio di Maria, interpretarono in questa guisa le lettere componenti la parola
Salve: Sempre Alessandria La Vergine Esaudisce.
CAPO UNDICESIMO
Delle feste e delle pubbliche funzioni in onore della B. V. della Salve
Vane riuscirono le più diligenti indagini per riconoscere in quale giorno si
festeggiasse la B. V. della Salve prima del 1489. In quell’anno però, attoniti gli
alessandrini ai tanti prodigi operatisi da Maria SS., esultarono di gioia al vedersi
possessori d’un si portentoso Simulacro; e per dimostrarne la più viva riconoscenza
alla B. Vergine, ordinarono che festivo fosse in perpetuo il 24 aprile, giorno del
primo miracolo, e che in tal giorno fosse fatta la processione delle Litanie maggiori
portandosi il venerando Simulacro con intervento di tutto il clero secolare e regolare,
e delle confraternite.
A quell’epoca pure, ne accertano Schiavina, Ghilini, Borgonzio e Chenna, ebbe
principio la pia consuetudine tuttora vigente, che in ogni sabato, finita l’officiatura
della sera, i Canonici e i cappellani si portino alla cappella della Salve, dove cantasi
la Salve Regina, o altra antifona finale secondo i tempi; e quindi le Litanie Lauretane,
conchiuse con una orazione analoga alla S. Croce ed al Simulacro di Maria SS.
Nello stesso anno 1489, a detta del Borgonzio, cominciò a celebrarsi alla
mattina di ogni sabbato , in aurora, una messa in musica, seguita dal canto delle
litanie ed ella Benedizione col SS. Sacramento. Questa consuetudine è tuttavia
osservata, meno la musica che si tralasciò già da molti anni.
Una festa poi solenne, seguita da solenne novena, si prese a celebrare ogni
anno fin dal 1644, nella domenica in Albis. Ed eccone l’origine, riportata dal Ghilini
all’anno citato.
Filippo IV Re di Spagna, a cui obbediva in quel tempo Alessandria, attese le
molteplici avversità e le vive guerre, in cui trovatasi impegnato, ordinò che, ogni
anno, in tutti i suoi stati si facesse una processione colla statua di Maria Vergine nella
domenica in Albis, e si celebrasse successivamente in suo onore una novena.
In Alessandria pertanto, dopo il vespro della domenica in Albis di detto anno
1644, il 3 aprile, coll’intervento di tutto il clero secolare e regolare, si portò in
processione la miracolosa statua di Maria SS. della Salve, la quale, finita la
processione, fu collocata alla parte destra dell’altare maggiore, e vi si lasciò esposta
con grande apparato di lumi per tutta la successiva novena, nel corso della quale si
cantò ogni giorno messa solenne.
Tale esposizione straordinaria del venerando Simulacro della B. V. nell’aperta
chiesa risvegliò grandissima divozione nel popolo. Ogni giorno intervennero alla
messa solenne parrocchiani e confraternite di ciascuna parrocchia della città per
turno; e vi intervennero inoltre il Governatore, l’Ufficialità, i Tribunali, la nobiltà, e
gran calca di cittadini e forestieri. Fu veramente meravigliosa, dice il Ghilini, la
continua frequenza di divoti di Maria SS., alla quale si feriva in gran copia cera,
denaro, ed oggetti di molto valore. Il Collegio dei Notai e Procuratori, i Massari delle
chiese di Borgoglio, e di tutta la città, ed ogni Arte offersero, tutti separatamente, un
grosso cereo.
Il fervore cagionato da quella straordinaria funzione ordinata dal Principe non
cessò con essa, che anzi la domenica in Albis fu d’allora in poi considerata come
sacra alla Madonna della Salve; e così la festa e la novena cominciatesi nel 1644
continuarono a celebrarsi anche negli anni seguenti con sempre crescente trasporto
dai cittadini e con grande affluenza di forestieri.
Nella ricorrenza di questa solennità si presero nel corso degli anni ad offerire
alla B. V. grossi cerei da tenersi accesi dinanzi al suo Simulacro. I pescatori, che, a
detta del Borgonzio, qui venivano ogni settimana dalla Liguria, avevano essi
cominciato fin dal 1489 ad offerire un grosso cereo provveduto con limosine da loro
raccolte ogni sabbato. I nostri pescatori del Tanaro e Bormida presero in seguito a
fare essi l’offerta il mattino della domenica in Albis. Le confraternite della SS. Trinità
e di S. Sebastiano, le quali, giusta lo stesso Borgonzio, fin dal 1489 avevano reso ad
offerire ciascuna un grosso cereo di parecchi rubbi alla Madonna della salve,
adottarono di portarlo l mattino della domenica in Albis processionalmente durante la
messa; ed un altro grosso cereo, non si sa bene da qual tempo, si cominciò pure ad
offerire da una società di Negozianti di Alessandria. – Nel 1713 il Marchese
Tommaso Ghilini faceva il voto di offerire, ed offeriva in seguito in rendimento di
grazie un cereo di parecchi rubbi, decorato del suo stemma gentilizio, ed il municipio
nel 1796 faceva voto di intervenire ogni anno alle solenni funzioni della domenica in
Albis facendovi l’offerta di un cereo di rubbi cinque ornato dallo stemma della città.
– La famiglia Marchionale Cuttica di Cassine fin dal 1758 legava l’offerta di sue
sacchi di grano da farsi annualmente alla B. V. nella ricorrenza di tale solennità. –
Altre offerte di cera, consistenti in grossi mazzi di candele, si offerivano pure da
ciascuna delle parrocchie della Città, le quali venivano processionalmente a
presentarle parte nel pomeriggio della domenica in Albis, e parte nel pomeriggio
della domenica seguente.
Coll’andare del tempo però seguirono alcune mutazioni negli oblatori dei cerei;
giacché prima i pescatori, poi il municipio, e finalmente, da pochi anni, anche la
nobile famiglia Mathis, erede del Marchese Ghilini, cessarono di fare la loro
tradizionale offerta. Vi fu però chi si incaricò di supplirvi; e come il reverendissimo
Capitolo provvide all’offerta del cereo non più offerto dal municipio, così da diversi
oblatori si è potuto raccogliere fin dal 1847 da supplire a quello dei pescatori; e in
ultimo anche a quello di casa Mathis.
Dopo il vespro a grande orchestra, nella domenica in Albis si seguitò pure ogni
anno a fare la processione generale con intervento di tutto il clero secolare e regolare,
e di tutte le confraternite, portandosi la gran cassa d’argento col Simulacro di Maria
SS. della Salve, seguito da gran calca di popolo divoto.
Così so vene celebrando la festa di Maria SS. della Salve fino al 1878.
Nel 1879 poi, avendo l’attuale Monsignor Vescovo Pietro Giocondo Salvai
impetrata l’elevazione di rito di questa festa da doppio maggiore a doppio di prima
Classe con ottava, assegnata dalla S. Sede alla seconda domenica dopo Pasqua, a
questa trasportata venne la celebrazione della grande solennità, resa in quell’anno più
memoranda dalla coincidenza per la riapertura e dedicazione della restaurata
Cattedrale. In tale occasione, dietro concerti presi tra Monsignor Vescovo ed il
reverendissimo Capitolo, si stabilì che tutte le offerte solite a farsi alla Madonna della
Salve ripartitamente in giorni ed ore diverse, si dovessero fare al tempo stesso,
all’offertorio cioè della messa solenne, che da quell’anno Monsignor Vescovo stabilì
di celebrare con tutta la maestà dei riti pontificali. Inoltre Monsignore nel 1800 ebbe
modo di introdurre il panegirico a maggior decoro della solennità, e poscia anche la
predicazione in ciascun giorno della novena; si sono così introdotte notevoli
modificazioni nella celebrazione di questa nostra specialissima solennità, la quale
riveste al presente un’importanza ed uno splendore al tutto particolare. Eccone un
breve cenno.
A mezzogiorno del sabbato precedente la seconda domenica dopo Pasqua, al
suono festivo delle campane della Cattedrale, si fa l’esposizione del venerando
Simulacro alla balaustrata del presbiterio dell’altare maggiore, dove si compone una
specie di altare adorno di un grande apparato di lumi: dinanzi ad esso campeggiano le
due magnifiche lampade del municipio collocate su apposito basamento; e allato si
collocano i due sacchi di grano offerti dalla mobilissima famiglia dei Marchesi
Cuttica di Cassine.
Verso sera si cantano solennemente dal reverendissimo Capitolo i primi vespri.
Il mattino della domenica, ad ora competente, ha luogo la celebrazione di una
messa per la comunione generale; indi, verso le ore 9 si celebra la messa pontificale a
grande orchestra, e con assistenza, oltre del Capitolo della cattedrale, anche delle
Collegiate, e dei parroci della città e sobborghi. Dopo il vangelo si dice il panegirico,
all’offertorio poi ha luogo la presentazione delle offerte di cera fatte dalle Compagnie
della Dottrina cristiana della città (quest’anno – 1885 – hanno cominciato a prendere
parte a queste offerte anche le parrocchie suburbane di S. Giovanni Evangelista e
degli Orti), e de’ grossi cerei, dei quali si è più sopra parlato, e che sono al presente
offerti il primo dal Capitolo della Cattedrale, il secondo dalla confraternita della SS.
Trinità, il terzo dalla confraternita di S. Sebastiano, il quarto da una società di
Negozianti, il quinto per disposizione di una persona particolare, ed il sesto con
limosine raccolte fra i pii benefattori. Talora vi si uniscono anche persone private a
portare nella stessa occasione loro offerte particolari. Il Vescovo pontificante riceve
all’ingresso del presbiterio queste offerte, che si dispongono in bell’ordine dinanzi al
venando Simulacro, ed i grossi cerei si infiggono in sei appositi candelabri e si
tengono accesi in tutte le funzioni della festa e della novena, e quindi nelle principali
funzioni, che si celebrano all’altare di Maria SS. della Salve, ove restano poi collocati
fino all’anno seguente.
Alla sera, dopo i vespri pontificali, pure a grande orchestra, si fa la processione
generale col trasporto del miracoloso Simulacro, e la solennità si chiude colla
benedizione del SS. Sacramento preceduta dal canto delle Litanie lauretane,
dell’antifona Regina Coeli, e del Tantum ergo in musica.
Per assistere a questa funzione vespertina, e specialmente alla processione, è
notevole l’affluenza di popolo anche dai circostanti paesi.
Al lunedì comincia la solenne novena; in ogni giorno di essa si canta messa
solenne con musica: alla sera poi, dopo l’ufficiatura corale, ha luogo la predica, e
quindi la benedizione col SS. Sacramento preceduta dal canto dell’antifona Regina
Coeli, dalle Litanie, e dal Tantum ergo sempre in musica a grande orchestra.
La domenica seguente, ottava della solennità, si celebra la festa del Pio Istituto
delle signore della carità pei poveri infermi a domicilio. In questo giorno le signore
aggregate al Pio Istituto raccolgono alle porte della Cattedrale le limosine a vantaggio
del Pio Istituto medesimo.
Ogni giorno, durante l’esposizione del venerando Simulacro è grande, come
nei tempi andati, il concorso di divoti a venerare in esso la nostra Protettrice e
Regina, Maria SS. Questo concorso ha poi dello straordinario, e riesce di grande
edificazione massime alla sera sino a tarda notte, tanta è l’affluenza dei cittadini
d’ogni età, d’ogni grado e condizione, che si succedono a gruppi, a torme, a famiglie
intiere nel recarsi a fare la loro visita alla Madonna.
Quest’uso antichissimo, e pur sempre in vigore, è una delle più belle prove
della vivezza di affetto degli alessandrini a Maria SS., e della piena fiducia, che
ripongono costantemente nel materno possente Patrocinio di Lei.
Il primo martedì di luglio si celebra alla cappella di Maria SS. della Salve la
festa della Pia Società per le missioni diocesane posta sotto il patrocinio di Maria SS.
della Salve e di S. Paolo della Croce. Alle ore otto e mezza del mattino si canta la
messa solenne, indi ha luogo analogo discorso, e s’impartisce la benedizione col SS.
Sacramento.
CAPO DECIMOSECONDO
Gli onori liturgici decretati dalla Santa Sede a Maria SS. della Salve
Fino al 1842 gli onori resi alla Madonna della salve altro non erano che uno
sfogo di filiale pietà dei fedeli ricorrenti a Maria SS. per grazie e favori, o
riconoscenti a Lei dei benefizi ricevuti. In quell’anno, in seguito a rigoroso esame, fu
riconosciuta dal Capitolo Vaticano sia l’antichità del culto prestatosi a questo
Simulacro, sia la fama gloriosa dei miracoli per esso operatisi; e con analogo Decreto
fu stabilito che questo augusto Simulacro dovesse essere fregiato dell’aurea corona
vaticana. D’allora la Madonna della Salve cominciò ad essere decorata dalla suprema
autorità della Chiesa degli onori liturgici.
Imperciocché dapprima Monsignor Pasio ottenne, con Decreto della S. C. dei
Riti, 7 dicembre 1844, che ogni anno, l’ultima domenica di maggio (la stessa S. C. ad
istanza di Monsignor Vescovo con Decreto 15 aprile 1885, stabilì tale anniversario
doversi celebrare in avvenire la domenica fra l’ottava dell’Ascensione per evitare la
coincidenza troppo frequente delle feste di Pentecoste e della SS. Trinità), si potesse
celebrare, con rito doppio maggiore, l’anniversario dell’Incoronazione del miracoloso
Simulacro; il quale favore poi, con Decreto 10 febbraio 1859, ampliato
coll’estensione a questa diocesi dello stesso offizio stato già approvato dalla S. M. di
Pio VII per la diocesi di Savona nell’anniversario dell’incoronazione di quel
Simulacro di N. S. della Misericordia, approvando la variante da apporsi alla VI
lezione del mattutino, riguardante la B. V. della Salve. Inoltre collo stesso decreto si
stabiliva, che la II domenica dopo Pasqua, settimo giorno della solenne novena che
allora cominciava la domenica in Albis, si potesse celebrare l’offizio della B. V. della
Salve con rito doppio maggiore, e colle lezioni, e colla Massa che si dicono nella
festa della B. V. del soccorso, state già approvate per l’anniversario
dell’Incoronazione.
Nel 1878 l’odierno Vescovo Monsignor Salvai umiliava alla S. Sede, col
Ricorso per una riforma del calendario diocesano, anche una relazione del culto e
della devozione, che qui si ha alla Madonna della Salve, e massime dell’ardore, con
cui da ogni ordine di cittadini si era concorso per l’erezione della nuova cappella, e
per riparare i danni del già più volte lamentato incendio del 1876: ed esponeva il
desiderio, che a compenso di tanta pietà la festa della B. V. della Salve, assegnata alla
II domenica dopo Pasqua, fosse elevata a rito doppio di 1° o di 2° classe con ottava.
La S. S., esaudendo in tutta la sua pienezza quel desiderio, ascrivendola in questo
modo nel calendario nostro tra le primarie solennità. Si fu in seguito a ciò, che, come
si è narrato nel capo precedente, la celebrazione della solennità di Maria SS. della
Salve fu trasportata alla II domenica dopo Pasqua, e vi fu aggiunto tutto quello
splendore, del quale al presente è resa sì gioconda ed importante.
Nella storia del culto a Maria SS. della Salve resterà sempre memorando l’anno
1883, per altro preziosissimo favore ottenutosi dalla S. Sede, e che pose degna corona
a tutti gli altri sopra ricordati: esso è l’approvazione dell’offizio e messa proprii per la
primaria solennità, che in onore della nostra augusta patrona celebriamo nella detta II
domenica dopo Pasqua.
Compilatisi per disposizione di Monsignor Vescovi l’offizio e la
messa,venivano trasmessi, verso la metà di giugno 1883, alla S. C. dei Riti,
accompagnati dai documenti, che si riputarono opportuni; e per mezzo di una
rappresentanza del Capitolo della Cattedrale, avvalorata dalle testimoniali di
Monsignor Vescovo, se ne implorava la desideratissima approvazione.
Di tutto questo Monsignor Vescovo informava l’eminentissimo nostro
concittadino Cardinale Bilio di v. m., ed al suo valido patrocinio affidava il buon
esito della pratica. L’eminentissimo Cardinale, espressa a Monsignor Vescovo la
grande soddisfazione da lui provata pel nuovo atto di culto, che si intendeva di
tributare alla Madonna della salve, prometteva di prendersi la pratica veramente a
cuore, e ne prenunciava l’esito favorevole.
Moltissime e gravi difficoltà ben spesso si incontrano presso la S. Sede per la
concessione di grazie di questo genere: se però non vi era ragione da temere che la
nostra, avvalorata dalla protezione del Cardinale Bilio, non ci fosse accordata, non si
poteva certamente sperare che si sarebbe impetrata nel breve giro di poco più di due
mesi. – La S. C. ritoccati alquanto gli Inni, e ridotte all’aurea semplicità delle leggi
liturgiche le lezioni del secondo Notturno, previo il consenso del S. Padre, emetteva il
formale decreto di approvazione il 9 settembre di detto anno 1883.
Colla impetrazione di questa grazia ci siamo trovati in grado di onorare la
nostra Madonna con quel culto e con quel linguaggio speciale, che Le si conviene, e
che si è cercato di esprime il più acconciamente possibile che si è potuto nelle
antifone, negli inni, nei versetti, e nei responsorii.
Le lezioni del I notturno, nelle quali si narrano le feste celebratesi da Re
Davidde in Gerusalemme pel trasporto dell’Arca santa, fanno bela ed appropriata
allusione alle feste da noi celebratesi sul cadere di Aprile del 1879 nella riapertura e
dedicazione della nostra Cattedrale, e a quello slancio di fede e di pietà, di che
abbiamo dato prova nel restituire alla cattedrale stessa e collocare nella sua nuova
cappella il venerando Simulacro di Maria SS., preziosissimo pegno delle sue
beneficenze tra noi. – Nelle lezioni del II notturno vengono compendiate le memorie
riguardanti il culto prestatosi dai nostri Padri fino a noi al venerando Simulacro, e le
grazie, che, per converso, Maria SS. in essa venerata, dispensò mai sempre a’ suoi
fedeli Alessandrini. – Nel III notturno poi, contemplatasi Maria SS. nelle parole del
Vangelo di S. Giovanni, appiè della croce, come ci è rappresentata dal Simulacro
stesso, colle lezioni tratte dai Commentarii di S. Antonino sopra questo tratto del S.
Vangelo, consideriamo la generosità del sacrificio compiutosi da Maria sul monte
Calvario per cooperare alla redenzione del genere umano. Questo medesimo
sentimento domina pure nelle diverse parti della messa.
Non contenta la S. C. dei Riti di questa concessione, vi aggiunse di moto
proprio le lezioni pel II e III notturno da dirsi nel dì dell’ottava, trasportando a questo
fine la festa del patrocinio di S. Giuseppe dalla II alla IV domenica dopo Pasqua.