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La Beata Vergine della Salve Venerata nella Cattedrale di Alessandria Notizie storiche compilate dal C. T. Prev. Ansaldi Quarta edizione riordinata ed accresciuta dal Can. Carlo Borgogno Alessandria, 1885 Con molta pietà e sode cognizioni il fu teol. Filippo Ansaldi, Can. Prevosto di questa Cattedrale, raccoglieva dai più screditati scrittori Alessandrini preziose ed importanti memorie sulla storia ed il culto del miracoloso Simulacro di Maria SS. venerato da remotissimi tempi in questa Cattedrale sotto il titolo della Salve; e le pubblicava per la prima volta nel 1837 come un atto di rendimento di grazie alla B. V. per la prodigiosa preservazione di questa città dal Cholèra Asiatico, che furiosamente invadeva le circonvicine contrade negli anni 1835 e 1836. Quella pubblicazione incontrò talmente il favore degli Alessandrini, che se ne dovettero fare in seguito due altre copiose edizioni; l’ultima delle quali arricchita delle memorie riguardanti la solennissima incoronazione del miracoloso Simulacro fattasi nel 1843. Anche la terza edizione è stata esaurita, ed è quindi conveniente, anzi si sente il bisogno riaverne una nuova, nella quale siano ricordati altresì gli avvenimenti, dei quali siamo stati noi pure testimonio e parte in questi ultimi anni riguardo al culto e alla devozione verso la nostra inclita Protettrice, Regina e Madre Maria SS. Lo slancio di pietà veramente ammirevole, con cui da ogni ordine di cittadini si è concorso a rifabbricare, coi restauri della Cattedrale, la Cappella della Madonna della Salve, e a riparare ai danni dell’incendio del 1876; - il fervore sempre crescente nell’onorare la gran Vergine addimostratosi in tante maniere, ma specialmente nella consolante affluenza di divoti, a dare il nome alla Pia Associazione istituitasi pure quest’anno sotto la sua invocazione; - i nuovi onori liturgici decretatisi dalla Santa Sede per questo simulacro: tutto ciò merita di essere registrato, posto sott’occhio ai presenti e raccomandato alla memoria anche dei posteri. Nella cara certezza pertanto, che avrei fatto cosa gradita a Maria SS. della Salve, e poi ancora ai divoti di Lei, mi sono accinto a riordinare e completare, il meglio che ho potuto, le Notizie Storiche già pubblicate dal Prevosto Ansaldi sul miracoloso Simulacro, prezioso pegno per noi della protezione materna della Regina del Cielo. Valga questa nuova pubblicazione delle glorie di Maria in Alessandria a riaffermare vieppiù nel cuore de’ suoi fedeli Alessandrini la divozione verso la gran Madre di Dio, che si degna mostrarsi verso di loro tanto amorevole e pietosa; e

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La Beata Vergine della Salve

Venerata nella Cattedrale di Alessandria

Notizie storiche compilate dal C. T. Prev. Ansaldi

Quarta edizione riordinata ed accresciuta

dal Can. Carlo Borgogno Alessandria, 1885

Con molta pietà e sode cognizioni il fu teol. Filippo Ansaldi, Can. Prevosto di

questa Cattedrale, raccoglieva dai più screditati scrittori Alessandrini preziose ed

importanti memorie sulla storia ed il culto del miracoloso Simulacro di Maria SS.

venerato da remotissimi tempi in questa Cattedrale sotto il titolo della Salve; e le

pubblicava per la prima volta nel 1837 come un atto di rendimento di grazie alla B.

V. per la prodigiosa preservazione di questa città dal Cholèra Asiatico, che

furiosamente invadeva le circonvicine contrade negli anni 1835 e 1836.

Quella pubblicazione incontrò talmente il favore degli Alessandrini, che se ne

dovettero fare in seguito due altre copiose edizioni; l’ultima delle quali arricchita

delle memorie riguardanti la solennissima incoronazione del miracoloso Simulacro

fattasi nel 1843. Anche la terza edizione è stata esaurita, ed è quindi conveniente, anzi

si sente il bisogno riaverne una nuova, nella quale siano ricordati altresì gli

avvenimenti, dei quali siamo stati noi pure testimonio e parte in questi ultimi anni

riguardo al culto e alla devozione verso la nostra inclita Protettrice, Regina e Madre

Maria SS. – Lo slancio di pietà veramente ammirevole, con cui da ogni ordine di

cittadini si è concorso a rifabbricare, coi restauri della Cattedrale, la Cappella della

Madonna della Salve, e a riparare ai danni dell’incendio del 1876; - il fervore sempre

crescente nell’onorare la gran Vergine addimostratosi in tante maniere, ma

specialmente nella consolante affluenza di divoti, a dare il nome alla Pia

Associazione istituitasi pure quest’anno sotto la sua invocazione; - i nuovi onori

liturgici decretatisi dalla Santa Sede per questo simulacro: tutto ciò merita di essere

registrato, posto sott’occhio ai presenti e raccomandato alla memoria anche dei

posteri.

Nella cara certezza pertanto, che avrei fatto cosa gradita a Maria SS. della

Salve, e poi ancora ai divoti di Lei, mi sono accinto a riordinare e completare, il

meglio che ho potuto, le Notizie Storiche già pubblicate dal Prevosto Ansaldi sul

miracoloso Simulacro, prezioso pegno per noi della protezione materna della Regina

del Cielo.

Valga questa nuova pubblicazione delle glorie di Maria in Alessandria a

riaffermare vieppiù nel cuore de’ suoi fedeli Alessandrini la divozione verso la gran

Madre di Dio, che si degna mostrarsi verso di loro tanto amorevole e pietosa; e

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mantenga in essi la più sicura fiducia di tutto poter ottenere dal potentissimo

patrocinio di Lei. E Maria che tanto beneficò la città nostra nei secoli passati, si

dimostrerà per sempre amorosissima madre a tutti coloro, che nelle pubbliche e

private calamità presenti e future a Lei di cuore ricorreranno.

Intanto in ossequio ai sapientissimi decreti di Papa Urbano VII, dichiaro che a

tutto ciò, che in questa operetta si riferisce di prodigioso, non intendo si abbia da

attribuire altra autorità che puramente umana, essendo di spettanza della sola Sede

Apostolica il giudicare autoritativamente delle grazie e dei miracoli; e a questa Santa

Sede Apostolica mi professo e glorio di essere ubbidientissimo figlio.

Alessandria, 2 giugno 1885

Can. Carlo Borgogno

CAPO PRIMO

Descrizione del Venerando Simulacro e sua origine

Nella Chiesa Cattedrale di Alessandria si venera un antichissimo e prodigioso

Simulacro, rappresentante la B. V. Addolorata, svenuta tra le braccia di S, Giovanni

Evangelista, il quale con espressione di angosciosa pietà la sorregge con ambe le

braccia appiè della croce. Il Simulacro è in legno duro, e, a detta degli intelligenti,

straniero a questi paesi, e più particolarmente della qualità dei legni, che si usano

nelle regioni Orientali. Ciò forse ha dato origine alla pia credenza che esso possa

essere uno dei tanti che si scolpirono da S. Luca (Borgonzio, Notizie Storiche, pag.

19). Il colore della statua della B. V. era nero, al che sembra avesse più di tutto

contribuito il tempo; meno oscura la statua di S. Giovanni, che aveva rossa la sua

tonaca sul petto. Nel 1876 (come narreremo più avanti), il Simulacro, danneggiato da

furioso incendio, fu ristorato dallo scultore savonese cav. Brilla, che gli diede le

forme e le tinte, che si vedono oggidì.

Questo simulacro, afferma francamente il Borgonzio (ivi, pag. 15 e 20), era

venerato nell’antica Chiesa di Rovereto, e così qui esisteva prima della fondazione di

Alessandria avvenuta nel 1168. Divenuto Rovereto quartiere della nuova città, e

fabbricatasi la prima Chiesa Cattedrale, in quella trasportato si volle il venerando

Simulacro della Salve; facoltà però fatta a que’ di Rovereto di esporne altro consimile

nella loro Chiesa; il che avvenne: ma quel Simulacro è più piccolo di quello della

Salve, ed è scolpito in pietra, come tutt’ora si vede in S. Maria di Castello, non più,

come ai tempi del Borgonzio, nella Cappella degli Inviziati, ma in una parte laterale

presso l’ingresso della sacristia.

Tale opinione, decisamente sostenuta dal Borgonzio, corroborata dall’attuale

esistenza di tale antichissimo Simulacro, è pur anche l’opinione in oggi tenuta da

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persone ottuagenarie della Parrocchia di S. Maria di Castello, come tramandata dai

loro maggiori.

Il titolo della Salve non davasi anticamente a questo Simulacro, ma appellatasi

Santa Maria. Nella visita del 1565 leggesi: “Cappella S. Mariae, ubi ex devozione

singulis diebus Sabbati per D. D. Canonicos, et Capellanos Salve Regina canitur in

sero”.

Giovanni Zabreria poi, citato dal Moriondo ne’ suoi Monumenti Acquesi, dice

che si chiamasse pure in antico Madonna dello Spasimo. E non senza ragione può

credersi, che avesse realmente questo nome, giacché il Simulacro è privo delle spade

infisse nel seno della Vergine Addolorata, onde esprimere l’acutezza e la pienezza

de’ suoi dolori; e perché altresì presentasi in un momento di agonia quasi mortale,

epperciò assistita e sorretta da S. Giovanni Evangelista suo particolare custode a ciò

deputato dallo stesso Divin Salvatore dall’alto di quella croce su cui moriva per la

redenzione del genere umano.

Il titolo della Salve vogliono taluni che sia stato dato a questo Simulacro

nell’atto del suo scoprimento o ritrovamento sotto i ruderi di vecchi muri diroccati o

crollati per vetustà o malvagità dei tempi, quando appunto, avvicinandosi i ferri, di

cui si servivano gli operai per ismuovere quei ruderi, una voce misteriosa o dal fondo

di quelle macerie, o forse anche da qualche stesso lavoratore, si fece sentire di salva

salva! Ma più probabilmente, come opina il Chenna, pare che questo titolo gli sia

venuto dall’uso, cominciato nell’anno 1489, di cantare avanti il suo altare in tutti i

sabbati, dopo il vespro, la Salve Regina, come si pratica ancor oggidì.

CAPO SECONDO

Delle varie Cappelle in cui fu collocato il venerando Simulacro

Narra il Borgonzio, che, mentre preparatasi nella Cattedrale la Cappella per la

B. V. della Salve, Opizio Riversati faceva dono, con istromento 21 dicembre 1208,

conservato nel libro detto della Croce in città, d’una reliquia veramente insigne della

S. Croce. Quindi l’una e l’altra collocate si vollero alla pubblica venerazione nella

medesima cappella.

Visti poi i molti prodigi avvenuti nel 1489, eretto venne, dice lo Schiavina,

seguito da tutti gli altri scrittori alessandrini, un altare proprio alla B. V. della Salve,

il quale fu ornato con opere marmoree, come da istrumento 21 agosto 1490, riferito

dal Chenna, di quietanza fatta da Martino Verzoni. Di quest’altare parlano gli atti

della Visita del 1565, e, secondo il Chenna, trovatasi laterale, ove di poi esistette la

sacristia dell’antica Cattedrale.

Dal 1489 in poi, avendo, a detta del Ghilini, preso incremento la divozione

verso la B. V. della Salve, ed essendo continuo e numeroso il concorso, parve non

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ben convenire a tanto Simulacro una cappella laterale sempre scomoda agli

accorrenti. Quindi con sano consiglio si deliberò di trasportare il venerando

Simulacro di prospetto alla destra Nave della Cattedrale, ove era l’altare della

Purificazione e di S. Perpetuo. Fatti gli opportuni lavori, e date le convenienti

disposizioni, il 23 agosto 1592 se ne fece ivi solennemente il trasporto con musiche,

con processione, e con altre pubbliche dimostrazioni di pietà (Ghilini, Annali anno

1592; Chenna, tom. 2 pag. 34 e 35). Nella visita del 1594 leggesi: Altare

Purificationis nunccupatum, nunc vulgo appellatum la Madonna della Salve.

Siccome però la vera pietà dei figliuoli non è mai abbastanza paga nel dare

dimostrazioni d’onore verso la loro Madre amatissima Maria, così quest’ultima

cappella non parve sufficientemente decorosa per sì prodigioso Simulacro. Cola

fiducia dunque in Maria, senza timore che venissero meno i mezzi, si deliberò

l’atterramento totale della cappella, e la ricostruzione d’una nuova nel medesimo

luogo, ma con più vasto e magnifico disegno. Epperò il 2 ottobre 1645 Monsignor

Adeodato Scaglia Vescovo di Alessandria ne gettò solennemente la prima pietra.

Veneratasi intanto il Simulacro nella cappella di S. Giuseppe. Ridotto a perfezione il

nuovo edifizio, che era riuscito assai bello, il 20 aprile 1649 con molta solennità di

musiche e processione seguiva il trasporto del venerando Simulacro della Salve alla

nuova cappella (Ghilini, 1649, n. 2; Chenna, tomo 2, pag. 36). In questa medesima

cappella sotto il volto venne parimente collocata la santa Croce, con una reliquia di S.

Spina, le quali dall’antico altare di S. Croce, munito di cancelli di ferro, qua vennero

solennemente trasportate, come da istromento 14 settembre 1648, rogato Pupino,

esistente negli archivi della città.

In tal modo trovaronsi riuniti un’altra volta nella medesima cappella le reliquie

della passione di nostro Signore Gesù Cristo e l’effige di Maria Santissima

Addolorata; né da allora in poi, sono oltre due secoli, più si videro disgiunte.

Venuto l’infausto anno 1803, dominante in Piemonte il Governo Francese,

ebbe Alessandria a lamentare l’atterramento della magnifica sua chiesa Cattedrale

d’ordine gotico, disegno di Rufino Bottini da Casale, cominciata a fabbricarsi nel

1288, condotta a perfezione nel 1297, e nel corso d’oltre cinquecento anni abbellita

ed ornata. In mezzo all’universale dolore dei buoni, fra l’intemperie del tempo,

correndo i primi di gennaio, il Capitolo, cui s’appartiene, prese gelosa cura del

venerando Simulacro che seco trasportò da prima nella Confraternita della SS.

Annunziata, e dipoi nella chiesa di S. Alessandro. A que’ torbidi tempi, in cui la pietà

era per molti un’illusione, appo i buoni prese maggiore incremento. E colle semplici

oblazioni dei fedeli si ampliò, e, per così dire, si ricostrusse l’attuale chiesa

Cattedrale, già di S. Marco dei PP. Domenicani della Congregazione del B.

Salomonico.

Sino all’istante in cui si pose mano all’opera si pensò come e dove collocare

degnamente il venerando Simulacro della Salve: ed il valente architetto Cristoforo

Valizzone, superate non poche difficoltà locali, riuscì a far sorgere una vaga ed

inaspettata cappella, decorata nel 1836 da un magnifico altare di marmo di Carrara,

ornato con fregi d’oro, per voto fatto nel 1835 dalla città: e sopra di esso, in una

elegantissima nicchia, fu posto il venerando Simulacro, che vi riposò dal 1810 fino al

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1874, quando ne fu rimosso, e trasportato provvisoriamente nella chiesa di S.

Stefano, per le opere di ricostruzione e restauro, che si stavano per eseguire attorno

alla Cattedrale. In questa occasione fu eretta dalle fondamenta la magnifica cappella,

che ora ammiriamo, e nella quale addì 25 aprile 1879, in occasione delle feste

celebratesi per la riapertura e dedicazione della ristorata Cattedrale, fu collocato il

venerando Simulacro, e accanto ad esso le insigni reliquie di Santa Spina e di Santa

Croce, che così continuano a venerarsi nella medesima cappella.

Autore del disegno di questa cappella, come pure del restauro generale della

Cattedrale, fu il celebre e piissimo architetto Conte Edoardo Arborio Mella di

Vercelli, ristoratore di gran numero di Chiese, massime Cattedrali, che qui, come

dappertutto, prestava gratuitamente l’opera sua. Una commissione di gentildonne

alessandrine assunse a proprio carico di provvedere alle spese occorrenti per le

decorazioni in marmi, ornati e pitture, delle quali è ricca la cappella, eccetto l’altare,

donata dalla generosa pietà del Conte Giulio di Groppello munifico benefattore

dell’Opera dei restauri.

Questa cappella è provvista di molti sacri arredi, e di ricche suppellettili, la

maggior parte dono dei divoti. Fra questi primeggia un magnifico Ternario rosso di

spolino in oro con vago disegno, donativo fatto da S. S. R. M. il Re Carlo Alberto.

Per voto fatto nel 1835, la Civica Amministrazione, nella festa della domenica

in Albis dell’anno 1837, offriva alla B. V. due grandi lampade d’argento di forma

triangolare, egregiamente cesellate in ogni loro parte, da posarsi sopra apposito

piedestallo. Queste lampade servono al magnifico ornato nelle solenni esposizioni del

venerando Simulacro.

Questa cappella ha una sufficiente rendita proveniente da limosine ridotte in

capitali censi, per sopperire alla forti spese delle molte sacre funzioni, che si fanno ad

onore della B. Vergine.

A quest’altare, in varie epoche, sono stati eretti, per volontà dei pii fondatori,

sedici beneficii, per effetto delle vigenti leggi ora soppressi; e vennero lasciati non

pochi legati, con obbligo di messe da celebrarsi al medesimo altare.

CAPO TERZO

Della cassa, ossia custodia ove racchiudesi il venerando Simulacro

Una custodia, ossia cassa di legno intagliato e dorato, aperta ai quattro lati,

munita di cristalli, racchiudeva il venerando Simulacro. La pietà filiale però degli

alessandrini verso Maria risolvette nel 1761 di toglierne la veneratissima Effigie da

quella semplice cassa. Sulla proposizione perciò del canonico Macedonio Gallea,

amministratore della cappella, di far costrurre una custodia d’argento, tutta la nobiltà,

tra cui si distinse il signor Marchese Vittorio Ghilini, la cittadinanza, le parrocchie

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della diocesi, e la città di Tortona presentarono generose offerte. Con queste si

sopperì alla vistosissima spesa di una cassa tutta di finissimo argento, adoperatovi

con profusione. Sopra una base generale d’argento sorgono ai lati, co’ loro zoccoli,

quattro colonne colle convenienti lesene; al di sopra posano gli architravi, e su questi

si alzano svelti e ben curvi rovesci mediani, i quali si riuniscono attorno un globo

dorato. Incassate sono entro le lesene ai quattro lati grandi scannellate cornici

sostenenti tersissimi cristalli, che lasciano visibile il Simulacro. Il tutto è in argento

storiato ed ornato a fiorami dorati con magnifico disegno, eseguito con isquisitissima

perfezione dall’officina del signor Ceresa di Alessandria.

A rendere vieppiù superba tal opera nel 1792 il fu signor canonico cantore

Ghilini amministratore della cappella ricorse alla pietà dei divoti, i quali, con animo

pronto e generoso, compreso il civico Consiglio, i mezzi apprestarono per far

costrurre una grandissima corona d’argento da collocarsi sopra la cassa. Questa gran

corona d’elegantissimo disegno, dorata ne’ suoi ornati, ed eseguita per eccellenza dal

nominato Ceresa compié a meravigli la cassa sottoposta, e le fe’ prendere un non so

di che maestoso, che sorprende lo sguardo. In questa sola corona furono impiegate

oltre a cinquecento once d’argento.

Di ciò tutto non ancor paga la devozione verso Maria, nel 1828 aggiungervi

volle due grossi putti d’argento massiccio quasi sostenenti, in atto bizzarro, la gran

corona.

Questa cassa, che cotanto l’occhio illude a primo aspetto, li ricrea poi, e lo fa

stupire, se minutamente ne esamina il disegno e l’esecuzione; per il che

meritatamente passa come capolavoro in tal genere.

E qui non debbesi tacere un tratto di singolare venerazione prestato nel 1793

dal R. Governo a questo venerando Simulacro. Poiché, attesi gli urgentissimi bisogni

dello Stato, colle debite autorizzazioni, essendosi ordinata la consegna delle

argenterie delle Chiese alle RR. Zecche, si era da prima voluto che la ricchissima

cassa della B. V. della Salve compresa fosse nella legge. Monsignor Pistone Vescovo

in allora di Alessandria faceva però energicamente osservare, che trattatasi della

custodia di un Simulacro miracoloso venerato sommamente dai popoli; dietro tali

osservazioni vene tosto ordinato, che intatta rimanesse a gloria di Maria la magnifica

sua cassa d’argento.

Ciò tutto ad evidenza prova quanto sincera, costante e generosa sia mai sempre

stata, anche appo ai Grandi, la devozione verso la potentissima protettrice di

Alessandria Maria della Salve.

CAPO QUARTO

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L’incendio del 1876

Questa cassa così splendida e preziosa fu interamente distrutta da un furioso

incendio nel 1876; e poco mancò che perisse con essa lo stesso venerando Simulacro.

Ed ecco come avvenne la cosa.

Nel 1874, a motivo dei restauri da eseguirsi alla Cattedrale, fu trasportato,

come già accennammo, nella chiesa parrocchiale di S. Stefano il venerando

Simulacro, per essere ivi decorosamente e sicuramente custodito. Erasi però

convenuto che per la festa della Madonna della Salve, che celebratasi allora la

domenica in Albis, come narreremo al proprio luogo, il Simulacro si sarebbe portato

con generale processione alla Chiesa della SS. Trinità, ove erasi raccolto

provvisoriamente il Capitolo della Cattedrale, e vi sarebbe rimasto esposto per tutta la

successiva novena, e questa terminata, sarebbesi riportato pure processionalmente

alla chiesa di Santo Stefano. Così erasi fatto felicemente nel 1875; ed altrettanto nel

1876: ed il Simulacro, come già praticatasi in Cattedrale, era stato ivi esposto alla

cancellata del presbiterio, con grande apparato di fiori, di candele e di grossi ceri; e

sia nel di della festa, come lungo il corso della novena era sempre grande l’affluenza

dei devoti fino a notte inoltrata a venerare la loro Protettrice e Regina; quando la sera

del sabato 29 aprile 1876, verso le ore undici, fu notato uno spaventoso incendio, che

appiccatosi alla gran quantità di cera offerta, ai fiori, alla circostante balaustrata di

legno, ad un vicino confessionale, al pulpito, all’orchestra, alla tappezzeria, avviluppò

tra i suoi vortici la preziosa Immagine. Fu misericordia di Dio? Il simulacro, di legno

antichissimo, come si è detto, fra il liquefarsi dei cristalli, e il disfarsi della stessa

cassa, in che era chiuso, rivestita di lamine d’argento, quantunque sembrasse avesse

dovuto essere ridotto in cenere, pure si conservò. I pompieri, dopo incredibili sforzi,

poterono penetrare nel tempio e domare l’incendio, che lo investiva; e il mattino

seguente, quando il Vescovo, il Capitolo, l’Ufficio di Pretura convennero ivi per la

giudiziale verificazione del fatto, le numerose persone del clero e del laicato, che

furono ammesse ad esaminare di presenza il deplorevole avvenimento, poterono

costatare e recare quindi alla sbigottita cittadinanza la tranquilla novella, che fra la

totale rovina di tutto il resto, la venerata Effigie, rimasta in piedi col diadema

vaticano in capo, aveva riportato bensì dall’incendio alcuni danni, ma che questi si

sarebbero potuti agevolmente riparare.

Venuta la sera della domenica il Simulacro fu religiosamente trasportato in una

aula del Seminario vescovile, dove, a dare una giusta soddisfazione al popolo, che

voleva assicurarsi co’ suoi occhi, che esso Simulacro non era stato distrutto, come si

tentava maliziosamente da taluno di insinuare, ma che solo era stato per una leggiera

superficie nella parte anteriore carbonizzato, si risolvette di tenerlo esposto per

alquanti giorni con facoltà al pubblico di visitarlo. Il concorso fu, dobbiamo dirlo,

veramente straordinario. Le offerte minute che si raccolsero per il restauro della

statua e della casa d’argento sorpassarono in quei pochi giorni le lire mille, ed oltre a

cento cinquanta furono gli oggetti d’oro e d’argento che si donarono: cosa questa

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assai considerevole se si riflette, che contemporaneamente già si era aperta allo stesso

fine una sottoscrizione con a capo il Vescovo, il Capitolo della cattedrale, le

Collegiate ed i parroci della città per le oblazioni, che si conferirono ben tosto

copiosissime dai più facoltosi.

La cara speranza che i danni patiti dal prezioso Simulacro sarebbero stati

facilmente riparati non tardò ad essere una consolante realtà: si chiamò qui da Savona

il celebre statuario Cav. Brilla: e ai 18 maggio il Simulacro della Madonna della

Salve presentava di nuovo agli alessandrini le sue auguste e venerate sembianze. Fu

quindi chiuso in una semplice cassa di legno munita di cristalli da ogni lato; e così

esposto alla pubblica venerazione nella cappella del Seminario Vescovile: e frattanto

si dava al nostro concittadino Antonio Testore, orefice, il delicato incarico di rifare la

cassa d’argento sugli antichi modelli. In questo lavoro, a meraviglia riuscito, si spese

in totale effettivo la egregia somma di lire 21 mila. Il Santo Padre Gregorio IX di s.

m. informato dell’incendio avvenuto, e dell’ardore con cui si attendeva a ripararne i

danni, vi concorse per la somma di lire due mila e coll’offerta di un prezioso cammeo

valutato oltre lire mille. Le signore alessandrine, con l’oblazione di lire cinque

cadauna, comprarono dalla Commissione dei restauri il prezioso dono da fregiare il

petto del ristorato Simulacro; e la nobile donna Marchesa Eugenia Guasco di Bisio

offeriva un ricco manto di tela d’argento ricamata in oro da ornare l’augusta Effigie

in sostituzione di quello, che era perito nell’incendio.

La presentazione di questi doni si faceva il 15 marzo 1879 nella cappella del

Seminario, ove conservassi il venerando Simulacro fino alla riapertura della

Cattedrale, avvenuta il 25 aprile dello stesso anno.

CAPO QUINTO

Miracoli e grazie segnalate delle B. V. della Salve dall’anno 1489 al 1600

Non si sono potute rinvenire notizie particolari di grazie, o miracoli operati da

Maria SS. della Salve precedenti l’anno 1489. È certo però, come già si disse sopra al

capo primo, che questo Simulacro veneratasi in Rovereto, e convien dire che somma

ne fosse la divozione, allorché fondavasi Alessandria, giacché collocare si volle in

una chiesa comune a tutta la città, qual era la nuova chiesa Cattedrale.

Nell’anno 1489 poi cominciò, per dir così, a scaturire da questo venerando

Simulacro una fonte perenne di prodigi e di grazie, per cui salì al più alto grido presso

i popoli vicini e lontani. Concordi sono Schiavina, Ghilini, Bergonzio e Chenna nello

affermare, che il dì 24 aprile del 1489 fu visto il venerando Simulacro stillante

prodigioso sudore, e che tosto operati vennero vari miracoli. Alla fama di tali

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avvenimenti si commosse da prima la città, indi le vicine borgate, dappoi tutta la

Lombardia, da ultimo la maggior parte dei popoli dell’alta Italia.

Accorrevasi adunque da ogni parte a venerare in questo suo Simulacro Maria,

ed essa, quale amorosissima Madre, su tutti a larga mano versava i suoi benefici,

operando, dicono gli autori, ogni giorno molti e stupendissimi prodigi, d’ogni genere,

ed accordando segnalatissime grazie. Il Ghilini così si esprime: “Infiniti e

stupendissimi segni, e prodigi operava ogni giorno, conferiva grazie e favori

segnalati, liberava indemoniati, sanava infermi, ed altre miracolose operazioni faceva

questa benigna Imperatrice ne’ suoi divoti”. In un’antica relazione venuta alle mani

del Borgonzio, leggevasi: la frequenza e la moltitudine dei miracoli fu più grande di

quanto immaginare si possa: “Major sane fuit portentorum frequentia, quam opinari

quis possit”.

Ed è indubitato, che moltissimi furono i miracoli in quell’epoca operati,

giacché senza ciò non saprebbesi dar ragione dell’immenso concorso di tante genti a

venerare Maria SS. della Salve. Perciocché sì grande fu la calca dei forestieri

accorrenti, che monsignor S. Giorgio, Vescovo allora di Alessandria, e dipoi

cardinale detto Alessandrino, ad impedire la confusione, ordinò alle ventidue

confraternite della città di recarsi all’incontro, d’accogliere e trattenere nelle loro

confraternite le processioni straniere, finché ad ore determinate fosse loro fatto luogo

di entrare nella chiesa Cattedrale. Questo decreto esisteva ai tempi del Borgonzio

descritto in un vecchio registro della confraternita di S. Paolo, ora unita a quella di S.

Lucia.

Fu in quel tempo che vedevasi anche la città di Tortona prostrata dinanzi alla

B. V. della Salve presentarle un bel regale diadema d’argento con entro impressa la

seguente iscrizione: Comunitas Derthonae D. D. D. Anno MCCCCXXXIX. Fra gli

immensi donativi d’oro e d’argento fattisi in quel tempo dai divoti, la sola corona

offerta dalla città di Tortona è quella che tutt’ora distinguesi, e trovasi attualmente

collocata ai piedi della B. Vergine.

L’anniversario di quell’epoca di portenti venne per ogni anno celebrato il 24

aprile con divota processione, nella quale portavasi il venerando Simulacro.

Come funesto presagio di grandi sventure considerato venne il prodigioso

sudore della statua della B. Vergine: fatto però è che dalla Germania portava in Italia

la peste, menò orribili stragi negli anni 1501, 1502, 1503, 1504. Alessandria col suo

territorio ebbe a piangere moltissime vittime del rio morbo. Dal contesto però delle

storie di quei tempi, e delle varie fazioni militari in questi paesi avvenute, apparirebbe

che, mercè la protezione di Maria, qui la mortalità fu molto minore di quella toccata

alla altre città della Lombardia. Lande parrebbe ragionasse bene il Borgonzio, il

quale, descritti i lugubri tempi, ascrive a Maria la cessazione del flagello, e il pronto

ristabilimento nella sua primiera floridezza di questa contrada; onde ne venne la

premura con cui i padri ai loro figliuoli trasmisero la più sincera divozione verso la B.

V. della Salve.

Correndo il secolo decimosesto moltissime furono in questi paesi le calamità di

guerre civili, d’intestine discordie, di ostili invasioni, di morbi pestilenziali. Costante

quindi mostrassi la devozione verso Maria della Salve, ed Essa non cessò

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dall’accordare grazie e favori ai nostrani ed ai forestieri accorrenti. Ciò ad evidenza è

provato dagli innumerevoli voti, di cui essendo sovrappiena la cappella, fu d’uopo

appenderli lungo la stessa navata della chiesa per far luogo a quelli che

continuamente sopraggiungevano. Tra questi voti d’ogni genere sono di special

menzione le armi da fuoco, e le tabelle di scampo dei naufragi.

CAPO SESTO

Grazie prodigiose e segnalate dall’anno 1600 al 1700

Il Visconte di Murena, nel luglio del 1643, assediava con poderoso esercito

francese Alessandria, e ne devastava il territorio. L’inopinato soccorso d’un grosso

Corpo di cavalleria, creduto sulle prime nemico, e guidato da Galeazzo Trotti, giunse

in tempo per liberare la tremante città, e convertire il timore in gaudio. Il nemico,

viste rotte le fila del suo disegno, sciolse con perdita l’assedio, e ritirassi il 29 luglio.

Questa liberazione dal civico Consiglio fu ascritta a Maria SS.: per ciò ordinò che in

tale giorno si cantasse Messa solenne con Te deum all’altare della B. V. della Salve.

Tale deliberazione vedesi nei registri della città rinnovata ogni anno sino al 1657, in

cui divenne voto perpetuo.

Rientrarono i francesi nel maggio 1655 nel territorio alessandrino, a cui diedero

il guasto per quaranta giorni: s’avviavano d’appoi all’assedio di Pavia, ma restava in

Alessandria il fondato timore, che potessero avvenire in breve più gravi militari

fazioni nel suo contado. In questi frangenti il Consiglio di città così ordinava il 6

agosto 1655: “Dovendosi rendere quelle grazie maggiori a S. D. M. per aver fatto il

raccolto, sebbene tenue, stante l’invasione del nemico in questa provincia, ed acciò si

possa fare il raccolto della vendemmia, ed il seminerio tanto necessarii per il vitto

umano, hanno ordinato, che con consenso di Monsignor illustrissimo e

reverendissimo si faccia una novena alla Madonna della Salve nella Cattedrale, quale

comincerà dimani alle ore 22”.

Furono esauditi da Maria i voti della città; poiché i nemici non ricomparvero

sul territorio alessandrino che dopo la metà di ottobre, ed inoltre si tennero alla larga

sino al 1 dicembre, in cui tentarono di impadronirsi per sorpresa della città; ma,

fallito il colpo, si portarono ai loro quartieri d’inverno.

Segnalatissimo fu il beneficio, che la città ottenne da Maria nel 1657. I

francesi, vogliosi di impossessarsi con ogni loro sforzo di Alessandria, devastate le

vicine terre, ed impadronitisi della ricolta pendente di grano, cinsero il 19 di luglio

con assedio strettissimo la città sotto il comando del Duca di Modena, che aveva

preso alloggiamento nella cascina denominata La Vescova. In questi duri frangenti

Monsignor Vescovo Adeodato Scaglia ordinò pubbliche preghiere: queste si fecero in

tutte le chiese, e sovra tutto nella Cattedrale alla cappella della B. V. della Salve, in

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cui venne anche più volte esposta la S. Croce. L’assedio fu lungo, ostinato e feroce.

Tutte le classi dei cittadini, e perfino il clero secolare e regolare ebbero assegnata la

loro trincea da difendere. Ogni ostile sforzo però ad espugnar non valse chi nella

protezione del cielo confidava; ond’è, che il nemico dovette alla perfine, il 18 agosto,

abbandonare con gravissima perdita l’impresa. Questa liberazione ascritta viene dagli

storici alla protezione della B. Vergine e dei SS. Protettori. Il civico Consiglio di fatto

per eternare la sua riconoscenza a Maria SS., appena scomparso il nemico, ordinava

che nel fausto giorno 18 agosto si canti in perpetuo all’altare della B. V. della Salve

una Messa solenne con Te Deum.

Dopo tanti anni di timori, di angustie e di gravami, venne finalmente nel 1659

conchiusa la pace tra la Francia e la Spagna co’ suoi alleati. Alessandria a tale notizia

esultò di giubilo, anche perché aveva nuovamente vicino il nemico in atto

minaccioso. Dopo averne rese grazie a Dio il 2 dicembre, si volle pur anche renderne

ringraziamento speciale alla B. V. della Salve, da Lei riconoscendo sì ammirabile

beneficio. Il giorno 5 dicembre si trasse fuori dalla sua nicchia il venerando

Simulacro, e si portò in processione attorno alla Cattedrale; quindi fu collocato sopra

i cancelli dell’altare maggiore, perché l’immenso popolo accorsovi potesse con

maggior divozione venerare la sua protettrice. Nel giorno 6 osservato venne un

generale rigoroso digiuno; nel giorno 7 il Capitolo celebrò Messa solenne con

eccellente musica, e dipoi si cantò il Te Deum. Assistevano alla sacra funzione il

Governatore, il Podestà, il Priore coi Deputati del Governo, la nobiltà e foltissimo

popolo. La santa Comunione generale venne fatta nella mattina del giorno 8; al dopo

pranzo poi si chiudeva quella solenne esposizione del venerando Simulacro

portandolo in processione con intervento di tutto il clero secolare e regolare, e di tutte

le confraternite: immensa era la folla delle persone d’ogni classe accorse a far divoto

corteggio a Maria Santissima.

Mentre la B. V. della Salve si mostrava protettrice della città nei pubblici

bisogni, veniva pur anche in soccorso nelle private calamità de’ suoi divoti. Tra

questi l’antichissima e mobilissima famiglia Marchionale Cuttica di Cassine si

rivolgeva alla B. Vergine per una grazia segnalatissima. Siccome le sue preghiere

accompagnate erano da vero spirito di pietà, e da ferma fiducia nella possanza di

Maria; così ebbe la bella consolazione di vedere appieno appagati i suoi caldi voti.

Riconoscente la Marchesa Margherita Cuttica di Cassine nata Caccia al beneficio

ricevuto, volle che perpetua e pubblica fosse la dimostrazione della sua gratitudine,

mercè l’annuale offerta di un sacco di grano; altro sacco di grano in riconoscenza

delle grazie da Maria ricevute legò il sig. Marchese Giuseppe Cuttica di Cassine, con

suo testamento rogato Cervelli il 1 giugno 1758. I quali due sacchi di grano ogni anno

nella ricorrenza della solennità di Maria SS. della Salve continuano a farsi collocare

presso il venerando Simulacro dalla signora Marchesa Giulia Cuttica di Cassine

degna erede della pietà de’ suoi antenati verso Maria.

Molte altre grazie particolari concesse vennero nel decorso di questo secolo da

Maria ai suoi divoti, essendo irrefragabile prova le tabelle, ed i voti che di mano i

mano accrescere si vedevano notabilmente il numero dei già pendenti.

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CAPO SETTIMO

Grazie prodigiose e segnalate dall’anno 1700 al 1800

Il Marchese Tommaso Ghilini gentiluomo di S. M. aveva condotto in moglie la

Marchesa Francesca Botta Adorno; erano già corsi molti anni, che da indarno quei pii

coniugi sospiravano d’aver prole, e per quanto calde preghiere inviassero al cielo,

cadevano inesaudite. Finalmente un pio e nobile personaggio diede loro il saggio

consiglio d’intraprendere qualche opera di devozione a tutti visibile, giacché talvolta

Iddio nelle persone qualificate si compiace di rimirare la pubblicità del loro ossequio

per l’altrui edificazione insieme ed istruzione. Piacque al Ghilini il consiglio, e fra le

altre opere di divozione cominciò ad offrire alla B. V. della Salve un grosso cereo di

sette rubbi ogni biennio, ridotto poi per maggior uniformità cogli altri a rubbi tre e

mezzo, ma annuale. Gradì Maria l’offerta, e ben presto consolò il Ghilini colla

nascita di un figliuolo il 30 maggio 1714. Monsignor Francesco Arboreo Gattinara

Vescovo allora di Alessandria battezzò pontificalmente quell’infante nella Cattedrale

coll’assistenza del Capitolo: lo teneva a nome di S. M. il Re Vittorio Amedeo,

patrino, S. E. il Barone di S. Remy Filippo Pallavicino, governatore della città e

provincia; ed a nome di S. M. la Regina Anna d’Orleans, matrina, la Marchesa D.

Violante Doria di Dolceacqua moglie del Marchese Carlo Rinunzio Guasco

gentiluomo di S. M., e dama d’onore della prelodata Regina. Vennero imposti al

neonato i nomi di Vittorio Amedeo, Iacopo, Ottaviano, Francesco, Giuseppe,

Antonio, Maria.

Due altri figliuoli ebbe la contentezza di vedersi crescere intorno il Marchese

Tommaso Ghilini; l’Ambrogio Giovanni Ottaviano Stefano Francesco Maria nato il

15 dicembre 1716, che divenne Generale di cavalleria; ed il Tommaso Maria, nato il

5 agosto 1718, che per l’alte sue virtù creato venne Cardinale della S. R. Chiesa il 1

giugno 1778. Tutti questi figliuoli si dimostrarono devotissimi di Maria, di cui

portavano il nome, ed accrebbero vieppiù nel nobile loro casato la pietà verso la B. V.

della Salve.

Una grazia portentosa, e forse vero miracolo, oprò la B. V. a favore di

monsignor Francesco Arboreo Gattinara, già Vescovo di Alessandria, e poi

Arcivescovo di Torino, e Gran Limosiniere di S. M. Quel prelato nel solstizio

invernale del 1719 venne colto dalla podagra, che il ridusse a letto, e vel tenne per

quaranta giorni, tormentandolo fieramente. Si riebbe bensì, ma gli restò una forte

gonfiagione, ed una sensibile debolezza nelle gambe, ed i visceri restarono attaccati

da affezioni ipocondriache. Quindi ne venne la perdita delle forze, dell’appetito e del

sonno; lande i medici il consigliarono a cambiar cielo, acciò col beneficio dell’aria

diversa e più purgata, e coll’allontanamento dagli affari potesse rimettersi in salute.

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Ubbidì monsignor Arboreo, e recatosi a Gattinara, colà parve che recuperato avesse i

suoi bei colori i volto, le sue forze e il suo brio, onde svanito credevasi ogni suo

incomodo, talché potesse essere uno dei tre Vescovi che fecero la seconda

incoronazione della B. V. d’Oropa il 20 agosto 1720.

Ma che? Il 17 ottobre una gagliardissima febbre lo assale, di giorno in giorno

va esacerbandosi, ogni rimedio torna inefficace; abbattuto, prostrato sgomenta i

medici, i quali più non sanno che fare, ed ognuno crede inevitabile la morte del

prelato. Ridotti a tali estremi monsignor Arboreo, devotissimo qual sempre fu della

B. V. della Salve, di cui aveva in più guise promosso il culto, la valida di Lei

protezione implora in quei duri frangenti: Maria l’ascolta: scompare la febbre, non

v’è convalescenza, malgrado sì pericolosa malattia, e addì 11 di novembre sano e

salvo rientra in Alessandria monsignor Gattinara.

È sparsa per città la nuova della sua venuta, tutti corrono ad incontrare

l’amatissimo pastore; ecclesiastici, nobili, ricchi, poveri, in folla l’accolgono con

lagrime di tenerezza al vederlo come risuscitato. Tutto è in festa pel suo felice arrivo:

ed egli, accompagnato da quell’immensa calca, va direttamente alla chiesa Cattedrale,

e qui divoto si prostra dinanzi alla B. V. della Salve; cantasi solenne Te Deum in

musica; e tutto commosso il venerabile Prelato staccasi dal petto la croce vescovile di

diamanti e smeraldi, la fa appendere al collo della B. V. in autentico argomento di sua

perenne riconoscenza a Maria SS. per la ricuperata sua salute.

Questa croce preziosa esisteva ancora nel 1876, e nel nastro paonazzo, a cui era

appesa, leggevasi a caratteri d’oro: “Franciscus episcopus in pristinam sanitatem

restitutus”.

Né questo fu il solo donativo fatto da monsignor Francesco Arboreo Gattinara,

come consta dai registri della cappella della Salve, giacché egli si mostrò generoso

verso la sua benefattrice: e finché resse questa Chiesa, con ogni sua sollecitudine

promosse la devozione verso la medesima B. Vergine.

Visibile a tutti comparve la protezione della B. V. nella prodigiosa salvazione

dal sommergimento nell’acque di tutto il quartiere Borgoglio nel novembre 1732.

Corse l’autunno di quell’anno assai piovoso; talché più volte in novembre

strariparono i fiumi Tanaro e Bormida. Nell’ultima innondazione a dismisura

cresceva il Tanaro, sommergeva le campagne al di là di Borgoglio, e di questi

riempiva i fossati, radeva i bastioni, minacciando d’atterrarli. Scavate di fatto le

fondamenta d’un antica muraglia verso i colli, l’acqua a furia entra in Borgoglio,

riempie in un istante le cantine, inonda le strade, penetra nelle case; sbigottiti,

tremanti i borgogliesi fuggono ai piani superiori delle case per salvarsi dal naufragio;

le acque frattanto ingrossano, e v’è temere che rovinar non facciano gli stessi

caseggiati. Tutta la città è sossopra, s’accorre sul ponte Tanaro, e sopra i bastioni;

s’odono le dolenti strida, l’amaro pianto, e scorgesi l’orrida costernazione dei parenti,

degli amici, dei compatrioti abitanti in Borgoglio. Ognuno la più viva compassione

ne sente; ma niuno è in grado di recar loro soccorso. Il Bergonzio più volte citato (era

Vicario Generale di monsignor Giovanni Mercurio Gattinara, Vescovo in allora di

Alessandria, che in quei giorni trovatasi in Torino per l’Orazione funebre di S.

Maestà il Re Vittorio Amedeo), il Borgonzio, dico, in sì terribile frangente, ordinava

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che tosto esposto venisse nella Cattedrale il venerando Simulacro della Salve, e con

pubblico editto invitava tutti a recarsi a’ piedi di Maria Consolatrice degli afflitti, ed

aiuto dei cristiani, per implorare soccorso agl’infelici Borgogliesi. Ed oh! vero

prodigio! Appena cominciano le campane della chiesa cattedrale a dare il solito segno

di tale esposizione, che all’istante si squarciano le nubi, cessa la direttissima pioggia,

il Tanaro abbassa la gonfia fiumana, l’acque si ritirano da Borgoglio, e, prima che il

sole tramonti, quel quartiere è fuori pericolo, e per così dire perfettamente asciutto.

Poteva essere più pronto, più efficace, più visibile il patrocinio di Maria della Salve?

Nell’anno 1738 avvenne, dice il Chenna, una siccità così grande che,

accompagnata dal calore eccessivo, causò nel mese di agosto una triste influenza di

febbri terzane e quartane in questa città nella parte che riguarda il Tanaro, fors’anche

a cagione delle acque stagnanti e corrotte nei fossi della nuova Cittadella. La città

ordinò un triduo all’altare maggiore della Cattedrale, coll’esposizione del Simulacro

della B. V. della Salve il 21, 22 e 23 di agosto: nel terzo dì del triduo, mentre si

cantava la messa in musica, e le litanie in aurora, per essere sabato, cadde una

buonissima acqua, che calmò il calore. Nel successivo giorno 26 di agosto vene una

pioggia così copiosa e salutare, per cui cresciuto il Tanaro, ed entrato nei fossi della

nuova Cittadella, purgò quelle acque stagnanti già fetide, e, temperando il calore,

diede agli ammalati l’opportuno sollievo: mostrando con ciò la B. V. il gradimento

che ha della devozione del sabato, e la sua singolare prontezza nell’esaudire i suoi

divoti alessandrini.

Correva l’anno 1745, anno di guerra in queste contrade tra il nostro Sovrano S.

M. il Re Carlo Emanuele e le nemiche corone. Alessandria era afflitta da varie

calamità, fra cui quella gravissima della mortalità delle bestie bovine; epperò la

Civica amministrazione così decretava il 5 agosto: “Hanno ordinato, per implorare

dalla Divina Misericordia, mediante l’intercessione della B. Vergine, la pace tra la

corona del nostro Sovrano, e le corone nemiche, e il sollievo di questa città nei

presenti bisogni, attesa anche la continuazione dell’epidemia nelle bestie bovine, farsi

celebrare una Novena in onore della B. V. della Salve con l’esposizione del

Simulacro della medesima, e comincerà venerdì prossimo alla sera; avendo deputato

li signori di Mese a portarsi da monsignor illustrissimo e reverendissimo a

partecipargli l’intenzione della città, ed hanno ordinato al signor Vice-sindaco di

partecipare quanto sopra al signor Arcidiacono della Cattedrale, pregando il

reverendissimo Capitolo compiacersi della di lui assistenza alla detta novena”. La B.

Vergine anche in questa circostanza mostrassi amorosamente propizia ai voti della

città, come rilevasi da altro ordinato della civica Amministrazione del 23 novembre

successivo, con cui venne deliberato farsi un’altra novena alla B. V. della Salve per

gli occorrenti bisogni; ma più non vi si parla della mortalità nelle bestie bovine; i

bisogni sono genericamente enunciati, e nella novena non si ordina più l’esposizione

del venerando Simulacro.

Nel successivo anno 1746 S. M. il Re Carlo Emanuele essendo stato attaccato

dal vajuolo, questo civico Consiglio con sua deliberazione del 27 novembre ordinò

una solenne Novena con esposizione del venerando Simulacro, “Per intercedere, così

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si esprimeva, da patrocinio di sì portentosa Avvocata il desiderato ristabilimento e

conservazione di S. S. R. M. così benefica e clemente”.

Sopraggiunta la primavera del memorando anno 1796 l’armata repubblicana

francese entrò in Italia, ed attraversò nel suo passaggio il territorio di alessandrino per

recarsi a guerreggiare contro l’armata austriaca. La civica Amministrazione presaga

dei tristissimi tempi, cui s’andava incontro, e temendo a buon diritto e della Patria, e

dello Stato, e della Chiesa, con santa prudenza ripose ogni sua speranza nella B. V.

della Salve, e così si esprimeva nella sua deliberazione del 5 giugno 1796: “Sempre

memore questa città delle grandi e segnalate grazie, in tutti i tempi ricevute dal

Sommo Iddio, mercé l’onnipotente intercessione e patrocinio costantemente invocato,

ed implorato della sempre B. V. Maria, onorata in questa chiesa Cattedrale sotto il

titolo della Salve, che ben presto corrispose a chi la invocò con fede, e qual più saldo

scudo ha sempre difeso e protetto questo patrio suolo nelle maggiori sue sciagure, e

come fonte e pienezza d’ogni bene, ha sempre ricolmato li suoi abitanti delle più

ridondanti celesti benedizioni, e qual cera consolatrice delle afflitte genti ora li

protegge in special modo ed assiste ne’ correnti disastrosi tempi, ha perciò

determinato, come determina e stabilisce, che debbiasi da questo pubblico

annualmente rassegnare nel giorno della di Lei maggiore festività, ricorrente in ogni

anno nella domenica in Albis, un cereo dal peso di rubbi cinque, avente le armi

dipinte di essa città, con l’intervento personale della medesima per l’effetto della

detta offerta, da osservarsi inviolabilmente tale stabilimento in avvenire, e ciò non

tanto per un ben dovuto contrassegno di gratitudine verso di una cotanto eccelsa

benefattrice, che per un monumento perpetuo della specialissima divozione di essa

città, e di lei abitanti sempre professata, e riprofessata verso la medesima, confidando

sempre più, e sperando di ottenere la continuazione delle di Lei grazie preservatrici di

ogni ulteriore infortunio. E siccome per il corrente anno sarebbe trascorso il giorno

della solennità stabilito per l’offerta di detto cereo hanno così ordinato, doversi

prontamente far incominciare a di Lei onore una solenne novena coll’esposizione del

di Lei sacro Simulacro, a cui interverrà questa civica amministrazione, per così

potersi nel primo giorno di essa, devenire all’offerta di detto cereo, con stabilimento

però, che detto cereo ogni anno prima della solennità predetta debba restituirsi alla

città in reintegrazione del nuovo, che si dovrà per tale funzione surrogare”.

Atto consolare del 12 dicembre 1796

“Richiamando la deliberazione presasi da quest’amministrazione, nell’aver

determinato l’annua offerta di un cereo al Simulacro della B. V. della Salve, che si

venera in questa Cattedrale, per i motivi in esso diffusamente espressi, sono tutti

unanimi e concordi venuti in sentimento di rivocare, come rivocano, la riserva in essa

fatta dell’avanza del cereo che annualmente si erano riservati, e dichiarando come

dichiarano, doversi d’ora in avvenire quello lasciare al beneficio della cappella

suddetta, ad uso e decoro del sacro Simulacro suddetto”.

Parve che aggradisse a Maria l’umile volto della città, e più che mai impegnata

si mostrasse a proteggere i suoi divoti alessandrini. Gli avvenimenti passarono sotto i

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nostri occhi, e si succedettero l’un l’altro con singolare rapidità. I nostri amati sovrani

dovettero ricoverarsi in Sardegna; una rivoluzione generale metteva intanto sossopra

lo stato; eserciti francesi, austriaci, russi, negli anni 1799, 1800, guerreggiarono a più

riprese per queste contrade; si assediava, anzi si fulminava con tremenda artiglieria la

Cittadella; la città ora all’uno, ora all’altro vincitore obbediva; gli orecchi assordati

venivano per tre giorni dai bellici strumenti durante la famosa battaglia di Marengo.

Eppure chi il crederebbe? In mezzo a tanti trambusti, a tante militari fazioni, e

campali battaglie, in mezzo a tante armi ed armati, la città non venne mai messa a

sacco; nulla mai ebbe a soffrire di violento; neppure un cittadino perì, abbenché non

poche palle di cannone sieno cadute in città; non mai si scarseggiò di viveri,

malgrado la moltitudine delle truppe; ogni cosa infine passò sempre pacificamente

entro le sue mura; talché incredibile parve al cittadino e al forestiero, che Alessandria

sì poco sentito avesse il peso di tante calamitose vicende; e quasi non parve vero, che

uscita fosse illesa da tanti gravissimi pericoli. Ma gli alessandrini ben seppero a chi

con ferma fiducia di soccorso e protezione avessero più e più volte fatto ricorso in

quei miseri tempi, ben seppero a chi avessero fatto fervide incessanti preghiere e

caldi voti. Ogni volta perciò che il pensiero volgevasi, o il discorso cadeva sopra

quelle terribili famose guerre, e sopra quelle svariatissime infauste vicende toccate a

questa città, volgarmente dicevasi: fummo salvi, perché protetti da Maria Santissima

della Salve.

CAPO OTTAVO

Continuazione delle grazie segnalate dal 1800 al 1843

Dopo un inverno asciutto, e senza neve, una siccità spaventosa con arie fredde

affliggeva le campagne nella primavera dell’anno 1817, e si temeva della mancanza

d’ogni ricolta. Ai cittadini perciò si unirono le popolazioni circonvicine, le quali

prcessionalmente nel mese di maggio accorrere si vedevano a supplicare in questa

chiesa Cattedrale il miracoloso Simulacro della B. V. della Salve. Mercé tante

preghiere cadde finalmente il 26 di maggio la sospirata pioggia, la campagna

germogliò e le ricolte furono abbondantissime.

Ammalò gravemente in novembre 1831 il Governatore di questa città e

divisione, generale Conte Galatei di Genola. I molti valenti medici, che lo curavano,

non sapevano più a qual valido rimedio appigliarsi, ed assai temevano della sua vita.

La civica amministrazione, vedendo le cose a sì mal partito, ordinò un solenne triduo

coll’esposizione del venerando Simulacro, cui intervenne il Corpo di città, il

Capitolo, e numeroso popolo. Calmò tosto la febbre nell’alto personaggio infermo,

ben presto andò fuori di pericolo, ed abbandonò il letto. Riconoscente il Governatore

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alla segnalata grazia ricevuta offrì in segno di sua gratitudine alla B. V. una così detta

Teca d’argento ricca ed egregiamente lavorata. Il medesimo conservò sempre molta

devozione alla B. V., e quando giubilato si ritirò a Genola, ivi dedicò ala B. V. della

Salve la sua privata cappella, fregiandola della taumaturga immagine.

Sarà sempre memorando l’anno 1835 atteso il generale sbigottimento, che il

terribile colera asiatico, devastatore di Nizza, di Genova, di Cuneo, e più tardi di

Torino, penetrasse in Alessandria, le cui porte erano aperte a tutti i fuggitivi dai

luoghi infetti, de’ quali molti fermavano qui il loro domicilio. (Fu pure questa

circostanza, che ispirò al can. teol. Filippo Ansaldi di raccogliere queste notizie, e di

pubblicarle col fine di ottenere la liberazione della sua famiglia dimorante in

Vocemola, ove infieriva il cholera, ed ottenne la grazia di vedere sani e salvi i suoi

parenti).

Ma il vescovo monsignor Dionigi Andrea Pasio pose piena fiducia nella B. V.

della Salve, e negli ultimi giorni di luglio ordinò l’esposizione del venerando di Lei

Simulacro per un solenne triduo, a cui tennero dietro quelli della civica

amministrazione, del Capitolo, del clero, della nobiltà, e di altri divoti, per sempre più

impegnare la B. Vergine a liberarci dall’orribile flagello. Nei giorni poi 1, 2, 3 di

settembre dal prelodato monsignor Vescovo e dal Capitolo celebrato venne un

solennissimo triduo coll’esposizione sopra l’altare maggiore del miracoloso

Crocifisso, dei corpi de’ SS. Protettori, e di tutte le reliquie esistenti in questa chiesa

Cattedrale, in mezzo alle quali sfolgoreggiava la ricca cassa col venerando Simulacro

della Regina di tutti i santi. Altro simile triduo volle fatto la civica amministrazione.

E inutile il dire, che in tante replicate esposizioni continua si fu l’affluenza del divoto

popolo sino a tarda notte.

Il rio morbo non comparve affatto né in Alessandria, né nella sua provincia,

abbenché nelle diocesi circonvicine mietuto avesse non poche vittime. La civica

amministrazione, ebbra di gioia per sì fatta conservazione della pubblica salute, ecco

come si esprimeva il 19 di novembre nel fare un voto in riconoscenza alla B. V. della

Salve: “Il signor Sindaco di prima classe nel rammemorare a questo civico Consiglio,

come al primo apparire del colera morbus in alcune province di questi regii Stati,

questa devota popolazione, giustamente atterrita dal timore di un sì terribile flagello,

sia accorsa a pié degli altari, ed ivi con reiterati tridui, ed incessanti preghiere

all’eccelsa sua benefattrice e protettrice, la B. V. della Salve, abbia implorato la

potentissima sua intercessione presso il divin Salvatore, perché volesse degnarsi di

preservarci da sì rio e fatale malore. E come,la Dio mercé, in mezzo a tanti, e sì

continuati pericoli d’infezione, dai quali si è trovata questa città circondata, per la sua

grande affluenza di persone fuggiasche dai luoghi infetti di Genova, Cuneo, ed altri

paesi, che qui o passavano, o si soffermavano per cercar asilo, e scampare dal morbo

persecutore, sia la medesima per evidente specialissimo prodigio dell’alta sua

Protettrice andata esente, ed illesa dal benché minimo attacco di sì virulento malanno,

propone essere non solo dovere, ma certamente acceso desiderio della stessa

popolazione di rendere le più distinte calde ed adeguate umili grazie all’insigne sua

Benefattrice, per il cui mezzo si ottenne sì segnalato e portentoso divino favore. Al

cui scopo sarebbe il prelodato signor Sindaco di prima classe di parere che questa

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civica amministrazione si decretasse un solenne Te Deum, coll’intervento di

monsignor Vescovo, e di tutte le autorità della città, da cantarsi in questa chiesa

Cattedrale in quel giorno, che verrebbe col prelodato monsignore concertato, con

successivo triduo alla B. V. predetta, con intervento di questa civica amministrazione,

in rendimento di grazie per l’ottenuto sommo beneficio, e che ad eternare la memoria

di un sì miracoloso avvenimento la città votasse un qualche pubblico religioso

monumento in attestato della sua perenne profondissima, e divota riconoscenza verso

l’augusta Vergine predetta. I signori Congregati, intesa la surriferita proposizione del

signor Sindaco di prima classe, e la medesima colla massima premura e fervida

soddisfazione accogliendo, penetrati dalla più profonda ammirazione e riconoscenza

verso l’augusta loro benefattrice e protettrice la beatissima Vergine della Salve, e

premurosi di poterne esternare tutti quei pubblici attestati, che sono in loro potere,

compatibilmente alle forze di questa città da infinità di straordinari urgenti già

contratti impegni inceppata, hanno del più unanime e grato consenso, deliberato,

come deliberano doversi cantare in questa chiesa Cattedrale il proposto solenne Te

Deum con preghiera a monsignor Vescovo ed a tutte le autorità della città, da invitarsi

appositamente, d’intervenire, ed in quel giorno, che il signor Sindaco di prima classe,

sarà compiacente di concertare con monsignore, e successivamente celebrare un sacro

triduo alla B. V. predetta con intervento di questa civica amministrazione in

rendimento di grazie del portentoso salvamento dal terribile flagello, che ci

minacciava, e doversi contemporaneamente votare, come vota una somma di lire

ottomila da erogarsi nella formazione di due lampade d’argento da collocarsi nella

cappella, ed avanti all’altare dell’augusta Santissima Protettrice, e nella restaurazione

dei muri, con abbellimento dei medesimi e degli ornati interni della stessa cappella, e

ciò a titolo di doveroso ed umile votivo tributo di perenne divota gratitudine e

riconoscenza di questo pubblico pel segnalato favore da incidersi con analoga

iscrizione in lapide nella stessa cappella”.

Più spaventoso dell’anno precedente fu per Alessandria l’anno 1836. Il terribile

morbo della primavera menava stragi nel regno Lombardo Veneto, nei ducati di

Parma e Piacenza; entrato nell’estate in Tortona si dilatava per tutta quella vasta

diocesi, e dappertutto orribile erano le sue stragi. A sì infauste notizie la nobiltà e la

cittadinanza ebbero tosto ricorso alla loro Protettrice con solenne triduo: durante poi

il lungo periodo del pericolo la cappella della Salve ad ogni ora del giorno era visitata

da ogni classe di persone. Quindi, malgrado l’ospitalità accordata ai fuggitivi di

Tortona, malgrado la tanta vicinanza del morbo, malgrado che fosse entrato nelle

parrocchie della Fraschetta, e paresse volervi menare stragi, malgrado che fosse

pervenuto quasi alle nostre porte, pure pochissime furono le vittime colte nelle

suburbane parrocchie della Fraschetta, ed Alessandria andò, può dirsi per vero

miracolo, esente dal colera. La liberazione di questa città già per due anni avvenuta è

una chiarissima prova del prodigioso patrocinio della B. V. della Salve.

La divozione verso la B. V. della Salve, eredità preziosa ricevuta dai primi

abitatori di Alessandria, e gelosamente trasmessa da padre in figlio pel corso d’oltre

sei secoli, è una certa prova delle grazie infinite, che in ogni tempo ricevettero da

Maria SS. In tutti i pubblici e privati bisogni si ebbe sempre ricorso alla B. V. della

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Salve, e sempre si ottenne. Sono innumerevoli i tridui e le novene fatte per implorare

il possente di Lei patrocinio e da questa civica amministrazione e da private persone,

come risulta dai libri antichi e moderni della medesima cappella. Rammentarono gli

antichi, e rammentano i presenti, le opportune piogge, e le serenità da Maria ottenute,

i pubblici e privati bisogni scomparsi, le calamità svanite, le gravi infermità d’ogni

genere sanate, le angustie fugate, le inimicizie riconciliate; le conversioni dei parenti

e degli amici in ogni tempo conseguite. Da questo suo Simulacro la gran Madre di

Dio mostrossi ognora Madre amatissima degli alessandrini e di tutti coloro, che a Lei

ebbero ricorso per qualsiasi loro spirituale o temporale bisogno.

Epperò in contrassegno della loro riconoscenza i Vescovi, Ottaviano Guasco

donativi le inviava da Cremona, Gian Mercurio Arboreo Gattinara le faceva legato

della sua croce preziosa, Giuseppe Alfonso Miroglio le lasciava vistosi legati,

Giuseppe Tommaso De-Rossi, cominciata sotto gli auspici di Lei la S. Visita, ne

promosse generosamente il culto. Il Cardinale Ghilini nel 1787 legò con suo

testamento la preziosa sua croce d’oro guarnita di smeraldi e diamanti, e due suoi

anelli di diamanti del valore in tutto di lire diecimila di Piemonte. Cavalieri e dame,

dopo di aver contribuito viventi al culto di Lei, eterno resero l’attestato di loro

riconoscenza con pingui legati.

CAPO OTTAVO

Solenne Coronazione della B. V. della salve avvenuta il 28 maggio 1843

Alle glorie antiche e moderne della B. V. della Salve ancor mancava, che

solennemente decorata fosse dell’aurea corona vaticana. Monsignor Pasio,

unitamente al Capitolo Cattedrale, considerando l’antichità del culto prestato a questo

venerando Simulacro, e le grazie e i prodigi nel corso di più secoli di Maria impartiti,

e specialmente la mirabile preservazione per due anni consecutivi dal tremendo

colera, porse suppliche a Roma nel 1837 per impetrare l’aurea corona.

Colà vennero con maturità di consiglio esaminati i documenti presentati, e

comprovanti l’antichità del culto e la moltitudine dei prodigi e delle grazie concedute

da Maria venerata in questo suo Simulacro: e finalmente, dopo molti incombenti,

addì 8 maggio 1842 il Capitolo Vaticano emanò il favorevole sospiratissimo Decreto

del tenore seguente:

Ex actis Capitularibus Vaticanis. Testor qui infra, exscriptum fuisse decretum

quod sequitur. Die octava maii anno MDCCCXLII in dicto Capitulo praesentes

adfuerunt reverendissimi Domini Domini etc.

Quum Alexander Sfortia Pallavicinus Comes annuam pecuniam jampridem

collegio nostro in hunc usum reliquerit, ut aurea corona exinde fiat, qua corona

collegium nostrum eas sculptas pictasve Imagines Mariae Dei Matris solenni ritu

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exornet, quas veteri Christi fidelium cultu, coelestiumque prodigiorum fama magis

celebrari animadverterit:

quum vero Reverendissimus Episcopus, Collegium Canonicorum, Ordo, et

populus alexandrinus in Insubria collegium nostrum enixe rogaverint, uti ligneae

Imagini Mariae Perdolentis, quam Salve vulgo appellant, ac in Majori templo

veneratur, quod paucis ante annis asiaticae luis terrorem procul civitate depulerit,

firmissimamque civium omnium animis fiduciam indiderit, coronae hujus honorem

velit tribuere:

quum demum collegium nostrum tum postremum hoc beneficium, tum veterem

ejus Imaginis cultum prodigiorumque gloriam ex legittimis documentis vera esse

cognoverit, probaveritque:

DECREVIT

Imagini lignae Mariae Perdolentis, quae communi vocabulo Salve nominatur,

quaeque in Majori templo Alexandrinorum in Insubria pie colitur, Coronam auream

esse tribuendam.

Ut autem decretum hoc adduci ad effectum mature possit, Collegium nostrum

libenter permisit, uti reverendissimo Episcopo Alexandrino, vel per se, vel per alium

Ecclesiae Officio aut dignitate praestantem, unius ex sodalibus collegii nostri vice

fungi liceat, Imaginique superius designatae Coronam auream imponere; dummodo

in re tam gravi et praescripti ritus serventur, et acta legittima totius coronationis

custodienda in tabulario nostro ad facti memoriam perennandam una cum tabula

picta Mariae Perdolentis nostra hac aurea corona exornatae et aliis Imaginibus

lineari pictura impressis ad nos mittantur.

Quod decretum ex actis Colegii ad literam exscriptum Collegii nostri sigillo

munivi.

Datum ex aula Capitulari Vaticana IV

Id Mai an. MDCCCXLII.

Loco + Sigilli

Signat. Rogerius Antici Mattei Conanicus a secretis.

Pro exemplari conformi

Canonicus I. Braggione P. Secr.

Il nostro Regio spedizioniere Trincia, che dopo aver venerato il Simulacro della

Salve, aveva colla massima sollecitudine e devozione promossa la causa, fu munito di

procura speciale da monsignor Pasio per ritirare dalla Tesoreria Vaticana la corona

d’oro: egli la consegnò a S. E. il sig. Conte di Broglia Ambasciatore di S. M., il quale

la trasmise in Torino a S. E. il sig. Conte Solaro della Margarita primo segretario di

Stato per gli affari esteri, e questi la rimise nelle proprie mani del prefato Monsignor

Pasio. Questa corona d’oro è molto pesante, la sua forma è all’imperiale: è tutta

lavorata con vaghissimo disegno eseguito colla più singolare precisione di

cesellature, d’arabeschi, cosicché può dirsi un bel capo-lavoro nel suo genere.

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Monsignor Pasio pubblicava intanto colla data 30 settembre 1842 una

festosissima Lettera pastorale, con cui annunziava il faustissimo avvenimento,

eruditamente provava quanto Maria si compiacesse d’essere venerata in questo

Simulacro, ed eloquentemente tutti esortava a concorrere nelle spese necessarie per

fare una festa veramente solenne a gloria di Maria SS., per impegnarla a continuarci

il validissimo suo patrocinio.

Creò poscia una Commissione speciale, composta di tre deputati del Capitolo e

di altri otto personaggi dei più distinti della città, per raccogliere le elemosine dei

fedeli. A gara i cittadini sottoscrissero l’accettazione d’un numero loro beneviso di

azioni a lire cinque caduna; anche in tutta la diocesi si accettarono azioni, e si

raccolsero limosine. Le Confraternite della città fecero pure le loro particolari

oblazioni. Presi i dovuti concerti colle autorità, venne pubblicata la dispensa dalle

solite visite natalizie per tutti coloro, che avessero pagata una quota di lire tre per la

coronazione, e trecento settantadue individui pagarono la loro quota. Si scrissero

lettere particolari a tutti gli alessandrini abitanti altrove, ed ai ricchi esteri possidenti

nella diocesi; e generalmente si ebbero graziosissime risposte con accettazioni di

azioni. Le signore avevano spontaneamente offerto un grandissimo tappeto di Fiandra

per l’altare e per tutto il pavimento della cappella della Salve.

Venne anche proposta dalla Commissione officiosa una Lotteria d’oggetti, e

furono con lettere invitate tutte le signore della città a donare un qualche lavorio delle

loro mani, od altro oggetto, per rendere numerosi i premi da vincersi. Quest’invito

sortì un effetto inaspettato; oltre a cinquecento furono gli oggetti, che le signore

inviarono a gara, in ricami, in quadri, in porcellane, in ori e simili; talché l’aula

capitolare, benché assai vasta, non potendo capirli, fu forza trasferirli nella gran sala

del civico palazzo.

Si pensava frattanto alle feste.

Monsignor Pasio porse supplica a S. M. il Re Carlo Alberto per ottenere la

grazia, che si potessero commissionare i fuochi ai Regii Artificieri. La sovrana

munificenza volle di gran lunga vincere l’aspettativa, ordinando che i fuochi fossero

preparati gratuitamente, e fossero eseguiti sulla gran piazza d’Armi. Questi fuochi

riuscirono compitissimi, e veramente regali, giacché si pose loro mano indefessa sino

da gennaio. Questo tratto di sovrana liberalità attesterà ai più tardi nipoti, quale e

quanto ammirabile fosse la pietà e la divozione di quel religiosissimo nostro monarca

verso la Salve.

Non esistendo un rame rappresentante l’effigie della B. V. della Salve, fu dato

l’incarico di inciderlo al professore Cesare Ferrero di Pavia, il cui bulino era assai

celebrato in Italia per moltissime incisioni a perfezione eseguite. Graziosamente

venne egli stesso a levare il disegno, che riuscì propriamente al naturale. Il rame poi

fu da lui inciso con tutta naturalezza e precisione. S. M., a preghiera del prelato

monsignor Pasio, si degnò d’accettarne la dedica. Il Ferrero poi, oltre al rame, volle

anche incidere sulla pietra litografica lo stesso disegno, e farne graziosissimo dono

alla B. V. della Salve. L’incisione del conio per le medaglie venne affidata a G.

Cerbara, uno dei migliori artisti di Roma, e ne furono coniate in oro, in argento, in

rame, in ottone da quella Zecca pontificia. Queste medaglie presentano da una parte

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la cassa coll’effigie della Salve, e l’iscrizione Simulacrum B. M. V. A. Salve. Noncup.,

e dall’altra parte Corona Aur. A. Capitulo. Vatic. Decreta: Alexandriae. Imposta.

MDCCCXLIII. Si scelse pure un valente pittore per l’esecuzione del quadro della

Salve, e questo vene con gran cornice dorata allogato nella Galleria Vaticana.

L’antica Accademia d Scienze ed Arti detta degli immobili, che venera in sua

patrona la B. V. accolse volenterosa l’invito di tenere una pubblica solenne adunanza

per celebrare le glorie della Salve. Gli accademici componimenti furono stampati, e

S. M. degnossi anche di questi accettare la dedica.

Nel centro della Piazza Reale venne eretto un tempietto circolare d’ordine

corinzio, che consisteva in otto colonne sostenenti una cupola. Esse posavano sopra

una gradinata ottagonale, la quale si elevava sopra un basamento pure ottagonale

accessibile per mezzo di quattro larghe gradinate prospicienti ai quattro lati della

piazza. Un altare sorgeva nel mezzo per posarvi il venerando Simulacro. Il diametro

interno di questo tempio era di metri 8,10; il suo pavimento trovatasi elevato sopra il

suolo della piazza di metri 3,00, e la sua altezza totale era di metri 17,40. I dipinti, e

le in dorature essendo stati eseguiti con molta maestria, fecero assai bene risaltare la

vaghezza e regolarità della sua forma, presentando così tutto l’insieme un aspetto

grandioso ed imponente.

Nella Cattedrale poi si eresse un nuovo altare maggiore dilatando il presbiterio

sino alla prima colonna; a destra, nella cappella di S. Baudolino, si preparò una

magnifica Tribuna per S. M. il Re, e per la R. sua Corte; a sinistra nella cappella di S.

Pio, fu costrutta una vastissima Orchestra (Prima del 1875 il nostro Duomo aveva

quattro grandi cappelle nel sito ora occupato dalle cappelle della Salve e di S.

Giuseppe coi rispettivi anditi: ed erano, a destra, le cappelle di S. Baudolino e di S.

Giuseppe; a sinistra quelle di S. Pio e della Madonna della Salve).

L’apparatura poi della Cattedrale venne eseguita dal migliore fra i tappezzieri

di Genova. La nave di mezzo fu apparata con velluto a grandi fiorami cremisi su

fondo bianco; le laterali e le cappelle a damasco rosso; la cappella della Salve a

damasco cremesi con ricchissimo spolino in oro; il tutto era ornato con velluti, trine,

galloni e frange d’oro. Da tutte le arcate grandi e piccole, dai cornicioni e dai volti

pendevano doppi festoni a vari colori riccamente ornati. Lo sfoggio massimo poi

trovatasi sopra l’altare ove venne collocato il venerando Simulacro. Novantasei

bellissimi lampadari di cristallo adornavano tutti gli archi, e le lesene. L’effetto di sì

sfarzoso apparato fu veramente magnifico; divenne poi sorprendente allorché tutto si

vide illuminato da una infinità di doppieri in cera di levante.

Una società anonima preparò una macchina di fuochi da incendersi in una sera

delle feste. Questi fuochi, sebbene di gran lunga inferiori ai donati del Re, fecero

tuttavia un bell’effetto.

Per la musica venne scritturata una numerosissima orchestra composta dei più

valenti professori sì di canto, e sì d’istrumentazione e riuscì di aggradimento

universale.

Siccome tutta la funzione era sacra, così il dì 13 maggio ebbero principio nella

Chiesa di N. S. del Carmine i Ss. Spirituali esercizi, attesoché la Cattedrale era

ingombrata dai preparativi, che vi si facevano.

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Sabbato 27 maggio cominciò ad eseguirsi il cerimoniale della coronazione.

Verso sera perciò venne esposto nella Cattedrale il venerando Simulacro; si cantarono

le Litanie Lauretane, l’Ave Maris stella, e si chiuse colla benedizione del SS.

Sacramento. Alla sera venne illuminata la facciata della Cattedrale, secondo il suo

Palladiano disegno. Illuminata a trasparente compariva la cassa col venerando

Simulacro sulla porta di mezzo, e negli altri quattro campi si vedevano gli stemmi di

S. S. Gregorio XVI, di S. E. il Cardinale Mario Mattei Arciprete della Basilica

Vaticana, di Monsignor Pasio nostro Vescovo, delegato a fare l’incoronazione, e del

Capitolo Vaticano. Vi fu pure illuminazione generale della città, la quale riuscì

brillantissima. Fra tutti si distinsero il Palazzo Reale illuminato con moltissime

torchie di cera, il Palazzo civico, quello del Vescovato, e quello del Governatore.

Il 28 maggio, domenica fra l’ottava dell’Ascensione, Monsignor Pasio si portò

alla Cattedrale di buon’ora, e vi ricevette dal reverendissimo Capitolo il giuramento

di conservare in perpetuo sul capo della B. Vergine la corona d’oro, a mente del

legato del fu signor Conte Sforza Pallavicini; e quindi consegnò al medesimo

Capitolo l’aurea corona. Successivamente il Notaio Apostolico signor Canonico D.

Carlo Braggione pubblicò il relativo istrumento, e lesse anche il decreto del

reverendissimo Capitolo Vaticano per la coronazione. Indi Monsignor d’Angennes,

Arcivescovo di Vercelli, che gentilmente accondiscese alle istanze del nostro Prelato,

vestito pontificalmente benedisse la corona posta sopra l’altare maggiore entro un

bacile d’argento, recitando le prescritte orazioni. Dopo ciò la corona venne collocata

nella parte dell’epistola. Si cantò poi la messa pontificale dal prefato Monsignor

Arcivescovo, accompagnata da numerosissima orchestra.

Il piissimio Sovrano Carlo Alberto, per un tratto specialissimo di quella

religione che cotanto il distinse, ai già dati esempi di particolare devozione verso M.

SS. della Salve, quello degnassi di aggiungere di decorare coll’augusta sua presenza

le sacre funzioni della coronazione unitamente alle LL. AA. RR., i Duchi di Savoia e

di Genova, S. A. Serenissima il Principe di Carignano, e S. A. R. il Principe di Lucca,

col rispettivo loro corteggio e molti altri alti personaggi della Corte Reale.

Assistevano alla sacra funzione in abiti pontificali i Vescovi Monsignor

Malabaila di Casale, Monsignor Negri di Tortona, Monsignor Contratto d’Acqui,

Monsignor Ghilardi di Mondovì, Monsignor nostro Pasio, le due Collegiate della

città, il clero secolare e regolare, e tutte le autorità civili e militari: talché questa

coronazione riuscì certamente una delle più splendide e magnifiche, che mai si sieno

celebrate.

Dopo la messa pontificale si trasportò processionalmente dalla Cattedrale al

tempietto sulla piazza reale il venerando Simulacro, preceduto dall’aurea corona,

portata sopra un magnifico cuscino dal Can. Ansaldi, vestito di argentea dalmatica.

Collocato il venerando Simulacro sull’altare eretto in quel tempietto, venne

consegnata l’aurea corona al prefato Monsignor Arcivescovo, tuttora vestito

pontificalmente: ed egli intonata l’antifona Regina Coeli, etc., proseguita da una lieta

sinfonia, la impose sopra il capo della B. V. della Salve, dicendo: Sicuti per manus

nostras coronaris in terris, ita et a Christo coronari mereamur in coelis. In questo

momento salutarono Maria, il suono delle campane di tutta la città, il fragore delle

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artiglierie e delle fucilate della guarnigione, il suono delle musiche militari ed il sordo

plaudente mormorio dell’immensa moltitudine spettatrice dalle finestre, dalle logge,

dai tetti, dalle contrade e da tutta la gran piazza.

Quindi si cantò il Te Deum in ringraziamento di tanto beneficio, poi recitato il

De profundis per il Legante Sforza Pallavicini, ed un Pater ed Ave per il Rev.mo

Capitolo Vaticano, vene impartita la benedizione papale. Finalmente ritornò la

processione alla Cattedrale, lasciando esposto sull’altare del tempietto sulla piazza il

venerando Simulacro, la cui gran cassa d’argento faceva bellissima comparsa,

essendo tutta imbrunita e dorata a nuovo, avente sulla base una vaghissima ghirlanda,

lunga nove piedi, di fiori finti delle Fieschine di Genova, dono del signor Abate

Bruna cappellano della R. Marina. Il venerabile Simulacro poi era ornato da nuovo

superbo manto bianco, ricamato in oro, dono degli studenti di questo real collegio. Le

gioie, le perle, le croci vescovili, gli ordini cavallereschi e gli innumerevoli fregi

d’oro furono distribuiti sopra di esso con regolare disegno.

Il programma delle feste stabiliva che il venerando Simulacro rimanesse

esposto in piazza, festeggiato da sacra salmodia sino all’ora della processione

generale. Ma che? Per un’improvvisa pioggia con vento che bagnava l’interno del

tempio in piazza, si dovette coprire il Simulacro, e riportarlo nella Cattedrale. Non

potendosi pertanto fare la processione, Monsignor Ghilardi Vescovo di Mondovì salì

il Pergamo, e trattenne lungamente l’immenso popolo sopra la devozione alla B. V., e

si terminò la festa colla benedizione del venerabile.

Alla sera però essendosi rasserenato il cielo furono incendiati sulla piazza

d’Armi i grandissimi fuochi artificiali donati da S. M. Nel giorno 30 alla mattina vi fu

messa pontificale con gran musica, e verso sera vi fu processione generale con

intervento dei sopraddetti prelati; le contrade onorate dalla processione erano tutte

sfarzosamente addobbate, e grandissima fu la calca degli spettatori anche forestieri,

che a tal uopo si erano fermati. Nel giorno seguente vi fu pure pontificale, in cui,

come nel giorno avanti, vennero da valentissimi oratori dette le lodi della B. V. della

Salve. In questo giorno verso sera vennero incendiati i fuochi artificiali a spese di una

Società anonima, i quali furono universalmente applauditi. Negli altri successivi

giorni dell’Ottava si cantò sempre la messa e vespro con grande orchestra.

Finalmente nel giorno 5 giugno, ottava della coronazione e festa di Pentecoste, vi fu

messa pontificale con bella musica, ed in essa monsignor nostro Vescovo impartì la

benedizione papale.

A mezzogiorno venne fatta l’estrazione della lotteria sulla piazza Reale con

banda militare. Verso sera dopo i vespri solenni in musica venne fatta intorno ala

piazza la processione col venerabile Simulacro, e di ritorno alla Cattedrale, dopo il

canto del Te Deum, si chiusero le feste colla benedizione del venerabile. In tutta

l’ottava il venerando Simulacro stette esposto su apposito palco sopra l’altare

maggiore illuminato da moltissimi cerei.

In questa guisa ebbero fine le feste della coronazione, la quale formerà

un’epoca gloriosissima per Alessandria, sì, perché il suo Simulacro della Salve sarà

da tutti riconosciuto come antico e prodigioso, sì, perché il magnanimo Re Carlo

Alberto volle decorarla per alcuni giorni di sua augusta presenza, sì, perché ogni

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ordine gareggiò nel dimostrare la sua divozione a Maria SS.: mentre l’introito fra

azioni, offerte, lotterie, limosine accese alla vistosissima somma di lire

quarantaquattro mila, quattrocento cinquantatre e centesimi sessantaquattro; somma

che tra apparature della Cattedrale, musiche, tempio sulla piazza Reale, pitture, rami

e medaglie ed altre spese, venne tutta consunta, e non sopravanzarono che lire

duemila settecento novantatre, colle quali furono comprati i lampadari di cristallo per

tutta la chiesa Cattedrale, che saranno monumento della pietà dei fedeli, e della fatta

incoronazione.

CAPO NONO

Continuazione di grazie dal 1843 al 1863

Fra le grazie ottenute per intercessione della B. V. della Salve dopo la solenne

sua incoronazione quella principalissima devesi riferire concessa allo stesso

Monsignor Vescovo Pasio, che tanto adoperato erasi, affinché il venerando Simulacro

con decorato venisse dalla vaticana corona. Egli, come presidente capo del

Magistrato sopra gli studi risiedendo in Torino, venne sorpreso da paralisi alla faccia,

protendentesi alla mano destra. Appena ricevuta la triste notizia, il Capitolo si rivolse

alla B. V. della Salve. In modo insperato, dopo brevissima cura medica, avendo egli

ricuperata la pristina salute, questa egli soleva attribuire alla protezione di Maria SS.

della Salve. Epperò reduce appena alla sua sede episcopale ordinava un ricco

apparato di serici arazzi per ornamento di tutta la cappella; e poi, coll’assistenza del

Capitolo della Cattedrale e dei seminaristi, celebrava all’altare della Salve messa in

rendimento di grazie, ed offeriva un prezioso calice in memoria dell’ottenuta

guarigione.

Nell’autunno dell’anno 1847, essendo caduto il fulmine in modo spaventevole

sopra l’episcopale palazzo, penetrando nella cappella, nelle sottoposte camere, dove

molte persone stavano lavorando, senza arrecare alcun danno a questi, e senza

guastare i muri dipinti a fresco e gli ornamenti della cappella, eccetto che abbruciò la

cortina di una finestra, volle il pio prelato attribuire alla protezione di M. SS. della

Salve, se egli medesimo e la sua casa erano usciti illesi da tanto pericolo, e ne diede

pubblica testimonianza, offerendo alla cappella della Salve una ricca pianete di

broccato, ed ivi celebrando il santo Sacrificio coll’assistenza dei Canonici della

Cattedrale e dei seminaristi.

Nella guerra del 1849 e del 1850, la città di Alessandria, malgrado il passaggio

delle truppe, e la permanenza del quartiere generale di S. M. il Re Carlo Alberto,

nulla ebbe a soffrire, sebbene fatta la pace, siasi avuta guarnigione mista. Accadde

bensì lo scoppio di un cassone di granate cariche; ma ciò avvenne nella piazza Reale,

per cui furono rotti moltissimi vetri e ben pochi ebbero a soffrire, Ciò tutto vene dal

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popolo riconosciuto come una grazia particolare della sua protettrice Maria SS. della

Salve: ed i signori fratelli Pietro Antonio e Canonici Carlo e Giovanni Battista

Braggione, dinanzi alla cui casa avvenne lo scoppio, in ringraziamento donarono alla

cappella della B. V. della Salve una stupenda pianeta ricamata in oro e seta.

Successivamente il Canonico Carlo Braggione donò ala stessa cappella un quadro

rappresentante la SS. Annunziata, ed un altro rappresentante l’arcangelo Raffaele con

Tobia, pitture magnifiche del famoso Moncalvo.

Una grazia singolarissima ottenne una donna forestiera attratta nelle gambe, la

quale pregò il sacrestano ad aprirle la porta della scala, che metteva al camerino dove

riposava il venerando Simulacro. A carpone ed a stento salì la scala, e dopo lunga

preghiera la discese pure a stento. Ciò a ripetuto in diversi giorni, e finalmente

saltellando calò la scala, e disse tutta allegra e contenta che la B. V. della Salve

l’aveva guarita.

La M. R. Madre suor Angela Giuliana Savio, Orsolina di Alessandria, depose

come segue: “Io ricevetti per intercessione di Maria SS. della Salve lì 8 settembre

1850 guarigione istantanea da una malattia, che mi tenne inchiodata in letto per

cinque mesi e undici giorni con sessantaquattro operazioni di sangue, ed altri infiniti

rimedii. Più volte viaticata, mi venne impartita la benedizione papale, mentre a

giudizio di cinque medici non eravi più alcuna speranza di vita. Nel primo giorno

della novena della Natività di Maria SS. Monsignor Pasio ed il signor Canonico D.

Giuseppe Morini mi dissero di fare una novena a Maria Santissima della Salve, con

tre Ave Maria mentalmente (non essendo in grado di recitarle) mentre essi

l’avrebbero fatta più compita, onde ottenere la mia guarigione. Nel giorno sette,

vigilia della Natività venni di nuovo viaticata, e nel giorno otto al mattino mi si

aumentò a dismisura il male con un’ardentissima febbre, sicché il signor Canonico

Morini, che mi assisteva, perdette ogni speranza. Ad un’ora dopo il mezzogiorno

venni senza avvedermene colta da un dolce sonno, mentre durante tutta la malattia,

malgrado una quantità d’oppio, non mi riesciva di poter chiudere palpebra, né di

giorno, né di notte. Mi svegliai alle due ore pomeridiane, sana e salva; stupita di

questo cambiamento, chiamai la buona Margarita di servizio, i feci dare gli abiti, mi

vestii da sola, sbalzai di letto senza appoggio, e camminai sola per la camera. Al

domani mi portai in chiesa a prendere la benedizione del Venerabile, previo il canto

dell’inno ambrosiano, in ringraziamento della portentosa grazia ottenutami dalla B.

Vergine della Salve. Da quell’epoca in poi sino al corrente anno 1863, non sono mai

più caduta in grave malattia”.

Nella guerra 1859 e 1860, malgrado che qui soggiornassero le numerose truppe

francesi, non si ebbe a deplorare verun sinistro, eccetto i gravi incomodi degli alloggi

militari. In quell’occasione l’Imperatore Napoleone III venerò il portentoso

Simulacro della Salve, esposto sopra l’altare maggiore, ed in monumento di sua

imperiale munificenza donò un superbo calice d’argento, ornato di brillanti, con

relativa patena, e due bellissime ampolle d’argento, posate sopra un piatto storiato

esso pure d’argento.

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CAPO DECIMO

Altre grazie straordinarie dal 1863 al 1885

A compimento dei cenni di grazie straordinarie lasciaticisi dal Prevosto

Ansaldi, pure omettendo di parlare di altri fatti, dei quali non si sono potute avere

esatte informazioni, si ricordano qui alcuni più assicurati, ed accaduti in questi ultimi

anni.

Un fatto strepitoso che esce fuori dell’ordine naturale, tenuto in conto di

prodigio da un numeroso popolo, che era presente, accadde fin dal 1868 ad un tale G.

B., il quale va ripetendolo ancora oggidì come una grazia singolare della B. V. della

Salve. Egli trovatasi in Alessandria come operaio presso un negozio al tempo

dell’incoronazione del prodigioso Simulacro di Maria SS. della Salve (1843).

Sentitosi intenerito e commosso a questa solenne funzione, ne comperò la relazione

stampata, e la medaglia commemorativa; e si propose di recitare ogni giorno in onore

della Regina del cielo una Salve Regina: e questa (se gli fu impedito dal continuo

lavoro di recitare altre preghiere) mai non tralasciò. Dal negozio di Alessandria era

quindi passato al servizio delle ferrovie nella stazione di A., città della nostra

provincia. Era il lunedì 13 luglio di detto anno 1868, giorno di grande concorso alla

fiera che si teneva in detta città per la festa patronale del luogo. Ora avvenne che,

venuto di Alessandria il treno verso le ore 5 pomer., discesi il fuochista ed il

macchinista, e distaccata la macchina, il B. vi salì per la consueta manovra girandola

verso Alessandria: ma o per isventura, o per guasto della macchina stessa, questa si

mise ad una precipitosa corsa, senza che gli sforzi del conduttore, e il girare disperato

della manovella la potessero trattenere, non essendosi neppure attaccato il tender, di

cui si avrebbero potuto stringere i freni.

La gente, che era molta alla stazione, massime di forestieri che aspettavano la

partenza dei treni, faceva cenni e gridava al poveretto di gettarsi a terra; ma il B. che

temeva di esser cagione di funesti incontri sul binario che percorreva, a null’altro

badava, che a riparare la rovina. Dopo circa 6 chilometri la corsa volge direzione in

senso contrario, e la macchina ritorna, vola, precipita, entra nella stazione e non si

arresta. Fu un momento di suprema angoscia pei numerosi circostanti impiegati,

cittadini, forestieri: il binario termina contro un alto muro a cui sono appoggiate le

travi di una tettoia, e contro il quale finiscono le rotaie. Povero B.! egli è perduto! Era

la esclamazione di tutti; ed il B. stesso che era al focolare, e però il primo esposto

all’urto, si teneva per morto. In quel supremo istante si premette colle mani il cuore:

“Maria SS. della Salve, mi raccomando a voi, a voi raccomando la mia povera

famiglia”, poté appena proferire, e la macchina aveva urtato sì furiosamente il muro,

spesso 60 centimetri, da aprirvi una larga breccia. La polvere, i frantumi, i massi

enormi che cadevano, nascosero la macchina e chi vi stava sopra, fra il compianto di

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tutti. Ma la macchina passò oltre, ed affondata colle ruote nel terreno, coltivato ad

orto, si arrestò: ed il B., illeso, intatto, sano e salvo, coperto soltanto di bianca

polvere, discese, e fu accolto e accompagnato a casa dalla gente accorsa, tutta

stupefatta del prodigioso avvenimento, e più ancora della calma, con cui egli loro

rispondeva. Lo stesso Ispettore sanitario della ferrovia, signor dottor R., che il giorno

appresso, veduto il luogo del disastro, era andato a visitarlo, non trovò lesione, né

contusione di sorta, salvo l’agitazione del pericolo passato (Questo fatto ebbe

migliaia di testimonii, dei quali moltissimi vivono ancora. La moglie del B. la sera

del 9 luglio corrente 1885 e la mattina del giorno appresso, 10, il B. stesso si

compiacquero di riconfermarlo colle più minute circostanze al nostro Arciprete

Jachino parroco della Cattedrale, che ne stese accurata relazione; e ne appesero nella

cappella di M. SS. della Salve, in riconoscenza della grazia ricevuta, una tavoletta

dipinta. I due coniugi inoltre riconoscono dal patrocinio di Maria SS. della Salve, a

cui si erano con fiducia raccomandati, la guarigione della loro figlia Angela, che dopo

sei mesi di dolorosa malattia, disperata d’ogni sussidio dell’arte, ara ridotta in fin di

vita; e la liberazione da una ostinata oftalmia, ribelle ad ogni rimedio, dell’altra loro

figlia Maria votata alla Vergine della Salve).

Nell’anno 1873 certa suor Domenica Teresa Garrone, monaca nel monastero

delle Domenicane in Alba, trovatasi già da molti mesi attratta in tutte le sue membra

in modo tale, che a stento poteva muoversi coll’aiuto di due stampelle. Il P.

confessore di detto monastero, venuto in Alessandria, e visitato il taumaturgo

Simulacro di M. SS. della Salve, concepì il pensiero di suggerire alla suora inferma di

raccomandarsi ad essa per la guarigione. Tornatosi in Alba, le diede il divisato

consiglio, animandola a piena fiducia di venire esaudita. La suora cominciò tosto una

novena; quando una mattina, durante la stessa novena, e precisamente nel giorno di

Pentecoste, 1 giugno, giorno di chiusa del santo mese mariano, nel punto istesso, in

cui il sacerdote celebrando innalza all’adorazione dei fedeli l’Ostia sacrosanta,

sentissi la suddetta suora come fuggirle di dosso tutti i suoi mali, e in un baleno

rimase guarita. Lasciate le stampelle in un angolo della chiesa, se ne uscì senza aiuto

alcuno sana e rinvigorita; ringraziando Iddio della grazia fattale ad intercessione di

Maria SS. della Salve. Di questa grazia fu tosto spedita relazione a Monsignor

Vescovo, il quale da pochi mesi si trovava in questa città.

Nell’anno 1876 il sig. C. F., distinto artista di questa città, e che aveva

eseguito, d’incarico del Can. Pietro Parnisetti, un importante lavoro per la Madonna

della Salve, viaggiava in vettura per alcune terre della Lomellina con altri membri di

sua famiglia, quando il cavallo, impauritosi, prese a correre a briglia sfrenata, e

rovesciando infine la vettura ed i viaggiatori, con evidente pericolo di irreparabile

rovina. Vedendosi a sì mal partito si raccomandarono essi alla Madonna della Salve,

la quale li esaudì: tranne lo sbigottimento del corso pericolo, nessuno ebbe a soffrire

altro male. Di che riconoscente, il sig. C. F., narrato l’accaduto al Can. Pietro

Parnisetti, in rendimento di grazie alla Pietosissima Liberatrice condonava la somma

di circa cento lire (95,70) che tuttavia gli spettava per gli eseguiti lavori, come risulta

dai registri delle offerte.

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A questo proposito sarà bene ricordare come durante il lungo corso dei lavori

di restauro, e quasi ricostruzione della nostra Cattedrale, non sia accaduta veruna

grave disgrazia. Un muratore fu bensì in pericolo di cadere dall’alto campanile,

mentre si lavorava ad abbatterlo; ma vi fu pronto chi lo trattenne gagliardamente, e lo

salvò. Un mattone cadde pure dall’altezza dei ponti, e colpì uno dei garzoni; ma non

gli produsse che una leggera contusione al capo, della quale poté in pochi giorni

guarire, e ripigliare il suo lavoro. Se si riflette come in tutte le grandi opere di

costruzioni siano inevitabili le disgrazie, non si tarderà a riconoscere essere stata qui

visibile la divina assistenza. E bene la riconoscevano i nostri lavoranti, i quali a

quando a quando parlandone, erano soliti di attribuirla al patrocinio ed

all’intercessione di Maria SS. della Salve.

Durante la solenne novena di Maria SS. della Salve dell’anno 1883, un giorno,

terminata la funzione vespertina, un sacerdote stava per uscire di sacristia, quando un

giovane militare lo fermò domandandogli se avesse potuto ascoltarlo. Condottisi in

luogo appartato, il giovine militare diede in uno scoppio di pianto; poi calmatosi

alquanto, disse: sono un giovane disperato; ho perduto la fede! Il sacerdote si provò

di confortarlo, domandandogli senz’altro, se avesse mai avuta divozione alla

Madonna. Il giovane militare mandò un sospiro, poi disse: sì, alla Madonna ho

sempre avuto divozione sin da fanciullo. La imparai dalla buona mia madre; mi

confermai in essa al Santuario di N. S. di Oropa, da me parecchie volte visitata; fui

educato bene, in collegi retti da buoni ecclesiastici; ma che vuole? Giunto

all’università, letture e compagnie cattive mi sedussero, mi sono gettato al male, ho

perduto la fede; ora la coscienza mi rimprovera, il rimorso mi strazia; non ho pace,

non ho bene … e continuava a piangere. – L’avete veduta, l’avete pregata la nostra

Madonna della Salve? – Sì, rispose il giovane angosciato, ed è appunto dinanzi al suo

Simulacro, che mi sono sentito più fortemente agitato; ho sentito il bisogno di mutar

vita, di ritornare a Dio. Dopo ciò il sacerdote, che era appunto lo scrivente, si

intrattenne ancora col giovane militare in parole di conforto; e il giorno appresso

aveva la consolazione di riceverne la confessione, e di riconciliarlo così con Dio e

con se stesso, facendogli rigustare le gioie di quella fede, che il poveretto aveva

fortunatamente ritrovata appié di Maria.

A corona di tutto ciò non sarà discaro al divoto della Madonna della salve, che

noi ascriviamo al materno patrocinio di questa nostra pietosa Madre e Regina l’essere

stata la città nostra un’altra volta preservata dall’infezione colerica, che nel passato

anno visitò e flagellò terribilmente parecchie altre città d’Italia. Per invocare scampo

e salute ci siamo raccolti nella sua cappella, e prostrati innanzi al suo trono, abbiamo

dapprima celebrato un solennissimo triduo a suo onore nei giorni 6, 7 e 8 di

settembre, e poi per tutto il mese di ottobre ci siamo intrattenuti in quotidiani esercizii

di pietà per invocare il suo aiuto. I pochi casi avvenuti in città, ci avvertirono che noi

non avevamo punto il privilegio dell’immunità dal pauroso malore; e che per

conseguenza, se ne siamo scampati, dobbiamo in ciò riconoscere una prova novella

della materna protezione di Maria, che ascoltò pietosa le nostre preghiere, e le esaudì.

Sarebbe impossibile voler enumerare tutte le grazie che la B. V. della Salve

continuamente accordò ed accorda a chi di cuore la invoca. Tanto più che se molte

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vengono accompagnate da circostanze, che hanno del rumoroso e dello straordinario,

sono però assai più quelle che discendono, a guisa di soave e tranquilla rugiada, a

confondere il cuore di chi ha umiliata la preghiera con affetto e confidenza filiale a

Maria. Quest’affetto, questa fiducia dagli alessandrini si succhia, a così dire, col latte

materno. Le circostanze più notabili della vita si santificano qui ai piedi del suo trono;

a lei si confidano gioie e dolori. Il nodo nuziale o è stretto a’ suoi piedi, o, se è stretto

altrove, qui viene a cercare una benedizione ancora, che più saldo, più santo, più

fecondo lo renda, e più giocondo nella prole che se ne spera, e sulla quale si

implorano anticipate le benedizioni di Maria. – A Lei ogni madre si fa lieta premura

di condurre i suoi pargoletti per implorare per loro guida, lume, conforto per l’aspro

cammino della vita. – A Lei, che ci si presenta oppressa da agonia mortale, si ricorre

per conforto nelle ambasce, nelle pene, tante volte insopportabili; e si acquista la

pace, la rassegnazione, la speranza: e sappiamo di disperati, che avrebbero posto fine

ai propri giorni, se Maria SS. della Salve non avesse loro ispirato l’amore alla vita e il

desiderio di impiegarne il rimanente in giovamento proprio e altrui.

Del resto chi voglia stupire delle grazie concedute da Maria, osservi gli attestati

di riconoscenza a Lei offerti, miri i voti pendenti nella sua cappella, ammiri la

cappella stessa e l’argentea cassa, rinnovata dopo l’incendio del 1876, e da vicino

enumeri i diamanti, le perle, i topazi, le ametiste, i rubini, gli smeraldi, le grandi e

piccole decorazioni di Ordini militari, i gioielli d’ogni genere, le smaniglie, le collane

d’oro, di cui in pochi anni è stato ricoperto il Simulacro in sostituzione di quelli, che

furono consumati nel lamentato incendio. Dopo ciò sappia, che quanto di ricco e di

belo ora ricopre il venerando Simulacro, non è che l’effetto della riconoscenza a

Maria dimostrata a nostra stessa memoria.

Quindi conchiuda essere veramente miracolosa la protezione, che la gran

Regina del cielo accordare si compiacque a tutti coloro, che la venerano in questo uso

prediletto Simulacro. Ond’è, che meritamente i nostri antenati. Presi da piena fiducia

nel patrocinio di Maria, interpretarono in questa guisa le lettere componenti la parola

Salve: Sempre Alessandria La Vergine Esaudisce.

CAPO UNDICESIMO

Delle feste e delle pubbliche funzioni in onore della B. V. della Salve

Vane riuscirono le più diligenti indagini per riconoscere in quale giorno si

festeggiasse la B. V. della Salve prima del 1489. In quell’anno però, attoniti gli

alessandrini ai tanti prodigi operatisi da Maria SS., esultarono di gioia al vedersi

possessori d’un si portentoso Simulacro; e per dimostrarne la più viva riconoscenza

alla B. Vergine, ordinarono che festivo fosse in perpetuo il 24 aprile, giorno del

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primo miracolo, e che in tal giorno fosse fatta la processione delle Litanie maggiori

portandosi il venerando Simulacro con intervento di tutto il clero secolare e regolare,

e delle confraternite.

A quell’epoca pure, ne accertano Schiavina, Ghilini, Borgonzio e Chenna, ebbe

principio la pia consuetudine tuttora vigente, che in ogni sabato, finita l’officiatura

della sera, i Canonici e i cappellani si portino alla cappella della Salve, dove cantasi

la Salve Regina, o altra antifona finale secondo i tempi; e quindi le Litanie Lauretane,

conchiuse con una orazione analoga alla S. Croce ed al Simulacro di Maria SS.

Nello stesso anno 1489, a detta del Borgonzio, cominciò a celebrarsi alla

mattina di ogni sabbato , in aurora, una messa in musica, seguita dal canto delle

litanie ed ella Benedizione col SS. Sacramento. Questa consuetudine è tuttavia

osservata, meno la musica che si tralasciò già da molti anni.

Una festa poi solenne, seguita da solenne novena, si prese a celebrare ogni

anno fin dal 1644, nella domenica in Albis. Ed eccone l’origine, riportata dal Ghilini

all’anno citato.

Filippo IV Re di Spagna, a cui obbediva in quel tempo Alessandria, attese le

molteplici avversità e le vive guerre, in cui trovatasi impegnato, ordinò che, ogni

anno, in tutti i suoi stati si facesse una processione colla statua di Maria Vergine nella

domenica in Albis, e si celebrasse successivamente in suo onore una novena.

In Alessandria pertanto, dopo il vespro della domenica in Albis di detto anno

1644, il 3 aprile, coll’intervento di tutto il clero secolare e regolare, si portò in

processione la miracolosa statua di Maria SS. della Salve, la quale, finita la

processione, fu collocata alla parte destra dell’altare maggiore, e vi si lasciò esposta

con grande apparato di lumi per tutta la successiva novena, nel corso della quale si

cantò ogni giorno messa solenne.

Tale esposizione straordinaria del venerando Simulacro della B. V. nell’aperta

chiesa risvegliò grandissima divozione nel popolo. Ogni giorno intervennero alla

messa solenne parrocchiani e confraternite di ciascuna parrocchia della città per

turno; e vi intervennero inoltre il Governatore, l’Ufficialità, i Tribunali, la nobiltà, e

gran calca di cittadini e forestieri. Fu veramente meravigliosa, dice il Ghilini, la

continua frequenza di divoti di Maria SS., alla quale si feriva in gran copia cera,

denaro, ed oggetti di molto valore. Il Collegio dei Notai e Procuratori, i Massari delle

chiese di Borgoglio, e di tutta la città, ed ogni Arte offersero, tutti separatamente, un

grosso cereo.

Il fervore cagionato da quella straordinaria funzione ordinata dal Principe non

cessò con essa, che anzi la domenica in Albis fu d’allora in poi considerata come

sacra alla Madonna della Salve; e così la festa e la novena cominciatesi nel 1644

continuarono a celebrarsi anche negli anni seguenti con sempre crescente trasporto

dai cittadini e con grande affluenza di forestieri.

Nella ricorrenza di questa solennità si presero nel corso degli anni ad offerire

alla B. V. grossi cerei da tenersi accesi dinanzi al suo Simulacro. I pescatori, che, a

detta del Borgonzio, qui venivano ogni settimana dalla Liguria, avevano essi

cominciato fin dal 1489 ad offerire un grosso cereo provveduto con limosine da loro

raccolte ogni sabbato. I nostri pescatori del Tanaro e Bormida presero in seguito a

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fare essi l’offerta il mattino della domenica in Albis. Le confraternite della SS. Trinità

e di S. Sebastiano, le quali, giusta lo stesso Borgonzio, fin dal 1489 avevano reso ad

offerire ciascuna un grosso cereo di parecchi rubbi alla Madonna della salve,

adottarono di portarlo l mattino della domenica in Albis processionalmente durante la

messa; ed un altro grosso cereo, non si sa bene da qual tempo, si cominciò pure ad

offerire da una società di Negozianti di Alessandria. – Nel 1713 il Marchese

Tommaso Ghilini faceva il voto di offerire, ed offeriva in seguito in rendimento di

grazie un cereo di parecchi rubbi, decorato del suo stemma gentilizio, ed il municipio

nel 1796 faceva voto di intervenire ogni anno alle solenni funzioni della domenica in

Albis facendovi l’offerta di un cereo di rubbi cinque ornato dallo stemma della città.

– La famiglia Marchionale Cuttica di Cassine fin dal 1758 legava l’offerta di sue

sacchi di grano da farsi annualmente alla B. V. nella ricorrenza di tale solennità. –

Altre offerte di cera, consistenti in grossi mazzi di candele, si offerivano pure da

ciascuna delle parrocchie della Città, le quali venivano processionalmente a

presentarle parte nel pomeriggio della domenica in Albis, e parte nel pomeriggio

della domenica seguente.

Coll’andare del tempo però seguirono alcune mutazioni negli oblatori dei cerei;

giacché prima i pescatori, poi il municipio, e finalmente, da pochi anni, anche la

nobile famiglia Mathis, erede del Marchese Ghilini, cessarono di fare la loro

tradizionale offerta. Vi fu però chi si incaricò di supplirvi; e come il reverendissimo

Capitolo provvide all’offerta del cereo non più offerto dal municipio, così da diversi

oblatori si è potuto raccogliere fin dal 1847 da supplire a quello dei pescatori; e in

ultimo anche a quello di casa Mathis.

Dopo il vespro a grande orchestra, nella domenica in Albis si seguitò pure ogni

anno a fare la processione generale con intervento di tutto il clero secolare e regolare,

e di tutte le confraternite, portandosi la gran cassa d’argento col Simulacro di Maria

SS. della Salve, seguito da gran calca di popolo divoto.

Così so vene celebrando la festa di Maria SS. della Salve fino al 1878.

Nel 1879 poi, avendo l’attuale Monsignor Vescovo Pietro Giocondo Salvai

impetrata l’elevazione di rito di questa festa da doppio maggiore a doppio di prima

Classe con ottava, assegnata dalla S. Sede alla seconda domenica dopo Pasqua, a

questa trasportata venne la celebrazione della grande solennità, resa in quell’anno più

memoranda dalla coincidenza per la riapertura e dedicazione della restaurata

Cattedrale. In tale occasione, dietro concerti presi tra Monsignor Vescovo ed il

reverendissimo Capitolo, si stabilì che tutte le offerte solite a farsi alla Madonna della

Salve ripartitamente in giorni ed ore diverse, si dovessero fare al tempo stesso,

all’offertorio cioè della messa solenne, che da quell’anno Monsignor Vescovo stabilì

di celebrare con tutta la maestà dei riti pontificali. Inoltre Monsignore nel 1800 ebbe

modo di introdurre il panegirico a maggior decoro della solennità, e poscia anche la

predicazione in ciascun giorno della novena; si sono così introdotte notevoli

modificazioni nella celebrazione di questa nostra specialissima solennità, la quale

riveste al presente un’importanza ed uno splendore al tutto particolare. Eccone un

breve cenno.

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A mezzogiorno del sabbato precedente la seconda domenica dopo Pasqua, al

suono festivo delle campane della Cattedrale, si fa l’esposizione del venerando

Simulacro alla balaustrata del presbiterio dell’altare maggiore, dove si compone una

specie di altare adorno di un grande apparato di lumi: dinanzi ad esso campeggiano le

due magnifiche lampade del municipio collocate su apposito basamento; e allato si

collocano i due sacchi di grano offerti dalla mobilissima famiglia dei Marchesi

Cuttica di Cassine.

Verso sera si cantano solennemente dal reverendissimo Capitolo i primi vespri.

Il mattino della domenica, ad ora competente, ha luogo la celebrazione di una

messa per la comunione generale; indi, verso le ore 9 si celebra la messa pontificale a

grande orchestra, e con assistenza, oltre del Capitolo della cattedrale, anche delle

Collegiate, e dei parroci della città e sobborghi. Dopo il vangelo si dice il panegirico,

all’offertorio poi ha luogo la presentazione delle offerte di cera fatte dalle Compagnie

della Dottrina cristiana della città (quest’anno – 1885 – hanno cominciato a prendere

parte a queste offerte anche le parrocchie suburbane di S. Giovanni Evangelista e

degli Orti), e de’ grossi cerei, dei quali si è più sopra parlato, e che sono al presente

offerti il primo dal Capitolo della Cattedrale, il secondo dalla confraternita della SS.

Trinità, il terzo dalla confraternita di S. Sebastiano, il quarto da una società di

Negozianti, il quinto per disposizione di una persona particolare, ed il sesto con

limosine raccolte fra i pii benefattori. Talora vi si uniscono anche persone private a

portare nella stessa occasione loro offerte particolari. Il Vescovo pontificante riceve

all’ingresso del presbiterio queste offerte, che si dispongono in bell’ordine dinanzi al

venando Simulacro, ed i grossi cerei si infiggono in sei appositi candelabri e si

tengono accesi in tutte le funzioni della festa e della novena, e quindi nelle principali

funzioni, che si celebrano all’altare di Maria SS. della Salve, ove restano poi collocati

fino all’anno seguente.

Alla sera, dopo i vespri pontificali, pure a grande orchestra, si fa la processione

generale col trasporto del miracoloso Simulacro, e la solennità si chiude colla

benedizione del SS. Sacramento preceduta dal canto delle Litanie lauretane,

dell’antifona Regina Coeli, e del Tantum ergo in musica.

Per assistere a questa funzione vespertina, e specialmente alla processione, è

notevole l’affluenza di popolo anche dai circostanti paesi.

Al lunedì comincia la solenne novena; in ogni giorno di essa si canta messa

solenne con musica: alla sera poi, dopo l’ufficiatura corale, ha luogo la predica, e

quindi la benedizione col SS. Sacramento preceduta dal canto dell’antifona Regina

Coeli, dalle Litanie, e dal Tantum ergo sempre in musica a grande orchestra.

La domenica seguente, ottava della solennità, si celebra la festa del Pio Istituto

delle signore della carità pei poveri infermi a domicilio. In questo giorno le signore

aggregate al Pio Istituto raccolgono alle porte della Cattedrale le limosine a vantaggio

del Pio Istituto medesimo.

Ogni giorno, durante l’esposizione del venerando Simulacro è grande, come

nei tempi andati, il concorso di divoti a venerare in esso la nostra Protettrice e

Regina, Maria SS. Questo concorso ha poi dello straordinario, e riesce di grande

edificazione massime alla sera sino a tarda notte, tanta è l’affluenza dei cittadini

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d’ogni età, d’ogni grado e condizione, che si succedono a gruppi, a torme, a famiglie

intiere nel recarsi a fare la loro visita alla Madonna.

Quest’uso antichissimo, e pur sempre in vigore, è una delle più belle prove

della vivezza di affetto degli alessandrini a Maria SS., e della piena fiducia, che

ripongono costantemente nel materno possente Patrocinio di Lei.

Il primo martedì di luglio si celebra alla cappella di Maria SS. della Salve la

festa della Pia Società per le missioni diocesane posta sotto il patrocinio di Maria SS.

della Salve e di S. Paolo della Croce. Alle ore otto e mezza del mattino si canta la

messa solenne, indi ha luogo analogo discorso, e s’impartisce la benedizione col SS.

Sacramento.

CAPO DECIMOSECONDO

Gli onori liturgici decretati dalla Santa Sede a Maria SS. della Salve

Fino al 1842 gli onori resi alla Madonna della salve altro non erano che uno

sfogo di filiale pietà dei fedeli ricorrenti a Maria SS. per grazie e favori, o

riconoscenti a Lei dei benefizi ricevuti. In quell’anno, in seguito a rigoroso esame, fu

riconosciuta dal Capitolo Vaticano sia l’antichità del culto prestatosi a questo

Simulacro, sia la fama gloriosa dei miracoli per esso operatisi; e con analogo Decreto

fu stabilito che questo augusto Simulacro dovesse essere fregiato dell’aurea corona

vaticana. D’allora la Madonna della Salve cominciò ad essere decorata dalla suprema

autorità della Chiesa degli onori liturgici.

Imperciocché dapprima Monsignor Pasio ottenne, con Decreto della S. C. dei

Riti, 7 dicembre 1844, che ogni anno, l’ultima domenica di maggio (la stessa S. C. ad

istanza di Monsignor Vescovo con Decreto 15 aprile 1885, stabilì tale anniversario

doversi celebrare in avvenire la domenica fra l’ottava dell’Ascensione per evitare la

coincidenza troppo frequente delle feste di Pentecoste e della SS. Trinità), si potesse

celebrare, con rito doppio maggiore, l’anniversario dell’Incoronazione del miracoloso

Simulacro; il quale favore poi, con Decreto 10 febbraio 1859, ampliato

coll’estensione a questa diocesi dello stesso offizio stato già approvato dalla S. M. di

Pio VII per la diocesi di Savona nell’anniversario dell’incoronazione di quel

Simulacro di N. S. della Misericordia, approvando la variante da apporsi alla VI

lezione del mattutino, riguardante la B. V. della Salve. Inoltre collo stesso decreto si

stabiliva, che la II domenica dopo Pasqua, settimo giorno della solenne novena che

allora cominciava la domenica in Albis, si potesse celebrare l’offizio della B. V. della

Salve con rito doppio maggiore, e colle lezioni, e colla Massa che si dicono nella

festa della B. V. del soccorso, state già approvate per l’anniversario

dell’Incoronazione.

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Nel 1878 l’odierno Vescovo Monsignor Salvai umiliava alla S. Sede, col

Ricorso per una riforma del calendario diocesano, anche una relazione del culto e

della devozione, che qui si ha alla Madonna della Salve, e massime dell’ardore, con

cui da ogni ordine di cittadini si era concorso per l’erezione della nuova cappella, e

per riparare i danni del già più volte lamentato incendio del 1876: ed esponeva il

desiderio, che a compenso di tanta pietà la festa della B. V. della Salve, assegnata alla

II domenica dopo Pasqua, fosse elevata a rito doppio di 1° o di 2° classe con ottava.

La S. S., esaudendo in tutta la sua pienezza quel desiderio, ascrivendola in questo

modo nel calendario nostro tra le primarie solennità. Si fu in seguito a ciò, che, come

si è narrato nel capo precedente, la celebrazione della solennità di Maria SS. della

Salve fu trasportata alla II domenica dopo Pasqua, e vi fu aggiunto tutto quello

splendore, del quale al presente è resa sì gioconda ed importante.

Nella storia del culto a Maria SS. della Salve resterà sempre memorando l’anno

1883, per altro preziosissimo favore ottenutosi dalla S. Sede, e che pose degna corona

a tutti gli altri sopra ricordati: esso è l’approvazione dell’offizio e messa proprii per la

primaria solennità, che in onore della nostra augusta patrona celebriamo nella detta II

domenica dopo Pasqua.

Compilatisi per disposizione di Monsignor Vescovi l’offizio e la

messa,venivano trasmessi, verso la metà di giugno 1883, alla S. C. dei Riti,

accompagnati dai documenti, che si riputarono opportuni; e per mezzo di una

rappresentanza del Capitolo della Cattedrale, avvalorata dalle testimoniali di

Monsignor Vescovo, se ne implorava la desideratissima approvazione.

Di tutto questo Monsignor Vescovo informava l’eminentissimo nostro

concittadino Cardinale Bilio di v. m., ed al suo valido patrocinio affidava il buon

esito della pratica. L’eminentissimo Cardinale, espressa a Monsignor Vescovo la

grande soddisfazione da lui provata pel nuovo atto di culto, che si intendeva di

tributare alla Madonna della salve, prometteva di prendersi la pratica veramente a

cuore, e ne prenunciava l’esito favorevole.

Moltissime e gravi difficoltà ben spesso si incontrano presso la S. Sede per la

concessione di grazie di questo genere: se però non vi era ragione da temere che la

nostra, avvalorata dalla protezione del Cardinale Bilio, non ci fosse accordata, non si

poteva certamente sperare che si sarebbe impetrata nel breve giro di poco più di due

mesi. – La S. C. ritoccati alquanto gli Inni, e ridotte all’aurea semplicità delle leggi

liturgiche le lezioni del secondo Notturno, previo il consenso del S. Padre, emetteva il

formale decreto di approvazione il 9 settembre di detto anno 1883.

Colla impetrazione di questa grazia ci siamo trovati in grado di onorare la

nostra Madonna con quel culto e con quel linguaggio speciale, che Le si conviene, e

che si è cercato di esprime il più acconciamente possibile che si è potuto nelle

antifone, negli inni, nei versetti, e nei responsorii.

Le lezioni del I notturno, nelle quali si narrano le feste celebratesi da Re

Davidde in Gerusalemme pel trasporto dell’Arca santa, fanno bela ed appropriata

allusione alle feste da noi celebratesi sul cadere di Aprile del 1879 nella riapertura e

dedicazione della nostra Cattedrale, e a quello slancio di fede e di pietà, di che

abbiamo dato prova nel restituire alla cattedrale stessa e collocare nella sua nuova

Page 36: La Beata Vergine della Salve - diocesialessandria.it Beata Vergine della... · importanti memorie sulla storia ed il culto del miracoloso Simulacro di Maria SS. venerato da remotissimi

cappella il venerando Simulacro di Maria SS., preziosissimo pegno delle sue

beneficenze tra noi. – Nelle lezioni del II notturno vengono compendiate le memorie

riguardanti il culto prestatosi dai nostri Padri fino a noi al venerando Simulacro, e le

grazie, che, per converso, Maria SS. in essa venerata, dispensò mai sempre a’ suoi

fedeli Alessandrini. – Nel III notturno poi, contemplatasi Maria SS. nelle parole del

Vangelo di S. Giovanni, appiè della croce, come ci è rappresentata dal Simulacro

stesso, colle lezioni tratte dai Commentarii di S. Antonino sopra questo tratto del S.

Vangelo, consideriamo la generosità del sacrificio compiutosi da Maria sul monte

Calvario per cooperare alla redenzione del genere umano. Questo medesimo

sentimento domina pure nelle diverse parti della messa.

Non contenta la S. C. dei Riti di questa concessione, vi aggiunse di moto

proprio le lezioni pel II e III notturno da dirsi nel dì dell’ottava, trasportando a questo

fine la festa del patrocinio di S. Giuseppe dalla II alla IV domenica dopo Pasqua.