La battaglia delle Ceneri in Oltrepò Pavese il 14 febbraio 1945

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1 La Battaglia delle Ceneri (14 febbraio 1945) Articolo di Carlo Alfredo Clerici e Enrico E. Clerici, pubblicato in Bollettino della Società Pavese di Storia Patria, 1998, anno XCVIII, 391-398. Se percorriamo la strada che collega la Val Versa con la Val Tidone, partendo da Volpara per immetterci, dopo Torre Gandini, nella statale 412 del Penice, giunti al bivio per Canova - Moncasacco scorgiamo un "modesto" cippo [ 1 ] costruito per ricordare che in quella località, detta “Bacà” [ 2 ], il 14 febbraio 1945 si combatté, tra partigiani e forze italo - germaniche, la battaglia delle Ceneri. Lo scontro prese questo nome perché si svolse il primo giorno di Quaresima, quando i sacerdoti della Chiesa Cattolica impongono ai fedeli, come segno di penitenza, un po' di cenere sul capo. La notte fra il 22 e il 23 novembre 1944 i tedeschi organizzarono con uomini della 162a divisione Turckestan [ 3 ] e con formazioni dell'esercito della Repubblica Sociale Italiana un grande rastrellamento in Oltrepò [ 4 ]. La divisione Turckestan aveva ampie dotazioni di armi automatiche e di artiglierie di supporto [ 5 ] e le sue truppe avevano fama, presso la popolazione civile, di estrema ferocia. Conquistata Pometo e il Carmine le truppe tedesche e della R.S.I. puntarono verso il Pavese montano e la Val Tidone. Il rastrellamento durò 1 Gli autori vorrebbero costituire un comitato perchè sul luogo della battaglia sia edificato un più significativo e durevole ricordo. 2 Bacà in dialetto pavese vuol dire “legnata”. 3 Grande unità di fanteria dell’Esercito Tedesco, composta in gran parte da truppe turcomanne ed impiegata in Italia in compiti antiguerriglia. I suoi componenti erano spesso impropriamente chiamati “mongoli”. 4 Ugo Scagni, Guerriglia partigiana e popolazione in un settore dell’Oltrepò Pavese , a cura dei Corsi Serali di Stradella ANPI. Cap. IV "Il grande rastrellamento invernale ", pagg.77 - 82. 5 Pietro Chiappini, Se io muoio d partigiano (La resistenza nelle valli Trebbia, Tidone e Lauretta) , Editore Costa e Conca, 2° edizione (Borgonuovo Val Tidone), pag 183.

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Se percorriamo la strada che collega la Val Versa con la Val Tidone, partendo da Volpara per immetterci, dopo Torre Gandini, nella statale 412 del Penice, giunti al bivio per Canova - Moncasacco scorgiamo un "modesto" cippo costruito per ricordare che in quella località, detta “Bacà”, il 14 febbraio 1945 si combatté, tra partigiani e forze italo - germaniche, la battaglia delle Ceneri. Lo scontro prese questo nome perché si svolse il primo giorno di Quaresima, quando i sacerdoti della Chiesa Cattolica impongono ai fedeli, come segno di penitenza, un po' di cenere sul capo.

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La Battaglia delle Ceneri (14 febbraio 1945) Articolo di Carlo Alfredo Clerici e Enrico E. Clerici, pubblicato in Bollettino

della Società Pavese di Storia Patria, 1998, anno XCVIII, 391-398.

Se percorriamo la strada che collega la Val Versa con la Val

Tidone, partendo da Volpara per immetterci, dopo Torre Gandini, nella statale

412 del Penice, giunti al bivio per Canova - Moncasacco scorgiamo un

"modesto" cippo [1] costruito per ricordare che in quella località, detta “Bacà”

[2], il 14 febbraio 1945 si combatté, tra partigiani e forze italo - germaniche, la

battaglia delle Ceneri. Lo scontro prese questo nome perché si svolse il primo

giorno di Quaresima, quando i sacerdoti della Chiesa Cattolica impongono ai

fedeli, come segno di penitenza, un po' di cenere sul capo.

La notte fra il 22 e il 23 novembre 1944 i tedeschi organizzarono

con uomini della 162a divisione Turckestan [3] e con formazioni dell'esercito

della Repubblica Sociale Italiana un grande rastrellamento in Oltrepò [4]. La

divisione Turckestan aveva ampie dotazioni di armi automatiche e di artiglierie

di supporto [5] e le sue truppe avevano fama, presso la popolazione civile, di

estrema ferocia. Conquistata Pometo e il Carmine le truppe tedesche e della

R.S.I. puntarono verso il Pavese montano e la Val Tidone. Il rastrellamento durò

1Gli autori vorrebbero costituire un comitato perchè sul luogo della battaglia sia edificato un più significativo e durevole ricordo. 2Bacà in dialetto pavese vuol dire “legnata”. 3 Grande unità di fanteria dell’Esercito Tedesco, composta in gran parte da truppe turcomanne ed impiegata in Italia in compiti antiguerriglia. I suoi componenti erano spesso impropriamente chiamati “mongoli”. 4Ugo Scagni, Guerriglia partigiana e popolazione in un settore dell’Oltrepò Pavese, a cura dei Corsi Serali di Stradella ANPI. Cap. IV "Il grande rastrellamento invernale", pagg.77 - 82. 5Pietro Chiappini, Se io muoio d partigiano (La resistenza nelle valli Trebbia, Tidone e Lauretta), Editore Costa e Conca, 2° edizione (Borgonuovo Val Tidone), pag 183.

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fino a tutto dicembre costringendo i partigiani a ritirarsi in luoghi più sicuri o a

tornare alle loro case.

Dal gennaio 1945, allentatasi la morsa della divisione Turckestan,

i partigiani rioccuparono l'alta Val Versa con tre brigate (Milazzo, Togni,

Matteotti).

La brigata GL Milazzo - Deniri [6], comandata dal tenente Guido

[7], aveva inizialmente il comando a Cascina Rossarola [8] poi da metà gennaio

del 1945 fu portato a Costa Calatroni.

La brigata Togni formatasi il 10 gennaio 1945 presidiava la Valle

Ghiaia e il costone che dal castello di Montù Berchielli arriva alla chiesa di

Canevino. L’8 febbraio 1945 la brigata occupò Pometo.

La brigata Matteotti [9] nel novembre 1944, sotto la pressione

della divisione tedesca Turckestan, era stata costretta a rifugiarsi sulle montagne

dell'Alta Val Curone. Verso Natale i partigiani della Matteotti rientrarono alla

spicciolata in Oltrepò e stabilirono di riorganizzarsi nel piccolo paese di

Moncasacco. Fusco comandava la brigata [10]. Egli stesso ha scritto [11]:

Il motivo per cui scegliemmo Moncasacco per porvi il comando è

essenzialmente per la sua posizione, allora più difficile di adesso da

raggiungere. Si lasciavano le strade innevate sì da rendere difficoltoso il

traffico di mezzi a motore; difendibile, per quanto lo potevano difendere;

abbastanza defilato, per vederlo bisognava entrarci ma soprattutto perché

offriva varie possibilità di ritirata in particolare per la vicinanza al 6 Lettera di Cesare Pozzi (il comandante Fusco) in Archivio dei Conti Clerici (d’ora in poi A. d. C.C.) a Moncasacco. 7Guido era il nome di battaglia di Guido Dassori. 8 Cascina Rossarola,in territorio del comune di Ruino, era ed è conosciuta anche come Sarola o Sirola. 9 Notizie ricavate da lettera del 12 settembre 1993 di Cesare Pozzi in A.d.C.C.. 10 Al secolo Cesare Pozzi. Il commissario politico era Piro. 11 Lettera di Cesare Pozzi del 25 settembre 1993 in A.d.C.C..

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piacentino. Tra le forze avversarie pavesi e piacentine, non esisteva quel

collegamento atto a produrre unità nelle operazioni. Sul piacentino si stava

meglio, non vi era la Sicherheits (la SS italiana) [12].

La brigata Matteotti al 14 febbraio contava una quarantina di uomini

dislocati fra Moncasacco e Canova.

A quella data, 14/2, l'armamento consisteva in una mitraglia tedesca

Machine Ghaver [13], formidabile per il volume di fuoco ed era un tedesco

che la usava, molto bene, il resto, fucili e Sten americani [14], nonchè un

congruo numero di bombe a mano.

Nel febbraio 1945 i Comandi provinciali delle brigate nere di Piacenza e di

Pavia, in collaborazione con i tedeschi, prepararono un piano per snidare i

partigiani e così avere la possibilità di approvvigionarsi presso i contadini dei

paesi posti in altura.

Nei giorni precedenti [15] il sergente dell'esercito tedesco Muller (un sudafricano

che si chiamava Werner Schlueter) accompagnato da un altro sudafricano [16] si

faceva chiamare Umberto e che militava con la banda partigiana che operava a

Zavattarello, fece un sopralluogo nella zona partigiana posta intorno all'asse 12 Sicherheits - Abteilung era un corpo di polizia italiana costituita nella primavera del 1944 per operare in Oltrepò, agli ordini tedeschi, nella lotta contro i partigiani. Ebbero il comando il colonnello Alfieri e poi il colonnello Felice Fiorentini. Ebbe sede prima a Voghera, poi a Varzi e infine a Broni. 13 Si trattava probabilmente di una mitragliatrice (in tedesco correttamente Maschinengewer), modello MG-34 o MG-42, in calibro 7,92 e capace di una cadenza di tiro massima ripettivamente di 900 e 1200 colpi al minuto. Si trattava di un’arma assai efficiente, in dotazione all’esercito tedesco durante il secondo conflitto mondiale. 14 Lo Sten era in realtà una pistola mitragliatrice di fabbricazione britannica in calibro 9 mm Parabellum. 15 Fusco, Un mazzo di fiori per il capitano Hoffmann, articolo in Popolo dell'Oltrepo del 23 febbraio 1997. 16 Questi sudafricani erano cittadini tedeschi nati in ex - colonie del 2° Reich.

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Vicobarone - Moncasacco. I due osservatori avvicinarono i partigiani e le

popolazioni che si trovavano nelle località di Pizzofreddo, Casa Bertini,

Campasso, Casa Calatroni, Ortaiolo. Moglio e la stessa Moncasacco. Il piano

nazi - fascista consisteva nella costituzione di due presidi: uno a Nibbiano (Val

Tidone) e l’altro a Santa Maria della Versa. Da queste località i fascisti

dovevano partire per stanare i partigiani e incendiare i loro rifugi [17].

I primi giorni del febbraio 1945 un plotone della 630° compagnia OP della

Guardia Nazionale Repubblicana di stanza a Piacenza, fu inviato a presidiare

Nibbiano, centro della Val Tidone [18]. Lo componevano ventitré militi al

comando del sottotenente Ugo Caruso.

Nella notte fra il 9 e il 10 febbraio il presidio fu attaccato dagli uomini della

brigata Togni e poi della brigata "Crespi". L'assedio durò sette giorni, finché il

17 febbraio un'autocolonna italo - tedesca, giunta da Perino, liberò il presidio.

L’8 febbraio 1945 la Brigata Nera della provincia di Pavia costituì a Santa

Maria della Versa un presidio rafforzato da uomini della Sicherheits e da alcuni

tedeschi specialisti nella guerra antiribelli. Il comando era affidato al capitano

Hoffmann [19], che in realtà si chiamava Luis Ferdinand Bisping, un trentenne

sudafricano che come ufficiale dell'esercito tedesco aveva comandato reparti

turcomanni, che combattevano sotto la bandiera del III Reich. Il comandante

Fusco così lo ha descritto [20]:

arrivò a Santa Maria della Versa il 10 febbraio, non incuteva nella gente del

luogo quella paura e quel terrore che allora seminavano abbondantemente i

tedeschi; parlava discretamente la nostra lingua dotato di spirito umoristico

17 Lettera di Cesare Pozzi del 25 ottobre 1993 in A.d.C.C. 18Giorgio Pisanò, Storia delle forze armate della Repubblica Sociale Italiana, vol. Iv pagg. 2081 - 2083, Ed. Visto (Milano, 1967). 19Fusco, Un Mazzo di fiori per il capitano Hoffmann; articolo in Il Popolo dell'Oltrepo del 23 febbraio 1997. 20Fusco, idem.

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avvicinava spesso i paesani e godeva anche la simpatia di qualche ragazza.

Indubbiamente aveva del coraggio. Raccontava Bernini il tranviere, che per

scendere a Stradella usava qualche volta il tram [21], stava davanti al fianco

del manovratore col suo machine pistol in mano, una volta Bernini gli

chiese se ad andare su a snidare i ribelli non avesse paura... sono quattro

gatti con due pistole arrugginite....rispose.

Il perdurare dell'assedio del presidio fascista di Nibbiano impose ad Hoffmann

di accelerare i tempi. Il 12 febbraio forze della Sicherheits costrinsero i

partigiani della Togni a lasciare il castello di Montù Berchielli e a ritirarsi a Ca'

del Matto.

Il 13 febbraio il capitano Hoffmann con quaranta uomini [22] perlustrò la zona di

Golferenzo spingendosi fino a Pomorosso senza incontrare partigiani. Rientrato

a Santa Maria della Versa il capitano Hoffmann studiò coi suoi uomini il piano

per il giorno seguente. L'itinerario del rastrellamento fu ritrovato [23] nelle tasche

del sergente Muller (caduto nella battaglia).

Oltre all'Ortaiolo, al Mollio e a Costa Calatroni era prevista una "visita" anche a

Moncasacco: si trattava di un rastrellamento di terzo grado che comportava

incendi dei covi partigiani e razzie di bestiame e prodotti agricoli.

I partigiani non erano impreparati a ricevere i nemici con le armi. Scrive Fusco

[24]:

A Moncasacco fissammo il piano di battaglia che prevedeva appunto la

resistenza sulla parte nord del paese, quella che guarda Canova, dove

21 Tram che collegava Stradella a Santa Maria della Versa. Entrò in funzione nel 1929 e cessò l’attività nel 1956. 22 Fusco articolo citato. 23 Lettera di Cesare Pozzi del 25 ottobre 1993 in A.d.C.C.. 24 Lettera di Fusco del 12 settembre 1993 in A.d.C.C..

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scavammo una specie di trincea su un sentiero [25] che dalla frazione

scendeva nella strada per Canova.

Questa trincea non fu utilizzata perché la Battaglia delle Ceneri si svolse sul

costone di Costa Piaggi (suddivisa in due cascine: Costa di Sopra e Costa di

Sotto) da dove i partigiani riuscirono a fermare i nazi - fascisti.

Era il giorno 14 febbraio. Mentre i parroci di Volpara (don Diana),

Canevino (don Grassi), Santa Maria della Versa (don Zanalda), Ruino

(monsignor Zeppa), San Nazzaro di Montarco (don Maggi) ... dispensavano,

nelle loro chiese, le ceneri; il capitano Hoffmann con sessanta uomini si

muoveva dal presidio di Santa Maria della Versa. Lo scopo dell'azione era di

fare un rastrellamento nei paesi posti nelle vicinanze della strada che dalla Val

Versa, portava in Val Tidone, nei pressi di Nibbiano dove il presidio fascista

resisteva da giorni all'assedio partigiano.

In fila indiana [26] i fascisti si avviarono a piedi, alcuni su calessi e su un carro

trainato da buoi. Seguiva la colonna un autobus sul quale avevano preso posto

alcuni militi. All’azione partecipavano uomini della Brigata Nera di Pavia,

Sicherheits, Guardia Nazionale Repubblicana e dell’Esercito Tedesco [27].

Come spesso succede nel raccontare un fatto storico attraverso le

testimonianze di coloro che lo hanno vissuto, anche per la Battaglia delle Ceneri

ci siamo imbattuti in diverse contraddizioni. Alcuni dicono che vi era nebbia,

altri (come il comandante Fusco) affermano di aver visto salire dal fondo valle

la colonna fascista. Forse la nebbia sopraggiunse durante l'azione, ma non fu tale

25Chiamata delle Bregne. Fino agli anni ottanta la trincea era ancora in parte visibile. 26Giuseppe Modica - Fabrizio Bernini, Canevino terra dell'Alta Val Versa, Broni 1988. Memoria scritta per uso privato da Cesare Pozzi (Fusco) pag. 175 e 178. 27 Scuola Serale Studenti Lavoratori Oltrepò, Cento cuori e cento pagine di storia della Resistenza dell’Oltrepò. Stradella 1975.

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da impedire di vedere che i fascisti avevano dato fuoco alla cascina di Mario

Cavallari [28]. Il bagliore delle fiamme fu scorto dalle vedette partigiane che

diedero l'allarme.

Il comandante Fusco raccontò [29] ciò che vide:

....scorsi nel cerchio del binocolo un autobus che alla grande svolta della

provinciale che da Santa Maria della Versa porta a Montecalvo dove è il

bivio per Volpara e cioè la strada che arriva fino a noi, scaricava uomini.

Feci girare le lenti e al bivio Volpara - Golferenzo vidi una lunga fila

indiana che si snodava per la strada tortuosa tra la neve sino al nostro

torrente.

Venivano, infatti, dopo un attimo di sosta al bivio (probabilmente la guida

non sapeva la strada ) scelsero la destra.

Fusco mandò una staffetta ad allertare il tenente Guido, comandante della "G L

Milazzo - De Niri", perché si ponesse in difesa della costa dal Mollio a

Golferenzo. Prima che quelli della “GL Milazzo - De Niri” potessero prendere

posizione, il comandante Fusco fece appostare gli uomini della Matteotti. Così

ha scritto [30]:

Distaccai uomini a Mollio: Paciu, Leone, Gabina, e un altro che

guardassero il crepaccio che da Volpara sale a Campasso. Joseph con la

machinegaver fra Costa Piaggi Sopra e quella Sotto, dove arrivava proprio

la strada; sul cocuzzolo ad est di Costa di Sopra otto uomini con fucili e

sten, altri otto attorno a Joseph e tre o quattro con me al limitare del bosco

28 Partigiano arrestato alcuni giorni prima. 29 In memoria citata, pag.177. 30 Idem, pag.178.

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davanti a Costa di Sotto. Un ultimo ordine di star zitti, acquattati e di non

sparare se non a un mio sparo.

La colonna fascista dopo Volpara, a causa della neve che ostruiva la strada per

Nibbiano, fu costretta a lasciare l'autobus e ad avviarsi a piedi. Arrivarono da

Moncasacco altri uomini della Matteotti. Gli uomini della "G L Milazzo De

Niri" presero posizione: [31] al Mollio (quota 554) e all'Ortaiolo (quota 561) al

comando del tenente Guido. Il vice comandante "Barbarossa" [32] si schierò a

Campasso in difesa della costa che sale da Golferenzo, per impedire

l'aggiramento delle posizioni del Mollio e dell’Ortaiolo.

I fascisti superarono Colombarone di Volpara, poche curve li separavano dalla

località "Bacà" (quota 511). Ad una di queste curve, in un terreno piantumato a

mandorli, il 16 maggio 1944 un commando della "Piccoli" aveva freddato il

colonnello Vittorio Ricci [33], commissario prefettizio di Volpara.

Un’avanguardia di dodici uomini precedeva la lunga colonna fascista,

Venivano verso di noi - scrive Fusco - verso la morte, ignari di tutto,

staccandosi, facendosi sotto, parlandosi. Vidi il terzo raccogliere la neve,

farne una palla e lanciarla ad un compagno dietro. Da noi si sentivano i

cuori a batter; era il primo vero scontro dopo il rastrellamento. Le posizioni

erano vantaggiose, eravamo ignorati, ma, nonostante tutto, non mi fidavo

dei pochi uomini e già pensavo alla via di ritirata. Arrivarono al bivio

Mollio - Casanova a duecento metri.

31Scuola Serale studenti lavoratori, Cento eroi e cento pagine di storia della Resistenza nell'Oltrepò, Stradella 1980. 32Attilio Genta. 33 L’uccisione sucitò grande eco. I fascisti pavesi informarono Mussolini.

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Guidava l'avanguardia il capitano Hoffmann che si fermò per consultare una

carta topografica insieme al sergente Muller. Il comandante Fusco sparò, lo

seguirono gli altri partigiani schierati a Costa Piaggi ed al Mollio.

Ci fu un’intensa sparatoria, un tedesco che militava fra i partigiani, un certo

Joseph, partecipò con la sua mitragliatrice.

Il sergente Muller riuscì a raggiungere un casotto di campagna posto sul fianco

della strada. Caddero invece a terra il capitano Hoffmann e otto soldati della

R.S.I.: di questi ultimi alcuni erano stati colpiti, ma altri illesi fingevano di

essere morti e rimasero immobili sulla neve per più di due ore. Quando, in una

pausa della battaglia, il comandante Fusco si avvicinò a loro, una sventagliata di

mitra gli accarezzò le orecchie, Rientrato illeso alla sua posizione si accorse che

i “morti” non c’erano più. Gabina mi riferì dopo, che vide dal Mollio

passare nelle vicinanze del Colombarone diversi uomini con altrettanti in

spalla[34].

Facciamo un passo indietro e “zoomiamo” sul capitano Hoffmann che giaceva a

terra ferito. Scrive Fusco che [35]:

Hoffmann lega la gamba con un fazzoletto; si trascina sulla neve

arrossandola, continuando a gridare ordini alla scorta che si è dispersa

raggiunge in tali condizioni la sommità della collinetta, due metri oltre i

quali si sarebbe defilato, a fermarlo per sempre fu la pallottola di un fucile

tedesco che lo colpì al ventre.

34 Fusco, memoria, ecc. pag. 178 - 180. 35 Fusco, Un mazzo di fiori per il capitano Hoffmann, ecc..

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I fascisti dopo aver tentato più volte di portare aiuto al capitano Hoffmann si

ritirarono più sotto fino all’abitato di Colombarone di Volpara (quota 398), dove

si riordinarono per sferrare un attacco.

I partigiani, che avevano il vantaggio di occupare posizioni dominanti,

ricevettero altri rinforzi. I partigiani della brigata garibaldina “Ezio Togni” [36],

stanziati a Canevino, ricevuto ordine dal comando di brigata posto a Pometo, si

appostarono nella località Marchisola sulla sinistra del torrente Versa.

Piazzarono una mitragliatrice con la quale spararono su Colombarone. Da

Castellina di Tassara si mossero una ventina di partigiani della 10 Brigata GL

"Ferdinando Casazza" che andarono ad appostarsi nel costone fra Costa

Calatroni e Golferenzo [37].

Ai pochi partigiani si associarono alcuni abitanti della Tassara [38]

e delle località vicine, che, preoccupati di dover subire l’ennesima

rappresaglia, hanno deciso di dare mano ai fucili per fermare i nazifascisti.

Ma quelli di Tassara non sono gli unici contadini che si preoccuparono e si

mobilitarono, perchè anche gli abitanti del Mollio e dei paesi vicini

investiti dall’attacco nazifascista solidarizzano con i partigiani... gli uomini

validi chiedono ed ottengono armi.

Sull’intervento "combattente" dei civili nutriamo qualche riserva [39]. Il

comandante Fusco scrive [40]:

36 Scuola Serale, ecc., pag. 52. 37 V.Scagni op. cit. pag. 116. 38V.Scagni op. cit. pag.116. 39La nostra tesi è contraddetta dalla testimonianza fatta nella tavola rotonda organizzata a Santa Maria della Versa il 20 febbraio 1977 e nel libro di AA. VV., Liberazione, Stradella 1947, pag. 9. 40Lettera di Fusco del 25 ottobre 1993 A.d.C.C.

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non mi risulta che civili abbiano partecipato alla battaglia delle ceneri, in

altre occasioni ci sono state chieste delle armi, e siccome il fronte tra i due

schieramenti ha sostato dalle dieci del mattino alle sedici del pomeriggio

(circa) in quel lasso di tempo, vari sono stati i civili che vennero a portare i

viveri e soprattutto vino.

Anche se non parteciparono come “combattenti” alla Battaglia delle Ceneri, gli

abitanti del Mollio, dell’Ortaiolo, di Moncasacco, di Costa Calatroni, ecc.

rischiarono grosso: la pena di morte [41] mediante fucilazione alla schiena per

aver fornito vitto o prestato assistenza ad appartenenti a bande operanti in danno

alle organizzazioni civili e militari della R.S.I.

Verso mezzogiorno giunsero per i fascisti i rinforzi: un centinaio di uomini che

portavano anche un cannone e dei mortai. Il comando era stato assunto dal

colonnello Felice Fiorentini. Al Colombarone gli italo - tedeschi cominciarono a

a sparare con il cannone ed i mortai.

Scrive Fusco [42]:

a Costa di Sotto arrivavano colpi di mortaio ed uno sul tetto, proprio

mentre vi ero sotto io. Polverone, ma niente danno agli uomini; solo la

cantina del mezzadro ne sofferse, chè vidi il vino aggirarsi per la casa...

Pure al Mollio arrivarono colpi di cannoncino e due cascine andarono in

fiamme. Paciu e compagni illesi. Quando vidi gli incendi, temetti per un

istante che la frazioncina fosse in mano fascista, ma pensai subito alle

bombe incendiarie.

41 La pena era stabilita dall’articolo 2, comma 1, del Decreto Legislativo 18 aprile 1944, n. 145 (testo in Gazzetta Ufficiale n. 97 del 25 aprile 1944). 42 Fusco, memoria, ecc. pag. 180.

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Di fronte al cannoneggiamento i partigiani ebbero un attimo di incertezza. Un

gruppo di sette partigiani abbandonò il posto. Piro sparò ai disertori senza

colpirli. Anche i comandanti pensarono di ritirarsi, ma due motivi li indussero a

resistere:

- il cannone e i mortai dei fascisti battevano anche le alture, luogo ideale per la

ritirata;

- l’arrivo di uomini del battaglione Balladore comandati da Guerra (Guerrino

Bagatti).

A Costa Piaggi si battevano fin dal primo mattino gli uomini

comandati da Silvio Marchi [43] che si erano appostati dietro le case da dove

tenevano sotto tiro gli avversari che tentavano di salire da Colombarone verso il

Mollio.

Ad aiutare Marchi a preparare i caricatori delle mitragliatrici c'è una

ragazza del posto (Luisa Acciardi), che ad un certo punto della lotta si è

offerta di sostituire un partigiano impegnato altrove [44].

I fascisti che si trovavano al Colombarone erano tenuti sotto controllo anche

dalla mitragliatrice della brigata Milazzo.

Il loro lanciabombe [45] da un pezzo taceva, cantava solo di quando in

quando qualche mitra e la otto da Colombarone.

Il colonnello Fiorentini aveva promesso ottomila lire a chi recuperasse il

cadavere del capitano Hoffmann. I vari tentativi fallirono per il fuoco dei

partigiani.

43 Scagni op. cit.pag. 116. 44 Idem, pag. 116. 45 Fusco, Memoria, pag.181 - 182

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Gli ultimi tre che ci provarono furono catturati dai partigiani. Scrive Fusco [46]:

Tremanti, lasciarono le armi cariche davanti alla mia inceppata. Arriva

Paciu poi un russo di Guido che ad uno dei tre affibbia un cazzotto con una

bomba a mano tedesca. Bracco ruppe addirittura la cassa del moschetto

sulla testa di uno dei tre, il che mi fece inviperire e cazzottare lo stesso

Bracco. I tre tremavano come foglie al vento, quando sopraggiunse Luigino

che mi raffica uno al ventre mentre lo sto interrogando e cadde nel fosso

sbattendosi come i polli quando si tira loro il collo. Ordino a Gabina di

finirlo con un colpo alla testa. Gli altri due vengono accompagnati al

comando a Moncasacco.

Verso le sedici, tacendo le armi pesanti dei fascisti, i partigiani sferrarono

l’attacco verso il Colombarone.

"Fulmine" [47] pur senza essere stato investito da un qualsiasi comando

comincia ad impartire ordini di attacco con un rudimentale imbuto;

qualcuno intona il canto di bandiera rossa, altri ancora scandiscono ad alta

voce perentorie disposizioni di mobilitazione in modo da far sembrare ai

nazi - fascisti di essere molto numerosi.

Attaccati dall'alto i nazi- fascisti furono costretti alla ritirata e costrinsero

alcuni contadini a trasportare, fino a Santa Maria della Versa, con i loro

carri, le armi e le munizioni che riuscirono a salvare [48]

46Fusco, Memoria, pag.181 - 182 47Stefano Faravelli da Montecalvo. 48 V. Scagni, op. cit., pag. 117.

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Dal Colombarone furono inseguiti a Casa Persoli, Poggio di Volpara.

Il partigiano Luigino uccise due della Sicherheit che lo avevano salutato,

avendolo scambiato per il capitano Hoffmann, perché aveva in testa il suo

cappello raccolto presso il cadavere [49].

Chi siete? Fa Luigino. E quelli: "Sicherheit", rispondono. E Luigino

termina la conversazione con il suo Sten; e sono altri due fatti fuori.

A Versa Fusco [50] con altri sette o otto partigiani venne fatto bersaglio da una

casa nel cui interno si trovava il tenente della Sicherheit Lino Campagnolo che

troverà la morte con i suoi tre camerati. Lasciamo la parola a Fusco [51]:

Salto dentro la casa. Entro in una comune cucina di campagna con la scala

che porta al piano superiore attraverso una botola chiusa da una tavola.

Esco e porto in casa una balla di fieno, ma, appena dentro, arriva giù una

bomba a mano che fa volare in frantumi i vetri. Salto in un angolo e una

seconda bomba mi taglia il maglione in tre punti, solo il maglione per

fortuna. Fisso gli occhi alla tavola. E' sempre chiusa. Con ogni probabilità

viene aperta per consentire il lancio delle bombe. Con gli occhi fissi alla

botola incendio il fieno e scappo fuori, però mi accorgo che il fuoco si è

spento e torno sui miei passi per ripetere l'operazione dando nuovamente

fuoco al fieno dopo averlo slegato e cosparso di petrolio della lucerna.

Stavolta il fuoco divampa ma non mi accontento e con Bracco incendio il

portico a lato della cucina davanti.

Intimo, ancora una volta, la resa, ma sempre senza risposta. Mentre la casa

va in fiamme, faccio battere le finestre, alle quali mi porto sotto

49V.Scagni op. cit. pag.116 - 117 50 Episodio in memoria di Fusco pag. 188. 51 Idem, pag 188.

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scaraventandoci dentro bombe a mano di ogni tipo. Qualche volta le SIPE

[52] picchiano sui davanzali e mi ricadono ai piedi ma con sei secondi di

tempo ho anche quello di gettarmi dietro qualche cosa. Tiro dentro anche

una tedesca gettata da loro e inesplosa. Bombardo anche il tetto facendo

volare tegole dappertutto. Con Joseph giro dietro sulla collina

sventagliando le due finestrelle davanti alle quali loro avevano posto a mo'

di barricate, sacchetti, ceste, cuscini.

Ormai loro non rispondono più al fuoco e mi siedo a gustarmi una sigaretta,

ma gli uomini vogliono entrare al che io ingiungo di aspettarmi. Betta più

animoso che mai appoggia una scala alla finestra del retro e sale. Mentre

apre una porta, una bomba a mano gli arriva sullo Sten getta un urlo e salta

giù grondante. Lo fasciamo e lo spediamo in su. Visto che siamo ancora

vivi faccio piovere altre bombe alle finestre, finché arriva Luigino, che

appoggia una scala alla cascina e sale sul tetto. Mentre sta scoperchiandolo

una fucilata gli toglie un mattone di mano ma lui imperterrito continua e

poi, dal buco, giù bombe fino a che tutto è silenzioso.

I fascisti costretti alla ritirata fucilarono nei pressi di Santa Maria della Versa

due civili: Mario Cavallari e Ugo Magnani.

La battaglia terminò a tarda sera. I partigiani se la cavarono con due feriti.

Da parte nostra - scrive Fusco - oltre a Betta, anche Lischen aveva preso

una pallottola in una gamba ma sparatagli da Luigino quando volle fare una

raffichetta al sergente Muller [53].

52 Tipo di bomba a mano difensiva, in dotazione al Regio Esercito nei due conflitti mondiali, prodotta dalla Società Italiana Prodotti Esplodenti. 53 Fusco, Memoria pag.184.

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Le formazioni tedesche e della R.S.I. lasciarono sul campo diversi morti. Sul

loro numero vi è discordanza. Bocca scrive [54] che nello scontro morirono “26

tedeschi”. Il comandante Fusco affermò [55] che gli avversari lasciarono sul

campo undici morti [56]: due tedeschi e nove italiani.

A questo punto dobbiamo riportare, per amore di completezza della

ricostruzione storica, ma con beneficio d’inventario, un “si dice” [57]. Il sergente

Muller, raccolto ferito (a trenta metri dal bivio per Canova e occultato da una

valletta) “sarebbe” stato impiccato nei pressi dell’Oratorio di Moncasacco, dove

era stato portato anche il cadavere del capitano Hoffmann.

Vero o non vero l’episodio, nulla toglie alla vittoria dei partigiani !

I contadini, temendo rappresaglie, fecero seppellire i cadaveri del capitano

Hoffmann e del sergente Muller nel bosco dell'Inferno [58]. Al cadavere del

capitano, precedentemente, erano stati tolti: il portafoglio da alcuni abitanti del

Mollio, le scarpe dal partigiano Luigino, la cinghia dal comandante Fusco [59].

Fu il comandante Fusco a ordinare l’esumazione e a far portare i cadaveri

nell'oratorio di Moncasacco perchè i tedeschi tramite don Diana avevano chiesto

la restituzione delle salme. Fusco scrive:

Le modalità le convenne don Diana con il presidio tedesco di stanza alla

centrale dei telefoni di Montù Beccaria, che spedì a Moncasacco due casse.

Martedì 20 febbraio alle quattro del pomeriggio le spoglie mortali di

Hoffmann, con quel tram salito giorni prima con tanta sicurezza,

arrivavano a Stradella. 54Giorgio Bocca, Storia dell’Italia partigiana, Oscar Mondadori, pag. 465. 55Fusco, memoria, pag. 184. 56Non siamo riusciti a sapere tutti i nomi di questi caduti. 57 Su questo episodio non siamo riusciti a raccogliere testimonianze complete. Quando chiedevamo “dettagli”, “nomi”, chi si era lasciato scappare qualche notizia si faceva reticente. 58 Testimonianze raccolte negli anni '70 in loco dagli autori. 59 In Fusco, memoria, pag. 181.

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Furono a loro tributati gli onori militari e i loro corpi sepolti nel cimitero tedesco

di Costermano nei pressi di Verona [60]. Le popolazioni di Canevino, Rocca,

Pometo, esultarono; nei paesi di Stadera e Costa Calatroni vennero organizzate

feste danzanti, perché, si legge nella poesia di don Grassi:

Il nemico è battuto ed in rotta mentre Hoffmann è ucciso al Bacà” [61].

La battaglia delle Ceneri fu il primo scontro vinto dai partigiani dopo il

rastrellamento del novembre 1944. Il suo effetto psicologico fu grande. I pavidi

presero coraggio e si arruolarono con i partigiani [62]

I mezzi d’informazione dal canto loro cercarono di minimizzare la Battaglia

delle Ceneri. Scriveva il Popolo Repubblicano del 28 febbraio 1945:

Un nostro manipolo nella zona di Nibbiano veniva attaccato da un gruppo

di fuori legge superiore di numero e di forza !

Gli autori, che per età (classe 1939 e 1969) non hanno fatto la

Resistenza né hanno aderito alla Repubblica Sociale Italiana, hanno sentito il

bisogno di ricordare "sine ira et studio" una battaglia che fu combattuta nell'Alta

Val Versa; a poche centinaia di metri dalla casa dove conservano il loro archivio

di famiglia.

Carlo Alfredo ed Enrico E. Clerici

60 Una delegazione di partigiani porta fiori ogni anno sulla tomba dei due tedeschi, cfr. Fusco, Un mazzo per il capitano Hoffmann. 61 Dalla canzone scritta, poco dopo la battaglia, da don Grassi, parroco di Canevino. 62 Giulio Guiderzo, Una fondamentale battaglia partigiana, in Corriere dell'Oltrepò del 25 febbraio 1995.

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