Vaticano Spa - Documentazione Originale conti Banca Vaticano IOR
La Banca Del Vaticano e La Loggia p2 - Ior Marcinkus Gelli Calvi
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LA BANCA VATICANA E LA LOGGIA P2
La Città del Vaticano (0,43 kmq con una popolazione di 911 residenti di cui 532 cittadini, il cui reddito pro-
capite ammonta a 407.095 euro, www.vatican.va) è sede di tre istituti finanziari: l'APSA (Amministrazione del
Patrimonio della Sede Apostolica), che è la Banca Centrale del Vaticano; il Ministero dell'Economia o Prefettura
per gli Affari economici; lo IOR, con i quali vengono gestiti circa un miliardo di cattolici sparsi nel mondo.
La Città del Vaticano è composta di tre enti o istituzioni: lo Stato, la Santa Sede e la Curia. Il primo è l'entità
territoriale, la seconda è il vertice della Chiesa e la Curia è la struttura organizzativa. Tutte le istituzioni
vaticane spesso rivendicano l'extraterritorialità e l'indipendenza dalle leggi degli altri Stati-Nazione.
L'Apsa è in pratica la Banca Centrale della Città del Vaticano. Essa svolge funzioni di tesoreria e gestisce gli
stipendi dello Stato. Fra i suoi compiti c'è anche quello di coniare moneta. Nel 1998 infatti, l'Ue ha autorizzato
l'Apsa ad emettere 670 mila euro l'anno. Con la possibilità di emetterne altri 201mila in occasione di Concili
ecumenici, Anni Santi o in occasione di un'apertura della Sede vacante. Secondo quanto riportato dai dati
ufficiali della Prefettura per gli Affari Economici, per il 2002 il Vaticano e la Santa Sede sarebbero in deficit di
29,5 milioni di euro. Nel bilancio però non figurano strutture come le università pontificie, gli ospedali cattolici
(Bambini Gesù di Roma, ad esempio), i santuari (Loreto, Pompei). Ma soprattutto non figura l'obolo, che ha
portato nel solo 2002 un gettito nelle casse della Città del Vaticano di 52,8 milioni di euro.
Altra Banca Vaticana è lo IOR (Istituto per le Opere di Religione) ha sede presso la Città del Vaticano.
Ufficialmente l'unico azionista di questa banca è il papa.
Lo IOR fu fondato nel 1887 da Leone XIII, col nome di "Commissione per le Opere Pie", al fine di convertire le
offerte dei fedeli in un fondo facilmente smobilizzabile. La prima riforma delle finanze vaticane risale al 1908,
quando su iniziativa di papa Pio X l'istituto assunse il nome di Commissione amministratrice delle Opere di
Religione.
La trasformazione in una banca vera e propria avvenne nel 1941, anche se il finanziamento più significativo che
indusse il papato a favorire tale trasformazione, fu quello concesso dal fascismo, col Concordato (Patti
Lateranensi) del 1929, che prevedeva, a titolo di risarcimento per la perdita degli Stati pontifici l'indomani
dell'unificazione nazionale, qualcosa come 100 milioni di dollari (40 in contanti e 60 in obbligazioni; in lire erano
750 milioni), oltre all'esenzione dalle tasse e dai dazi sulle merci importate in Vaticano.
Per gestire questo ingente patrimonio, papa Pio XI istituisce l'Amministrazione speciale per le Opere di
Religione, che affida a un laico esperto, l'ingegner Bernardino Nogara, un abile banchiere proveniente dalla
Comit, membro della delegazione che, dopo la prima guerra mondiale, negoziò il trattato di pace e,
successivamente, delegato alla Banca Commerciale di Istanbul.
Grazie alla sua abilità, Nogara trasformò l'Amministrazione in un impero edilizio, industriale e finanziario. Le
condizioni che il banchiere pose a Pio XI per accettare l'incarico di gestire il patrimonio del Vaticano furono due:
gli investimenti dovevano essere liberi da qualsiasi considerazione religiosa o dottrinale e realizzabili in ogni
parte del mondo.
Il Papa accettò e si aprì così la strada alle speculazioni monetarie e ad altre operazioni di mercato nella Borsa
valori, compreso l'acquisto di azioni di società che svolgevano attività in netto contrasto con l'insegnamento
cattolico (armi, contraccettivi ecc.).
Nogara rilevò l'Italgas, fornitore unico in molte città italiane, e fece entrare nel consiglio di amministrazione,
come rappresentante del Vaticano nella società, l'avvocato Francesco Pacelli, fratello del cardinale Eugenio che
poco dopo sarà eletto Papa e assumerà il nome di Pio XII. Grazie alla gestione di Nogara, il Banco di Roma, il
Banco di Santo Spirito e la Cassa di Risparmio di Roma entrarono ben presto nell'ambito dell'influenza del
Vaticano.
Quando acquisiva quote di una società, raramente Nogara entrava nel consiglio di amministrazione: preferiva
affidare quest'incarico a uno dei suoi uomini di fiducia, tutti appartenenti all’elite vaticana che si occupava della
gestione degli interessi della Chiesa. I tre nipoti di Pio XII, i principi Carlo, Marcantonio e Giulio Pacelli, ne
facevano parte, i loro nomi cominciarono ad apparire tra quelli degli amministratori di un elenco sempre più
lungo di società. Gli uomini di fiducia della Chiesa erano presenti dappertutto: industrie tessili, comunicazioni
telefoniche, ferrovie, cemento, elettricità, acqua. Bernardino Nogara sorvegliava ogni settore che promettesse
margini di remunerazione.
Nel 1935, quando Mussolini ebbe bisogno di armi per la campagna d'Etiopia, una considerevole quantità fu
fornita da una fabbrica di munizioni che Nogara aveva acquisito per il Vaticano. E rendendosi conto, prima di
molti altri, dell'inevitabilità della seconda guerra mondiale, sempre Nogara cambiò in oro parte del patrimonio
Vaticano da lui gestito. Le sue speculazioni sul mercato dell'oro continuarono per tutto il periodo in cui fu alla
guida dell'amministrazione dei beni del Vaticano.
Sin dai tempi di Pio XII lo IOR, bisognoso di disporre di fondi sicuri, fornì sbocchi bancari ai fascisti italiani e ai
nazisti, nonché alla mafia, anche perché al tempo della dittatura fascista era molto difficile al Vaticano gestire
liberamente l'Obolo di S. Pietro proveniente dalle due Americhe.
Il 27 giugno 1942 Pio XII decise di cambiare nome all'Amministrazione speciale per le Opere di Religione che
diventò Istituto per le Opere di Religione. Nasce così un ente bancario dotato di un'autonoma personalità
giuridica e che si dedicherà non soltanto al compito di raccogliere beni per la Santa Sede, ma anche a quello di
amministrare il denaro e le proprietà ceduti o affidati all'istituto stesso da persone fisiche o giuridiche per opere
religiose e di carità cristiana.
Il 31 dicembre 1942 il ministro delle Finanze del governo italiano Paolo Thaon di Revel emise una circolare in
cui si affermava che la Santa Sede era esonerata dal pagare le imposte sui dividendi azionari.
Inoltre il Vaticano, essendosi dichiarato neutrale durante la II guerra mondiale, poté, come la Svizzera, trattare
tranquillamente affari con la Germania di Hitler. Finita la guerra il Vaticano non risarcì mai le vittime
dell'olocausto, restituendo loro i preziosi che i nazisti avevano trasformato in lingotti.
Anzi la Banca Vaticana contribuì a nascondere l'oro nazista non solo nella stessa Santa Sede, ma anche presso
il santuario di Fatima in Portogallo, controllato da elementi massonici, i quali solo apparentemente risultano
anticlericali (è noto infatti che la loggia segreta P2 aveva ampi contatti con gli ambienti vaticani).
Lo IOR ha contribuito anche alla scomparsa di buona parte dell'oro della Croazia indipendente, che durante
l'ultima guerra mondiale collaborava coi nazisti. Gli ustascia (i cattolici nazisti) massacrarono impunemente ben
mezzo milione di serbi ortodossi, nonché decine di migliaia di ebrei e di gitani.
La leadership ustascia, finita la guerra, si era rifugiata proprio in Vaticano e in alcune proprietà francescane
italiane. Uno dei mediatori che permise agli ustascia e anche ad altri criminali nazisti di ottenere l'impunità, fu il
segretario di stato Montini, in seguito papa Paolo VI.
In particolare gli ustascia ebbero bisogno della Banca Vaticana proprio per gestire finanziariamente il loro
governo esiliato in Argentina e per spedire i propri criminali in fuga verso il Sudamerica, l'Australia e altri luoghi
con la protezione della Cia.
Ovviamente il Segretariato Vaticano è a tutt'oggi assolutamente contrario a rendere pubblici gli archivi relativi
alla II guerra mondiale.
Intanto Nogara continuava a lavorare per accrescere le risorse del Vaticano. Negli anni '50 e '60 lo IOR prese ad
arricchirsi coi fondi che molte famiglie agiate volevano trasferire all'estero per pagare meno tasse.
Furono rafforzati i legami con diverse banche. Già dai primi del Novecento i Rothschild di Londra e di Parigi
trattavano con il Vaticano, ma con la gestione Nogara gli affari e i partner bancari aumentarono
vertiginosamente: Credit Suisse, Hambros Bank, Morgan Guarantee Trust, The Bankers Trust di New York (di
cui Nogara si serviva quando voleva comprare e vendere titoli a Wall Street), Chase Manhattan, Continental
Illinois National Bank. E Nogara assicurò al Vaticano partecipazioni in società che operavano nei settori più
diversi: alimentare, assicurativo, acciaio, meccanica, cemento e beni immobili. Un susseguirsi di successi
finanziari senza precedenti per la Chiesa cattolica.
Nel 1954 Bernardino Nogara decise di ritirarsi, senza tuttavia interrompere l'attività di consulente finanziario del
Vaticano, che continuò fino alla morte, avvenuta nel 1958. La stampa dedicò poco spazio alla sua scomparsa,
ma negli ambienti vaticani si era ben consapevoli della sua eccezionale importanza.
Al geniale banchiere, nel corso della sua lunga attività, venne affiancato il principe Massimo Spada. Anche lui
mostrò lungimiranza e spregiudicatezza nella gestione degli interessi del Vaticano e si lanciò in varie operazioni,
la maggior parte delle quali in collaborazione con Michele Sindona.
Lo IOR, in quanto istituto che opera con modalità proprie, non è mai stato tenuto a nessun tipo di informativa -
né verso i propri clienti, né verso terzi - né tanto meno a pubblicare un bilancio o un consuntivo sulle proprie
attività.
A ogni cliente viene fornita una tessera di credito con un numero codificato: né nome né foto. Con questa si
viene identificati: alle operazioni non si rilasciano ricevute, nessun documento contabile. Non ci sono libretti di
assegni intestati allo IOR: chi li vuole dovrà appoggiarsi alla Banca di Roma, convenzionata con l'istituto
vaticano.
I clienti dello IOR possono essere solo esponenti del mondo ecclesiastico: ordini religiosi, diocesi, parrocchie,
istituzioni e organismi cattolici, cardinali, vescovi e monsignori, laici con cittadinanza vaticana, diplomatici
accreditati alla Santa Sede. A questi si aggiungono i dipendenti del Vaticano e pochissime eccezioni, selezionate
con criteri non conosciuti.
Il conto può essere aperto in euro o in valuta straniera: circostanza, questa, inedita rispetto alle altre banche.
Aperto il conto, il cliente può ricevere o trasferire i soldi in qualsiasi momento da e verso qualsiasi banca estera.
Senza alcun controllo. Per questo, negli ambienti finanziari, si dice che lo IOR è l'ideale per chi ha capitali che
vuole far passare inosservati. I suoi bilanci sono noti a una cerchia ristrettissima di cardinali, qualsiasi
passaggio di denaro avviene nella massima riservatezza, senza vincoli né limiti.
Lo IOR è indipendente dagli altri due istituti finanziari vaticani e sulla sua attività si sa soltanto che è gestito da
cardinali di alto livello e da banchieri internazionali.
Il vescovo Paul Marcinkus, il più famoso dirigente dello IOR, faceva chiaramente capire che la Banca Vaticana
godeva di privilegi assoluti nell'esportazione all'estero dei capitali. Ed egli era in grado di servirsi dei noti
finanzieri e bancarottieri, Michele Sindona, colluso coi poteri mafiosi italo-americani, avvelenato in carcere, e
Roberto Calvi, presidente del Banco Ambrosiano, trovato impiccato a Londra; nonché del capo della P2, Licio
Gelli, arrestato per attività sovversiva, e del vescovo Hnilica, che per tutti gli anni '80 trasferì in Vaticano i fondi
anticomunisti provenienti dall'Europa dell'est e i fondi cospicui provenienti dai pellegrinaggi di Medjugorje in
Bosnia.
Utilizzando numerose società fantasma con sede a Panama o nel Lussemburgo, lo IOR divenne uno dei maggiori
esponenti dei mercati finanziari mondiali alla fine degli anni '70. Era infatti in grado di utilizzare le filiere
mafiose di Sindona per istradare grosse somme fuori dal Paese, sotto il naso di tutti gli organismi di controllo.
Poi, quando Sindona era diventato meno frequentabile, a seguito dei suoi debiti con la giustizia, lo IOR cominciò
a servirsi di Roberto Calvi e della sua banca.
In quel periodo nel Vaticano si fronteggiavano due fazioni politiche contrapposte: una, massonica-moderata,
denominata "Mafia di Faenza", faceva capo a Casaroli, Samorè, Silvestrini e Pio Laghi, l'altra, integralista,
legata all'Opus Dei, faceva capo a Marcinkus, Mons. Virgilio Levi, vice direttore dell'"Osservatorio Romano", e
Mons. Luigi Cheli, Nunzio pontificio presso l'ONU.
Coinvolto nello scandalo del Banco Ambrosiano di Calvi, lo IOR subì un vero e proprio terremoto: il cardinale
Markinkus riuscì a farla franca solo appellandosi all'immunità diplomatica.
Dopo le vicende legate al banco Ambrosiano, al crac e al cardinale Marcinkus, nel 1990 papa Giovanni Paolo II
lo ha riformato, affidandone la gestione a persone laiche ma di credenze cattoliche; lo presiede, infatti, Angelo
Caloia, professore dell'università Cattolica di Milano, ex presidente del Medio Credito Lombardo e attualmente a
capo di due società di Banca Intesa. Ai prelati è riservata una funzione di vigilanza.
Lo IOR ha sede unica in Vaticano. Ufficialmente non ha filiali in nessun altro luogo. Non ha accesso diretto ai
circuiti finanziari internazionali. Non aderisce alle norme antiriciclaggio sulla trasparenza dei conti. Il riferimento
è la segreteria di Stato vaticana di monsignor Angelo Sodano. Per operare in Europa lo IOR si avvale di due
grandi banche, una tedesca e una italiana, i cui nomi non si conoscono. Si pensa a Banca Intesa, della quale lo
IOR possiede il 3,37% insieme con la Banca Lombarda e la Mittel (il cosiddetto Gruppo bresciano dei soci), e di
Deutsche Bank, ma nessuno lo conferma con certezza.
Oggi lo IOR amministra un patrimonio stimato in 5 miliardi di euro e funziona come un fondo chiuso. In pratica
ha rendimenti da hedge fund, visto che ai suoi clienti (dipendenti del Vaticano, membri della Santa Sede, ordini
religiosi, benefattori) garantisce interessi medi annui superiori al 12%. Anche per depositi di lieve consistenza.
Secondo un rapporto del giugno 2002 del Dipartimento del Tesoro americano, basato su stime della Fed, solo in
titoli Usa il Vaticano ha 298 milioni di dollari: 195 in azioni, 102 in obbligazioni a lungo termine (49 milioni in
bond societari, 36 milioni in emissioni delle agenzie governative e 17 milioni in titoli governativi) più un milione
di euro in obbligazioni a breve del Tesoro. E l’advisor inglese The Guthrie Group nei suoi tabulati segnala una
joint venture da 273,6 milioni di euro tra IOR e partner Usa.
I segreti finanziari del Vaticano vengono conservati nelle Isole Cayman, il paradiso fiscale caraibico,
spiritualmente guidato dal cardinale Adam Joseph Maida che, tra l’altro, siede nel collegio di vigilanza dello IOR.
Le Cayman sono state sottratte al controllo della diocesi giamaicana di Kingston per essere proclamate Missio
sui iuris, alle dipendenze dirette del Vaticano.
In Italia i diritti di voto dei 45 milioni di quote di Banca Intesa (per un valore in Borsa di circa 130 milioni di
euro) sono stati concessi alla Mittel di Giovanni Bazoli in cambio di un dividendo maggiorato rispetto a quello di
competenza. E quando la Borsa tira, gli affari si moltiplicano. Nel 1998 p. es. non sfuggì a molti l’ottimo
investimento (100 miliardi di lire) deciso dallo IOR nelle azioni della Banca popolare di Brescia: in meno di 12
mesi il capitale si quadruplicò, naturalmente molto prima del crollo del titolo Bipop.
Ma il patrimonio dello IOR non è solo mobile. Dell’Istituto si parla anche in relazione alle beghe con gli inquilini
di quattro condomini di Roma e Frascati che lo IOR, a cavallo fra il 2002 e il 2003, ha venduto alla società
Marine Investimenti Sud, all’epoca di proprietà al 90% della Finnat Fiduciaria di Giampietro Nattino, uno dei
laici della Prefettura degli affari economici della Santa Sede, e oggi in mano alla lussemburghese Longueville.
Gli inquilini, però, affermano di sentirsi chiedere il pagamento del canone di locazione ancora dallo IOR, che nei
documenti ufficiali compare anche come Ocrot: Officia pro caritatis religionisque operibus tutandis, con il codice
fiscale italiano dell’istituto: 80206390587.
Per il 25esimo anniversario di pontificato, Giovanni Paolo II il 25 ottobre 2003 ha ricevuto un assegno da 2,5
milioni di dollari, la rendita di un fondo d’investimento americano da 20 milioni di dollari dedicato a lui, il
Vicarius Christi Fund.
Il denaro è gestito dall’ordine cavalleresco cattolico più grande del mondo, nato 122 anni fa nel Connecticut:
The Knights of Columbus (I Cavalieri di Colombo), che conta 1,6 milioni di membri tra Stati Uniti, Canada,
Messico, Porto Rico, Repubblica Dominicana, Filippine, Bahamas, Guatemala, Guam, Saipan e Isole Vergini.
Il suo cavaliere supremo, Virgil Dechant, è uno dei 9 consiglieri dello Stato Città del Vaticano e anche
vicepresidente dello IOR. Con i 2,5 milioni di dollari regalati a Karol Wojtyla il 9 ottobre 2003, il totale delle
donazioni dell’ordine cavalleresco al vicario di Cristo ha superato i 35 milioni di dollari. Nulla, in confronto ai 47
miliardi di dollari del fondo assicurativo sulla vita gestito dai Cavalieri di Colombo, al quale Standard & Poor’s
assegna da anni il rating più elevato.
L’ordine investe nei corporate bond emessi da più di 740 società statunitensi e canadesi e solo nel 2002,
piazzando polizze sulla vita e servizi di assistenza domiciliare ai suoi iscritti attraverso 1.400 agenti, ha
incassato 4,5 miliardi di dollari (il 3,4% in più rispetto al 2001). Una parte delle entrate, 128,5 milioni di dollari,
è stata girata a diocesi, ordini religiosi, seminari, scuole cattoliche e, ovviamente, al Vaticano che nel 2002, tra
la rendita del fondo del Papa, gli assegni alle nunziature apostoliche di Usa e Jugoslavia, il contributo alla Santa
Sede nella sua missione di osservatore permanente all’Onu e quello per il restauro della basilica di san Pietro,
ha ricevuto dai Cavalieri di Colombo 1,98 milioni di dollari.
Fonte: www.atei.it
ROBERTO CALVI
Nato nel 1920, era entrato in servizio all'Ambrosiano nel 1946. Alla fine degli anni '60 aveva conosciuto il
"banchiere della mafia" Michele Sindona, vicino ad Umberto Ortolani, il numero due della P2, e le relazioni
d'affari tra i due erano divenute fiorenti.
Nel 1971 Calvi diventò direttore generale del Banco Ambrosiano. Sindona lo mise in contatto con monsignor
Marcinkus, fatto da Paolo VI presidente dell'Istituto per le opere religiose, e con Licio Gelli, capo della P2. Nel
1975 Calvi fu affiliato alla P2 e venne eletto presidente del consiglio d'amministrazione dell'Ambrosiano.
Così Calvi, Sindona e Marcinkus fondarono in società una banca nel paradiso fiscale delle Bahamas, la Cisalpine
Overseas Bank., per sottrarsi al controllo delle autorità monetarie italiane: alle imprese del trio partecipavano la
massoneria, i servizi segreti e la mafia.
Il Banco Ambrosiano era nato nel 1893 come istituto bancario cattolico. Dagli anni '70 fino al crac del 1983 fu il
maggiore strumento nazionale di riciclaggio di denaro sporco, proveniente dalla mafia, dalla P2, dai servizi
segreti deviati, dai traffici illeciti di faccendieri, dai politici.
Calvi fece di tutto per espandere l'attività della banca all'estero (Sudamerica, Cina, Svizzera, Bahamas),
trasferendo cifre astronomiche su conti segreti (Licio Gelli, Pippo Calò, Francesco Pazienza, Flavio Carboni,
Umberto Ortolani), operando scalate azionarie e tentando di acquistare quotidiani (p.es. il Corriere della Sera
nel 1976). (Flavio Carboni era stato un piccolo imprenditore sardo legato ad ambienti politici della sinistra Dc,
amico di Armando Corona, repubblicano e Gran Maestro della Massoneria, socio del Gruppo editoriale
l'Espresso; era bene introdotto in alcuni uffici vaticani e rappresentò il ponte tra Roberto Calvi, Vaticano e
politica. Carboni conobbe Calvi in Sardegna nel 1981 e riuscì presto a conquistare la fiducia del banchiere,
mettendogli a disposizione le sue preziose conoscenze al governo, con in testa un sottosegretario,
democristiano e anche lui sardo, Giuseppe Pisanu).
Nel Lussemburgo ritroviamo Calvi non solamente nelle holding dei gruppo Ambrosiano, ma anche come
membro dei consiglio d'amministrazione della Kreclietbank Luxembourg (che occupa, in Cedel, un posto di
primo piano). D'altra parte, la principale loggia massonica lussemburghese lo accetta tra le sue fila, mentre
rifiuta l'ammissione a Michele Sindona, sapendo che questi era stato condannato in Italia nel 1976 e che era
stato arrestato negli Stati Uniti.
Dopo aver riversato vistosi capitali del Banco nelle casse IOR, fidandosi delle promesse che alcuni leader della
DC, tra cui anzitutto Andreotti, gli avevano fatto circa l'acquisizione di altri gruppi bancari, Calvi si ritrovò
invece ad avere un debito colossale di circa 1,2-1,5 miliardi di dollari (500 miliardi di lire), di cui non è in grado
di rendere conto alla Banca d'Italia (ma si pensa che il buco s'aggirasse sui 3000 miliardi di lire).
Intanto nel 1978 vi è un'ispezione effettuata dalla Banca d'Italia all'Ambrosiano.
Dopo la scoperta, nel 1981, della lista degli affiliati alla P2 di Licio Gelli, Calvi venne arrestato per reati valutari
e condannato in primo grado. Nell'ufficio di Gelli infatti erano stati trovati documenti sull'export illecito di
capitali da parte del Banco e di altri istituti di credito.
Calvi viene arrestato sette giorni dopo l'attentato di piazza San Pietro, il 20 maggio 1981. Il precedente 5
febbraio, in relazione al crac di Michele Sindona, era stato arrestato anche l'amministratore delegato dello IOR,
il laico Luigi Mennini.
Il 6 giugno, nel corso di un colloquio in carcere, il presidente dell'Ambrosiano affidò a sua moglie e a sua figlia
un biglietto da recapitare in Vaticano con scritto: "Questo processo si chiama Ior"; appena le due donne
uscirono dal carcere, Alessandro Mennini (figlio di Luigi Mennini, e dirigente del Banco Ambrosiano) tentò di
impossessarsi del biglietto intimando loro di non nominare mai la banca vaticana. Calvi sosteneva infatti che le
operazioni valutarie illecite che lo avevano portato in carcere le aveva effettuate per conto della banca papale,
dunque voleva essere soccorso dalla Santa Sede.
L'agente massone Francesco Pazienza racconterà che durante la detenzione di Calvi venne mandato da
monsignor Marcinkus a Nassau per convincere il figlio del banchiere, Carlo, a desistere dal creare problemi al
Vaticano inviando continuamente telex e fax per parlare con il papa o col card. Silvestrini. Marcinkus non era
contrario a prestare aiuto a Calvi. Intervenne anche monsignor Cheli da New York che raccomandò al figlio di
Calvi di convincere il padre a non rivelare segreti di sorta. (Francesco Pazienza, già stretto collaboratore di
Calvi, era diventato nel 1981 un tramite tra Gelli, i servizi segreti italiani e quelli statunitensi).
I "segreti vaticani" che Calvi doveva tacere ai magistrati italiani erano legati, in particolare, a varie società-
fantasma (Astolfine Sa, Bellatrix Sa, Belrosa Sa, Erin Sa, Laramie Inc, Starfield Sa), tutte domiciliate nel
paradiso fiscale di Panama, e possedute da tre holding: la Utc (United Trading Corporation, proprietà dello IOR
e domiciliata a Panama), la Manie e la Zitropo (con sede in Lussemburgo, entrambe partecipate dallo IOR). Le
otto società-paravento erano i terminali dei traffici di Calvi e Marcinkus, ultima spiaggia della banca vaticana
che sfruttava il Banco Ambrosiano Overseas di Nassau, alle Bahamas, quale "ponte" per ingarbugliare le tracce
dei capitali succhiati dalle casseforti del Banco Ambrosiano di Milano e dispersi nel mar dei Caraibi (una parte
dei quali rientrava in Europa per finanziare il sindacato polacco Solidarnosc). Era stato proprio su designazione
di Calvi che Marcinkus era entrato a far parte del consiglio di amministrazione della consociata estera
dell'Ambrosiano alle Bahamas, l'Overseas di Nassau.
Erano in pratica gli strumenti di operazioni finanziarie occulte. Come appureranno i liquidatori dell'Ambrosiano
dopo il crac, le varie società-paravento del duo Marcinkus-Calvi al 17 giugno 1982 avevano drenato dal gruppo
bancario milanese un miliardo e 188 milioni dì dollari, più 202 milioni di franchi svizzeri, senza che se ne
potesse appurare la destinazione finale: una parte certo utilizzata da Calvi e dalla P2, ma un'altra parte - con
altrettanta certezza - utilizzata dal banchiere di papa Wojtyla.
Monsignor Marcinkus voleva svincolare al più presto le finanze vaticane dal pericolante partner catto-massone,
e recidere ogni legame fra la banca papale e l'Ambrosiano mantenendo segreti i rapporti pregressi. Calvi, da
parte sua, contava sul soccorso della banca papale per evitare la bancarotta.
Il dirigente del settore estero del Banco Ambrosiano, Giacomo Botta, dichiarerà ai magistrati milanesi che il
dominio dello IOR sul Gruppo del Banco Ambrosiano era reso palese dalla fulminea carriera di Alessandro
Mennini [figlio dell'amministratore delegato dello IOR, Luigi], entrato inopinatamente in banca con il grado di
vicedirettore; il trasferimento dallo IOR al Gruppo Ambrosiano della Banca Cattolica del Veneto, cui non era
seguito cambiamento alcuno nella direzione e nell'organo di amministrazione; il finanziamento cospicuo dello
IOR (150 milioni di dollari) che aveva aiutato la neonata società Cisalpine [poi Baol-Banco Ambrosiano Overseas
Limited] ad affermarsi come banca; la presenza di monsignor Marcinkus nel consiglio di amministrazione della
stessa banca di Nassau; la gelosia con la quale Calvi custodiva e gestiva il proprio esclusivo rapporto con lo
IOR; l'appartenenza allo IOR di Ulricor e Rekofinanz, azioniste del Banco Ambrosiano, nonché di quattro società
titolari dei pacchetti di azioni del Banco Ambrosiano che la Rizzoli aveva costituito in pegno per un
finanziamento ottenuto da Baol.
Il Vaticano era in sostanza il padrone del Banco Ambrosiano, praticamente dalla fine degli anni '70.
Il 20 luglio 1981 il Tribunale di Milano dichiarò Calvi colpevole di frode valutaria, e lo condannò a 4 anni di
prigione e a 15 miliardi di lire di multa. Il banchiere catto-massone ottenne la libertà provvisoria in attesa del
processo d'appello.
Calvi tornò ai vertici del Banco e cercò, insieme al faccendiere Flavio Carboni, l'aiuto dello IOR. Poche settimane
dopo egli si recò in Vaticano, da monsignor Marcinkus, nella sede dello IOR, ove firmò un documento che
liberava la banca del Papa e Marcinkus da ogni responsabilità per l'indebitamento delle società panamensi verso
il Gruppo Ambrosiano; in cambio, ottenne dallo IOR lettere a garanzia della situazione debitoria di quelle stesse
società, con scadenza 30 giugno 1982. Attraverso le lettere di patronage della banca del Papa, e entro quella
data, Calvi avrebbe dovuto trovare gli ingenti capitali necessari al salvataggio del suo impero finanziario.
Calvi non voleva perdere la preziosissima partnership della banca vaticana, anzi intendeva renderla organica e
ufficiale. Ed essendo ormai bruciati i rapporti con la fazione massonico-curiale, decise di rivolgersi a quella
avversa, con l'obiettivo di arrivare a coinvolgere l'Opus Dei. L'interlocutore del banchiere massone fu il cardinale
Pietro Palazzini, prefetto della Congregazione per le cause dei santi e caposaldo curiale della fazione opusiana.
Cardinale di Curia dal 1973, da sempre vicinissimo all'Opus Dei, Pietro Palazzini era amico di Camillo Cruciani,
alto dirigente della Finmeccanica, fuggito in Messico in seguito allo scandalo Lockheed nel 1976.
Proprio nel periodo della convalescenza di papa Wojtyla, le due opposte fazioni curiali si misero d'accordo per
commissariare la Compagnia di Gesù, verso la quale nutrivano entrambe una forte ostilità.
Pochi giorni prima che Wojtyla tornasse in Vaticano, il 29 settembre, la Santa Sede diramò una notizia
stupefacente: il presidente della banca vaticana, monsignor Marcinkus, era stato nominato dal Papa
convalescente anche propresidente della Pontificia commissione per lo Stato della Città del Vaticano; il capo
dello IOR e neo-governatore dello Stato vaticano, inoltre, era stato promosso al rango di arcivescovo, in attesa
di ricevere la porpora.
La notizia della nuova carica cumulata da Marcinkus (il quale in pratica era divenuto il capo assoluto di tutte le
finanze vaticane) suscitò sconcerto nella stessa Curia, soprattutto nel Segretario di Stato il cardinale Casaroli,
da tempo ai ferri corti con Marcinkus. A causa di Solidarnosc Wojtyla non poteva fare a meno di Marcinkus: in
particolare si dovevano assicurare ingenti finanziamenti alla leadership moderata di Walesa.
La fazione opusiana appoggiava fortemente il sostegno papale a Solidarnosc: per questo accettava che le
finanze vaticane restassero nelle mani di monsignor Marcinkus, e che l'arcivescovo americano si facesse carico
dei rischiosi finanziamenti segreti a Walesa. Da notare che l'entourage più stretto di Wojtyla era convinto che
l'attentato fosse collegato alla sua decisione di elevare l'Opus Dei a Prelatura personale. Tanto che egli accettò
una "speciale protezione" opusiana, nella persona del capitano della Guardia svizzera Alois Estermann, nuova
guardia del corpo del Pontefice.
Quando in Polonia il governo comunista di Jaruzelski impose lo stato d'assedio per scongiurare l'invasione
sovietica e la guerra civile, in Vaticano il cardinale Casaroli, insieme a molti curiali, riteneva il Sommo Pontefice
corresponsabile della tragedia polacca, gravida di incognite ben più sanguinose. Si temeva, sopra ogni altra
cosa, che emergessero i finanziamenti vaticani a Solidarnosc, e che il sindacato-partito cattolico voluto e
sostenuto da Giovanni Paolo II a quel punto sfuggisse al controllo politico papale imboccando la strada
dell'insurrezione.
Anche la Loggia P2 - in dissenso dalla fazione massonico-curiale, a maggioranza fautrice dell'Ostpolitik -
approvava i finanziamenti "anticomunisti" a Solidarnosc. Al punto che persino una parte dei 7 milioni di dollari
fatti affluire nel biennio 1980-81 dalla P2 - tramite l'Ambrosiano - sul conto svizzero "Protezione" a beneficio del
politico italiano Bettino Craxi, venne utilizzata per aiuti a Solidarnosc.
Nel dicembre 1981 il finanziere Carlo De Benedetti, da pochi giorni vicepresidente e azionista dell'Ambrosiano (il
18 novembre aveva acquistato per 50 miliardi il 2 per cento del Banco), tentò di appurare con precisione quali
rapporti legassero la banca di Calvi e la P2 alla banca del Papa, ma non ottenendo da Calvi alcuna risposta,
pretese d'incontrare a Roma, per chiarimenti definitivi, monsignor Achille Silvestrini della Segreteria di Stato
vaticana. Il successivo 22 gennaio 1982 De Benedetti, sottoposto a pressioni e minacce, lasciò il Banco
Ambrosiano cedendo la propria quota del 2 per cento allo stesso Calvi, per una somma che procurerà al
finanziere l'accusa di concorso in bancarotta fraudolenta e una vicenda giudiziaria lunga e tortuosa conclusasi
con l'assoluzione.
Con il divenire dello scandalo IOR-Calvi-Ambrosiano, la figura di Marcinkus si faceva sempre più ingombrante
per la fazione massonico-curiale, proprio mentre il potere del presidente della banca papale, nominato anche
governatore dello Stato vaticano, era aumentato a dismisura. Il cardinale Casaroli intendeva recidere i legami
IOR-Ambrosiano mediante una trattativa diplomatica e una transazione finanziaria; monsignor Marcinkus era
assolutamente contrario a una simile eventualità, ritenendo che la Santa Sede dovesse limitarsi a negare
qualunque responsabilità dello IOR nell'imminente bancarotta dell'Ambrosiano.
Gli echi del contrasto Casaroli-Marcinkus finiranno nelle memorie del massone Francesco Pazienza. L'agente-
collaboratore del servizio segreto militare italiano racconterà di essere stato mandato in Vaticano dal capo del
Sismi, il generale massone della P2 Giuseppe Santovito, su richiesta della Segreteria di Stato vaticana, per
incontrare il braccio destro del cardinale Casaroli, monsignor Pier Luigi Celata, il quale pretendeva la rimozione
di Marcinkus dallo IOR, anche per attenuare il potere politico dello stesso Wojtyla sulla curia vaticana. Wojtyla,
fin dalle sue prime mosse, dal punto di vista "politico" aveva lasciato intuire, contro la linea diplomatica di
Casaroli, che il Vaticano sarebbe andato nella direzione di una linea dura, di scontro frontale con Mosca e i Paesi
satelliti.
Quando Pazienza lascia il Sismi per diventare consulente personale di Calvi, su richiesta di quest'ultimo, il
motivo di questa collaborazione era il tentativo di coinvolgere l'Opus Dei nell'azionariato del Banco Ambrosiano,
facendo pervenire al cardinale Palazzini proposte, documenti e "confidenze" sulle connessioni segrete fra lo IOR
e l'Ambrosiano. In pratica, Calvi proponeva alla fazione opusiana di estromettere monsignor Marcinkus dalla
presidenza dello IOR, di affidare la banca papale a un fiduciario dell'Opus Dei, e di far rilevare dallo IOR una
quota societaria del 10 per cento del Banco Ambrosiano per 1.200 milioni di dollari.
A febbraio del 1982 il cardinale Palazzini diede risposta negativa. Il cardinale Casaroli, interessato a impedire
che l'Opus Dei, così ostile ai sovietici e tanto amica dei polacchi di Solidarnosc, non voleva ch'essa mettesse le
mani sullo IOR-Banco Ambrosiano. Il Papa la pensava come il cardinale Palazzini, però non voleva problemi con
il suo segretario di Stato e men che meno con la fazione massonico-curiale.
Il 30 maggio Roberto Calvi rivolse un estremo appello al cardinale Palazzini perché lo si facesse uscire da una
situazione che lo portava alla bancarotta, chiedendo di poter parlare con Wojtyla.
Così Calvi scrisse a papa Wojtyla il 5 giugno 1982: “Santità sono stato io ad addossarmi il pesante fardello degli
errori nonché delle colpe commesse dagli attuali e precedenti rappresentanti dello Ior, comprese le malefatte di
Sindona…; sono stato io che, su preciso incarico dei Suoi autorevoli rappresentanti, ho disposto cospicui
finanziamenti in favore di molti Paesi e associazioni politico-religiose dell’Est e dell’Ovest…; sono stato io in
tutto il Centro-Sudamerica che ho coordinato la creazione di numerose entità bancarie, soprattutto allo scopo di
contrastare la penetrazione e l’espandersi di ideologie filomarxiste; e sono io infine che oggi vengo tradito e
abbandonato…“ (citato in Ferruccio Pinotti, Poteri forti, Bur, 2005). Calvi si riferiva ai finanziamenti di alcuni
regimi fascisti (Pinochet, Somoza...) e al fatto che aveva contribuito enormemente a distruggere la linea
dell'Ostpolitik dell'ala di Casaroli.
Wojtyla il 6 giugno s'incontra invece con Reagan per stabilire ulteriori aiuti al sindacato Solidarnosc, i cui leader
erano in carcere. Monsignor Marcinkus si occupa di convogliare al sindacato clandestino anche i finanziamenti
Usa, che si appaiavano ai fondi IOR-Ambrosiano. Dell'accordo Wojtyla-Reagan vennero tenuti all'oscuro sia la
Segreteria di Stato vaticana, sia il Dipartimento di Stato americano.
Il 12 giugno 1982 Roberto Calvi lascio l'Italia. Quarantottto ore dopo monsignor Marcinkus firmò una lettera di
dimissioni dal Consiglio di amministrazione del Banco Ambrosiano Overseas di Nassau.
Il 16 giugno il direttore generale dell'Ambrosiano, Roberto Rosone, si recò in Vaticano, presso la sede dello IOR,
avendo saputo che il Banco Ambrosiano Andino aveva elargito grossi finanziamenti allo IOR, ovvero a società
ad esso facenti capo e che erano stati garantiti con una serie di pacchetti azionari di ottima immagine, tra cui il
10 per cento circa di azioni del Banco Ambrosiano (circa 5 milioni e 300 mila azioni). Il credito complessivo del
Banco Andino si aggirava su un miliardo e 300 milioni circa di dollari Usa. Calvi era convinto di aver trovato
finalmente un aiuto concreto.
I responsabili dello IOR erano favorevoli a fare una sorta di transazione, ossia a restituire il puro capitale, senza
interesse alcuno. Ma il 17 giugno le autorità monetarie italiane deliberarono la liquidazione coatta del Banco
Ambrosiano, che crolla in borsa.
Calvi intanto riceve una lettera da Licio Gelli, il capo della P2, che gli conferma che Finetti e Seigenthaler,
indicati come cassieri romani dell'Opus Dei, si stavano occupando per salvare l'Ambrosiano dalla bancarotta.
Calvi si era recato a Londra per ottenere un pacchetto finanziario di salvataggio proveniente dall'Opus Dei (che
proprio in quella città aveva il suo quartier generale), ma l'Opus Dei, in cambio dell'aiuto, chiedeva precisi
poteri politici in Vaticano, ad esempio nella determinazione della strategia verso i Paesi comunisti e del Terzo
mondo. La fazione massonico-curiale di Casaroli, appoggiata da Andreotti, era contraria.
Calvi venne trovato impiccato il 18 giugno 1982 sotto il ponte dei Frati Neri sul Tamigi, in una zona di Londra la
cui polizia dipendeva dal duca di Kent, capo della massoneria mondiale. Successivamente il pentito della mafia
siculo-americana, F. Marino Mannoia, dirà che a strangolare Calvi fu Di Carlo, su ordine di Pippo Calò. Verrà
uccisa anche la sua segretaria personale.
Il 27 novembre, cioè tre mesi dopo l’annuncio della decisione papale, la Congregazione per i vescovi ufficializza
la erezione dell'Opus Dei a Prelatura personale del pontefice, la prima nella storia della Chiesa di Roma.
Secondo i calcoli fatti dall'allora ministro del Tesoro Beniamino Andreatta (la cui denuncia sulle collusioni tra
IOR e finanza deviata gli costarono un lungo "purgatorio" politico), il Vaticano fu coinvolto nello scandalo per
una somma di 1159 milioni di dollari: era il credito di alcune affiliate estere del Banco verso due società dello
IOR, con sede in America Latina. Il Vaticano rimborsò anni dopo, al Nuovo Banco Ambrosiano, solo una parte
(250 milioni di dollari) della cifra con cui Calvi si era indebitato.
Il 15 ottobre 2003 due pm di Roma – Luca Tescaroli e Maria Monteleone – hanno chiesto il rinvio a giudizio di
quattro persone, con l'accusa di omicidio: Giuseppe Calò, Ernesto Diotallevi, Flavio Carboni e Manuela Kleinszig.
Nei giorni in cui Roberto Calvi era a Londra vennero segnalate diverse presenze interessanti: quella di Flavio
Carboni e di alcuni camorristi, fra cui Vincenzo Casillo, luogotenente di Raffaele Cutolo, in contatto con i servizi
deviati e in particolare col faccendiere Francesco Pazienza. Casillo verrà poi ucciso a Roma in un'auto imbottita
di tritolo.
Un altro pentito di mafia, Vincenzo Calcara, per l'omicidio Calvi ha tirato in ballo Giulio Andreotti, elementi
deviati dello Stato e dei Servizi, massoneria e ambienti vaticani.
MONSIGNOR PAUL CASIMIR MARCINKUS
Di origine lituana, nato a Cicero, nei sobborghi di Chicago, il 15 gennaio 1922, studiò teologia a Roma
divenendo sacerdote nel 1947. Negli anni ‘50 lavorò nella sezione inglese della Segreteria di Stato vaticana. Lì
Marcinkus conobbe Giovanni Battista Montini, che nel 1963 divenne Papa col nome di Paolo VI. Sotto il
pontificato di Montini la carriera di Marcinkus, sponsorizzata anche dal segretario del papa, mons. Macchi,
decollò.
Soprannominato "Il Gorilla" per il suo aspetto imponente e le maniere spicce, ebbe l'incarico di organizzare il
servizio di guardia del corpo al papa. Nel 1969 venne nominato vescovo e presidente dello IOR.
I prelati vaticani avevano capito l’importanza di dirottare le cospicue finanze della Santa Sede altrove (e non
nelle partecipazioni azionarie di dubbia moralità quali quelle dell'“Acquamarcia”, della “Wurth – Divisione Armi”,
ecc.).
Per quasi 20 anni egli ha diretto lo IOR, capendo subito che direzione prendere: verso i paradisi fiscali (off-
shore) e i giochi sporchi delle scatole cinesi. La sede dello IOR cominciò ad essere frequentata da personaggi
mafiosi o corrotti: Salvo Lima, Ignazio Salvo, Sindona, ecc.
Come capo della Banca Vaticana, e di una banca che non pubblica un bilancio annuale e non dà informazioni sui
propri investimenti, Marcinkus fece accordi anche con Michele Sindona, uomo d'affari siciliano con agganci nel
mondo della mafia, presidente della Banca Privata, che in quegli anni comprò o fondò moltissimi tra istituti di
credito e società finanziarie, spesso creati in paradisi fiscali grazie alle prerogative derivanti dalla
extraterritorialità dello IOR.
(Tra i paradisi fiscali più importanti va annoverato lo staterello del Liechtenstein (30 mila abitanti di cui 5000
nella capitale Vaduz, con centinaia di banche e società finanziarie), il quale venne separato dalla diocesi
svizzera di Coira e proclamato Arcidiocesi di Vaduz, immediatamente soggetta alla Santa Sede. Il Principe
regnante del Liechtenstein, titolare di una immensa ricchezza (controlla la più importante banca del principato)
è devotissimo di Santa Romana Chiesa. Altri paradisi fiscali utilizzati dal Vaticano sono quello delle isole
Cayman - diocesi di Kingston in Giamaica -, e delle Turks and Caicos - diocesi di Nassau, alle Bahamas -
sottratte alle rispettive diocesi, e proclamate “sui iuris”, e affidate a due eminenti Arcivescovi americani di
grandi aderenze nella Segreteria di Stato Vaticana).
Tra le relazioni d'affari di Marcinkus è molto importante quella con David Kennedy, allora Presidente della
Continental Illinois National Namk di Chicago, che sarà, nel 1969 nominato ministro del Tesoro
nell'amministrazione Nixon. Questo rapporto è importante perchè è proprio il banchiere-ministro che metterà
Marcinkus in contatto con Michele Sindona, che gli presenterà poi Calvi.
Lo IOR finirà più volte nel mirino della Sec americana (che la multerà per operazioni finanziarie illecite) e della
Banca d'Italia.
Marcinkus parteciperà a ben 23 riunioni del Consiglio d'amministrazione del Banco Ambrosiano, come se ne
facesse parte a pieno titolo (d'altra parte sedeva nel consiglio di amministrazione dell'Ambrosiano Overseas di
Nassau), firmandone le deliberazioni. L'allora Governatore della Banca d'Italia, Paolo Baffi, e il Direttore
Generale Mario Sarcinelli, conobbero l'onta del carcere e avranno la carriera distrutta. (Da notare che Andreotti
stava dalla parte di Calvi e dell'Ambrosiano contro la Banca d'Italia).
Alla morte di Paolo VI (6 agosto 1978), divenne papa, col nome di Giovanni Paolo I, per soli 33 giorni, Albino
Luciani, deceduto, in circostanze mai del tutto chiarite, nella notte tra il 28 e il 29 settembre 1978. Il collegio
dei cardinali respinse tutte le richieste di procedere ad una autopsia.
La morte improvvisa di Luciani viene collegata al fatto che all'inizio degli anni '70 Marcinkus aveva ordinato
l'arresto delle attività della Banca Cattolica del Veneto e la sua integrazione all'interno dell'Ambrosiano, senza
consultare né informare il consiglio d'amministrazione della banca così assorbita. Ora, la Banca Cattolica del
Veneto era la banca privata al servizio del patriarca di Venezia e il suo presidente era proprio Albino Luciani,
futuro Papa Giovanni Paolo I.
In un suo libro del 1984, In nome di Dio. La morte di papa Luciani, il giornalista inglese David Yallop ipotizza
che Luciani fosse stato vittima di una congiura "di palazzo". Secondo Yallop, l'intenzione di operare un ricambio
immediato ai vertici delle finanze vaticane (a partire da Marcinkus), e di allontanare gli ecclesiastici in odore di
massoneria non sarebbe estranea alla morte del papa che venne trovato morto con in mano il libro
"L'imitazione di Cristo"; si disse poi che si trattava in realtà di fogli di appunti, di un discorso da tenere ai
gesuiti ed infine qualcuno ipotizzò che tra le sue mani vi fosse l'elenco delle nomine che intendeva rendere
pubbliche il giorno dopo (anche su chi ritrovò effettivamente il corpo del papa vi sono diverse versioni, così
come sull'ora reale della morte).
In coincidenza con l’elezione di Luciani venne pubblicato un elenco di 131 ecclesiastici iscritti alla massoneria,
buona parte dei quali, erano del Vaticano. La lista era stata diffusa da un piccolo periodico "O.P. Osservatore
Politico" di quel Mino Pecorelli destinato a scomparire un anno dopo l’elezione di Albino Luciani in circostanze
mai chiarite. Secondo molti, "O.P." era una sorta di strumento di comunicazione adoperato dai servizi segreti
italiani per far arrivare messaggi all’ambiente politico. Pecorelli, tra l’altro, era legato a filo doppio con Gelli
come lo erano Sindona e Calvi.
Nella lista ecclesiastico-massonica comparivano, tra altri, i nomi di: Jean Villot (Segretario di Stato), Agostino
Casaroli (capo del ministero degli Affari Esteri del Vaticano), Paul Marcinkus, il vicedirettore de "L’osservatore
Romano" don Virgilio Levi, Roberto Tucci (direttore di Radio Vaticana.
Il libro dello scrittore inglese David Yallop, In nome di Dio. La morte di papa Luciani, passa in rassegna tutti gli
elementi di quel fatidico 1978, fino a sospettare sei persone dell’omicidio di Albino Luciani: il Segretario di Stato
Jean Villot, il cardinale di Chicago John Cody, il presidente dello IOR Marcinkus, il banchiere Michele Sindona, il
banchiere Roberto Calvi e Licio Gelli maestro venerabile della Loggia P2.
Sotto il pontificato di Giovanni Paolo II la posizione di Marcinkus divenne ancora più forte: diventerà
praticamente l'uomo più potente del Vaticano dal 1971 al 1989. Marcinkus si sentiva in credito con Giovanni
Paolo II, perché in America aveva coperto lo scandalo dei preti polacchi di Filadelfia, che avevano fatto delle
truffe: molti preti polacchi furono chiamati dal papa e collocati vicini a lui.
Essendo lo IOR una banca che non doveva rendere conto a nessuno se non al papa, in quegli anni la Banca
Vaticana gestì e raccolse capitali enormi, spesso di incerta provenienza (“Immobiliare Roma”, “Tangentone
Enimont”, “Banca di Roma”, fino alla popolare di Lodi...). Soldi che vengono utilizzati per finanziare gruppi e
movimenti di opposizione ai regimi comunisti, in particolare Solidarnosc in Polonia.
Attraverso Sindona, era entrato in rapporto con Marcinkus anche Roberto Calvi, presidente del Banco
Ambrosiano, che arriva a costituire - grazie ai rapporti con il mondo malavitoso, i servizi segreti e la loggia
massonica segreta P2 - con Marcinkus, Gelli (capo della loggia P2) e il finanziere Umberto Ortolani, una sorta di
comitato d'affari che opera attraverso banche e consociate estere, spostando capitali, manovrando fondi neri o
provenienti da operazioni o fonti illecite, ma anche esportando valuta aggirando le norme bancarie.
Nel febbraio 1987 il giudice istruttore del tribunale di Milano, Renato Bricchetti, emette un mandato di cattura
contro Paul Marcinkus, Luigi Mennini e Pellegrino de Strobel, i vertici dello IOR, individuando gravi
responsabilità della Banca Vaticana nel crac del Banco Ambrosiano, ma la Cassazione non convalida il
provvedimento, a causa dell'art. 11 dei Patti Lateranensi, che recita: "gli enti centrali della Chiesa sono esenti
da ogni ingerenza da parte dello Stato italiano".
Nel 1990 Giovanni Paolo II promulga i nuovi statuti dello IOR. Tra le figure di garanzia, quella di un prelato che
garantisca l'eticità degli investimenti dell'Istituto. Carica che ricoprirà mons. Donato De Bonis, già braccio
destro di Marcinkus.
Marcinkus si ritira in una parrocchia dell'Illinois e poi presso la diocesi di Phoenix, dove è morto a 84 anni nella
città di Sun City (in Arizona, dove risiedeva e curava la parrocchia di San Clemente),
LICIO GELLI
I tabulati della loggia massonica Propaganda 2 vengono trovati nel marzo 1981 nella casa di Licio Gelli (ex
fascista e repubblichino, collaboratore da sempre dei servizi segreti americani), durante le indagini giudiziarie
sul caso Sindona. L'allora presidente del Consiglio, Forlani, si rifiutò di pubblicizzarli: fu la commissione
parlamentare Sindona a farlo.
Gli iscritti alla P2 erano 953, ne mancavano 1650. Tutti avevano giurato fedeltà alla massoneria. Il governo
Forlani fu costretto a dimettersi, sostituito dal governo Spadolini (1981).
Tra gli iscritti figuravano esponenti politici, giornalisti, autorità civili e militari (soprattutto dei servizi segreti),
personaggi del mondo economico e dello spettacolo.
Fu approvata una legge che sancì lo scioglimento della P2 e il divieto di costituire associazioni segrete,
soprattutto se a scopo eversivo, come appunto la P2.
La commissione parlamentare d'inchiesta che ha messo in luce l'attività eversiva della P2 era capeggiata dalla
democristiana Tina Anselmi (1981-1984). La commissione non riuscirà a scoprire i referenti internazionali della
loggia.
Gelli si era iscritto alla massoneria nel 1963 e tre anni dopo il gran maestro Giordano Gamberini l'aveva
trasferito a dirigere la loggia Propaganda 2, di cui diventa "maestro venerabile" nel 1975.
La sua loggia ebbe una parte rilevante nel tentativo di colpo di stato del principe Julio Valerio Borghese nel
1970.
Ma la vera strategia della P2 è l'occupazione del sistema politico ed economico attraverso il controllo delle
nomine di vertice, in funzione soprattutto anticomunista.
Licio Gelli investiva il denaro dei Corleonesi di Totò Riina nella banca dello IOR in Vaticano, ha detto il pentito
Francesco Marino Mannoia.
Quando Gelli viene arrestato a Ginevra, dopo la scoperta dei tabulati, il suo ruolo viene assunto da Francesco
Pazienza.
Gelli evade dal carcere di Ginevra nel 1983. Nel 1987 si presenta al palazzo di Giustizia di Ginevra e nel 1988
viene estradato in Italia. Rimane in carcere per due mesi, poi viene rilasciato per motivi di salute.
Quando nel 1988 viene emessa la sentenza sulla strage della stazione di Bologna, Gelli viene condannato a 10
anni per calunnia aggravata.
Di recente ha donato all’archivio di Stato pistoiese la parte “presentabile” dei suoi documenti storici e si è
orientato verso posizioni di centro-sinistra. Ha chiesto il ritiro di tutte le basi americane dall'Italia, il ritiro di tutti
i nostri soldati dalle cosiddette "missioni di pace", la rinuncia del voto agli italiani all'estero.
www.lavocedellacampania.it
Testi
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• Bugie di sangue in Vaticano. Il triplice delitto della guardia svizzera, Kaos
• Setta Monica, I poteri forti, Sperling & Kupfer
• Madron Paolo, Il lato debole dei poteri forti. Da Cuccia ai furbetti del quartierino: miserie (molte) e virtù
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SitiWeb
• IOR - 2 - 3 - 4
• Marcinkus - 2 - 3
• Papa Luciani - 2 - 3
• Loggia P2 - 2 - 3 - 4 - 5
• Massoneria - 2 - 3
• Calvi - 2 - 3
• Sindona - 2
• Vatican Connection - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8
• Finanze vaticane - 2 - 3 - 4 - 5 - 6
• Wojtyla
• Guardia svizzera
• Atei.it