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201 la ‘presenza’ dei re negli archivi delle poleis ellenistiche Gli studi recenti sulla storia e sulle pratiche dell’archiviazione nelle città greche dimostrano che la capacità delle poleis di organizzare degli archivi ai fini delle proprie esigenze gestionali e auto-rappresentative aveva trovato applicazione e sviluppo ben prima dell’epoca alessandrina 1 . Un corretto approccio al modo di gestione dei demosia grammata in età elleni- stica deve dunque ancora una volta richiamarsi all’aspetto funzionale dell’archi- viazione, che, nel trasformarsi delle circostanze storiche, politiche, istituzionali generali, ne adattava i caratteri, incrementando la quantità del materiale tradizio- nale, introducendo nuove specie e voci alle categorie usuali, inglobando nel siste- ma i documenti “esterni” che richiedevano la registrazione, articolando in manie- ra più idonea le diverse fasi e classi delle scritture da lungo tempo praticate 2 . 1 Per una sintesi, vd. Boffo 2003; Faraguna 2005; per considerazioni circa la necessità di rivedere l’idea ancora diffusa del «perfezionamento» del sistema archivistico dei Greci com- piutosi in età ellenistica per il contatto «più diretto» con il mondo orientale, vd. Boffo 2011a; per aspetti specifici, vd. Faraguna 2000, 2003, 2011. I lavori indicati sono preliminari ad uno studio completo su Le poleis e i loro archivi (a cura di M. Faraguna per l’età arcaica e classica, di L. Boffo per l’età ellenistica), nel quale i diversi aspetti qui toccati solo tangenzialmente avranno più organica trattazione. Ove non diversamente indicato, le date s’intendono a.C. 2 In questa prospettiva la (ovvia) dialettica fra storia politica e istituzioni, sui caratteri della quale ha richiamato l’attenzione ad esempio Gauthier 1985, pp. 4-5, può trovare una definizione La ‘presenza’ dei re negli archivi delle poleis ellenistiche laura boffo

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201la ‘presenza’ dei re negli archivi delle poleis ellenistiche

Gli studi recenti sulla storia e sulle pratiche dell’archiviazione nelle città greche dimostrano che la capacità delle poleis di organizzare degli archivi ai fini delle proprie esigenze gestionali e auto-rappresentative aveva trovato applicazione e sviluppo ben prima dell’epoca alessandrina1.

Un corretto approccio al modo di gestione dei demosia grammata in età elleni-stica deve dunque ancora una volta richiamarsi all’aspetto funzionale dell’archi-viazione, che, nel trasformarsi delle circostanze storiche, politiche, istituzionali generali, ne adattava i caratteri, incrementando la quantità del materiale tradizio-nale, introducendo nuove specie e voci alle categorie usuali, inglobando nel siste-ma i documenti “esterni” che richiedevano la registrazione, articolando in manie-ra più idonea le diverse fasi e classi delle scritture da lungo tempo praticate2.

1 Per una sintesi, vd. Boffo 2003; Faraguna 2005; per considerazioni circa la necessità di rivedere l’idea ancora diffusa del «perfezionamento» del sistema archivistico dei Greci com-piutosi in età ellenistica per il contatto «più diretto» con il mondo orientale, vd. Boffo 2011a; per aspetti specifici, vd. Faraguna 2000, 2003, 2011. I lavori indicati sono preliminari ad uno studio completo su Le poleis e i loro archivi (a cura di M. Faraguna per l’età arcaica e classica, di L. Boffo per l’età ellenistica), nel quale i diversi aspetti qui toccati solo tangenzialmente avranno più organica trattazione. Ove non diversamente indicato, le date s’intendono a.C.

2 In questa prospettiva la (ovvia) dialettica fra storia politica e istituzioni, sui caratteri della quale ha richiamato l’attenzione ad esempio Gauthier 1985, pp. 4-5, può trovare una definizione

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Quello che era cambiato era il contesto generale, che da un lato aveva porta-to all’ampliamento delle relazioni amministrative e diplomatiche all’interno di un sistema poleico e interpoleico (preesistente e accresciuto dalle fondazioni e dalle promozioni di statuto) sempre più integrato, dall’altro aveva introdotto o accentuato nei circuiti documentali intra- e infra-cittadini le diverse forme del-la parola del re, con le sue esigenze e conseguenze politiche e amministrative3. In questa prospettiva, appare del tutto giustificato ricondurre gli inizi del pe-riodo «ellenistico» all’epoca (almeno) di Filippo II, le cui lettere risultano aver ampiamente circolato e rappresentato materiale di opportuna conservazione negli archivi delle città4. Allo stesso modo, quasi all’altro capo della fase “alta” del periodo in questione, appare meritevole di considerazione per l’aspetto che qui interessa la nota di Polibio (21,45,2) che la sconfitta di Antioco III si prospetta-va per le poleis dell’Asia Minore come una liberazione, «quale dal tributo, quale dalla guarnigione, tutte dalle ordinanze regie» (kaqovlou de; pavnte basilikw`n prostagmavtwn)5. La situazione che lo storico riferiva alle città che rientravano

più corretta, uscendo dai vincoli del mero rapporto di causa-effetto. La considerazione vale an-che per le città di fondazione reale, le quali assumevano gli aspetti istituzionali delle poleis di tradizione: non sorprende che nel 202 ca. il trattato tra Filippo V e Lisimachia terminasse eij~ ta; d[hmovsia gravmmata], sigillato toi`~ dhmosiv[oi~ daktulivoi~] (Staatsverträge III, 549, ll. 3-6). Vd. anche quanto segue.

3 Una tipica espressione della interrelazione fra le poleis di vecchio e nuovo conio con am-pia circolazione di documenti da conservare è costituita dalla cd. «diplomazia della parentela», la costruzione e pubblicizzazione organizzate delle «parentele» mitiche e storiche tra le città, desiderose di trovare e dichiarare la loro collocazione nel nuovo contesto allargato: vd. Curty 1995; Jones (N.F.) 1999; Lücke 2000; Sammartano 2008/9; Patterson 2010. Per «la parola del re» e il «dialogo» che ne conseguiva, oggetto di ampia considerazione in dottrina, vd. ad esem-pio Mari 2009, pp. 89 sgg.; Virgilio 2011, pp. 27 sgg. L’attenzione specifica alla prassi ammini-strativa e alle conseguenze archivistiche delle espressioni di quel dialogo, non valutate dagli studiosi, può consentire alcuni chiarimenti circa il rapporto tra i diversi «discorsi politici», a parere di chi scrive non soltanto riconducibile al rilancio delle opposte rappresentazioni (come invece rilevato ad esempio da Bertrand 1990; Ma 2004, pp. 136 sgg.; Bencivenni 2010, pp. 167-168, nt. 91; ma vd. la stessa Bencivenni 2003, p. 280, nt. 68, a proposito della vicenda di Milasa citata più sotto).

4 Per un repertorio delle lettere di Filippo II ad Atene vd. Pébarthe 2006, p. 296, con note; cfr. anche Ceccarelli 2005, p. 357, con note; Bencivenni 2010, p. 154, ntt. 17-18 e, per altri destina-tarî, Sickinger c.s., nt. 20; vd. anche la nota seguente.

5 La qualifica di prostagma non va qui intesa in senso “tecnico” (per il quale vd. Gauthier 1993, pp. 42-43; Bencivenni 2010, pp. 140 sgg.), quanto in senso generale di ordine ufficiale avvertito come espressione di un potere impositivo (cfr. Mari 2006, pp. 210-211). Benché si ri-conduca alla polemica, presenta per noi un significato generale anche il passo in cui Polibio, per rilevare la «malvagità» del piano di Apelle, tutore di Filippo V, il quale voleva «portare la lega degli Achei ad un assetto del tutto simile a quello dei Tessali», sottolineava la negativi-tà della condizione di questi ultimi (4,76,2): «i Tessali sembravano… amministrarsi secon-do le proprie leggi e distinguersi di molto dai Macedoni; invece non ne differivano in nulla, ma la loro situazione era simile a quella dei Macedoni e facevano tutto quello che veniva or-dinato dagli uomini del re» (pa`n ejpoivoun to; prostattovmenon toi` basilikoi` ; era quanto altrettanto polemicamente rilevava Demostene, III Phil., 33, a proposito di Filippo II, che

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nella sfera di controllo del re si può estendere a tutte le poleis che furono a contat-to più o meno diretto con un’autorità regale: «libere» o «soggette» che fossero, esse non potevano ignorare i messaggi dei re (in tutta la loro gamma di contenuti e di obblighi) e i documenti che li rappresentavano, e ad essi adeguavano, nei testi e nella loro articolazione, le risposte previste dalle proprie strutture ammi-nistrative, con le specifiche pratiche di scrittura e di memoria6.

Sembra dunque opportuno, se pure in forma preliminare e sommaria, trac-ciare una rassegna dei diversi modi attraverso i quali il potere reale ellenistico, diretto o indiretto che fosse, entrava (o «intrudeva») e viveva negli archivi delle poleis. Data la multiformità della relazione, le occasioni per l’insediamento erano molteplici; date la pratica della «catena documentaria» generata dai provvedi-menti amministrativi e l’articolazione degli archeia (gli uffici e [i loro] archivi) le forme della registrazione e della diramazione lo erano altrettanto7. E se natural-mente non possiamo ritenere che le poleis praticassero i sistemi e i processi rico-struibili tutte ai medesimi livelli, nelle stesse forme e per l’intero periodo, come per lo studio dei sistemi archivistici in generale siamo autorizzati a concludere di una capacità comunque posseduta ed esplicabile dalle comunità organizzate

gravfei... o}n crh; trovpon politeuvesqai: su genesi e caratteri dei passi, vd. Mari 1999, pp. 646-647; sulla situazione della Tessaglia in età antigonide, vd. ora Helly 2009, pp. 345-356). Non si entra qui nella discussa questione circa il termine «basso» dell’ellenismo, se non per indicare che, nella prospettiva dello studio delle pratiche archivistiche delle poleis, il passaggio fra II e I secolo sembra un ragionevole discrimine, collegato con un diverso sistema di rapporti istituzionali: vd., tra gli altri, Gauthier 2005; Vial 2005 e Coudry, Kirbihler 2010 (i quali ribadiscono il carattere «intrusivo» dell’autorità romana sin dal II secolo, ma propon-gono come momento netto di cesura istituzionale nelle città greche la riorganizzazione sillana dell’85/4, con conseguenze dirette sui documenti d’archivio).

6 La distinzione, tradizionale, fra città «libere» e «soggette» è da tempi recenti oggetto di riconsiderazione, anche in conseguenza di una valutazione attenta alle forme discorsive e do-cumentali del rapporto tra re e polis di turno: vd. p. es. Hatzopoulos 1997, 2003, spec. pp. 60 sgg.; 2003/4; Mari 2006, pp. 215 sgg. (per il regno macedonico); Ma 2003, 2004, pp. 111 sgg. (principalmente per quello seleucidico); Müller 2003, pp. 427 sgg. (per il rapporto tra il re per-gameno e la sua capitale); Sartre 2004 e Capdetrey 2007, spec. pp. 209 sgg. (per l’Asia Minore); cfr. anche Bertrand 1997, pp. 182 sgg.; O’Neil 2000; Debord 2003, pp. 301-302; Fernoux 2004, pp. 117, 165-166; Hamon 2009, pp. 371-373 e qui sotto.

7 Il principio della creazione di documenti complementari e concatenati, dell’articolazione delle pratiche archivistiche, della molteplicità funzionale e spaziale dei luoghi di produzione e/o di conservazione dei documenti è ormai riconosciuto nell’ambito degli studi sull’archivia-zione nel mondo antico: per l’applicazione di esso al mondo delle poleis vd. Boffo 2003, p. 15; Faraguna 2005, pp. 72 sgg.; 2006a, pp. 202-203; 2006b, pp. 61 sgg. Al principio in questione è naturalmente correlato quello della gerarchia funzionale dei diversi documenti, che ha portato a ulteriori definizioni utili per l’analisi del mondo greco: i «documenti primari / provvisori» a fronte dei «documenti secondari / definitivi» per il V.O. A. e i «documenti a vita breve» a fronte dei «documenti a vita lunga» per il mondo romano, intesi come rispettivamente quelli strumentali ad una prima, parziale registrazione di dati e quelli, in genere cumulativi, desti-nati alla conservazione nella (più) lunga durata (vd. rispettivamente Ferioli, Fiandra, Fissore 2000, p. 357 e Moreau 2000, p. 719). L’importanza del presupposto emerge con evidenza anche dall’insieme dei contributi di questo volume.

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a gestire dei grammata in funzione della propria più o meno lunga e più o meno intensa vita politica.

La comunicazione del re alle poleis, nella sua manifestazione scritta, si espri-meva in primo luogo in una serie di documenti recapitati a destinazione, qua-li «vettori del potere»8. Benché non se ne possa valutare il numero sulla base dell’attestazione epigrafica (che comunque riportava quasi esclusivamente i do-cumenti favorevoli alla polis che la disponeva), proprio il fatto che quest’ultima abbia incrementato negli ultimi decenni in maniera vistosa il numero delle let-tere reali induce a confermare l’idea dell’ampiezza del fenomeno e della necessità per le città di tenerne la gestione9. Con l’epistolografia si connetteva (anche per

8 La citazione da Savalli Lestrade, Cogitore 2010, Sez. II; sulle lettere come espressione del potere reale vd. anche Muir 2009, spec. pp. 90 sgg.; Virgilio 2010, spec. pp. 108-109; 2011, pp. 32 sgg. Singolare e significativa espressione del ruolo dello scritto del re nel sistema di relazione con la polis è il dossier epigrafico del 200 ca. riportato da Nisiro (IG XII 3, 91, lettera di Filippo V e decreto conseguente, ll. 1-8 e 9 sgg.): la concessione dell’uso delle leggi locali avveniva attra-verso la lettera con sigillo del re – gravmmata... kai; sfragi`da ta;n basilevw~ – «portata» (fevrwn, in senso proprio) dal polites intermediario incaricato di riferire oralmente la volontà del re (ll. 7-8: ejntevtalmai aujtw`i ajnaggei`lai uJmi`n a} hjboulovmhn uJma`~ eijdh`sai; cfr. ll. 15 e 19). Era lo stesso sfondo del rapporto tra Atene e Demetrio Poliorcete, illustrato al meglio dal decreto del 304/3 SEG 36, 163, proposto dal partigiano Stratocle di Diomea: uno dei sostenitori del re riceveva la politeia nelle forme istituzionali consuete dopo che il re aveva mandato a conoscere per iscritto quali erano stati i meriti della persona nei confronti proprî e della città (ll. 10 sgg.: peri; ou| oJ ba-sileu;~ ejpev[steilen] boulh`i kai; tw`i dhvmwi, ajpof[aivnwn...; cfr. IG II2 486, ll. 11-13; 587, ll. 4-5, con Habicht 2006, pp. 89, 425). I documenti non andavano naturalmente disgiunti dall’intensa attività di legazione reciproca e dal connesso scambio delle «carte» che caratterizzò l’epoca e rappresentò uno strumento fondamentale del «dialogo» tra poleis e autorità reale: significativi sono ad esempio il caso di Xanto, che nel 243/2 inviava a Tolemeo III una legazione con gramma-ta (l’accreditamento di dovere, il decreto civico da apodidonai) e una petizione aggiuntiva (peri; w|n hjxiou`te ta; uJpomnhvmata ejpevdwkan), riportandone – ejkovmisan – l’epistole di accoglimento (SEG 36, 1218, rispettivamente ll. 10, 18-19 e 4-5, con Bousquet 1986, pp. 27-29 e Wörrle 1988, p. 457, nt. 155) e, dall’iniziativa opposta, di Antioco III impegnato nelle trattative con Teo, il quale inviò alla polis una lettera di richiesta di una legazione con cui trattare e affidò ad essa di ritorno la lettera di esenzione fiscale, da illustrare al demos (SEG 41, 1003, I, ll. 29-36); una se-quenza più completa di documenti trasmessi indica il dossier epigrafico milesio del 262 ca. che riproduceva una lettera con cui Tolemeo II confermava i privilegi fiscali riconosciuti dal padre, «portata» (ejkovmisen) a Mileto da un legato del re, il probouleuma che ne aveva stabilito la let-tura e la discussione nell’ekklesia, il conseguente decreto onorario del demos, che a sua volta era stato inviato al re tramite legazione civica (Milet I 3, 139; cfr. Rhodes, Lewis 1997, pp. 378-379; Savalli-Lestrade 2003, pp. 22-23; Bencivenni 2010, pp. 161-162). Per una sintesi efficace della natura dei «documenti del potere» e sul loro effetto nelle città greche – per il regno seleucidico – vd. ad esempio Capdetrey 2007, pp. 340-341, 352.

9 Dall’opus classicum RC, del 1934 (1970) – peraltro riservato alla sola epistolografia epigrafica di diadochi ed epigoni rinvenuta in Asia e nelle isole prospicienti – alla raccolta che B. Virgilio cura in vista della pubblicazione di quella relativa all’Asia, il numero è salito da settantacinque a ca. quattrocentoquaranta attestazioni, dirette e indirette (Virgilio 2009, p. 401, con Virgilio 2010, pp. 118-119; 2011, p. 73; per una rassegna dell’epistolografia iscritta dei re di Macedonia, vd. Hatzopoulos 1996, II, B, con l’analisi in I, pp. 396-405, 411-414, 416-426; per un aggior-namento, vd. Hatzopoulos 2006, pp. 85-86, cfr. 87 sgg. e Tziafalias, Helly 2010, pp. 85 sgg.). Un caso di lettera reale incisa nella polis vincente è ad esempio rappresentato dalla missiva di

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ragioni formali) la pratica delle ordinanze circolari, i diagrammata, i quali rappre-sentarono un importante strumento d’«intrusione» della volontà del sovrano nella vita amministrativa e nel sistema documentario delle poleis10.

Nella forma con cui venivano indirizzati alla singola polis, o entravano nella sua amministrazione, gli scritti promananti dall’autorità regia passavano natu-ralmente nella sezione delle comunicazioni in entrata dell’archivio deputato alla conservazione degli atti ufficiali, configurandosi come nuovi crhmatismoiv11. Là essi venivano tenuti come documento di riferimento normativo – in conseguen-za dei quali decretare e «in conformità» ai quali (kata; + acc.) procedere – va-riamente associato a quello delle norme civiche che essi ingeneravano, per tutto il tempo che le circostanze storiche e la necessità pubblica avessero previsto12.

Lisimaco del 283 ca. che, in una delle controversie territoriali fra Samo e Priene, decideva a favo-re della prima: il documento ci è pervenuto attraverso l’epigrafia della città insulare (IG XII 6.1, 155) e non attraverso l’«archivio epigrafico» del tempio di Atena Poliade a Priene (che la dovette peraltro inserire in quello riposto, facendone gli opportuni riferimenti/estratti nei documenti relativi all’applicazione della decisione arbitrale; diverse lettere regie conservate dai Prienesi costituivano documento di riferimento per l’arbitrato rodio del 196-192, Magnetto 2008, p. 43, l. 171, con pp. 110, 177 e 180 e sotto); sulle motivazioni delle poleis per l’iscrizione delle missive regali, vd. Bencivenni 2010, spec. pp. 161 sgg. Vd. anche la nota seguente.

10 Su natura, storia, diffusione del diagramma reale come istituto giuridico, ancora una volta da ricondurre a Filippo II, si veda l’eccellente sintesi di Bencivenni 2003, pp. 18-32 e 90-93, 115-129, dove si considera anche il rapporto con la documentazione legislativa cittadina; vd. anche Mari 2006, pp. 211 sgg.; Maffi 2006, p. 310; Cassayre 2010, pp. 48 sgg.

11 Nel significato definito da Ph. Gauthier di documenti «donnant lieu à enregistrement» (BE 1995, 525, p. 526). Il medesimo messaggio poteva costituire naturalmente sostanza per la composizione da parte della cancelleria reale di una catena documentaria destinata a circui-to misto, più o meno coeva: per un’attestazione concreta, vd. la versione epigrafica del dossier relativo all’attribuzione di dorea ad Aristodicide di Asso, nella quale la lettera figurava insieme con (parte del)la sequenza di trasmissione dell’ordine ai funzionari interessati (I.Ilion 33 con Bencivenni 2004 e qui sotto); per l’insieme dei documenti reali connessi con una disposizione del re che riguardava un personaggio di una polis ma che prevedeva un circuito più ampio, reale e poleico, vd. RC 66, ll. 16-17, la lettera del 135 con cui Attalo III comunicava a Cizico gli onori da lui attribuiti al suo cittadino Ateneo accludendo kai; ta; loipa; prostavgmata kai; filavnqrwpa ta; grafevnta uJfVhJmw`n peri; touvtou (essa è pervenuta in una sequenza epigrafica della capitale del regno Pergamo, OGIS 331, composta del decreto cittadino di recezione di quanto richiesto dall’ultima lettera iscritta, di una lettera di Attalo II del 142 ad Ateneo stesso, della lettera di Attalo III a Cizico, della lettera di quest’ultimo re a Pergamo, di tre giorni precedente, che comu-nicava la decisione di rendere Zeus Sabazio synnaos di Atena Niceforo e Ateneo suo sacerdote, ordinando che le lettere-prostagmata fossero «riportate (fevresqai) tra le leggi sacre» della polis, ll. 59-60; vd. anche sotto).

12 Il volere del re passava, nella città, attraverso la deliberazione del demos: si vedano, ad esempio, l’ordine di Filippo V nella sua prima lettera a Larisa del 217, krivnw yhfivsasqai uJma`~ o{pw~... (Syll.3 543, l. 6; cfr. l. 14), oppure la lettera con cui Eumene I nel 263-241 esprime la vo-lontà che il demos pergameno onori i cinque strateghi usciti di carica e scrive ad esso o{pw~ ejn tw`i metaxu; crovnwi bouleusavmenoi timhvshte aujtouv~... (I.Pergamon 18 (OGIS 267), ll. 18-19; la lettera è alle ll. 1-20; il decreto alle ll. 21-39). Quanto al rimando congiunto alle norme reali e civiche cui rifarsi, tra i numerosi esempi si ricorderanno: il decreto di Ereso RO 83, B, ll. 16-19 (nel 332, i tiranni sono processati [kat]a; ta;n diagravfan t[w b]

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Esplicito, benché riferito a località retta da un governatore reale, è il caso di Egina, che nel 159-144 onorava l’epistates pergameno Cleone per l’equanimità con cui aveva svolto la sua attività giudiziaria: quando necessario egli aveva rimandato alle disposizioni legislative prese dai re, da un lato contenute nelle «ordinanze (reali) registrate nell’archivio cittadino» di pertinenza, dall’altro lato assorbi-te nelle leggi civiche (ejpi; ta;... nenomoqethmevna hJmi`n uJpo; tw[n ba]silevwn katav te ta; eij[~ to; dhm]o ke[c]rhmatismevna p[ros]tavgmata kai; tou;~ novmou~)13.

kai; toi;~ novmoi~, ovvero in conformità con le procedure indicate da Alessandro e secondo le leggi della città, cfr. G § VI, ll. 13-15 e 23-25); il decreto di Colofone SEG 48, 1404, ll. 21-24 (III sec., nel periodo in cui la città era sotto controllo di un sovrano), un regolamento del contenzioso fra politai e appaltatori delle tasse il quale prevedeva che le citazioni si effettuassero kata; to;n novmon e i processi kata; to; diavgramma tou basilevw~ (il documento peraltro probabilmente riguardava l’appalto delle tasse dovute al re: vd. Étienne, Migeotte 1998, p. 150 (= Migeotte 2010, pp. 382-383); Migeotte 2004, p. 224; Chandezon 2004, p. 142 e sotto); I.Iasos 82 (Tit.Cal., Test. XVI; SEG 44, 696), ll. 45-46 (nel decreto con cui Calimna, nell’orbita dei Lagidi, nel 250-225 ringraziava i giudici iasî per aver operato katav te to; diavgram[ma tou] basilevw~ kai; tou;~ novmou~; cfr. Cassayre 2010, p. 113, con Gauthier, BE, 1995, 449; Dössel 2003, p. 254; Bencivenni 2008, p. 189, nt. 9; Walser 2008, p. 271, nt. 241; in generale, per le forme d’intervento dei re ellenistici nelle crisi giudiziarie delle poleis e per le scritture che lo esprimevano, vd. Gauthier 1994, pp. 166 sgg. = Gauthier 2011, pp. 114 sgg., circa l’ejpistolav di Antigono Dosone a Caristo SEG 44, 710); IG XII 4, 1, 152, ll. 14-18 (il giuramento civico di Coi e Calimni uniti in homopoliteia, nel quale l’impegno è verso la democrazia vigente, l’accordo ripristinato kai; toi`~ novmoi~ toi`~ ejg Kw`i patrivoi~ uJpavrcousi kai; toi`~ dovgmasi ta`~ ejkklhsiva~ kai; tai`~ diagrafai`~ tai`~ uJpe;r ta`~ oJmopoliteiva~, secondo una sequenza che a ragione Bencivenni 2008, pp. 199, 201 sgg. propone di ricondurre alla compresenza della normativa locale e di documentazione ufficiale lagide relativa all’accordo); Le Guen, Associations, n. 47, III B, ll. 7-9, Aneziri, Vereine, pp. 387-391, D12 (nell’indicazione del re Eumene II, il tribunale congiunto di Teo e dei Technitai dionisiaci nel II sec. usava giurare di operare [kata; tou;~] novmou~ kai; ta;~ ejpistola;~ t[w`m basilevwg kai; ta;] yhfivsmata tou dhvmou; sull’ingerenza del re nell’attività istituzionale della città vd. Le Guen, Associations, pp. 248 sgg. e Cassayre 2010, pp. 66-67; l’idea di Aneziri, Vereine, p. 100, nt. 450 che «die Reihenfolge entspricht hier dem Wert der aufgezählten Begriffe» non è seguita dall’ap-prezzamento dell’intrusione del volere reale nei dispositivi decisionali civici). I riferimenti alla sequenza lettera/e del re-decreto/i fatti nel dossier di Larisa (217-215), sia dalla polis (l. 47, cfr. ll. 17-18 e 52) sia dal re (ll. 26-27), nella forma attengono all’ordine procedurale di decisione. Anche a questo sistema di relazione si rifaceva il detto attribuito ad Antioco III secondo cui le poleis non dovevano tener conto dei suoi scritti quando questi ordinavano qualcosa «contro i [loro] nomoi» (a[n ti gravyh/ para; tou;~ novmou~ keleuvwn genevsqai, Plut. Mor. 183 F, su cui vd. Virgilio 2011, pp. 28-29). Per un tentativo di ricostruzione della posizione concreta delle ordinanze reali negli archivi cittadini si rimanda al volume in preparazione.

13 IG IV 2 2, 749, ll. 14-15 (ancora citato come OGIS 329; cfr. SEG 45, 233 e Virgilio 2011, p. 51, nt. 110). L’interrogativo di Savalli-Lestrade 1996, p. 156, nt. 25 circa la natura dei nomoi richiama-ti, suscitato dalla formulazione complessiva del passo e dalla condizione dell’isola di possesso personale degli Attalidi (dal 209), sembra risolto comunque dal confronto con i nessi espliciti attestati nei documenti citati nella nota precedente: anche se pesantemente condizionati dal controllo o dall’imposizione reale, i nomoi si configuravano come il versante civico del com-plesso giuridico di riferimento in Egina (fondamentale a riguardo è Gauthier 1993, pp. 44 sg., 48; vd. anche Savalli-Lestrade 2001, p. 90 e K. Hallof, IG, ad loc.). La polis del resto doveva anche incamerare altri documenti reali, dal momento che, nelle sue condizioni di controllata, doveva sottoporre al re i decreti che riguardavano i suoi agenti, per la convalida: se per Egina si conserva solo il dispositivo del decreto al riguardo (ll. 51-53), per la pisidica Olbasa si conserva

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Ad entrambe le categorie, oltre che all’insieme dei documenti contabili connessi, si rifacevano evidentemente i «documenti» (uJpomnhvmata) esibiti dagli amba-sciatori di Eraclea al Latmo incaricati dopo il 196 di richiedere ad Antioco III la conferma di un articolato insieme di privilegi fiscali concessi «dai re» preceden-ti14. Né è il caso di insistere sull’insieme dei chrematismoi contenuti negli archivi della città caria di Milasa (da gran tempo grecizzata), ricorrentemente impegnata con i sovrani di tre dinastie e i loro funzionarî a sostenere le proprie competenze amministrative e fiscali sul centro religioso di Labraunda e perciò sollecita nel conservare le lettere (redatte tra il 280 ca. e il dicembre 219) utili ad accompa-gnare la documentazione amministrativa interna e a suffragare la legittimità dei proprî argomenti15. E particolarmente indicativa (anche della tipologia dei docu-menti di garanzia che le poleis ellenistiche archiviavano) era la notizia che, dopo il 305, un fiduciario di Tolemeo I riportava in una lettera a Iaso: egli era stato rag-giunto da ambasciatori della città che «recavano le vostre petizioni accolte da noi nelle quali era (riconosciuto) che la città era libera, autonoma e alleata» (fevronte~ ta; parVuJmw`n ajxiwvmata ejn o[i|~] h\n th;n povlin [ejleuqevran kai;] aujtovnomon ei\nai kai; ejn summacivai)16.

Che del resto il rapporto tra l’autorità regale e l’amministrazione di una po-lis trovasse uno degli aspetti qualificanti nella corretta gestione dei documenti inviati e ingenerati appare dal regolamento del piccolo centro cario di Filippi-

di seguito a uno dei due decreti interessati la lettera di Attalo II di convalida (Virgilio, LDP2, n. 34, con SEG 47, 1759 e Savalli-Lestrade 2001, p. 89).

14 SEG 37, 859, C, ll. 12-13; il termine hypomnemata può richiamare sia documenti «origina-li» sia memoranda confezionati su e con essi per la contingenza (Montanari 1998, 813); nel contesto, sembra da preferire la prima opzione, già proposta, con cautela, da Wörrle 1988, p. 457, nt. 155 («vielleicht eher Akten aus dem städtischen Archiv», nella traduzione i «dos-siers» ripresi da Savalli-Lestrade 2003, pp. 32-33, nt. 70 e Ma 2004, pp. 153, 391); per la se-conda, cfr. Chankowski (A.S.) 2009, p. 102: «mémoirs fondés sans doute sur l’analyse de documents d’archives». Sulle vicende storiche di Eraclea, che non ebbe forse mai prima un controllo seleucide, vd. Wörrle 1988, pp. 433 sgg.; Ma 2004, pp. 53, 59, 61, 65, 89, 149, 263, nt. 63; Chankowski (A.S.) 2009, pp. 101-102; sulla complessa situazione amministrativa del centro sotto il controllo seleucide e sulla documentazione correlata vd. sotto.

15 Per il dossier epigrafico, che menziona o riporta le lettere/ i grammata in possesso della città inviati dal funzionario Sofrone, di Tolemeo figlio di Tolemeo II, del dinasta Olimpico (quattro epistole a Milasa e una a Seleuco II, inviata per conoscenza alla polis), oltre che due lettere di Seleuco II (a Olimpico) e due di Filippo V (a Milasa e a Olimpico) e il giuramento di quest’ulti-mo a favore della città, vd. Virgilio, LDP2, nn. 20-25, con le pp. 170-184 (cfr. Virgilio 2001); per un’analisi accurata della documentazione prodotta dall’intera vicenda vd. Bencivenni 2003, pp. 247-298, n. 9; per una recente illustrazione dei manufatti iscritti, indispensabile per la com-prensione delle vicende dell’archivio, vd. Isager 2011, pp. 206 sgg. e sotto, con nt. 73.

16 I.Iasos 3, ll. 2-3. Appare chiaro il riferimento all’aspetto concreto del «portare» la documen-tazione utile (per il fevrein, vd. sopra, nt. 8). In questo caso si trattava degli ajxiwvmata, le doman-de scritte di concessione dello statuto indicato rivolte qualche anno prima a Tolemeo, le quali erano state accolte ed erano divenute di conseguenza documenti di prova (così giustamente Savalli-Lestrade 2003, pp. 32-33, nt. 70). Sulle vicende di Iaso sotto la signoria lagide, vd. da ultimo Vacante 2008, pp. 524 sgg.; vd. anche sotto.

208

Euromo, conseguente all’“alleanza” stretta con Antioco III nell’agosto-settembre del 19717. «Tutto quel che concerne i documenti ufficiali» (ta; kata; tou;~ crhma-tismouv~) diventava pertinenza della nuova, o rinnovata, magistratura principale dei prostatai del demos (ll. 10-11), mentre la redazione e la spedizione delle lettere ufficiali (gravmmata) che dovevano transitare formalmente dall’ufficio loro o da quello dell’altra nuova arche dei kosmoi incaricati della sicurezza dello stato (dia; tw`n ajrceivwn touvtwn) venivano sottoposte al controllo reciproco (ll. 12-15)18.

Negli archivi poleici gli effetti del rapporto con i re si manifestavano oltre che con l’entrata e la conservazione dei messaggi esterni e della risposta diretta ad essi anche con la presenza delle più o meno numerose e articolate catene docu-mentarie generate dai diversi provvedimenti e statuti giuridici, economici, fisca-li imposti o negoziati e dalle loro conseguenze amministrative.

Ormai saldamente attestata (e non solo per i periodi e per le località di più di-retta sottoposizione ai sovrani) è la possibilità della compresenza nella polis degli obblighi fiscali «interni» verso il tesoro civico, il politikon, e di altri verso quello del re, il basilikon, nelle diverse categorie e forme richieste dalle circostanze19. Vie-

17 Cfr. Ma 2004, pp. 385-387, n. 30 (come «decreto costituzionale»; la traduzione omette la precisazione amministrativa menzionata nel testo, che figurava, come «by these magistrates» in Ma 2002, p. 340); vd. anche, da altra prospettiva, Savalli-Lestrade 2010b, pp. 138-140, con il testo alle pp. 147-148 e con la corretta lettura dell’espressione: «par l’intermédiaire de ces ma-gistrats» (p. 148), risalente a Gauthier, BE, 1995, 525, p. 526. Il condizionamento da parte del re appare dal tenore del documento, benché la polis, pur sempre libera, avesse tentato qualche bilanciamento (vd. Ma 2004, pp. 121-122; Dmitriev 2005, pp. 210-211; Capdetrey 2007, pp. 215, 300-301, 378-379, 435; Fabiani 2010, p. 475; più critica appare Savalli-Lestrade 2010b, p. 140, che indaga soprattutto l’origine della magistratura «cretese» nella città caria); merita in ogni caso attenzione il rilievo che Virgilio 2010, pp. 104-105 (cfr. Virgilio 2011, pp. 27-28) pone sull’attenzione di Antioco III per le relazioni epistolari con le città. L’alleanza (Ma 2004, pp. 384-385, n. 29) era datata con l’anno di regno e il mese macedone (ll. 1-2; per il significato delle date reali nei documenti civici vd. sotto).

18 Le lettere dovevano essere redatte alla presenza dei due collegi (ll. 13-14) e non potevano essere inviate all’insaputa l’uno dell’altro (l. 15): giustamente Dmitriev 2005, p, 294 rileva insie-me l’interesse del re alla soluzione amministrativa adottata e il controllo pur sempre esercitato dalla città sul proprio funzionamento; sulla medesima linea si pone Savalli-Lestrade 2010b, p. 139, la quale peraltro insiste sulle dinamiche politiche interne della polis e sul tentativo di porre fine all’uso di lettere segrete destinate ai sovrani operanti nella regione (il testo impone tuttavia l’obbligo solo per le lettere che dovevano «passare» per gli organi interessati, non per tutte le lettere); sulla vicenda, vd. anche Virgilio 2011, p. 39, con nt. 74. Sulla carica dei prostatai nelle città carie e sul loro rapporto con l’archiviazione, cfr. Fabiani 2010, pp. 472-476 e sotto, con nt. 50 (per il rapporto dell’ajrceion to; prostatikovn iaseo di SEG 51, 1506, ll. 8-9 con la conservazio-ne dei documenti di pertinenza dei prostatai, in un contesto topografico e funzionale peraltro da precisare, vd. Fabiani 2001, pp. 95 sgg.; Haensch 2003, p. 192; Fabiani 2010, p. 475, con C. Brixhe, BE, 2002, 388). Sul senso dell’espressione dia; twn ajrceivwn, come riferita «auf eine aktive Mitwirkung der Behörde», vd. anche il contributo di K. Harter-Uibopuu in questo volume.

19 Per la distinzione tra le due casse, vd. ad esempio I.Mylasa 201 (III sec.), dove si precisava che i locatarî dei diversi tipi di terreno dovevano pagare [kai; ta;] prospivptonta ejk tou ba-silikou h] [poli]tikou (ll. 8-9; cfr. l. 11; un decreto dello stesso periodo indicava che la polis relativamente alle tasse sulla persona poteva concedere l’ateleia solo w|n hJ povli~ kuriva ejstivn,

209la ‘presenza’ dei re negli archivi delle poleis ellenistiche

ne facile immaginare la necessità per la polis di tenere accurata registrazione di quanto era dovuto alla cassa reale, ai fini della trasmissione del relativo rendicon-to annuale ai funzionari del re competenti e a testimonianza della propria lealtà contributiva, oltre che, nel caso opportuno, dell’attestazione di una situazione gravosa da alleviare o di una favorevole da confermare da parte del sovrano o fun-zionario di turno, oppure anche solo della documentazione dei limiti topografici delle aree considerate imponibili dalle rispettive amministrazioni (ed è facile immaginare che l’interesse alla corretta tenuta delle scritture era reciproco)20.

Alle carte del sistema amministrativo delle città, la dioikesis, si erano aggiunte nuove categorie documentali, la cui «regolarità» doveva essere assai più ampia di quanto lascino intravvedere le fonti o considerino gli studiosi che si sono oc-cupati dei vari aspetti e dei vari momenti della relazione fiscale tra poleis e so-vrani. Significativo della molteplicità della documentazione necessaria per un

I.Mylasa 104, ll. 8-9; sul tipo di tassazione, imposizioni regolari od occasionali destinate o all’u-na o all’altra cassa, vd. Gauthier 1991); gli Iasî di Caria, nel 305/4 impegnati nelle già ricordate trattative con Tolemeo I, facevano dichiarare ai loro ambasciatori – presumibilmente con pez-ze d’appoggio – che, se da un lato essi pagavano la syntaxis per la propria difesa al re, dall’altro tw`n de; limevnwn kai; tw`n loipw`n prosovdwn... kurivou~ ei\nai (I.Iasos 3, ll. 5-6, cfr. 13-14, 24-25; vd. Migeotte 2005a, pp. 197-198, e, per la medesima situazione lungo il III secolo, I.Iasos 37, 38, 45, 54; SEG 57, 1069, 1070, 1084). Per una rassegna di casi di pagamento di tributi varî ai re delle di-verse dinastie da parte delle poleis d’Asia Minore, vd. Migeotte 2004, pp. 214 sgg. (per il decreto milaseo citato, l’unico fra quelli esaminati che non appartiene a documento di esenzione, vd. p. 215); vd. anche (per il regno seleucidico) Chandezon 2004; Martinez-Sève 2004; Capdetrey 2007, pp. 398 sgg. (con la ricognizione delle attestazioni letterarie ed epigrafiche, pp. 398-407); Schuler 2007, pp. 384-401 (per l’Asia Minore, con la conclusione della «Invasion des königli-chen Fiskus in die öffentlichen Finanzen der Poleis», p. 401, cfr. p. 399). Vd. anche quanto segue.

20 Sulle conseguenze documentali della situazione, cfr. Martinez-Sève 2004, p. 94 (per il re-gno seleucidico): «la cité devait tenir une comptabilité précise et détaillée des prélèvements effectués chez elle pour pouvoir rendre des comptes à l’administration royale» e già Corsaro 1985, quando rilevava il rapporto fra gli obblighi fiscali delle poleis nei confronti dei sovrani e le pratiche di archiviazione (p. 92). Si dà qui per acquisito (con Chandezon 2004, pp. 140-141) che la riscossione delle tasse dovute al basilikon fosse di competenza della polis e non dei funzionarî reali responsabili per l’area, per quanto evidentemente essi fossero implicati nell’operazione di ricevimento delle quote e dei loro documenti; era la città che si incaricava di conferire all’am-ministrazione reale il dovuto: cfr., per l’imposta collettiva, Étienne, Migeotte 1998, p. 155 (= Migeotte 2010, p. 388); Ma 2004, p. 97; Migeotte 2004, pp. 221 sgg.; 2005a, p. 196, nt. 22 (for-se troppo cauto sul ritmo annuale di raccolta), e, per la tendenza tolemaica nei territorî d’oltre-mare «to act through the cities», Bagnall 1976, p. 242 (in parziale contraddizione con p. 110, a proposito della Licia, come giustamente rilevato da Wörrle 2010, p. 390, nt. 154; ciò non toglie la presenza di istituti reali anche all’interno delle poleis, come attestano il ejn JAlikarnassw`i gazofuvlax di PCZ 59036, l. 4, del 257, o i logeuthvria delle città licie indicati nel prostagma del 277/6 o 239/8 Wörrle 2010, p. 361, l. 12, con pp. 376 sgg., «Finanzkasse»). Anche per l’ambito attalide, se la vicenda del contenzioso tra la città di Metropolis di Ionia e gli appaltatori dei dazî sul porto del Caistro può essere indicativa (ed è intesa correttamente), la riscossione di versamenti per il re avveniva tramite il sistema civico (SEG 53, 1312 B, del 144/3, ll. 18 sgg., con Dreyer, in I.Metropolis, pp. 52 sgg., che pensa ad appaltatori locali, la cui attività «wurde von einem städtischen Magistraten täglich begleitet und kontrolliert», e Jones (C.P.) 2004, p. 477, con un meno convincente «probably royal»; vd. anche sotto, nt. 23).

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versamento al re può essere quanto emerge dai lacerti di un documento di esen-zione per una polis a noi sconosciuta fra III e II secolo, esonerata per sette anni dal pagamento al basilikon dei phoroi, e richiesta di provvedere a contribuire dall’ot-tavo una somma derivante «da tutte le rendite prodotte ogni anno» ([ejk] pasw`n tw`n gignomevnwn prosovdwn pa[rVe{kaston] ejniautovn): ogni anno produceva nella città registrazioni specifiche delle singole prosodoi, sulle quali operava l’ammini-strazione civica per la fiscalità interna e sulle quali si computavano le quote da riversare al titolo richiesto della cassa reale e, di conseguenza, nella scrittura cu-mulativa ad essa riferita tenuta nella sezione dei documenti fiscali della città, alla voce tributaria in oggetto (il tutto da consegnare in duplicato al funzionario reale responsabile, con eventuali allegati, insieme alla somma di denaro)21. Non sor-prende che a Eritre, nel III secolo, fossero distinte le categorie di versamento inti-tolate «alla difesa della città, alla rimanente amministrazione e agli utili per il re» (ei[~ te th;n fulakh;n th`~ povlew~ kai; th;n a[llhn dioivkhsin kai; eij~ ta; tw`i basilei sumfevronta), dove l’ultima espressione cumulativa può rappresentare, in paral-lelo a quelle tradizionali della polis, il titolo amministrativo generale che nella città ionica era riferito alla gestione e registrazione complessiva di quanto Eritre doveva pagare al re sotto varie voci22.

Gravata da un’imposizione fiscale e finanziaria estremamente articolata su voci tradizionali e nuove, la città si trovava dunque a dover fare i conti con li-nee di documentazione e di registrazione aggiuntive ed “estranee”, che entrava-no negli ambiti d’archivio riservati ai vari tipi di imposte e tasse con le proprie catene documentarie (intitolate al basilikon invece che al politikon), quando non si integravano con le serie di informazioni raccolte dalla polis ai fini fiscali o di contabilità proprî (con doppia intitolazione, e con tutte le trascrizioni richieste dal passaggio tra l’una e l’altra categoria)23.

21 Ma 2004, pp. 403-404, n. 36, ll. 14-18, per una località non identificata (cfr. ivi, p. 97 e Capde-trey 2007, pp. 200, 406, 421; a motivo dell’esiguità della somma, Migeotte 2004, p. 222 ritiene improbabile che si trattasse dell’imposta collettiva). La tipologia della registrazione finale di trasmissione poteva essere dettata dalle esigenze e dalle forme dell’amministrazione reale rice-vente.

22 I.Erythrai 28, ll. 29-31 (ca. 270), con la cauta considerazione ad locum per la terza voce «Dies könnte eine Art von Steuer gewesen sein» (p. 115); per il riferimento all’insieme dei contri-buti richiesti cfr. Bielman 1994, p. 85, con nt. 23 (la ripresa da Rostovzev 1966, p. 552 merita attenzione, se non per la traduzione «alcuni pagamenti graditi al re, di cui promuovevano gli interessi», per la corretta conclusione che «ta; s. è, naturalmente, un termine tecnico», nt. 551) e I.Erythrai 31, la lettera con cui circa un decennio dopo Antioco I o II concedeva che gli Eritrei ajforologhvtou~ ei|nai... tw`n te a[llwn aJpavntwn kai; tw`n eij~ ta; Galatika; sunagomevnwn (RC 15, ll. 26-28, cfr. Capdetrey 2007, p. 404, con Schuler 2007, p. 390, «ein… Blündel verschiedener Abgabe»). Sulla fulakh; th`~ povlew~ come categoria speciale di documentazione di molte città ellenistiche, vd. Boffo 2011b. Ai fondi per la phylake potevano contribuire, oltre che cittadini benefattori, come nel caso di Eritre, anche dinasti (per il caso di Filetero, e per la registrazione al riguardo, vd. qui sotto).

23 Per l’immagine dell’«estraneità» cfr. Ma 2004, p. 114 (a proposito dell’«intrusione» nelle poleis delle tasse a beneficio dei re, le quali generavano una «fiscalité parallèle à l’intérieur de

211la ‘presenza’ dei re negli archivi delle poleis ellenistiche

L’obbligo della registrazione valeva naturalmente anche per l’opposto all’im-pegno fiscale, l’esenzione concessa dal re, per periodi più o meno lunghi (compu-tabili in annualità), su categorie di contributi o persone amministrativamente pertinenti alla città24. Se per il primo caso l’impegno della polis poteva limitarsi alla registrazione dell’esonero per la o le annualità del caso nelle diverse catego-

la cité, mais sur laquelle elle n’avait aucune autorité et qui bénéficiait à un corps qui lui était étranger»). Quanto all’articolazione della fiscalità regale nelle poleis – che fosse o meno un’avo-cazione di tributi pre-esistenti – vd. ad esempio la casistica di Eraclea al Latmo (sottoposta ai Lagidi, poi a Filippo V e ad Antioco III), sui terreni, prodotti, animali, transiti, attività portuale, importazioni (SEG 37, 859, del 196-193, B II, ll. 15-16; III, ll. 2-9; cfr. Wörrle 1988, pp. 458 sgg.; Ma 2004, pp. 98, 125, 149, 153, 175, 245, 263, nt. 63, 276, nt. 21, 387-394, n. 31; Migeotte 2004, pp. 216-219), oppure quella di Telmesso di Licia, sotto controllo lagide dal 279 (almeno, cfr. SEG 28, 1244), su alberi da frutto e su voci non specificate, su altri prodotti del suolo, sul cereale, sul pascolo (OGIS 55, ll. 13-21, con Bagnall 1976, pp. 89-102; Wörrle 1978, 1979; Domingo Gygax 2001, pp. 143-150, 167 sgg., 183 sgg.; Chandezon 2003, pp. 257-258; Migeotte 2003, pp. 306-308; 2005a, p. 197 con nt. 30; il titolare della città come dorea, Tolemeo figlio di Lisimaco, nel 240 aveva provveduto ad alcune esenzioni, ma la polis doveva pur sempre al re una decima dei prodotti agricoli), della già ricordata Metropolis di Ionia (città sotto controllo attalide), sui tran-siti del porto del Caistro fino all’esenzione concessa da un sovrano (SEG 53, 1312, B, ll. 18 sgg., con Dreyer, in I.Metropolis, pp. 52 sgg.; Jones (C.P.) 2004, p. 477; Virgilio 2007, pp. 72-73; sulla restante fiscalità, cfr. Dreyer, pp. 50, 54, nt. 211) e, nella Macedonia antigonide, sulle transazioni commerciali legate alle kteseis dei singoli nelle città (Hatzopoulos 1996, II, n. 20, ll. 24 sgg., con BE, 2007, 373, p. 700) e in generale sugli oikoi (le leitourgiai menzionate in Hatzopoulos 1996, II, n. 39, l. 12 e sotto, nt. 26). Per una fonte di reddito particolare, collegata all’iniziativa dei re specialmente nelle città di più stretto controllo, Sardi fornisce l’esempio della presen-za di ergasteria di costruzione e proprietà seleucidi, sui quali il basilikon esigeva l’affitto (SEG 39, 1285, ll. 8-10, ei[per kai; aiJ a[llai povlei~ mh; pravssontai; la formulazione della lettera reale lascia intendere che la presenza di beni del re in locazione alle città in questione non era un caso eccezionale; vd. Gauthier 1989, pp. 105 sgg.; Ma 2004, pp. 49, 97, 283, nt. 91). Le distinzio-ni delle linee documentali venivano probabilmente meno nel caso in cui venissero dichiarati imponibili dei beni già soggetti al fisco cittadino («ce genre de situation était peut-être plus courant que les sources ne le laissent entendre», secondo Migeotte 2004, p. 223, a proposito di th`~ prosepiblhqeivsh~ eijkosth`~ ejpi; th;n politikhvn, imposta, per breve tempo, da Antioco III a Sardi nel 214/3, SEG 39, 1283, ll. 5-6, con Gauthier 1989, pp. 33 sgg.; Domingo Gygax 2001, p. 198; Ma 2004, pp. 48-49, 98; Aperghis 2004, p. 165; contrarî all’idea di una doppia tassazione sulla stessa fonte di reddito sono invece Chandezon 2003, p. 330; 2004, p. 140; Martinez-Sève 2004, pp. 94-95). Altre forme di integrazione e di circolazione interna di documenti contabili si verificavano quando la città si vedeva restituito per certi scopi l’importo di tasse precedente-mente devolute al re (ad esempio per l’acquisto di olio per il ginnasio: cfr. SEG 39, 1285, ll. 3-6, con Capdetrey 2007, pp. 424-425, a Sardi, a costituire un fondo speciale (uJpokeivmenon); SEG 37, 859, A, ll. 10-11, con Gauthier, BE, 1989, 277, p. 404, a Eraclea al Latmo, il limen civico, cfr. Wörrle 1988, p. 462), oppure quando si trovava ad agire come «agente contabile» del basilikon (come appare dal dispositivo di provvigione per i soldati di guarnigione di Palaimagnesia neo-politai di Smirna, per i quali il demos doveva pronoh`sai... o{pw~ aujtoi`~ didw`tai ejk basilikou tav te metrhvmata kai; ta; ojywvnia ta\lla o{sa eijwvqei ejk basilikou divdosqai aujtoi`~, I.Smyrna 573, III, ll. 106-107, con Bertrand 2005, pp. 43-45, o, come sembra ipotizzabile per il pagamento delle guarnigioni reali in loco, attraverso una quota di quanto dovuto al sovrano, Couvenhes 2004, p. 93, nt. 86).

24 Le annualità erano quelle del computo amministrativo centrale, cui il calendario cittadino si sarà dovuto adeguare: vd. anche quanto segue.

212

rie di documento interessate dai momenti e dalle fasi di raccolta, per il secondo la cura delle scritture doveva farsi più capillare, comprendendo non solo liste di nomi aggiornate e distribuite ai vari “uffici” interessati, ma anche cancellazioni nelle catene documentarie che li riguardavano. Benché inserita in un contesto organizzativo particolare, indicativa di una situazione documentale complessa è la «lettera-proclamazione» con cui Antigono Dosone nell’estate del 222 comu-nicava a Berea che aveva concesso l’ajtevleia politikw`n [r]giw`n, l’esenzio-ne dalle prestazioni personali, ai sessanta comandanti delle truppe cittadine che avevano combattuto con lui nel Peloponneso25. La lista di nomi allegata, oltre che essere fissata sulla pietra con il messaggio del re, era entrata nel circuito delle registrazioni civiche (da quella generale degli ateleis a quelle relative alle diverse liturgie) e delle sue relazioni con l’archivio del distretto militare regionale di Bot-tia cui la città apparteneva e che riceveva per conoscenza26.

Una situazione articolata di documentazione indotta – nel positivo di un incremento delle prosodoi e nel negativo della necessità di rendicontare ad altri – produceva anche l’intervento del re sull’estensione del territorio di una polis e sulla sua amministrazione economica e fiscale, mediato dalla concessione di terreno extra-poleico a un beneficiario e dalla contestuale «attribuzione» (pro-sfevresqai/prosorivzein) dell’area alla città27. Una parte almeno dei tributi che

25 I.Beroia 4, ll. 5-8 (la data in Tziafalias, Helly 2010, p. 108). La citazione è da Hatzopoulos 2001b, p. 51, nt. 31; per il provvedimento vd. anche Hatzopoulos 1996, I, pp. 438-439, 453-454 e, per il documento in questione, Hatzopoulos 2001a, p. 121; Faraguna 2006c, p. 125; Mari 2006, p. 219. Per il rapporto fra la monarchia di Macedonia e le città al suo interno, storiche e inglobate nel corso del tempo, considerato precisamente nella prospettiva di «forma e contenuto dei do-cumenti ufficiali» a partire dal regno di Filippo II, vd. Hatzopoulos 1996, 1997, 2003, 2003/4, 2006 con Mari 1999, 2006: la conclusione che i centri ebbero struttura e dignità poleica carat-terizza diversamente l’«intrusione» da parte del sovrano, ma naturalmente non l’elimina (cfr. Hatzopoulos 1996, I, p. 439: benché le liturgie in questione «are due within a civic framework, the ultimate beneficiary is the central authority»). Vd. anche nt. seguente.

26 Il re aveva inviato messaggio e lista anche ai responsabili del distretto (ll. 8-9); il medesimo procedere si ritrova l’anno seguente, quando il re scrive al koinon dei Tripolitai e a un personag-gio identificabile nello stratego di esso, per informare dell’esenzione concessa a tre hetairoi e ad almeno cinque hegemones di una delle città membro, i quali avevano combattuto a Sellasia (Hatzopoulos 2006, p. 48; Tziafalias, Helly 2010, pp. 104 sgg., n. IV). Una situazione riferita a un solo personaggio, cittadino di Azoros, attesta un’altra lettera del re allo stratego (proba-bilmente) e a un imprecisabile «intermediario», mediante la quale si tutelano i diritti di un minorenne rimasto orfano di padre e si prescrive che a lui aiJ dwreai;... menevtwsan a}~ provteron ei\cen parV hJmw`n... kai; oJ oi\ko~ ajtelh;~ e[stw e{w~ a]n eij~ hJlikivan e[lqh/ (Tziafalias, Helly 2010, pp. 94 sgg., n. III, marzo 221, ll. 24-28; sul caso vd. anche sotto).

27 Per una discussione sui principî giuridici e sui caratteri del provvedimento reale nel siste-ma ellenistico di sfruttamento e gestione dei territorî, vd. Bencivenni 2004, pp. 167 sgg. Il fatto che la pratica sinora sia attestata in due casi nel regno seleucidico (ai tempi di Antioco I e II) nul-la toglie al suo significato d’indicatore delle linee generali di un rapporto (anche a prescindere dall’interrogativo se il conferimento alle città fosse obbligato o meno); inoltre, il tenore delle disposizioni dettate a Ilio dal funzionario reale coinvolto nelle operazioni di assegnazione ad Aristodicide di Asso sembra riflettere un contesto amministrativo non ignoto (Virgilio, LDP2, n. 18, p. 265, ll. 13-15 e, per una forse eccessiva convinzione della «fréquence du rattachement aux

213la ‘presenza’ dei re negli archivi delle poleis ellenistiche

quei distretti sino ad allora avevano dovuto al re – direttamente o per tramite di altri concessionarî – doveva continuare ad affluire al basilikon (a meno di specifi-ca esenzione fiscale), mentre al beneficiario dovevano toccare tutte o gran parte delle rendite pertinenti: alla polis e alla sua amministrazione, una volta concorda-ti con il conferente il principio, le modalità, le percentuali per il servizio, doveva-no toccare le operazioni di riscossione e inoltro per il conto del re (se richiesto) e del concessionario, con i guadagni comportati dalla mediazione e dalle ricadute fiscali dall’area che rientrava nei suoi confini, per quanto limitate dalle esenzioni riservate al conferente28. Oltre alla corrispondenza che si sviluppava nelle diverse fasi dell’operazione e che vedeva coinvolti diversi gradi dell’amministrazione re-ale (e, almeno in uno dei casi attestati, probabilmente dell’interessato), oltre alla definizione catastale dell’area entrata a far parte della chora, oltre alla consueta decretazione civica connessa, dunque, negli archivi cittadini dedicati entravano linee o voci parallele e poi consecutive di documentazione, riconducibili ai diver-si ambiti della fiscalità e della sua gestione, interna e di relazione con altre entità, comprese le varie esenzioni29.

cités grecques de la côte égéenne de domaines concédés aux fidèles ou aux familiers du pouvoir royal séleucide», Capdetrey 2007, p. 151, seguito da Thonemann 2009, p. 375; 2011, p. 248). Vd. anche nt. 29.

28 Che la polis ne traesse vantaggio è esplicitato dalla «gara» per essere scelta dal beneficiario attestata dalla lettera del funzionario seleucide coinvolto dal donativo di Antioco I ad Aristodi-cide (Virgilio, LDP2, n. 18, p. 265, ll. 5-8); che il vantaggio rientrasse nella categoria delle proso-doi appare facile dedurre (vd. ad esempio Musti 1977, pp. 240-241; Gauthier 1980, p. 46; cfr. Sartre 2004, p. 168, nt. 15; Bencivenni 2004, pp. 177 sgg.; Thonemann 2009, p. 375; 2011, p. 248; all’incremento della disponibilità di prodotti agricoli pensa Aperghis 2004, pp. 105-106). Quanto agli altri interlocutori, il re otteneva di dimostrare la sua evergesia a philos, o familiare, e città (in una scelta che poteva essere orientata), senza probabilmente perdere troppo delle sue rendite (incrementandole in caso di mantenimento di un phoros civico proporzionale alla chora, o, nell’eventualità di aphorologesia, salvaguardandole attraverso (gli) altri tele) e affidando la ge-stione del territorio a enti interessati allo sfruttamento e incaricati della sua gestione fiscale; il beneficiato godeva comunque della titolarità di un bene che gli produceva delle entrate, al netto dell’eventuale contribuzione da conservare, direttamente o indirettamente, per il re e di quanto doveva versare alla città (dopo adeguate trattative): è anche in questa prospettiva che si deve valutare la condizione giuridica e fiscale del terreno inglobato nella chora di Gambreion che nel 326/5 o 325/4 il titolare Krateuas dava (in tutto o in parte) in affitto, specificando la produttività dell’area coltivabile (e dunque la sua imponibilità proporzionale per chi fosse titolato al prelie-vo) e il fatto che il kepos annesso doveva un phoros annuo (al re, nella persuasiva interpretazione di Thonemann 2009, spec. pp. 375 sgg., che non considera peraltro l’aspetto che qui si rileva). In generale, vd. Chandezon 2004; Aperghis 2004, pp. 106-107; Capdetrey 2007, pp. 149-153; cfr. Corsaro 1985, p. 88.

29 Per quel che riguarda il re, l’unico caso di comunicazione diretta attestato sinora, in un contesto differente, è quello di un sovrano a una città caria, nel III sec., il quale gevgrafen th`i boulh`i kai; tw`i dhvmwi o{ti pros[o]rivzei th`i povlei to;n tw`n Calkhtorevwn dh`mon, allo scopo di creare una sympoliteia (I.Mylasa 913, ll. 2-4: vd. Reger 2004, pp. 153-154); per l’insieme della cor-rispondenza relativa a un’operazione di prosorizein interna all’amministrazione reale, trasmes-so alla città mediante lettera di accompagnamento del responsabile di essa, è esemplare il già citato dossier relativo ad Aristodicide, con le sue tre lettere di Antioco I allo stratego Meleagro;

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Il ventaglio delle catene documentarie indotte non si limitava alla fiscalità. Appare ovvia la produzione documentale collegata con le multiformi manifesta-zioni di onoranza che le città, più o meno spontaneamente e frequentemente, riservavano ai sovrani, in loco o nei centri sede delle grandi feste dinastiche, dal decreto che di volta in volta dava inizio alle procedure e dalle lettere di comunica-zione alle varie registrazioni contabili derivate, gli elenchi, gli estratti documen-tali... È sufficiente considerare nella prospettiva che qui si rileva una serie di dati contenuti in documenti ufficiali.

A Teo, nel 203 ca., il denaro per la fabbrica e la dedica dell’agalma per Antioco III doveva essere fornito dai tamiai cittadini ejk tw`n timw`n tw`m basilevwn h] ejk th`~ dioikhvsew~, ovvero in prima istanza da un già costituito fondo riservato «Onori per i re», oppure, in caso di mancanza di denaro, da uno dei capitoli disponibili (o riservabili) dell’amministrazione civica tradizionale, comportando l’operazione, come quelle relative agli altri sovrani con cui la polis aveva a che fare, adegua-ta registrazione30. Così avveniva in caso di altra soluzione contabile, come per

l’esistenza di un periorismos dell’area trasferita è documentata dall’altro dispositivo connesso con la pratica, quello ordinato da Antioco II per l’area venduta a Laodice II (Virgilio, LDP2, n. 19, ll. 7, 15, 51; il documento da conservarsi nella cancelleria reale e da esporsi sulle cinque steli pubblicitarie doveva naturalmente entrare negli archivi della polis eventualmente interessata); a uno o più decreti si affidava l’«accettazione» da parte della polis delle condizioni del rapporto col beneficiario (Virgilio, LDP2, n. 18, p. 265, ll. 13 sgg.: il seguito della richiesta di Meleagro agli Iliei – kaqVo{ti a]n sugcwrhvshi [scil. Aristodicide] th;n ajnagrafh;n pohsavmenoi – faceva riferi-mento ai documenti della relazione diretta con Aristodicide e alla loro registrazione in archivio, come prospettò RC, pp. 70-71 e accoglie Bencivenni 2004, p. 163 e 2010, p. 166; del resto, un esemplare di psephisma di onore e beneficio fiscale è documentato dal (secondo) decreto priene-se per l’ufficiale seleucide Larichos, I.Priene 18, ll. 20-27, benché in un contesto all’apparenza di-verso: vd. Bencivenni 2004, pp. 179-180); seppure assai lacunosa e di difficile interpretazione, una lettera di ambito seleucide del 220 ca.-188 indirizzata a Seleucia/Tralles e menzionante una dekate al basilikon, sembra collegare la richiesta cittadina al riguardo a periorismoi che è suggesti-vo ricondurre alla situazione sopra indicata (RC 41 (I.Tralleis 17), ll. 4, 5, 8; per il suggerimento, vd. Corsaro 2010, p. 117; per ipotesi sulla paternità della lettera – Acheo, Zeuxis, un funzionario seleucide – vd. Ma 2004, p. 213). Assai minor margine di contrattazione, ma numerose conse-guenze documentali avevano le poleis del continente greco che per ordine del re dovevano de-cretare l’incorporazione come cleruchi e cittadini di soldati già impiegati al servizio antigonide, secondo la convincente interpretazione presentata da Oetjen 2010 delle circostanze dei decreti di cittadinanza attestati in Grecia dalla seconda metà del III secolo (a cominciare naturalmente da quelli di Larisa in seguito all’intervento di Filippo V, di cui sopra, alla nt. 12). Com’è noto, un’ultima, significativa operazione di prosorizein reale si ebbe con la decisione testamentaria di Attalo III di lasciare a Roma la città di Pergamo libera, prosorivsa~ aujth`i kai; pole[itikh;g] cwvran h}n [en] (OGIS 338, l. 6, del 133; per l’integrazione e interpretazione, vd. p. es. Virgi-lio 1993, p. 25, nt. 53 – «aggiungendole ai confini anche quel territorio che decise (fosse territo-rio) cittadino» – e Dmitriev 2005, pp. 78-79, con nt. 33).

30 SEG 41, 1003, II, l. 63, con Ma 2004, p. 145; nell’ambito della dioikesis era del resto previsto dallo stesso decreto la taxis di un fondo annuale per la celebrazione dei sacrifici per la coppia reale nelle simmorie civiche (ll. 17-21): cfr. Migeotte 2006, pp. 92-93; Rhodes 2007, p. 356, con nt. 40. I re in questione non erano necessariamente solo seleucidi (per l’occupazione lagide della città ai tempi della guerra laodicea, vd. Ma 2004, p. 36 e, per il successivo controllo attalide, ivi, pp. 47, 256, nt. 65; per i problemi di datazione dei documenti tei riferiti ad Antioco III, ivi,

215la ‘presenza’ dei re negli archivi delle poleis ellenistiche

i prestiti accesi dalla polis di Delo allo scopo di finanziare le statue e le corone per i sovrani di turno, sia presso una banca privata, sia presso il tesoro di Apollo, registrati dalle scritte (epigraphai) sugli stamnoi della cassa poleica e della cassa sacra conservati nel santuario e riportati nella contabilità degli hieropoioi31. Nella prospettiva dell’«intrusione» della presenza reale nella documentazione civica, non è particolarmente significativo che le spese per gli onori per i re (e la relativa documentazione) appartenessero a una voce finanziaria distinta e parallela ri-spetto alla dioikesis civica, oppure rientrassero in quest’ultima e in una delle sue attribuzioni interne32.

Per quanto meno «autonoma», significativa era anche la presenza dei re elle-nistici all’interno delle liste che registravano le operazioni religiose e rituali della polis di turno e che di volta in volta aggiungevano date, circostanze, nomi, moda-lità. E’ ancora la Teo impegnata a onorare Antioco III e la moglie a prescrivere che l’importante festa istituita allo scopo fosse «iscritta nel libro sacro» (ajnag[ravyai de; t]auvthn th;n eJorth;n eij~ th;n iJera;n buvblon), il registro ufficiale delle feste ci-

pp. 55, 66, 203-208, Appendice 2). Il nomos che Teo – verisimilmente non unica – si era data uJpe;r th`~ kataskeuh`~ tw`n timw`n (ll. 89-90) poteva riguardare i manufatti in onore dei benefattori in generale, e non soltanto quelli dei re (tanto più che il denaro previsto per il completamento della fontana per Laodice doveva essere prelevato senz’altro dalla dioikesis, ll. 87-88). Fondi ri-servati (apotetagmena) per gli onori «dei re e della regina», in questo caso limitatamente alla famiglia di Antioco III, sono attestati anche a Sardi, dopo il 209: vd. Robert 1964, p. 10, n. 1, ll. 18-19 (con Gauthier 1989, pp. 58-59, 75-76, 152-153). Una partita di bilancio riservata agli «onori» per i re, nelle diverse loro forme e obbligatorietà, appare anche nella Samo lagide della metà del III secolo, dove il benefattore Bulagora interviene anche quando eij~... me;n tou;~ stefavnou~ [scil. di Tolemeo III e Berenice] kai; ta;~ qusiva~... periorismevna uJph`rchn crhvmata (IG XII 6.1, 11, ll. 27 sgg.); ad altro capitolo apparteneva oJ stevfano~ tw`i basilei che Alicarnasso versava a Tolemeo II, tramite un deposito bancario che produceva ricevuta, PCZ 59036, ll. 25-26 (vd. Wörrle 2010, pp. 377-378; cfr. anche nota seguente).

31 Cfr. I.Délos 399A, ll. 21-23 (il conto del 192 che registra il recipiente della cassa cittadina con-tenente la somma presa a prestito dalla polis per le corone di Eumene II, oltre che di un re e di un demos non identificabili), ll. 36-38 (la registrazione del recipiente della cassa cittadina conte-nente la somma presa a prestito dalla polis nel 195 per le statue di Attalo I e del medico Filippo), ll. 47-49 (il recipiente della cassa cittadina contenente la somma presa a prestito dalla polis nel 194 per pagare le statue di Attalo I, di Antioco III e di Laodice); I.Délos 442A, ll. 25-26, 64-65 (il conto del 179 con la registrazione della restituzione alla cassa sacra nel 180 del prestito acceso l’anno precedente dalla città per le corone di Filippo V, Eumene II e il demos di Rodi), ll. 41-44, 66-67 (le restituzioni alla cassa sacra della somma presa a prestito dalla città l’anno precedente per le corone di Filippo V e di Massinissa). Per la natura delle epigraphai in questione, vd. ad esempio Nouveau Choix 2002, p. 154: «soit une étiquette soit… une inscription à l’encre sur la jarre elle-même». Sulle pratiche amministrative e contabili della polis di Delo in relazione alle spese «comportate dalla diplomazia» vd. ivi, p. 155; su quelle generali in età ellenistica, nelle diverse fasi, vd. Migeotte 2005b.

32 A Teo, la voce delle corone per Antioco III e Laodice era entrata all’elenco di quelle messe annualmente in aggiudicazione dai tesorieri civici (SEG 41, 1003, II, ll. 57-59: prospwlei`n de; th/ wjnh/ [th`~] stefanopwliva~ tou;~ eJkavstote ginomevnou~ tamiva~ th;n [par]avsceisin tw`n stefavnwn touvtwn). Per la problematica del rapporto, connessa con le diverse indicazioni nelle fonti epi-grafiche, vd. in particolare Schuler 2005; vd. anche più oltre.

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viche e dei loro regolamenti33. E il risultato più in generale (oltre che probabil-mente le forme redazionali dei registri ricapitolativi) si coglie negli esempi di calendario rituale civico o ginnasiale pervenuti nella trascrizione epigrafica34.

A Pergamo, nella tarda età ellenistica, si trascriveva un calendario religioso che, nella forma del rimando al decreto apposito mediante estratto/riassunto dei considerando, manteneva nella sequenza mensile, esito delle trascrizioni sus-seguenti, la registrazione della festa connessa con le vittorie di Attalo I contro i Galati e Antioco Hierax più di un secolo prima35. A Eritre, dopo il 189, il calen-dario dei sacrifici trascritto vedeva inseriti nella sequenza dei destinatarî delle thysiai di ogni mese le voci «re» e «re Antioco (I)»36. Egualmente significativo delle conseguenze documentali dell’inserimento delle cerimonie per i re nella vita civica è il calendario dell’attività religiosa e atletica di feste nel ginnasio di Coo, polis libera dopo Apamea, redatto fra 158 e 145: di esso resta la trascrizione epigrafica per tre mesi consecutivi, con l’inclusione di Attaleia (per Attalo I, 240-197), processioni per «il re Tolemeo (VI, 181-145)», per Eumene (II, 197-158), per «il re Attalo (II, 158-138)», per un altro basileus dal nome perduto37. Se tali onori erano conseguenti a donativi reali e se la trascrizione registrava la recezione di cerimonie di carattere civico nella serie di attività dell’istituto, com’è stato corret-tamente ipotizzato, la compresenza di serie parallele di liste, con le loro diverse modalità e fasi di redazione appare facile da dedurre38.

33 SEG 41, 1003, II, ll. 28-29; su questo tipo di scritture, sulla loro organizzazione, sul loro con-testo documentale vd. anche quanto segue.

34 Rileva giustamente la frequenza dei «giorni reali» nel calendario delle poleis, indirizzando all’esame delle conseguenze istituzionali dell’intervento sul «tempo della città», Savalli-Le-strade 2010a, spec. pp. 69-70 (per gli esempi qui sotto citati vd. p. 69, nt. 60) e 83; a Ma 2004, pp. 167-168 si deve la sottolineatura della pratica di inserire le disposizioni religiose connesse con la regalità nel sistema di riferimento preesistente (vd. anche Chaniotis 2007, p. 161; Wiemer 2009, pp. 127 sgg.).

35 I.Pergamon 247, I, ll. 1-6, con Virgilio 1993, p. 33. Per le altre voci ci si limitava alla nota kata; yhvfisma di un dato anno (cfr. II, ll. 2 sgg.). Sulla compresenza di mesi macedoni e «locali» nel documento e sulla durata del calendario, vd. oltre.

36 McCabe, Erythrai 61, rispettivamente ll. 28, [34], [48], [63-64] e 22, [29a], 36, 49, [62], [64], 72-73, 93, cfr. 82, 95; in un mese figura destinatario di sacrificio anche Alessandro (l. 90), in un altro compare anche una basilissa (ll. 39-40, forse Stratonice); i «re» sono gli Attalidi. Dal momento che i sacrificî per i re e per Antioco erano qualificati come koinon, è lecito pensare che essi figu-rassero nelle registrazioni delle altre poleis della lega ionica. Per ulteriori «presenze» reali nella vita religiosa di Eritre, vd. più sotto.

37 IG XII 4,1, 281, rispettivamente l. 8, ll. 12-14, l. 27, ll. 40-41, ll. 47-48 (la datazione della lista è conseguente: vd. Habicht 2007, p. 145, nt. 158 e, per il contesto storico di buona relazione con le due dinastie implicate, pp. 145-146).

38 Per la prima ipotesi, in rapporto però al solo ginnasio, vd. Bringmann, Steuben, pp. 252-254, Kotsidu 2000, p. 569 (contra Aneziri, Damaskos 2004, p. 266 con nt. 135); per la discussione circa competenze civiche e competenze ginnasiali in fatto di cerimonie religiose per i sovrani e per l’idea che nel caso in questione si trattasse di «stadtische Feste», vd. Aneziri, Damaskos 2004, p. 262, nt. 107 (descrive giustamente il documento come «véritable tableau miniature

217la ‘presenza’ dei re negli archivi delle poleis ellenistiche

Naturalmente (e variamente) associati ai «libri» sacri erano i testi religiosi composti per i re e i loro familiari: il loro significato e la periodicità delle cerimo-nie cui erano collegati ne garantivano la redazione “ufficiale” e la conservazione nelle forme idonee ai diversi impieghi cui erano destinati. A Teo, gli onori per la regina Apollonide (moglie di Attalo I) prevedevano una volta all’anno il canto di un «inno presso l’altare» (parabômion) da parte dei paides liberi e di «un inno» da parte di fanciulle scelte: concluderne la conservazione in almeno un esemplare di riferimento (donde trarne le copie d’uso) diviene naturale39. E se la vicenda epigrafica eritrea dell’aggiunta nel 281 del peana per Seleuco I alla sequenza delle composizioni analoghe per Apollo e Asclepio incise nel 380-360 con il regola-mento dei sacrifici per le due divinità può riflettere un comportamento di regi-strazione, viene altrettanto facile pensare ad analoga aggiunta al documento o al dossier d’archivio40.

Allo stesso modo significativa diventava la presenza dei sovrani nella docu-mentazione connessa con l’attribuzione dei sacerdozî, da quella più sintetica in una lista delle vendite a quella più ingombrante a generazione dell’apposito contratto per i titolari susseguentisi. Per il primo caso, basterà rimandare al re-gistro delle vendite di Eritre, comprensivo di una quarantina d’anni (300-260) e progressivamente aggiornato anche sulla pietra: intorno al 270 viene riportata la voce relativa al culto per «il re Alessandro»41. Per il secondo, appare significativa la diagraphe stilata a Coo post 188 dalla commissione istituita peri; ta`n qusia`n kai; ta`n ajlla`n tima`n ai} sunteleu`n[t] basilei Eujmevnei kai; ejfVoi|~ dei ta;n iJerwsuvnan praqh`me[n], le cui vicende di redazione appaiono riflesse dall’esito epigrafico, che rileva una nuova aggiudicazione dopo qualche anno e qualche

de la vie religieuse de l’époque» Le Guen-Pollet 1991, p. 198, ma nella versione del testo è da correggere il nome dei mesi della prima e terza colonna in Gerastios e Agrianios e da elimina-re la nota d’apparato n. 10 di p. 197; egualmente da emendare sono i nomi dei mesi di quanti riprendono le integrazioni dell’edizione Syll.3 1028, ora superata; vd. anche Bosnakis, Hallof 2005, p. 239); quanto alle fasi redazionali delle liste interessate, occorrerà segnalare che ad esempio Habicht 2007 non esclude che gli Attaleia fossero festeggiati già prima (p. 145).

39 Robert 1937, pp. 9-20 (cfr. Virgilio 1993, pp. 47-48, con nt. 175), ll. 8-10: correttamente Del Corso 2005, p. 20 ne rileva l’appartenenza al «bagaglio di testi legati a tradizioni locali, ritua-li, o eventi storici particolari, che eventualmente potevano essere fatti leggere e studiare nelle scuole». Mutatis mutandis, appare significativo per il lessico impiegato il riscontro del decreto del sinodo sacerdotale egizio del 238, nella sezione riservata alle manifestazioni del culto per Berenice III: degli inni composti in suo onore dagli scribi sacri e consegnati al maestro cantore ta; ajntivgrafa katacwrisqhvsetai eij~ ta;~ iJer[a;~ buvblou~] (Virgilio LDP2, pp. 211-221, n. 4, l. 59).

40 I.Erythrai 205 (LSAM 24), con l’aggiunta alle ll. 74 sgg. (subito interrotte dalla frattura della pietra).

41 I.Erythrai 201 (LSAM 25), a, l. 78, nella serie dell’anno di Zenodoto, nel mese Leneo, insieme col sacerdozio di Zeus Basileus. Il sacerdozio è attestato sino al III sec. d.C., senza che natural-mente si possa dire se ci sia stata interruzione: cfr. I.Erythrai 64, l. 7 e, sulla specificità del caso di Alessandro per il prestigio del personaggio, Frija 2012, pp. 25-26.

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adattamento di normativa, con conseguente accumulo di documenti42. Natural-mente poi i sacerdozî reali entravano come gli altri nelle diverse catene docu-mentarie della polis, per le loro implicazioni diplomatiche e istituzionali e per quelle economiche e fiscali: per le conseguenze documentali delle seconde basti pensare, oltre ai registri di vendita, alle diverse linee di contabilità interessate (anche per le esenzioni fiscali concesse); al primo aspetto si riconducono quanto meno i decreti propositivi della vendita e della costituzione delle commissioni redigenti, a loro volta inseriti nel rispettivo insieme di documenti generato dalla catena diplomatica col re43.

Neppure priva di conseguenze documentali era, tra le forme di onoranza per i re, la costituzione di nuove tribù poleiche a loro intitolate. Del caso più noto, l’a-teniese, che nel 307/6 passò da dieci a dodici, nel 224/3 a tredici, nella primavera del 200 scese a undici per ritornare subito dopo (e sino all’età romana imperiale) a dodici, abbiamo indicazione nelle conseguenze sulla definizione e posizione istituzionale dei demi. La prima aggiunta alle dieci tradizionali delle tribù Anti-gonide e Demetriade (per Antigono Monoftalmo e Demetrio Poliorcete) sembra aver comportato il trasferimento ad esse di quindici demi ciascuna; quella suc-cessiva della Tolemaide (per Tolemeo III) il prelievo di un demo dalle precedenti e la creazione del nuovo Berenikidai; l’eliminazione delle due macedoni una ri-assegnazione di quelli svincolati alle phylai originarie; l’ultima dell’Attalide (per Attalo I) la ripresa di un demo per tribù e la creazione del nuovo Apollonieis44. La conclusione di conseguenze sui documenti connessi con l’organizzazione della polis attica diviene scontata: al di là del mutare di ruolo e peso delle strutture in-termedie nel sistema amministrativo ateniese e delle ricadute di esso nei loro

42 Si tratta di IG XII 4, 1, 306, l’incisione della prima diagraphe, mantenuta e aggiornata con la sola sostituzione dei nomi dei commissarî e delle date (lacunosa della parte finale; la citazio-ne nel testo alle ll. 2-3), e di IG XII 4,1, 309, l’incisione della nuova, stilata dalla commissione trascritta anche nel documento originario, con selezione delle disposizioni indicate nel primo documento e (apparente) aggiunta della durata epi biou. Anche se la lacunosità delle due epigrafi (più consistente nella seconda) non permette il confronto sistematico, è possibile concludere che il nuovo aspirante sacerdote poteva apprendere i propri doveri-diritti dai due documen-ti associati, l’uno «riciclato» e semplicemente ridatato, l’altro stilato per l’occasione (anche in considerazione dell’ulteriore iscrizione su pietra, sembra questa un’interpretazione più sod-disfacente di quella di Bosnakis, Hallof 2005, p. 255, i quali pensano a «zwei Kopien ein und derselben diagraphe», come IG, ad nn.; il discusso problema del rapporto fra versioni iscritte e versioni d’archivio delle diagraphai sacerdotali in generale richiede un approfondimento, per il quale si rimanda al volume in preparazione).

43 Per un caso esemplare, vd. gli esiti documentali delle legazioni del milesio Irenia presso Eumene II e Attalo II, cui pertiene la redazione di una diagraphe per il sacerdozio del «dio Eume-ne»: vd. Herrmann 1965, spec. 113-117, con Milet VI 3, 1040 e commento di W. Günther a p. 24.

44 Sulle diverse conseguenze della creazione delle tribù reali nel sistema tradizionale atenie-se, vd. Traill 1975, spec. pp. 25 sgg. Sul contesto storico delle iniziative, vd. Byrne 2010, p. 159. Sulla durata dei provvedimenti e le sue conseguenze documentali, vd. sotto.

219la ‘presenza’ dei re negli archivi delle poleis ellenistiche

archivi, risulta difficile non pensare anche a interventi sulle mappe territoriali, sulle liste di persone di pertinenza, sui diversi documenti della religiosità45.

Anche nelle altre poleis è indubbio che l’istituzione di tribù regali comportò adeguate conseguenze nella vita locale e nei suoi documenti, da quelli ingenerati dall’atto di assegnazione dei cittadini a quelli poi connessi con la sua esistenza nel sistema amministrativo46. Un indizio, significativo per la sua risalenza (323-312) e la sua esplicitezza può derivare da quanto stabilito dal decreto con cui la città di Latmo organizzava l’unione con Pidasa, indotta dal satrapo di Caria Asan-dro47. In essa era prevista l’aggiunta a quelle di Latmo della tribù Asandris, alla cui composizione dovevano contribuire per sorteggio Latmî e Pidasei, i quali poi avrebbero partecipato alle cerimonie religiose specifiche della nuova tribù e delle fratrie interessate48.

Il rapporto di reciprocità e scambio tra poleis e sovrani naturalmente compor-tava anche dei beneficî per le prime, nella forma di contributi e aiuti di vario ge-nere da parte dei secondi.

45 Per la diversa documentazione connessa con l’organizzazione civica ateniese di età classica, vd. Pébarthe 2006, pp. 173 sgg. L’unico catalogo di demi – raccolti per tribù – a noi giunto è una versione epigrafica della fine del III secolo, SEG 36, 230 (IG II2 2362), con la sezione, lacunosa, della tribù Tolemaide, II, ll. 54 sgg.; sul suo rapporto con le operazioni del 200 e sulla documen-tazione d’archivio ad esse correlata, di varia risalenza, vd. Stanton 1994, p. 194; per un mutato assetto della rete amministrativa interna dalla metà del III secolo e l’apparente venir meno del ruolo istituzionale di demi e fratrie dalla metà del II, vd. Ismard 2010, pp. 327 sgg. Naturalmen-te alle tribù reali erano connessi anche la pratica del culto per gli eroi eponimi e un sacerdozio specifico: vd. Habicht 1970, p. 154; Mikalson 1998, p. 81; Habicht 2006, p. 219 e quanto segue.

46 Per Demetrieis, forse con Antigoneis, a Samo, vd. Kotsidu 2000, pp. 257-259, n. 175 [E2]; per una Seleukis (Seleuco I) a Colofone e a Magnesia al Meandro, vd. rispettivamente Kotsidu 2000, p. 356, n. 241 [E] e pp. 368-369, n. 252 [E]; per Antigoneis (forse Antigono Gonata) a Tessa-lonica, vd. Kotsidu 2000, p. 184, n. 115 [E] (I.Thess 184); per un’Attalis a Ilio, vd. Kotsidu 2000, pp. 309-310, n. 213 [E], a Magnesia sul Meandro (Attalo I), vd. Kotsidu 2000, pp. 369-371, n. 253 [E 1,2]. A contesto diverso, ma con pari conseguenze, si riconducono le tribù regali connesse con la (ri)fondazione di una città e variamente attestate nel tempo: vd., forse, la tribù Alexandris a Ilio (Kotsidu 2000, pp. 300-301, n. 205 [E]); l’Antiochis (Antioco I) ad Antiochia al Meandro (Kotsidu 2000, p. 381, n. 261 [L]); le Seleukis, Antiochis, Laodikis, Eumenis, Attalis, Stratonikis a Hierapolis di Frigia, (Cohen 1995, p. 306); le Attalis e Laodikis di Laodicea al Lico (Cohen 1995, p. 309); le Seleukis e Antiochis di Nysa (Cohen 1995, p. 258); le Philetairis, Attalis, Eumeneia di Pergamo (Cohen 1995, p. 169); gli Eumeneis di Sardi (Cohen 1995, p. 231). A questi elenchi, noti da tempo, si aggiunga l’attribuzione a un re (forse Tolemeo I) della quinta tribù attestata a Iaso negli ultimi decenni del IV secolo (I.Iasos 59 e Maddoli Suppl., 5, su cui Fabiani 2010, p. 482), la Tolemaide (riferita al Filadelfo) dell’epigrafe caria SEG 51, 1495, l. 2 (Bargasa?), le Seleukis e An-tiochis di Ege (Malay, Ricl 2009, p. 40, ll. 22-25, con P. Hamon BE, 2010, 522, p. 830).

47 SEG 47, 1563, su cui Bencivenni 2003, pp. 151 sgg., n. 6; Wörrle 2003a, 2003b, pp. 1373-1377: la volontà del satrapo sarebbe stata espressa e comunicata da un diagramma, o da un documento contenente la sua gnome (cfr. Hamon, BE, 2011, 526). Per la cronologia di Asandro, vd. Fabiani 2009, spec. pp. 62-65, 72. Per la durata del provvedimento (e per la sopravvivenza del decreto), vd. più oltre.

48 Ll. 4 sgg. Il passo con il dispositivo in questione non è del tutto chiaro per quel che riguarda l’organizzazione civica originaria dei due centri: vd. Wörrle 2003a, pp. 125-128.

220

La città aveva interesse a tenere precisa contabilità di riscontro alle sovven-zioni che il sovrano decideva di assegnarle dal basilikon, come nel caso della Teo seleucidica di fine III-inizi II secolo, dove una parte del prezzo di un fondo che la polis donava agli Artisti dionisiaci doveva essere pagata dai tamiai dell’anno se-guente «sui primi contributi che sarebbero stati loro conferiti dal tesoro reale per l’amministrazione civica» (ejk t[w`n pr]wvtwn doqhsomevnwn aujtoi`~ ejg basilikou eij~ t[h;n th]~ povlew~ dioivkhsin)49.

Necessità e cura per la documentazione – interna ed esterna – comportavano i casi di elargizioni reali finalizzate, su più anni, o in perpetuo. Viene facile pen-sare alla documentazione prodotta da quella della regina Laodice a Iaso (195 ca.), in base alla quale il diecete per dieci anni doveva conferire alla città diecimila medimni attici di cereale, che i tamiai dovevano vendere (in toto o in parte) ad un prezzo fisso, così che i prostatai e quanti altri la città ritenesse utile coinvolgere procedessero ad assegnare una quota del ricavato (non superiore alle trecento dracme di Antioco) in dote alle fanciulle povere50. Più nel particolare, un punti-glioso decreto della polis di Delfi, che nel 159/8 regolamentava lo sfruttamento del capitale di fondazione conferito in perpetuo dal re (associato) Attalo II per l’e-ducazione dei fanciulli liberi e per il finanziamento degli Attaleia, nell’attestare la ricaduta delle operazioni contabili e amministrative comportate dalla gestione dei prestiti quinquennali conseguenti indica le vie della catena documentaria che ne derivava51. La richiesta esplicita ai commissarî di depositare nel damosion

49 Le Guen, Associations, n. 39, ll. 15-18, con le importanti osservazioni sul possibile iter conta-bile all’interno della polis di Rhodes 2007, pp. 360-361: i sovrani in questione potrebbero essere i Seleucidi o gli Attalidi (vd. ivi, pp. 204 sgg., con l’opzione per i secondi, fra 218 e 204; per una sintesi delle posizioni, vd. Aneziri, Vereine, pp. 174 sgg., 376 ad D2). Allo stesso modo Eraclea al Latmo chiedeva ad Antioco III che divdwtai de; kai; ejk bas[ilikou eij~ dioivkh]sin th`~ povlew~ mavlista me;n plevon, eij de; mhv ge tavlanta [c. 5 wJ]~ provteron (SEG 37, 859, C, ll. 1-2, con Wörrle 1990, p. 19, nota *; Migeotte 2004, pp. 218-219; Schuler 2005, pp. 401-402; in Ma 2004, p. 389 ancora erroneamente [… eij~ crh]sin); il re concedeva anche ejk basilikou per tre anni la som-ma necessaria per il ripristino dell’acquedotto (A, ll. 12-13; per donazioni finalizzate, vd. anche quanto segue).

50 Ma 2004, pp. 375-380, n. 26A, ll. 15-25; cfr. Ma 2004, pp. 134-135, 233-234, con Fabiani 2010, pp. 473-476 (i pr. erano allora i magistrati principali della città, detentori della demosia sphragis e, come a Euromo, connessi con pratiche di produzione e conservazione di documenti ufficiali, tenuti nel loro archeion; cfr. sopra con nt. 18) e Vacante 2011, pp. 43-45 (che propende per la vendita in quantità fissate). Giustamente Vérilhac, Vial 1998, p. 166, nt. 98 respingono l’idea di una molteplicità di simili fondazioni da parte della regina. Vd. anche la nota seguente.

51 Bringmann, Steuben, n. 94 [E], sul cui contesto storico vd. Murray 1996, spec. pp. 40 sgg. (ma per la data esatta vd. Mulliez 1998, pp. 237 sgg.); su alcune delle pratiche amministrative connesse vd. Dimopoulou-Piliouni 2007 e Migeotte 2009/10. Un analogo caso di costituzio-ne di capitale di fondazione a partire da un dono regale indirizzato all’educazione dei bambini si ebbe a Rodi nel 161/160 grazie all’invio di 280.000 medimni di cereale da parte di Eumene II (Polyb. 31,31,1-3); lo stesso re aveva gratificato Delfi di un fondo di rotazione riservato per la sito-nia (F.Delphes III 3, 237, ll. 5-7, Syll.3 671B, ll. 6-7: cfr. Migeotte 1991, pp. 34-35 = Migeotte 2010, pp. 320-322) e di una fondazione per gli Eumeneia (cfr. Syll.3 671A, il decreto di regolamento, in-viato in copia al re), anch’essi naturalmente ricchi di conseguenze documentali. I giusti rilievi

221la ‘presenza’ dei re negli archivi delle poleis ellenistiche

grammateion l’elenco definitivo dei mutuatarî (con una parallela nel tempio) sot-tolineava l’importanza dell’operazione e il significato di riferimento del docu-mento che conteneva i nomi di quanti permettevano al meccanismo di svolgersi. Essa non attestava che la lista era l’unico documento generato dalle operazioni e destinato alla conservazione nei luoghi della comunità52. Qualche dettaglio, al-meno per una linea del complesso documentale, appare laddove è il sovrano che detta le procedure, come per la Mileto del 299 ca., che riceveva da Antioco (I) le entrate derivanti dalla stoa fatta da lui costruire allo scopo di contribuire alla ri-costruzione del Didymeion: i tesorieri e magistrati cittadini (i pritani) dovevano «prendere in consegna» ([para]devcesqai) le prosodoi, «assegnarle ad un fondo speciale» (katatav[ssein de;] aujth;n kaq;;Vaujthvn) e procedere poi all’aggiudicazio-ne dei lavori (mivs[qwsin] poiei`sqai)53.

Lungo una linea più diretta dell’iter amministrativo, il nome del sovrano fi-gurava in liste civiche riepilogative delle somme ricevute dall’esterno, la cui or-ganizzazione – variamente costruita su uno degli elementi cardine, annualità, nome dell’evergete, scopo – e il cui rapporto con (le) altre sequenze potevano va-riare a seconda degli usi e della complessità della locale amministrazione54. Per quanto non sia chiaro se si tratti di redazione epigrafica costruita su dati raccolti da diverse serie d’archivio tematiche (col titolo specifico Tavde e[dwken Filevtai-ro~ jAttavlou dwrea;n tw`i dhvmwi) o della trascrizione di un elenco riassuntivo a nome del donatore, risulta indicativa appunto della registrazione e della varietà della documentazione generata una distinta delle doreai del dinasta Filetero alla

di Chankowski (V.) 2007b, pp. 106 sgg. e Gabrielsen 2008, pp. 117, 120-121 sui meccanismi am-ministrativi richiesti dal dispositivo finanziario della fondazione (come istituto) potrebbero estendersi alle conseguenze documentali di essi e alle diverse permanenze di elenchi e logoi nei sistemi archivistici.

52 Ll. 28-31: ajnªaºgravyante~ tou;~ dedaneismevnou~ kai; ta; ejnevcura aujtw`n ejm pivnaka~ le-leukwmevnou~ duvo... kataqevntw de; to;m me;n e{na pivnaka ejn to;n naovn, to;n de; e{na pivnaka ejn to; damovsion grammatei`on (sulle procedure amministrative connesse con la redazione delle liste, preventivamente lette nell’assemblea, vd. Gauthier 2000, p. 121 = Gauthier 2011, pp. 392-393); la disposizione, espressa con l’aoristo del verbo, è riferita alla prima serie di operazioni e non è ripetuta nella descrizione del regime per il futuro (ll. 33 sgg.), ma il seguito del regolamento rende chiaro che la gestione del fondo continuava a comportare la redazione e conservazione dei due pinakes dei prestiti quinquennali, secondo i ritmi naturali di quel tipo di documentazio-ne; vd. anche Migeotte 2009/10, pp. 211 sgg.

53 OGIS 213, ll. 19-23 (I.Didyma 479). L’intervento del sovrano non è naturalmente indicativo del fatto che la polis non sarebbe stata in grado di contabilizzare e gestire il fondo, bensì del-la volontà del re che il suo beneficio risultasse, nella distinzione, più evidente di quanto non avvenisse di solito con i fondi dovuti ai beneficî di singoli (come giustamente rilevato da Ga-brielsen 2008, p. 123: «Nominally, the donor never became completely separated from his or her donation»). Per la pratica della ripartizione finalizzata dei fondi nelle poleis ellenistiche vd. Migeotte 2006 (per Mileto, pp. 79-83).

54 Per il richiamo alla loro esistenza vd. Bringmann 2004, p. 150, nt. 6, donde si traggono gli esempi che seguono.

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città di Cizico tra 280 e 27055. Anno per anno (ne sono conservati sei), sono indi-cati finalità/causale – gare, stato di guerra, rifornimento d’olio e banchetto per i neoi, approvvigionamento alimentare – e dorea specifica, denaro (forse anche per una fondazione), cavalli, esenzione fiscale sui beni in transito nel territorio dinastico, truppe spesate, cereali56.

L’inserimento dei re in liste tematiche appare in altri documenti ricapitolativi trascritti in un dato momento su pietra. Esempio indicativo è l’elenco dei contri-butori alla ricostruzione di Tebe, re e città, distribuiti su una quindicina di anni fra 315 ca. e inizi III secolo57. Un titolo generale di scopo (che copriva due colonne di elenco) introduceva una prima sequenza di donatori per una decina d’anni, città e basileis (due volte quello futuro di Sidone, Filocle, e una Demetrio, nel 304), nella prima colonna variamente separati da spaziature funzionali; una seconda titolatura all’interno della seconda colonna, distinta da paragraphoi, introduceva i re che avevano contribuito successivamente (ma ante 293)58.

55 OGIS 748 (cfr. Bringmann, Steuben, n. 241 [E 1]): le ultime 7 linee sono lacunose; alla leggi-bilità epigrafica si deve probabilmente il fatto che per la prima annualità è indicato accanto al nome dell’eponimo anche la sua qualifica, assente nelle successive. Per l’inquadramento crono-logico, e la possibilità che la sequenza temporale non sia continua, vd. Gauthier 2003, p. 13 (= Gauthier 2011, p. 581), nt. 14; sul contesto storico, Orth 2008, p. 493.

56 Alle diverse finalità e categorie corrispondevano naturalmente catene documentarie specifi-che: per quella connessa ad esempio con la phylake del territorio (ll. 13-14), vd. sopra, con nt. 22.

57 Syll.3 337 (con Bringmann, Steuben, n. 83 [E 1]), privata del titolo e assai lacunosa nelle pri-me 17 linee; egualmente perduti sono i dati di contesto del manufatto. Per la lettura del docu-mento è ancora fondamentale, per gli aspetti che qui si considerano, Holleaux 1938, pp. 1 sgg. A differenza dello studioso, tuttavia, non si ritiene che la ricapitolazione sia stata esclusivamente epigrafica, raccogliendo «le contenu de plusieurs listes manuscrites jointes bout à bout» (p. 6): se è vero che esistevano tali elenchi, corrispondenti a «plusieurs séries de versements, datant d’époques diverses, échelonnées sur une assez longue durée», non è escluso che esistessero, a scopo raggiunto o a periodi, liste ricapitolative d’archivio, con quelle caratteristiche formali d’intitolazione e ripartizione che compaiono nella trascrizione epigrafica (integrale e, come ri-leva giustamente Holleaux, pp. 4-5, effettuata in un’unica occasione).

58 Vd. rispettivamente l. 1 (integrata da Holleaux 1938, p. 39), [Tooi; creivmata e[dwkan th`/ povli th`/ Qeibhvwn ejn to;n sounoikismovn], e ll. 35-36, Toi; basi[lei`e~ tavde e[dwkan] th`/ povl[i ejn to;n sou-noikismovn]. Ad organizzazione tematica può ricondursi la (lacunosa) trascrizione epigrafica di Argo SEG 32, 371 (Bringmann, Steuben, n. 47 [E]), che riporta in parallelo su due colonne rispettivamente il contributo finanziario dei re Tolemeo VI, Tolemeo VIII, Cleopatra II e quello di nove città cipriote, entrambi conclusi da un vacat: l’impaginato dell’iscrizione e la natura del manufatto non impediscono la possibilità dell’inserimento della sequenza in un elenco (epi-grafico e, a monte, d’archivio) più lungo introdotto dall’indicazione di scopo (vd., a partire da una diversa interpretazione delle quote contributive delle poleis, Meadows 2005, con la con-clusione che esse dovevano essere reiterate). La forma più «semplice» d’ingerenza reale nei documenti civici è rappresentata dall’inserimento del nome in elenchi più specificatamente civici, come quelli di sottoscrittori: quello accluso all’estratto di decreto istitutivo di epidosis per il restauro del ginnasio a Larisa nel 192-186 (SEG 33, 460, II, conservato solo in parte) vede indi-cati Fivlippo~ basileuv~ (alla l. 1 probabilmente come il più generoso) e Perseu;~ Filivppoi toi basileivo~ (ll. 17-18; sul documento, vd. Migeotte 1992, pp. 90-93, n. 33).

223la ‘presenza’ dei re negli archivi delle poleis ellenistiche

Alla luce di quanto precede, appare comprensibile che alcune poleis, per perio-di di tempo anche prolungati, ritenessero di dover riservare agli «affari relativi ai re» (ta; basilikav) una voce dell’agenda delle assemblee, in posizione di rilie-vo subito dopo i hiera59. Una possibile conseguenza di ciò era che, nell’organiz-zazione della raccolta dei decreti della seduta, quanto eventualmente suscitato dalla circostanza trovava una collocazione regolare e facilmente reperibile nelle sequenze delle ekklesiai60.

In rapporto ai diversi tipi di documentazione introdotta e ingenerata dai re ellenistici nelle poleis e alle forme della loro gestione nel rapporto quotidiano con l’amministrazione e le cancellerie reali un ulteriore fattore merita attenzio-ne: l’impiego di sistemi di datazione proprî a queste ultime, i quali, sotto diversi aspetti e con vario peso sulla vita amministrativa della polis, richiedevano ad essa un ulteriore impegno nell’organizzazione delle carte, e probabilmente anche un supplemento di documentazione, rappresentato da “tavole di conguaglio” e da liste parallele61.

Significativi di un’esigenza e di una pratica (per quanto sinora limitata alla Caria seleucidica e a una città di dipendenza più diretta) sono i due decreti ono-rarî di Amyzon del 202 e 201 che recavano la data reale (indicazione del regno di Antioco III, anno dell’era seleucide, mese macedone, il nome del gran sacerdote del culto dinastico e di quello di Zeus Kretagenetas e Diktynna) e – introdotta dal-la formula wJ~ de; oJ dh`mo~ a[gei («e come computa il demos») – la data locale, com-posta dello stefaneforo eponimo e del mese ionico in un caso, dello stefaneforo

59 Una rassegna dei decreti onorarî che comportano il privilegio dell’accesso all’assemblea «dopo (la trattazione de)gli affari sacri e reali» figura in Ivantchik 2007, pp. 105-107 (con il giusto rilievo dei «problèmes soulevés par le roi (par une lettre ou par une ambassade)»): si tratta di Samo, con una trentina di ricorrenze tra fine IV e metà III sec. (vd. anche IG XII 6,2, Ind. VIII, 38 a-b); Efeso, con cinque, ca. 325-275; Bargilia, con una, ca. 270-261. Ai dati proposti dallo studioso si deve sottrarre quello suggerito di Olbia Pontica (SEG 57, 723, l. 18: vd. i dubbi giustificati di A. Avram, in BE 2008, 399), ma aggiungere quello di Calimna, persuasivamente integrato alla l. 64 della versione iscritta I.Iasos 82, citata sopra per l’intervento di un re median-te diagramma nella richiesta di giudici stranieri (nt. 12). Per l’applicazione del principio della priorità istituzionale assunta dal rapporto con il re di turno, sono significative le disposizioni date nel testo dell’accordo di reclutamento fra un Antigono e la polis cretese di Eleuterna (IC II, xii, 20, con Guizzi 2001, pp. 385-389): una volta giunti gli ambasciatori del re, i cosmi devono convocare l’ekklesia entro dieci giorni, o comunque «al più presto», e, in essa, introdurli e «non trattare null’altro prima di aver dato loro una risposta» (ll. 11-17).

60 Per ipotesi circa l’organizzazione d’archivio dei decreti cittadini, si rimanda al volume in preparazione.

61 Da altra prospettiva, l’aspetto è stato meritoriamente rilevato nell’importante contributo di Savalli-Lestrade 2010a (vd. anche sopra, con nt. 34 e le note seguenti). Occorre naturalmente distinguere tra la versione iscritta e quella d’archivio (oltre che considerare gli usi delle varie versioni di un documento: vd. Meadows 2005, pp. 464-465); ad esempio la considerazione di Gauthier, Hatzopoulos 1993, p. 36, che in Macedonia «la datation par année de règne est loin d’être la règle sur les documents antérieurs à 168» nasce dalla considerazione esclusiva dell’epi-grafia.

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e del sacerdote locale dei re (Antioco padre e figlio omonimo) nell’altro62. Un uso corrente nei documenti di accordi interpoleici, allora presumibilmente affidato alla rispettiva memoria degli incaricati delle poleis e a un conguaglio ad hoc, in una relazione più indiretta poteva trovare la formalizzazione scritta, di volta in volta tra la sequenza eponimica cittadina, l’anno del regno di controllo e, al caso, l’eponimia sacerdotale generale di turno (lasciando alle memorie civiche fissate all’inizio del contatto più stabile con le monarchie il conguaglio tra il computo mensile del tempo locale, civile e religioso, e il calendario macedone)63. Se l’archi-viazione dei documenti si poteva mantenere (per praticità) per anno e mese po-leico (quale che fosse), le necessità della corrispondenza con l’amministrazione

62 Rispettivamente Ma 2004, pp. 338-339, n. 9, ll. 3-4; pp. 339-340, n. 10, ll. 3-4, entrambi in in-tegrazione sicura (per l’ovvia lettura vd. Buraselis 2010, p. 427; incomprensibile la traduzione di Debord 2003, p. 290: «dont le peuple [i.e. la cité] est maître [à l’initiative]»; vd. anche quanto segue). La polis era del resto stata abituata alla datazione con anno di regno e mese macedone dalla lunga sottoposizione ai Tolemei, quando peraltro l’eponimo locale era il neopoios dell’Ar-temision: vd. Robert, Robert 1983, p. 118, n. 3, ll. 1-3 (cfr. p. 127, n. 6, ll. 1-3); il fatto che nelle versioni epigrafiche non venisse riportato il nome del mese locale non autorizza a concludere che il calendario macedone al tempo dei Lagidi «a remplacé le vieux calendrier local» (p. 120; cfr. Savalli-Lestrade 2010b, p. 131), che ricompare nel 202; qualche anno dopo peraltro poteva apparire un’epigrafe con decreto onorario datato da anno locale e mese macedone (ivi, p. 235, n. 35, ll. 1-2; cfr. anche Savalli-Lestrade 2010b, pp. 131, nt. 29 e 132-133: l’ipotesi dapprima poco convinta che ci potesse essere stato «panachage» con i mesi macedoni diventa via via accredi-tabile; vd. nota 64). Per il demosion di Amyzon, vd. Robert, Robert 1983, p. 213, n. 26, l. 6; per una (nuova) lista di stefanefori dal 167, dopo il ventennio rodio, vd. ivi, pp. 244 sgg., nn. 51-54.

63 Tra i non pochi esempi della formulazione di conguaglio nei documenti intercittadini e intragreci, vd. il trattato di pace fra Mileto e Magnesia al Meandro, Milet I 3, 148 (185-180?: sulla datazione, vd. lo status quaestionis in Laffi 2010, pp. 78-79, nt. 7), ll. 89-91: esso doveva iniziare wJ~ me;n Milhvsioi a[gousin, stefanhfovron qeo;n to;n me[ta;---k] mhna Puanoyiwna kai; e{kthn ejpi; devka, wJ~ de; Mavgnhte~ [a[gousin, stefan]hfovron jAristeva kai; mhna JAgnewna kai; pevmpth<n> ejpi; devka. Per le eponimie sacerdotali annuali centralizzate lagidi occorre segnalare che la loro menzione nella data di alcuni decreti di Xanto – abbinata all’eponimia del locale hiereus dei Tole-mei e non a quella civile – contiene solo i titoli, non i nomi (cfr. SEG 36, 1218, del 202/1); l’ipotesi di Bousquet 1986, p. 31, che essi non fossero conosciuti non appare sostenibile, anche alla luce del richiamo all’uso egizio di simili «gelichtete Formeln» fatto da Buraselis 2010, pp. 422 sgg. Diverso era naturalmente il caso delle eponimie pluriennali, come quella dell’archiereus intro-dotto da Antioco III e ripreso poi dagli Attalidi e dell’archiereia di Laodice: la ritenzione del nome era semplificata, ma la presenza – almeno nelle città di più diretto controllo – era intesa come invasiva, dal momento che per il primo il re aveva disposto di katacwrivzein de; aujto;n kai; ejn tai~ suggrafai~ kai; ejn toi~ a[lloi~ crhmatismoi~ oi|~ ei[qistai e per la seconda che le titolari ejpigrafhvsontai de; kai; ejn [toi~] sunallavgmasi meta; tou;~ twn [progovn]wn kai; hJmwn ajrcierei~ (vd. rispettivamente Ma 2004, pp. 326-328, n. 4, ll. 44-46 e pp. 405-406, n. 37, ll. 26-28; cfr. pp. 232-233, con il rimando ai decreti conservati che applicano la prima norma nelle città di Amyzon e Xanto; la durata di un anno circa della seconda, legata al presunto ripudio di Laodice – vd. ad esempio Debord 2003, pp. 291, 293 – è da verificare: cfr. Ogden 1999, pp. 137-138; l’idea si con-nette con la convinzione che la norma, in assenza di altre attestazioni epigrafiche, non avesse trovato grande e diffusa applicazione: per un giudizio sospeso, vd. Müller 2000, p. 533, con nt. 81).

225la ‘presenza’ dei re negli archivi delle poleis ellenistiche

del re richiedevano un sistema di pronto reperimento, con liste cronologiche pa-rallele di confronto (quando non di registrazione)64.

Tali liste erano tanto più importanti quando si trattava di registrare le festi-vità introdotte per i sovrani, che erano aggiunte o associate a quelle civiche, ma che rispondevano anche al calendario macedone della regalità. Dati i contesti e quanto si viene delineando sull’attività documentale nelle poleis, viene facile in-terrogarsi sull’esistenza di copie del calendario macedone con le feste reali, cui conformare la scelta dei giorni e dei mesi civici via via dedicati ai sovrani (e in-trodotti poi nel «libro sacro»)65.

Com’è già stato notato, gli obblighi fiscali nei confronti dell’amministrazio-ne reale prevedevano dei computi secondo le annualità di essa, che avevano il loro riscontro nelle cancellerie di rapporto. Le poleis variamente impegnate nella raccolta e nel rendiconto delle tasse dovute difficilmente avrebbero potuto esi-mersi dai calcoli e dalla registrazione conformi a quel ritmo. La precisione ammi-nistrativa, del resto, era funzionale anche alla tempistica delle esenzioni, come dimostra la già ricordata lettera di un funzionario seleucide del 197 ca. che fissava lo statuto fiscale di una città sconosciuta per gli anni a venire: essa non avrebbe pagato nulla al basilikon per sette anni, riprendendo dall’ottavo66.

64 Questo naturalmente non significa l’«uso parallelo di due diversi sistemi calendariali», che giustamente Daubner 2008, p. 177, nt. 24 esclude per Pergamo (senza spiegare la compresenza di mese macedone e mesi «eolici» nel già citato I.Pergamon 247 altrimenti che con la Sonderstel-lung della polis-capitale del regno). A facilitare le relazioni intervenne nelle poleis micrasiatiche il progressivo slittamento dell’inizio dell’anno dal solstizio d’estate all’equinozio d’autunno: vd. Savalli-Lestrade 2010a, pp. 63, 83 (cfr. Laffi 2010, p. 92; per la complessità della situazione nei possedimenti lagidi d’oltremare, vd. anche Bousquet 1988, p. 23, con i rimandi di nt. 6: il calendario macedone di Xanto e della Licia non corrispondeva a quello d’Egitto). Non si può qui approfondire il caso ateniese, che, al dire di Plutarco (Dem. 10,4), dal 307 al 287 avrebbe visto la sostituzione dell’eponimia tradizionale con quella del sacerdote dei Soteres Antigono e Deme-trio (il cui nome essi ejpi; tw`n yhfismavtwn kai; tw`n sumbolaivwn proevgrafon), senza però trova-re conferma nelle fonti epigrafiche: fra il tentativo di Dreyer 1998 di ricondurre il dato all’epo-nimia (aggiuntiva) degli anagrapheis tra 294 e 292/1 e la negazione di massima della veridicità della notizia di Buraselis 2010, si potrebbe richiamare l’ipotesi di un’eponimia secondaria che gli Ateniesi avrebbero variamente praticato nelle scritture correnti, ma non in quelle esposte; B. Dreyer (p. 27, nt. 15) pone l’accento sull’uso nel passo del verbo anagraphein per l’ascrizione dei due Macedoni agli theoi soteres (10,4: swth`ra~ ajnevgrayan) e per la registrazione nella serie dell’ultimo titolare del 287 (46,1: Divfilon, o}~ h\n iJereu;~ tw`n Swthvrwn ajnagegrammevno~): ciò non può documentare una coincidenza delle funzioni eponimiche di hiereus e di anagrapheus (come responsabile di scritture), ma può indicare la presenza di liste con, rispettivamente, l’anagraphe degli onorati e quella dei loro sacerdoti.

65 Col segnalarne l’attuale mancanza di attestazione, non evita di richiamare il problema Savalli-Lestrade 2010a, p. 68 («dans la plupart des cas, nous ignorons en règle générale si oui ou non le choix des jours et des mois consacrés localement à un roi ou une reine avait comme référent ultime une liste de fêtes royales dont les dates étaient établies d’après le calendrier macédonien»; il corsivo è della studiosa; cfr. anche ivi, p. 70).

66 Ma 2004, pp. 403-404, n. 36, ll. 14-18. Vd. Schuler 2007, pp. 395-396 e sopra, con nt. 33.

226

All’aspetto della presenza reale negli archivi cittadini, nelle sue diverse e molte-plici applicazioni, si collega naturalmente quello, speculare, della sua cessazione, attraverso lo scarico – eventuale – del materiale connesso con figure o regni non più praticati dalla polis (restando inteso che la documentazione reale connessa con la dinastia di governo o controllo doveva essere conservata in tutte le componenti principali e di lunga durata della sua filiera)67. Che ci potesse essere attenzione al riguardo da parte di un sovrano sembra emergere dalla richiesta di Attalo III alla propria città capitale di immettere nella sezione delle «leggi sacre» (iJeroi; novmoi) dell’archivio civico, ex officio e dichiaratamente di validità illimitata, i prostagmata reali circa la nomina di Ateneo a sacerdote ereditario di Zeus Sabazio, l’installazio-ne del dio nel Nikephorion e le cerimonie da compiere, «affinché [gli onori per il dio e i beneficî per il personaggio] permangano per sempre non rimossi né modi-ficati» (o{pw~ a]n eij~ a{panta crovnon ajkivnhta kai; ajmetavqeta mevnhi)68.

Come s’è visto, il problema riguarda sostanzialmente la corrispondenza con le sue componenti e conseguenze normative, la documentazione fiscale, quella connessa con l’organizzazione istituzionale e religiosa.

L’interesse della città a conservare comunque le missive di un re o della sua amministrazione che la riguardavano appare evidente per ciò che concerneva la definizione del suo statuto e delle sue relazioni con l’autorità rappresentata, in base al «principio burocratico-amministrativo del ‘risalire il più indietro pos-sibile nella serie degli atti delle amministrazioni reali relativi alla questione’» riconosciuto dagli studiosi ai rapporti tra petenti e autorità69. E in questa prospet-

67 A prescindere naturalmente dai ritmi d’archivio riservati ai documenti a vita breve coinvol-ti nella relazione qui parzialmente delineata.

68 RC 67, ll. 14-16 (OGIS 331, ll. 58-60, cfr. sopra, nt. 11); Pergamo aveva compiuto l’operazione attraverso lo psephisma adottato all’uopo, come rilevano le linee finali, sole superstiti, che pre-vedono l’archiviazione anche di esso: ejggrav[y]ai de; kai; eij~ [to]u;[~ iJ]erou;~ novmou~ [tou;~ th]~ [pov]lew~ [t]ovd[e to;] yhvfisma kai; crh`sqai aujtw`i novmwi kurivwi eij~ a{panta to;g crovnon (OGIS 331, ll. 2-4). Le ipotesi di C.B. Welles (p. 271) circa le ragioni dell’ultimo re di Pergamo per la ri-chiesta – sostanzialmente l’incertezza del futuro – non sono dimostrabili (in ogni modo da sfu-mare è l’idea che «royal enactments… would not outlast the dinasty»). L’espressione nel testo era una variante retorica del formulario civico relativo ai decreti che passavano a leggi (sacre): cfr. il pressoché contemporaneo psephisma Virgilio, LDP2, pp. 246-251, n. 14 (con Hamon 2004) che doveva essere [k]uvrion... eij~ a{panta to;n crovnon kai; kat[a]te[qh`n]ai... ejn novmo[i~ iJ]e[roi`~] (ll. 61-62; la «deposizione» naturalmente aveva significato concreto) e, sempre per il II secolo, LSAM 13, ll. 40-43, il regolamento civico per il sacerdozio di Asclepio, con la variante ejggravyai de; kai; eij~ tou;~ novmou~ [tou;~ t]h`~ [pov]lew~ to; yhvfisma tovde kai; [crhvsqw]san aujtw`i novmwi kurivwi eij~ a{panta to;n crovnon. Per un’attestazione di basilikoi nomoi a Pergamo, vd. in fine.

69 Cfr., nello specifico per il caso di Labraunda, Virgilio 2001, p. 49 e Bencivenni 2003, p. 281, nt. 68, che riprendono le considerazioni di Habicht 1972, p. 168, via Robert, BE, 1972, 422, p. 462 (cfr. anche Bencivenni 2003, pp. 260-261, nt. 8, con Dignas 2002, pp. 277-278). L’even-tuale incisione delle lettere promossa dalle città potenziava l’efficacia politica ed esemplare delle disposizioni impartite in esse, ma costituiva pur sempre una – ulteriore – «diramazio-ne» documentaria della catena nella quale esse erano inserite, che garantiva nel suo complesso il fondamento giuridico dell’operazione specifica (la quale poteva essere «rappresentata» in misura più o meno completa attraverso la pietra: per un’analisi di motivi e aspetti della pratica,

227la ‘presenza’ dei re negli archivi delle poleis ellenistiche

tiva occorre considerare il fatto che la città conservava non solo i documenti che le riconoscevano dei privilegi (e che venivano sovente iscritti), ma anche quelli di contenuto meno favorevole (epigraficamente esibiti solo collateralmente e in contesti particolari). Basterà ricordare due casi, nei quali la procedura di resa epi-grafica attesta una vita d’archivio trasversale alle diverse autorità di controllo.

Com’è noto, Priene dovette gestire per molta parte della sua storia una situa-zione territoriale fatta di contestazioni e conflitti. Non sorprende che essa, in generale attenta alle carte civiche, tenesse via via memoria dei documenti reali che vi pertenevano. Nel 285 ca., impegnata a trattare uno status favorevole con Lisimaco, la città esibiva (per intero o per estratto) l’autorevole dispositivo di Ales-sandro, del 334, che aveva definito i suoi confini e concesso un’ateleia70. Nel 196-191, in occasione dell’arbitrato rodio nella rinnovata contesa territoriale con Samo, Priene poteva aver ancora esibito un documento di Alessandro, oltre a ejpistolai; basilikaiv delle diverse dinastie coinvolte e le lettere dello stratego lagide Agesar-co del 245 ca.71. Ed è difficile pensare che, nel 135, quando legati prienesi e samî si recarono a Roma per un’ulteriore fase della contesa, i primi recassero soltanto il pur dettagliato testo dell’arbitrato, cui si richiamava il senato per la conferma72.

Significativo, sotto diversi aspetti, è anche il dossier collegato alla già ricorda-ta querelle fra il sacerdozio del santuario di Labraunda e la polis di Milasa in Caria, composto dalle lettere di re e amministratori lagidi, seleucidi, antigonidi redatte

vd. Bencivenni 2010, spec. pp. 165 sgg. e anche quanto segue). Dal canto loro, i Romani non mancarono di dichiarare la validità di provvedimenti giuridici e fiscali dei re di cui assumevano i territorî, come dimostrano ad esempio i senatoconsulti Popillianum e Licinnianum del 132 e 119 (riferiti rispettivamente agli Attalidi e a Mitradate V del Ponto: RDGE 11, con SEG 50, 1212, e 13, con Daubner 2003, pp. 231-235 per la data).

70 Un diagramma per Bencivenni 2003, pp. 8, nt. 12, 30, nt. 39; un insieme di tre documenti per Vacante 2010, pp. 220, 232 sgg. La versione significante del precedente (con la sua rubrica d’archivio, piuttosto che epigrafica, Basilevw~ jA[lexavnd]rou) e il dossier decreto civico-lettera di risposta venivano incisi contemporaneamente sul fronte dell’anta Nord del tempio di Atena Poliade: I.Priene 1 (con Vacante 2010, pp. 220-221), 14, 15, con Sherwin-White 1985, pp. 82-83; Magnetto 2008, p. 18.

71 Vd., rispettivamente, Magnetto 2008, p. 42, ll. 168-70 (con pp. 105 e 176), l. 171 (con pp. 110, 139 e, per una lettera di Antioco III, l. 167, pp. 140-141, con una datazione fra 213 e 197), ll. 131-132 (con pp. 131-132); vd. anche Magnetto 2009, p. 9. Sull’archivio prienese, interessato dalla vicenda, vd. Magnetto 2008, p. 178 e Camia 2009, p. 91; i Prienesi, che citavano col rimando ad annum la legazione a Lisimaco del 283/2 ca. (p. 40, ll. 120-121), conservavano senz’altro copia della lettera del diadoco che aveva allora attribuito la vittoria a Samo (che l’aveva pubblicata: IG XII 6.1, 155). Per la data dell’arbitrato, vd. Magnetto 2009, pp. 10 sgg.

72 Camia 2009, p. 86 (già I.Priene 41, RDGE 10B; cfr. Famerie 2007, pp. 99-101, AEp 2007, 1428), l. 12. L’esibizione di documenti può essere indicata dal rimando come precedenti ai krithvria kekrimevna accettati da Roma qualche tempo prima nel senatoconsulto inciso nell’«archivio» del tempio di Atena (Famerie 2007, pp. 99-100 (AEp 1427), l. 5; cfr. Magnetto 2009, p. 16, con cui s’inclina qui a pensare che il documento, già I.Priene 40, RDGE 10A, fosse riferito sempre alla contesa con Samo; non toccate sono comunque le capacità documentali di Priene, che poteva forse anche rifarsi a un verdetto di Antigono Monoftalmo: vd. Magnetto 2008, pp. 109-110 e 2009, loc.cit.).

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fra 280 ca. e 219, sette delle quali, databili o agli anni ’40 o agli anni ’20, ci sono giunte riprodotte su diversi supporti nel santuario e nella polis, o in immedia-ta conseguenza dei fatti, o in epoca romana (alla fine del II secolo o nel I secolo d.C.)73. Che il dossier avesse anche e sempre una sua vita d’archivio parallela a quella epigrafica può essere suggerito dal recente rilievo che la lettera di Seleuco II a Olimpico del 242 ca. (e da questi inoltrata a Milasa), iscritta sia all’arrivo sia nella prima età imperiale romana, figurava con la lettera d’accompagnamento del funzionario solo nella seconda incisione74. Non iscritto nelle due riprese del documento cui era connesso (del 220 ca. e del tardo II sec.) risulta sinora anche l’antigraphon della lettera di Olimpico a Seleuco II suscitata negli anni ’40 dall’u-dienza conseguente alle prime decisioni del re, che lo stratego trasmetteva alla polis con la propria epistola di conferma del suo statuto e delle sue competenze75. Parte del dossier labraundeno trovava inoltre nella prima età imperiale ulteriore versione epigrafica a Milasa stessa, a giudicare dalla conservata trascrizione della lettera di Olimpico alla città del 22076. Quali che fossero le ragioni della rivaluta-zione dei documenti in diversi momenti dell’epoca romana, appaiono evidenti l’interesse e il valore riconosciuti dai diversi interlocutori ai precedenti ammini-strativi, di qualsivoglia origine, uniti alla pratica di usare epigraficamente atti “a disposizione”77.

73 Vd. sopra, con nt. 15. Gli archivi in questione dovevano essere due, quello dei sacerdoti e quello della polis, entrambi dotati della corrispondenza e della documentazione in oggetto. La considerazione di Isager 2011, p. 206 che la lettera di Olimpico a Milasa che concludeva in senso positivo la fase degli anni ’40 del III secolo «quite likely» fosse incisa circa vent’anni dopo può sostenere l’idea di J. Crampa (I.Labraunda, p. 52) che la (sinora) unica incisione contemporanea dei documenti del 240 ca., la lettera di Seleuco a Olimpico favorevole a Khorris, senza la lettera del funzionario alla città, derivasse dall’archivio sacerdotale e riflettesse il (momentaneo) pre-valere dell’autorità religiosa (cfr. Reger 2010, p. 51). Rovesciando la prospettiva, si può anche ritenere che l’autorità che dettava l’iscrizione fosse Milasa, che pubblicava una lettera in fondo «possibilista» e taceva della trasmissione di Olimpico, che richiedeva l’«obbedienza» ad essa (I.Labraunda 2, l. 5).

74 Cfr. Isager 2011, pp. 206 con ntt. 25 e 27, 207-208 e 213: si tratta rispettivamente di I.Labraunda 1, 1B (Virgilio, LDP2, pp. 272-273, n. 20) e di I.Labraunda 2. A quanto si può giudicare attraverso le lacune, i testi delle diverse serie risultano identici nel dettato, fatta salva la monottongazione.

75 I.Labraunda 3 (Virgilio, LDP2, pp. 273-275, n. 21), ll. 24-25; 3B, ll. 7-8; cfr. I.Labraunda 4, ll. 6-7. Non escludeva l’incisione anche dell’antigraphon Crampa, I.Labraunda, p. 52.

76 I.Mylasa 23, con Virgilio 2001, p. 48, nt. 31 (cfr. I.Labraunda 4); la nota di Crampa, ad I.Labraunda 4, p. 24, nt. 1, che il documento milaseo «may have belonged to a collection of earlier documents» non chiarisce il rapporto con la documentazione d’archivio.

77 Per un’analisi delle circostanze storiche e del rapporto tra le diverse entità coinvolte, vd. (con qualche cautela) Dignas 2002, pp. 204 sgg. Per una rassegna dei documenti di età ellenisti-ca iscritti a Labraunda in età romana, vd. Chaniotis 1988, pp. 248 (D32), 250-251 (D41), con l’i-dea del rinnovo di documenti già incisi, per contingenti ragioni politiche (pp. 256, 273-274). Si ricorderà che all’incirca alla stessa epoca avveniva la nota indagine tiberiana sui titoli dell’asylia micrasiatica, la quale riconosceva, accanto ai maiorum beneficia e ai sociorum pacta, anche regum… qui ante vim Romanam valuerant, decreta (Tac. Ann. III, 60).

229la ‘presenza’ dei re negli archivi delle poleis ellenistiche

Prova significativa dell’importanza dei documenti reali per l’amministra-zione di una polis impegnata con i susseguenti poteri di controllo e anche del destino d’archivio in cui quegli atti potevano incorrere è quanto emerge da un insieme epigrafico dell’1 a.C. di Nysa, già fondazione seleucidica, che riferisce e riproduce l’esito di una vicenda documentale lunga quasi tre secoli, connessa con il riconoscimento di beneficî al santuario di Plutone e Kore entrato nella perti-nenza della colonia. Esso vedeva incisi una lettera del 281 di Seleuco I e del figlio Antioco ad un funzionario (preceduta forse dalla lettera di accompagnamento di questi alla località allora interessata), una di re di altra dinastia impegnato a confermare quanto riconosciuto dagli e[mprosqen / pro; hJmw`n basilei`~ e altri documenti correlati78. A quanto si può dedurre dal documento civico che è all’ori-gine della scrittura epigrafica, si trattava di ta; iJera; gravmmata, che la città aveva conservato in archivio, ma che aveva dovuto rimuovere in epoca romana, quando verisimilmente i privilegi erano stati revocati. Uno degli strateghi cittadini, che si era occupato (ejpimelhqeiv~) degli interessi del luogo di culto e della città presso il governatore romano, riportandone alla fine una lettera d’assenso, si era difatti curato di recuperarli, di «illustrarli» (ejmf[a]nivsa~) al magistrato e di «restituirli al (loro) archivio» (ajpokatevsthsen eij~ to; grammath`on), ricomponendo ufficial-mente un dossier che la polis si premurava di riprodurre, per le parti significative, sulla pietra nel santuario79.

Il medesimo principio del valore di precedente da confermare o da modi-ficare, specialmente nel passaggio da un controllo all’altro, si può attribuire ai documenti fiscali – almeno quelli cumulativi e di trasmissione – che entravano evidentemente in causa quando si doveva dimostrare la consistenza di un contri-

78 RC 9 (lettera di Seleuco I e Antioco, per lo studioso forse già incisa a tempo debito), 64 (di re imprecisabile: per l’ipotesi di Mitradate VI, dopo l’88, vd. Rigsby 1996, pp. 402-403, n. 185; sui tentativi d’identificazione, che comprendono anche Antioco III ed Eumene II, vd. la discussione di Ma 2004, p. 214, che esclude Antioco III sulla base dell’uso del singolare, presupposto ora da rivedere, come segnalato da Virgilio 2010, pp. 119 sgg.; 2011, pp. 75, 224-230; il riferimento ai predecessori citato nel testo è alle ll. 7, 12, 13); per i frustuli di ulteriori documenti del dossier, compresa all’apparenza una lettera reale tardo-seleucidica che menziona Antioco «il Grande» e che precede RC 64, vd. Rigsby 1996, p. 401; Ma 2004, pp. 218-219, 311-312.

79 Syll.3 781 (RDGE 69), I, ll. 9 sgg.; al documento civico segue la lettera del proconsole (II), debitamente «consegnata» in patria dall’emissario niseo (ajpodouv~, l. 13) e registrata all’arrivo (vd. l. 14, la data di recezione): di essa si sono conservati solo la formula di saluto e l’inizio delle considerazioni, con il nome dello stratego (ll. 15-16). Alla ricostruzione indicata, che riprende le osservazioni di Rigsby 1996, p. 405 sui «papyrus documents» in questione, non sembra poter-si opporre un’alternativa ragionevole (soprattutto non quella, pure considerata dallo studioso, «that grammateion here means the archival wall at the temple»). I tre mesi intercorsi fra l’arrivo della lettera del proconsole e la «verbalizzazione» epigrafica furono necessari per le eventuali verifiche dei documenti esibiti al magistrato, forse più numerosi di quelli iscritti, e per l’inci-sione del dossier (inevitabile è la conclusione di Rigsby, loc. cit., che i documenti o le loro copie «had been kept privately over the intervening years by interested parties»). Per un periodo mi-tridatico di Nisa, che giustificherebbe una crisi nei rapporti con Roma, vd. Rigsby 1996, p. 402 e Campanile 1996, pp. 162 sgg. Vd. anche, in generale sul rapporto fra autorità civili e santuario, Boffo 1985, pp. 287-293.

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buto per il quale si dichiarava l’entità imponibile e/o si richiedeva una forma di esonero. È lecito immaginare che le dichiarazioni generali di beneficio fiscale si fondassero in realtà su trattative specifiche, corredate dei documenti “storici” che riferivano alla nuova, o rinnovata, signoria, le aree imponibili, lo stato tributario, l’entità media delle prosodoi connesse.

Il processo della relazione fra Antioco III e Teo illustrato dal primo dei due decreti civici in onore della coppia reale, al di là dei «filtri» del linguaggio di-plomatico, è ricco di suggestioni80. Un soggiorno nella polis aveva reso edotto il re della «grandezza» (mevgeqo~) delle syntaxeis versate ad Attalo I da una quindi-cina d’anni, che egli prometteva di condonare nell’assemblea in cui dichiarava la polis sacra, inviolabile ed «esente dal phoros»; lasciati i particolari tecnici ad una successiva legazione della città richiesta per lettera quando era ormai lontano, Antioco alla fine confermò ad essa di aver esonerato Teo in perpetuo dei phoroi pagati al rivale81. Appare difficile escludere che l’operazione avesse implicato dei grammata con una registrazione della contabilità precedente, necessarî per le verifiche applicative di una rimozione che si configurava «per sempre» e che aveva le sue conseguenze nell’amministrazione e nelle entrate seleucidi82. E non mette conto qui di rilevare le componenti documentali del regolamento fiscale di Apamea del 188, per le poleis che avrebbero dovuto pagare a Eumene i tributi già versati ad Antioco83.

Più sfuggente (a motivo dello stato delle nostre conoscenze sul fenomeno) è il destino dei documenti d’archivio connessi con le diverse forme di onoranza religiosa, o delle voci derivate nei documenti della città84.

Una categoria che diviene semplice concludere come conservata in ogni modo è naturalmente quella degli atti amministrativi civici che richiamavano la figura reale soltanto attraverso la data, o la menzione di una tribù intitolata. Com’è stato di recente chiarito, anche in un caso di rimozione esasperata della memoria come quello dell’Atene del 200 a.C. contro tutti gli Antigonidi (in ogni caso avvenuta dopo ventinove anni di distacco effettivo), perfino le azioni mani-

80 Per la natura del linguaggio in questione e per l’immagine nel testo, vd. Ma 2004, p. 354.

81 Ma 2004, pp. 351-353, n. 17, ll. 14, 19-20, 29-34.

82 Per una valutazione «amministrativa» dell’operazione in due tempi, vd. Ma 2004, p. 92, con qualche forzatura; vd. anche Capdetrey 2007, pp. 418 sgg. (a sua volta, la decisione del re «n’avait de force et ne pouvait s’inscrire dans la durée que si sa formulation prenait une forme écrite»); non si entra qui nella vexata quaestio semantica e di sostanza del rapporto tra phoros e syntaxis, ricorrenti nelle fonti con apparente indifferenza e incoerenza, e in quella dello statuto della aphorologesia in relazione ai diversi obblighi contributivi di una città verso il re di turno: vd. a riguardo Chankowski (V.) 2007a, pp. 324 sgg., con giuste osservazioni circa la necessità di andare oltre la mera considerazione del «discorso ideologico reale» (e civico).

83 Polyb. 21,45,2.

84 E che ancora una volta deve essere valutata a prescindere dal destino epigrafico dei docu-menti, sinora l’unico a essere preso in considerazione nell’ambito delle ricerche sulla damnatio nel mondo greco. Vd. anche quanto segue.

231la ‘presenza’ dei re negli archivi delle poleis ellenistiche

feste di erasione epigrafica furono selettivamente concentrate nelle aree centrali della polis e in ogni modo non toccavano il contenuto dei documenti, liste, decre-ti onorarî per singoli o collegi85. Precisamente la finalità dimostrativa, a quanto pare limitata nel tempo, oltre che nello spazio, sembra contrastare con l’idea di un’indagine più o meno sistematica (e piuttosto impegnativa) negli archivi per l’abolitio nominis corrispondente.

Naturalmente rimossi dovevano essere invece i documenti legati ad un’or-ganizzazione tribale decaduta. Se esplicito è il caso di Atene, con le modifiche già segnalate, meno chiaro è il caso di altre poleis, sia ove non ci siano dati pre-cisi sulla fine di un ordinamento, sia ove resti testimonianza delle phylai reali o dinastiche per epoche tarde. Ad esempio il destino dell’organizzazione legata alla tribù Asandris ci è precluso dall’incertezza circa la data di creazione e il suc-cesso dell’unione fra Latmo e Pidasa (comunque legata al decennio di governo del satrapo, 323-313) e il rapporto istituzionale tra Latmo e la successiva Eraclea al Latmo, fondata nei pressi negli anni del controllo di Antigono Monoftalmo86. Se è tuttavia vero che il permanere della stele nel tempio poliade di quest’ultima attesta l’inserimento del documento nella (almeno epigrafica) «lokalgeschicht-liche Urkundensammlung», come una sorta di «Gründungsurkunde», e che ad Asandro, come «fondatore», era riservato un culto nell’ambito della phyle, non si può escludere che almeno quest’ultimo fosse rimasto e che nei hiera grammata della nuova città se ne conservasse documentazione87.

Precisamente l’atteggiamento conservativo o di recupero delle memorie delle città si connette con il permanere o il riemergere del culto per un sovrano o per una dinastia, con tutte le sue manifestazioni pubbliche e le sue giustificazioni documentali, originali o rinnovate. Com’è noto il problema è complesso e condi-zionato dalla scarsità e natura delle fonti, ma è lecito attendersi, per periodi più o meno lunghi, una sopravvivenza attiva, oltre che, in alcuni casi, un recupero, con i suoi diversi riflessi nella documentazione d’archivio, via via conservata, ricopia-ta, creata88. I dies festi, sacra, sacerdotes che Atene nel 200 annullò per gli Antigonidi

85 Vd. Byrne 2010, spec. pp. 65 sgg.; vd. anche Culasso Gastaldi 2003, pp. 259-260. Ciò non escludeva naturalmente che la versione d’archivio di quei documenti andasse soggetta al «nor-male» destino degli atti civici col passare del tempo. Sulle vicende storiche ateniesi dell’epoca, vd. Habicht 2006, pp. 218-220 e Byrne 2010, p. 159. Vd. anche sotto.

86 Sulle incertezze legate all’operazione, variamente collocabile nel periodo di dominio di Asandro, vd. Bencivenni 2003, p. 166; Wörrle 2003b, p. 1376, nt. 61. Sui rapporti con la succes-siva fondazione, vd. Wörrle 2003b, pp. 1375 sgg.

87 Per le considerazioni sulle memorie della città di Eraclea evocate dal documento e dalla sua storia, vd. Wörrle 2003a, pp. 142-143, donde si traggono le citazioni nel testo, e 2003b, p. 1376. Quanto alla documentazione interessata, si può pensare, se non al decreto istitutivo, almeno a voce sul «libro sacro» della città (vd. qui sopra).

88 Si tratta naturalmente di cogliere la vitalità delle manifestazioni al di là del permanere delle epigrafi e dei monumenti, variamente investiti di un valore storico e dimostrativo che aveva vita propria: cfr. Savalli-Lestrade 2009, pp. 141-142; 2010a, pp. 68 sgg. Un caso per il quale l’apparente rimozione dei manufatti è stato visto corrispondere alla cancellazione di

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si poterono mantenere senza disagio in luoghi ben più numerosi di quelli che sinora documentano per epoche anche molto più tarde giorni intitolati, mesi, tribù, festività e concorsi, sacerdozî, santuarî89.

Allo stesso modo vivevano di vita propria i diversi istituti finanziarî connessi con capitali di fondazione erogati dai re, con il corredo di documenti correlati. Si-gnificativo è il caso di Colofone, che in età romana amministrava il fondo offerto dagli Attalidi per banchetti da offrire ai frequentatori del ginnasio dopo l’efebia, la cui celebrazione annuale richiedeva un decreto e la nomina di epimenioi de-putati, con l’avviamento delle procedure di finanziamento per quel che doveva figurare, nei diversi luoghi, sotto la rubrica basilika; dei`pna90.

È in questa prospettiva dei destini archivistici di documenti più o meno di-rettamente prodotti dall’amministrazione reale che occorre valutare il contro-verso caso del basilikos nomos pergameno – un regolamento urbanistico sotto la responsabilità degli astynomoi locali – fatto incidere in età traianeo-adrianea da

tutto il dispositivo in occasione del passaggio di dinastia appare quello di Teo, i cui decreti per Antioco e Laodice disposti su blocchi di parastas del tempio furono rinvenuti fuori sito presso il muro del temenos (Herrmann 1965, pp. 31-33, 89-93): se l’idea avanzata da Chaniotis 2007, p. 171, che Teo avrebbe avuto interesse a rimuovere quanto era collegato con un re che si era distin-to per aver eliminato le syntaxeis pagate al rivale, è plausibile, occorre pur sempre riflettere sull’e-sistenza della lista dei Seleucidi divinizzati incisa nel II secolo OGIS 246 (Kotsidu 2000, pp. 473-474, n. *356 [E]; cfr. Ma 2004, pp. 192, 211). In generale sulla durata delle forme di culto reale nelle poleis, vd. ancora Habicht 1970, pp. 186 sgg.; per una rassegna delle attestazioni, vd. Kot-sidu 2000 (Kultische Ehrungen, pp. 636-637 dell’indice, alle diverse voci). Vd. anche sopra, nt. 41.

89 Per le vicende ateniesi vd. ancora Liv. 31,44, 4: il decreto, oltre all’abolitio nominis, preve-deva diesque festi sacra sacerdotes, quae ipsius [Filippo V] maiorumque eius honoris causa instituta essent, omnia profanarentur. L’associazione dei Demetrieia con le Dionisie, iniziata nel 295/4, era terminata con la rivolta ateniese al re nel 288/7 (cfr. Le Guen 2010, pp. 506, 510). L’elenco delle attestazioni nel testo riprende quello (analitico) di Chankowski (A.S.) 2010, pp. 277-278, che è comunque suscettibile di ampliamento. Per il mantenersi del culto reale, inter alia inserito nel sistema dell’evergetismo, vd. già Robert 1966, p. 15 (ripreso in Gauthier 1985, pp. 48-49); per gli Attalidi onorati a Pergamo almeno sino al 60 a.C., con un possibile accantonamento al tempo della permanenza in città del re del Ponto, vd. Virgilio 1993, spec. pp. 69 sgg., 92 sgg.; per il mantenersi nella Sardi dell’epoca augustea degli Eumeneia e Panathenaia (per l’Atena di Pergamo) istituiti nel 166 ca., vd. Robert, Robert 1950, pp. 7-8, 18-25.

90 SEG 39, 1244, II, ll. 46-54: ejpiv te prutavnew~ Eujfravnoro~ yhfisamevnou tou dhvmou ta; basili-ka; deipna toi~ nevoi~ kai; presbutevroi~ sunteleisqai, twn de; didomevnwn eij~ tauta crhmavtwn mh; diapoiouvntwn, ajlla; twn ajpodeiknumevnwn ejpimhnivwn oujk ojliva eJautwn eijsferovntwn Mevnippo~ touv~ te mevllonta~ ejpimhnieuvsein ajpevluse th~ dapavnh~, tav te didovmena crhvmata para; th~ povlew~ ajnevpemye thi povlei, thvn te tou dhvmou proaivresin kai; ta;~ twn basilevwn ejth[si - - - - - -, su cui vd. Robert, Robert 1989, pp. 99-101 (per i quali si tratterebbe di una ripresa dell’istituto) e Bringmann, Steuben, pp. 303-304, n. 262a [E]; da circostanziare è la lettura di Fröhlich 2009, p. 83, nt. 122, che accenna al dato come a uno degli «examples d’évergètes prenant le relais des rois» (come per l’anonimo ginnasiarco pergameno che fornì l’olio [k]atanaloumevnwn [c]r[h]mavtwn... ejk twn basilikwn ga[zwn... ], esauritisi dopo la morte di Attalo III nel torno di qualche anno: P. Jacobstahl, «MDAI(A)» 33 (1908), pp. 381-383, n. 3 + H. Hepding «MDAI(A)» 35 (1910), pp. 419-421, ll. 9-10, su cui vd. Hamon BE, 2009, 518 e, per la data del decreto al 129, Wörrle 2007, p. 509). Per i problemi di datazione, per la quale si propongono gli anni seguenti al 120 o al 90, vd. Eilers 2002, pp. 124 sgg.

233la ‘presenza’ dei re negli archivi delle poleis ellenistiche

uno di quei magistrati, a sue spese, nell’area dell’agorà inferiore della polis91. Il collegio, che doveva continuare ad avere un proprio ajrcei`on – ufficio e archivio – poteva ancora disporre di una copia (di cui si manteneva l’ortografia) di un re-golamento che conteneva gli ambiti d’intervento e rappresentava la continuità delle funzioni della magistratura92.

Non si può dire quali fossero i termini di applicazione di quel precedente “storico”, ma esso costituiva evidentemente un documento di riferimento per chi esercitava quella carica, degno di un’esposizione che dava rilievo al magistrato promotore di essa93.

91 SEG 13, 521 (alla l. 1, correggi ajstunovmwn in ajstunomw`n). Per i problemi di datazione dell’e-pigrafe – ad esempio ricondotta dai Robert all’epoca ellenistica avanzata (BE, 1952, 137; 1955, 188) – vd. Chandezon 2003, p. 189, nt. 33; sul problema del rapporto tra normativa risalente e attualità imperiale romana, vd. ad esempio Virgilio 1993, pp. 111-114 (di cui non si condividono tutte le considerazioni); vd. anche Amelotti 2001, p. 225.

92 Per il rilievo dell’ortografia vd. Robert, Robert, BE, 1952, 137. La menzione esplicita a un ajrcei`on è alle ll. 227-229, laddove si prescrive una multa per gli astinomi se essi mh; qw`ntai th;n ejf V eJautw`n grafh;n tw`n freavtwn eij~ to; aj., al termine della sezione riservata alle cisterne; la prima disposizione relativa al controllo di esse è che i magistrati ajnagrafovmenoi [la lista delle strutture nelle case] ejn tw`i Panqeivwi mhni; tiqevsqwsan th;n grafh;n pro;~ tou;~ strathgouv~ (ll. 206-208). Resta da chiarire se l’archeion in questione sia il medesimo, come sembra indicare una prima lettura e come pensano quanti lo intendono come «archivio» tout court (vd. ad esempio Allen 1983, p. 176); che la documentazione prodotta dagli astinomi avesse collocazione artico-lata, a partire precisamente dal loro ufficio, appare naturale dagli usi nelle poleis: la graphe in questione doveva figurare anche (almeno) negli archeia degli strateghi (per struttura e organiz-zazione degli archivi di Pergamo, si rimanda al volume in preparazione).

93 Ad «impliciti aggiornamenti» pensava Amelotti 2001, p. 225, in evidente riferimento al fatto che le multe nel documento originario erano conteggiate in dracme (per un caso analogo, sempre da Pergamo, vd. Wörrle 1969, con pp. 185-187 e nt. 99). Sull’importanza del documento per il collegio magistratuale, vd. ancora Wörrle 1969, p. 188.

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