ARCHIVI E STORIA NELL’EUROPA DEL XIX SECOLO · PUBBLICAZIONI DEGLI ARCHIVI DI STATO SAGGI 90...

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PUBBLICAZIONI DEGLI ARCHIVI DI STATO SAGGI 90 ARCHIVI E STORIA NELL’EUROPA DEL XIX SECOLO Alle radici dell’identità culturale europea Atti del convegno internazionale di studi nei 150 anni dall’istituzione dell’Archivio Centrale, poi Archivio di Stato, di Firenze Firenze, 4 –7 dicembre 2002 a cura di Irene Cotta e Rosalia Manno Tolu MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA’ CULTURALI DIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI 2006

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  • PUBBLICAZIONI DEGLI ARCHIVI DI STATOSAGGI 90

    ARCHIVI E STORIA NELL’EUROPA DEL XIX SECOLO

    Alle radici dell’identità culturale europea

    Atti del convegno internazionale di studi nei 150 anni dall’istituzione dell’Archivio Centrale,

    poi Archivio di Stato, di FirenzeFirenze, 4–7 dicembre 2002

    a cura di

    Irene Cotta e Rosalia Manno Tolu

    MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA’ CULTURALIDIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI

    2006

    NotaI due tomi dell'opera sono uniti in questo unico file.

  • DIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI

    Servizio I – Ufficio pubblicazioni

    Direttore generale per gli archivi : Maurizio Fallace

    Redazione : Anna Bellinazzi, Irene Cotta, Daniela Dani, Rosalia Manno Tolu

    Impaginazione : Domenico Andergassen

    © 2006 Ministero per i beni e le attività culturaliDirezione generale per gli archivi

    ISBN 88-7125-286-1Vendita: Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato – Libreria dello Stato

    Piazza Verdi, 10 – 00198 Roma

  • COMITATO SCIENTIFICO

    FRANCESCO ADORNO, Accademia «La Colombaria»ERIK AERTS, Archives générales du Royaume, BruxellesMARIE-PAULE ARNAULD, Centre historique Archives nationales, ParisANNA BELLINAZZI, Archivio di Stato di FirenzeMAURIZIO BOSSI, Gabinetto G. P. VieusseuxGIULIANO CATONI, Università degli studi di SienaEMILIO CRISTIANI, Deputazione toscana di storia patriaANTONIO DENTONI LITTA, Direzione generale per gli Archivi GIUSEPPE GALASSO, Università degli studi NapoliPAUL GINSBORG, Università degli studi di FirenzeSALVATORE ITALIA, Direzione generale per gli archiviROSALIA MANNO TOLU, Archivio di Stato di FirenzeMARIA PIA MARIANI, Direzione generale per gli archiviMAURO MORETTI, Università degli studi di PisaGIULIANO PINTO, Università degli studi di FirenzeILARIA PORCIANI, Università degli studi di BolognaRAFFAELE ROMANELLI, Istituto universitario europeo, FirenzeSILIO P. P. SCALFATI, Università degli studi di Pisa

  • PROGRAMMAFirenze, Archivio di Stato

    4 dicembre

    Indirizzi di saluto: Salvatore Italia – Direttore Generale per gli ArchiviEmilio Cristiani – Presidente Deputazione di storia pa-tria per la ToscanaFrancesco Adorno – Presidente Accademia toscana discienze e lettere «La Colombaria»Paolo Del Bianco – Presidente Fondazione RomualdoDel Bianco

    Relazioni introduttive: Rosalia Manno Tolu (Archivio di Stato di Firenze)Mauro Moretti (Università di Pisa)

    I. Cultura e archivi nell’Europa dell’Ottocento

    Coordina: Luca Mannori (Università di Firenze)Presiede: Maria Pia Mariani (Direzione generale per gli Archivi)

    Marcello Verga – Patriottismo istituzionale e memoria collettiva negli Stati di anticoregime.

    Maria Pia Casalena – Archivisti a congresso. Il dibattito sugli archivi nei Congressiscientifici italiani e francesi dell’Ottocento.

    Donato Tamblé – Gli archivi e l’archivistica in carteggi inediti di archivisti e di sto-rici dell’Ottocento.

    Francesca Cavazzana Romanelli – Storia degli archivi e modelli culturali: protago-nisti e dibattiti dall’Ottocento veneziano.

    Attilio Brilli – Il Grand Tour attraverso gli archivi. Quando i giovani incontravano inItalia l’Europa.

    Pedro Carasa Soto – Nacionalismos europeos y investigaciòn en el Archivo de Si-mancas en el siglo XIX.

    II. Il contesto storico-culturale toscanoCoordina: Mario Ascheri (Università di Siena)Presiede: Luigi Mascilli Migliorini (Università di Napoli «L’Orientale»)

    Romano Paolo Coppini – Una materia sfuggente: la cattedra di Storia nell’Univer-sità di Pisa.

  • Alessandro Volpi – Storie e storici nell’«Antologia» di Giovan Pietro Vieusseux.Maurizio Bossi – Letizia Pagliai, Opinione pubblica nazionale e riflessioni sulla sto-

    ria nel carteggio di Giovan Pietro Vieusseux.Enrico Spagnesi – Accademie e storia nella Firenze dei Lorena.Alessandra Contini – Organizzazione di archivi e riforme nel Settecento.

    5 dicembre

    III. L’Archivio centrale di Stato a Firenze

    Coordina: Anna Bellinazzi (Archivio di Stato di Firenze)Presiede: Giuseppe Pansini (Archivio di Stato di Firenze)

    Diana Toccafondi – Archivi, retorica e filologia: il metodo storico bonainiano nel pas-saggio verso l’Unità d’ Italia.

    Stefano Vitali – Carlo Vivoli – Tradizione regionale e identità nazionale alle origi-ni degli Archivi di Stato toscani.

    Massimo Sanacore – Riforme istituzionali e visioni giuspubblicistiche nella fondazio-ne dell’Archivio centrale di Firenze.

    Silio P. P. Scalfati – Francesco Bonaini e gli studiosi del mondo tedesco.Francesca Klein – Francesco Martelli – Lo stato maggiore del Regio Archivio di

    Firenze: i collaboratori di Bonaini e Guasti tra professione e militanza culturale.Irene Cotta – L’organizzazione della Sala di studio del Centrale di Stato tra esigen-

    ze di conservazione, sicurezza e consultazione.Raffaella Maria Zaccaria – Gli archivi della Repubblica fiorentina nella sviluppo

    storiografico del secolo XIX. Tra indagine storica e metodologia archivistica.

    IV. L’organizzazione degli Archivi per la ricerca storica

    Archivi italiani prima e dopo l’unificazione nazionale

    Coordina: Clara Cutini (Archivio di Stato di Perugia)Presiede: Antonio Romiti (Università di Firenze)

    Marco Carassi – Isabella Ricci Massabò – I dilemmi dell’archivista ottocentescotra strategie politiche, orientamenti storiografici e doveri professionali: il caso delPiemonte.

  • Carmela Santoro – L’ influenza delle dominazioni straniere nell’organizzazione ar-chivistica milanese (dalla metà del XVIII secolo alla metà del XIX secolo).

    Giorgio Tori – Gli archivi lucchesi dalla fine dell’epoca napoleonica all’Unitàd’Italia.

    Fausto De Mattia – Felicita De Negri – «Non solamente deposito di carte antiche,sterili agli atti presenti»: l’Archivio generale del Regno, 1806-1816.

    Claudio Torrisi – L’ identità siciliana tra antiche istituzioni e nuovo Stato nazio-nale.

    Luigi Londei – Fonti antiche e fonti contemporanee nel primo periodo di esistenza del-l’Archivio di Stato di Roma.

    Maria Rosaria Celli Giorgini – Alle origini dell’Archivio di Stato di Bologna. Ilprogetto di Francesco Bonaini e l’opera di Carlo Malagola.

    Paolo Nardi – L’ Archivio di Stato e l’Università di Siena come centri propulsori del-la ricerca storica nella seconda metà del XIX secolo.

    6 dicembre

    Archivi d’ Europa

    Coordina: Augusto Antoniella (Archivio di Stato di Arezzo)Presiede: Mario Rosa (Scuola normale superiore, Pisa)

    Bruno Galland – Conserver pour l’histoire: une nouvelle dimension pour les Archivesnationales de France.

    Erik Aerts – Lieve De Mecheleer – Louis-Prosper Gachard, architetto dell’Archi-vio generale del Belgio.

    José Luis Rodríguez de Diego – L’apertura di Simancas alla ricerca storica nel1844 .

    Rafael Conde y Delgado de Molinas – Próspero de Bofarull, entre el viejo y el nue-vo Archivo de la Corona de Aragón.

    Leopold Auer – Archivi, archivistica e ricerca storica in Austria nell’Ottocento.Eva Gregorovic̀́ová – Archivistica e archivi nella Boemia del XIX secolo. L’ inizio

    della ricerca negli archivi d’ Italia.Egidio Ivetic – Archivi e ricerca storica nell’Adriatico orientale e nel contesto nazio-

    nale croato (1815-1914).Patrick Cadell – Archivi e identità nazionale in Inghilterra e Scozia.

  • V. Modelli organizzativi

    Coordina: Paola Carucci (Direzione generale per gli Archivi)Presiede: Marie-Paule Arnauld (Centre historique des Archives nationales, Parigi)

    Bruno Delmas – L’École des chartes de la Monarchie à la République. Une histoireintellectuelle et politique (1821-1921).

    Andrea Visone – L’istituzione di archivi separati per i documenti diplomatici nel sec.XIX in Italia ed in altri nuovi Stati nazionali europei.

    Christine Nougaret – Les archives privées, élements du patrimoine national? Des se-questres revolutionnaires aux entrées par voies extraordinaires: un siècle d’ hési-tation.

    Vanna Arrighi – Elisabetta Insabato – Gli archivi privati toscani dal granducatoallo Stato unitario.

    Rossana Spadaccini – Il Museo storico del Grande Archivio di Napoli e il recuperodelle «memorie patrie».

    Anne Georgeon-Liskenne – Aspects de la construction des batiments d’ archives enEurope (France, Allemagne, Grande-Bretagne, Russie) au XIXe siècle .

    7 dicembre

    VI. Questioni di metodo per le fonti documentarie

    Coordina: Silio P. P. Scalfati (Università di Pisa)Presiede: Antonio Dentoni Litta (Direzione generale per gli Archivi)

    Peter Horsman – Paralleli casuali? La Toscana e la «scuola archivistica» di Utrecht.Denise Ogilvie, La genèse de la théorie du respect des fonds: le classement par matière

    des archives administratives.Walter Koch – Lo sviluppo delle scienze ausiliarie della storia nella Germania del-

    l’Ottocento.Reinhard Härtel – Medievistica e scienze ausiliarie della storia in Austria nel XIX

    secolo.Maria Fubini Leuzzi – Prima e dopo l’Unità. I temi e i metodi della ricerca storica

    promossa in Piemonte da alcune istituzioni.

  • Tavola rotonda conclusiva

    Archivi e ricerca nel «secolo della storia»

    Romano Paolo Coppini, Elena Fasano Guarini, Luigi Lotti, Carlo Ossola,Claudio Pavone, Giuliano Pinto, Ilaria Porciani, Raffaele Romanelli, MarioRosa, Isabella Zanni RosielloModeratore: Giuliano Catoni

  • SOMMARIO

    MAURIZIO FALLACE, Prefazione.

    EDOARDO SPERANZA, Premessa.

    IRENE COTTA – ROSALIA MANNO TOLU, Presentazione.

    ROSALIA MANNO TOLU, Apertura dei lavori.

    MAURO MORETTI, Archivi e storia nell’Europa del XIX secolo. Un di-scorso introduttivo.

    MARCELLO VERGA, Patriottismo istituzionale e memoria collettiva negliStati di antico regime.

    MARIA PIA CASALENA, Archivisti a congresso. Il dibattito sugli archivinei congressi scientifici italiani e francesi dell’Ottocento.

    DONATO TAMBLÉ, Gli archivi e l’archivistica in carteggi inediti di archi-visti e di storici dell’Ottocento.

    FRANCESCA CAVAZZANA ROMANELLI, Storia degli archivi e modelliculturali. Protagonisti e dibattiti dall’Ottocento veneziano.

    PEDRO CARASA SOTO, Los nacionalismos europeos y la investigación enSimancas en el siglo XIX.

    ROMANO PAOLO COPPINI, Una materia sfuggente: la cattedra di Storianell’Università di Pisa.

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  • ALESSANDRO VOLPI, Storie e storici nell’«Antologia» di Giovan PietroVieusseux.

    LETIZIA PAGLIAI, Edizioni e fortuna delle storie d’Italia nel carteggio diGiovan Pietro Vieusseux.

    ENRICO SPAGNESI, Accademie e storia nella Firenze dei Lorena.

    ALESSANDRA CONTINI, Organizzazione di archivi e riforme nel Sette-cento.

    DIANA TOCCAFONDI, Archivi, retorica e filologia: il metodo storico bo-nainiano nel passaggio verso l’ Unità d’ Italia.

    STEFANO VITALI – CARLO VIVOLI, Tradizione regionale ed identitànazionale alle origini degli Archivi di Stato toscani: qualche ipotesi in-terpretativa.

    MASSIMO SANACORE, Riforme istituzionali e visioni giuspubblicistichenella fondazione dell’ Archivio centrale di Firenze.

    SILIO P. P. SCALFATI, Francesco Bonaini e gli studiosi del mondo tedesco.

    FRANCESCA KLEIN – FRANCESCO MARTELLI, Lo stato maggiore delRegio Archivio di Firenze: i collaboratori di Bonaini e Guasti tra pro-fessione e militanza culturale.

    IRENE COTTA, Tra conservazione, consultazione e sicurezza: l’aperturadella Sala di studio dell’Archivio centrale di Stato.

    RAFFAELLA MARIA ZACCARIA, Gli archivi della Repubblica fiorentinanella sviluppo storiografico del secolo XIX. Tra indagine storica e meto-dologia archivistica.

    MARCO CARASSI – ISABELLA RICCI MASSABÒ, I dilemmi dell’archivi-sta ottocentesco tra strategie politiche, orientamenti storiografici e doveriprofessionali: il caso del Piemonte.

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  • CARMELA SANTORO, L’influenza delle dominazioni straniere negli ar-chivi milanesi (seconda metà del XVIII secolo – metà secolo XIX).

    GIORGIO TORI, Gli archivi lucchesi dall’ epoca napoleonica all’ Unitàd’Italia.

    FAUSTO DE MATTIA – FELICITA DE NEGRI, «Non solamente deposi-to di carte antiche, sterili agli atti presenti»: l’Archivio generale delRegno, 1806-1816.

    CLAUDIO TORRISI, L’identità siciliana tra antiche istituzioni e nuovoStato nazionale.

    MARIA ROSARIA CELLI GIORGINI, Alle origini dell’Archivio di Statodi Bologna. Il progetto di Francesco Bonaini e l’opera di Carlo Mala-gola.

    PAOLO NARDI, L’Archivio di Stato e l’Università di Siena come centripropulsori della ricerca storica nella seconda metà del XIX secolo.

    BRUNO GALLAND, Conserver pour l’histoire: une nouvelle dimensionpour les Archives nationales de France.

    ERIK AERTS – LIEVE DE MECHELEER – ROBERT WELLENS, L’âgede Gachard. L’archivistique et l’historiographie en Belgique (1830-1885).

    JOSÉ LUIS RODRÍGUEZ DE DIEGO, La apertura de Simancas a la in-vestigación histórica en el año 1844.

    RAFAEL CONDE Y DELGADO DE MOLINAS, Próspero de Bofarull, en-tre el viejo y el nuevo Archivo de la Corona de Aragón.

    LEOPOLD AUER, Archivi, ricerca storica e scienza archivistica nell’Au-stria dell’Ottocento.

    EVA GREGOROVIC̀́OVÁ, Archivistica e archivi nella Boemia del XIX se-colo. Sull’inizio della ricerca negli archivi d’Italia.

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  • EGIDIO IVETIC, Ricerca storica, archivi e sviluppo nazionale nell’Adria-tico orientale e in Croazia (1815-1914).

    PATRICK CADELL, Les archives et l’identité nationale en Angleterre et enÉcosse.

    BRUNO DELMAS, L’École des chartes de la Monarchie à la République.Une histoire intellectuelle et politique (1821-1921).

    ANDREA VISONE, L’istituzione di archivi separati per i documentidiplomatici nel sec. XIX in Italia ed in altri nuovi Stati nazionali eu-ropei.

    CHRISTINE NOUGARET, Les archives privées, élements du patrimoinenational? Des sequestres revolutionnaires aux entrées par voies extraor-dinaires: un siècle d’hésitation.

    VANNA ARRIGHI – ELISABETTA INSABATO, Gli archivi privati tosca-ni dal granducato allo Stato unitario. Problemi di conoscenza e tutela.

    ROSSANA SPADACCINI, Il Museo storico del Grande Archivio di Napolie il recupero delle «memorie patrie».

    ANNE GEORGEON-LISKENNE, Aspects de la construction des bâti-ments d’ archives en Europe (France, Allemagne, Grande-Bretagne,Russie) au XIXe siècle .

    PETER HORSMAN, Paralleli casuali? La Toscana e la «scuola archivisti-ca» di Utrecht.

    DENISE OGILVIE, Construire les sources de l’histoire contemporaine dansla France du XIXe siècl e: la genèse de la théorie du respect des fonds.

    WALTER KOCH, L’évolution des sciences auxiliaires de l’histoire en Alle-magne au cours du XIXe siècle.

    REINHARD HÄRTEL, Studi medievali e scienze storiche ausiliarie in Au-stria nel secolo XIX.

    MARIA FUBINI LEUZZI, Metodi e temi della ricerca storica promossa inPiemonte prima e dopo l’Unità.

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  • Indice dei nomi di persona

    Indice dei nomi di luogo

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  • Firenze ospitò, nel giugno 2001, la Conferenza europea degli Archivi, dedicata al-le molteplici e impegnative trasformazioni indotte dal progresso tecnologico nei processidi formazione, conservazione e valorizzazione dei complessi documentari. Quasi acompletare il discorso allora iniziato, si tenne nel dicembre 2002, presso l’Archivio diStato di Firenze, il convegno internazionale di studi «Archivi e storia nell’Europa delXIX secolo. Alle radici dell’ identità culturale europea», che vide archivisti e storici dinove paesi d’Europa riuniti per dibattere problematiche relative alle origini delle Am-ministrazioni archivistiche negli Stati europei dell’ Ottocento, allo sviluppo dei grandiistituti di conservazione e al progresso da ciò determinato nelle metodologie di tratta-mento, descrizione ed uso delle fonti documentarie.

    Il motivo che ci spinse a promuovere il convegno fu la ricorrenza del 150º anniver-sario della fondazione dell’ Archivio di Stato di Firenze, che segnò un momento im-portante nella storia degli archivi europei, per la rilevanza delle fonti documentarieriunite nella fabbrica degli Uffizi, per il metodo con cui furono ordinate e per i lavoriscientifici messi in cantiere e conclusi da Francesco Bonaini e dai suoi illustri collabo-ratori; un Istituto che fu subito luogo ambito di ricerca per storici ed eruditi di tuttaEuropa e che conserva tuttora una forte vocazione internazionale.

    Adesso che gli atti del convegno vengono editi, per le cure di Irene Cotta e RosaliaManno Tolu, nelle Pubblicazioni degli Archivi di Stato, desidero ringraziare ancorauna volta il Comitato scientifico che definì sapientemente il programma del convegno etutte le persone impegnate nelle giornate congressuali, che furono intense e ricche di ri-sultati duraturi.

    Credo che il convegno sia stata un’occasione importante, a vantaggio del progressodell’ Archivistica e degli studi storici, perché la consapevolezza delle proprie originiistituzionali e il confronto delle idee sono il presupposto di un’ azione professionale, ca-pace di affrontare i problemi del presente, che ancor oggi risultano assai complessi.

    Mi piace ricordare come, alla vigilia dell’inaugurazione del congresso, fu presenta-to dall’Archivio di Stato fiorentino ai propri ospiti un progetto innovativo e capace di

  • coniugare la migliore tradizione della scienza archivistica con le nuove frontiere apertedal progresso tecnologico: la Guida on line dei fondi conservati dall’Istituto. Fu an-che un inizio emblematico e capace di far comprendere la vastità degli obiettivi che l’Amministrazione archivistica italiana persegue, in costante dialogo e confronto con irappresentanti delle Amministrazioni archivistiche degli altri Paesi.

    Un ringraziamento sentito desidero rivolgere all’ Ente Cassa di Risparmio di Fi-renze che, ancora una volta, ha voluto dare il segno della propria generosa attenzionenei confronti dell’Archivio fiorentino, contribuendo in modo determinante alla realiz-zazione delle manifestazioni con cui si è inteso celebrare il centocinquantesimo anni-versario della fondazione di questo glorioso istituto.

    Maurizio Fallace Direttore generale per gli Archivi

    XVIII Maurizio Fallace

  • L’Archivio di Stato di Firenze è notoriamente una delle massime istituzioni cul-turali del nostro Paese, frequentato non solo da studiosi italiani ma anche da ricerca-tori provenienti da ogni parte del mondo. Questo perché in esso si concentra la memoriadi una parte fondamentale della grande storia fiorentina e, attraverso di essa, si deli-neano le più significative relazioni che nei secoli si sono realizzate lungo le varie diret-trici europee.

    Il convegno internazionale Archivi e Storia nell’Europa del XIX secolo. Al-le radici dell’identità culturale europea non poteva quindi che svolgersi nel luogodove sono custodite le memorie scritte dei Medici e delle grandi famiglie fiorentine che,non solo con i loro traffici mercantili ma anche con i fitti rapporti diplomatici e cultu-rali, hanno contribuito a creare quella dimensione europea in cui oggi noi tutti ci rico-nosciamo, sia pure tra contraddizioni e distinguo, dopo aver conosciuto e soffertoconflitti e profonde lacerazioni.

    Le giovani generazioni europee si trovano nella privilegiata condizione di parteci-pare al processo di integrazione del vecchio continente pacificato, potendosi sentire ve-ramente cittadini di una comunità. Ciò può favorire e valorizzare la funzione degliarchivi, mentre si diffondono tecnologie e mezzi di comunicazione che ci avvicinano agliangoli più sperduti d’Europa. Il loro ruolo di custodi della memoria è un valore sem-pre più rilevante, in una contemporaneità che corre veloce minacciando i ricordi e le ra-dici.

    L’Ente Cassa di Risparmio di Firenze è lieto di aver dato il suo apporto a un con-vegno che ha ribadito l’importanza di conservare la memoria nella società odierna.Finché c’è memoria del passato e ci sono coloro che si fanno carico di preservarla e stu-diarla, sussistono fondate ragioni di un avanzamento civile e umano che non abbando-ni le acquisizioni della nostra storia.

    Edoardo SperanzaPresidente Ente Cassa di Risparmio di Firenze

  • Nel ricordo di Alessandra Contini

    Presentazione

    I contributi scientifici raccolti in questi volumi sono nati dal convegnointernazionale «Archivi e storia nell’Europa del XIX secolo. Alle originidell’identità culturale europea», organizzato nel dicembre 2002 dall’Archi-vio di Stato di Firenze, per fare del centocinquantesimo anniversario del-la propria fondazione l’occasione di una riflessione, condotta da archivistie storici di nove paesi europei: ripensare le origini di una storia, a un se-colo e mezzo di distanza, nel contesto in cui prese le mosse, per capiremeglio quali ne fossero stati i caratteri peculiari, le possibili influenzesubite o cercate, i reali condizionamenti; in altre parole risalire alla nascitadell’Archivio centrale di Stato a Firenze, capitale del granducato di Tosca-na, situando quella storia nell’Europa del tempo, attraverso le esperienzematurate intorno agli archivi in un ampio ventaglio di Stati.

    Ora possiamo ripercorrere l’intreccio variegato dei temi trattati neiquarantaquattro saggi qui raccolti e trarne alcune risposte agli interrogati-vi che ci eravamo posti, cogliendo nel contempo tracce e ipotesi merite-voli di ulteriori approfondimenti. La storia degli Archivi europei,l’evoluzione dialettica della storiografia e delle discipline ausiliarie dellastoria nel corso dell’Ottocento sono affrontati in questi studi nel loro re-ciproco interagire.

    Risulta arduo sintetizzare un mosaico così articolato, costituito da qua-dri generali necessariamente sintetici e da approfondimenti calati sullesingole realtà locali e nazionali, e in definitiva sarebbe forse un’operazio-ne inutilmente riduttiva. Tuttavia la lettura dei saggi suggerisce, come ele-menti unificanti, alcune tematiche che affiorano con più frequenza,rendendo possibile un proficuo confronto di esperienze diverse ma anchefortemente collegate tra loro e debitrici di fecondi, reciproci scambi.

    Primo fra tutti il fenomeno della nascita dei grandi istituti di concen-trazione e di conservazione degli archivi pubblici, legato alle trasforma-zioni politico-istituzionali degli Stati, dalle riforme settecentesche al

  • portato innovatore della rivoluzione francese e dei governi instaurati dal-la dominazione napoleonica, fino alla formazione dei nuovi Stati nazione,con i casi del Belgio, dell’Italia, della Germania a seguito dei moti insurre-zionali che interessarono tutta l’Europa centro-meridionale, e che ebberoquali idee-forza nazionalità e liberalismo. Si segnala quindi una serie im-portante di studi e di riflessioni sull’origine dei primi istituti archivisticinegli Stati italiani preunitari, a Venezia, Torino, Milano, Lucca, Napoli,Palermo, Bologna e naturalmente anche a Firenze.

    Com’è noto, l’Archivio centrale di Stato nacque a Firenze preceduto inItalia e in Europa dalla formazione di grandi istituti di concentrazionedelle fonti documentarie ereditate dal passato e ventisei anni dopo la pub-blicazione del primo volume dei Monumenta Germaniae Historica. Realtàben presenti nella mente di Francesco Bonaini determinato a «costituirel’Archivio di Firenze in modo da apparir commendevole all’Europa tutta»e «in guisa che potesse riuscire un vero istituto istorico». Queste frasi,scritte per altro nel 1865, quando ormai la sua opera era quasi conclusa,lasciano intendere come l’autore, nutrito di una cultura storico-giuridicache lo aveva sorretto anche nella edizione di fonti statutarie medievali, si-tuasse i problemi che veniva affrontando in un largo orizzonte culturale efosse in contatto con storici e archivisti di tutta Europa. E ciò trova nuo-ve illuminanti conferme nei saggi di Contini, Cotta, Klein e Martelli, Toc-cafondi, Vitali e Vivoli e negli scritti di Moretti, Scalfati, Aerts con DeMecheleer e Wellens.

    Ai contributi di area italiana si affiancano quelli che affrontano la na-scita degli istituti archivistici in diversi paesi europei, in Francia, in Belgio,in Spagna, in Austria, in Boemia, nel Regno Unito, in Croazia. Risulta su-bito evidente l’ordito delle relazioni culturali che collegavano dialettica-mente, quasi in un unico spazio ideale, i protagonisti di analoghe vicende.E nella maggioranza dei casi si rivela determinante la presenza di perso-naggi contraddistinti oltre che da vasta cultura anche da singolari qualitàumane, sempre fortemente motivati, che riuscirono a dare organicità e si-stematicità alle spinte istituzionali, giuridiche, culturali, identitarie, e aconnotare in profondità gli istituti archivistici da loro diretti. Emergonocosì dalle diverse relazioni figure come quella di Jacopo Chiodo, cheFrancesca Cavazzana definisce protagonista assoluto della realizzazionedell’Archivio generale veneto, nell’ex convento dei Frari, per incarico del-l’imperatore Francesco I, nel secondo decennio dell’Ottocento. A FirenzeFranceso Bonaini svolse un ruolo assolutamente centrale nell’orientare insenso culturale, fino dall’origine, l’istituzione da lui fondata, sul cui mo-

    XXII Irene Cotta – Rosalia Manno Tolu

  • dello – a giudizio comune considerato esemplare – gli fu successivamenteaffidato il compito di costituire gli altri archivi toscani e di riorganizzarequelli emiliani. Anche gli Archivi nazionali del Belgio devono la loro or-ganizzazione e la loro notorietà all’infaticabile direttore, Louis-PrósperGachard, che consacrò ad essi ben sessant’anni della sua vita. In SpagnaPrósper de Bofarull, assumendo nel 1818 il governo degli Archivi dellaCorona d’Aragona, si propose di risollevarli dal decadimento in cui eranocaduti, per trasformarli in centro di ricerca storica pari per dignità all’Ar-chivio di Simancas. Il rimpianto Rafael Conde y Delgado de Molinas trat-teggia il ritratto di un sostenitore convinto dell’integrità degli archivi,spinto da tale convinzione a reclamare anche da Simancas la restituzionedei fondi di pertinenza dell’Archivio da lui diretto.

    Un’analoga volontà di riaccorpare i fondi archivistici dispersi a seguitodi vicende storico-politiche (anche se necessariamente il più delle volte ta-le operazione doveva limitarsi ad acquisire trascrizioni e pubblicazioni) èpresente in particolare in Gachard e negli archivisti boemi della secondametà dell’Ottocento, descritti da Eva Gregorovic̀́ová come infaticabili nelrintracciare in archivi stranieri le fonti per la storia patria per poi trascri-verle e pubblicarle. Le fonti storiche venivano quindi percepite come ba-se fondante per la nuova identità nazionale.

    Accanto e insieme alla storia degli Archivi europei, da questi saggiemerge l’evoluzione della storiografia e delle discipline ausiliarie dellastoria, studiata in contesti nazionali diversi, avvicinati da un fervido edialettico scambio tra le persone e le istituzioni. Ricordando, a volo d’uc-cello, le realtà e i temi trattati, che risultino a questo proposito partico-larmente significativi, vediamo intorno agli anni Venti dell’Ottocentodeterminarsi in Europa, con un sorprendente sincronismo, eventi ed ini-ziative, che avrebbero avuto un peso notevole nel successivo sviluppodegli studi storici. Nel 1819 si formava, a Francoforte, la Gesellschaft fürältere deutsche Geschichtskunde, per dare avvio al poderoso programmadi edizione delle fonti per la storia del medioevo tedesco, ispirato a un ri-goroso metodo critico-filologico: i già ricordati Monumenta Germaniae Hi-storica, sui cui esiti si sofferma in questi atti Walter Koch, mentre Scalfatipone in risalto la grande attenzione, rivolta negli anni Sessanta dal so-printendente Bonaini alle realizzazioni scientifiche prodotte dalla societàdi Francoforte in un quarantennio di attività; attenzione testimoniata an-che dalle sue relazioni con Böhmer e dai ripetuti, quanto vani tentativi divalersi della collaborazione dello studioso e diplomatista tedesco PhilippJaffé.

    Presentazione XXIII

  • Nel 1819 giungeva da Ginevra a Firenze Giovan Pietro Vieusseux,che fino all’unificazione nazionale italiana avrebbe svolto un ruolo fon-damentale nello scenario politico-culturale della capitale del granducato,con il suo gabinetto scientifico-letterario e le imprese editoriali, qui at-tentamente analizzate da Alessandro Volpi e da Letizia Pagliai, e rivolte apromuovere una cultura cosmopolita, insieme con la costruzione di unastoria nazionale e di una più coesa opinione civile. Nello stesso periodoera sorta a Parigi l’École des chartes – modello cui ci si sarebbe ispirati inEuropa nella ricerca di possibili soluzioni per la formazione professiona-le degli archivisti, con l’apprendimento della paleografia, della diplomati-ca, della filologia –, di cui Delmas ripercorre le vicende ottocentesche,come storia della «formation des sciences auxiliaires de l’histoire et d’u-ne contribution de premier ordre au développement de l’histoire natio-nale positiviste».

    Tra le tappe significative che segnarono lo snodarsi del «secolo dellastoria» spicca, nel 1844, l’apertura ai ricercatori dell’Archivio di Simancas;fatto emblematico e di grande portata, in considerazione del ruolo ege-mone, sul piano internazionale, svolto a lungo dal regno di Spagna e del-l’importanza e della vastità dei suoi archivi, raccolti per volontàdall’imperatore Carlo V nel castello della provincia di Valladolid. I saggidi Rodríguez de Diego e Carasa Soto mostrano Simancas quale polo di at-trazione per storici e archivisti provenienti da tutta Europa e dall’Americalatina, mossi dalla ricerca delle fonti per la storia dei loro paesi. L’econo-mia generale dell’opera non ha consentito la pubblicazione delle due ap-pendici, di cui Carasa Soto aveva corredato il suo saggio; abbiamo peròaffidato agli indici dei nomi, anche il compito di restituire la moltitudinedei ricercatori da lui citati e la grande varietà dei loro luoghi di origine.

    Nella capitale dell’ impero austriaco, nasceva nel 1854 l’Institut fürÖsterreichische Geschichtsforschung – diretto da Theodor von Sickel –,che dava nuovo impulso al metodo critico-filologico e allo sviluppo delladiplomatica e della paleografia, mentre – come sottolinea Härtel – a Inn-sbruck, con la scuola di Julius Ficker progredivano gli studi e le ricerchedi storia del diritto e delle istituzioni, e continuava il lavoro scientifico av-viato da Böhmer nel 1829 con l’edizione dei Regesta Imperii.

    Era stata da poco fondata l’École française de Rome, quando nel 1879l’Archivio segreto vaticano si apriva alla ricerca, dando a storici e diplo-matisti nuovi fondamentali stimoli e prospettive di ricerca; seguì presto lafondazione, a Roma, dell’Istituo storico austriaco, diretto per venti annidallo stesso Sickel.

    XXIV Irene Cotta – Rosalia Manno Tolu

  • Sul finire del secolo, l’edizione dell’Introduction aux études historiques diLanglois e Seignobos pronunciava il superamento di una visione romanti-ca e letteraria della storia, in ragione di un metodo rigorosamente scienti-fico, ripercorso e discusso nel saggio di Mauro Moretti.

    Concludiamo questo excursus, inevitabilmente non esaustivo, con uncaso emblematico in rapporto ai temi centrali del convegno, offerto dalprofilo tracciato da Paolo Nardi sulla fortuna storiografica delle fonti ar-chivistiche senesi, ordinate nei primi anni Sessanta dell’Ottocento secon-do il metodo bonainiano, nel neoistituito Archivio di Stato, doveoperarono archivisti «di vasta e profonda cultura», quali Luigi Filippo Po-lidori, Luciano Banchi e Cesare Paoli; quelle fonti furono esplorate da nu-merosi studiosi stranieri, che trovarono nell’Archivio un clima assaifavorevole alla ricerca; tanti sono gli storici e gli studiosi che lo frequenta-rono, e figurano tra questi: i tedeschi Bernardo Erdmannsdörffer, allievodi Droysen, Gregorovius, Wüstenfeld, Harry Bresslau, Pabst, inviato daldirettore dei MGH, l’austriaco Ficker, i russi Vinogradoff e Kowalewsky,il francese Delaborde, l’inglese Alexander Gordon, fino al boemo Lodo-vico Zdekauer che, giunto a Siena nel 1885, dopo qualche anno fu chia-mato ad insegnare storia del diritto nell’ateneo cittadino. «Per suo merito– scrive Nardi – si realizzò finalmente (…) la saldatura tra ricerca archivi-stica e insegnamento universitario della storia e si pervenne al supera-mento di quella condizione di arretratezza metodologica che a lungo eraapparsa in stridente contrasto con le frequentazioni della sala di studiodell’Archivio di Stato da parte di tanti autorevoli esponenti della storio-grafia europea».

    Dedichiamo questi volumi ad Alessandra Contini, amica e collega ca-rissima, recentemente scomparsa, che ha dato un importante e generosocontributo di idee e di entusiasmo alle iniziative del 150º anniversario del-la fondazione dell’Archivio di Stato fiorentino.

    IRENE COTTA – ROSALIA MANNO TOLU

    Presentazione XXV

  • ROSALIA MANNO TOLU

    Apertura dei lavori

    «La memoria è un elemento essenziale di ciò che ormai si usachiamare l’“identità”, individuale o collettiva, la ricerca dellaquale è una delle attività fondamentali degli individui e dellesocietà d’oggi, nella febbre e nell’angoscia».

    Jacques Le Goff 1

    La citazione in epigrafe dichiara le ragioni sottese alle iniziative realiz-zate per ricordare il 150º anniversario della fondazione dell’Archivio diStato di Firenze, tra cui spicca il convegno internazionale «Archivi e sto-ria nell’Europa del XIX secolo. Alle radici dell’identità culturale europea».Abbiamo inteso infatti operare per una più ferma e diffusa consapevolez-za di un’identità professionale e istituzionale, che talvolta sembra vacillaresotto i colpi delle difficoltà e delle insoddisfazioni quotidiane.

    Da questa importante ricorrenza abbiamo voluto trarre il pretesto perpromuovere una riflessione sulla storia degli archivi, che ci offrisse un va-sto osservatorio, da cui cogliere valutazioni ed elementi utili a capire me-glio il presente, in una prospettiva capace di prefigurare e favorire unosviluppo futuro, coerente con le tradizioni e le acquisizioni culturali piùautentiche e feconde del nostro mestiere: trarre cioè dal passato queglielementi fondanti che ci hanno fatto quello che oggi siamo, ma nel con-tempo hanno posto le premesse di quello che ci avviamo ad essere.

    Da subito abbiamo avvertito come congeniale a questi obiettivi una ri-flessione che comprendesse vasti confini storici e geografici: partire daFirenze e dalla Toscana per intraprendere, insieme con archivisti e storici,percorsi euristici ed ermeneutici, che disegnassero nel loro insieme unampio panorama dei caratteri originari propri della fisionomia, che gli ar-chivi/istituti – per usare una felice espressione di Isabella Zanni Rosiello– hanno assunto nel corso dell’Ottocento, in stretta correlazione, da unlato con l’evoluzione politica e istituzionale degli Stati europei, dall’altrocon il progredire degli studi storici e delle scienze ausiliare della storia.

    1 Memoria, in Enciclopedia, VIII, Torino, Einaudi, 1979, p. 1104.

  • Il periodo da prendere in considerazione, pur senza voler elevare stec-cati epocali, avrebbe preso le mosse nella prima metà dell’Ottocento,quando a seguito dei moti liberali che scossero in tutta Europa gli equili-bri e gli assetti politico-nazionali preesistenti, «d’arsenal traditionnel dupouvoir – affermava nel 1968 Bautier –, les Archives deviennent les labo-ratoires de l’histoire». Senza rinunciare, per altro, a illuminanti sconfina-menti a ritroso, non volendo prescindere dalle matrici settecentesche deifenomeni studiati.

    L’idea di partenza di questa iniziativa è nata anche dalla considerazio-ne e dallo studio del ricco carteggio di Francesco Bonaini, sia quello rac-colto nelle Carte Bonaini, che la corrispondenza ufficiale e gli affaritrattati dal Soprintendente, nel Carteggio generale della sezione storicadell’archivio del nostro istituto.

    L’avere constatato quanto intensi e fecondi, ma anche problematici,fossero stati i rapporti intrattenuti da Bonaini con i maggiori eruditi, sto-rici ed archivisti europei, ci ha suggerito l’opportunità e la necessità di ap-profondire lo studio della rete di relazioni che, all’interno e oltre i confininazionali, accompagnò l’adozione di soluzioni organizzative, metodolo-gie scientifiche ed imprese editoriali, che costituirono la risposta ai pro-blemi posti con forza, in tutta Europa, dalla centralità assunta da archivi edocumenti nella ricerca storica.

    Un colloquio internazionale, promosso a Parigi nell’aprile 2001 dall’É-cole nationale des chartes, portava il titolo Archives et Nations dans l’Europedu XIXe siècle 2. Vi abbiamo visto quasi un antefatto del progetto che ave-vamo deciso di intraprendere e che trovava, nell’iniziativa dell’École, laconferma della sua attualità e opportunità. Il percorso che avremmo in-trapreso avrebbe avuto un tracciato diverso, ma avrebbe contribuito aquella riflessione su passato presente e futuro degli archivi, cui ho accen-nato all’inizio di queste note e che trova nel contesto europeo la propriadimensione naturale.

    Il programma messo a punto per il convegno intende considerare lagenesi degli archivi di concentrazione nei vari ambiti nazionali, partendodagli Stati italiani preunitari e dall’Italia unita, per attraversare Paesi diantica formazione nazionale – Francia, Spagna e Gran Bretagna –, nuo-ve nazioni – come Belgio e Olanda – e paesi dalla travagliata storia poli-

    2 Rosalia Manno Tolu

    2 Cfr. Archives et nations dans l’Europe du XIXe siècle. Actes du colloque organisé par l’Écolenationale des chartes (Paris, 27-28 avril 2001), réunis par B. DELMAS et C. NOUGARET, Paris,École des chartes, 2004.

  • tico-istituzionale, quali Germania, Austria, Boemia, Croazia; vedere co-me e fino a che punto le istituzioni archivistiche corrisposero, nei varicontesti politico-statuali, alle necessità e alle sollecitazioni della ricercastorica, da quali principali fattori furono condizionate e in che modo in-teragirono con i centri propulsori della ricerca – università, accademie esocietà storiche – e, nel contempo, cogliere lo sviluppo non lineare dimetodologie scientifiche nel trattamento degli archivi, nell’uso e nell’edi-zione delle fonti documentarie; sono questi gli obiettivi che ci siamo po-sti nel progettare il convegno; uso il plurale comprendendo nellariflessione preliminare, che ne ha posto le premesse, i colleghi dell’istitu-to fiorentino che hanno discusso e condiviso con me le idee ispiratricidel progetto, e il Comitato scientifico internazionale che ha arricchito edato forma e concreta realizzazione a quelle idee. A tutti esprimo la piùsincera e viva gratitudine per la generosa, partecipe e solidale collabora-zione data.

    Molti dei contributi presentati dai relatori si sono valsi di ricerche ef-fettuate negli archivi delle istituzioni culturali prese in considerazione enelle carte dei protagonisti delle vicende evocate. Se questo è avvenuto,credo che sia un primo risultato da non sottovalutare, che ci consentirà diiniziare a disegnare una mappa di queste fonti, utile per arricchire il profi-lo della cultura storica dell’Ottocento, gettando nuova luce su temi spessorelegati ad indagini viziate da miope e compiaciuto localismo. Partire dal-lo studio incrociato di fonti documentarie non sempre facilmente accessi-bili ai ricercatori, quali appunto i carteggi intercorsi tra gli uomini cheanimarono la cultura erudita e storico-giuridica del XIX secolo, consenti-rebbe anche di apportare nuova linfa vitale a quella fitta trama di biogra-fie, che in questo ambito si è venuta tessendo nel tempo, popolata dainecrologi pubblicati di volta in volta nelle riviste di storia e dalle voci piùo meno ampie, presenti nei dizionari biografici.

    Considerati gl’intenti che ci hanno animato, grazie alla straordinariaadesione manifestata dai relatori, credo di poter dire che questa impresacollettiva ha dato i frutti sperati; quasi tutti i contributi scientifici sonogiunti in tempo in forma sintetica per essere tradotti in lingua francese esiamo quindi in grado di affrontare queste intense giornate congressualicon animo disteso, pensando che gli atti del convegno raccoglieranno ilfrutto di una riflessione di vasta portata sulla cultura storica europea delXIX secolo.

    Ho letto con grande interesse i testi pervenuti dai relatori, che ringra-zio di cuore per lo sforzo fatto nel rispettare i tempi che avevamo indica-

    Apertura dei lavori 3

  • to; ho così visto scorrere sotto i miei occhi i temi che ci eravamo propo-sti di affrontare: la storia dei grandi Archivi, interpretata in stretta corre-lazione con le vicende politiche e dinastiche dei vari Stati; lo sviluppodelle scienze ausiliarie della storia e dei centri di formazione e irradiazio-ne del sapere storico e del metodo critico-filologico nell’uso delle fontidocumentarie, di cui l’Europa venne ad essere progressivamente costella-ta. Risultano emblematiche, a questo proposito, alcune tappe della bio-grafia di Theodor Von Sickel ricordate da Rinhard Härtel: dalla pariginaÉcole des chartes alla Scuola di paleografia, diplomatica e archivistica,istituita nel 1842 presso l’Archivio di Stato di Milano, alla direzione dell’I-stituto storico di Vienna, fino alla fondazione, a Roma, dell’Istituto stori-co austriaco, due anni dopo l’apertura ai ricercatori dell’ArchivioVaticano; e ancora, la ricerca storica vissuta come una «precisa missionecivile e nazionale da parte degli intellettuali», per usare le parole di EgidioIvetic; l’Archivo General di Simancas al centro di uno straordinario pro-getto di ricerca – diretto da Pedro Carasa Soto –, dove quell’archivio di-viene il punto di convergenza di una storiografia rivolta a legittimare gliStati nazionali ed i governi liberali, ora ripercorsa attraverso lo studio de-gli utenti ottocenteschi e delle ricerche da loro svolte nell’Archivio fonda-to dall’Imperatore Carlo V nella fortezza della Castiglia, suggestivo edaustero archetipo dei luoghi archivistici, che nel 1844 aprì, certo con mol-te cautele, le proprie porte ai ricercatori.

    Sono queste soltanto alcune delle tante convergenze con le aspettativeinsite nel programma del convegno, incontrate leggendo le relazioni per-venute. Mi ha anche colpito la sottolineatura, da parte di Walter Koch, delsignificato della prima edizione in lingua italiana, nel 1998, nelle Pubbli-cazioni degli Archivi di Stato, del Manuale di Diplomatica per la Germania el’Italia di Harry Bresslau, la cui prima edizione in volume risale al 1889.Una scelta questa, nata da una lungimirante politica editoriale, che trovaoggi piena consonanza nei temi che dibatteremo in questo convegno.

    Ho accennato prima al lavoro svolto dai relatori, che ci mette ora ingrado di fornire i testi presentati e di alimentare il dibattito e la partecipa-zione del pubblico; un ruolo fondamentale abbiamo attribuito ai coordi-natori delle sessioni tematiche; quello di presentare una panoramicacomplessiva dei temi affrontati nella rispettiva sessione, introducendo gliinterventi sintetici dei relatori; la sapiente conduzione di questi e del di-battito è invece affidata ai presidenti delle sessioni.

    Queste intense giornate si concluderanno con una tavola rotonda su«Archivi e storia nel secolo della storia», che certamente saprà cogliere gli

    4 Rosalia Manno Tolu

  • assunti principali emersi dal convegno, arricchendoli di nuove, stimolanticonsiderazioni.

    A tutti va la nostra più profonda e sincera gratitudine per il lavoro af-frontato e da affrontare in questi giorni, con la certezza del nostro impe-gno a consolidare negli atti – che saranno editi nelle «Pubblicazioni degliArchivi di Stato» – il frutto delle loro fatiche.

    Nell’Archivio di Stato di Firenze, 4 dicembre 2002.

    Apertura dei lavori 5

  • MAURO MORETTI

    Archivi e storia nell’Europa del XIX secolo. Un discorso introduttivo 1

    «L’archivio cittadino è in una specie di nascondiglio vicino alla sacrestia, ce-lato intenzionalmente da un confessionale che deve essere sempre spostato per-ché la porta appaia. C’è voluto un bello sforzo per far tornare il gonfalonieredalla campagna, e poi per rimettere insieme tutte le chiavi, perché solo un’altrapersona, oltre a lui, aveva la seconda chiave, ed era morta. C’è una confusioneterribile, ma è molto ricco (…). Il frutto sono stati nove diplomi imperiali, cheho trascritto integralmente, tutti inediti; abbiamo dovuto portarli dall’archivio inmunicipio, ed io ho poi potuto lavorare lì per tutta la domenica».

    Così Ludwig Bethmann rendeva conto a Georg Heinrich Pertz, il 15agosto 1853, delle proprie ricerche perugine. Pur non essendo certo unanovità assoluta, quello del viaggio di ricerca – che Arnold Esch ha di re-cente ben documentato per quel che riguarda le spedizioni italiane dei«monumentisti» tedeschi 2 – costituisce uno dei tratti salienti dell’espe-rienza scientifica ed umana degli studiosi di storia 3 nel lungo arco crono-logico preso in considerazione in queste giornate; periodo durante il

    1 In queste pagine è ripresa, con alcune modifiche e integrazioni, la relazione intro-duttiva presentata in apertura del convegno. Data la natura dell’intervento, i rinvii bi-bliografici saranno limitati ai riferimenti diretti presenti nel testo. Le traduzioni dei testiediti in lingue diverse dall’italiano sono mie.

    2 Cfr. A. ESCH, Auf Archivreise. Die deutschen Mediävisten und Italien in der ersten Hälfte des19. Jahrhunderts: aus Italien-Briefen von Mitarbeitern der‘Monumenta Germaniae Historica’ vor derGründung des Historischen Instituts in Rom, in A. ESCH und J. PETERSEN (hrsg.), Deutsches Ot-tocento. Die deutsche Wahrnehmung Italiens im Risorgimento, Tübingen, Niemayer, 2000, pp.187-234; la citazione nel testo è a p. 197.

    3 Le carte, del resto, andavano viste, e trascritte personalmente; il ricorso ai copisti,largamente diffuso nella pratica, era, almeno ufficialmente, deprecato dai competenti:cfr. C. GUASTI, Rapporto I alla R. Accademia della Crusca (1874), in ID., Opere. Rapporti ed elo-gi accademici. Parte prima, Prato, Vestri, 1896, pp. 129-162, p. 161, a proposito di Bonaini:

  • quale, com’è noto, si registrarono mutamenti decisivi, sul piano materialecome su quello metodologico, sia sul terreno dell’organizzazione archivi-stica che su quello della concezione e della pratica del mestiere di storico.E si dovrà tornare su alcuni aspetti di questo intersecarsi di due processiche prendono grande forza e visibilità nel corso del XIX secolo, pur nonessendone un prodotto esclusivo, del processo, cioè, di strutturazione,concentrazione, apertura degli archivi, e di quello che si suol chiamare diistituzionalizzazione del sapere storico, e di professionalizzazione deglistudi storici; intreccio che si evidenziava in particolare proprio nel ruoloattribuito al lavoro d’archivio, al disciplinato ricorso a quella documenta-zione, nella nuova definizione scientifica ed accademica della storiografia.Scorrendo certe riflessioni metodologiche a noi contemporanee, si misu-ra del resto, su questo terreno, la distanza che le separa – e forse non pro-prio a loro beneficio – dal gusto della ricerca, dall’atteggiamento magariingenuamente acquisitivo che contraddistingue tanti testi ottocenteschi,trasformato quasi in mera prassi codificata a garanzia formale del rispettodi un determinato statuto disciplinare:

    «La solida autorevolezza dello storico come scrittore deriva da due fattori: lecondizioni in cui sono gli archivi, e la retorica convenzionale della scrittura distoria, che afferma sempre (con le note a pié di pagina, con l’occasionale riferi-mento al documento PT S2/1/1) che lo studioso sa perché è stato lì. La finzio-ne convenzionale è che l’autorevolezza derivi dai documenti stessi, come dalrispetto da parte dello storico dei limiti che questi impongono ad ogni resocon-to che li impieghi. Ma in realtà l’autorevolezza deriva dall’essere stati lì (il trenoper la città lontana, la scheda di richiesta, la filza aperta, la polvere), così che al-lora, e solo allora, ci si può presentare come mossi e guidati da quelle fonti, nar-rando una storia nel modo in cui dev’essere narrata» 4.

    Per quel che riguarda gli storici dell’Ottocento, si dispone di una quan-tità veramente notevole di testimonianze, che sono già state oggetto dianalisi, e di almeno parziali sistemazioni. Penso, ad esempio, ad alcunesuggestive pagine di Bonnie Smith – anche se sulla pertinenza dell’assun-to fondamentale, di «genere», che le ispira, rimango personalmente dub-

    8 Mauro Moretti

    «Copiare da sé i documenti reputava il miglior modo di capirli; e rideva di coloro che stu-diano negli Archivi da lontano». E si rinvengono, nelle pagine di Guasti, altre analogheconsiderazioni.

    4 Cfr. C. STEEDMAN, Something She Called a Fever : Michelet, Derrida, and Dust, in «Ame-rican Historical Review», 106, 2001, pp. 1159-1180; la citazione nel testo è a p. 1176.

  • bioso –, su immagini e metafore, sui linguaggi descrittivi del disagevolelavoro d’archivio e della «corporeità» dei procedimenti materiali di ricercae del rapporto con le fonti 5. Gli archivi vi appaiono spesso come deposi-ti inaccessibili e misteriosi, polverosi e malsani, che imponevano agli sto-rici sacrifici anche fisici. Per la verità uno dei più famosi, il cieco«veggente» Augustin Thierry, evocava a questo proposito soprattutto lapropria esperienza di biblioteca – date le chiusure archivistiche della Re-staurazione –, le «lunghe sedute di lavoro nelle gelide sale di rue de Ri-chelieu», e le corse «sotto il sole d’estate (…), nello stesso giorno, daSainte-Geneviève all’Arsenal, e dall’Arsenal all’Institut», dando comun-que conto, in maniera piana e lucidissima, del fascino assorbente di «que-ste ricerche preparatorie, durante le quali non si provano le sofferenze egli scoraggiamenti che si incontrano durante la redazione», del coinvol-gente sentimento di scoperta, e di prima, libera composizione di un dise-gno da realizzare più tardi «lentamente e laboriosamente», legato alcontatto con le fonti:

    «Facendo vagare il mio pensiero attraverso migliaia di fatti disseminati incentinaia di volumi, e che mi presentavano, per così dire, a nudo, i tempi e gli uo-mini che volevo raffigurare, io sentivo qualcosa dell’emozione provata da un ap-passionato viaggiatore alla vista del paese che da tempo sperava di visitare, e chespesso si era raffigurato in sogno» 6.

    Sui pericoli e sulle fatiche connessi alla presenza stessa, ed all’indaginenegli archivi potrebbero essere citati vari altri documenti. Basterà rinviare,ad esempio, alle note di diario stese da Jules Michelet durante il suo viag-gio archivistico in Francia nell’estate del 1835, all’appunto dell’agostosugli archivi della prefettura di Bordeaux, nel quale, a proposito dell’ar-chivista Johaneton, Michelet registrava la «paura orribile che ha di questavecchia polvere, che crede impregnata d’arsenico. Il suo predecessore nesarebbe morto in ventiquattr’ore» 7; oppure far riferimento all’avventuro-

    Archivi e storia nell’Europa del XIX secolo 9

    5 Cfr. B. G. SMITH, Gender and the Practices of Scientific History: The Seminar and ArchivalResearch in the Nineteenth Century, in «American Historical Review», 100, (1995), pp. 1150-1176. Questo testo è stato ripreso in EAD., The Gender of History. Men, Women, and histori-cal Practice, Cambridge Mass., Harvard University Press, 1998, pp. 103-129.

    6 Cfr. A. THIERRY, Préface, in ID., Dix ans d’études historiques, Paris, Tessier, 1839 (IIIed.), pp. 1-34 ; le citazioni nel testo sono a p. 19.

    7 Cfr. J. MICHELET, Journal. I (1828-1848), texte intégral (…) publié (…) par P. VIAL-LANEIX, Paris, Gallimard, 1959 (III ed.), p. 180.

  • sa spedizione a Simancas narrata da Giuseppe De Leva alla fine degli an-ni Cinquanta, durante la quale solo «l’amore della scienza» lo aveva sor-retto di fronte ai «disagi del vivere in quel misero villaggio, che son moltie pressoché incredibili» 8.

    Il castello spagnolo, luogo di antiche glorie, «convertito in prigione peri delitti di Stato, come della fede si abusò a scopi di tenebrosa politica, fumiserando strumento di oppressione e perfino teatro di assassinii nottur-ni»; né De Leva escludeva che quell’archivio fosse stato in effetti concepi-to come carcere per i documenti:

    «Voleva Filippo, sicuro di sé e del giudizio dei posteri, offrir mezzo ad essi distenebrare i misteri della cupa politica sua, o veramente pensava che il Castellodi Simancas, tramutato in Archivio sarebbe chiuso e inaccessibile perpetuamen-te agli indagatori del vero? Comecché sia, gli è certo che i suoi successori neintravidero in quest’ultimo senso il disegno, onde avvenne che i Custodi dell’Ar-chivio di Simancas avessero per lungo tempo forma e sembianze di cerberi, ecorressero spaventevoli leggende di spettri ed ombre frementi tra le volte diquell’edifizio».

    Le cose, a Simancas, erano cambiate dal 1844, e De Leva – che davaconto anche delle sottrazioni e dei guasti operati durante il periodo napo-leonico –, elogiava l’ordine in cui si trovava l’archivio, gli «indici sag-giamente compilati», la disponibilità del direttore, sottolineando lagrandissima importanza di quei depositi ed invitando apertamente gli stu-diosi «ad approfittare di que’tesori». Ma ai documenti «prigionieri» allude-va, ad esempio, anche Ranke, in una lettera a Bettina von Arnim, come abelle principesse da mettere in salvo 9; diversamente, in una significativanota di diario di Michelet, le carte d’archivio collocate ai piani superiori diun edificio che ospitava anche un carcere apparivano, materialmente emetaforicamente, come imprigionatrici:

    10 Mauro Moretti

    8 Cfr. G. DE LEVA, Sull’Archivio di Simancas in Ispagna, in «Rivista Euganea», 3, (1858-1859), nn. 2, 3, 7, 15, 16, pp. 10-11, 18-19, 52-53, 119-121, 127-128. Traggo le informa-zioni e le citazioni nel testo dalla tesi di laurea di C. ZANATTA, Giuseppe De Leva e la storia(1821-1895): la ricerca e l’insegnamento, Università degli Studi di Padova, Facoltà di Letteree filosofia, anno acc. 1997-98, relatore prof. A. Olivieri. Ringrazio l’amico Piero Del Ne-gro per avermi facilitato la consultazione di questo lavoro.

    9 Cfr. B. SMITH, Gender and the Practices… cit., p. 1165.

  • «Visita agli Archivi: infiltrazione meno forte di quanto mi avessero detto. Aldi sotto, tre piani di carceri, dove i condannati attendevano la loro partenza perla galera. (…) I condannati a morte erano proprio al di sotto degli archivi, al disotto di quelle carte che in altri tempi furono tante volte impiegate per condan-nare» 10.

    «Perse nella polvere, per metà divorate dai ratti» 11, le fonti storicheracchiuse negli archivi furono insomma oggetto di una passione docu-mentaria, variamente modulata, che traversò diversi paradigmi storiogra-fici, prendendovi forma diversa, e che andrebbe accuratamente seguitanel passaggio dal gusto romantico a quello della tradizione positiva ederudita; a qualche decennio di distanza, infatti, l’inclinazione evocativa diun Thierry – tradotta nell’ammirazione per Walter Scott, per la sua «pro-digiosa intelligenza del passato», raffrontata alla «meschina, opaca erudi-zione degli scrittori moderni» 12 – avrebbe lasciato il posto a diversiatteggiamenti intellettuali, efficacemente compendiati in un’opera che èdavvero rappresentativa di un indirizzo metodologico e di un orienta-mento culturale, l’Introduction aux études historiques di Charles-Victor Lan-glois e Charles Seignobos. Thierry, è noto, aveva centrato la sua propostadi ‘riforma’ degli studi storici su una dichiarazione di «guerra agli scrittoriprivi di erudizione che non hanno saputo vedere, ed agli scrittori privi diimmaginazione che non hanno saputo raffigurare» 13; ricerca di un puntodi equilibrio che, a fine secolo, sarebbe stata apertamente contestata innome del primato dei procedimenti scientifici, della messa in opera criti-camente condotta di quegli «antichi documenti storici (…) oggi normal-mente conservati in quelle istituzioni pubbliche chiamate archivi,biblioteche e musei» 14:

    «l’inizio del XIX secolo fu segnato da una rinascita letteraria, che ravvivò la let-teratura storica. Sotto l’influenza del movimento romantico, gli storici andaronoalla ricerca di procedimenti espositivi più vivaci di quelli impiegati dai loro prede-cessori, adatti a colpire, a commuovere il pubblico, offrendo al lettore un’impres-

    Archivi e storia nell’Europa del XIX secolo 11

    10 Cfr. J. MICHELET, Journal… cit., pp. 193-194.11 Ibid., p. 183.12 Cfr. A. THIERRY, Préface… cit., p. 12.13 Ibid., p. 14.14 Cfr. Ch. V. LANGLOIS – Ch. SEIGNOBOS, Introduction aux études historiques (1898),

    préface de M. REBËRIOUX, Paris, Kimé, 1992, p. 35. D’ora in avanti quest’opera sarà ci-tata con la sigla LS, seguita dal numero della pagina.

  • sione poetica delle realtà scomparse. – Alcuni si sforzarono di mantenere il «colo-re» dei documenti originali, pur adattandoli (…). Altri si dissero convinti che oc-corresse presentare i fatti del passato con l’emozione di uno spettatore (…). Lascelta del soggetto, dello schema narrativo, delle prove, dello stile è dominata, intutti gli storici romantici, dalla preoccupazione dell’effetto, che certamente non èuna preoccupazione scientifica. È una preoccupazione letteraria» 15.

    Documenti di diversa provenienza, concludevano Langlois e Seigno-bos, erano stati allora arbitrariamente accostati a disegnare mosaici che,anche se composti di tessere in buona parte originali, risultavano comun-que falsi. La secca alternativa fra «scienza» e «letteratura» proposta daimaestri della scuola storico-erudita non rendeva forse pienamente giusti-zia alla storiografia dei primi decenni dell’Ottocento proprio sul terrenodello sforzo documentario e della valorizzazione di un più ampio e diret-to ricorso alle fonti. La consapevolezza di un profondo mutamento in at-to negli studi storici era stata in ogni caso, allora, precoce e diffusissima.Sarebbe difficile, credo, inquadrare senz’altro le pagine del Primato giober-tiano all’interno del processo di consolidamento critico della storiografiain atto, anche in Italia, nei decenni centrali del XIX secolo; e tuttavia Gio-berti, polemizzando con Carlo Botta, vi si profondeva in un eloquenteelogio dei nuovi indirizzi:

    «Lo scrutinio degli archivi è per lo storico quello che il taglio pel notomista:l’uno e l’altro non fanno ancora la scienza, ma porgono i materiali atti a formar-la, ingrandirla e condurla innanzi. Niuno aspiri a dir cose nuove e sode nella sto-ria, a correggerne i difetti e ad empirne le lacune, a penetrare nel midollo deglieventi già noti, se non è spillatore di archivi oculato e pazientissimo. Se gli eru-diti Tedeschi avessero paura di quelle cose che il prefato scrittore chiama freddu-re e ineziucce, e partecipassero al suo dispetto pei diplomi e pel medio evo, nonavrebbero sparsa una nuova luce sugli annali dei bassi tempi e segnatamente suquelli della nostra patria» 16.

    C’è da dire, semmai, che Gioberti coglieva l’occasione per segnalare unaltro specifico primato italiano, quello legato al nome di Muratori, e perporre in evidenza la ripresa delle indagini storiche in corso, particolar-

    12 Mauro Moretti

    15 LS, p. 243.16 Cfr. V. GIOBERTI, Del Primato morale e civile degli italiani (1843) che cito dall’edizione

    a cura di U. REDANÒ, Milano, Bocca, 1938-1939, 2 voll. – riproduzione dell’edizione bel-ga del 1845 –, vol. II, pp. 127-128.

  • mente in Piemonte, con l’auspicio che «le glorie degli avi più studiate emeglio conosciute raccendano il genio patrio nei nostri coetanei» 17. Bot-ta, dal canto suo, aveva sfogato i propri malumori antiromantici scrivendoal regio archivista della corte sabauda conte Luigi Nomis di Cossilla –«Conosco, che sono brutte bestemmie; massime con un conservatored’archivi» 18 –, con pesanti ironie riservate alla moda neomedievalista, emostrando soprattutto una marcata sfiducia circa la qualità del risultatofinale di tanto lavoro:

    «in questo campo si può piuttosto rispigolare che mietere, né quanto vi si po-trà scoprire sarà mai tanto, che cambiar possa i caratteri già conosciuti dei seco-li. Forse in qualche leggendaccia, od in qualche latinaccio di notaio ignorante sipotrà rinvenire quanti soldi di pedaggio si pagavano nel passare un fiume, o didazio per transitare una merce, (…) ma ciò, che importa, o che momento recanel carattere già conosciuto di certi secoli, no» 19.

    Rivolgendosi, a pochi mesi di distanza, ad Aurelio Bianchi Giovini,Botta trovava accenti ancora più aspri:

    «Forse spillando archivi avrà trovato qualche particolarità di più: ma la so-stanza del fatto è la medesima. So che è di moda lo spillar gli archivi, e chi glispilla s’affibbia alto la giornea; ma questi spillatori, se si dee giudicare da quantohanno fatto fino adesso, da quel che faranno dopo, potranno bensì scoprirequalche minuzia nuova, di un dito mosso piuttosto da una parte che dall’altra,ma non cambiare i caratteri dei grandi avvenimenti conosciuti, ed a cui l’età con-temporanea pose il sigillo. L’età gli conobbe meglio degli archivi, l’età ch’è il te-stimonio di vista e d’udito, testimonio vivente, e per così dire il giurì presente edattento. Generalmente gli archivi non fanno altro che conservare ciò che vide esentì l’età; e gli storici, dico i buoni, scrissero ciò, che dettava l’età, oltreché an-ch’essi frugarono e razzolarono diligentemente negli archivi. Solamente ne tras-sero, e mandarono alla memoria solo quelle cose che potevano servir di lezione,ed importavano all’istruzione del genere umano, non le freddure e le ineziuccieche fanno far le meraviglie ai rimpiccioliti meschinissimi cervelli moderni. Io mirido di coloro, che pretendono di mettere sottosopra, cogli archivi, la storia de’-tempi passati: molto travaglio, disse colui, che tosava il porco, e poca lana» 20.

    Archivi e storia nell’Europa del XIX secolo 13

    17 Ibid., p. 128.18 C. Botta a L. Nomis di Cossilla, 30 dicembre 1833, in C. BOTTA, Lettere, Torino, P.

    Magnaghi, 1841, p. 110.19 Ibid., pp. 108-109.20 C. Botta ad A. Bianchi Giovini, 19 marzo 1834, ibid., pp. 142-143.

  • Lasciando da parte gli aspetti più estrinseci ed umorali di simili presedi posizione, si potrà notare il trasparire – in uno scrittore così fortemen-te legato alla dimensione retorico-prammatica della storiografia – di unapreoccupazione che si ritroverà circolante anche in autori più tardi: all’in-terno di un ordine dato, e non rimesso in discussione, di rilevanze storio-grafiche si poneva il problema del rapporto fra tradizione e nuovaerudizione, fra deposito di elaborazione storiografica e ricerca d’archivio.

    Nel passaggio alla storiografia del secondo Ottocento, lo si accennava,l’accostamento intellettuale ed emotivo alle fonti documentarie venneconfigurandosi diversamente. Ed è utile far ricorso ancora una volta algrande manuale di Langlois e Seignobos, che di questo complesso orien-tamento è testimonianza fondamentale. Basterà citare una pagina a mioavviso veramente rivelatrice, nella quale, dopo avere insistito sulla naturadi conoscenza indiretta caratteristica del sapere storico, i due studiosifrancesi esponevano la propria visione dell’esercizio critico come sforzoragionato di presa di distanza dall’adesione immediata alla fonte:

    «Il fatto è che la pratica della critica è contraria alle normali inclinazioni del-l’intelligenza. La tendenza spontanea degli uomini è di prestar fede alle afferma-zioni e di riprodurle, senza neanche distinguerle nettamente dalle proprieosservazioni. (…) Ci vuole una ragione speciale per darsi la pena di esaminare laprovenienza ed il valore di un documento relativo alla storia di ieri (…). Ognipersona sincera riconoscerà che per scuotere l’ignavia critica, questa forma cosìdiffusa di fiacchezza intellettuale, sia necessario uno sforzo violento; che questosforzo debba essere costantemente ripetuto, e che si accompagni spesso ad unavera sofferenza. L’istinto naturale di un uomo caduto in acqua è di fare tutto ciòche occorre per annegare; imparare a nuotare comporta l’abitudine di reprimeredei movimenti spontanei e di compierne altri. Allo stesso modo, l’attitudine allacritica non è naturale; occorre che venga inculcata, e non si acquisisce stabil-mente se non attraverso un esercizio ripetuto» 21.

    Il sofferto disciplinamento intellettuale necessario al corretto maneggiodelle fonti prendeva in qualche modo il posto – in una situazione sempremeglio strutturata, dal punto di vista organizzativo, degli studi storici –delle fatiche e dei disagi materiali della ricerca; il rispetto di regole codifi-cate e le possibilità di controllo erano ormai, del resto, criteri distintivi«nelle scienze storiche come nelle scienze propriamente dette» 22. L’appli-

    14 Mauro Moretti

    21 LS, pp. 69-70.22 LS, p. 120.

  • cazione concreta dei principi critici nella pratica erudita non era, poi, «pri-va di fascino; quasi ogni studioso vi trova, alla lunga, una singolare dolcez-za» 23. A queste formulazioni, sintesi di esperienze affidata a un testodidattico di metodo storico, potrebbero essere collegati, come esemplifica-zione ed arricchimento, vari profili di studiosi. In un importante saggio de-dicato ad uno dei massimi esponenti della cultura e dell’erudizione storicain Italia alla fine del XIX secolo, Carlo Cipolla, si fornisce del «metodofreddo» messo esemplarmente in opera dallo stesso Cipolla in alcune inda-gini dedicate alla storia ed alla biblioteca dell’abbazia della Novalesa unacaratterizzazione anche psicologicamente molto felice:

    «In questo lavoro di pazienza infinita Cipolla fu ammirevole; e in questo la-voro possiamo constatare come quel metodo di assoluta oggettivazione nel do-cumento, che egli condivideva con altri studiosi del suo tempo, cedesse ognitanto il passo a una commozione trattenuta ma evidente mano a mano che af-fiorava qualche testimonianza di Gregorio Magno, o di Beda, o di Cesario di Ar-les. Una commozione che a un certo punto gli fa dichiarare nel modo piùsemplice – con due parole che nella sua prosa sorvegliatissima sono incredibili –che un simile lavoro di riesumazione «è bello”» 24.

    Frammenti, di nuovo, di una passione alla quale faceva riscontro un’e-tica della ricerca spesso tacita, da ricostruire attraverso una serie di testi-monianze sparse, dai trattati di metodo agli epistolari degli storici, daiprofili autobiografici ai necrologi. In ogni caso, fu attraverso questa com-plessa esperienza che venne definendosi quell’irrinunciabile minimo co-mun denominatore della pratica storiografica secondo il quale, nellaformulazione di Reinhart Koselleck, la fonte

    «ci impedisce di fare asserzioni che non è lecito fare. Le fonti hanno diritto diveto. Ci proibiscono di arrischiare o ammettere interpretazioni che in base ad es-se devono essere considerate semplicemente false o inattendibili» 25.

    Archivi e storia nell’Europa del XIX secolo 15

    23 LS, p. 105.24 Cfr. E. ARTIFONI, Carlo Cipolla storico del medioevo: gli anni torinesi, in Carlo Cipolla e la

    storiografia italiana fra Otto e Novecento, a cura di G. M. VARANINI, Verona, Accademia diAgricoltura Scienze e Lettere, 1994, pp. 3-31, p. 12.

    25 Cfr. R. KOSELLECK, Punto di vista e temporalità. Contributo all’esplorazione storiografica delmondo storico, in Id., Futuro passato. Per una semantica dei tempi storici (1979), Genova, Mariet-ti, 1986, pp. 151-177, p. 176.

  • Del resto, come ricorda Bonnie Smith, «la caccia ai documenti ed ai li-bri rari può contenere elementi di irrazionalità, follia o perversione» 26; edaccanto all’ossessione documentaria potevano porsi la micrologia, la dis-posizione mentale e pratica al ‘filologismo’ acutamente esaminata da Be-nedetto Croce, e l’«ingenua (…) credenza di tener sotto chiave la storia» 27nutrita da eruditi ed archivisti, gelosi custodi dei documenti loro affidati.Non mancano suggestive testimonianze letterarie riguardanti questa pe-culiare identità dello storico tardo-ottocentesco. Si pensi, ad esempio, allamediocrità dell’uomo di carta Jörgen Tesman, il marito della Hedda Ga-bler di Ibsen, in cerca, durante il viaggio di nozze, di documenti per il suolibro sull’industria domestica del Brabante nel medioevo – «per me è sta-to anche un viaggio di studio. Quanti archivi da rovistare! (…) quella vali-gia era zeppa di note e di appunti. Non t’immagini quanta roba ho potutoraccogliere negli archivi. Documenti bizzarri, antichissimi, di cui nessunosospetta l’esistenza (…)» 28 –, desideroso, appena rientrato, di rimettermano agli appunti, e capace di interpretare l’allusivo accenno della zia Ju-liane all’abbondanza di spazio che sarebbe tornata utile, in futuro, nellacasa degli sposi, nel senso della necessaria espansione della propria bi-blioteca. Lo svolgimento e lo scioglimento del dramma, poi, ruotano infondo attorno alla vicenda di un manoscritto: quello composto dal temu-to rivale per la cattedra Lövborg, che discostandosi dalla canonica prassierudita aveva preparato un’opera sulle «forze civilizzatrici dell’avvenire» esui «futuri sviluppi della civiltà», manoscritto perduto, recuperato e di-strutto, che lo stesso Tesman – «Non mi sarebbe mai venuto in mente discrivere nulla di simile» 29 – cercherà di ricomporre dopo la morte di Löv-borg, valendosi degli appunti presi dall’amante di questi: «riordinare lecarte degli altri…è proprio il lavoro adatto per me» 30. E quello di Ibsen,

    16 Mauro Moretti

    26 Cfr. B. SMITH, Gender and the Practices… cit., p. 1169.27 Cfr. B. CROCE, Teoria e storia della storiografia (1915-1917), che cito dall’edizione a cu-

    ra di G. GALASSO, Milano, Adelphi, 1989, p. 28.28 Cfr. H. IBSEN, Hedda Gabler (1890), in I drammi di Ibsen, traduzione di A. Rho,

    introduzione di F. ANTONICELLI, Torino, Einaudi, vol. III, 1959, pp. 447-548, pp. 455e 454.

    29 Ibid., p. 495.30 Ibid., p. 544; e, a p. 459, il dialogo con la zia: «Innanzi tutto bisogna che riordini

    tutto quell’enorme materiale raccolto; capisci che cosa vuol dire? – Già, raccogliere e ca-talogare… quello è il tuo forte».

  • com’è noto, non è certo un testo isolato nel panorama letterario dei de-cenni a cavallo fra Otto e Novecento 31.

    Un aspetto particolare, ma significativo, della passione documentariain precedenza evocata è costituito dalla lucidissima percezione delle esi-genze imposte dalla salvaguardia di quel patrimonio cartaceo. Nel 1824,nel primo volume del suo Iter Italicum, Blume rilevava l’urgenza del recu-pero e della risistemazione di archivi, biblioteche e musei in Italia, dopo ledispersioni e le rovine del periodo francese 32. Ed ancora nell’aprile 1853Ludwig Bethmann, scrivendo sempre a Pertz, affermava che «qui in Italia,in questo momento, «utilizzare» significa in qualche modo anche «salva-re”» 33. Utilizzare e salvare: così, nel 1880, uno dei protagonisti della sto-ria archivistica italiana, Cesare Guasti, narrava le prime fasi dellariorganizzazione dell’archivio Datini a Prato:

    «L’arcidiacono Martino Benelli, invitato dal provveditore dei Ceppi (…), era-si tolto l’incarico di riordinare l’archivio del pio istituto. Più d’una volta visitaiseco quelle stanze, in cui già Francesco Di Marco [Datini] ebbe il fondaco; edora vi ritornavano come da morte a vita i documenti del suo largo commercio, iquali chiusi in sacchi e riposti nel vano di una scaletta condannata, dovevanoforse a così semplice trattamento la loro conservazione. Perché io, sorridendo,ripeteva all’amico quel motto ovidiano: Crede mihi, bene qui latuit, bene vixit. Ma ca-pivo allora come i passati amministratori fossero stati gelosissimi di un archivioin cui vennero, or fa un secolo, versate anche le carte di Corporazioni religiose,di Opere e Compagnie laicali, soppresse (…). Capivo, dunque, ora come nonfosse stata gelosia di amministratori poco intelligenti, ma pudore di trascurati;ché veramente c’era da vergognarsi a mostrare come le antiche carte stavano al-la mercè dei sorci e delle tarme e (perché non s’ha a dire?) de’ ladri. Imperocchéda queste diverse generazioni di nemici un archivio si salva soltanto usando i do-cumenti e tenendoli in buon ordine: con l’uso si scuote almeno la polvere, e congl’inventari si tengon lontane le mani rapaci. Ma quanti, nei tempi di cui parlo, laintendevano?» 34.

    Archivi e storia nell’Europa del XIX secolo 17

    31 Alcune efficaci indicazioni in M. MASTROGREGORI, Il manoscritto interrotto di MarcBloch. Apologia della storia o Mestiere di storico, Pisa-Roma, Istituti editoriali e poligrafici in-ternazionali, [1995] pp. 11-15.

    32 Cfr. F. BLUME, Iter Italicum, vol. I, Berlin-Stettin, Nicolaischen Buchhandlung,1824, pp. X-XI.

    33 Cfr. A. ESCH, Auf Archivreise… cit., p. 224.34 Cfr. C. GUASTI, Ser Lapo Mazzei (1880), in ID., Opere. Scritti storici, Prato, Belli, 1894,

    pp. 367-476: pp. 368-369.

  • Attorno al nesso fra recupero, tutela e impiego si articolarono pro-grammi di lavoro tutt’altro che privi, nell’Italia percorsa da tanti straniericacciatori di inediti, di implicazioni in senso lato nazionali; esemplare, aquesto proposito, quanto affermava lo storico Carlo Cipolla nella suaprolusione torinese del 1882:

    «Se è bello richiamare cogli studi alla vita antichissimi popoli scomparsi dasecoli e secoli, non è altrettanto utile e bello ricercare la storia di quei tempi e diquei popoli, dei quali l’azione non è ancora estinta, e di cui anzi proviamo tutto-dì le conseguenze in noi medesimi? Le carte e i monumenti, che conservano lememorie del passato possono da un giorno all’altro scomparire nei turbini dellavita. Affrettiamoci a prenderne possesso, e assicuriamo contro gli insulti deltempo e le contraddizioni degli uomini tanta parte di noi. Fiduciosi nelle leggi,che regolano la storia e confortano l’uomo, persuadiamoci che senza la base del-le prove, e senza abbassarci a cercare queste prove sulle muscose pietre e nellepergamene polverose, la storia mutasi facilmente in fantasmagoria, dove si sup-pone per leggerezza quello di cui dovremmo tacere per ignoranza. Mettiamo noistessi alla luce le nostre ricchezze, e non permettiamo che tutte ce le rubino i nu-merosi e valenti stranieri, che pellegrinano ogni anno per la Penisola, scavandonei nostri archivi oggi quello che da tempo avremmo avuto il sacro dovere di co-noscere noi medesimi. Scriviamo noi la nostra storia: pubblichiamo noi le nostrecronache, i nostri codici diplomatici» 35.

    Su questo terreno si incontravano istanze metodologiche, programmiscientifici, misure e prospettive di politica culturale; e senza dubbio l’im-pianto concettuale del metodo erudito, della «scuola storica» storiografi-co-letteraria era funzionale alle esigenze del censimento, del riordino, delcatalogo 36.

    In quest’ambito, che ci richiama direttamente all’intreccio, segnalato inapertura, fra professionalizzazione degli studi storici e gestione ed impiegodel patrimonio documentario, si mossero una serie di personaggi che oc-cuparono delle posizioni strategiche, nei punti di snodo fra ricerca storica

    18 Mauro Moretti

    35 Cfr. C. CIPOLLA, I metodi e i fini nella esposizione della storia italiana (1882), in Storici del-l’Ottocento, a cura di F. DIAZ – M. MORETTI, Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Sta-to – collana «Cento libri per mille anni» –, 2003, pp. 1117-1133, in particolare p. 1133; eM. MORETTI, Carlo Cipolla, Pasquale Villari e l’Istituto di Studi superiori di Firenze, in Carlo Ci-polla… cit., pp. 33-81.

    36 Cfr., ad esempio, A. VENTURI, Per la storia dell’arte italiana (1887), in Storici… cit.,pp. 1153-1168.

  • ed organizzazione della cultura. Inutile soffermarsi, in questa sede, su unafigura come quella di Francesco Bonaini. Si può però brevemente richia-mare un altro caso esemplare, quello dell’autore di un breve testo che saràcertamente menzionato più volte nel corso di queste giornate: JohannFriedrich Böhmer, il segretario dei Monumenta, l’editore dei Regesta Imperii.Ed il breve testo è ovviamente quello degli Opuscoli circa all’ordinare gli archi-vi e specialmente gli archivi di Firenze, in parte composti su sollecitazione diFrancesco Bonaini nel 1850, e pubblicati dallo stesso Bonaini nel 1865.Sulla base di una lunga esperienza, e guardando retrospettivamente ad unaevoluzione istituzionale ormai consolidatasi, Böhmer compendiava conefficacia i tratti generali di un decisivo mutamento. La rivoluzione, ed il ri-assetto europeo del 1815, avevano introdotto una duplice discontinuità,costituzionale e materiale. Fino a quando «lo stato delle cose riposava an-cora interamente su delle basi storiche», gli archivi erano rimasti separati edispersi, nelle mani dei loro possessori ecclesiastici e laici, e chiusi, o pocoaccessibili, dato che custodivano «i titoli di diritti e di possessi di proprie-tari che ritenevano di avere delle buone ragioni per mantenerli segreti» 37;

    «Ora tutto questo è cambiato. Un gran numero di corporazioni religiose, chepossedevano alcuni fra gli archivi più antichi, è stato soppresso, ed i loro archivisono andati dispersi, o sono stati riuniti agli archivi di Stato. Le corporazioni se-colari non sono più così gelose dei propri archivi, anche perché hanno persomolta della loro antica indipendenza. I titoli di proprietà sono stati meglio rego-lati (…). La stessa esistenza dello Stato, e la sua composizione di parti origina-riamente indipendenti, riposa piuttosto sugli ultimi trattati di pace, che sui fattistorici ai quali doveva la propria esistenza ed il proprio sviluppo» 38.

    Il venir meno, o l’allentarsi dei legami fra i vari tipi di documentazionearchivistica e le esigenze della vita pratica e politica attenuava le ragionidella segretezza, pur con le dovute cautele, e le eccezioni come quelle re-lative alle carte delle case regnanti; quanto agli affari correnti, si trattava dipratiche non depositate negli archivi, ma conservate all’interno dellestrutture amministrative. In un contesto politico, intellettuale e materialecosì profondamente mutato, e segnato, fra l’altro, dai «progressi fatti ainostri giorni dalla pubblicità e dalla scienza»,

    Archivi e storia nell’Europa del XIX secolo 19

    37 Cfr. G. F. BÖHMER, Opuscoli circa all’ordinare gli archivi e specialmente gli archivi di Firen-ze, Firenze, Cellini, 1865, p. 1.

    38 Ibid., pp. 9-10.

  • «si è affermato un punto di vista del tutto nuovo : gli archivi dello Stato sonoadesso, mentre continuano a servire all’amministrazione, i luoghi di conservazionedelle grandi memorie del paese ; in questa prospettiva gli archivi entrano nella stessa categoriache comprende le altre collezioni scientifiche e artistiche dello Stato, e per questa ragione richie-dono una amministrazione dello stesso tipo» 39.

    Si trattava, dunque, di garantire la conservazione, e di rendere possibi-le l’impiego dei documenti. La conservazione implicava problemi di ge-stione diretta, di sorveglianza, di acquisizione e di recupero, per limitare ladispersione della documentazione; il lento tramonto di una lunga tradi-zione di segretezza legata alle funzioni anticamente prevalenti delle vec-chie carte le aveva rese, per Böhmer, in vari casi anche meno protette,minacciate da interessi venali alimentati dal collezionismo. Quanto all’im-piego, questo andava considerato

    «in rapporto a delle questioni di interesse pubblico e privato, oppure in rap-porto a delle questioni scientifiche. A proposito del primo tipo di utilizzazioneci sono ovunque delle regole fissate da tempo, e ci si potrà limitare a rivederle.Anche l’impiego per degli scopi scientifici non è una cosa assolutamente nuova,ma è qualcosa che ora, dopo i mutamenti di condizione subiti dagli archivi, sipresenta sotto un aspetto nuovo, perché ormai questa è una destinazione fonda-mentale» 40.

    Non sempre, e non da tutti, le finalità scientifiche di un archivio eranoconsiderate quelle prevalenti, verso la metà del secolo 41; ma in questosenso le posizioni di Böhmer erano solidamente articolate. La funzionescientifica, infatti, non era concepita come «passiva», limitata all’apertura,e ad una sempre più organizzata accessibilità dei documenti – funzioneche comunque avrebbe implicato una intensa attività di inventariazione,grazie all’opera di archivisti adeguatamente preparati –; attraverso gliarchivi, notava Böhmer, lo Stato avrebbe dovuto farsi promotore di im-prese editoriali troppo onerose e troppo complesse per i privati, «nell’in-

    20 Mauro Moretti

    39 Ibid., pp. 10-11.40 Ibid., p. 11. Böhmer, del resto, indicava al 1737 il termine cronologico ad quem per

    la consultabilità dei documenti toscani.41 Cfr. il saggio, ricco e stimolante, di F. CAVAZZANA ROMANELLI – S. ROSSI MINU-

    TELLI, Archivi e biblioteche, in Storia di Venezia. L’Ottocento e il Novecento, a cura di M.ISNENGHI e S.WOOLF, Roma, Istituto dell’enciclopedia italiana, 2002, t. II, pp. 1081-1122, in particolare pp. 1091-1092.

  • teresse dell’istruzione pubblica, delle scienze storiche e della gloria delpaese» 42. In questa prospettiva avrebbe potuto essere raccomandabile an-che la fondazione di un periodico, come strumento editoriale e di infor-mazione; fermo restando che le pubblicazioni storiche direttamenteconnesse alla sfera archivistica avrebbero dovuto conservare un loro ca-rattere specifico: descrizioni, inventari, regesti, codici diplomatici, «con-tengono solo dei materiali, e non dei ragionamenti» 43.

    A partire dal testo di Böhmer potrebbero essere svolte varie conside-razioni di natura sia più propriamente storiografica, sia istituzionale. Iomi limiterò a segnalare alcune tematiche generali che troveranno, credo,opportune specificazioni nelle relazioni esposte nel corso del convegno.

    La periodizzazione proposta da Böhmer concorreva a consolidarequello che sarebbe divenuto un fondato luogo comune manualistico. Se idanneggiamenti e le mutilazioni dei fondi documentari non datavano cer-to dalla Rivoluzione – avrebbero osservato più tardi Langlois e Seignobos–, questa, quali che fossero state le rovine procurate per noncuranza, vio-lenza, dolo, ed a causa di una errata concezione dello scarto, aveva intro-dotto due fondamentali novità, la concentrazione e la pubblicità deidepositi documentari;

    «da allora i resti dell’antica documentazione storica, dopo le grandi distruzio-ni dovute alla casualità ed al vandalismo, sono stati messi in salvo, classificati, re-si noti e considerati come una parte del patrimonio della società» 44.

    Una connessione così diretta fra la storia delle carte e le grandi cesuredella storia generale segnalava il profondo coinvolgimento, fisico e sim-bolico, del patrimonio archivistico nei movimenti e nei mutamenti politi-ci. E le distruzioni, le spoliazioni, i sequestri di carte d’archivio da parte divittoriosi invasori o di dominanti sconfitti, da Napoleone sino agli au-striaci in partenza, nel 1866, da Venezia, sembrano in qualche modo rin-viare, al di là dei più visibili aspetti politico-diplomatici di quellesituazioni, agli stessi connotati etimologici del termine.

    C’era, poi, la gloria del paese, come aveva scritto Böhmer, gloria pre-sente o passata, da affermare o da rivendicare attraverso lo studio e l’edi-

    Archivi e storia nell’Europa del XIX secolo 21

    42 Cfr. G. F. BÖHMER, Opuscoli… cit., p. 12.43 Ibid., p. 2.44 LS, p. 35.

  • zione delle fonti storiche, e con essa la trasmissione e la salvaguardia ditradizioni culturali e civili; vero, diffusissimo convincimento, testimoniatoin molti luoghi, a partire dall’insegna della più grande impresa storico-do-cumentaria del XIX secolo, dove si legge che Sanctus amor patriae datanimum. E, per citare un altro testo di Böhmer, basterà scorrere l’introdu-zione del 1833 al volume dei Regesta Chronologico-Diplomatica Karolorum pertrovarvi chiaramente enunciati dei principi analoghi. Era l’amore per lapatria – letteralmente, Vaterlandsliebe –, e non la curiosità o il tornacontoindividuale sul piano intellettuale a sostenere davvero, «nel cuore dei suoiamici», un’iniziativa come quella dei Monumenta;

    «Se è vero che l’autoconsapevolezza delle nazioni riposa nella loro storia, e senessuno deve dimenticare il proprio essere, ma piuttosto deve conoscersi me-glio, allora il tempo e le forze non saranno sprecati in questo lavoro, e l’immagi-ne fedele di ciò che è stata la nostra patria, che emerge dalle fonti originarie,possa servire sia come insegnamento, sia come memoria» 45.

    Altrove, in una grande capitale decaduta, «nelle sale dei pubblici archi-vi […] non è ancora tutta morta la regina dell’Adriatico, ma dorme a fian-co del suo Leone, che nel quieto sonno sembra che ancora palpiti, ancorarespiri. In quell’ammassamento di pergamene e di carte il suo spirito tro-vò asilo e pose in salvo come in isola fortificata il suo onore e la sua ripu-tazione» 46. Non occorre qui insistere più di tanto su questi aspetti, bennoti e studiati sia dal punto di vista della storia di idee e programmi, sia daquello organizzativo ed istituzionale, fra riviste, associazioni, imprese edi-toriali dalla varia configurazione politica. Che in gioco ci fossero com-plesse dinamiche – dinastiche, statuali, nazionali, locali –, contese sulpassato e strategie di appropriazione è certamente vero, e non è unasovrapposizione indebita, in questi contesti, parlare di «memoria» e di«identità”, pur con il fastidio a volte suscitato dall’attuale voga memoria-le-identitaria. Ma negli archivi – come nelle biblioteche, nelle società sto-riche, nelle aule e nei seminari universitari – si lavorava sì per la patria, maanche per la scienza, e per la prima proprio in quanto si contribuiva alla

    22 Mauro Moretti

    45 Cfr. J. F. BÖHMER, Vorrede, in Regesta Chronologico-Diplomatica Karolorum, Frankfurt,Varrentrapp, 1833, s. p.

    46 Riprendo il testo di G. Cadorin, del 1846, da F. CAVAZZANA ROMANELLI – S. ROS-SI MINUTELLI, Archivi… cit., pp. 1081-1082.

  • seconda; accostamento ricorrente, che aveva trovato in una celebre pagi-na di Thierry una fondamentale attestazione:

    «Se, come amo credere, l’interesse della scienza va considerato nel novero deigrandi interessi nazionali, io ho offerto al mio paese tutto ciò che offre alla pa-tria il soldato mutilato sul campo di battaglia. Quale che sia il destino riservato aimiei studi, questo esempio, spero, non sarà stato vano. (…) al mondo c’è qual-cosa che vale più dei godimenti materiali, più della fortuna, più della stessa salu-te, ed è la dedizione alla scienza» 47.

    Non era solo retorica; né la dottrina fu sempre e solo mascheramentoe velo di interessi pratici e di passioni politiche. La crescente formalizza-zione