La “zia Clelia” e i primi anni del turismo · di zia Clelia significa gettare uno sguardo su un...

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50 Lettera del Centro Studi e Documentazione Isola di Ustica n. 25-26 gennaio-agosto 2007 ATTIVITÀ DEL CENTRO La “zia Clelia” e i primi anni del turismo di Nicola Longo I L 25 OTTOBRE SCORSO DOPO diversi anni di acciacchi e di assenza dalla scena, all’età di ottantotto anni è morta “zia” Clelia Ailara. Se ne è così andata quella che per decenni era stata la padrona di casa mite, cordiale e premurosa di tanti forestieri tu- risti che in lei e nella sua Pen- sione Clelia avevano trovato un’accoglienza straordinaria- mente umana e familiare. Ripercorrere la vita e l’attività di zia Clelia significa gettare uno sguardo su un intero periodo stori- co della nostra isola che ha visto la più radicale trasformazione so- cio-economica della nostra comu- nità sin dalla sua nascita. Nel giugno del 1940 Clelia Ai- lara, giovane sposa di 21 anni e con un figlio di 2 anni e mezzo, Vito, resta vedova. Il marito Ni- no, appena nove giorni dopo l’i- nizio della guerra, viene affon- dato col sommergibile Galileo Galilei nel quale è imbarcato nelle acque di Aden, nel Mar Rosso. Allevare il bambino, sostenuta dai genitori, resterà lo scopo principale della sua vita. Quel parto oltretutto non era stato per niente facile. Si era dovuto infatti richiedere alle nove di sera, malgrado il divieto serale e notturno di circolazione per i confi- nati, l’intervento di uno di loro. Si trattava del medico e romanziere Giuseppe Parenti di Caorso e del quale il nostro Centro Studi si è oc- cupato nel numero 15-16 di “Lette- ra” dicembre 2003-aprile 2004. L’intervento ostetrico, come si sa, finì poi nelle pagine del romanzo ambientato a Ustica, L’amore o il romanzo di una donna, dello stesso Parenti. Quella di Clelia è una delle più antiche famiglie contadine di Ustica. Diventata vedova, Clelia sceglie di continuare a vivere nella vecchia grande casa pater- na con il padre Fifì e la madre Angelina. Vita dura ma dignitosa di gente di campagna. Nei primi anni Cinquanta una svolta quasi casuale, una tappa destinata a fa- re storia nella futura attività di Clelia: nel 1951 nasce a Ustica per la prima volta una Scuola Media privata, gestita dal Centro Culturale di Firenze, una entità per noi ragazzi tanto lontana quanto sconosciuta, ma alla qua- le dovevamo versare ogni mese lire 5.000 con un vaglia di cui ogni primo del mese dovevamo esibire la ricevuta all’insegnante responsabile. Il corpo docente è formato da giovani e brillanti ra- gazzi di Palermo che trovano al- loggio e vitto in casa Ailara. L’ingresso è quello originario di Via San Bartolomeo e, subito a destra, una grande stanza a sog- giorno-pranzo con gli antichi ar- redi e l’immancabile allegria mantenuta da zio Fifì, che un po’ stupefatto e un po’ burlone, intrattiene paternamente quelle ragazze forestiere arrivate dalla città. Il clima che regnava in casa Ailara non poteva essere più fe- stoso e più familiare. Noi studenti cercavamo tutte le scuse per potere entrare nel grande stanzone e ascoltare le storielle rac- contate da zio Fifì. Ricordo le gare fra noi ragazzi per regalare alle pro- fessoresse i mazzi di rose più belle che si trovavano, spesso rubandole, nelle poche piante allora esistenti a Ustica nei pressi delle antiche ville fuori del centro abitato. Dopo tre anni dalla sua nascita, nel 1954, finito l’anno scolastico, la Scuola Media chiude. Chi si era iscritto all’inizio riesce a completa- re il triennio e ottenere la sospirata licenza media. Quelli iscritti suc- cessivamente riusciamo a comple- tare solo chi la Seconda e chi la Prima Media. Dopo qualche anno si pensò di utilizzare Telescuola, un programma televisivo che pre- parava agli esami. Ma restava da superare un grosso problema. A quei tempi e fino 1965 di giorno, con la luce del sole non veniva erogata la corrente elettrica. L’o- stacolo fu superato con l’utilizzo di un gruppo elettrogeno che così permise di accendere il televisore (fornito dal centro di Cultura Po- polare- UNLA) anche nel pome- riggio. La Scuola Media aprirà de- finitivamente nel 1961, quando divenne obbligatoria: prima nei locali dell’attuale Poliambulatorio, e successivamente nei locali del Fosso, ormai non più utilizzato come cella di punizione per i con- finati e futura sede temporanea del nostro Centro Studi. L’esperienza dell’ospitalità in Clelia Ailara, una pioniera del turismo usticese.

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50 Lettera del Centro Studi e Documentazione Isola di Ustican. 25-26 gennaio-agosto 2007

ATTIVITÀ DEL CENTRO

La “zia Clelia” e i

primi anni del turismo

di Nicola Longo

IL 25 OTTOBRE SCORSO DOPO

diversi anni di acciacchi e diassenza dalla scena, all’età di

ottantotto anni è morta “zia”Clelia Ailara. Se ne è così andataquella che per decenni era statala padrona di casa mite, cordialee premurosa di tanti forestieri tu-risti che in lei e nella sua Pen-

sione Clelia avevano trovatoun’accoglienza straordinaria-mente umana e familiare.

Ripercorrere la vita e l’attivitàdi zia Clelia significa gettare unosguardo su un intero periodo stori-co della nostra isola che ha vistola più radicale trasformazione so-cio-economica della nostra comu-nità sin dalla sua nascita.

Nel giugno del 1940 Clelia Ai-lara, giovane sposa di 21 anni econ un figlio di 2 anni e mezzo,Vito, resta vedova. Il marito Ni-no, appena nove giorni dopo l’i-nizio della guerra, viene affon-dato col sommergibile Galileo

Galilei nel quale è imbarcatonelle acque di Aden, nel MarRosso.

Allevare il bambino, sostenuta daigenitori, resterà lo scopo principaledella sua vita. Quel parto oltretuttonon era stato per niente facile. Si eradovuto infatti richiedere alle nove disera, malgrado il divieto serale enotturno di circolazione per i confi-nati, l’intervento di uno di loro. Sitrattava del medico e romanziereGiuseppe Parenti di Caorso e delquale il nostro Centro Studi si è oc-cupato nel numero 15-16 di “Lette-ra” dicembre 2003-aprile 2004.L’intervento ostetrico, come si sa,finì poi nelle pagine del romanzoambientato a Ustica, L’amore o il

romanzo di una donna, dello stessoParenti.

Quella di Clelia è una dellepiù antiche famiglie contadine di

Ustica. Diventata vedova, Cleliasceglie di continuare a viverenella vecchia grande casa pater-na con il padre Fifì e la madreAngelina. Vita dura ma dignitosadi gente di campagna. Nei primianni Cinquanta una svolta quasicasuale, una tappa destinata a fa-re storia nella futura attività diClelia: nel 1951 nasce a Usticaper la prima volta una ScuolaMedia privata, gestita dal CentroCulturale di Firenze, una entitàper noi ragazzi tanto lontanaquanto sconosciuta, ma alla qua-le dovevamo versare ogni meselire 5.000 con un vaglia di cuiogni primo del mese dovevamoesibire la ricevuta all’insegnanteresponsabile. Il corpo docente èformato da giovani e brillanti ra-gazzi di Palermo che trovano al-loggio e vitto in casa Ailara.L’ingresso è quello originario diVia San Bartolomeo e, subito adestra, una grande stanza a sog-giorno-pranzo con gli antichi ar-redi e l’immancabile allegriamantenuta da zio Fifì, che unpo’ stupefatto e un po’ burlone,intrattiene paternamente quelleragazze forestiere arrivate dallacittà. Il clima che regnava in casaAilara non poteva essere più fe-stoso e più familiare.

Noi studenti cercavamo tutte lescuse per potere entrare nel grandestanzone e ascoltare le storielle rac-

contate da zio Fifì. Ricordo le garefra noi ragazzi per regalare alle pro-fessoresse i mazzi di rose più belleche si trovavano, spesso rubandole,nelle poche piante allora esistenti aUstica nei pressi delle antiche villefuori del centro abitato.

Dopo tre anni dalla sua nascita,nel 1954, finito l’anno scolastico,la Scuola Media chiude. Chi si eraiscritto all’inizio riesce a completa-re il triennio e ottenere la sospiratalicenza media. Quelli iscritti suc-cessivamente riusciamo a comple-tare solo chi la Seconda e chi laPrima Media. Dopo qualche annosi pensò di utilizzare Telescuola,un programma televisivo che pre-parava agli esami. Ma restava dasuperare un grosso problema. Aquei tempi e fino 1965 di giorno,con la luce del sole non venivaerogata la corrente elettrica. L’o-stacolo fu superato con l’utilizzodi un gruppo elettrogeno che cosìpermise di accendere il televisore(fornito dal centro di Cultura Po-polare- UNLA) anche nel pome-riggio. La Scuola Media aprirà de-finitivamente nel 1961, quandodivenne obbligatoria: prima neilocali dell’attuale Poliambulatorio,e successivamente nei locali delFosso, ormai non più utilizzatocome cella di punizione per i con-finati e futura sede temporaneadel nostro Centro Studi.

L’esperienza dell’ospitalità in

Clelia Ailara, una pioniera del turismo usticese.

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51Lettera del Centro Studi e Documentazione Isola di Ustican. 25-26 gennaio-agosto 2007

casa a forestieri insegnanti ecacciatori spinge Clelia a conti-nuare su questa strada. La casasi presta, è grande, il padre Fifìva diventando anziano, la terrarende poco. Intanto sono gli anniin cui a Ustica la storia sembrascorrere veloce. La vecchia so-cietà contadina è in crisi, i gio-vani scalpitano ed emigrano alnord. C’è odore di turismo, iconfinanti ormai sono un pesodopo quasi due secoli di utile ereciproca convivenza. Sull’isolasi formano due partiti: il primoper l’abolizione del confino el’apertura al turismo, il secondoper il suo mantenimento. Ma ilturismo è ormai dietro l’angolo.Nell’estate del 1954 compaionole prime gite domenicali, nel1955 si costituisce la Pro Locoad iniziativa di Giovanni Grani,un romano che aveva sposatol’usticese Anna Di Mauro.

Il turismo appare ormai comel’unica strada da perseguire peruna comunità, la cui economiatradizionale è in crisi.

Nel 1957 l’antica casa conta-dina degli Ailara tramite una ra-dicale trasformazione diventa laPensione Clelia con l’ingressoin Via Magazzino, nasce il risto-rante e, nel 1958, viene aperta laterrazza ristorante.

Clelia è diventata di fattoun’imprenditrice turistica ma ilsuo aspetto bonario e sereno dimadre di famiglia fra i fornellicontinua ad essere il riferimentoprincipale del suo locale. Intanto

una sola nave, la domenica, nonriesce più a contenere la pressio-ne dei gitanti. La SI.RE.NA. neaffianca un’altra, la Nuova Egadi

o il Mazzara. Il giorno di dome-nica l’isola è letteralmente e fe-stosamente invasa da circa 800gitanti. Una fila di ragazzini congli asini sono già schierati all’ar-rivo delle navi per portare i turistiin giro per l’isola. Cento lire apersona per arrivare dal porto inpiazza, cinquecento per il girodell’isola sul vecchio sentieronon ancora asfaltato. L’isola viveuna sorta di euforia turistica esente che si sta intraprendendouna nuova strada. I contadini in-tuiscono che sta nascendo unnuovo mercato ed il giorno diDomenica organizzano al portobanchi di vendita dei loro prodot-ti: fichi, uva, melloni, fichidindia,ecc.. è il classico turismo dome-nicale con gran frastuono di man-giadischi a tutto volume e pic nicall’ombra dei vecchi ficus dellapiazza. Ma ci sono già i primi ri-storanti ed il Clelia è uno di que-sti. Racconta Nuccio Salerno,giovanissimo e improvvisato ca-meriere di quel periodo: “La do-

menica bisognava fare miracoli

per soddisfare le richieste e si fa-

cevano più turni, il pranzo costa-

va 700 lire ed il menù quasi stan-

dard: pasta al forno o al sugo di

pomodoro, e totani fritti”. Con glianni Sessanta il turismo usticesecomincia a prendere forma menocaotica e più promettente. Intantonel 1961 viene abolito il confino,

mentre la Rassegna Internaziona-

le delle Attività Subacquee portaUstica alla ribalta nazionale edestera, e l’isola viene riconosciutacome CAPITALE DEI SUB. La Pen-

sione Clelia diventa anche il sog-giorno preferito di molti artistiche nella padrona di casa, nellasua modestia, nella sua cucina,trovano il giusto calore familiareed una identificazione totale conl’isola: Omiccioli, Biasion, Jachi-no, De Simone ed altri artisti, daClelia si sentono a casa propria.

Da una diecina di anni “zia”Clelia non era più sulla scena.Oggi non c’è più la sua presenzaleggera, dolCe e rassicurante nelnuovissimo Hotel Clelia, realiz-zato negli ultimi anni con gustoe sobrietà dal figlio Vito, prezio-so e insostituibile pilastro delnostro Centro Studi e dai nipotiTonino Fabio e Clelia, ai qualivanno i sentimenti più affettuosidei nostri soci.

A noi piace ricordare “zia”Clelia che, negli ultimi anni del-la sua vita, ormai sulla sedia arotelle e amorevolmente assistitadalla fedele Ninetta, al passag-gio della processione di SanBartolomeo sotto il suo terrazzi-no, si sporgeva, lacrimante, perbaciare col gesto della mano ilPatrono e protettore di Usticanel giorno più importante e so-lenne della nostra isola.

NICOLA LONGO

Nicola Longo è socio fondatore e membro delConsiglio Direttivo del Centro Studi.

Anni Cinquanta. il festoso arrivo delle gite domenicali e gli asinelli mobilitati per l’accoglienza dei turisti.