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COPIA GRATUITA IN EDICOLA CON IL ROMA numero 12 del 13 luglio 2019 La Città – La Squadra – Gli Eventi LE STORIE GIANNI DI MARZIO LORENZO MARONE LA LOCANDA DEL CERRIGLIO SHALANA SANTANA LA NUOVA SFIDA DI CARLO LA NUOVA SFIDA DI CARLO Nell'inserto Dalle Alpi al San Paolo profili dei nuovi azzurri

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COPIA GRATUITA IN EDICOLA CON IL ROMA

numero 12 del 13 luglio 2019La Città – La Squadra – Gli Eventi

LE STORIE

GIANNI DI MARZIO

LORENZO MARONE

LA LOCANDA

DEL CERRIGLIO

SHALANA SANTANA

LA NUOVA SFIDA DI CARLOLA NUOVA SFIDA DI CARLO

Nel

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L’EDITORIALEdi Giovanni Gaudiano

“Se puoi sognarlo, puoi farlo”a copertina di questo numero è dedicata a LCarlo Ancelotti mentre tra le verdi

montagne del Trentino dirige a Dimaro

gli allenamenti del suo Napoli. Senza volerlo

caricare di eccessive responsabilità, questa

stagione ci dirà se il suo lavoro iniziato lo scorso

anno potrà portare quei risultati che a Napoli tutti

si aspettano da diversi anni.La sua competenza, la sua esperienza e la sua

profonda conoscenza del calcio sono le garanzie

del suo impegno e sono anche le caratteristiche

necessarie per raggiungere gli obiettivi che la

società si è prefissata. È augurabile comunque che

al tecnico emiliano venga allungato già oggi il

contratto, sperando che il suo lavoro a Napoli

possa durare a lungo. La società nel frattempo sta

muovendosi sul mercato per accontentare le

richieste dell'allenatore e per riportare la rosa nelle

giuste dimensioni con una serie di operazioni in

uscita che permettono nel loro andamento di

Il primo riguarda la stessa società, che grazie ad

un'attenta politica degli investimenti oggi

raccoglie importanti frutti con ricavi dalle cessioni

più che adeguati. l secondo è riferito al lavoro di I

Ancelotti nella scorsa stagione, allorquando ha

saputo valorizzare l'intera rosa del Napoli

utilizzando tutti gli uomini a sua disposizione e di

conseguenza potendo alla fine dare anche

indicazioni precise sugli interventi da fare per

migliorare la qualità della squadra.Alla luce dei primi movimenti, l'ingaggio di Di

Lorenzo e l'arrivo di Manolas, al posto di Albiol, la

difesa sembra già a posto anche se qualche cessione

per la quale sono in corso trattative potrebbe

consentire un ulteriore intervento soprattutto

sulle corsie. aremo comunque tutti obbligati a S

sfogliare la margherita almeno sino al 24 agosto

mentre radio mercato ogni giorno ci propinerà

nomi altisonanti, qualche illustre sconosciuto

evidenziare due aspetti.

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a l l ' ombr a d i in t r igh i , a s te e s f ide che

probabilmente non saranno mai esistite.

troverebbero immediata collocazione producendo

dei ricavi di rilievo, il brand in crescita ed il

marketing pronto a utilizzare un nome gradito alla

tifoseria per aumentare il suo valore.Prima dell'inizio del campionato i media si

impegneranno nella elaborazione delle solite

griglie che come sempre non terranno conto del

fair play finanziario, della solidità e continuità delle

società e della capacità di innovare il calcio italiano

ancorato nostalgicamente al triangolo industriale

del nord, il cui polo meneghino continua a

riprogrammare ogni stagione una riscossa che

anche quando arriverà sarà costata una fortuna, la

vendita di Milan e Inter a proprietari stranieri e la

costante violazione delle regole economiche.

Resta in piedi il polo torinese, quello di marca

juventina, che domina in campionato da troppo

tempo e che continua ad indebitarsi sempre più,

attraverso prestiti obbligazionari e bilanci di fatto

in perdita, perseguendo la chimera Champions che

continua a sfuggirgli. un quadro molto chiaro, È

decisamente delineato. Manca solo un guizzo

azzurro, magari figlio anche di qualche colpo

fortunato, ed una gestione meno bloccata nelle

stanze federali che il presidente Gravina ha

assicurato. e entrambe le condizioni si S

verificheranno, l'assalto potrà avere successo.

Walt Disney – quando pensò di realizzare

Disneyland ed allora è necessario prendere in

considerazione che non si tratta di un sogno bensì

La splendida cerimonia inaugurale delle Universiadi

di ottenere i risultati che la società e la città

meritano. Una città capace in poco tempo di

organizzare un'edizione eccellente delle

Universiadi convogliando attenzione, interesse e

tantissime presenze, presentando ancora una volta

al mondo intero un volto unico, inimitabile, pieno

di genialità e mettendo in evidenza la qualità e

l'eccellenza di cui tutto il paese ha bisogno.

Si diceva della società impegnata ad ingaggiare al

più presto gli uomini giusti per mettere il tecnico

nelle condizioni di impostare una formazione

capace di ben figurare in Campionato, in

Champions ed in Coppa Italia, si tratta di un lavoro

fatto di pazienza, di attesa, di prontezza nel

cogliere le opportunità che si dovessero presentare

e ovviamente anche di programmazione

precedente che mai come quest'anno sembra

esserci stata. a società può contare oggi su una L

serie di dati di assoluto valore: un bilancio

credibile, la capacità di creare continue

plusvalenze, un patrimonio rappresentato da

giocatori che, se fossero messi sul mercato, In fondo “se puoi sognarlo, puoi farlo” – diceva

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Lorenzo Marone pag. 35 - Shalana Santana pag. 48

LA SQUADRA LE STORIE LA SOCIETÀ

Numero 12 del 13/07/19In copertina:Carlo Ancelotti a Dimaro s a l u t a i t i f o s i . B o o k fo tog r a f i co de l r i t i ro azzurro da pag. 27Foto Agenzia Mosca

11 Dimaro, dimora fissa azzurra di Mimmo Carratelli 17 Di Marzio: ‘‘Non esisteva lo staff ’’ di Giovanni Gaudiano22 De Biasi: a Dimaro un clima familiare di Giovanni Scotto32 La preparazione in montagna serve solo al fisico dei giocatori? di F. Marchionibus

41Locanda del Cerriglio: Angela Di Pascale tra Caravaggio e la cucina di Marco Boscia46 Sergio Siano: La pittura è madre e padre della fotografia di B. Marchionibus48 Shalana Santana: La padrona di casa delle stelle di Giovanni Gaudiano

LA CITTÀ

62 L'apparenza e l'iperefficienza della nostra società di Ciro Chiaro65 Un Villaggio per Crescere da Trieste in giù di Giorgia Mangiapia

35 Lorenzo Marone La vita, la famiglia e le scelte di Lorenzo Gaudiano

55 Cuma – L'onda lunga della grecità di Lorenzo Gaudiano 59 Lettera semiseria alla terrificante e “sfigata” Sibilla di Paola Parisi

L'inserto di questo numero dedicato ai profili dei nuoviazzurri ed alla prima amichevole a Dimaro con il Beneventoè stato realizzato da Marco Boscia, Lorenzo Gaudianoe Bruno Marchionibus

IN QUESTO NUMERO

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AUT. TRIBUNALE DI NAPOLI N. 50 DEL 8/11/2018

MENSILE A DISTRIBUZIONE GRATUITA CON IL QUOTIDIANO “ROMA”

DIRETTORE RESPONSABILE

GIOVANNI GAUDIANO

COORDINATORE EDITORIALE

LORENZO GAUDIANO

REDAZIONE

MARCO BOSCIA,BRUNO MARCHIONIBUS

PROGETTO GRAFICO

ART DIRECTOR

DANIELA ALTRUDA

HANNO COLLABORATO

A QUESTO NUMERO

MIMMO CARRATELLI, CIRO CHIARO, GIORGIA MANGIAPIA, FRANCESCO MARCHIONIBUS, PAOLA PARISI, GIOVANNI SCOTTO

FOTO DEI SERVIZI SPORTIVI

AGENZIA MOSCA

LA FOTO DELLA COPERTINA DI QUESTO NUMERO È DI

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GIANCARLO COVINO

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SEDE: VIALE LAMBERTI - TRAV. SPINELLI - 81100 CASERTA

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La Città – La Squadra – Gli Eventi

n.12 del 13 luglio 2019

‘‘NAPOLI’’ SARÀ NUOVAMENTE IN EDICOLA

CON IL QUOTIDIANO ROMA DOMENICA 04 AGOSTO 2019

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TESTIMONE DEL TEMPOdi Mimmo Carratelli

Dimaro, dimora �ssa azzurraQuando si andava ad Agerola e i palloni di Canè finivano in mare. Il precampionato di Garbutt. Un anno, raduno al Vomero. Gli anni all'Aquila con Pesaola, Sivori e Altafini. La scoperta di Abbadia San Salvatore e il lancio del Ciocco. “Madonna di Scompiglio” e la Pace di Lodrone. A Folgaria con Agostinelli prima del fallimento. Poi, un'altra storia con Aurelio

De Laurentiis ed il TrentinoDimaro, ancora e sempre a Dimaro,

nono anno in Trentino per il ritiro

precampionato del Napoli. Con De

Laurentiis cominciammo a Paestum

con un solo pallone e trentatré

giocatori a disposizione di Ventura.

Il primo precampionato di una

storia nuova. Era il 2004, una vita fa.

Dopo l'anno a Tarvisio (2005) e i

quattro in Austria (2006 Hermagor,

2 0 0 7 F e l d k i r c h e n , 2 0 0 8

Jennersdorf, 2009 Lindabrunn), una

puntata a Folgaria (2010), poi

Dimaro dal 2011 e niente più. Da

Walter Mazzarri ad Ancelotti,

passando per Benitez e Sarri. Storie

di varia umanità dei precampionati

del Napoli dall'origine dell'usanza a

ogg i . P r og e t t i d i s c u d e t t o,

c a p i t o m b o l i , a v v e n t u r e e

disavventure. Le estati azzurre.

Andavamo su ad Agerola, 1962, con

la risata argentina di Pesaola e

a n d av a m o g i ù a … m a r e a

raccogliere i palloni che Faustinho

Canè calciava fuori dal campo. Il

brasiliano aveva 23 anni e una

Bianchi e Maradona

Agerola ed i palloni di Canè

catapulta nei piedi. Pesaola ne fece poi un attaccante di successo,

il nostro bomber di cioccolato. Ad Agerola arrivò Humberto

Rosa dalla Juve, un po' sulle sue. E, per la prima volta, apparvero

in prima squadra Juliano e Montefusco, Totonno non ancora

ventenne, Enzo 17 anni. Facevamo ritiri precampionato che

erano scampagnate. Non i romitaggi a cinque stelle di oggi.

Negli anni Trenta, Garbutt aveva portato il Napoli in ritiro a

Sant'Agata sui Due Golfi. La squadra alloggiava alla Pensione

Jaccarino. Un anno, 1940, il Napoli fece il precampionato al

Vomero, anni di guerra, c'era poco da scialare. Il Napoli tornò a

Sant'Agata con Felice Borel nel 1948. C'erano Suprina e Manola.

Non c'era più Cherì Sentimenti dopo dodici campionati in

maglia azzurra, tutta la sua carriera nel Napoli, tutta la sua vita

al Vomero. Nel 1957 il Napoli si preparò a Rieti alloggiando

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TESTIMONE DEL TEMPO

all'Albergo Quattro Stagioni. A Sulmona, nel 1960, si presentò

uno squadrone con gli attaccanti Di Giacomo, Gratton,

Pivatelli, Del Vecchio e Tacchi. Fu il Napoli che doveva vincere

lo scudetto e finì in serie B. L'anno prima dell'Agerola, gli

azzurri fecero il primo precampionato al Nord. Fioravante

Baldi, 1961, portò la squadra nella malinconia friulana di

Tarcento. Gli allenamenti si svolgevano sul campetto

dell'oratorio della parrocchia. Tornammo “vicino” casa nel 1963

con Bob Lerici che consigliò Avezzano.

Renzo Ulivieri al Ciocco nel 1998

Poi venne L'Aquila per tre anni di seguito, Grand Hotel du Parc,

fuori città. Pesaola improvvisò tre estati divertenti. Il primo

anno, c'erano Panzanato e Girardo, Bandoni in porta, Juliano

ormai leader. L'ultimo, 1965, la comitiva più allegra di tutti i

tempi. Fiore aveva appena preso Sivori e Altafini. Il petisso fu

l'irresistibile capocomico di una banda spensierata. Uscimmo

dai confini meridionali nel 1967, destinazione Abbadia San

Salvatore, “scoperta” da don Antonio Corcione. Hotel Tondi.

Arrivarono Zoff e Pogliana. Dopo l'anno a Coira, in Svizzera,

1969, decisamente una località esotica, il Napoli scoprì e

valorizzò il Ciocco. Non c'era quasi niente. Gli azzurri dovevano

scendere a Barga e a Gallicano per allenarsi. Fu il Napoli di Zoff,

Altafini, Hamrin, Sormani a pubblicizzare la località toscana

andandovi per sette anni di seguito.

In ritiro con il ‘‘petisso’’

Dal Ciocco a Bressanone con

Di Marzio

Il Ciocco divenne un posto turistico

rinomato. Era una vasta proprietà

che iniziava sulla provinciale Lucca-

Barga e terminava sui crinali del

m o n t e L a m a a 1 2 0 0 m e t r i .

Settecento metri sul livello del

mare, tutto il cibo era prodotto sul

pos to. I l p e s ce a r r i vava da

Viareggio. Il Ciocco diventò un

grande Centro sportivo e una

località mondana con tavernette

suggestive e un night-club. Gianni

Di Marzio, nel 1977, sce lse

Bressanone. Prima tappa a Plancios,

quota 1890 metri, Hotel Fermeda.

Un giorno il Napoli si perse sui

sentieri dolomitici. Accorsero due

tedeschi su grosse moto che

portarono la squadra a rifocillarsi in

una baita con vino e focacce. La

squadra camminò per 23 chilometri,

disorientata da una frana. Poi,

Bressanone, 560 metri sul livello del

mare, Hotel Temlhof.

Prima Krol, poi Diego a

Castel del PianoNell'anno di Krol andammo a Castel

de l Piano, 60 ch i lometr i da

Grosseto, ai piedi del monte Amiata,

tra boschi di castagni, faggi e abeti.

Hotel Impero. Daniel Bertoni e

Oscar Damiani si dettero da fare con

due ragazze giunte appositamente.

Krol scompariva nella notte. Nel

1982, il ritiro fu a San Terenziano, in

provincia di Perugia, Hotel dei Pini.

Fu l 'anno di Giacomini dalla

rilevante capigliatura. Arrivò il

triste Ramon Diaz. Bruscolotti,

Vinazzani, Carmando e Di Meo si

sfidavano in furenti partite di

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tressette. Con Maradona il Napoli

tornò a Castel del Piano, trentamila

tifosi al seguito. Era il 1984. Hotel

Impero. Indimenticabile la prima

rovesciata volante di Diego nella

partitina contro i dilettanti di Castel

del Piano. Orsini, il ragazzino che lo

marcava e faceva il panettiere,

avrebbe voluto abbracciarlo per la

prodezza. Poi, cinque anni a

Madonna di Campiglio. Per la

“guerra” tra Maradona e Bianchi, la

località venne soprannominata

Madonna di Scompiglio.

Grande sceneggiata, nel 1988, a

Lodrone. A maggio c'era stata la

rivolta contro Bianchi e Maradona

aveva attaccato pesantemente il

tecnico. Il 31 luglio grande tavolata

nel giardino dell'Hotel Lodron, 13

bottiglie di frizzantino pronte.

Diego, cerchietto d'oro tempestato

di diamanti all'orecchio sinistro,

accompagnato da Moggi, avanzò

verso Bianchi e gli tese la mano. Fu

la Pace di Lodrone. Vipiteno fu

scelta a sorpresa nel 1990. Poi

Molveno per due anni, un grande

lago e le Dolomiti di fronte. Hotel

Belvedere. Maradona non c'era più.

C'era ancora Zola. Allenatore

Claudio Ranieri, gran parlatore di

calcio. Arrivò Laurent Blanc.

L'anno dopo, si aggiunse Fonseca.

Di nuovo a Madonna di Campiglio

nel 1993 con Lippi, poi di nuovo a

Castel del Piano e al Ciocco, 1995,

con le battute d i Boskov. A

Predazzo, nel Trentino, 1999,

Novellino allenava i portieri

bendandogli un occhio, poi tutti a

piedi nudi nelle acque gelate di un

ruscello.

Zeman a Brusson nel 2000

Zeman parla alla squadra

De Canio a Brusson nel 2001

La pace di Lodrone

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TESTIMONE DEL TEMPO

Dalla mountain-bike di

Zeman alla rinascita di

Paestum A Brusson, dove aveva villeggiato

Togliatti, il Napoli andò prima con

Zdenek Zeman, poi con Gigi De

Canio. Con il boemo (solo lui si

spostava in mountain-bike, proibita

ai giocatori) corse di dieci chilometri

nei boschi e tuffi nelle acque fresche

del fiume Evancon. Grande novità,

nel 2002, Riscone con Franco

Colomba. A Folgaria l'anno dopo

con Andrea Agostinelli. Stop. Il

Napoli si dissolse in tribunale. Dopo

il fallimento, Paestum fu il ritiro

approssimativo del 2004. San

Gennaro portò in dono Aurelio De

Laurentiis che rifece il Napoli. Non

c ' e r a p iù n i ente . Fr ancesco

Montervino e Cataldo Montesanto

comprarono un paio di palloni.

Cominciò un'altra storia che oggi

vede i l Napoli ai vertici del

campionato in costante lotta con la

Juve. Il primo Napoli dell’era De Laurentiis a Paestum

Reja a Feldkirchen nel 2007

Ventura a Paestum nel 2004

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1956 Campobasso1957,1958 Rieti1959 Napoli1960 Sulmona1961 Tarcento1962 Agerola1963 Avezzano1964,1965,1966 L'Aquila1967,1968 Abbadia San Salvatore1969 Coira (Svizzera)1970,1971,1972,1973,1974,1975,1976

Ciocco1977,1978 Bressanone1979 Ciocco1980,1981 Castel del Piano1982 San Terenziano1983 Abbadia San Salvatore1984 Castel del Piano1985,1986,1987,1988,1989 Madonna

di Campiglio1990 Vipiteno1991,1992 Molveno1993 Madonna di Campiglio1994 Castel del Piano1995 Ciocco1996 Lavarone1997 Borno1998 Ciocco1999 Predazzo2000,2001 Brusson2002 Riscone di Brunico2003 Folgaria2004 Paestum2005 Tarvisio2006 Hermagor 2007 Feldkirchen2008 Jennersdorf 2009 Lindabrunn 2010 Folgaria 2011-12-13-14-15-16-17-18-19

Dimaro

Le località dei ritiri degli azzurri

Donadoni a Lindabrunn nel 2009

Mazzarri a Folgaria nel 2010

Ancelotti a Dimaro nel 2018

Pesaola al Ciocco nel 1976 con: Catellani, Vinazzani, Speggiorin, Chiarugi e Armidoro

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www.mtaeronautica.com

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L'INTERVISTA

Gianni Di Marzio“Non esisteva lo staff ”Il tecnico napoletano oggi consulente ed opinionista , Seminatore d'oro per due anni, p a r l a d e l l a p r e p a r a z i o n e precampionato, della tecnica e della tattica. Al Napoli serve più qualità per essere competitivo

di Giovanni Gaudiano

torie di ritiri, di lavoro sul campo per i Sgiocatori e per gli allenatori. Di località alpine dove una volta la temperatura era

sempre fresca ed ora spesso il caldo non molla la sua presa neanche a più di mille metri di altezza. Storie di allenatori, di quelli andati via, di quelli appena arrivati e di quelli confermati con la voglia di iniziare una nuova stagione vincente. Ma quanti sono stati i napoletani che hanno occupato la panchina del Napoli? Pochi, molto pochi e per troppo poco tempo, a scorrere la lista se ne trovano cinque: Egidio Di Costanzo, Rosario Rivellino, Gianni Di Marzio, Vincenzo Montefusco e Giovanni Galeone. Alla lista forse si potrebbe aggiungere l'indimenticabile Bruno Pesaola, argentino di nascita ma napoletano d'adozione e d'indole. Per i napoletani “veraci” spezzoni di stagione con l'unica eccezione di Gianni Di Marzio, al quale però non fu dato il tempo necessario per mettere in evidenza tutte le sue capacità, visto che nel suo primo anno, quello completo sulla panchina degli azzurri, ottenne un quinto posto qualificando la squadra per la coppa

Uefa e perse in finale di coppa Italia a Roma con l'Inter, una gara condizionata dall'incolore prestazione del portiere Mattolini e di mister due m i l i a r d i , a l s e c o l o G i u s e p p e S avo l d i , capocannoniere della manifestazione con 12 reti messe a segno in undici partite, rimasto a secco proprio nella finale di Roma. Gianni Di Marzio ha nella sua storia un palmarés importante ma bastano i due “Seminatore d'Oro” (premio antesignano dell'attuale panchina d'oro) ottenuti nel '72 e nel '76 per confermarne la capacità, il valore e la sua competenza che ha poi sviluppato con successo da direttore sportivo, da direttore generale e da responsabile dell'area estera della Juventus.

Gianni Di Marzio e Guus Hiddink

Con lui iniziamo una chiacchierata partendo proprio dai ritiri, dall'evoluzione del pre-campionato e dalla differente preparazione che oggi svolgono le squadre nella fase estiva. «Sono stato il primo allenatore a portare il Napoli in Alto Adige nel 1977 a Bressanone. La prima settimana di quel ritiro la squadra si allenò in alta montagna e poi scendemmo in città dove

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L'INTERVISTA

c'erano le attrezzature necessarie per rifinire la preparazione. A Bressanone infatti c'era una palestra, grande quasi metà campo da calcio, opportunamente attrezzata che ci consentiva di non interrompere il lavoro anche in caso di tempo cattivo. Ci trovammo molto bene».Cosa è cambiato nel ritiro che oggi viene programmato per le squadre di calcio? «Se parliamo della preparazione atletica, è giusto ricordare come l'allenatore fungesse anche da preparatore grazie ad una conoscenza approfondita della materia che si studiava a Coverciano con il professore Nicola Comucci, il primo valido insegnante di scienze motorie a cui la Federazione affidò i corsi riservati ai futuri allenatori. Vorrei ricordare come in quel periodo non esistesse lo staff che siamo abituati a vedere oggi, formato da 7/8 persone che collaborano con il tecnico in maniera specialistica. C'era solo l'allenatore in seconda. La preparazione (ed il suo studio) era interessante e importante soprattutto se, come ho fatto io, la si seguiva nei vari corsi delle varie categorie. Debbo dire che ho fatto l'allenatore per quasi 40 anni e grazie al tipo di preparazione atletica che ho adottato i miei giocatori non hanno mai sofferto per incidenti muscolari».Parlando della preparazione cosa è cambiato nel programma e nella metodologia? «Noi facevamo molto fondo, mettevamo tanta benzina nelle gambe. L'attenzione che veniva data alla capillarizzazione, che io considero ancora oggi la prima condizione per realizzare una valida

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preparazione, era massima. Si ricercava di dare ai muscoli dei giocatori la maggiore ossigenazione possibile, che poi aveva la sua funzione nello smaltimento dell'acido lattico accumulato nel corso di una partita di calcio. Si lavorava quindi sul potenziamento muscolare, sugli addominali e sulla resistenza con allenamenti sia in palestra sia soprattutto nei boschi che, presentando i classici sali/scendi, portavano anche ad un potenziamento delle gambe; poi arrivava la fase riservata alla velocità. Il mio programma di lavoro era distribuito su tutto l'arco della stagione, con l'ausilio di un diagramma che prevedeva le fasi e le riprese di lavoro mese per mese e che teneva in considerazione le variazioni climatiche e di conseguenza quelle dei campi da gioco». Cosa ne pensa della figura del preparatore? «Nessuno discute la preparazione degli attuali specialisti ma voglio ribadire come la figura dell'allenatore racchiudesse in sé tutte le informazioni necessarie alla gestione della squadra. Non avevamo bisogno a fine partita di analizzare statistiche o particolari analisi per sapere quanto avesse reso questo e quel giocatore, mentre la valutazione dello stato di forma generale della squadra ci permetteva di programmare la settimana di lavoro variandola ed adeguandola alle esigenze che la gara ci aveva indicato. Era tutto

In Tv con Andrea Carnevale

Tre tecnici: Lippi, Di Marzio e Prandelli

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concentrato ne l bagagl io tecnico dell'allenatore. Nel mio caso, pur tenendo in grande considerazione la preparazione atletica, non ho mai tralasciato la parte riservata alla tecnica, con le mie squadre ho sempre lavorato moltissimo, come si fa in Brasile, sul pallone. Questo voleva dire sviluppo della tecnica individuale su tutti i cos iddett i fondamenta l i , ve loc i tà nell'esecuzione delle giocate e variazioni di ritmo; alla fine i giocatori non si annoiavano e lavoravamo molto bene con buoni risultati».Cosa pensa delle tante amichevoli che si disputano oggi e delle lunghe ed a volte stressanti tournée alle quali molte squadre sono costrette? «Ritengo che incida negativamente p e r c h é i m p o n e d i a c c e l e r a r e l a preparazione, che diventa di fatto una mini-preparazione, per permettere ai giocatori di andare in campo e rendere per i minuti stabiliti dal tecnico che è costretto ad a lter narl i nel corso di queste amichevoli. Alla fine si tratta di un compromesso che consente alle società di

vendere il proprio brand a beneficio delle proprie casse ma la squadra finisce per risentirne per tutta la stagione».Il Napoli ha iniziato la sua preparazione con assenze dovute agli impegni internazionali e con un mercato ancora in evoluzione. Cosa pensa che manchi alla squadra di Ancelotti per fare l'ultimo, decisivo salto di qualità? «Manca la qualità (sorride ndr). Ci sono alcuni ruoli dove bisogna aumentare il coefficiente qualitativo. L'allenatore è indiscutibilmente un vincente, in squadra ci sono 6/7 giocatori all'altezza per lottare per lo scudetto ma non basta. Ci vogliono 3/4 giocatori di esperienza e qualità senza dover spendere cifre irragionevoli ma compiendo le scelte giuste. Il Napoli che ha vinto gli scudetti oltre a Maradona aveva in rosa tanti altri giocatori di grande qualità. Basta pensare a

Di Marzio e Attila Sallustro

Con un giovanissimo Diego Armando Maradona

Gianni ed il ‘‘mago’’ Helenio Herrera

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L'INTERVISTA

Giordano, Carnevale, Careca, Alemao, Bagni ed altri. I grandi giocatori, soprattutto negli ultimi trenta metri in attacco come in difesa, determinano la partita mentre al contrario gli errori dei giocatori non all'altezza condizionano i risultati in partite che andrebbero vinte. Tutto questo non intacca il percorso positivo che la nuova società ha saputo costruire in questi anni di crescita e che potrebbe avere un suo compimento con il definitivo innalzamento dell'asticella». James Rodriguez rientra in questo tipo di giocatore necessario al Napoli? «È un trequartista mancino di grande talento, sa calciare le punizioni, diciamo che è un classico numero 10 che deve giocare alla spalle di una prima punta. Non ha fatto sino ad oggi la carriera che poteva e può ancora fare, dipenderà anche da come Ancelotti deciderà di impiegarlo. Mi

In un salotto televisivo con Massimo Giletti e Fulvio Collovati

Un giovane Di Marzio con il Kaiser Franz Beckenbauer

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auguro che non ripeterà l'esperimento di adattare i giocatori al suo gioco».Pensa che il Napoli con la coppia Koulibaly-Manolas si sia rinforzato in difesa? «Si tratta di una coppia molto diversa rispetto a quella formata con Albiol. Lo spagnolo ha esperienza e carisma mentre Manolas è rapido, è un guerriero, con lui il Napoli acquista in forza fisica e la linea difensiva potrà giocare più alta. Alla fine c'è una sorta di compensazione ma va considerata anche l'età che è a favore del greco».La chiacchierata è stata piacevole, densa di spunti ma si è trattato anche di una piccola lezione erogata da un maestro di calcio che da molto tempo si diletta a fare anche l'opinionista televisivo in vari salotti, cercando di spiegare con la passione e la

competenza che lo contraddistingue questo mondo che molti hanno voluto rendere complicato e difficile anche se in realtà, pur avendo le sue ben precise regole, è più semplice di quanto possa sembrare.

Gianni Di Marzio e Arrigo Sacchi

Il servizio dedicato su ‘‘il venerdì’’ di Repubblica da Antonio Corbo a Gianni Di Marzio

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L'OPINIONE

GIANNI DE BIASIA DIMARO UN CLIMA FAMILIARE

di Giovanni Scotto

L ' e x t e c n i c o d e l l ' A l b a n i a ogg i commentatore delle gare della nazionale i t a l i a n a p a r l a d e l l a s c e l t a d e l precampionato partenopeo, della nuova difesa del Napoli, del ritorno in Italia di Sarri e della voglia di passare dalla vacanza ad una nuova sfida in panchina

i parte. C'è chi vola in America, c'è chi preferisce il SQatar e c'è chi, come il Napoli, resta fedele alla

tradizione. Sino al ventisei luglio gli azzurri saranno a

Dimaro per preparare la prossima stagione. Un

appuntamento che si ripete da nove anni e che vede

protagonisti i tifosi azzurri, pronti ad invadere pacificamente

la Val di Sole. Per Ancelotti saranno tre settimane importanti

per mettere a punto progetti ed idee di carattere tecnico-

tattico, per valutare alcuni calciatori ancora in bilico e per

accogliere quelli che a breve arriveranno. I vantaggi del ritiro

“old style” sono innegabili secondo l'opinione di Gianni De

Biasi, allenatore di grande esperienza nazionale e

internazionale.Dal 6 al 26 luglio il Napoli lavorerà a Dimaro per

prepararsi alla prossima stagione: dal momento che

tante società partiranno sin da subito per le tournée,

quale importanza continua a rivestire, oggi, il ritiro

precampionato? «Se ci sono le condizioni, è sempre positivo portare avanti

un certo tipo di lavoro. Un minimo di preparazione serve,

ritengo sia indispensabile per costruire il gruppo, per

sistemare la squadra, per conoscersi reciprocamente. Poi

capisco anche le esigenze economiche dei club che oggi come

oggi hanno bisogno di fare cassa partecipando a queste

tournée. Si potrebbe trovare un compromesso, magari non

più le tre settimane ma almeno una decina di giorni perché un

certo tipo di lavoro, alla fine, giova a tutti».

Ventuno giorni, sembra un ritiro d'altri

tempi. Ormai in pochi li fanno così

lunghi. «È vero. Si tratta di un segnale dei tempi

che cambiano. Prima non si facevano

amichevoli internazionali o tournée

all'estero, oggi le cose sono cambiate.

Eppure il Napoli riesce a fare un ritiro così

lungo senza rinunciare ad amichevoli di

prestigio. Evidentemente hanno capito che

è il modo migliore per preparare la

stagione, e anche Ancelotti lo sa. A Dimaro

si lavora bene e i calciatori sono contenti di

stare lì. Mi risulta che spesso i loro familiari

li raggiungono per stare qualche giorno

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insieme. Insomma c'è un clima familiare.

Anche De Laurentiis sta in Trentino in

pianta stabile per tutto il periodo, sposta lì il

suo quartier generale. Anche questo ci fa

capire come per il Napoli sia più di un

semplice ritiro precampionato. Ma una vera

e propria sede estiva».In ritiro la squadra ritroverà il “vecchio

allenatore” mentre le altre big del

campionato hanno dato vita ad una vera

e propria rivoluzione tecnica: può essere

un ulteriore vantaggio per gli azzurri? «In linea del tutto teorica è sicuramente

un vantaggio, poi il calcio ci ha abituato a

tante sorprese, sia in positivo che in

negativo. Certo, lavorare con un gruppo che già conosci e che

hai avuto modo di plasmare lo scorso anno è positivo, ti

consente di accelerare la programmazione mentre gli altri

dovranno ripartire da zero. Carlo potrà fare tutto con calma,

il tempo può essere un alleato prezioso in questo senso

perché non hai né l'esigenza né l'obbligo di soffermarti su

determinati aspetti che inevitabilmente rallentano il

percorso di formazione della squadra».Fuori Albiol, dentro Manolas: cosa perde e cosa

guadagna il Napoli con questo avvicendamento? «Manolas è una garanzia sotto il profilo fisico e tattico. Ha

grande corsa ed esplosività, proprio come Koulibaly. Poi

penso che il passaggio dalla Roma al Napoli possa solo fargli

bene sotto il profilo della voglia e delle motivazioni perché a

un certo punto, per un calciatore, è anche giusto cambiare per

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L'OPINIONE

trovare nuovi stimoli altrove. Non

penso che questo avvicendamento

p o s s a i n q u a l c h e m o d o

compromettere la solidità difensiva

del Napoli perché sono certo che

Manolas si adatterà molto bene alle

richieste di Carlo Ancelotti».Tre settimane importanti anche

sotto il profilo tattico: Ancelotti

ripartirà dal 4-4-2 o si aspetta

qualcosa di nuovo anche in

relazione alle recenti voci di

mercato? «Prematuro parlarne adesso,

l'unica certezza è rappresentata dalla

difesa a quattro perché Carlo è sempre

partito da questa base. Poi molto

dipenderà dalle caratteristiche dei

giocatori che gli verranno messi a

disposizione, lui è uno bravo a cucire

l'abito giusto in base al materiale di

cui dispone, non ha preconcetti in

questo senso».Il Napoli ritroverà sulla panchine

del la principale r ivale quel

Maurizio Sarri etichettato come

traditore: da collega, come valuta

la scelta del l 'ex a l lenatore

azzurro?

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«Maurizio ha fatto la scelta giusta, si è guadagnato questa

o p p o r t u n i t à s u l c a m p o e a

sessant'anni non poteva certo farsi

sfuggire questa possibilità, peraltro

dopo aver vinto anche a Londra, alla

sua prima esperienza all'estero. La

Juventus ha una grande società e una

g r a n d e s q u a d r a , l u i è u n

professionista e ha agito rispettando

il suo lavoro. Per lui sarà una

grandissima sfida, impegnativa ma al

tempo stesso anche emozionante».E il futuro di Gianni De Biasi? «Per ora sono in vacanza (ride,

ndr). Aspetto la chiamata giusta per

ritornare in pista».

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COPERTINA

Quando Dimaro sembra Napolidi Lorenzo Gaudiano

Da nove anni la località alpina ospita il ritiro del Napol i e la paci f ica i n v a s i o n e d e i s u o i fantasiosi t i fosi . Un connubio che durerà ancora tra i boschi, l'aria fresca, la buona cucina ed il lavoro degli azzurri

È estate. Solitamente la meta preferita è il mare per

sconfiggere il calore con qualche bagno e mettere

da parte per qualche tempo lo stress maturato nel

corso dell'anno. C'è invece chi alla sabbia preferisce

l'aria di montagna, il giubbino alla crema solare.

Una buona parte dei tifosi napoletani da nove anni

a questa parte sceglie di seguire la propria squadra

del cuore in Trentino, a Dimaro-Folgarida, per

staccare la spina nella splendida e bucolica cornice

della Val di Sole e tornare a respirare l'aria del

grande calcio con la preparazione estiva del Napoli

e le prime amichevoli. Nel paesino di circa 2100

abitanti manifesti con la nuova maglia da gioco

indossata da Insigne, Milik, Zielinski, Koulibaly e

Fabiàn Ruiz troneggiano un po' dappertutto e il

percorso verso lo stadio di Carciato è sempre

affollato e lo sarà ancora di più con il passare delle Book Fotografico Agenzia Pietro Mosca

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COPERTINA

settimane. Un tir che ospita lo store del

Napoli con la nuova divisa già a ruba,

nonostante l'imperituro dibattito tra

tradizione ed innovazione ed il parere

discordante di tifosi ed addetti ai lavori, il

g r ande s e gu i to a l l e due s edute

giornaliere di allenamento, cosa non

possibile a Castel Volturno durante la

stagione, e poi le fotografie di rito con i

calciatori selezionati a turno e gli eventi

serali in piazza per vivere con la squadra

quella che non costituisce soltanto una

fase iniziale della stagione ma un

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momento determinante per cominciare

con il piede giusto in campionato e nelle

varie competizioni in cui il Napoli sarà

impegnato. Quindi, Dimaro o Napoli?

Una domanda a cui è difficile rispondere,

per la grande affluenza che si registra

ogni anno. Saranno i boschi, il kayak, l'aria

f resca , i caneder l i , lo s t r ude l o

semplicemente la passione di un popolo

che in questo periodo dell'anno ha lo

spirito e la forza di riunirsi anche lontano

dal Vesuvio e dal mare per offrire il

proprio sostegno alla squadra.

Il piccolo Cenzì

a Dimaro con Ancelo�i

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COPERTINA

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L'APPROFONDIMENTO

Dimaro 2019di Francesco Marchionibus

Il ritiro, la preparazione, l'importanza economica

nche quest 'anno i l ANapoli ha dato l'avvio

alla propria stagione a

Dimaro, la splendida località

della Val di Sole in cui la squadra

partenopea effettua il ritiro

p r e c a m p i o n a t o o r a m a i

dall'estate del 2011. Dimaro già

detiene, nella storia della società

azzurra, il record per aver

ospitato il maggior numero di

ritiri consecutivi (dopo aver

superato i sette anni del Ciocco,

il centro toscano che ha vissuto

La località alpina è oramai la seconda casa del Napoli. È la meta fissa per le vacanze di molti tifosi oltre ad essere una piccola cassaforte per la società e una grande cassa di risonanza per tutta la Val di Sole

n e g l i a n n i s e t t a n t a l a

preparazione precampionato

delle squadre di Chiappella,

Vinicio e Pesaola); ma la striscia

di presenze è destinata ad

allungarsi ulteriormente, visto

che la SSC Napoli all'inizio di

quest'anno ha concluso un nuovo

accordo con il sistema turistico

Trent ino (Assessor ato a l

Turismo, Trentino Marketing,

Apt Val di Sole e Comune di

Dimaro Folgar ida ) per i l

triennio 2019 – 2021.

Sempre più azzurra, dunque, la

Val di Sole, e sempre più forte il

legame tra Dimaro, la squadra

ed i tifosi. rafforzare questo A

legame contribuisce poi anche la

durata del ritiro: quasi nessuna

tra le squadre più importanti, sia

italiane che internazionali, si

trattiene nella stessa località per

un periodo lungo come quello

dei partenopei, che soggiornano

a Dimaro per ben tre settimane.

La maggiore durata del ritiro,

p r i m a d i p a r t i r e p e r l e

amichevoli di lusso in giro per il

mondo, ha per il Napoli diversi

effetti positivi. nnanzitutto ne I

bene f i c ia l a qua l i tà de l la

preparazione dei calciatori,

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33Il Sindaco di Dimaro Andrea Lazzaroni

fondamentale per affrontare al

meglio la stagione agonistica.

Come dichiarato dal mister

Ancelotti in occasione della

presentazione del ritiro: “Una

preparazione ideale è di cinque

settimane e poterne svolgere tre a

Dimaro Folgarida per noi è

perfetto”. n secondo luogo, la I

per manenza p iù lunga dà

maggiori possibilità di avere un

contatto diretto con i propri

beniamini ai tifosi azzurri,

soprattutto a quelli provenienti

dalle regioni settentrionali e

dall'estero, che durante l'annata

calcistica hanno ovviamente

meno opportunità di seguire da

vicino la propria squadra del

cuore. a gli aspetti positivi del M

ritiro a Dimaro così come

concepito dal Napoli non sono

solo quello tecnico e quello del

coinvolgimento della tifoseria,

c'è anche un importante risvolto

di carattere economico, che

coinvolge sia la stessa società

azzurra che i territori che la

ospitano. a crescita che il brand L

Napoli ha registrato nelle ultime

stagioni ha consent i to a l

presidente De Laurentiis di

o t t e n e r e n e l l ' a m b i t o

dell'accordo con il sistema

turistico Trentino un compenso

di oltre due milioni di euro per il

periodo 2019 – 2021, con un

deciso incremento rispetto ai

circa 600mila euro ottenuti per il

2018 e soprattutto rispetto al

milione e 200mila euro introitati

per il triennio 2015 – 2017. A

fronte dei compensi corrisposti

al Napoli, è evidente che Dimaro

e tutto il territorio della Val di

De Laurentiis:

“In Trentino mi sento in un

ambiente piacevole, con una

cultura dell'ospitalità e del

lavoro simile alla mia visione

della vita. Dove si lavora per

risolvere i problemi”

Ancelotti:

“Siamo stati benissimo in

Trentino, abbiamo trovato

strutture ottime e sono molto

contento di poter tornare a

Dimaro”

Sole r i cevano impor tant i

benefici in termini di pubblicità e

comunicazione, e questo proprio

grazie alla importanza e alla

diffusione che il marchio Napoli

ha raggiunto a l ivello sia

nazionale che internazionale.

Tutto ciò ovviamente consente

a l l e a t t i v i t à r i c e t t i v e e

commerciali della zona di

ottenere importanti ritorni

economici, che se hanno il loro

picco nel periodo del ritiro

(l'anno scorso si sono registrate

a luglio oltre 40.000 presenze) si

estendono però, grazie alla

bellezza della Val di Sole e

all'ospitalità della propria gente,

anche agli altri periodi dell'anno.

In sostanza anche il ritiro è un

b u s i n e s s , m a q u e s t ' a n n o

l'accordo tra SSC Napoli e

sistema turistico Trentino ha

particolare valore sotto l'aspetto

“sociale”: i tifosi napoletani, con

l a l o r o e n t u s i a s t i c a

partecipazione al ritiro, possono

aiutare Dimaro a riprendersi

definitivamente dopo i tragici

eventi atmosferici dello scorso

ottobre.

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Via Gian Lorenzo Bernini, 68, 80129 Napoli NATel. 081 558 1970Aperto dal lunedì al sabato dalle 09.00 alle 22.00

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LORENZO MARONELA VITA, LA FAMIGLIA

E LE SCELTEdi Lorenzo Gaudiano

Da una scrivania d'avvocato a quella di scrittore. I suoi personaggi ragionano sul cambiamento senza perdere di vista l'ironia. Con il nuovo lavoro “Tutto sarà perfetto” rinuncia a Napoli ed approda a Procida

ome può un avvocato lasciare la propria Cprofessione per diventare scrittore? Semplicemente percorrendo la strada

intrapresa da Lorenzo Marone, che senza guardarsi indietro ha chiuso in un armadio la toga e riposto il codice in un cassetto per dedicarsi alla scrittura, la sua passione giovanile. Da una scrivania ad un'altra quindi, dal tribunale alla libreria con la determinazione, la volontà e la consapevolezza di dover ripartire da zero ma soprattutto con la certezza di aver imboccato la giusta direzione verso la propria felicità e soddisfazione. Editorialista de “la Repubblica” con

la rubrica “Granelli”, l'autore napoletano oggi è impegnato in numerose presentazioni del nuovo romanzo “Tutto sarà perfetto”, che insieme ai precedenti lavori sta contribuendo alla sua crescita letteraria e al suo successo. Dal primo romanzo ad oggi, quanto è cambiato Lorenzo Marone dal punto di vista narrativo e letterario?

«Sono cambiato come cambiamo tutti con il passare del tempo. Da questo punto di vista l'editoria è strana, perché oggi presento tutti i giorni un romanzo a cui in realtà ho lavorato circa tre anni fa. Per me rappresenta il passato,

AUTORI

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AUTORI

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rispecchia una personalità completamente diversa. Nella scrittura a livello stilistico sono cambiato, credo di essere migliorato nel senso che ogni specie di lavoro spinge a perfezionarsi continuamente. Non penso di aver perso la mia voce, la mia tendenza a parlare di vita, di temi come la famiglia, l e sce l te , i r impiant i con uno sguardo prevalentemente ironico. Un filo che accomuna tutti i miei personaggi è rappresentato dalla loro capacità di guardarsi dentro e cambiare la propria vita». La scrittura è sempre stata la sua passione. Era destino che la riabbracciasse. «È sempre stata per me uno strumento terapeutico, un modo per dare un senso alle cose che succedevano attorno a me. Negli anni di studio e lavoro come avvocato non ho p i ù s c r i t t o . N e s e n t i vo l'esigenza ed è per questo che a trentatré anni ho lasciato la professione per tornare a scrivere. Nessuno può decidere di diventare scrittore, si scrive per necessità di esternare il proprio mondo e rifugiarsi in altre storie. Nel corso degli anni poi, nonostante abbia incontrato tante ritrosie e sia sbattuto contro tanti muri, non mi sono mai arreso. Ci sono voluti anni perché arrivassi al grande pubblico». Quindi un percorso lungo e difficile. «Con Edizioni La Gru pubblicai il mio primo romanzo che fu letto da 200 persone. Mi sentivo frustrato perché non riuscivo a farmi leggere. Erano anni in cui non mi sono comunque fermato, anche se mi sentivo inascoltato. Conoscendo questo contesto, adesso capisco quanto sia difficile farsi notare. Quello dell'editoria è un mondo dove però la bravura prima o poi viene fuori».Importante è stato il sostegno della sua famiglia.

La copertina di ‘‘Tutto sarà perfetto’’

mia moglie Flavia avrebbe potuto ricordarmi l'importanza del lavoro che stavo lasciando e la responsabilità di una famiglia. Invece non mi ha mai tarpato le ali, anzi mi ha spronato a cercare la mia strada. Tutto quello che sono oggi lo devo a lei». In merito alla sua passione, ha qualche aneddoto da condividere? «Risale ad una decina di anni fa, quando ritornai a scrivere dopo un periodo di inattività. Ancora vedo dinanzi a me l'immagine di mia moglie che,

distesa a letto, leggeva un racconto di due pagine a cui mi ero dedicato. Pendevo dalle sue labbra, era la prima volta nella mia vita che sottoponevo qualcosa di scritto ad una persona. Tutt'oggi lei è la mia prima lettrice». Parlando di lettura, c'è probabi lmente qualche a u t o r e c h e è s t a t o i m p o rt a n t e p e r l a s u a formazione? «In realtà non ho dei punti di riferimento veri e propri. Mi piace molto leggere e tutto quello che ho letto mi ha s e m p r e a s s o r b i t o . A m o particolarmente la letteratura americana perché descrive la società senza la prosopopea di quella europea, che guarda meno alla sostanza. Penso a Philip Roth, Jonathan Foer e

Charles Bukowski, un uomo che secondo me aveva capito tutto della vita. Per la narrativa contemporanea invece amo i libri della Morante». Come ne “L'isola di Arturo” anche “Tutto sarà perfetto” è ambientato a Procida. Gli altri suoi romanzi invece sono ambientati a Napoli. «Dal punto di vista letterario Napoli offre innumerevoli spunti. Come diceva Eduardo De Filippo, è un teatro aperto, pieno di contraddizioni sulle quali si fonda anche la letteratura e fatto di personaggi più che di persone. È un calderone da cui attingere, una fonte di ispirazione narrativa. «Ai tempi in cui non volevo più fare l'avvocato

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AUTORI

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L'ho raccontata tanto e cambiare ha rappresentato per me una sfida divertente e stimolante per misurarmi con la descrizione dell'ambientazione. La città partenopea per me rimane fondamentale, mi ha regalato tanto». Oltre ai suoi libri, anche la rubrica su “la Repubblica” di Napoli “Granelli”. «Nei miei lavori cerco di parlare di vita attraverso piccole storie, piccoli mondi, cerco di puntare lo sguardo sul minuscolo. Volevo fare questo anche con una rubrica giornalistica, i granelli di sabbia sono una cosa minuscola che messa insieme fa spiaggia. Da qui l'idea di chiamarla così, perché sono le piccole cose attraverso cui si manifesta la poesia della vita». Sono giunte quasi al termine le Universiadi, che hanno offerto un contributo importante al rilancio della città. «Una manifestazione bellissima, che ha portato Napoli al centro dell'attenzione mediatica. Quando si riunisce, la nostra città riesce sempre a dare qualcosa in più a livello di accoglienza». Avendone la possibilità, c'è qualche aspetto di Napoli che vorrebbe diverso? «Dal punto di vista privato abbiamo la grande dote di essere empatici nel far sentire gli altri a proprio agio e farcene carico, ma della città ce ne freghiamo e non la sentiamo nostra. Ce ne freghiamo quando la attaccano, la sporcano, non reagiamo mai per difenderla se non a parole. Dal punto di vista pubblico, sarebbero necessari maggiori investimenti nella scuola, nei quartieri difficili con apertura di biblioteche e centri di accoglienza». Passiamo al calcio. Grandissimo tifoso del Napoli, quest'anno si punta a giocatori di blasone per il salto di qualità. «Con Rafa Benitez sei anni fa è successa la stessa cosa. È chiaro che su questa sessione di mercato ci sia la mano di Carlo Ancelotti, che ha sicuramente le idee chiare sugli interventi necessari per migliorare l’organico. Mi piacerebbe che fosse sempre così, cioè che si riuscissero a prendere gli “scarti” delle squadre migliori d'Europa per continuare a crescere anno dopo anno e rimanere sempre competitivi».

Daria, Edizioni La Gru, 2012.

Novanta, Pironti Editore, 2013.

La tentazione di essere felici,

Longanesi Editore, 2015

La tristezza ha il sonno leggero,

Longanesi Editore, 2016

Magari domani resto, Feltrinelli

Editore, 2017

Un ragazzo normale, Feltrinelli

Editore, 2018

Cara Napoli, Feltrinelli Editore,

2018

Tutto sarà perfetto, Feltrinelli

Editore, 2019

I libri di Lorenzo Marone

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La presentazione alla Feltrinelli con Iaia Forte

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METTI UNA SERA A CENA

“Taverna d' 'o Cerriglio, addó so' stato

cchiù de na vota a bevere e a mangià,giacché, 'int' 'o suonno ca mme so' sunnato

mm' e' fatto cchiù 'e na femmena assaggià; taverna antica, chiara e affummecata,

ianca e nera, addurosa e puzzulenta,

taverna allera, taverna accurzata,

nfruciuta 'e gente amabbele e cuntenta;

a te, ca mmiez' a pròvole e presótte

e a nzerte d'aglie, sott' 'e ttrave appese,

a na tavula toia, nnanz' a ddoie vótte,

mo vediste Basile e mo Curtese;

a te, c'a Diana, a Crezia, a Carmusina

mpruvvisà mme faciste sti ccanzone

accumpagnate cu na rebecchina,

cu na chitarra e cu nu calascione;a te sti smanie 'e nu perfetto amante,

st' amaro chianto, sti suspire ardente,

sti resate e sti llacreme cucente...

A te, sti voce d' 'o seicento e tante...” Salvatore Di Giacomo

“La Locanda del Cerriglio”di Marco Boscia

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METTI UNA SERA A CENA

Angela Di Pascale, insieme con il marito Giuseppe Follari, ha ridato vita alla locanda che sarebbe stata la preferita da Caravaggio nel suo p e r i o d o n a p o l e t a n o . S t o r i a , tradizione, buongusto e bon ton e poi … Mertens È la signora Angela a recitare nel suo locale, del

quale ama definirsi non una semplice Chef ma la

padrona di casa, i versi di questa poesia del 1919

dell’ineguagliabile Salvatore Di Giacomo.Lo fa con gli occhi lucidi ed intrisi d'emozione

spiegandone il motivo. «Mio marito mi ha fatto innamorare del

progetto della Locanda quando abbiamo scoperto

la poesia – – perché Voce d'ammore antiche

leggendola con la voce del cuore, ho capito che per

la Locanda poteva esserci una seconda vita». Angela Di Pascale ha difatti accompagnato il

marito Giuseppe in questa sfida; da donna

lungimirante ha sposato il progetto mettendoci

l'anima e facendo rivivere nella Locanda,

attraverso un connubio fra cultura, arte e cucina, le

emozioni di un tempo. In passato alla Locanda,

ubicata alle spalle di Piazza Bovio nel vicoletto più

stretto di Napoli, potevano trovarsi sempre del

buon vino, del buon cibo e belle donne; il locale

ospitava tutti i tipi di classi sociali: ricchi nobili,

grandi artisti e popolino. Si narra inoltre che

proprio all'uscita del locale, nell'ottobre del 1609,

fu teso un agguato al pittore Michelangelo Merisi

(Caravaggio) che venne aggredito forse per

vendetta o forse da altri uomini in stato d'ebbrezza.

Ma Angela ed il marito soltanto una volta acquisita

la Locanda, con l'iniziale intento di destinarla ad

un deposito per l'attività edile di Giuseppe, ne

hanno man mano scoperto la storia. Stando a

quanto appreso da diversi volumi difatti, pare che

l'esatta ubicazione di una storica taverna fosse

proprio in zona porto, lambita dal mare e sotto il

chiostro di Santa Maria La Nova. Inoltre Salvatore

Di Giacomo, in un libro dedicato alle taverne

napoletane, parla di “una fontana – presente nella

cantina del locale – dalla quale l'acqua esce da una

bocca grande quanto un carlino”, la moneta del

tempo. Se due indizi non fanno una prova, tre sì: i

due coniugi, unitamente alla voce della gente del

posto che rievocava diversi eventi della taverna del

passato, hanno così capito che si trattava proprio di

quella Locanda ed hanno deciso di risanarla,

restituendo alla città un pezzo di storia.

Angela sottolinea di come sia stato il progetto

ad impossessarsi di loro. «Soltanto negli ultimi anni dei lavori abbiamo

deciso di ricreare l'atmosfera di un tempo ed

abbiamo così riaperto la Locanda nel 2014. Pur

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non provenendo da una famiglia di ristoratori,

abbiamo accettato questa sfida: mio marito come

restauratore ed io entrando in gioco grazie alla mia

smisurata passione per la cucina, di cui ho preso la

regia».Come si è evoluta nel tempo la Locanda? «Era dislocata su tre livelli: la cantina, la sala

ristoro ed al piano superiore le camere da letto,

dove le serate continuavano in piacevole

compagnia. Oggi abbiamo dedicato due sale alla

ristorazione mentre non abbiamo destinato il

piano superiore ad un B & B ma, dopo averlo

Paccheri con zucca e cozze

Pasta e patate

utilizzato i primi anni per l'esposizione di mostre di

quadri e fotografie, ne abbiamo fatto luogo per

eventi privati». Oggi cosa offre la Locanda ai suoi clienti? «La mia cucina, ispirata anche all'opera di

Ippolito Cavalcanti duca Di Buonvicino, propone i

piatti classici della tradizione napoletana: la regina

della casa è la genovese, preparata con le cipolle

dolci di Montoro. Tra le altre specialità proposte: il

“puparuolo mbuttunato” spellato alla griglia e

farcito con melanzane e provola, la polpetta di

polpo, il ragù della domenica, una pasta e patate

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METTI UNA SERA A CENA

con provola affumicata ed il più classico degli

scarparielli. Tra i piatti di mare: i paccheri con

baccalà, il risotto alla pescatora, la calamarata del

Cerriglio ed oltre ai classici spaghetti con vongole,

anche gli spaghetti con la colatura di alici di

Cetara, nei quali mi piace aggiungere una panuria

di olive nere tostate al forno».Buon cibo accompagnato da buon vino. «Certamente. Proponendo piatti tipici

napoletani, la scelta, cui si sono dedicati mio marito

e nostro figlio Pasquale, è stata quella di inserire

nel menù soltanto vini della nostra terra».C'è un ricordo emozionante di questi primi

anni di ristorazione? «Emozioni ne provo sempre quando racconto

la storia del locale, ma un ricordo piacevole è quello

di quando è venuto a trovarci Mertens. Era

arrivata in Italia la madre per un corso di

aggiornamento ed all'improvviso, assieme ad un

gruppo di medici luminari che avevano prenotato

un tavolo per 20 persone, vedo apparire anche

Dries. Lo abbiamo fatto sentire a casa e soltanto a

fine serata gli abbiamo chiesto una fotografia. Lui

ha sbirciato in cucina ed ha mangiato tutto: si è

fatto preparare vari sfizi ed ha voluto assaggiare la

nostra pasta e patate. Mertens è un personaggio

allegro, semplice e genuino: averlo avuto come

ospite è stata una gradevole sorpresa e raccontare

al suo tavolo, come faccio con tutti i commensali, la

s t o r i a d e l l o c a l e è s t at a u n ' e m o z i o n e

indescrivibile».

Angela con Dries Mertens

I pensieri di Angela “Un piatto stellato possono farlo tutti, ma un piatto ben raccontato, ben spiegato, fa venire l'acquolina in bocca

“Il complimento più bello che mi è stato fatto, da tante persone che non si sono mai conosciute, in momenti diversi è stato: signora lei rappresenta l'anima della Locanda

“La storia della Locanda è quella che sostiene il nostro progetto, poi arriva la cucina, poi arriva l'accoglienza

“La Locanda mi ha fatto capire ancor di più quanto il mondo sia piccolo. Un gruppo di giapponesi è venuto a mangiare da noi mostrandoci la foto che altri amici venuti da quel paese avevano scattato nel locale

La pasta alla genovese

La Di Pascale con il marito Giuseppe

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IL LIBRO

Sergio Siano, attraverso le sue fotografie, racconta il cuore di Napoli “con gli occhi di Caravaggio”

“La pittura è madre e padre della fotogra�a”di Bruno Marchionibus

«Dalla fase napoletana in poi, in Caravaggio, diventa

tutto più chiaroscuro, più netto; qui, infatti, c'è un gioco

di luci unico al mondo. Io stesso, cresciuto nei

Quartieri e quindi abituato a questa luce particolare, ho iniziato a

fotografare in modo “caravaggesco” prima ancora di conoscere le

opere del Maestro».Così Sergio Siano, fotoreporter ed autore di numerosi volumi

tra cui “Con gli occhi di Caravaggio”, introduce lo stretto

legame di Michelangelo Merisi con il capoluogo campano,

tappa fondamentale nel percorso dell'artista, nonché con la

sua fotografia. «Il Caravaggismo è nato a Napoli dove, per una serie di

circostanze, l'artista raggiunge l'apice della sua produzione

rivoluzionaria. Personalmente, è stato proprio grazie al Merisi

che mi sono avvicinato alla pittura capendone a pieno

l'importanza; dico sempre che la pittura è padre e madre della

fotografia».Com'è nata l'idea di questo volume

e quanto studio c'è stato dietro? «Il libro è un progetto che avevo in

mente da tempo, in quanto unisce la

mia passione per Caravaggio, che

considero il primo fotoreporter della

s tor ia per la sua capac i tà d i

rappresentare la realtà, al mio amore

per la città, che da più di trent'anni

fotografo in tutte le sue forme. “Con

gli occhi di Caravaggio” perché ho

c e r c a t o d i i m m e d e s i m a r m i

n e l l ' a r t i s t a , p r o v a n d o a

rappresentare quello che lui vedeva

nella Napoli di inizio Seicento,

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studiando a fondo quel periodo dal

punto di vista tanto storico (si trattò

di un Viceregno pessimo) che

architettonico. Fatto questo, ho

inviato a Francesco De Core le mie

foto e le informazioni che avevo

raccolto, chiedendogli di aggiungere

un testo per la seconda parte del

volume; ricevuto il suo lavoro, poi, ho

realizzato qualche altra fotografia

mettendo insieme il tutto, ottenendo

una fusione perfetta tra scritto ed

immagini».Quanto della Napoli del Seicento

c'è ancora nella Napoli attuale? «Tanto. Ad esempio, in epoca

romana e fino al Basso Medioevo una

delle zone più importanti della città

e r a Force l l a , a i cu i ab i t an t i

Caravaggio si ispirò per i personaggi

delle Sette Opere e che io ho

fotografato per il libro; a partire dal

Viceregno, con Don Pedro de Toledo

che spostò tutti gli interessi verso

Palazzo Reale, quel quartiere ha

iniziato invece a vivere una situazione

di abbandono che dura fino ai giorni

nostri e che, purtroppo, per alcuni

versi è anche peggiorata».Uno dei problemi della città, può

essere la scarsa conoscenza che i

napoletani stessi hanno della

storia e delle bellezze artistiche

del capoluogo partenopeo?

La copertina del libro su Caravaggio

Via Donnalbina dove probabilmente nel 1610 fu ferito Caravaggio

«Assolutamente. Attraverso il mio lavoro cerco, in primis, di

sensibilizzare i miei concittadini sotto questo aspetto. Per avere

un legame forte con la città e rispettarla a pieno i napoletani

dovrebbero essere al corrente della sua storia; Napoli è come una

persona, se non la conosci a fondo non puoi legarti a lei. Io

istituirei nelle scuole elementari e medie l'ora di Storia di Napoli;

la nostra città ha un passato infinito ed ogni dominazione che ha

vissuto ha lasciato tracce di sé ancora fortemente presenti. Le

altre capitali hanno una sola identità, Napoli ne ha mille». Parlando di fotografia in generale, quanto lo scritto può

aggiungere ad una foto e quanto una foto è capace di

arricchire un testo? «Quando si vuole comunicare qualcosa ed arrivare a più

persone possibile, lo si deve fare con tutte le voci della

comunicazione. Una bella foto arricchisce un testo così come una

giusta didascalia può dare ulteriore potenza ad un'immagine.

L'arte nasce per comunicare e se non riesce a farlo allora non può

essere considerata tale. In alcuni corsi mostravo agli allievi una

mia foto di un bambino in lacrime, chiedendo loro cosa pensavano

rappresentasse. Le risposte erano sempre molto lontane dalla

realtà; si trattava, infatti, di un bimbo bosniaco orfano di guerra

che, dopo due mesi a Napoli, doveva tornare nei Balcani. È chiaro

che, sapendo ciò, la fotografia assume tutt'altro significato».Che emozione è, da appassionato di Caravaggio, visitare La

Locanda del Cerriglio? «Grandissima. L'operazione che Angela e Peppe (i proprietari,

ndr) hanno fatto è straordinaria, recuperando un luogo chiuso da

150 anni che costituisce una memoria importante di questa città.

Il Cerriglio viene citato da Boccaccio, Basile, Salvatore di

Giacomo ed io l'ho omaggiato con una foto e nelle didascalie del

mio libro».

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RITRATTI

Shalana SantanaLa padrona di casa delle … stelledi Giovanni Gaudiano

Viene dal Brasile, ama Napoli, che definisce la città più bella del mondo, la sua storia e la grande archeologia. È convinta che spesso la meritocrazia non paghi ma non ha perso l'abitudine di sorridere

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RITRATTI

garbata, è acuta, ha la capacità di mettere a p r o p r i o a g i o l'intervistato grazie ad

un sorriso spontaneo. Poi è anche bella ma questo alla fine diventa un particolare irri levante. Shalana Santana nasce come modella nel suo paese natale, il Brasile, poi diventa attrice ed oggi alterna quest'attività a quella televisiva dove grazie alle sue qualità la sua trasmissione, “Guardando le stelle”, ha subito avuto successo.Da Brasilia a Napoli, da una nazione vasta con grandi spazi ai vicoli stretti della vecchia Napoli. So che ti trovi bene, ma quale sensazione provi a vivere in una città antica come la nostra?

«Sono di Brasilia, che è ben d iversa dal l ' immaginar io generale del Brasile. È piccola (per i parametri brasiliani), non ci sono tante attrazioni e nemmeno tanto da fare per chi vive lì. Forse per questo da bambina ho sempre voluto vivere altrove, dove ci fosse storia, una cultura ricca e l'archeologia (una delle mie più grandi passioni). E così dopo qualche anno a Milano, la vita mi ha portato a Napoli, per me la città più bella e completa del mondo. Mi trovo per la prima vo l t a ‘ ‘ a c a s a ’ ’ , m i s e n t o finalmente parte di qualcosa. Napoli ha questa caratteristica, ti entra letteralmente dentro le ossa».In una recente intervista hai evidenziato come nel nostro p a e s e c o n t i p o c o l a meritocrazia. Che idea ti sei fatta su questo aspetto della società italiana? «Purtroppo è una triste realtà. Non solo nel mio lavoro ma con tutti quelli con cui parlo è sempre la stessa cosa ... la meritocrazia non c'è. Sulle scelte finiscono per prevalere quasi sempre ragioni non oggettive».

Hai fatto la modella ma poi ti creava problemi perché dovevi restare sempre eccessivamente magra. Cosa diresti ad una ragazza giovane e bella come te che inizia a fare quel lavoro? «All'inizio sì, ho sofferto per la questione del peso. Facevo esclusivamente sfilate e per quella parte della moda a quei tempi erano richieste misure ben precise. Poi sono passata alla parte più commerciale e quindi è andata molto meglio. Oggi è cambiato molto. Ci sono le modelle più in carne, le plus size. Finalmente c'è spazio per tutte le bellezze! Ad una ragazza che inizia ora direi solo di accettarsi, senza cadere nelle trappole di chi

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dice che devono cambiare il loro aspetto fisico».Ti è rimasta ovviamente la passione per la moda. Quale immagine credi sia quella più a d a t t a p e r u n a d o n n a contemporanea?

«Ho iniziato a lavorare grazie alla moda ma in verità non ho mai avuto una grande passione per quell'ambiente o per le tendenze. Amo vestirmi in modo comodo».Tornando alla linea, cosa ne pensi della cucina napoletana? E quale piatto preferisci?

«Per fortuna non ho mai avuto tanti problemi con la linea, ovviamente dopo la parentesi sfilate, amo mangiare e non mi faccio tanti problemi. E poi la

cucina italiana e in particolare quella napoletana è la più completa e meravigliosa al mondo. Sarebbe difficile per me stare attenta. Oggi che non faccio più la modella poi, accetto benissimo le mie imperfezioni». A proposito ma tu sai cucinare, ti piace stare davanti ai fornelli? «So cucinare benissimo, mi piace molto preparare piatti “fusion”, pesce, pollo e tante verdure. Invece la pasta è compito di Massimiliano, che è un cuoco con i fiocchi!».Parliamo di “Guardando le stelle”, di chi è stata l'idea?

«È stata di Massimiliano! È lui che ha ideato il format, che è

andato a parlare con Canale 8 e ha trovato gli sponsor. Lui è una forza della natura, ha l'energia di un ragazzino. Io ho un po' titubato prima di accettare perché non mi sentivo in grado, non avendo mai fatto nulla di simile ma lui mi ha garantito che sarebbe bastato essere me stessa. E quindi mi sono buttata».Ricordo di aver visto qualche puntata con personaggi come Maurizio De Giovanni, Isa Danieli, Sal Da Vinci, Enzo Gragnaniello, Tosca d'Aquino. Senza far torto a nessuno c'è stato qualcuno che ti ha lasciato dei ricordi particolari considerando che si trattava della tua prima esperienza? «Hanno tutti lasciato un bel messaggio con i loro racconti. Poi sono così diversi che non saprei dire. Sono molto grata comunque ad ognuno di loro per la disponibilità mostrata».La trasmissione mette in risalto la tua grande capacità relazionale, la tua spigliatezza. Pensi di poter dedicare sempre una parte del tuo impegno p r o f e s s i o n a l e a l l a realizzazione di un programma come questo o simile? «Ti ringrazio. Sono solo me stessa. Penso che il programma piaccia proprio per questo, c'è naturalezza. Sarei molto felice di p o t e r c o n t i n u a r e c o n “Guardando Le Stelle” e fare magari altre esperienze del genere».Sempre in un'intervista hai detto che non stai a pensare troppo ai progetti, al futuro ma ti piace vivere il presente,

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RITRATTI

s a i c h e è u n a f i l o s o f i a tipicamente napoletana? «Ci ho messo tanto ad arrivare a questo punto. Prima vivevo di ansie, non dormivo la notte pensando al domani. Dopo un lungo percorso ho capito che non ne vale la pena. Cerco di vivere bene l'oggi, poi domani si vedrà».Quanto è complesso per una donna di spettacolo fare la mamma? «Sono fortunata perché ho molti aiuti da parte della famiglia di mio figlio e di Massimiliano. Poi Leon è già un ragazzino, 7 anni, e quindi riesco a fare tutto. Noi donne siamo incredibili, riusciamo a fare tanto, casa, lavoro, figli ... ho sempre più ammirazione per noi donne». Da brasiliana è inevitabile p a r l a re d i c a l c i o e p o i Massimiliano è tifosissimo. Cosa pensi del Napoli e dell'amore che la città nutre

per la sua squadra? «Non capisco nulla di calcio e non mi piace il fanatismo che esso genera. Però se è una cosa che porta felicità alle persone, va bene. Nel calcio vedo anche una enorme mancanza del vero senso dello sport e del rispetto per l'avversario».Più Sarri o più Ancelotti? «Mi piaceva molto l'idea del sarrismo, per quello che lui significava per tutti: il nuovo Che Guevara. Andando alla Juve, ha deluso tutti e adesso non mi piace p iù tanto. A propos i to d i Ancelotti non saprei che dire, visto che non seguo il calcio proprio da vicino». A proposito vorrei concludere con una nota sentimentale. Cosa accade quando un napoletano incontra una brasiliana? Quali sono gli ingredienti di una ricetta vincente?

«Il napoletano è maestro nel corteggiare, è un gentleman e quindi parte già con una marcia i n p i ù . I l m i o c o m p ag n o Massimiliano è così, non ha mai dato per scontato le piccole cose del quotidiano e questo è molto importante».

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Cuma

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UNA GIORNATA A …

Antica e lontana c o l o n i a , d a l l a m a d r e p a t r i a f u capace di diffondere l a c u l t u r a e l a f a n t a s i a g r e c a d iventata po i l a caratteristica più importante dei figli di “Partenope”

L' “onda” lunga della grecità

di Lorenzo Gaudiano

Una realtà cosmopolita come la Campania è difficile da

trovare. Le sue bellezze infinite, la sua storia, le

influenze culturali che ha prima subito poi abbracciato

si respirano di continuo camminando per la città, visitando

luoghi che da centri nevralgici in alcuni casi si sono trasformati

in una vivida testimonianza permanente per i posteri. È il caso di

Cuma, forse la colonia greca più antica vicino Napoli, risalente

all'VIII a.C., che a quel tempo era un prestigioso scalo

commerciale ed un importante centro agricolo. Tra gli scavi di

uno degli insediamenti più antichi dei coloni calcidesi, guidati

secondo la leggenda da Ippocle cumano e Megastene calcidese,

ad un certo punto si presenta con la sua maestosità e il suo alone

di mistero l'antro della Sibilla. Qualche passo al suo interno ed il

passato di questo lungo cunicolo scavato nel tufo e illuminato dai

suoi anfratti laterali a mano a mano comincia a venire fuori, si

impossessa della mente del visitatore, proiettandolo in una

dimensione temporale lontana ma indimenticata. Mitologia a

parte, raccontata a dovere dagli autori latini e greci, quest'antro

in epoca romana veniva considerato un luogo di riposo dagli

affanni della vita pubblica. In realtà la sua collocazione a difesa

… Dopo queste città c'è Cuma, colonia antichissima dei Calcidesi e dei Cumani, la più antica fra quelle di Sicilia e d'Italia. Ippocle cumano e Megastene Calcidese, i quali g u i d a v a n o l a s p e d i z i o n e , convennero tra loro che agli uni sarebbe s ta ta a t t r i bu i ta l a colonizzazione, degli altri la colonia avrebbe assunto il nome; ecco perché la città si chiama Cuma, mentre si parla di fondazione calcidese

Dalla Geographia di Strabone

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dell'acropoli ha fatto pensare che si trattasse di un'opera ad uso

difensivo costruita in occasione dell'ampliamento e del

rafforzamento della cinta muraria cittadina. Dopo la

dominazione bizantina venne abbandonata intorno al XIII d.C. e

riscoperta soltanto nel 1932 dall'archeologo Amedeo Maiuri, che

ha riportato alla luce un luogo di incanto, di magia e di storia.

Anche se sono turbato per la partenza di un vecchio amico, tuttavia lo approvo per il fatto che ha deciso di stabilirsi nella solitaria Cuma, e di donare almeno un cittadino alla Sibilla. Cuma, porta di Baia, è un approdo piacevole, luogo di rifugio delizioso

Dalle Satire di Giovenale

“Una ricostruzione dell'antica Cuma

La via sacra di Cuma

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LA STRISCIA DI CENZÌ

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Cenzì a caccia dell'amore nell'antro della Sibilla

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TRADIZIONI E LEGGENDE di Paola Parisi

Lettera semiseria alla terri�cante e “s�gata” Sibilla di Cuma

Cara Sibilla,avendo tu chiesto ad Apollo il dono di lasciarti vivere tanti anni quanti i granelli che avevi raccolto nella tua mano, sicuramente sarai ancora in vita e avrai modo e maniera di leggere questa improbabile lettera, che per certi versi i n t e r p r e t a u n a c c o r a t o p e n s i e r o c o l l e t t i vo . Da secoli incarni il simbolo del “mai 'na gioia”, del terrore e della morte. Tutto questo perché nella foga di chiedere il suddetto dono … te si scurdata di chiedere anche l'immutabile giovinezza e dunque che colpa abbiamo noi di siffatta e grave dimenticanza? Errore che nessuna donna al mondo avrebbe giammai commesso? Ma tu ci hai fatto carico di questa e, accorta del tempo che trascorreva impietoso e di secoli accumulati sul groppone, sei andata a nasconderti nell'Antro ed in quell'angusto luogo la tua vetustà non si è trasformata in saggezza, come giusto che fosse, ma in cattiveria studiata nei minimi dettagli, magari

bestemmiando a destra e manca come un beone imbufalito e vaticinando sciagure tra l'altro complicate da interpretare … 'Na seccia cu tutt 'e sacramient per farla breve. Da qui doppia sciagura che ai giorni nostri colui che articola un discorso incomprensibile o complicato viene apostrofato con l'appellativo di sibillino perché dire “nun se capisce nient” sembra brutto. Il tutto poteva trovare un felice epilogo avendo a disposizione un profilo Instagram con tanto di filtri alle foto o aver avuto Google per risolvere i tuoi sinistri verdetti. E poi come avremmo potuto conoscere la tua storia, una veggente tanto smemorata quanto sfigata e, diciamolo, pure anche poco

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La leggenda tramandata della Sibilla Cumana narra una storia molto particolare legata ad una

frase di variabile interpretazione. Un soldato romano, prima di partire per la guerra, si recò

nell'antro della sacerdotessa sacra ad Apollo, per consultare il suo celebre oracolo sull'esito

della propria missione. Alla domanda, il giovane ricevette tale responso: “Ibis redibis non

morieris in bello” – Andrai tornerai non morirai in guerra. Il giovane soldato, confortato da tale

responso, andò in battaglia ma morì. La frase, in realtà, come tutti i responsi sibillini, è

ambigua e si presta a diverse interpretazioni a seconda di come viene posizionata la

punteggiatura. Infatti, posizionando la virgola dopo la negazione, Ibis, redibis non, morieris in

bello – Andrai, non ritornerai, e morirai in guerra – il responso lascia presagire l'esito negativo

della missione. La leggenda ha creato un modo di dire che ancora oggi ha il suo significato

perché, se si apostrofa un discorso come sibillino, significa che ha un valore ambiguo,

enigmatico, di dubbia interpretazione e si potrebbe azzardare anche volto all'imbroglio. Nel

mondo dove la comunicazione la fa da padrone, l'aneddoto spiega quanto sia importante

comunicare bene, senza doppi sensi o trucchi interpretativi.

furba, avendo a disposizione un dio per giunta anche innamorato di te da come si legge. Alla fin fine, non è che tu abbia sfruttato la situazione come si deve, magari chiedendogli l'iban o il pin della sua carta di credito e invece di rintanarti nell'Antro ad angosciare l'umanità, avresti potuto andartene in un centro benessere e magari diventare una fashion blogger di successo elargendo consigli di bellezza anziché autoflagellarti nella commiserazione ai limiti dell'inverosimile … invece hai combinato un vero e proprio casino come del resto noi esseri umani siamo soliti fare, quindi tutto ciò ti rende anche meritevole di un briciolo di compassione … ma giusto un briciolo, perché ancora la tua brutta fama è presente anche nella nostra vita quotidiana. Ti sei mai chiesta perché hanno pensato a te quando hanno costruito il mezzo di trasporto più impervio del mondo, ovvero la Cumana? Perché l'ultima fermata è a Cuma? Nemmeno per sogno … l'hanno chiamata così in onore alle tua personalità buia, tetra e sotterranea … A differenza tua, essa di tanto in tanto ci degna di un'apparizione e noi passeggeri sulla banchina attendiamo con rassegnazione il momento di essere trasportati a destinazione come le anime dannate pronte o quasi a raggiungere l'Ade. Eh, pure Virgilio la sapeva lunga, come la tratta Cuma – Montesanto.

La profezia della Sibilla Cumana al soldato

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SOCIETÀ

L'APPARENZA E L'IPEREFFICIENZA DELLA NOSTRA SOCIETÀ CHE NON CONTEMPLA TIMIDEZZA, VERGOGNA E PUDORE

di Ciro Chiaro

i siamo già più volte soffermati sulla

Ccomplessità della società in cui viviamo.

L'elevato sistema competitivo, la continua

richiesta di miglioramento delle prestazioni,

l'efficacia nell'assolvimento dei ruoli a cui siamo

chiamati sia in ambito familiare che sociale e

lavorativo comporta che la nostra vita diventi

sempre più stressante. Per tutelarc i c i

sottoponiamo ad un continuo processo di

“empowerment” , un raf forzamento teso

all'acquisizione di tecniche, competenze e stili di

vita per non essere inferiori agli altri e soprattutto

per non essere giudicati negativamente.

Alle volte però eccediamo nell'utilizzo di

meccanismi di difesa, per cui quelle che ci

sembravano scelte giuste, tendono a far diventare

la nostra vita ancora più complicata. Ma non siamo

tutti “guerrieri” esistono anche delle “fragilità” di

cui tenere conto, come per esempio le persone

timide. La timidezza infatti può creare un insieme

di barriere personali, sociali, professionali nonché

un disagio significativo per la persona. È una

car at ter i s t i ca abbastanza d i f fusa ne l l a

popolazione, in vari studi sull'argomento emerge

che almeno il 50% delle persone intervistate

dichiarano che in determinate circostanze si

sentono timide. In generale queste persone hanno

il timore del giudizio degli altri (la classica paura

di fare una figura di m…) e vivono in uno stato di

continua percezione di una sensazione di

inadeguatezza. A livello emotivo sono presenti la

paura e l'imbarazzo anche con attivazione

fisiologica, aumento del battito, della sudorazione,

respirazione, della tensione muscolare ect. ed il

rossore che in genere è il segnale d'inizio dei

fenomeni descritti. Mentre la timidezza è stabile,

l'imbarazzo è invece una condizione emotiva

vissuta unicamente in seguito ad un'azione

ritenuta socialmente inaccettabile compiuta

davanti ad altri. Il timido non va confuso con

l'introverso, anche se a volte possono assumere

uguali comportamenti. Anche nell'introversione

vi è la preferenza per situazioni meno sociali ma

questo non vuol dire che vi è paura del giudizio

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degli altri. Non è dovuta a bassa autostima, anzi vi

può essere una grande considerazione di sé,

pensiamo a tutte le star o alle persone di potere che

di fatto sono timide. Il timido vuole entrare in

interazione con gli altri, ma si blocca. Preferisce

aspettare che qualcuno faccia la prima mossa. La

motivazione è presente ma non sufficiente per

stabilire relazioni.

Ha inoltre bisogno di

p i ù t e m p o p e r

stabilire rapporti,

vorrebbe velocizzare

ma non ci riesce.

H a n n o l i m i t a t i

contesti operativi

perché questo gli dà

s i c u r e z z a . P e r

s f u g g i r e a l l a

timidezza si mettono

in campo processi di

estroversione, a volte

a n c h e f o r z a t i e

ricorso a situazioni

che non sempre poi

risultano efficaci,

come per esempio il

ricorso all'alcol per

v i n c e r e l o s t at o

d'ansia dei momenti

imbarazzanti. Invece

è i m p o r t a n t e

accettare il fatto di

essere timidi. Per

sconfiggere il disagio bisogna lavorare con la

timidezza non contro la timidezza, modificare ciò

che si fa non quello che si è. Valorizzare la

tendenza all'introversione, la sensibilità e la

difficoltà a relazionarsi come attitudini a stabilire

rapporti caratterizzati dalla qualità piuttosto che

dalla quantità. uindi pensare alla timidezza come Q

un difetto o addirittura come uno stato patologico

è errato, anche se vi possono essere similarità con

l'ansia sociale o fobia sociale che appartengono alla

categoria dei disturbi d'ansia. Il disturbo ansioso è

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caratterizzato da una costante e sproporzionata

paura nelle relazioni sociali. La fobia sociale può

essere accompagnata da altri tipi di disturbi come

la depressione ed è alimentata dall'ansia

anticipatoria, generata da preoccupazioni,

pensieri, immagini, aspettative che si manifestano

in vista di una attività o di un evento a venire.

D e t e r m i n a t e

similarità vi sono

a n c h e p e r a l t r e

emozioni secondarie

come la vergona e il

p u d o r e . C i

vergogniamo per

qualcosa che si è

c o m m e s s o o p e r

quello che si è, per

quello che si ha o non

si ha, per il proprio

corpo, ect. Ha una

r icaduta emotiva

anche forte, ci si

s e n t e i n f e r i o r i ,

g i u d i c a t i

pesantemente e si

vo r r e b b e e s s e r e

diversi da quello che

siamo. Inoltre se

accompagnata da

bassa autostima, la

vergogna provoca un

crollo della persona e

diventa una minaccia

all'identità personale. Chi ha pudore invece è una

persona che non ama mostrarsi allo sguardo

altrui. È una forma di protezione psicologica per

difendere il proprio spazio personale verso il quale

non necessariamente si provano sentimenti di

inadeguatezza. Se riflettiamo, timidezza,

vergogna, pudore sono tutte modalità orientate

verso l'essere e sul sentire a livello emotivo mentre

i modelli proposti e dominanti a livello sociale

riguardano l'apparire e l'iperefficienza.

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LA FAMIGLIA

U n V i l l a g g i o p e r Crescere da Trieste in giù per riconoscersi come Comunità Educantedi Giorgia Mangiapia

al 10 gennaio Pianura ospita il progetto Dnazionale “Un Villaggio per Crescere”, proposto e coordinato dal Centro per la

salute del bambino ONLUS approvato nell'ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile (Art. 1 comma 392 della legge 28 dicembre 2015, n. 208), area 0-6 anni. Il progetto si propone di garantire un'offerta educativa di qualità rivolta a tutte le famiglie con bambini di età compresa tra 0 e 6 anni residenti in aree/comunità caratterizzate da alta prevalenza di povertà educativa e/o carenza o scarsa fruizione di servizi per l'infanzia. Sono nove i presidi allestiti in strutture messe a disposizione da Enti pubblici (Comuni, Istituti Scolastici) o privati in tutta Italia. A Napoli, il presidio che si trova presso la sede dell'I.C. Don Giustino Russolillo ha visto in questi mesi crescere l'affluenza e la partecipazione di bambini e famiglie. Si è giunti a quota 144 iscritti e il numero continua ad aumentare ogni giorno, così come la voglia di vivere il Villaggio e la bellezza f o r m a t i v a c h e e s s o o f f r e . Con Giorgio Tamburlini, Presidente del Centro per la Salute del Bambino, abbiamo fatto un punto della situazione dopo 6 mesi dall'avvio del progetto a Pianura.

Un “Villaggio per Crescere” ha ormai messo le radici in 9 presidi in Italia. Quali sono i risultati raggiunti finora?

«Sono trascorsi 15 mesi dall'avvio del Progetto e sono stati attivati tutti i Villaggi nelle 9 sedi previste, più un decimo nel quartiere di Torre Maura a Trieste, finanziato dalla Fondazione Generali. Con la costituzione e la partenza delle dieci sedi, anche se poi a Genova le sedi del Villaggio sono di fatto anche in numero maggiore di una per consentire di raggiungere più famiglie e bambini, abbiamo più di mille bambini e genitori che hanno frequentato e frequentano i Villaggi, nelle diverse sedi, con una quarantina di educatori coinvolti presenti con un minimo di tre per ogni sede. Educatori che hanno partecipato ad incontri di formazione per le attività, dal gioco alla pittura, all'attività corporea, alla musica e all'orto, da svolgere con i genitori. Si sta iniziando a svolgere anche l'attività specifica di raggiungimento delle famiglie ad alto rischio con iniziative mirate».

Quali sono gli obiettivi che il Progetto si prefigge?

Il gioco emotivo

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«Mettere in condizione le famiglie ed i bambini di trascorrere del tempo di qualità insieme, e quindi di imparare a come convivere. Con i libri e la lettura, la musica e i giochi da poter rifare a casa gli adulti scoprono che i bambini sono pronti ad apprendere più di quanto ci si a spe t t i . Un secondo ob i e t t i vo importante è quello di sensibilizzare le comunità, in quartieri che sono spesso periferie di città, a comprendere l'importanza dell'investimento sulla prima infanzia e quanto sia importante suppor tare genitor i e famigl ie mettendo a disposizione degli spazi che se non sono i nidi - che dovrebbero esserci ed essere accessibili a tutti - siano centri dove genitori e figli possano condividere e apprendere cose utili allo sviluppo, privilegiando le attività da svolgere insieme».Come si stanno muovendo i Villaggi nella gestione del Progetto? «I villaggi si stanno muovendo secondo le linee guida che sono state concordate a livello nazionale e anche durante gli incontri svolti con i coordinatori e gli educatori, anche se ciascuno ha una situazione specifica in cui si muove e quindi deve tenere conto dei diversi attori che ci sono sul territorio, a partire da quelli pubblici come i Comuni, gli Istituti scolastici e le Aziende sanitarie. È di fondamentale i m p o r t a n z a c h e c r e s c a l a consapevolezza dell'importanza della formazione nel periodo dell'infanzia e ritengo che si stia contribuendo a crearla svolgendo attività specifiche con i bambini, evitando che la loro attenzione sia catturata da un cellulare o da un giro in un centro commerciale, per favorire invece la crescita attraverso la creatività e la qualità dell'interazione tra i bambini sia con i genitori che con gli educatori».

La pittura

La lettura

Lo yoga

L’orto

LA FAMIGLIA

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