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COPIA GRATUITA IN EDICOLA CON IL ROMA
numero 12 del 13 luglio 2019La Città – La Squadra – Gli Eventi
LE STORIE
GIANNI DI MARZIO
LORENZO MARONE
LA LOCANDA
DEL CERRIGLIO
SHALANA SANTANA
LA NUOVA SFIDA DI CARLOLA NUOVA SFIDA DI CARLO
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L’EDITORIALEdi Giovanni Gaudiano
“Se puoi sognarlo, puoi farlo”a copertina di questo numero è dedicata a LCarlo Ancelotti mentre tra le verdi
montagne del Trentino dirige a Dimaro
gli allenamenti del suo Napoli. Senza volerlo
caricare di eccessive responsabilità, questa
stagione ci dirà se il suo lavoro iniziato lo scorso
anno potrà portare quei risultati che a Napoli tutti
si aspettano da diversi anni.La sua competenza, la sua esperienza e la sua
profonda conoscenza del calcio sono le garanzie
del suo impegno e sono anche le caratteristiche
necessarie per raggiungere gli obiettivi che la
società si è prefissata. È augurabile comunque che
al tecnico emiliano venga allungato già oggi il
contratto, sperando che il suo lavoro a Napoli
possa durare a lungo. La società nel frattempo sta
muovendosi sul mercato per accontentare le
richieste dell'allenatore e per riportare la rosa nelle
giuste dimensioni con una serie di operazioni in
uscita che permettono nel loro andamento di
Il primo riguarda la stessa società, che grazie ad
un'attenta politica degli investimenti oggi
raccoglie importanti frutti con ricavi dalle cessioni
più che adeguati. l secondo è riferito al lavoro di I
Ancelotti nella scorsa stagione, allorquando ha
saputo valorizzare l'intera rosa del Napoli
utilizzando tutti gli uomini a sua disposizione e di
conseguenza potendo alla fine dare anche
indicazioni precise sugli interventi da fare per
migliorare la qualità della squadra.Alla luce dei primi movimenti, l'ingaggio di Di
Lorenzo e l'arrivo di Manolas, al posto di Albiol, la
difesa sembra già a posto anche se qualche cessione
per la quale sono in corso trattative potrebbe
consentire un ulteriore intervento soprattutto
sulle corsie. aremo comunque tutti obbligati a S
sfogliare la margherita almeno sino al 24 agosto
mentre radio mercato ogni giorno ci propinerà
nomi altisonanti, qualche illustre sconosciuto
evidenziare due aspetti.
4
a l l ' ombr a d i in t r igh i , a s te e s f ide che
probabilmente non saranno mai esistite.
troverebbero immediata collocazione producendo
dei ricavi di rilievo, il brand in crescita ed il
marketing pronto a utilizzare un nome gradito alla
tifoseria per aumentare il suo valore.Prima dell'inizio del campionato i media si
impegneranno nella elaborazione delle solite
griglie che come sempre non terranno conto del
fair play finanziario, della solidità e continuità delle
società e della capacità di innovare il calcio italiano
ancorato nostalgicamente al triangolo industriale
del nord, il cui polo meneghino continua a
riprogrammare ogni stagione una riscossa che
anche quando arriverà sarà costata una fortuna, la
vendita di Milan e Inter a proprietari stranieri e la
costante violazione delle regole economiche.
Resta in piedi il polo torinese, quello di marca
juventina, che domina in campionato da troppo
tempo e che continua ad indebitarsi sempre più,
attraverso prestiti obbligazionari e bilanci di fatto
in perdita, perseguendo la chimera Champions che
continua a sfuggirgli. un quadro molto chiaro, È
decisamente delineato. Manca solo un guizzo
azzurro, magari figlio anche di qualche colpo
fortunato, ed una gestione meno bloccata nelle
stanze federali che il presidente Gravina ha
assicurato. e entrambe le condizioni si S
verificheranno, l'assalto potrà avere successo.
Walt Disney – quando pensò di realizzare
Disneyland ed allora è necessario prendere in
considerazione che non si tratta di un sogno bensì
La splendida cerimonia inaugurale delle Universiadi
di ottenere i risultati che la società e la città
meritano. Una città capace in poco tempo di
organizzare un'edizione eccellente delle
Universiadi convogliando attenzione, interesse e
tantissime presenze, presentando ancora una volta
al mondo intero un volto unico, inimitabile, pieno
di genialità e mettendo in evidenza la qualità e
l'eccellenza di cui tutto il paese ha bisogno.
Si diceva della società impegnata ad ingaggiare al
più presto gli uomini giusti per mettere il tecnico
nelle condizioni di impostare una formazione
capace di ben figurare in Campionato, in
Champions ed in Coppa Italia, si tratta di un lavoro
fatto di pazienza, di attesa, di prontezza nel
cogliere le opportunità che si dovessero presentare
e ovviamente anche di programmazione
precedente che mai come quest'anno sembra
esserci stata. a società può contare oggi su una L
serie di dati di assoluto valore: un bilancio
credibile, la capacità di creare continue
plusvalenze, un patrimonio rappresentato da
giocatori che, se fossero messi sul mercato, In fondo “se puoi sognarlo, puoi farlo” – diceva
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Lorenzo Marone pag. 35 - Shalana Santana pag. 48
LA SQUADRA LE STORIE LA SOCIETÀ
Numero 12 del 13/07/19In copertina:Carlo Ancelotti a Dimaro s a l u t a i t i f o s i . B o o k fo tog r a f i co de l r i t i ro azzurro da pag. 27Foto Agenzia Mosca
11 Dimaro, dimora fissa azzurra di Mimmo Carratelli 17 Di Marzio: ‘‘Non esisteva lo staff ’’ di Giovanni Gaudiano22 De Biasi: a Dimaro un clima familiare di Giovanni Scotto32 La preparazione in montagna serve solo al fisico dei giocatori? di F. Marchionibus
41Locanda del Cerriglio: Angela Di Pascale tra Caravaggio e la cucina di Marco Boscia46 Sergio Siano: La pittura è madre e padre della fotografia di B. Marchionibus48 Shalana Santana: La padrona di casa delle stelle di Giovanni Gaudiano
LA CITTÀ
62 L'apparenza e l'iperefficienza della nostra società di Ciro Chiaro65 Un Villaggio per Crescere da Trieste in giù di Giorgia Mangiapia
35 Lorenzo Marone La vita, la famiglia e le scelte di Lorenzo Gaudiano
55 Cuma – L'onda lunga della grecità di Lorenzo Gaudiano 59 Lettera semiseria alla terrificante e “sfigata” Sibilla di Paola Parisi
L'inserto di questo numero dedicato ai profili dei nuoviazzurri ed alla prima amichevole a Dimaro con il Beneventoè stato realizzato da Marco Boscia, Lorenzo Gaudianoe Bruno Marchionibus
IN QUESTO NUMERO
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AUT. TRIBUNALE DI NAPOLI N. 50 DEL 8/11/2018
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GIOVANNI GAUDIANO
COORDINATORE EDITORIALE
LORENZO GAUDIANO
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ART DIRECTOR
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A QUESTO NUMERO
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La Città – La Squadra – Gli Eventi
n.12 del 13 luglio 2019
‘‘NAPOLI’’ SARÀ NUOVAMENTE IN EDICOLA
CON IL QUOTIDIANO ROMA DOMENICA 04 AGOSTO 2019
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TESTIMONE DEL TEMPOdi Mimmo Carratelli
Dimaro, dimora �ssa azzurraQuando si andava ad Agerola e i palloni di Canè finivano in mare. Il precampionato di Garbutt. Un anno, raduno al Vomero. Gli anni all'Aquila con Pesaola, Sivori e Altafini. La scoperta di Abbadia San Salvatore e il lancio del Ciocco. “Madonna di Scompiglio” e la Pace di Lodrone. A Folgaria con Agostinelli prima del fallimento. Poi, un'altra storia con Aurelio
De Laurentiis ed il TrentinoDimaro, ancora e sempre a Dimaro,
nono anno in Trentino per il ritiro
precampionato del Napoli. Con De
Laurentiis cominciammo a Paestum
con un solo pallone e trentatré
giocatori a disposizione di Ventura.
Il primo precampionato di una
storia nuova. Era il 2004, una vita fa.
Dopo l'anno a Tarvisio (2005) e i
quattro in Austria (2006 Hermagor,
2 0 0 7 F e l d k i r c h e n , 2 0 0 8
Jennersdorf, 2009 Lindabrunn), una
puntata a Folgaria (2010), poi
Dimaro dal 2011 e niente più. Da
Walter Mazzarri ad Ancelotti,
passando per Benitez e Sarri. Storie
di varia umanità dei precampionati
del Napoli dall'origine dell'usanza a
ogg i . P r og e t t i d i s c u d e t t o,
c a p i t o m b o l i , a v v e n t u r e e
disavventure. Le estati azzurre.
Andavamo su ad Agerola, 1962, con
la risata argentina di Pesaola e
a n d av a m o g i ù a … m a r e a
raccogliere i palloni che Faustinho
Canè calciava fuori dal campo. Il
brasiliano aveva 23 anni e una
Bianchi e Maradona
Agerola ed i palloni di Canè
catapulta nei piedi. Pesaola ne fece poi un attaccante di successo,
il nostro bomber di cioccolato. Ad Agerola arrivò Humberto
Rosa dalla Juve, un po' sulle sue. E, per la prima volta, apparvero
in prima squadra Juliano e Montefusco, Totonno non ancora
ventenne, Enzo 17 anni. Facevamo ritiri precampionato che
erano scampagnate. Non i romitaggi a cinque stelle di oggi.
Negli anni Trenta, Garbutt aveva portato il Napoli in ritiro a
Sant'Agata sui Due Golfi. La squadra alloggiava alla Pensione
Jaccarino. Un anno, 1940, il Napoli fece il precampionato al
Vomero, anni di guerra, c'era poco da scialare. Il Napoli tornò a
Sant'Agata con Felice Borel nel 1948. C'erano Suprina e Manola.
Non c'era più Cherì Sentimenti dopo dodici campionati in
maglia azzurra, tutta la sua carriera nel Napoli, tutta la sua vita
al Vomero. Nel 1957 il Napoli si preparò a Rieti alloggiando
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TESTIMONE DEL TEMPO
all'Albergo Quattro Stagioni. A Sulmona, nel 1960, si presentò
uno squadrone con gli attaccanti Di Giacomo, Gratton,
Pivatelli, Del Vecchio e Tacchi. Fu il Napoli che doveva vincere
lo scudetto e finì in serie B. L'anno prima dell'Agerola, gli
azzurri fecero il primo precampionato al Nord. Fioravante
Baldi, 1961, portò la squadra nella malinconia friulana di
Tarcento. Gli allenamenti si svolgevano sul campetto
dell'oratorio della parrocchia. Tornammo “vicino” casa nel 1963
con Bob Lerici che consigliò Avezzano.
Renzo Ulivieri al Ciocco nel 1998
Poi venne L'Aquila per tre anni di seguito, Grand Hotel du Parc,
fuori città. Pesaola improvvisò tre estati divertenti. Il primo
anno, c'erano Panzanato e Girardo, Bandoni in porta, Juliano
ormai leader. L'ultimo, 1965, la comitiva più allegra di tutti i
tempi. Fiore aveva appena preso Sivori e Altafini. Il petisso fu
l'irresistibile capocomico di una banda spensierata. Uscimmo
dai confini meridionali nel 1967, destinazione Abbadia San
Salvatore, “scoperta” da don Antonio Corcione. Hotel Tondi.
Arrivarono Zoff e Pogliana. Dopo l'anno a Coira, in Svizzera,
1969, decisamente una località esotica, il Napoli scoprì e
valorizzò il Ciocco. Non c'era quasi niente. Gli azzurri dovevano
scendere a Barga e a Gallicano per allenarsi. Fu il Napoli di Zoff,
Altafini, Hamrin, Sormani a pubblicizzare la località toscana
andandovi per sette anni di seguito.
In ritiro con il ‘‘petisso’’
Dal Ciocco a Bressanone con
Di Marzio
Il Ciocco divenne un posto turistico
rinomato. Era una vasta proprietà
che iniziava sulla provinciale Lucca-
Barga e terminava sui crinali del
m o n t e L a m a a 1 2 0 0 m e t r i .
Settecento metri sul livello del
mare, tutto il cibo era prodotto sul
pos to. I l p e s ce a r r i vava da
Viareggio. Il Ciocco diventò un
grande Centro sportivo e una
località mondana con tavernette
suggestive e un night-club. Gianni
Di Marzio, nel 1977, sce lse
Bressanone. Prima tappa a Plancios,
quota 1890 metri, Hotel Fermeda.
Un giorno il Napoli si perse sui
sentieri dolomitici. Accorsero due
tedeschi su grosse moto che
portarono la squadra a rifocillarsi in
una baita con vino e focacce. La
squadra camminò per 23 chilometri,
disorientata da una frana. Poi,
Bressanone, 560 metri sul livello del
mare, Hotel Temlhof.
Prima Krol, poi Diego a
Castel del PianoNell'anno di Krol andammo a Castel
de l Piano, 60 ch i lometr i da
Grosseto, ai piedi del monte Amiata,
tra boschi di castagni, faggi e abeti.
Hotel Impero. Daniel Bertoni e
Oscar Damiani si dettero da fare con
due ragazze giunte appositamente.
Krol scompariva nella notte. Nel
1982, il ritiro fu a San Terenziano, in
provincia di Perugia, Hotel dei Pini.
Fu l 'anno di Giacomini dalla
rilevante capigliatura. Arrivò il
triste Ramon Diaz. Bruscolotti,
Vinazzani, Carmando e Di Meo si
sfidavano in furenti partite di
13
tressette. Con Maradona il Napoli
tornò a Castel del Piano, trentamila
tifosi al seguito. Era il 1984. Hotel
Impero. Indimenticabile la prima
rovesciata volante di Diego nella
partitina contro i dilettanti di Castel
del Piano. Orsini, il ragazzino che lo
marcava e faceva il panettiere,
avrebbe voluto abbracciarlo per la
prodezza. Poi, cinque anni a
Madonna di Campiglio. Per la
“guerra” tra Maradona e Bianchi, la
località venne soprannominata
Madonna di Scompiglio.
Grande sceneggiata, nel 1988, a
Lodrone. A maggio c'era stata la
rivolta contro Bianchi e Maradona
aveva attaccato pesantemente il
tecnico. Il 31 luglio grande tavolata
nel giardino dell'Hotel Lodron, 13
bottiglie di frizzantino pronte.
Diego, cerchietto d'oro tempestato
di diamanti all'orecchio sinistro,
accompagnato da Moggi, avanzò
verso Bianchi e gli tese la mano. Fu
la Pace di Lodrone. Vipiteno fu
scelta a sorpresa nel 1990. Poi
Molveno per due anni, un grande
lago e le Dolomiti di fronte. Hotel
Belvedere. Maradona non c'era più.
C'era ancora Zola. Allenatore
Claudio Ranieri, gran parlatore di
calcio. Arrivò Laurent Blanc.
L'anno dopo, si aggiunse Fonseca.
Di nuovo a Madonna di Campiglio
nel 1993 con Lippi, poi di nuovo a
Castel del Piano e al Ciocco, 1995,
con le battute d i Boskov. A
Predazzo, nel Trentino, 1999,
Novellino allenava i portieri
bendandogli un occhio, poi tutti a
piedi nudi nelle acque gelate di un
ruscello.
Zeman a Brusson nel 2000
Zeman parla alla squadra
De Canio a Brusson nel 2001
La pace di Lodrone
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TESTIMONE DEL TEMPO
Dalla mountain-bike di
Zeman alla rinascita di
Paestum A Brusson, dove aveva villeggiato
Togliatti, il Napoli andò prima con
Zdenek Zeman, poi con Gigi De
Canio. Con il boemo (solo lui si
spostava in mountain-bike, proibita
ai giocatori) corse di dieci chilometri
nei boschi e tuffi nelle acque fresche
del fiume Evancon. Grande novità,
nel 2002, Riscone con Franco
Colomba. A Folgaria l'anno dopo
con Andrea Agostinelli. Stop. Il
Napoli si dissolse in tribunale. Dopo
il fallimento, Paestum fu il ritiro
approssimativo del 2004. San
Gennaro portò in dono Aurelio De
Laurentiis che rifece il Napoli. Non
c ' e r a p iù n i ente . Fr ancesco
Montervino e Cataldo Montesanto
comprarono un paio di palloni.
Cominciò un'altra storia che oggi
vede i l Napoli ai vertici del
campionato in costante lotta con la
Juve. Il primo Napoli dell’era De Laurentiis a Paestum
Reja a Feldkirchen nel 2007
Ventura a Paestum nel 2004
15
1956 Campobasso1957,1958 Rieti1959 Napoli1960 Sulmona1961 Tarcento1962 Agerola1963 Avezzano1964,1965,1966 L'Aquila1967,1968 Abbadia San Salvatore1969 Coira (Svizzera)1970,1971,1972,1973,1974,1975,1976
Ciocco1977,1978 Bressanone1979 Ciocco1980,1981 Castel del Piano1982 San Terenziano1983 Abbadia San Salvatore1984 Castel del Piano1985,1986,1987,1988,1989 Madonna
di Campiglio1990 Vipiteno1991,1992 Molveno1993 Madonna di Campiglio1994 Castel del Piano1995 Ciocco1996 Lavarone1997 Borno1998 Ciocco1999 Predazzo2000,2001 Brusson2002 Riscone di Brunico2003 Folgaria2004 Paestum2005 Tarvisio2006 Hermagor 2007 Feldkirchen2008 Jennersdorf 2009 Lindabrunn 2010 Folgaria 2011-12-13-14-15-16-17-18-19
Dimaro
Le località dei ritiri degli azzurri
Donadoni a Lindabrunn nel 2009
Mazzarri a Folgaria nel 2010
Ancelotti a Dimaro nel 2018
Pesaola al Ciocco nel 1976 con: Catellani, Vinazzani, Speggiorin, Chiarugi e Armidoro
www.mtaeronautica.com
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L'INTERVISTA
Gianni Di Marzio“Non esisteva lo staff ”Il tecnico napoletano oggi consulente ed opinionista , Seminatore d'oro per due anni, p a r l a d e l l a p r e p a r a z i o n e precampionato, della tecnica e della tattica. Al Napoli serve più qualità per essere competitivo
di Giovanni Gaudiano
torie di ritiri, di lavoro sul campo per i Sgiocatori e per gli allenatori. Di località alpine dove una volta la temperatura era
sempre fresca ed ora spesso il caldo non molla la sua presa neanche a più di mille metri di altezza. Storie di allenatori, di quelli andati via, di quelli appena arrivati e di quelli confermati con la voglia di iniziare una nuova stagione vincente. Ma quanti sono stati i napoletani che hanno occupato la panchina del Napoli? Pochi, molto pochi e per troppo poco tempo, a scorrere la lista se ne trovano cinque: Egidio Di Costanzo, Rosario Rivellino, Gianni Di Marzio, Vincenzo Montefusco e Giovanni Galeone. Alla lista forse si potrebbe aggiungere l'indimenticabile Bruno Pesaola, argentino di nascita ma napoletano d'adozione e d'indole. Per i napoletani “veraci” spezzoni di stagione con l'unica eccezione di Gianni Di Marzio, al quale però non fu dato il tempo necessario per mettere in evidenza tutte le sue capacità, visto che nel suo primo anno, quello completo sulla panchina degli azzurri, ottenne un quinto posto qualificando la squadra per la coppa
Uefa e perse in finale di coppa Italia a Roma con l'Inter, una gara condizionata dall'incolore prestazione del portiere Mattolini e di mister due m i l i a r d i , a l s e c o l o G i u s e p p e S avo l d i , capocannoniere della manifestazione con 12 reti messe a segno in undici partite, rimasto a secco proprio nella finale di Roma. Gianni Di Marzio ha nella sua storia un palmarés importante ma bastano i due “Seminatore d'Oro” (premio antesignano dell'attuale panchina d'oro) ottenuti nel '72 e nel '76 per confermarne la capacità, il valore e la sua competenza che ha poi sviluppato con successo da direttore sportivo, da direttore generale e da responsabile dell'area estera della Juventus.
Gianni Di Marzio e Guus Hiddink
Con lui iniziamo una chiacchierata partendo proprio dai ritiri, dall'evoluzione del pre-campionato e dalla differente preparazione che oggi svolgono le squadre nella fase estiva. «Sono stato il primo allenatore a portare il Napoli in Alto Adige nel 1977 a Bressanone. La prima settimana di quel ritiro la squadra si allenò in alta montagna e poi scendemmo in città dove
L'INTERVISTA
c'erano le attrezzature necessarie per rifinire la preparazione. A Bressanone infatti c'era una palestra, grande quasi metà campo da calcio, opportunamente attrezzata che ci consentiva di non interrompere il lavoro anche in caso di tempo cattivo. Ci trovammo molto bene».Cosa è cambiato nel ritiro che oggi viene programmato per le squadre di calcio? «Se parliamo della preparazione atletica, è giusto ricordare come l'allenatore fungesse anche da preparatore grazie ad una conoscenza approfondita della materia che si studiava a Coverciano con il professore Nicola Comucci, il primo valido insegnante di scienze motorie a cui la Federazione affidò i corsi riservati ai futuri allenatori. Vorrei ricordare come in quel periodo non esistesse lo staff che siamo abituati a vedere oggi, formato da 7/8 persone che collaborano con il tecnico in maniera specialistica. C'era solo l'allenatore in seconda. La preparazione (ed il suo studio) era interessante e importante soprattutto se, come ho fatto io, la si seguiva nei vari corsi delle varie categorie. Debbo dire che ho fatto l'allenatore per quasi 40 anni e grazie al tipo di preparazione atletica che ho adottato i miei giocatori non hanno mai sofferto per incidenti muscolari».Parlando della preparazione cosa è cambiato nel programma e nella metodologia? «Noi facevamo molto fondo, mettevamo tanta benzina nelle gambe. L'attenzione che veniva data alla capillarizzazione, che io considero ancora oggi la prima condizione per realizzare una valida
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preparazione, era massima. Si ricercava di dare ai muscoli dei giocatori la maggiore ossigenazione possibile, che poi aveva la sua funzione nello smaltimento dell'acido lattico accumulato nel corso di una partita di calcio. Si lavorava quindi sul potenziamento muscolare, sugli addominali e sulla resistenza con allenamenti sia in palestra sia soprattutto nei boschi che, presentando i classici sali/scendi, portavano anche ad un potenziamento delle gambe; poi arrivava la fase riservata alla velocità. Il mio programma di lavoro era distribuito su tutto l'arco della stagione, con l'ausilio di un diagramma che prevedeva le fasi e le riprese di lavoro mese per mese e che teneva in considerazione le variazioni climatiche e di conseguenza quelle dei campi da gioco». Cosa ne pensa della figura del preparatore? «Nessuno discute la preparazione degli attuali specialisti ma voglio ribadire come la figura dell'allenatore racchiudesse in sé tutte le informazioni necessarie alla gestione della squadra. Non avevamo bisogno a fine partita di analizzare statistiche o particolari analisi per sapere quanto avesse reso questo e quel giocatore, mentre la valutazione dello stato di forma generale della squadra ci permetteva di programmare la settimana di lavoro variandola ed adeguandola alle esigenze che la gara ci aveva indicato. Era tutto
In Tv con Andrea Carnevale
Tre tecnici: Lippi, Di Marzio e Prandelli
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concentrato ne l bagagl io tecnico dell'allenatore. Nel mio caso, pur tenendo in grande considerazione la preparazione atletica, non ho mai tralasciato la parte riservata alla tecnica, con le mie squadre ho sempre lavorato moltissimo, come si fa in Brasile, sul pallone. Questo voleva dire sviluppo della tecnica individuale su tutti i cos iddett i fondamenta l i , ve loc i tà nell'esecuzione delle giocate e variazioni di ritmo; alla fine i giocatori non si annoiavano e lavoravamo molto bene con buoni risultati».Cosa pensa delle tante amichevoli che si disputano oggi e delle lunghe ed a volte stressanti tournée alle quali molte squadre sono costrette? «Ritengo che incida negativamente p e r c h é i m p o n e d i a c c e l e r a r e l a preparazione, che diventa di fatto una mini-preparazione, per permettere ai giocatori di andare in campo e rendere per i minuti stabiliti dal tecnico che è costretto ad a lter narl i nel corso di queste amichevoli. Alla fine si tratta di un compromesso che consente alle società di
vendere il proprio brand a beneficio delle proprie casse ma la squadra finisce per risentirne per tutta la stagione».Il Napoli ha iniziato la sua preparazione con assenze dovute agli impegni internazionali e con un mercato ancora in evoluzione. Cosa pensa che manchi alla squadra di Ancelotti per fare l'ultimo, decisivo salto di qualità? «Manca la qualità (sorride ndr). Ci sono alcuni ruoli dove bisogna aumentare il coefficiente qualitativo. L'allenatore è indiscutibilmente un vincente, in squadra ci sono 6/7 giocatori all'altezza per lottare per lo scudetto ma non basta. Ci vogliono 3/4 giocatori di esperienza e qualità senza dover spendere cifre irragionevoli ma compiendo le scelte giuste. Il Napoli che ha vinto gli scudetti oltre a Maradona aveva in rosa tanti altri giocatori di grande qualità. Basta pensare a
Di Marzio e Attila Sallustro
Con un giovanissimo Diego Armando Maradona
Gianni ed il ‘‘mago’’ Helenio Herrera
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L'INTERVISTA
Giordano, Carnevale, Careca, Alemao, Bagni ed altri. I grandi giocatori, soprattutto negli ultimi trenta metri in attacco come in difesa, determinano la partita mentre al contrario gli errori dei giocatori non all'altezza condizionano i risultati in partite che andrebbero vinte. Tutto questo non intacca il percorso positivo che la nuova società ha saputo costruire in questi anni di crescita e che potrebbe avere un suo compimento con il definitivo innalzamento dell'asticella». James Rodriguez rientra in questo tipo di giocatore necessario al Napoli? «È un trequartista mancino di grande talento, sa calciare le punizioni, diciamo che è un classico numero 10 che deve giocare alla spalle di una prima punta. Non ha fatto sino ad oggi la carriera che poteva e può ancora fare, dipenderà anche da come Ancelotti deciderà di impiegarlo. Mi
In un salotto televisivo con Massimo Giletti e Fulvio Collovati
Un giovane Di Marzio con il Kaiser Franz Beckenbauer
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auguro che non ripeterà l'esperimento di adattare i giocatori al suo gioco».Pensa che il Napoli con la coppia Koulibaly-Manolas si sia rinforzato in difesa? «Si tratta di una coppia molto diversa rispetto a quella formata con Albiol. Lo spagnolo ha esperienza e carisma mentre Manolas è rapido, è un guerriero, con lui il Napoli acquista in forza fisica e la linea difensiva potrà giocare più alta. Alla fine c'è una sorta di compensazione ma va considerata anche l'età che è a favore del greco».La chiacchierata è stata piacevole, densa di spunti ma si è trattato anche di una piccola lezione erogata da un maestro di calcio che da molto tempo si diletta a fare anche l'opinionista televisivo in vari salotti, cercando di spiegare con la passione e la
competenza che lo contraddistingue questo mondo che molti hanno voluto rendere complicato e difficile anche se in realtà, pur avendo le sue ben precise regole, è più semplice di quanto possa sembrare.
Gianni Di Marzio e Arrigo Sacchi
Il servizio dedicato su ‘‘il venerdì’’ di Repubblica da Antonio Corbo a Gianni Di Marzio
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L'OPINIONE
GIANNI DE BIASIA DIMARO UN CLIMA FAMILIARE
di Giovanni Scotto
L ' e x t e c n i c o d e l l ' A l b a n i a ogg i commentatore delle gare della nazionale i t a l i a n a p a r l a d e l l a s c e l t a d e l precampionato partenopeo, della nuova difesa del Napoli, del ritorno in Italia di Sarri e della voglia di passare dalla vacanza ad una nuova sfida in panchina
i parte. C'è chi vola in America, c'è chi preferisce il SQatar e c'è chi, come il Napoli, resta fedele alla
tradizione. Sino al ventisei luglio gli azzurri saranno a
Dimaro per preparare la prossima stagione. Un
appuntamento che si ripete da nove anni e che vede
protagonisti i tifosi azzurri, pronti ad invadere pacificamente
la Val di Sole. Per Ancelotti saranno tre settimane importanti
per mettere a punto progetti ed idee di carattere tecnico-
tattico, per valutare alcuni calciatori ancora in bilico e per
accogliere quelli che a breve arriveranno. I vantaggi del ritiro
“old style” sono innegabili secondo l'opinione di Gianni De
Biasi, allenatore di grande esperienza nazionale e
internazionale.Dal 6 al 26 luglio il Napoli lavorerà a Dimaro per
prepararsi alla prossima stagione: dal momento che
tante società partiranno sin da subito per le tournée,
quale importanza continua a rivestire, oggi, il ritiro
precampionato? «Se ci sono le condizioni, è sempre positivo portare avanti
un certo tipo di lavoro. Un minimo di preparazione serve,
ritengo sia indispensabile per costruire il gruppo, per
sistemare la squadra, per conoscersi reciprocamente. Poi
capisco anche le esigenze economiche dei club che oggi come
oggi hanno bisogno di fare cassa partecipando a queste
tournée. Si potrebbe trovare un compromesso, magari non
più le tre settimane ma almeno una decina di giorni perché un
certo tipo di lavoro, alla fine, giova a tutti».
Ventuno giorni, sembra un ritiro d'altri
tempi. Ormai in pochi li fanno così
lunghi. «È vero. Si tratta di un segnale dei tempi
che cambiano. Prima non si facevano
amichevoli internazionali o tournée
all'estero, oggi le cose sono cambiate.
Eppure il Napoli riesce a fare un ritiro così
lungo senza rinunciare ad amichevoli di
prestigio. Evidentemente hanno capito che
è il modo migliore per preparare la
stagione, e anche Ancelotti lo sa. A Dimaro
si lavora bene e i calciatori sono contenti di
stare lì. Mi risulta che spesso i loro familiari
li raggiungono per stare qualche giorno
23
insieme. Insomma c'è un clima familiare.
Anche De Laurentiis sta in Trentino in
pianta stabile per tutto il periodo, sposta lì il
suo quartier generale. Anche questo ci fa
capire come per il Napoli sia più di un
semplice ritiro precampionato. Ma una vera
e propria sede estiva».In ritiro la squadra ritroverà il “vecchio
allenatore” mentre le altre big del
campionato hanno dato vita ad una vera
e propria rivoluzione tecnica: può essere
un ulteriore vantaggio per gli azzurri? «In linea del tutto teorica è sicuramente
un vantaggio, poi il calcio ci ha abituato a
tante sorprese, sia in positivo che in
negativo. Certo, lavorare con un gruppo che già conosci e che
hai avuto modo di plasmare lo scorso anno è positivo, ti
consente di accelerare la programmazione mentre gli altri
dovranno ripartire da zero. Carlo potrà fare tutto con calma,
il tempo può essere un alleato prezioso in questo senso
perché non hai né l'esigenza né l'obbligo di soffermarti su
determinati aspetti che inevitabilmente rallentano il
percorso di formazione della squadra».Fuori Albiol, dentro Manolas: cosa perde e cosa
guadagna il Napoli con questo avvicendamento? «Manolas è una garanzia sotto il profilo fisico e tattico. Ha
grande corsa ed esplosività, proprio come Koulibaly. Poi
penso che il passaggio dalla Roma al Napoli possa solo fargli
bene sotto il profilo della voglia e delle motivazioni perché a
un certo punto, per un calciatore, è anche giusto cambiare per
L'OPINIONE
trovare nuovi stimoli altrove. Non
penso che questo avvicendamento
p o s s a i n q u a l c h e m o d o
compromettere la solidità difensiva
del Napoli perché sono certo che
Manolas si adatterà molto bene alle
richieste di Carlo Ancelotti».Tre settimane importanti anche
sotto il profilo tattico: Ancelotti
ripartirà dal 4-4-2 o si aspetta
qualcosa di nuovo anche in
relazione alle recenti voci di
mercato? «Prematuro parlarne adesso,
l'unica certezza è rappresentata dalla
difesa a quattro perché Carlo è sempre
partito da questa base. Poi molto
dipenderà dalle caratteristiche dei
giocatori che gli verranno messi a
disposizione, lui è uno bravo a cucire
l'abito giusto in base al materiale di
cui dispone, non ha preconcetti in
questo senso».Il Napoli ritroverà sulla panchine
del la principale r ivale quel
Maurizio Sarri etichettato come
traditore: da collega, come valuta
la scelta del l 'ex a l lenatore
azzurro?
24
«Maurizio ha fatto la scelta giusta, si è guadagnato questa
o p p o r t u n i t à s u l c a m p o e a
sessant'anni non poteva certo farsi
sfuggire questa possibilità, peraltro
dopo aver vinto anche a Londra, alla
sua prima esperienza all'estero. La
Juventus ha una grande società e una
g r a n d e s q u a d r a , l u i è u n
professionista e ha agito rispettando
il suo lavoro. Per lui sarà una
grandissima sfida, impegnativa ma al
tempo stesso anche emozionante».E il futuro di Gianni De Biasi? «Per ora sono in vacanza (ride,
ndr). Aspetto la chiamata giusta per
ritornare in pista».
LIQUORE APERITIVO - TONICO
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COPERTINA
Quando Dimaro sembra Napolidi Lorenzo Gaudiano
Da nove anni la località alpina ospita il ritiro del Napol i e la paci f ica i n v a s i o n e d e i s u o i fantasiosi t i fosi . Un connubio che durerà ancora tra i boschi, l'aria fresca, la buona cucina ed il lavoro degli azzurri
È estate. Solitamente la meta preferita è il mare per
sconfiggere il calore con qualche bagno e mettere
da parte per qualche tempo lo stress maturato nel
corso dell'anno. C'è invece chi alla sabbia preferisce
l'aria di montagna, il giubbino alla crema solare.
Una buona parte dei tifosi napoletani da nove anni
a questa parte sceglie di seguire la propria squadra
del cuore in Trentino, a Dimaro-Folgarida, per
staccare la spina nella splendida e bucolica cornice
della Val di Sole e tornare a respirare l'aria del
grande calcio con la preparazione estiva del Napoli
e le prime amichevoli. Nel paesino di circa 2100
abitanti manifesti con la nuova maglia da gioco
indossata da Insigne, Milik, Zielinski, Koulibaly e
Fabiàn Ruiz troneggiano un po' dappertutto e il
percorso verso lo stadio di Carciato è sempre
affollato e lo sarà ancora di più con il passare delle Book Fotografico Agenzia Pietro Mosca
28
COPERTINA
settimane. Un tir che ospita lo store del
Napoli con la nuova divisa già a ruba,
nonostante l'imperituro dibattito tra
tradizione ed innovazione ed il parere
discordante di tifosi ed addetti ai lavori, il
g r ande s e gu i to a l l e due s edute
giornaliere di allenamento, cosa non
possibile a Castel Volturno durante la
stagione, e poi le fotografie di rito con i
calciatori selezionati a turno e gli eventi
serali in piazza per vivere con la squadra
quella che non costituisce soltanto una
fase iniziale della stagione ma un
29
momento determinante per cominciare
con il piede giusto in campionato e nelle
varie competizioni in cui il Napoli sarà
impegnato. Quindi, Dimaro o Napoli?
Una domanda a cui è difficile rispondere,
per la grande affluenza che si registra
ogni anno. Saranno i boschi, il kayak, l'aria
f resca , i caneder l i , lo s t r ude l o
semplicemente la passione di un popolo
che in questo periodo dell'anno ha lo
spirito e la forza di riunirsi anche lontano
dal Vesuvio e dal mare per offrire il
proprio sostegno alla squadra.
Il piccolo Cenzì
a Dimaro con Ancelo�i
30
COPERTINA
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L'APPROFONDIMENTO
Dimaro 2019di Francesco Marchionibus
Il ritiro, la preparazione, l'importanza economica
nche quest 'anno i l ANapoli ha dato l'avvio
alla propria stagione a
Dimaro, la splendida località
della Val di Sole in cui la squadra
partenopea effettua il ritiro
p r e c a m p i o n a t o o r a m a i
dall'estate del 2011. Dimaro già
detiene, nella storia della società
azzurra, il record per aver
ospitato il maggior numero di
ritiri consecutivi (dopo aver
superato i sette anni del Ciocco,
il centro toscano che ha vissuto
La località alpina è oramai la seconda casa del Napoli. È la meta fissa per le vacanze di molti tifosi oltre ad essere una piccola cassaforte per la società e una grande cassa di risonanza per tutta la Val di Sole
n e g l i a n n i s e t t a n t a l a
preparazione precampionato
delle squadre di Chiappella,
Vinicio e Pesaola); ma la striscia
di presenze è destinata ad
allungarsi ulteriormente, visto
che la SSC Napoli all'inizio di
quest'anno ha concluso un nuovo
accordo con il sistema turistico
Trent ino (Assessor ato a l
Turismo, Trentino Marketing,
Apt Val di Sole e Comune di
Dimaro Folgar ida ) per i l
triennio 2019 – 2021.
Sempre più azzurra, dunque, la
Val di Sole, e sempre più forte il
legame tra Dimaro, la squadra
ed i tifosi. rafforzare questo A
legame contribuisce poi anche la
durata del ritiro: quasi nessuna
tra le squadre più importanti, sia
italiane che internazionali, si
trattiene nella stessa località per
un periodo lungo come quello
dei partenopei, che soggiornano
a Dimaro per ben tre settimane.
La maggiore durata del ritiro,
p r i m a d i p a r t i r e p e r l e
amichevoli di lusso in giro per il
mondo, ha per il Napoli diversi
effetti positivi. nnanzitutto ne I
bene f i c ia l a qua l i tà de l la
preparazione dei calciatori,
33Il Sindaco di Dimaro Andrea Lazzaroni
fondamentale per affrontare al
meglio la stagione agonistica.
Come dichiarato dal mister
Ancelotti in occasione della
presentazione del ritiro: “Una
preparazione ideale è di cinque
settimane e poterne svolgere tre a
Dimaro Folgarida per noi è
perfetto”. n secondo luogo, la I
per manenza p iù lunga dà
maggiori possibilità di avere un
contatto diretto con i propri
beniamini ai tifosi azzurri,
soprattutto a quelli provenienti
dalle regioni settentrionali e
dall'estero, che durante l'annata
calcistica hanno ovviamente
meno opportunità di seguire da
vicino la propria squadra del
cuore. a gli aspetti positivi del M
ritiro a Dimaro così come
concepito dal Napoli non sono
solo quello tecnico e quello del
coinvolgimento della tifoseria,
c'è anche un importante risvolto
di carattere economico, che
coinvolge sia la stessa società
azzurra che i territori che la
ospitano. a crescita che il brand L
Napoli ha registrato nelle ultime
stagioni ha consent i to a l
presidente De Laurentiis di
o t t e n e r e n e l l ' a m b i t o
dell'accordo con il sistema
turistico Trentino un compenso
di oltre due milioni di euro per il
periodo 2019 – 2021, con un
deciso incremento rispetto ai
circa 600mila euro ottenuti per il
2018 e soprattutto rispetto al
milione e 200mila euro introitati
per il triennio 2015 – 2017. A
fronte dei compensi corrisposti
al Napoli, è evidente che Dimaro
e tutto il territorio della Val di
De Laurentiis:
“In Trentino mi sento in un
ambiente piacevole, con una
cultura dell'ospitalità e del
lavoro simile alla mia visione
della vita. Dove si lavora per
risolvere i problemi”
Ancelotti:
“Siamo stati benissimo in
Trentino, abbiamo trovato
strutture ottime e sono molto
contento di poter tornare a
Dimaro”
Sole r i cevano impor tant i
benefici in termini di pubblicità e
comunicazione, e questo proprio
grazie alla importanza e alla
diffusione che il marchio Napoli
ha raggiunto a l ivello sia
nazionale che internazionale.
Tutto ciò ovviamente consente
a l l e a t t i v i t à r i c e t t i v e e
commerciali della zona di
ottenere importanti ritorni
economici, che se hanno il loro
picco nel periodo del ritiro
(l'anno scorso si sono registrate
a luglio oltre 40.000 presenze) si
estendono però, grazie alla
bellezza della Val di Sole e
all'ospitalità della propria gente,
anche agli altri periodi dell'anno.
In sostanza anche il ritiro è un
b u s i n e s s , m a q u e s t ' a n n o
l'accordo tra SSC Napoli e
sistema turistico Trentino ha
particolare valore sotto l'aspetto
“sociale”: i tifosi napoletani, con
l a l o r o e n t u s i a s t i c a
partecipazione al ritiro, possono
aiutare Dimaro a riprendersi
definitivamente dopo i tragici
eventi atmosferici dello scorso
ottobre.
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35
LORENZO MARONELA VITA, LA FAMIGLIA
E LE SCELTEdi Lorenzo Gaudiano
Da una scrivania d'avvocato a quella di scrittore. I suoi personaggi ragionano sul cambiamento senza perdere di vista l'ironia. Con il nuovo lavoro “Tutto sarà perfetto” rinuncia a Napoli ed approda a Procida
ome può un avvocato lasciare la propria Cprofessione per diventare scrittore? Semplicemente percorrendo la strada
intrapresa da Lorenzo Marone, che senza guardarsi indietro ha chiuso in un armadio la toga e riposto il codice in un cassetto per dedicarsi alla scrittura, la sua passione giovanile. Da una scrivania ad un'altra quindi, dal tribunale alla libreria con la determinazione, la volontà e la consapevolezza di dover ripartire da zero ma soprattutto con la certezza di aver imboccato la giusta direzione verso la propria felicità e soddisfazione. Editorialista de “la Repubblica” con
la rubrica “Granelli”, l'autore napoletano oggi è impegnato in numerose presentazioni del nuovo romanzo “Tutto sarà perfetto”, che insieme ai precedenti lavori sta contribuendo alla sua crescita letteraria e al suo successo. Dal primo romanzo ad oggi, quanto è cambiato Lorenzo Marone dal punto di vista narrativo e letterario?
«Sono cambiato come cambiamo tutti con il passare del tempo. Da questo punto di vista l'editoria è strana, perché oggi presento tutti i giorni un romanzo a cui in realtà ho lavorato circa tre anni fa. Per me rappresenta il passato,
AUTORI
AUTORI
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rispecchia una personalità completamente diversa. Nella scrittura a livello stilistico sono cambiato, credo di essere migliorato nel senso che ogni specie di lavoro spinge a perfezionarsi continuamente. Non penso di aver perso la mia voce, la mia tendenza a parlare di vita, di temi come la famiglia, l e sce l te , i r impiant i con uno sguardo prevalentemente ironico. Un filo che accomuna tutti i miei personaggi è rappresentato dalla loro capacità di guardarsi dentro e cambiare la propria vita». La scrittura è sempre stata la sua passione. Era destino che la riabbracciasse. «È sempre stata per me uno strumento terapeutico, un modo per dare un senso alle cose che succedevano attorno a me. Negli anni di studio e lavoro come avvocato non ho p i ù s c r i t t o . N e s e n t i vo l'esigenza ed è per questo che a trentatré anni ho lasciato la professione per tornare a scrivere. Nessuno può decidere di diventare scrittore, si scrive per necessità di esternare il proprio mondo e rifugiarsi in altre storie. Nel corso degli anni poi, nonostante abbia incontrato tante ritrosie e sia sbattuto contro tanti muri, non mi sono mai arreso. Ci sono voluti anni perché arrivassi al grande pubblico». Quindi un percorso lungo e difficile. «Con Edizioni La Gru pubblicai il mio primo romanzo che fu letto da 200 persone. Mi sentivo frustrato perché non riuscivo a farmi leggere. Erano anni in cui non mi sono comunque fermato, anche se mi sentivo inascoltato. Conoscendo questo contesto, adesso capisco quanto sia difficile farsi notare. Quello dell'editoria è un mondo dove però la bravura prima o poi viene fuori».Importante è stato il sostegno della sua famiglia.
La copertina di ‘‘Tutto sarà perfetto’’
mia moglie Flavia avrebbe potuto ricordarmi l'importanza del lavoro che stavo lasciando e la responsabilità di una famiglia. Invece non mi ha mai tarpato le ali, anzi mi ha spronato a cercare la mia strada. Tutto quello che sono oggi lo devo a lei». In merito alla sua passione, ha qualche aneddoto da condividere? «Risale ad una decina di anni fa, quando ritornai a scrivere dopo un periodo di inattività. Ancora vedo dinanzi a me l'immagine di mia moglie che,
distesa a letto, leggeva un racconto di due pagine a cui mi ero dedicato. Pendevo dalle sue labbra, era la prima volta nella mia vita che sottoponevo qualcosa di scritto ad una persona. Tutt'oggi lei è la mia prima lettrice». Parlando di lettura, c'è probabi lmente qualche a u t o r e c h e è s t a t o i m p o rt a n t e p e r l a s u a formazione? «In realtà non ho dei punti di riferimento veri e propri. Mi piace molto leggere e tutto quello che ho letto mi ha s e m p r e a s s o r b i t o . A m o particolarmente la letteratura americana perché descrive la società senza la prosopopea di quella europea, che guarda meno alla sostanza. Penso a Philip Roth, Jonathan Foer e
Charles Bukowski, un uomo che secondo me aveva capito tutto della vita. Per la narrativa contemporanea invece amo i libri della Morante». Come ne “L'isola di Arturo” anche “Tutto sarà perfetto” è ambientato a Procida. Gli altri suoi romanzi invece sono ambientati a Napoli. «Dal punto di vista letterario Napoli offre innumerevoli spunti. Come diceva Eduardo De Filippo, è un teatro aperto, pieno di contraddizioni sulle quali si fonda anche la letteratura e fatto di personaggi più che di persone. È un calderone da cui attingere, una fonte di ispirazione narrativa. «Ai tempi in cui non volevo più fare l'avvocato
AUTORI
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L'ho raccontata tanto e cambiare ha rappresentato per me una sfida divertente e stimolante per misurarmi con la descrizione dell'ambientazione. La città partenopea per me rimane fondamentale, mi ha regalato tanto». Oltre ai suoi libri, anche la rubrica su “la Repubblica” di Napoli “Granelli”. «Nei miei lavori cerco di parlare di vita attraverso piccole storie, piccoli mondi, cerco di puntare lo sguardo sul minuscolo. Volevo fare questo anche con una rubrica giornalistica, i granelli di sabbia sono una cosa minuscola che messa insieme fa spiaggia. Da qui l'idea di chiamarla così, perché sono le piccole cose attraverso cui si manifesta la poesia della vita». Sono giunte quasi al termine le Universiadi, che hanno offerto un contributo importante al rilancio della città. «Una manifestazione bellissima, che ha portato Napoli al centro dell'attenzione mediatica. Quando si riunisce, la nostra città riesce sempre a dare qualcosa in più a livello di accoglienza». Avendone la possibilità, c'è qualche aspetto di Napoli che vorrebbe diverso? «Dal punto di vista privato abbiamo la grande dote di essere empatici nel far sentire gli altri a proprio agio e farcene carico, ma della città ce ne freghiamo e non la sentiamo nostra. Ce ne freghiamo quando la attaccano, la sporcano, non reagiamo mai per difenderla se non a parole. Dal punto di vista pubblico, sarebbero necessari maggiori investimenti nella scuola, nei quartieri difficili con apertura di biblioteche e centri di accoglienza». Passiamo al calcio. Grandissimo tifoso del Napoli, quest'anno si punta a giocatori di blasone per il salto di qualità. «Con Rafa Benitez sei anni fa è successa la stessa cosa. È chiaro che su questa sessione di mercato ci sia la mano di Carlo Ancelotti, che ha sicuramente le idee chiare sugli interventi necessari per migliorare l’organico. Mi piacerebbe che fosse sempre così, cioè che si riuscissero a prendere gli “scarti” delle squadre migliori d'Europa per continuare a crescere anno dopo anno e rimanere sempre competitivi».
Daria, Edizioni La Gru, 2012.
Novanta, Pironti Editore, 2013.
La tentazione di essere felici,
Longanesi Editore, 2015
La tristezza ha il sonno leggero,
Longanesi Editore, 2016
Magari domani resto, Feltrinelli
Editore, 2017
Un ragazzo normale, Feltrinelli
Editore, 2018
Cara Napoli, Feltrinelli Editore,
2018
Tutto sarà perfetto, Feltrinelli
Editore, 2019
I libri di Lorenzo Marone
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La presentazione alla Feltrinelli con Iaia Forte
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METTI UNA SERA A CENA
“Taverna d' 'o Cerriglio, addó so' stato
cchiù de na vota a bevere e a mangià,giacché, 'int' 'o suonno ca mme so' sunnato
mm' e' fatto cchiù 'e na femmena assaggià; taverna antica, chiara e affummecata,
ianca e nera, addurosa e puzzulenta,
taverna allera, taverna accurzata,
nfruciuta 'e gente amabbele e cuntenta;
a te, ca mmiez' a pròvole e presótte
e a nzerte d'aglie, sott' 'e ttrave appese,
a na tavula toia, nnanz' a ddoie vótte,
mo vediste Basile e mo Curtese;
a te, c'a Diana, a Crezia, a Carmusina
mpruvvisà mme faciste sti ccanzone
accumpagnate cu na rebecchina,
cu na chitarra e cu nu calascione;a te sti smanie 'e nu perfetto amante,
st' amaro chianto, sti suspire ardente,
sti resate e sti llacreme cucente...
A te, sti voce d' 'o seicento e tante...” Salvatore Di Giacomo
“La Locanda del Cerriglio”di Marco Boscia
42
METTI UNA SERA A CENA
Angela Di Pascale, insieme con il marito Giuseppe Follari, ha ridato vita alla locanda che sarebbe stata la preferita da Caravaggio nel suo p e r i o d o n a p o l e t a n o . S t o r i a , tradizione, buongusto e bon ton e poi … Mertens È la signora Angela a recitare nel suo locale, del
quale ama definirsi non una semplice Chef ma la
padrona di casa, i versi di questa poesia del 1919
dell’ineguagliabile Salvatore Di Giacomo.Lo fa con gli occhi lucidi ed intrisi d'emozione
spiegandone il motivo. «Mio marito mi ha fatto innamorare del
progetto della Locanda quando abbiamo scoperto
la poesia – – perché Voce d'ammore antiche
leggendola con la voce del cuore, ho capito che per
la Locanda poteva esserci una seconda vita». Angela Di Pascale ha difatti accompagnato il
marito Giuseppe in questa sfida; da donna
lungimirante ha sposato il progetto mettendoci
l'anima e facendo rivivere nella Locanda,
attraverso un connubio fra cultura, arte e cucina, le
emozioni di un tempo. In passato alla Locanda,
ubicata alle spalle di Piazza Bovio nel vicoletto più
stretto di Napoli, potevano trovarsi sempre del
buon vino, del buon cibo e belle donne; il locale
ospitava tutti i tipi di classi sociali: ricchi nobili,
grandi artisti e popolino. Si narra inoltre che
proprio all'uscita del locale, nell'ottobre del 1609,
fu teso un agguato al pittore Michelangelo Merisi
(Caravaggio) che venne aggredito forse per
vendetta o forse da altri uomini in stato d'ebbrezza.
Ma Angela ed il marito soltanto una volta acquisita
la Locanda, con l'iniziale intento di destinarla ad
un deposito per l'attività edile di Giuseppe, ne
hanno man mano scoperto la storia. Stando a
quanto appreso da diversi volumi difatti, pare che
l'esatta ubicazione di una storica taverna fosse
proprio in zona porto, lambita dal mare e sotto il
chiostro di Santa Maria La Nova. Inoltre Salvatore
Di Giacomo, in un libro dedicato alle taverne
napoletane, parla di “una fontana – presente nella
cantina del locale – dalla quale l'acqua esce da una
bocca grande quanto un carlino”, la moneta del
tempo. Se due indizi non fanno una prova, tre sì: i
due coniugi, unitamente alla voce della gente del
posto che rievocava diversi eventi della taverna del
passato, hanno così capito che si trattava proprio di
quella Locanda ed hanno deciso di risanarla,
restituendo alla città un pezzo di storia.
Angela sottolinea di come sia stato il progetto
ad impossessarsi di loro. «Soltanto negli ultimi anni dei lavori abbiamo
deciso di ricreare l'atmosfera di un tempo ed
abbiamo così riaperto la Locanda nel 2014. Pur
43
non provenendo da una famiglia di ristoratori,
abbiamo accettato questa sfida: mio marito come
restauratore ed io entrando in gioco grazie alla mia
smisurata passione per la cucina, di cui ho preso la
regia».Come si è evoluta nel tempo la Locanda? «Era dislocata su tre livelli: la cantina, la sala
ristoro ed al piano superiore le camere da letto,
dove le serate continuavano in piacevole
compagnia. Oggi abbiamo dedicato due sale alla
ristorazione mentre non abbiamo destinato il
piano superiore ad un B & B ma, dopo averlo
Paccheri con zucca e cozze
Pasta e patate
utilizzato i primi anni per l'esposizione di mostre di
quadri e fotografie, ne abbiamo fatto luogo per
eventi privati». Oggi cosa offre la Locanda ai suoi clienti? «La mia cucina, ispirata anche all'opera di
Ippolito Cavalcanti duca Di Buonvicino, propone i
piatti classici della tradizione napoletana: la regina
della casa è la genovese, preparata con le cipolle
dolci di Montoro. Tra le altre specialità proposte: il
“puparuolo mbuttunato” spellato alla griglia e
farcito con melanzane e provola, la polpetta di
polpo, il ragù della domenica, una pasta e patate
44
METTI UNA SERA A CENA
con provola affumicata ed il più classico degli
scarparielli. Tra i piatti di mare: i paccheri con
baccalà, il risotto alla pescatora, la calamarata del
Cerriglio ed oltre ai classici spaghetti con vongole,
anche gli spaghetti con la colatura di alici di
Cetara, nei quali mi piace aggiungere una panuria
di olive nere tostate al forno».Buon cibo accompagnato da buon vino. «Certamente. Proponendo piatti tipici
napoletani, la scelta, cui si sono dedicati mio marito
e nostro figlio Pasquale, è stata quella di inserire
nel menù soltanto vini della nostra terra».C'è un ricordo emozionante di questi primi
anni di ristorazione? «Emozioni ne provo sempre quando racconto
la storia del locale, ma un ricordo piacevole è quello
di quando è venuto a trovarci Mertens. Era
arrivata in Italia la madre per un corso di
aggiornamento ed all'improvviso, assieme ad un
gruppo di medici luminari che avevano prenotato
un tavolo per 20 persone, vedo apparire anche
Dries. Lo abbiamo fatto sentire a casa e soltanto a
fine serata gli abbiamo chiesto una fotografia. Lui
ha sbirciato in cucina ed ha mangiato tutto: si è
fatto preparare vari sfizi ed ha voluto assaggiare la
nostra pasta e patate. Mertens è un personaggio
allegro, semplice e genuino: averlo avuto come
ospite è stata una gradevole sorpresa e raccontare
al suo tavolo, come faccio con tutti i commensali, la
s t o r i a d e l l o c a l e è s t at a u n ' e m o z i o n e
indescrivibile».
Angela con Dries Mertens
I pensieri di Angela “Un piatto stellato possono farlo tutti, ma un piatto ben raccontato, ben spiegato, fa venire l'acquolina in bocca
“Il complimento più bello che mi è stato fatto, da tante persone che non si sono mai conosciute, in momenti diversi è stato: signora lei rappresenta l'anima della Locanda
“La storia della Locanda è quella che sostiene il nostro progetto, poi arriva la cucina, poi arriva l'accoglienza
“La Locanda mi ha fatto capire ancor di più quanto il mondo sia piccolo. Un gruppo di giapponesi è venuto a mangiare da noi mostrandoci la foto che altri amici venuti da quel paese avevano scattato nel locale
La pasta alla genovese
La Di Pascale con il marito Giuseppe
46
IL LIBRO
Sergio Siano, attraverso le sue fotografie, racconta il cuore di Napoli “con gli occhi di Caravaggio”
“La pittura è madre e padre della fotogra�a”di Bruno Marchionibus
«Dalla fase napoletana in poi, in Caravaggio, diventa
tutto più chiaroscuro, più netto; qui, infatti, c'è un gioco
di luci unico al mondo. Io stesso, cresciuto nei
Quartieri e quindi abituato a questa luce particolare, ho iniziato a
fotografare in modo “caravaggesco” prima ancora di conoscere le
opere del Maestro».Così Sergio Siano, fotoreporter ed autore di numerosi volumi
tra cui “Con gli occhi di Caravaggio”, introduce lo stretto
legame di Michelangelo Merisi con il capoluogo campano,
tappa fondamentale nel percorso dell'artista, nonché con la
sua fotografia. «Il Caravaggismo è nato a Napoli dove, per una serie di
circostanze, l'artista raggiunge l'apice della sua produzione
rivoluzionaria. Personalmente, è stato proprio grazie al Merisi
che mi sono avvicinato alla pittura capendone a pieno
l'importanza; dico sempre che la pittura è padre e madre della
fotografia».Com'è nata l'idea di questo volume
e quanto studio c'è stato dietro? «Il libro è un progetto che avevo in
mente da tempo, in quanto unisce la
mia passione per Caravaggio, che
considero il primo fotoreporter della
s tor ia per la sua capac i tà d i
rappresentare la realtà, al mio amore
per la città, che da più di trent'anni
fotografo in tutte le sue forme. “Con
gli occhi di Caravaggio” perché ho
c e r c a t o d i i m m e d e s i m a r m i
n e l l ' a r t i s t a , p r o v a n d o a
rappresentare quello che lui vedeva
nella Napoli di inizio Seicento,
47
studiando a fondo quel periodo dal
punto di vista tanto storico (si trattò
di un Viceregno pessimo) che
architettonico. Fatto questo, ho
inviato a Francesco De Core le mie
foto e le informazioni che avevo
raccolto, chiedendogli di aggiungere
un testo per la seconda parte del
volume; ricevuto il suo lavoro, poi, ho
realizzato qualche altra fotografia
mettendo insieme il tutto, ottenendo
una fusione perfetta tra scritto ed
immagini».Quanto della Napoli del Seicento
c'è ancora nella Napoli attuale? «Tanto. Ad esempio, in epoca
romana e fino al Basso Medioevo una
delle zone più importanti della città
e r a Force l l a , a i cu i ab i t an t i
Caravaggio si ispirò per i personaggi
delle Sette Opere e che io ho
fotografato per il libro; a partire dal
Viceregno, con Don Pedro de Toledo
che spostò tutti gli interessi verso
Palazzo Reale, quel quartiere ha
iniziato invece a vivere una situazione
di abbandono che dura fino ai giorni
nostri e che, purtroppo, per alcuni
versi è anche peggiorata».Uno dei problemi della città, può
essere la scarsa conoscenza che i
napoletani stessi hanno della
storia e delle bellezze artistiche
del capoluogo partenopeo?
La copertina del libro su Caravaggio
Via Donnalbina dove probabilmente nel 1610 fu ferito Caravaggio
«Assolutamente. Attraverso il mio lavoro cerco, in primis, di
sensibilizzare i miei concittadini sotto questo aspetto. Per avere
un legame forte con la città e rispettarla a pieno i napoletani
dovrebbero essere al corrente della sua storia; Napoli è come una
persona, se non la conosci a fondo non puoi legarti a lei. Io
istituirei nelle scuole elementari e medie l'ora di Storia di Napoli;
la nostra città ha un passato infinito ed ogni dominazione che ha
vissuto ha lasciato tracce di sé ancora fortemente presenti. Le
altre capitali hanno una sola identità, Napoli ne ha mille». Parlando di fotografia in generale, quanto lo scritto può
aggiungere ad una foto e quanto una foto è capace di
arricchire un testo? «Quando si vuole comunicare qualcosa ed arrivare a più
persone possibile, lo si deve fare con tutte le voci della
comunicazione. Una bella foto arricchisce un testo così come una
giusta didascalia può dare ulteriore potenza ad un'immagine.
L'arte nasce per comunicare e se non riesce a farlo allora non può
essere considerata tale. In alcuni corsi mostravo agli allievi una
mia foto di un bambino in lacrime, chiedendo loro cosa pensavano
rappresentasse. Le risposte erano sempre molto lontane dalla
realtà; si trattava, infatti, di un bimbo bosniaco orfano di guerra
che, dopo due mesi a Napoli, doveva tornare nei Balcani. È chiaro
che, sapendo ciò, la fotografia assume tutt'altro significato».Che emozione è, da appassionato di Caravaggio, visitare La
Locanda del Cerriglio? «Grandissima. L'operazione che Angela e Peppe (i proprietari,
ndr) hanno fatto è straordinaria, recuperando un luogo chiuso da
150 anni che costituisce una memoria importante di questa città.
Il Cerriglio viene citato da Boccaccio, Basile, Salvatore di
Giacomo ed io l'ho omaggiato con una foto e nelle didascalie del
mio libro».
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RITRATTI
Shalana SantanaLa padrona di casa delle … stelledi Giovanni Gaudiano
Viene dal Brasile, ama Napoli, che definisce la città più bella del mondo, la sua storia e la grande archeologia. È convinta che spesso la meritocrazia non paghi ma non ha perso l'abitudine di sorridere
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RITRATTI
garbata, è acuta, ha la capacità di mettere a p r o p r i o a g i o l'intervistato grazie ad
un sorriso spontaneo. Poi è anche bella ma questo alla fine diventa un particolare irri levante. Shalana Santana nasce come modella nel suo paese natale, il Brasile, poi diventa attrice ed oggi alterna quest'attività a quella televisiva dove grazie alle sue qualità la sua trasmissione, “Guardando le stelle”, ha subito avuto successo.Da Brasilia a Napoli, da una nazione vasta con grandi spazi ai vicoli stretti della vecchia Napoli. So che ti trovi bene, ma quale sensazione provi a vivere in una città antica come la nostra?
«Sono di Brasilia, che è ben d iversa dal l ' immaginar io generale del Brasile. È piccola (per i parametri brasiliani), non ci sono tante attrazioni e nemmeno tanto da fare per chi vive lì. Forse per questo da bambina ho sempre voluto vivere altrove, dove ci fosse storia, una cultura ricca e l'archeologia (una delle mie più grandi passioni). E così dopo qualche anno a Milano, la vita mi ha portato a Napoli, per me la città più bella e completa del mondo. Mi trovo per la prima vo l t a ‘ ‘ a c a s a ’ ’ , m i s e n t o finalmente parte di qualcosa. Napoli ha questa caratteristica, ti entra letteralmente dentro le ossa».In una recente intervista hai evidenziato come nel nostro p a e s e c o n t i p o c o l a meritocrazia. Che idea ti sei fatta su questo aspetto della società italiana? «Purtroppo è una triste realtà. Non solo nel mio lavoro ma con tutti quelli con cui parlo è sempre la stessa cosa ... la meritocrazia non c'è. Sulle scelte finiscono per prevalere quasi sempre ragioni non oggettive».
Hai fatto la modella ma poi ti creava problemi perché dovevi restare sempre eccessivamente magra. Cosa diresti ad una ragazza giovane e bella come te che inizia a fare quel lavoro? «All'inizio sì, ho sofferto per la questione del peso. Facevo esclusivamente sfilate e per quella parte della moda a quei tempi erano richieste misure ben precise. Poi sono passata alla parte più commerciale e quindi è andata molto meglio. Oggi è cambiato molto. Ci sono le modelle più in carne, le plus size. Finalmente c'è spazio per tutte le bellezze! Ad una ragazza che inizia ora direi solo di accettarsi, senza cadere nelle trappole di chi
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dice che devono cambiare il loro aspetto fisico».Ti è rimasta ovviamente la passione per la moda. Quale immagine credi sia quella più a d a t t a p e r u n a d o n n a contemporanea?
«Ho iniziato a lavorare grazie alla moda ma in verità non ho mai avuto una grande passione per quell'ambiente o per le tendenze. Amo vestirmi in modo comodo».Tornando alla linea, cosa ne pensi della cucina napoletana? E quale piatto preferisci?
«Per fortuna non ho mai avuto tanti problemi con la linea, ovviamente dopo la parentesi sfilate, amo mangiare e non mi faccio tanti problemi. E poi la
cucina italiana e in particolare quella napoletana è la più completa e meravigliosa al mondo. Sarebbe difficile per me stare attenta. Oggi che non faccio più la modella poi, accetto benissimo le mie imperfezioni». A proposito ma tu sai cucinare, ti piace stare davanti ai fornelli? «So cucinare benissimo, mi piace molto preparare piatti “fusion”, pesce, pollo e tante verdure. Invece la pasta è compito di Massimiliano, che è un cuoco con i fiocchi!».Parliamo di “Guardando le stelle”, di chi è stata l'idea?
«È stata di Massimiliano! È lui che ha ideato il format, che è
andato a parlare con Canale 8 e ha trovato gli sponsor. Lui è una forza della natura, ha l'energia di un ragazzino. Io ho un po' titubato prima di accettare perché non mi sentivo in grado, non avendo mai fatto nulla di simile ma lui mi ha garantito che sarebbe bastato essere me stessa. E quindi mi sono buttata».Ricordo di aver visto qualche puntata con personaggi come Maurizio De Giovanni, Isa Danieli, Sal Da Vinci, Enzo Gragnaniello, Tosca d'Aquino. Senza far torto a nessuno c'è stato qualcuno che ti ha lasciato dei ricordi particolari considerando che si trattava della tua prima esperienza? «Hanno tutti lasciato un bel messaggio con i loro racconti. Poi sono così diversi che non saprei dire. Sono molto grata comunque ad ognuno di loro per la disponibilità mostrata».La trasmissione mette in risalto la tua grande capacità relazionale, la tua spigliatezza. Pensi di poter dedicare sempre una parte del tuo impegno p r o f e s s i o n a l e a l l a realizzazione di un programma come questo o simile? «Ti ringrazio. Sono solo me stessa. Penso che il programma piaccia proprio per questo, c'è naturalezza. Sarei molto felice di p o t e r c o n t i n u a r e c o n “Guardando Le Stelle” e fare magari altre esperienze del genere».Sempre in un'intervista hai detto che non stai a pensare troppo ai progetti, al futuro ma ti piace vivere il presente,
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RITRATTI
s a i c h e è u n a f i l o s o f i a tipicamente napoletana? «Ci ho messo tanto ad arrivare a questo punto. Prima vivevo di ansie, non dormivo la notte pensando al domani. Dopo un lungo percorso ho capito che non ne vale la pena. Cerco di vivere bene l'oggi, poi domani si vedrà».Quanto è complesso per una donna di spettacolo fare la mamma? «Sono fortunata perché ho molti aiuti da parte della famiglia di mio figlio e di Massimiliano. Poi Leon è già un ragazzino, 7 anni, e quindi riesco a fare tutto. Noi donne siamo incredibili, riusciamo a fare tanto, casa, lavoro, figli ... ho sempre più ammirazione per noi donne». Da brasiliana è inevitabile p a r l a re d i c a l c i o e p o i Massimiliano è tifosissimo. Cosa pensi del Napoli e dell'amore che la città nutre
per la sua squadra? «Non capisco nulla di calcio e non mi piace il fanatismo che esso genera. Però se è una cosa che porta felicità alle persone, va bene. Nel calcio vedo anche una enorme mancanza del vero senso dello sport e del rispetto per l'avversario».Più Sarri o più Ancelotti? «Mi piaceva molto l'idea del sarrismo, per quello che lui significava per tutti: il nuovo Che Guevara. Andando alla Juve, ha deluso tutti e adesso non mi piace p iù tanto. A propos i to d i Ancelotti non saprei che dire, visto che non seguo il calcio proprio da vicino». A proposito vorrei concludere con una nota sentimentale. Cosa accade quando un napoletano incontra una brasiliana? Quali sono gli ingredienti di una ricetta vincente?
«Il napoletano è maestro nel corteggiare, è un gentleman e quindi parte già con una marcia i n p i ù . I l m i o c o m p ag n o Massimiliano è così, non ha mai dato per scontato le piccole cose del quotidiano e questo è molto importante».
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Cuma
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UNA GIORNATA A …
Antica e lontana c o l o n i a , d a l l a m a d r e p a t r i a f u capace di diffondere l a c u l t u r a e l a f a n t a s i a g r e c a d iventata po i l a caratteristica più importante dei figli di “Partenope”
L' “onda” lunga della grecità
di Lorenzo Gaudiano
Una realtà cosmopolita come la Campania è difficile da
trovare. Le sue bellezze infinite, la sua storia, le
influenze culturali che ha prima subito poi abbracciato
si respirano di continuo camminando per la città, visitando
luoghi che da centri nevralgici in alcuni casi si sono trasformati
in una vivida testimonianza permanente per i posteri. È il caso di
Cuma, forse la colonia greca più antica vicino Napoli, risalente
all'VIII a.C., che a quel tempo era un prestigioso scalo
commerciale ed un importante centro agricolo. Tra gli scavi di
uno degli insediamenti più antichi dei coloni calcidesi, guidati
secondo la leggenda da Ippocle cumano e Megastene calcidese,
ad un certo punto si presenta con la sua maestosità e il suo alone
di mistero l'antro della Sibilla. Qualche passo al suo interno ed il
passato di questo lungo cunicolo scavato nel tufo e illuminato dai
suoi anfratti laterali a mano a mano comincia a venire fuori, si
impossessa della mente del visitatore, proiettandolo in una
dimensione temporale lontana ma indimenticata. Mitologia a
parte, raccontata a dovere dagli autori latini e greci, quest'antro
in epoca romana veniva considerato un luogo di riposo dagli
affanni della vita pubblica. In realtà la sua collocazione a difesa
… Dopo queste città c'è Cuma, colonia antichissima dei Calcidesi e dei Cumani, la più antica fra quelle di Sicilia e d'Italia. Ippocle cumano e Megastene Calcidese, i quali g u i d a v a n o l a s p e d i z i o n e , convennero tra loro che agli uni sarebbe s ta ta a t t r i bu i ta l a colonizzazione, degli altri la colonia avrebbe assunto il nome; ecco perché la città si chiama Cuma, mentre si parla di fondazione calcidese
Dalla Geographia di Strabone
“
“
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dell'acropoli ha fatto pensare che si trattasse di un'opera ad uso
difensivo costruita in occasione dell'ampliamento e del
rafforzamento della cinta muraria cittadina. Dopo la
dominazione bizantina venne abbandonata intorno al XIII d.C. e
riscoperta soltanto nel 1932 dall'archeologo Amedeo Maiuri, che
ha riportato alla luce un luogo di incanto, di magia e di storia.
Anche se sono turbato per la partenza di un vecchio amico, tuttavia lo approvo per il fatto che ha deciso di stabilirsi nella solitaria Cuma, e di donare almeno un cittadino alla Sibilla. Cuma, porta di Baia, è un approdo piacevole, luogo di rifugio delizioso
Dalle Satire di Giovenale
“Una ricostruzione dell'antica Cuma
“
La via sacra di Cuma
LA STRISCIA DI CENZÌ
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Cenzì a caccia dell'amore nell'antro della Sibilla
Tonda Gentile S.r.l.Via Passanti, 403 - 80047 San Giuseppe Vesuviano (NA)
Tel./Fax +39 081 8272250 - [email protected]
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TRADIZIONI E LEGGENDE di Paola Parisi
Lettera semiseria alla terri�cante e “s�gata” Sibilla di Cuma
Cara Sibilla,avendo tu chiesto ad Apollo il dono di lasciarti vivere tanti anni quanti i granelli che avevi raccolto nella tua mano, sicuramente sarai ancora in vita e avrai modo e maniera di leggere questa improbabile lettera, che per certi versi i n t e r p r e t a u n a c c o r a t o p e n s i e r o c o l l e t t i vo . Da secoli incarni il simbolo del “mai 'na gioia”, del terrore e della morte. Tutto questo perché nella foga di chiedere il suddetto dono … te si scurdata di chiedere anche l'immutabile giovinezza e dunque che colpa abbiamo noi di siffatta e grave dimenticanza? Errore che nessuna donna al mondo avrebbe giammai commesso? Ma tu ci hai fatto carico di questa e, accorta del tempo che trascorreva impietoso e di secoli accumulati sul groppone, sei andata a nasconderti nell'Antro ed in quell'angusto luogo la tua vetustà non si è trasformata in saggezza, come giusto che fosse, ma in cattiveria studiata nei minimi dettagli, magari
bestemmiando a destra e manca come un beone imbufalito e vaticinando sciagure tra l'altro complicate da interpretare … 'Na seccia cu tutt 'e sacramient per farla breve. Da qui doppia sciagura che ai giorni nostri colui che articola un discorso incomprensibile o complicato viene apostrofato con l'appellativo di sibillino perché dire “nun se capisce nient” sembra brutto. Il tutto poteva trovare un felice epilogo avendo a disposizione un profilo Instagram con tanto di filtri alle foto o aver avuto Google per risolvere i tuoi sinistri verdetti. E poi come avremmo potuto conoscere la tua storia, una veggente tanto smemorata quanto sfigata e, diciamolo, pure anche poco
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La leggenda tramandata della Sibilla Cumana narra una storia molto particolare legata ad una
frase di variabile interpretazione. Un soldato romano, prima di partire per la guerra, si recò
nell'antro della sacerdotessa sacra ad Apollo, per consultare il suo celebre oracolo sull'esito
della propria missione. Alla domanda, il giovane ricevette tale responso: “Ibis redibis non
morieris in bello” – Andrai tornerai non morirai in guerra. Il giovane soldato, confortato da tale
responso, andò in battaglia ma morì. La frase, in realtà, come tutti i responsi sibillini, è
ambigua e si presta a diverse interpretazioni a seconda di come viene posizionata la
punteggiatura. Infatti, posizionando la virgola dopo la negazione, Ibis, redibis non, morieris in
bello – Andrai, non ritornerai, e morirai in guerra – il responso lascia presagire l'esito negativo
della missione. La leggenda ha creato un modo di dire che ancora oggi ha il suo significato
perché, se si apostrofa un discorso come sibillino, significa che ha un valore ambiguo,
enigmatico, di dubbia interpretazione e si potrebbe azzardare anche volto all'imbroglio. Nel
mondo dove la comunicazione la fa da padrone, l'aneddoto spiega quanto sia importante
comunicare bene, senza doppi sensi o trucchi interpretativi.
furba, avendo a disposizione un dio per giunta anche innamorato di te da come si legge. Alla fin fine, non è che tu abbia sfruttato la situazione come si deve, magari chiedendogli l'iban o il pin della sua carta di credito e invece di rintanarti nell'Antro ad angosciare l'umanità, avresti potuto andartene in un centro benessere e magari diventare una fashion blogger di successo elargendo consigli di bellezza anziché autoflagellarti nella commiserazione ai limiti dell'inverosimile … invece hai combinato un vero e proprio casino come del resto noi esseri umani siamo soliti fare, quindi tutto ciò ti rende anche meritevole di un briciolo di compassione … ma giusto un briciolo, perché ancora la tua brutta fama è presente anche nella nostra vita quotidiana. Ti sei mai chiesta perché hanno pensato a te quando hanno costruito il mezzo di trasporto più impervio del mondo, ovvero la Cumana? Perché l'ultima fermata è a Cuma? Nemmeno per sogno … l'hanno chiamata così in onore alle tua personalità buia, tetra e sotterranea … A differenza tua, essa di tanto in tanto ci degna di un'apparizione e noi passeggeri sulla banchina attendiamo con rassegnazione il momento di essere trasportati a destinazione come le anime dannate pronte o quasi a raggiungere l'Ade. Eh, pure Virgilio la sapeva lunga, come la tratta Cuma – Montesanto.
La profezia della Sibilla Cumana al soldato
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SOCIETÀ
L'APPARENZA E L'IPEREFFICIENZA DELLA NOSTRA SOCIETÀ CHE NON CONTEMPLA TIMIDEZZA, VERGOGNA E PUDORE
di Ciro Chiaro
i siamo già più volte soffermati sulla
Ccomplessità della società in cui viviamo.
L'elevato sistema competitivo, la continua
richiesta di miglioramento delle prestazioni,
l'efficacia nell'assolvimento dei ruoli a cui siamo
chiamati sia in ambito familiare che sociale e
lavorativo comporta che la nostra vita diventi
sempre più stressante. Per tutelarc i c i
sottoponiamo ad un continuo processo di
“empowerment” , un raf forzamento teso
all'acquisizione di tecniche, competenze e stili di
vita per non essere inferiori agli altri e soprattutto
per non essere giudicati negativamente.
Alle volte però eccediamo nell'utilizzo di
meccanismi di difesa, per cui quelle che ci
sembravano scelte giuste, tendono a far diventare
la nostra vita ancora più complicata. Ma non siamo
tutti “guerrieri” esistono anche delle “fragilità” di
cui tenere conto, come per esempio le persone
timide. La timidezza infatti può creare un insieme
di barriere personali, sociali, professionali nonché
un disagio significativo per la persona. È una
car at ter i s t i ca abbastanza d i f fusa ne l l a
popolazione, in vari studi sull'argomento emerge
che almeno il 50% delle persone intervistate
dichiarano che in determinate circostanze si
sentono timide. In generale queste persone hanno
il timore del giudizio degli altri (la classica paura
di fare una figura di m…) e vivono in uno stato di
continua percezione di una sensazione di
inadeguatezza. A livello emotivo sono presenti la
paura e l'imbarazzo anche con attivazione
fisiologica, aumento del battito, della sudorazione,
respirazione, della tensione muscolare ect. ed il
rossore che in genere è il segnale d'inizio dei
fenomeni descritti. Mentre la timidezza è stabile,
l'imbarazzo è invece una condizione emotiva
vissuta unicamente in seguito ad un'azione
ritenuta socialmente inaccettabile compiuta
davanti ad altri. Il timido non va confuso con
l'introverso, anche se a volte possono assumere
uguali comportamenti. Anche nell'introversione
vi è la preferenza per situazioni meno sociali ma
questo non vuol dire che vi è paura del giudizio
degli altri. Non è dovuta a bassa autostima, anzi vi
può essere una grande considerazione di sé,
pensiamo a tutte le star o alle persone di potere che
di fatto sono timide. Il timido vuole entrare in
interazione con gli altri, ma si blocca. Preferisce
aspettare che qualcuno faccia la prima mossa. La
motivazione è presente ma non sufficiente per
stabilire relazioni.
Ha inoltre bisogno di
p i ù t e m p o p e r
stabilire rapporti,
vorrebbe velocizzare
ma non ci riesce.
H a n n o l i m i t a t i
contesti operativi
perché questo gli dà
s i c u r e z z a . P e r
s f u g g i r e a l l a
timidezza si mettono
in campo processi di
estroversione, a volte
a n c h e f o r z a t i e
ricorso a situazioni
che non sempre poi
risultano efficaci,
come per esempio il
ricorso all'alcol per
v i n c e r e l o s t at o
d'ansia dei momenti
imbarazzanti. Invece
è i m p o r t a n t e
accettare il fatto di
essere timidi. Per
sconfiggere il disagio bisogna lavorare con la
timidezza non contro la timidezza, modificare ciò
che si fa non quello che si è. Valorizzare la
tendenza all'introversione, la sensibilità e la
difficoltà a relazionarsi come attitudini a stabilire
rapporti caratterizzati dalla qualità piuttosto che
dalla quantità. uindi pensare alla timidezza come Q
un difetto o addirittura come uno stato patologico
è errato, anche se vi possono essere similarità con
l'ansia sociale o fobia sociale che appartengono alla
categoria dei disturbi d'ansia. Il disturbo ansioso è
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caratterizzato da una costante e sproporzionata
paura nelle relazioni sociali. La fobia sociale può
essere accompagnata da altri tipi di disturbi come
la depressione ed è alimentata dall'ansia
anticipatoria, generata da preoccupazioni,
pensieri, immagini, aspettative che si manifestano
in vista di una attività o di un evento a venire.
D e t e r m i n a t e
similarità vi sono
a n c h e p e r a l t r e
emozioni secondarie
come la vergona e il
p u d o r e . C i
vergogniamo per
qualcosa che si è
c o m m e s s o o p e r
quello che si è, per
quello che si ha o non
si ha, per il proprio
corpo, ect. Ha una
r icaduta emotiva
anche forte, ci si
s e n t e i n f e r i o r i ,
g i u d i c a t i
pesantemente e si
vo r r e b b e e s s e r e
diversi da quello che
siamo. Inoltre se
accompagnata da
bassa autostima, la
vergogna provoca un
crollo della persona e
diventa una minaccia
all'identità personale. Chi ha pudore invece è una
persona che non ama mostrarsi allo sguardo
altrui. È una forma di protezione psicologica per
difendere il proprio spazio personale verso il quale
non necessariamente si provano sentimenti di
inadeguatezza. Se riflettiamo, timidezza,
vergogna, pudore sono tutte modalità orientate
verso l'essere e sul sentire a livello emotivo mentre
i modelli proposti e dominanti a livello sociale
riguardano l'apparire e l'iperefficienza.
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LA FAMIGLIA
U n V i l l a g g i o p e r Crescere da Trieste in giù per riconoscersi come Comunità Educantedi Giorgia Mangiapia
al 10 gennaio Pianura ospita il progetto Dnazionale “Un Villaggio per Crescere”, proposto e coordinato dal Centro per la
salute del bambino ONLUS approvato nell'ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile (Art. 1 comma 392 della legge 28 dicembre 2015, n. 208), area 0-6 anni. Il progetto si propone di garantire un'offerta educativa di qualità rivolta a tutte le famiglie con bambini di età compresa tra 0 e 6 anni residenti in aree/comunità caratterizzate da alta prevalenza di povertà educativa e/o carenza o scarsa fruizione di servizi per l'infanzia. Sono nove i presidi allestiti in strutture messe a disposizione da Enti pubblici (Comuni, Istituti Scolastici) o privati in tutta Italia. A Napoli, il presidio che si trova presso la sede dell'I.C. Don Giustino Russolillo ha visto in questi mesi crescere l'affluenza e la partecipazione di bambini e famiglie. Si è giunti a quota 144 iscritti e il numero continua ad aumentare ogni giorno, così come la voglia di vivere il Villaggio e la bellezza f o r m a t i v a c h e e s s o o f f r e . Con Giorgio Tamburlini, Presidente del Centro per la Salute del Bambino, abbiamo fatto un punto della situazione dopo 6 mesi dall'avvio del progetto a Pianura.
Un “Villaggio per Crescere” ha ormai messo le radici in 9 presidi in Italia. Quali sono i risultati raggiunti finora?
«Sono trascorsi 15 mesi dall'avvio del Progetto e sono stati attivati tutti i Villaggi nelle 9 sedi previste, più un decimo nel quartiere di Torre Maura a Trieste, finanziato dalla Fondazione Generali. Con la costituzione e la partenza delle dieci sedi, anche se poi a Genova le sedi del Villaggio sono di fatto anche in numero maggiore di una per consentire di raggiungere più famiglie e bambini, abbiamo più di mille bambini e genitori che hanno frequentato e frequentano i Villaggi, nelle diverse sedi, con una quarantina di educatori coinvolti presenti con un minimo di tre per ogni sede. Educatori che hanno partecipato ad incontri di formazione per le attività, dal gioco alla pittura, all'attività corporea, alla musica e all'orto, da svolgere con i genitori. Si sta iniziando a svolgere anche l'attività specifica di raggiungimento delle famiglie ad alto rischio con iniziative mirate».
Quali sono gli obiettivi che il Progetto si prefigge?
Il gioco emotivo
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«Mettere in condizione le famiglie ed i bambini di trascorrere del tempo di qualità insieme, e quindi di imparare a come convivere. Con i libri e la lettura, la musica e i giochi da poter rifare a casa gli adulti scoprono che i bambini sono pronti ad apprendere più di quanto ci si a spe t t i . Un secondo ob i e t t i vo importante è quello di sensibilizzare le comunità, in quartieri che sono spesso periferie di città, a comprendere l'importanza dell'investimento sulla prima infanzia e quanto sia importante suppor tare genitor i e famigl ie mettendo a disposizione degli spazi che se non sono i nidi - che dovrebbero esserci ed essere accessibili a tutti - siano centri dove genitori e figli possano condividere e apprendere cose utili allo sviluppo, privilegiando le attività da svolgere insieme».Come si stanno muovendo i Villaggi nella gestione del Progetto? «I villaggi si stanno muovendo secondo le linee guida che sono state concordate a livello nazionale e anche durante gli incontri svolti con i coordinatori e gli educatori, anche se ciascuno ha una situazione specifica in cui si muove e quindi deve tenere conto dei diversi attori che ci sono sul territorio, a partire da quelli pubblici come i Comuni, gli Istituti scolastici e le Aziende sanitarie. È di fondamentale i m p o r t a n z a c h e c r e s c a l a consapevolezza dell'importanza della formazione nel periodo dell'infanzia e ritengo che si stia contribuendo a crearla svolgendo attività specifiche con i bambini, evitando che la loro attenzione sia catturata da un cellulare o da un giro in un centro commerciale, per favorire invece la crescita attraverso la creatività e la qualità dell'interazione tra i bambini sia con i genitori che con gli educatori».
La pittura
La lettura
Lo yoga
L’orto
LA FAMIGLIA