Jumper's knee

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ciare a una patologia tendinea la presenza di una degenerazione del tessuto tendineo, defi- nita in clinica tendinosi, un termine utilizzato già dai ricercatori tedeschi prima degli anni qua- ranta e recentemente ri- proposto da Puddu [3] e da Nirschl [4]. Perugia et al [5] evidenziarono la "discrepanza straordi- naria tra la terminologia generalmente adottata (relativa all’infiammazio- ne) per queste condi- zioni e il loro substrato istopatologico che è estesamente degenera- tivo". Così la nostra at- tenzione deve, in una prospettiva riabilitati- va, indirizzarsi con- cettualmente a un quadro clinico ricolle- gabile con una pato- logia dove prevalga il processo degenerati- vo e non quello in- fiammatorio. L’obietti- vo è contrastare le lesioni a carico del collagene piuttosto che il decre- mento dell’infiammazione, avendo ben chiare entrambe le differenzia- zioni cliniche (vedi fig. 1). Risulta da studi presenti in letteratu- ra che per le tendinopatie sono sta- te sviluppate numerose classifica- zioni, la più affidabile delle quali rima- ne quella proposta da Bonar (fig. 2). EZIOPATOLOGIA E BIOMEC- CANICA L’eziopatogenesi del “Jumper’s classificazione di tendinopatia inser- zionale prossimale all’apice rotuleo basata sull’evoluzione del sintomo dolore e sulle limitazioni funzionali: 1° step - dolore solo dopo attività sportive, senza limitazione funzionale; 2° step - dolore all’inizio dell’attività, scompare dopo il warm – up; 3° step - dolore durante e dopo l’at- tività sportiva, con limitazione funzio- nale; step - completa rottura. Recentemente la ricerca scientifica ha dimostrato che è possibile asso- L a patologia ten- dinea del ginoc- chio si eviden- zia maggior- mente negli sport di salto, dove la ripetitività del gesto tecnico atleti- co crea un overstress a carico dell’appara- to estensore del gi- nocchio. Nel volley il Jumper’s knee rimane, rispetto agli altri sport di salto, una delle pato- logie di maggior ri- scontro. I più colpiti so- no i centrali, nella misu- ra del 33% rispetto agli altri giocatori, per una maggiore frequenza di salti e ricadute con tempi di ammortizza- mento molto brevi, co- sì come succede ai pi- vot nel basket, che eseguono una media di 65 - 75 salti a partita. L’incidenza epide- miologica delle tendi- nopatie si diversifica in relazione al livello e all’intensità dell’attività sportiva. La maggior parte dei riscontri clinici evidenziano uno stato degenerativo del tessuto tendineo, che risulterà estremamente invalidante per la vita sportiva dell’atleta. In questa re- view analizziamo gli aspetti ezio- patologici clinici e i principi riabili- tativi da seguire e attuarsi in un’atleta con jumper’s knee. TENDINOSI E TENDINITI Nel 1973 Blazina [1] e successiva- mente Roels e coll. [2] proposero una con link di approfondimento rehab Analisi retrospettiva della letteratura Management del Jumper’s knee negli sport di salto di Rosario D’Onofrio, M. Armeni, V. Manzi

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ciare a una patologiatendinea la presenza diuna degenerazione deltessuto tendineo, defi-nita in clinica tendinosi,un termine utilizzato giàdai ricercatori tedeschiprima degli anni qua-ranta e recentemente ri-proposto da Puddu [3] eda Nirschl [4]. Perugia etal [5] evidenziarono la"discrepanza straordi-naria tra la terminologiageneralmente adottata(relativa all’infiammazio-ne) per queste condi-zioni e il loro substratoistopatologico che èestesamente degenera-tivo". Così la nostra at-tenzione deve, in unaprospettiva riabilitati-va, indirizzarsi con-cettualmente a unquadro clinico ricolle-gabile con una pato-logia dove prevalga ilprocesso degenerati-vo e non quello in-fiammatorio. L’obietti-

vo è contrastare le lesioni a caricodel collagene piuttosto che il decre-mento dell’infiammazione, avendoben chiare entrambe le differenzia-zioni cliniche (vedi fig. 1).Risulta da studi presenti in letteratu-ra che per le tendinopatie sono sta-te sviluppate numerose classifica-zioni, la più affidabile delle quali rima-ne quella proposta da Bonar (fig. 2).

EZIOPATOLOGIA E BIOMEC-CANICAL’eziopatogenesi del “Jumper’s

classificazione di tendinopatia inser-zionale prossimale all’apice rotuleobasata sull’evoluzione del sintomodolore e sulle limitazioni funzionali: 1° step - dolore solo dopo attivitàsportive, senza limitazione funzionale;2° step - dolore all’inizio dell’attività,scompare dopo il warm – up;3° step - dolore durante e dopo l’at-tività sportiva, con limitazione funzio-nale;4° step - completa rottura.Recentemente la ricerca scientificaha dimostrato che è possibile asso-

La patologia ten-dinea del ginoc-chio si eviden-zia maggior-

mente negli sport disalto, dove la ripetitivitàdel gesto tecnico atleti-co crea un overstressa carico dell’appara-to estensore del gi-nocchio. Nel volley ilJumper’s knee rimane,rispetto agli altri sportdi salto, una delle pato-logie di maggior ri-scontro. I più colpiti so-no i centrali, nella misu-ra del 33% rispetto aglialtri giocatori, per unamaggiore frequenza disalti e ricadute contempi di ammortizza-mento molto brevi, co-sì come succede ai pi-vot nel basket, cheeseguono una mediadi 65 - 75 salti a partita.L’incidenza epide-miologica delle tendi-nopatie si diversificain relazione al livello eall’intensità dell’attività sportiva.La maggior parte dei riscontri clinicievidenziano uno stato degenerativodel tessuto tendineo, che risulteràestremamente invalidante per la vitasportiva dell’atleta. In questa re-view analizziamo gli aspetti ezio-patologici clinici e i principi riabili-tativi da seguire e attuarsi inun’atleta con jumper’s knee.

TENDINOSI E TENDINITINel 1973 Blazina [1] e successiva-mente Roels e coll. [2] proposero una

con link di

approfondimento

rehab

Analisi retrospettiva della letteratura

Management del Jumper’sknee negli sport di salto

di Rosario D’Onofrio, M. Armeni, V. Manzi

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knee” rimane ancor oggi molto di-scussa: non è possibile stabilireuna correlazione tra intensità,qualità dello stress, insorgenzadella patologia e relativi tempi direcupero necessari agli adatta-menti. Gli autori sono comunqueconcordi nel definire il ginocchio delsaltatore come una patologia cro-nica, da overstress, microtrauma-tica dell’apparato estensore delginocchio, in associazione a mo-menti torsionali tibiali esterni adangoli di flessione marcati del gi-nocchio (nella fase eccentrica du-rante l'atterraggio, dopo una schiac-ciata o un muro, o dopo un rimbalzosotto i tabelloni). Lo studio del dolo-re, ci permette di dare un volto clini-co alla classificazione del jumper’sknee: aumenta durante la discesadelle scale e il paziente non è capacedi stare seduto col ginocchio piegatoper lunghi periodi, tale da coniare ilclassico segno clinico "the cinemasign". A scopo puramente didatticoè possibile in ogni modo ricollegare“il ginocchio del saltatore” a:1. fattori intrinseci (disfunzioni del-l’apparato estensore, squilibri mu-scolari); 2. fattori estrinseci (superficie digioco, calzature, errori nella strutturadell’allenamento, storie atleticheecc.).Se vogliamo, questa patologia puòessere più semplicemente ricollega-ta a un sovraccarico dell’apparatoestensore del ginocchio come affer-mato da Perugia in un lavoro del1996 “… superato un punto critico,si passa in una fase d’eccesso dicarico in cui si verificano lesioni omodificazioni degenerative dei tes-suti” [7]. Così, l’eziologia delle tendi-nopatie da sport è sicuramentemeccanica e ricollegabile a micro-traumi ripetuti e ipersollecitazionifunzionali dovute “…all’eccesso dicarico, improvviso o ciclico, eserci-tato sulla giunzione osteo – tendineaspecifica”. Montorsi et al. [8], affer-mano che il ginocchio del saltatoresi verifica in relazione alle costantisollecitazioni eccentriche “… chesuperano la capacità di assorbimen-to del tendine stesso” e non legate

rehab

Fig. 1 da K. Khan, MD, J. L. Cook, J. E. Taunton, MD; Overuse Tendinosis, NotTendinitis Part 1: A New Paradigm for a Difficult Clinical Problem The Physician andSportsmedicine 28,5, May 2000

Fig. 2. Classificazione di Clancy modificata secondo Bonar

IMPLICAZIONI DELLA DIAGNOSI DI TENDINOSI COMPARATA CON QUELLA DI TENDINITE

Tratto Overuse Tendinosi Overuse TendinitePrevalenza Comune Rara

Tempo di recupero, dopopresentazione 6-10 wk Dopo alcuni giorni a 2 wk

Tempo per il recupero totale,dopo uno status cronica 3-6 mesi 4-6 wk

La probabilità di recupero totaleallo sport da una sintomatologia

cronica80% 99%

Focus sulla terapia conservativa Incoraggiamento di maturazionedella sintesi di collagene e forza

Modalità Anti-infiammatore

Ruolo della chirurgia Asportazione del tessutoabnorme

Non conosciuto

Prognosi dopo chirurgia 70%-85% 95%

Tempo di recupero dopochirurgia

4-6 mesi 3-4 settimane

CLASSIFICAZIONEDiagnosi patologica Patologia macroscopica Caratteristiche istologiche

Tendinosi

Degenerazione intratendinea(dovuta generalmenteall’invec-chiamento, a

microtraumi o acompromissione vascolare)

Disorientamento,disorganizzazione e

separazione delle fibrecollagene per au-mento

della matrice extracellularemuco-ide, aumento dellaprominenza cellulare e

degli spazi vascolari, con osenza neo-

vascolarizzazione e necrosifocale o calcificazione

Tendinite/rottura parzialeDegenerazione sintomaticadel tendine con distruzione

vasco-lare e rispostainfiammatoria riparatoria

Modificazioni degenerativecon evidenza di rottura,inclusa proliferazione

fibroblastica emiofibroblastica, emorragia

e granulazione

Paratendinite Infiammazione dello stratoesterno del tendine

(paratendine)

Degenerazione mucoide.Infiltrato mono-nuclearecon o senza deposito di

fibrina focale ed essudato

Paratendinite con tendinosiParatendinite associata a

degenerazione intratendinea

Modificazioni degenerative(come nella tendinosi) condegenerazione mucoide

con o senza fibrosi e celluleinfiammatorie nel tessutoalveolare del paratendine.

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co dell’articolazione femoro-rotulea,“condropatia femoro-rotulea” o “sin-drome rotulea”, diventano chiari fat-tori predisponenti per successivepatologie a carico del tendine rotu-leo. Le correzioni biomeccanicherichiedono un controllo costantedelle “deficienze anatomiche” efunzionali attraverso una valuta-zione delle dinamiche posturali. Le varianti anatomiche che predi-spongono alla “patellar tendinopa-thy” sono elencate nella figura 3.Il dolore è presente durante la ge-stualità tecnico atletica specifica:1. nella fase di decelerazione e nelcambio di direzione; 2. in caso di arresti improvvisi; 3. nella fase di atterraggio dopo unsalto. A esso si associano tumefazionelocalizzata e limitazione funziona-le, accompagnata sempre da de-

ficit biomeccanici a carico dell’in-tera catena cinetica dell’arto infe-riore:- decremento dei livelli di forza, so-prattutto eccentrica, del quadricipite;- decremento dell’elasticità dell’unitàmuscolo-tendinea; - decremento della flessibilità degliischio crurali;- limitazione della funzionalità artico-lare dell’articolazione del ginocchio.Quindi viene rappresentato e foto-grafato uno stato di squilibrio mu-scolare in termini di forza e flessi-bilità tra agonisti e antagonisti

esclusivamente “... alla ripetitività eal numero dei salti, pur elevato, o al-la diversa anelasticità dei terreni digioco”. Puddu et al., quando parla-no di tendinopatia inserzionale sot-tolineano che la “dolorabilità prossi-male” è la più frequente, mentrequella distale è caratteristica dell’etàevolutiva, e le tendinosi sono a cari-co “del ventre tendineo” [9]. Il tendi-ne, comunque, non reagisce al so-vraccarico con fenomeni di ipertro-fia, ma con mutazioni enzimati-che, vascolari e metaboliche [10].L’articolazione che mostra, in re-lazione allo suo status anatomicoe biomeccanico, il primo chiarofattore predisponente per patolo-gie da overuse, è quella femoro-rotulea [11]. Secondo John King lepatologie traumatiche a carico deltendine rotuleo sono localizzate intre aeree ben distinte:1. “the patella pole”, il classicojumper's knee che interessa princi-palmente il congiungimento osso-tendine al polo inferiore della patella;2. “the middle third”, tendinopatiaa carico del terzo medio del corpoprincipale del tendine di patellare;3. “the distal pole”, distale, sull’in-serzione dell’apofisi tibiale. La rotula svolge, durante l’azione

dell’apparato estensore del ginoc-chio - sia esso in catena cineticaaperta che chiusa – un importanteruolo biomeccanico di “distribu-tore di forze”. Una patologia a cari-

che assolutamente deve essererisolto. Diventa importantissimo,eventualmente, correggere succes-sivamente la componente biomec-canica legata all’atterraggio dopo unsalto. Questo risulta essere un im-portante fattore per migliorare “theenergy-absorbing capacity” dell'artoinferiore alla giunzione muscoloscheletrica e dell'articolazione del-l'anca e della caviglia. Nell’ambitodel trattamento conservativo delladurata di 4-6 mesi [12] (che rimanel’indirizzo d’elezione), la personaliz-zazione del progetto riabilitativo èdeterminante e questo deve assolu-tamente tenere conto della storia cli-nica e atletica.

CONCETTUALITÀ E STRATE-GIE TERAPEUTICHEQuando parliamo di atleti l’attenzio-ne deve essere rivolta al manteni-mento della condizione fisica ac-quisita, e questo è possibile attra-verso programmi di corse in ac-qua alta diversificate in relazioneagli obiettivi, che, successivamen-te, in base all’evoluzione del proces-so clinico di guarigione, lasceranno ilposto a esercitazioni più appropriatea secco. L’utilizzo di un taping o diun cinturino infrapatellare, peresempio, attenua notevolmente glistress tensionali diretti sul tendine ro-tuleo, provocando, così, un decre-mento importante del dolore e

rehab

ANATOMIC CHARACTERISTICS ASSOCIATEDWITH PATELLAR TENDINOPATHY

Limb or Joint Symptoms

Foot

Excessive range of pronation,excessively fast pronation (even

within a normal range), pes planus,rigid cavus foot, poor dorsiflexion(eg, due to anterior impingement

syndrome)

Knee

Hyper or hypomobile patellaleading to poor mechanism of

patellofemoral movement, tightband between iliotibial band and

patella

Thigh Tight iliotibial bandHip Coxa vara, femoral anteversion

Figura 3 - Caratteristiche anatomiche associatea tendinopatia patellare, da: J. L. Cook, K. M.Khan, N. Maffulli 9 Overuse Tendinosis, NotTendinitis :Applying the New Approach toPatellar Tendinopathy The Physician andSportmedicine – Vol. 28 - NO. 6 - June 2000

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a resistere agli stress meccanici;- stimolare i meccanocettori.Il programma terapeutico è variega-to, non esistendo delle linee guidaomogenee. Queste strategie tera-peutiche prevedono un mix di in-terventi: criomassage, terapia fi-sica tradizionale (ultrasuoni, tensecc.) o di ultima generazione (te-carterapia, ipertermia) ed eserciziterapeutici per il recupero dellafunzione muscolare che utilizza-no, almeno inizialmente, il regimeisometrico in tutte le sue diversifi-cate forme. Bisogna tener presenteche l’isometria massimale ha l’in-conveniente di sollecitare il muscoloin modo troppo intenso, situazione arischio nella fase iniziale di ripresadell’attività muscolare [17, 18]; priori-tario è, invece, l’utilizzo dell’iso-metria totale. Le terapie mediche efisioterapiche a base di FANS nonsteroidei e/o corticosteroidi sonousate nella patologie da overuse peril loro ruolo così definito "antinfiam-matorio": risulta utile evidenziare co-me, anche in letteratura, non si trovi-no studi omogenei rispetto alle som-ministrazioni farmacologiche. Per K. M Khan [19] il dolore nelle pa-tologie tendinee sorge attraversodue meccanismi: - dal processo infiammatorio; - da una separazione di fibre di col-lageno in forme più severe di tendi-nopatie. Entrambi i punti si integrano dopouna lesione acuta di 1° o di 2° livello.È stato ipotizzato dall’autore cheprobabilmente non esiste unacorrelazione tra struttura di colla-gene, dolore e tendinite patellare,dal momento che:- nelle ricostruzioni del lca con tendi-ne rotuleo il dolore al ginocchio è mi-nimo anche se le strutture di colla-gene sono state incise;- gli atleti sono generalmente liberidal dolore, nonostante la persisten-za di anormalità del collagene perdue o più anni.Se l’ipotesi degli autori trova validitàscientifica, la gestione clinica - tera-peutica sarebbe “cambiare l’attivi-tà biochimica, piuttosto che cer-care di ridurre infiammazione o

necessariamente il processo di ri-parazione del collagene” [19, 20].

I programmi di potenziamento ec-centrici, come il “decline single legsquat” (fig. 5) su piano inclinato di25° può aiutare i processi di ripara-zione del collagene migliorando l'atti-vità biochimica [21]. Gli atleti per que-sto esercizio vengono istruiti a eser-citarsi su un dolore moderato al ten-dine, e avanzare nella progressione,aumentando il carico, solo quandoquesto dolore decrementa [22].

Questo studio indica che esercizieccentrici effettuati in forma di“Eccentric Decline Squat” offronomaggiori miglioramenti clinici e direcupero funzionale rispetto a unprogramma terapeutico classicoper tendinopatia patellare, a van-taggio di atleti che hanno l’esi-genza di continuare la loro attivitàsportiva senza interromperla.L'idea centrale di questi esercizi ec-centrici su piano inclinato, che trovaampi riscontri nell’attuale letteratura,è che dovrebbero essere effettua-ti, come precedentemente speci-ficato, all'interno della “percezio-

rehabrehab

conseguentemente un recuperofunzionale precoce e un rapido re-cupero della propriocettività [13].

Il progetto riabilitativo è stato studia-to in letteratura da molti autori, utiliz-zando dolore, velocità e resistenzacome parametri di base per stilareun iter terapeutico che fa riferimen-to al concetto espresso da Fyfe [14]:“man mano che il tendine si rafforza ildolore dovrebbe diminuire”. Gli obiettivi fisioterapici proposti infase acuta sono: 1. controllo del dolore e dell’infiam-mazione associato a un training ec-centrico;2. sedute di Massaggio TrasversaleProfondo (a giorni alterni, per 15-20’).La logica terapeutica che ci spinge autilizzare massaggio trasversale pro-fondo, “deep friction”, sarà la ricercadi una guarigione biologica mobiliz-zando i tessuti nella sede di lesione.

L’immobilità ha effetti sfavorevoli suldecorso del processo di riparazionee può rallentare e cronicizzare laguarigione [15].

Ridulfo [16] mette in luce gli obiettivifisiologici dell’utilizzo del Mas-saggio Trasversale Profondo: - inibire la formazione di aderenze;- produrre iperemia locale, che dimi-nuisce il dolore e aumenta la veloci-tà di eliminazione della sostanza P,metabolita che quando si accumulaproduce ischemia e dolore);- facilitare la produzione di fibre di col-lagene orientate nel modo più idoneo

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ne del dolore da parte del pazien-te” [23] e questo in relazione allestesse strategie terapeutiche utiliz-zate, con successo, per atleti contendinopatia achillea. Da qui nasce lo spunto per definire iparametri dell’utilizzo degli “eccen-tric decline squats exercises” per iltrattamento del jumper’s knee.Praticamente, in generale, abbiamoqueste modalità applicative:1. l’esercizio deve essere strutturatocon una frequenza di una volta odue volte al giorno;2. il ciclo di “trattamento” deve pro-trarsi per almeno 12 settimane;3. si inizia con tre serie di 10/15 ripe-tizioni;4. il dolore riscontrato durante l’ese-cuzione degli esercizi deve essereben tollerato.Nel momento in cui il dolore de-crementa, durante l’esecuzionedegli eccentric decline squatexercies, si incrementa il numerodi ripetizioni (15–20–25–30). Lostep successivo prevede l’aumentodella velocità esecutiva dell’eser-cizio e solo in ultima analisi si in-crementa il carico. Da evidenziarel’importanza di applicazioni: 10’ dicrioterapia proposta alla fine del trai-ning + 10’ di stretching degli ischiocrurali + 10’ di crioterapia + stret-ching del quadricipite. A proposito dicrioterapia, è giusto evidenziareche applicazioni sull’apparato mu-scolare decrementano i livelli di forzaconcentrica/eccentrica.

CONCLUSIONI Nella difficile gestione dell’atleta contendinopatia rotulea i training eccen-trici sono diventati un trattamentod’elite. In letteratura sono stati indivi-duati 7 articoli scientifici post anno2000, con un totale di 162 pazienti,che hanno praticato esercitazionieccentriche. I risultati di questi studisono tutti positivi, ma la qualità deglistudi è sostanzialmente diversifica-ta. Il contenuto dei programmi è va-riegato, e la maggior parte dei proto-colli è basata su esercizi a casa, ef-fettuati due volte al dì per 12 setti-mane. Quasi tutti gli studi, comun-que, suggeriscono che training ec-

centrici siano uno strumento tera-peutico efficace nel trattamentodel ginocchio del saltatore, anchese non ci sono protocolli standardche facciano da linee guida. Glistudi disponibili indicano che i pro-grammi di trattamento dovrebberoincludere decline board ed esserecompiuti in un presenza del “dolo-re”, con una sospensione dell'attivi-tà sportiva nel primo periodo di trat-tamento.

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ROSARIO D’ONOFRIO

Dottore fisioterapista, diplomato ISEF,Master in Posturologia pressol’Università La Sapienza di Roma. E'docente al Corso di Laurea Magistralein Scienze e tecniche delle attività mo-torie preventive ed adattatedell'Università degli Studi di Roma"Tor Vergata" E' stato fisioterapistadella Nazionale Italiana di PallamanoSenior A maschile e della NazionaleItaliana di Basket Femminile senior A.Preparatore atletico e allenatore, hapubblicato a oggi oltre 133 lavoriscientifici, su riviste nazionali di inte-resse specifico nel campo della riedu-cazione e riabilitazione dello sport edella preparazione atletica. Su questistessi temi ha relazionato a oltre 51Congressi, come “Invited Lecture”.