Jugoslavia

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Jugoslavia Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Il periodo socialista Durante la seconda guerra mondiale, fu costituito il Consiglio antifascista di liberazione popolare della Jugoslavia che il 29 novembre 1943 decise di ricostituire uno Stato all'interno dei confini del vecchio regno, con l'aggiunta del Litorale sloveno (che già nel settembre del 1943 era stato proclamato dal Fronte di Liberazione del Popolo Sloveno parte integrante della Slovenia [6][7] ) e dell'Istria, che fu denominato Democrazia Federale di Jugoslavia in attesa che, con un referendum, il popolo avesse scelto se ripristinare la monarchia o creare una repubblica. Josip Broz Tito venne nominato primo ministro.

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Jugoslavia Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Il periodo socialista

Durante la seconda guerra mondiale, fu costituito il Consiglio antifascista di liberazione popolare della Jugoslavia che

il 29 novembre 1943 decise di ricostituire uno Stato all'interno dei confini del vecchio regno, con l'aggiunta

del Litorale sloveno (che già nel settembre del 1943 era stato proclamato dal Fronte di Liberazione del Popolo

Sloveno parte integrante della Slovenia[6][7]) e dell'Istria, che fu denominato Democrazia Federale di Jugoslavia in

attesa che, con un referendum, il popolo avesse scelto se ripristinare la monarchia o creare una repubblica. Josip

Broz Tito venne nominato primo ministro.

La Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia era divisa in 6 repubbliche e 2 province autonome:

Nome Capitale Bandiera Stemma

1. Repubblica Socialista di Bosnia ed Erzegovina Sarajevo

2. Repubblica Socialista di Croazia Zagabria

3. Repubblica Socialista di Macedonia Skopje

4. Repubblica Socialista di Montenegro Titogrado

5. Repubblica Socialista di Serbia

5a. Provincia Autonoma Socialista del Kosovo

5b. Provincia Autonoma Socialista di Voivodina

Belgrado

Pristina

Novi Sad

6. Repubblica Socialista di Slovenia Lubiana

Il processo di dissoluzione

Il maresciallo Tito morì il 4 maggio 1980[10]. Nel frattempo, la situazione economica si andava deteriorando,

alimentando il divario tra le repubbliche di Slovenia e Croazia più ricche e il resto del paese. Questa separazione

economica iniziò a diventare una spinta verso una volontà indipendentista ispirata dai dirigenti politici locali.

Nel 1981 in Kosovo si sviluppò un movimento che chiedeva la trasformazione della provincia autonoma in repubblica

federata, richiesta fatta dalla maggioranza albanese e osteggiata dalla popolazione serba[8].

Nel 1990, a séguito del malcontento generale della popolazione dell'intera Jugoslavia, furono indette elezioni

multipartitiche nelle sei repubbliche: in Croazia venne eletto il nazionalista Franjo Tuđman[11] e in Slovenia il

socialdemocratico Milan Kučan[12] che appoggiarono immediatamente le rivendicazioni indipendentiste dei loro popoli;

inBosnia ed Erzegovina fu eletto il nazionalista musulmano Alija Izetbegović che auspicava un allentamento dei

legami politici con la Jugoslavia[13]; in Macedonia venne eletto il comunista Kiro Gligorov, favorevole ad una futura

indipendenza[14], e in Serbia fu confermato presidente il comunista Slobodan Milošević[15] contrario al disfacimento

della federazione e che revocò lo statuto di autonomia del Kosovo e della Voivodina per fermare le spinte centrifughe.

Nel 1991, Slovenia e Croazia si dichiararono indipendenti. Dal 26 giugno al 7 luglio venne combattuta una guerra tra

l'esercito jugoslavo e l'armata territoriale slovena, che vide la resa dell'esercito federale. Dal 1991 al 1995 durò

il conflitto tra l'esercito croato e la popolazione serba della Croazia, appoggiata dall'esercito jugoslavo, che si concluse

con la vittoria croata.

Nel 1992 anche la Bosnia ed Erzegovina si dichiarò indipendente, e fino al 1995 la repubblica fu sconvolta da diversi

conflitti che videro opposti musulmani e croati contro i serbi di Bosnia e musulmani contro croati di Bosnia, conclusisi

con l'accordo di Dayton che sancì la creazione di una repubblica indipendente su base federale.

Nel settembre del 1991 anche la Macedonia si era dichiarata indipendente senza che ne scaturisse alcuna azione

bellica, ma alla quale seguirono battaglie tra albanesi e macedoni.

Dopo la proclamazione dell'indipendenza di Slovenia, Croazia, Bosnia ed Erzegovina e Macedonia, lo stato jugoslavo

era limitato ai soli territori della Serbia e del Montenegro che decisero di rimanere uniti, dando vita, il 27

aprile 1992 alla Repubblica Federale di Jugoslavia.

Nel 1996 le tensioni nella provincia serba del Kosovo tra la maggioranza di etnia albanese e la minoranza serba si

inasprirono. Fino al 1999 fu combattuto un conflitto tra l'organizzazione indipendentista paramilitare albanese UÇK e

la polizia appoggiata da forze paramilitari serbe, che si concluse, dopo quasi tre mesi

di bombardamenti dellaNATO sulla Jugoslavia, con l'Accordo di Kumanovo che sancì il ritiro dell'esercito federale dalla

provincia e la sua sostituzione con la forza internazionale KFOR, il mantenimento della sovranità jugoslava e

l'amministrazione dell'ONU tramite l'UNMIK.

Il 3 settembre 2003 la Repubblica Federale di Jugoslavia cambiò denominazione in Unione Statale di Serbia e

Montenegro. La federazione restò in vigore fino al 21 maggio2006 quando venne sciolta dando vita ai due stati

indipendenti di Serbia e Montenegro.

Il 17 febbraio 2008, il Kosovo dichiarò unilateralmente la propria indipendenza e la costituzione in repubblica,

decisione non accettata dalla Serbia e condivisa solo da una parte delle nazioni del mondo.

Stati successivi

Dopo le guerre e i rivolgimenti politici che hanno portato al dissolvimento della Jugoslavia, l'area dei Balcani è

suddivisa nei seguenti stati sovrani:

Nome Capitale Bandiera Stemma

Bosnia ed Erzegovina Sarajevo

Croazia Zagabria

Repubblica di Macedonia Skopje

Montenegro Podgorizza

Serbia Belgrado

Slovenia Lubiana

Nell'elenco non compare il Kosovo, il cui riconoscimento internazionale è controverso.

Dopo la recente guerra non è stato eseguito alcun censimento ufficiale; il primo censimento ufficiale della Bosnia ed

Erzegovina è previsto per il 2013. Esistono

solamente le stime. Secondo i dati del CIA

World Factbook, relativi al 2006, la Bosnia

ed Erzegovina è etnicamente formata:

al 48% da bosgnacchi (per la maggior

parte musulmani)

al 37,1% da serbi (per la maggior

parte cristiani ortodossi)

al 14,3% da croati (per la maggior

parte cristiani cattolici)

allo 0,6% da altre etnie

La strage di Srebrenica

Patrick Robert (Sygma/Corbis)

Nel luglio del 1995 a Srebrenica, una città nell’est della Bosnia

Erzegovina, i soldati serbobosniaci guidati dal generale Ratko Mladić

hanno massacrato circa ottomila uomini e ragazzi bosniaci di religione

musulmana. La città, che era stata dichiarata zona di sicurezza delle

Nazioni Unite, fu conquistata l’11 luglio, nonostante la presenza di un

contingente di caschi blu olandesi.

Quello di Srebrenica è il più grave massacro avvenuto in Europa dalla

seconda guerra mondiale, ed è considerato dalla giustizia internazionale

un genocidio. La tragedia avvenne nel corso della guerra in Bosnia

Erzegovina, cominciata alla fine di marzo del 1992.

In questa foto: superstiti di Srebrenica nel campo profughi di Tuzla. Luglio 1995.

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25/04/2013 - IL CASO

Nikolic: “Chiedo scusa per Srebrenica”

Solo un anno fa negava il massacro

AFP

Il presidente serbo Tomislav Nikolic

Il presidente serbo posta un video

su Youtube: «Ma il genocidio deve essere dimostrato».

L’accelerazione per entrare nell’Unione Europea

Il presidente serbo Tomislav Nikolic chiede perdono per il massacro compiuto dalle forze serbe a Srebrenica, in

Bosnia, ma mette in discussione il fatto che si sia trattato di un genocidio. «Mi inginocchio, chiedo perdono per la

Serbia e per il crimine di Srebrenica. Mi scuso per qualsiasi crimine perpetrato in nome del nostro stato e del nostro

popolo», ha detto Nikolic in un’intervista alla tv bosniaca Bhrt, che andrà in onda in versione integrale il 7 maggio.

Per Nikolic però «il genocidio deve essere dimostrato». Pressato dalle domande dell’intervistatore, per il quale tutte le

uccisioni di massa e le deportazioni hanno il marchio del genocidio, Nikolic ha replicato: «Tutto quello che è accaduto

(durante la guerra, ndr) nella ex Yugoslavia aveva il marchio del genocidio».

A Srebrenica, nel luglio 1995, 8mila maschi musulmani civili furono sterminati dalle forze armate serbo-bosniache al

comando di Ratko Mladic, oggi alla sbarra al Tribunale penale per l’ex Jugoslavia.

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